Storytelling all'e-commerce.

Pagina creata da Raffaele Orlandi
 
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Storytelling all'e-commerce.
Cosa rende Instagram così irresistibile?
L’evoluzione di una piattaforma dal visual
storytelling all’e-commerce.
Dalla sua nascita, nell’Ottobre 2010, Instagram è cambiato parecchio e ha saputo pian piano
conquistare ogni fascia d’età. Otto anni fa Instagram era solo un’app di condivisione di foto
con una particolarità: poter modificare facilmente ogni immagine con una serie di filtri preimpostati
che rendevano gli scatti decisamente più piacevoli e permettevano di “strappare” qualche like in più.
Il tutto arricchito dagli hashtag per rendere le immagini ricercabili dagli altri utenti.

  Clarendon, Juno, Perpetua, Amaro, Rise… sono presto diventati i nostri alleati per perfezionare gli
  scatti prima della condivisione, il tutto in formato rigorosamente quadrato. Quell’effetto Polaroid
  che da retrò è diventato subito moderno e trendy sui social.

Se fosse finito tutto qui ci saremmo stancati presto, e invece, come per tutti i social che
funzionano, Instagram ha saputo adattarsi alle esigenze, ai trend, alle richieste silenti dei suoi
utenti. La capacità d’evoluzione l’ha portato al successo. Non c’è bisogno di scomodare Darwin
forse, ma la verità è che il principio vale anche per i social network: o ti evolvi o ti estingui. Ne è
un esempio in negativo MySpace, per citarne uno, ma Instagram, invece, ha decisamente saputo
farci. Di questo dobbiamo anche ringraziare Zuckerberg, che dall’acquisizione di Instagram ha
proposto novità continue (dalle Stories alla IGTV, passando per gli stickers di musica e così via).

  Non tutte le funzionalità hanno subito successo o si rivelano azzeccate. Su IGTV abbiamo ancora
  molti dubbi, ma le Stories, “riprese da Snapchat”, hanno davvero dato un boost ad Instagram.

Oggi chi entra in piattaforma spesso non si sofferma sul feed, ma si concentra subito sulle Stories. Il
senso di urgenza, l’evanescenza, il timore di perdere contenuti interessanti nell’arco di 24
ore solletica la nostra curiosità e ci spinge al ritorno, al “check” più volte al giorno. E’ così che
Instagram ci aggancia e ci tiene sempre vicini.
Pur proponendo la stessa funzionalità, non succede lo stesso su Facebook: le stories di Facebook non
hanno il medesimo appeal. Marc Zuckerberg si interrogherà probabilmente giorno e notte sulle
motivazioni, ma il nostro utilizzo di Facebook è molto cambiato rispetto a un tempo e questa
funzionalità, in quel contesto, non ha successo, anche se gli utenti sono spesso gli stessi.

La recente ricerca “Taking Stock With Teens”, focalizzata su un target di adolescenti, evidenzia che
l’utilizzo di Instagram ha superato recentemente quello di Snapchat, fino a poco tempo fa
sempre in testa su questa fascia d’età. Ma gli adolescenti non sono sicuramente gli unici ad amare
questo social network. Instagram conta un miliardo di utenti, di cui 500 milioni attivi
quotidianamente sulla piattaforma e 400 milioni di utilizzatori di Stories ogni giorno.
Numeri decisamente interessanti per il business, non a caso si contano già 25 milioni di aziende
sulla piattaforma e 2 milioni di advertiser.

  La comunicazione delle aziende su Instagram è, e deve essere, diversa rispetto agli altri mezzi.
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Una buona comunicazione su questo social network, infatti, è sicuramente più informale, volta
al coinvolgimento, allo storytelling rispetto ad altre piattaforme. E’ una comunicazione visual e
decisamente più creativa, più immediata, che si presta particolarmente ad alcuni settori, come ad
esempio il luxury, il beauty o il food.

Non possiamo dimenticare poi che Istagram è il regno degli influencer, che altro non sono che
veri e propri brand, dei lovemark. Blogger, celebrità, cantanti, idoli sportivi… è di qualche giorno fa
la notizia che Cristiano Ronaldo è ufficialmente la persona più seguita al mondo su
Instagram. CR7, con i suoi 144.446.447milioni di follower, ha infatti da poco superato Selena
Gomez, regina indiscussa della piattaforma fino ad ora. Riusciamo a immaginare la potenza di un
placement di prodotto sui suoi post o sulle sue Stories?

L’engagement che permette di avere Instagram, grazie al suo visual storytelling, al
momento non ha eguali, ma la strategia migliore per un’azienda sarà frutto di creatività e della
giusta pianificazione di contenuti nei confronti del giusto target. Un mix che non può fare a meno
della sperimentazione e dell’utilizzo degli strumenti sempre nuovi messi a disposizione dal mezzo.
Strumenti che hanno sempre un occhio di riguardo per il business, infatti dal mese di Giugno
2018 Instagram ha addirittura introdotto lo shopping sulle stories, permettendo alle aziende con
account business di inserire all’interno delle stories gli stickers con il simbolo della shopping bag,
che danno la possibilità di avere informazioni aggiuntive sul prodotto e procedere all’acquisto
direttamente sull’e-commerce.

  Tutto questo perché, come si sottolinea anche sul post ufficiale di presentazione della nuova
  feature, ”Instagram isn’t just a place of inspiration, it’s also a place of action” ovvero Instagram
  non è (più) soltanto un luogo di inspirazione, è anche un luogo di azione.

Al momento, e in Italia in particolare, questa funzionalità non è ancora molto utilizzata, ma in futuro,
probabilmente, vedremo sempre meno immagini di tramonti, di vacanze, meno selfie…e sempre più
stickers con shopping bag. E a quel punto avremo bisogno di una nuova evoluzione, o di un nuovo
algoritmo; ma Zuckerberg, come ci ha spesso dimostrato, sa come gestire al meglio queste situazioni
e come rendere i suoi social i luoghi virtuali in cui si ha sempre voglia di stare.

Social Media Strategies, l'evento per i
professionisti del social media marketing
Un evento completamente dedicato ai social media ed al social media marketing. Questo è il
“Social Media Strategies” un evento verticale che si pone l’obiettivo di mettere in luce le ultime
novità relative ai social media, con un focus specifico sul social del momento – Instagram – senza
però dimenticare Facebook e le varie strategie – Video e Visual e Content & Strategy – ad essi
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collegati.

  Il 6 e 7 novembre il Palacongressi di Rimini accoglierà nuovamente il Social Media Strategies,
  l’evento per i professionisti del Social Media Marketing firmato Search On Media Group. Giunto
  alla sua 6^ edizione e dopo gli oltre 1200 partecipanti nella due giorni dello scorso anno,
  l’appuntamento si ripresenta ricco di novità.

La formazione professionale di qualità, fulcro dell’evento, sarà declinata tra 10 sale tematiche e gli
interventi formativi di oltre 60 relatori esperti. L’offerta di quest’anno, ampia e variegata,
presenta grandi novità per stare al passo con i principali e più recenti trend del settore: tra le 10
sale formative in programma, infatti, una sala sarà interamente dedicata a Instagram, per
analizzare a fondo quella che è stata una vera e propria “esplosione” di questa piattaforma social,
mentre la sala Comunicazione e Brand, darà conto del miglioramento percepito nella gestione
delle strategie comunicative attuate da brand piccoli e grandi attraverso i social media.

A queste, si aggiungono le sale Facebook, Video e Visual e Content & Strategy, già presenti nel
2017 e riproposte anche quest’anno grazie ai feedback positivi dei partecipanti alla precedente
edizione.

Gli speech in programma saranno inoltre distinti in livello “base” e “avanzato” per permettere a
social media manager, blogger, freelance e studenti di intraprendere liberamente il proprio percorso
di formazione e di aggiornamento, a seconda del grado di conoscenza delle diverse tematiche
trattate.

Un percorso adatto anche ai giornalisti pubblicisti e professionisti che, potranno iscriversi
gratuitamente al Social Media Strategies attraverso la piattaforma SiGef e ricevere crediti
formativi.

Al Social Media Strategies non mancherà, infine, l’Area Espositiva dedicata agli operatori e ai key
player del settore, che incoraggerà ulteriormente i preziosi momenti di networking e di confronto tra
i partecipanti, le agenzie e le aziende del mondo digitale.

Le iniziative e la Sala Plenaria
All’interno dell’evento spazio anche alle professioni digitali: per il secondo anno consecutivo, infatti,
il Web Marketing Festival - partner dell’evento – realizza il servizio di recruitment per le
professioni digitali attraverso la piattaforma Digital Job Placement, che permetterà ad aziende con
posizioni lavorative aperte e professionisti del digitale in cerca di occupazione di incontrarsi ed
effettuare colloqui conoscitivi durante l’evento.

Per queste ragioni noi di Smart Marketing siamo felici di essere media partner del “Social Media
Strategies” (6 e 7 novembre al Palacongressi di Rimini), l’evento per i professionisti del Social Media
Marketing firmato Search On Media Group.
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Il matrimonio tra Fedez e Chiara Ferragni:
un caso da studiare.

Il matrimonio tra Fedez e Chiara Ferragni è senza dubbio un
caso di comunicazione e social(e) da analizzare.
La coppia, insieme, supera i 20 milioni di follower su Instagram. Hanno pertanto una possibile
audience, un target, un pubblico, un seguito – chiamatelo come vi pare – davvero immenso (l’intera
popolazione italiana è composta da 60 milioni di persone).

Da soli, e insieme, formano un network invidiabile: i numeri che collezionano i loro post e le storie su
IG lo dimostrano.
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Già, le Storie. Il racconto del loro matrimonio ha viaggiato
sui social. Ed ha viaggiato per mano loro.
Hanno deciso la linea editoriale, cosa, quando, quanto, perché e come mostrare un dato momento.
Il tutto facendo alternare e ruotare i vari sponsor che, fiutando il ritorno di immagine (anche se
non ci voleva molto per farlo), hanno ovviamente deciso di promuovere l’evento (vedi ad esempio il
caso Alitalia, ma non solo).

Altro aspetto interessante è la scelta, da parte dei Ferragnez, di puntare in maniera
verticale su un social di riferimento: Instagram.
Entrambi sanno che il loro pubblico predilige quella piattaforma e hanno deciso di non disperdere
energie nel confezionare contenuti che magari su FB avrebbero richiesto altri formati e un differente
tono di voce. E, in aggiunta, la volontà di far passare un messaggio chiaro: le informazioni su di noi
le trovate su IG. Semplice e diretto.

10 anni fa un evento come questo sarebbe passato, magari in esclusiva, dalle copertine di
giornali CARTACEI come Chi, Donna Moderna, Novella 2000 et similia, mentre oggi quegli stessi
giornali che avevano il monopolio dell’informazione devono accontentarsi di rimbalzare la notizia del
matrimonio sui loro siti – mostrando immagini postate proprio da Fedez e Chiara Ferragni -,
accrescendo in questo modo la portata mediatica del duo.

Ultimo aspetto: visibilità mediatica.
Abbiamo parlato di media tradizionali, ma molto dell’eco di cui ha goduto il loro matrimonio lo hanno
portato, probabilmente, i vari post a cura delle tante pagine satiriche (vedi Casa Surace, Inchiostro
di Puglia) e/o dei profili social dei vari influencer (es. Selvaggia Lucarelli). Questi, per cavalcare a
loro volta il flusso mediatico, hanno accresciuto notevolmente la risonanza dell’evento.

Dalla pagina Facebook di Inchiostro di Puglia

Dalla pagina Facebook di Casa Surace

Dal profilo ufficiale di Selvaggia Lucarelli

Una classica situazione win-win
I post dedicati al matrimonio delle pagine social e degli influencer hanno ottenuto milioni di
visualizzazioni e il duo Ferragnez ha potuto contare indirettamente su un un bacino di utenza
trasversale e più eterogeneo.

Stiamo vivendo in un momento storico particolare. Un momento storico dove sembra sempre più
marcato un Prima e un Dopo. E il matrimonio di Fedez e Chiara Ferragni si ascrive a pieno titolo in
questo racconto.
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Se il tuo Cliente è protagonista della
“storia” il gioco è fatto: lo sa bene il
settore del calcio.
Mettere l’acquirente nelle condizioni ideali per comprare ed invogliare a farlo utilizzando sistemi
psicologici più o meno sottili attraverso strategie disegnate a tavolino. E’ il mix necessario tra
marketing tradizionale e digitale, con soluzioni che toccano le giuste leve e vendono
emozioni e sensazioni e che mettono in moto evocazioni uniche; legate a quel particolare brand e
stuzzicandone il desiderio.

E’ un po’ ciò che accade quando si è davanti ad uno scaffale per acquistare un prodotto, ogni
qualvolta si fa una scelta spinti da una preferenza senza rendersi conto se davvero si tratta di una
nostra scelta e quanto è, invece, indotta dai vari messaggi di pubblicità che ci spingono all’acquisto.

E’ l’efficacia della comunicazione e di quanto questa entri nelle nostre teste a gamba tesa tanto da
farci ricordare un claim, uno slogan o banalmente un’emozione di uno spot.

  In realtà tutto è pubblicità, in ogni settore merceologico dove il fine ultimo è la vendita/acquisto di
  un prodotto!

Ci sono settori dove il gioco forte lo fanno le emozioni, altri un po’ meno, ma lì dove la storia può
essere raccontata a tal punto da permettere al cliente di diventare in qualche modo protagonista, è
sicuramente vincente.
Il calcio è uno di questi! E con l’avvento del digitale e dei social questa capacità di rendere i tifosi
protagonisti è un asso nella manica che entusiasma e fa leva sempre di più e in maniera efficace,
muovendone il Business.

I social network, infatti, non sono più solo veicoli per l’immagine della squadra o dei
giocatori, ma anche vere e proprie soluzioni di ingaggio e di promozione: ne sono un esempio
le campagne abbonamenti, il merchandising, gli sponsor, i calciatori che in qualità di influencer cura
la propria immagine in rete.
Allo stesso tempo anche il calciomercato è diventato un fenomeno sociale nella rete, dove
Facebook, Instagram, Twitter sono canali di comunicazione dove il tifoso segue, interagisce,
commenta, evidenzia, esprime la propria opinione, fornisce il proprio consenso ed esplicita i propri
dubbi e perplessità riguardo alle mosse che un club svolge durante tale periodo dell’anno,
banalmente si sfoga!

  Tutti hanno la possibilità di vivere le fasi di una negoziazione in prima persona e quasi in
  tempo reale e diventa, perciò, fondamentale per un club riuscire a gestire le informazioni e a
  veicolarle in maniera strategica sulle piattaforme digitali.

E’ quanto in questi giorni abbiamo vissuto in diretta, in un channel mix di media, sull’acquisto da
parte della Juve di Cristiano Ronaldo, amato e criticato, divenuto un vero e proprio evento mediatico
che ha scatenato l’opinione pubblica degli esperti di calcio ma anche degli operai della FIAT, a voler
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sottolineare come oggi, il confine tra reale e virtuale è talmente labile che se non governato a
dovere e con i giusti mezzi può diventare incontrollabile e rischioso, ma allo stesso tempo una
fonte di guadagno e di Business che non ha eguali.

Gli italiani e i social media: perché li
utilizzano, l'impatto della pubblicità e
degli Influencer.
“Italiani e Social Media” è il recente studio condotto da Blogmeter (società italiana che si occupa
di social media intelligence) su 1500 persone residenti in Italia e di età compresa tra i 15 e i 64 anni,
per capire i motivi che ci spingono ad usare i social media, quanto siamo colpiti dalle
pubblicità presenti sui social e che tipo di impatto hanno i cosiddetti influencer.

Il 42% degli intervistati è sostanzialmente passivo, si limita cioè a leggere contenuti di terzi; il 45%
legge, scrive e commenta; il rimanente 13% pubblica propri post senza mostrare troppo interesse
per i contenuti degli altri.

Facebook resta il social più utilizzato – l’84% dichiara di utilizzarlo più volte al giorno/settimana –
seguito da You Tube e Instagram. Una nota importante viene fuori da questa indagine: l’uso di
Facebook Messenger come strumento per comunicare con le aziende ha registrato un +7% rispetto
all’anno precedente.

Blogmeter ha identificato due tipologie di social in base all’uso più o meno frequente che ne fanno
gli utenti:

■   Social di cittadinanza, come Facebook, You Tube, WhatsApp e Instagram (ossia quei social
    media che utilizziamo più volte al giorno e che per questo concorrono a determinare le nostre
    identità di relazione);
■   Social funzionali, come Trip Advisor e Facebook Messenger (ossia quei social media che
    utilizziamo meno di sovente, ma che rispondono ad un bisogno specifico).
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Da questa classificazione si deduce che le aziende che utilizzano i social come ennesimo canale
della loro comunicazione aziendale più complessiva, per parlare al loro target hanno davanti a
loro due strade ben definite: dovranno assumere o il ruolo di “amico” o il ruolo di risolutore di
bisogni e necessità precise.

Gli italiani e la pubblicità sui social media.

Buone notizie per i produttori di pubblicità sui social.
Per il 26% degli utilizzatori di Facebook e per il 33% degli utilizzatori di Instagram la pubblicità sui
social risulta stimolante e 1 intervistato su 3 non distingue i contenuti sponsorizzati da quelli
organici. Molto meno positivamente è considerata la pubblicità su You Tube, questo molto
probabilmente perché in questo caso la pubblicità si frappone tra noi e la visione del video, mentre
nel feed news degli altri social l’adv risulta meno impattante.

Due note interessanti lato e-commerce: chi usa frequentemente i social media è più propenso ad
acquistare online e il 50% degli intervistati ha dichiarato che incrementerà lo shopping online.

La Generazione Z ed il ruolo dei Social Influencer.

Per il 37% degli intervistati tra i 15 e i 24 anni (la cosiddetta Generazione Z) la pubblicità sui social
media (specie su Facebook e Instagram) viene reputata utile e il 5% di loro ha dichiarato di aver
fatto un acquisto perché promosso in qualche modo da un Social Influencer.

Dallo studio “Italiani e Social Media” di Blogmeter risulta poi che questa generazione preferisce
avere un contatto diretto con le aziende attraverso servizi di messaggistica istantanea. Il digitale,
cioè, risulta essere lo strumento di comunicazione maggiormente prediletto e non uno dei possibili
canali di comunicazione. Questo vale per le relazioni tra pari, ma come si è visto anche per la
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comunicazione con le aziende.

Fonte della ricerca: “Italiani e Social Media”.

The Rearview Mirror: April 2018
The first quarter is gone: January has been characterized by a pure sense of excitement on the
expectation of Trump fiscal reform, followed by stormy and volatile trading sessions due to some
concerns regarding the higher yield environment and the need of extra regulation for some big
Nasdaq players.

All in all, the rally that the Oil has experienced so far, helped global indexes to find some
support thanks to the energy sector. Again, we have been in front of a great sector rotation; for
instance, the lagging utilities partially recuperated what they lost at the beginning of the year,
mainly explained by the behavior of the US 10yr that firstly approached the psychological level of
3% and then turned back to 2.75%.

What should we expect from now on? We still have in mind the calm waters that defined the entire
2017. But since January, the US market has been more volatile, i.e. the S&P500 closed at more than
+1% or -1% 24 times YTD. Hence, the perceived volatility of the equity is increasing, and the
equity indexes are not resilient anymore even if macro data continued to support the growth and
results from companies confirmed the good health of US companies. However, the narrative has
changed and market participants are unexpectedly weighting negative news with more
emphasis. On top of it, suddenly the entire world realized that Trump protectionist campaign
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could be a real event, spurring waves of isolation responses from other countries.

It is like we have been blind all this time. Another example that attain a single story is Facebook.
The social network giant is accused of inappropriately using our identity, our data. But this is true by
definition, since we are opening a new account, we freely decide to sell part of our life to a big eye.
It is its core business. FB profits are coming from advertising thanks to its enormous
database.

Now we realized that our privacy is at risk and we demand for more regulation. On the other hand,
Trump himself declared a war against the supremacy of Amazon. But if this is the real risk, we
could absurdly find in a position to evaluate some tech companies as utilities when their business
will be impacted by margin and profits capped by a regulator. Current multipliers are discounting a
different scenario, and this explain latest selloff occurred during last few days of March. Not only,
we should not forget how crowded is the FAANG trade. The most precious advice we have
provided during last few months was to avoid crowded trades. We will repeat ourselves by saying
that in this environment cash is the real king and that the asset class that is still trading in an
overvalued territory is the high yield. In fact, corporate bonds yields widened from the beginning of
the year but still appear reluctant to fully pricing a different scenario. They could suffer either
higher yields for a repricing of government curves (an argument that lost part of its tenor
meanwhile) or a deterioration of financial and economic conditions.

The investment grade is potentially set up for a repricing too, since the CDX investment grade index
of credit defaults swaps has jumped only 21bps from lows registered in January, a level that we saw
a year ago, but well below the peak of early 2016.

                                                                   Christian Zorico: LinkedIn Profile
Utilizzo dei dati, Facebook e Cambridge
Analytica, in parole semplici!
Ci risiamo.
Facebook è sotto l’occhio del ciclone per motivi di trasparenza, gestione ed utilizzo dei
dati; i nostri dati. Ed anche noi, sulle pagine virtuali di Smart Marketing, ne abbiamo parlato
precedentemente in un paio di occasioni:

■   Facebook ha deciso: basta notizie-bufala!
■   Facebook: operazione trasparenza

Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare dello scandalo di Cambridge Analytica e dell’uso,
diciamo improprio, di dati presi da Facebook da parte della società inglese di analisi e studio di
dati per fini strategici (campagne e strategie di comunicazione e marketing commerciale e
politica).

Quelli di Cambridge Analytica sembrano essere molto bravi nel loro lavoro.
Attraverso le informazioni che giornalmente gli utenti (ossia noi) lasciano all’interno di Facebook
sotto forma di like, commenti, condivisioni e post, la società inglese riuscirebbe a tracciare un
profilo molto accurato dell’utente stesso, attraverso l’utilizzo di algoritmi specifici. Inoltre, a questa
vastità di informazioni, la società inglese affianca anche dati relativi ai comportamenti d’acquisto,
e/o di vario genere, che giornalmente abbiamo sul web. Con questa mole di dati, la Cambridge
Analytica riesce quindi a realizzare delle campagne di comunicazione altamente mirate e
targettizzate potendo contare sulla costituzione di un profilo utente molto ben definito non solo
sotto l’aspetto comportamentale, ma anche sotto l’aspetto emozionale.

Come detto sembrano essere molto bravi. Stando a quanto afferma Michal Kosinski, psicologo
e data scientist che lavora sull’algoritmo di Cambridge Analytica, attraverso pochi like lasciati
su Facebook, sono in grado di avere una conoscenza davvero molto precisa di un utente. Con 70
like si potrebbero conoscere più cose di un utente rispetto ai suoi amici, con 150 like di più
dei suoi genitori, con 300 di più del compagno/a, per arrivare a conoscerci addirittura di più di noi
stessi.

Cosa viene imputato a Facebook?

Facebook, in breve, non avrebbe opportunamente vigilato sui dati dei propri iscritti. Nel
2014, infatti, uno sviluppatore di App che consentiva l’accesso alla propria App – thisisyourdigitallife
– tramite il Facebook Login (azione lecita), ha successivamente ceduto i dati di cui era in possesso (si
parla di informazioni relative a circa 50 milioni di utenti) a Cambridge Analytica. Proprio
quest’ultimo aspetto è il fulcro del problema, perché la cessione a terzi dell’utilizzo dei dati non
è consentita da Facebook. Quindi è di questo che si tratta: un mancato o tardivo controllo
dell’utilizzo di dati.

E Cambridge Analytica come ha utilizzato queste informazioni?

Sembrerebbe che Cambridge Analytica abbia avuto un ruolo rilevante nella vittoria di
Trump alle elezioni presidenziali americane del 2016. Attraverso la loro capacità di
elaborazione dei dati e l’utilizzo delle loro tecnologie avrebbero prodotto una strategia di
comunicazione per veicolare messaggi di vario genere (pubblicità, ma anche fake news) contro
l’altra candidata alla Casa Bianca, Hillary Clinton.
E sappiamo tutti come è andata a finire.
Ma vediamo nel dettaglio qual è la strategia capace
di influenzare le nostre decisioni.
Hai messo like ad un contenuto contro l’immigrazione? Allora ti mostrerò una
pubblicità/contenuto (magari anche una “bella” fake news) nella quale troverai informazioni sui reati
compiuti solo dagli immigrati.

Hai poi condiviso un contenuto nel quale si parlava del mal costume della politica? Allora ti
invierò messaggi contenenti gli sperperi o il mala affare solo inerenti alla fazione dell’avversario
politico di turno. E via così.

Sostanzialmente quello che per noi appare un atto puramente goliardico o senza controindicazioni –
il semplice like o la condivisione – si traduce invece in informazioni chiave su noi stessi delle
quali gli inserzionisti, chi si occupa di marketing e chi analizza i dati, si servono per raggiungere
obiettivi ben definiti.

Capita di sovente quando navigando ci accorgiamo che proprio quel prodotto che tanto
desideravamo e ricercavamo (online) ci raggiunge “magicamente” sullo schermo del nostro Pc o
smartphone – per mezzo di una mail o di un messaggio - nel bel mezzo della nostra “inconsapevole”
navigazione, mostrandosi il tutto il suo splendore.

  Quanto rappresentato, ovviamente, ripetuto per giorni, può farci propendere per un determinato
  acquisto o, ed è questo il punto più delicato, farci votare per uno schieramento politico piuttosto
  che per un altro.

Come abbiamo detto lo schema è semplice e di certo non nuovo: essere sottoposti ad un
bombardamento mediatico/pubblicitario profondamente indirizzato (quelli di Cambridge
Analytica sembra che lo chiamino “microtargeting comportamentale”), consolida le nostre
credenze e ci spinge all’azione.

Ma possiamo realmente affermare che eravamo all’oscuro di tutto ciò?

Altra questione è ovviamente l’uso indiscriminato dei nostri dati ed il passaggio non
controllato degli stessi da un attore ad un altro.
E su quest’ultimo passaggio, Mark Zuckemberg in persona, ha preso pubblicamente posizione
dopo che la sua società – Facebook – è stata duramente attaccata. In parole semplici ha chiesto
scusa per l’accaduto, ha ammesso la proprio responsabilità ed ha annunciato tutta una serie di
azioni da mettere in campo per preservare la fiducia di tutti gli utenti iscritti al più famoso Social
Network del mondo.
Votazioni e pagelle per i politici: arriva il
Professor Social
Da quando tutto è pubblico sulla rete (o almeno così si crede) e le fake news sono dietro l’angolo,
i cittadini-elettori sono sul piede di guerra sulle pagine social oltre che nei vari Bar Sport per
commentare la situazione italiana.

Quale migliore occasione del periodo elettorale per fare il pelo e contropelo ai governanti o
aspiranti tali?
Tra le piattaforme che più hanno fatto parlare di sè, Facebook è in cima alla lista.

Da alcune settimane compare sul proprio profilo l’icona “Punti di Vista” per vedere, attraverso le
differenti dichiarazioni dei leader, cosa ne pensano i partiti su tematiche all’ordine del giorno,
come impresa, immigrazione, fisco, lavoro. Ci sono poi questioni importanti ma meno calde come
cultura, agroalimentare e tecnologia per un totale di 20 argomenti.

  Un modo comodo, mobile, tramite il social network per arrivare più preparati al voto, dice lo
  slogan.

Utilizzando la stessa piattaforma è possibile seguire le interviste in diretta Live dei giornalisti ANSA
e c’è anche una sezione “Candidati” dove attraverso post si possono porre direttamente ai politici
domande su tematiche elettorali, a partire dalle circoscrizioni.

E i quasi governanti come l’hanno presa?
Le polemiche non sono mancate. Infatti, come sottolineato nel promo dell’iniziativa, vengono presi in
considerazione solo i partiti che rappresentano almeno l’1% delle intenzioni di voto. Ma a quanto
pare alcuni ne sono rimasti fuori e questo ha creato polemiche e accuse di manipolazioni. In effetti,
ad un partito appena nato, sconosciuto e con poche risorse, il social network non agevola certo la
diffusione delle posizioni e, anzi, contribuisce ancora di più a incasellarlo tra i “senza speranza”
tanto da non farlo apparire nella lista di chi parlerà in diretta live.
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Ministero dei Meme

Questa opportunità, tra informazione e propaganda 3.0, potrebbe forse supplire alla
mancanza di giovani alle urne registrata negli ultimi tempi, cercando di attirare l’attenzione degli
elettori disertori e di rendere gli habituè del voto più consapevoli. L’attesa ci dirà se in effetti l’età
media si è abbassata interessando anche gli utenti attivi su Facebook.

Uno strumento storico (attivo dal 2012), made in Italy ma meno noto è Pagella Politica, che
si occupa di verificare la veridicità di dati, informazioni e bufale che spopolano nella politica
nostrana.
Passato alle cronache in questi giorni per una collaborazione con Facebook per il controllo
delle fake news, l’attività di questo pool di giornalisti si amplia anche al controllo della correttezza
delle asserzioni.
Sul loro sito si può trovare una corposa sezione di dichiarazioni con tanto di valutazione e
  raffronto con i dati forniti da altri Enti, bufale provenienti da giornali e siti on line,
  quotidianamente aggiornate, per poi passare ad una dettagliata analisi dei governanti.

Oltre 1500 dichiarazioni degli esponenti attuali analizzate e più di 500 delle passate glorie
italiane. Un bel numero se si pensa che sono attivi da alcuni anni e una bella indicazione su quanto
si parla (parla, parla) nella politica nostrana.
E come non pensare, vedendo i giudizio “Vero”, “Ni”, “C’eri quasi”, “Pinocchio andante” e “Panzana
pazzesca”, a quegli intensi lunedì mattina, di attese e trepidazione davanti all’immancabile Gazzetta
rosa che con i suoi voti mette in moto l’Italia?

E così come il Fantacalcio muove le masse, perchè non fare la Fantapolitica per interessare
i giovani?
Altro che social ed elezioni 3.0. Noi restiamo la nazione del Bar Sport.

Verba volant, screenshot manent: la
comunicazione politica sui social media.
I mezzi di comunicazione di massa hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nella
comunicazione politica, ma i social media hanno segnato una vera e propria svolta.

  Mentre tv, giornali e mezzi classici permettevano quella che viene definita la one-way
  communication, ovvero la comunicazione unidirezionale, il web 2.0 ha cambiato le cose e ha
  permesso la comunicazione bidirezionale, aperta, diretta, paritaria, partecipativa.

L’interazione con gli elettori cambia, e questo non in tutti i casi è un bene; non se ai social
viene dato un peso minore rispetto ad altri mezzi di comunicazione, come purtroppo spesso
avviene. La comunicazione sui social media è solitamente molto più impulsiva, le parole su Facebook
e Twitter vengono pesate nella maggior parte dei casi molto meno rispetto ad altri contesti (da chi
scrive ma non da chi legge) e, come spesso notiamo, le gaffe sono sempre dietro l’angolo e si
trasformano presto in meme, hashtag derisori e in opportunità per denigrare o evidenziare
incongruenze nel tempo.

  Verba volant, scripta manent e gli screenshot possono diventare pericolosissimi.
  A nulla serve eliminare post e tweet. La rete difficilmente dimentica, ma non dimentichiamo che
  la rete siamo noi: gli elettori.

Qualcuno potrebbe obiettare, quindi, che i social media sono pericolosi, che è meglio non
utilizzarli, che il popolo del web sa sempre come strumentalizzare i contenuti e rivoltarli contro; ma
non avere una presenza attiva sul web oggi significherebbe rinunciare ad interagire con
milioni di persone in tempo reale e per lo più a basso costo. Sarebbe stupido e se ne
pagherebbero le conseguenze. D’altronde già gli Stati Uniti, con il grande esempio della campagna
elettorale di Obama, ci hanno mostrato la potenza del web e la lezione è presto fatta: “Non
puoi ignorare la rete, non puoi sottovalutarla, utilizza internet in modo sapiente, promuovi il dialogo,
coinvolgi, fai storytelling, ascolta, comunica e fallo bene”. La rete per Obama è stata
fondamentale, sia nel 2008 che nel 2012, il coinvolgimento attivo dei sostenitori imprescindibile, la
strategia di comunicazione impeccabile. Si è parlato persino di “social media election”.

Mezzi come Facebook e Twitter permettono di parlare direttamente agli elettori e di farlo
quotidianamente, più volte al giorno, in modo immediato e semplice. Questo è un plus enorme. Chi
è in grado di comunicare bene, magari con l’aiuto di professionisti del settore, può ottenere
 pubblicità gratuita sul web, quella che viene chiamata “viralità”, facilitata da funzionalità come il
“condividi” di Facebook o il “retweet” di Twitter. La condivisione è l’arma segreta della
comunicazione online, ma per ottenerla bisogna sapersela guadagnare, bisogna saper
ottenere consensi che si moltiplicheranno.

Altro fondamentale punto di forza offerto dal web è l’ascolto, che non a caso sta alla base di
ogni campagna di comunicazione. Tutto comincia dall’audit: in questo caso l’ascolto dell’opinione
pubblica è fondamentale sia per la creazione della strategia comunicativa che per i feedback in
tempo reale sulle varie tematiche. Essere in grado di ascoltare e monitorare l’opinione pubblica
giorno dopo giorno aiuta decisamente anche nella scelta dei passi successivi o delle dichiarazioni
future.
Sul web è molto semplice analizzare il sentiment rispetto a un tema, esistono anche diversi
strumenti e piattaforme specifiche che permettono di farlo in modo quasi automatico, ma ciò che è
importante ricordare è che non stiamo parlando di origliare le conversazioni o spiare gli utenti.
L’ascolto è davvero utile se partecipativo. Se parliamo di social media e agiamo sui social
media non possiamo dimenticare la regola fondamentale di questi mezzi, ciò su cui si
fondano, ovvero il dialogo. Obama e il suo staff riuscirono ad intercettare le nicchie, ad ascoltarle
e ad instaurare un dialogo, una comunicazione bidirezionale, perfettamente in linea con il web 2.0 e
con i tempi moderni.

Morale della favola: i nuovi media sono anche in politica degli alleati preziosi ma bisogna
saperli utilizzare nel modo corretto, all’interno di una strategia ben studiata e soprattutto
seguendo le loro regole. Un post sui social media non è un comizio né si può pretendere di utilizzare
Facebook e Twitter semplicemente come fossero un microfono.

FACEBOOK E IL PRINCIPE – Il libro
Il tema relativo al rapporto tra media e politica è ormai quasi senza tempo.

In ordine sparso dalla nascita e dalla diffusione della stampa, della radio, della fotografia, della
televisione, dei social media e del cinema, ogni qualvolta sulla scena pubblica si è presentato un
nuovo mezzo di comunicazione ci si è dibattuti sulla pervasività dei media come strumento di
comunicazione politica (e non solo).

Di certo il ‘900 è stato il secolo che più di tutti ha visto il proliferare di studi sulle teorie e tecniche
della comunicazione di massa dato l’enorme impatto ed uso che soprattutto i regimi totalitari (di
destra e di sinistra) ne hanno fatto.

Quelli erano gli anni della comunicazione politica intesa come propaganda, che si poggiava su 3
fattori principali:

■   censura forzata;
■   mistificazione della realtà;
■   esaltazione del regime.

E per realizzare questi obiettivi, i regimi utilizzavano scientificamente i mezzi di comunicazione
che avevano a disposizione. Ovviamente la Stampa, ma soprattutto la Radio e la Comunicazione
visiva, ossia la Fotografia e il Cinema. La radio aveva il potere, immutato tutt’ora, di poter esser
praticamente ovunque, mentre cinema e fotografia potevano far leva sul potere delle immagini, che
tutto semplificano e tutto rendono immediato.

Oggi, fatta eccezione che per qualche latitudine del mondo, non si parla più di comunicazione
politica in termini di propaganda, ma comunque ci si interroga ancora sul ruolo e sulle
interconnessioni esistenti tra politica e media. Tra l’altro, questo filone di letteratura, ha
ripreso nuovo slancio con la diffusione di internet e dei social media, Facebook in primis.

Ed è proprio questo il tema che Sergio Pargoletti decide di affrontare nel libro “FACEBOOK E IL
PRINCIPE – Appunti di politica e comunicazione al tempo di Internet” (edito da Scorpione
Editrice, 2016).

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CIPE – Appunti di politica e comunicazione al tempo di Internet”, di Sergio
Pargoletti

Nel mondo, ad essere connessi, siamo in oltre 3 miliardi di persone e, solo in Italia, circa il 60% della
popolazione è collegata alla rete tramite Pc, smartphone o tablet.
E siamo connessi anche per molto tempo: in Italia, superiamo le 2 ore di connessione al giorno, con
l’80% del traffico che viaggia su mobile. Ed una fetta importante del tempo speso sul web, neanche a
dirlo, va appannaggio dei social network (dati Audiweb, Total Digital Audience – rilevazione di
dicembre 2017).

È questo contesto che Pargoletti con il suo “FACEBOOK E IL PRINCIPE” - il libro è sì del 2016,
ma i trend e la situazione illustrati erano già ben consolidati – analizza per cercare (riuscendoci) di
portare alla luce il tema della visibilità mediatica e della comunicazione politica che oggi non
viaggia più, o quantomeno non solo, sui media tradizionali (come ad esempio la cara e vecchia TV
generalista), ma anche, visti i numeri esposti, soprattutto sul web e sui social.

  Per farlo si avvale di un corposo lavoro bibliografico e di rilevanti testimonianze e contributi che,
  a vario titolo, personalità quali Maurizio Ferraris, Umberto Eco, Ilvo Diamanti, Alessandro
  Baricco, Giuseppe De Rita e Zigmunt Bauman, hanno dato a questa materia.

Come dicevo il libro, edito nel 2016, è ancora assolutamente attuale e preminente.
Scopriamo il perché.

Tutti gli addetti ai lavori sono concordi nell’affermare che la campagna elettorale italiana del 2018 è
fondamentalmente povera di contenuti, all’interno della quale non si stanno davvero attaccando i
veri problemi del paese, e non sta riuscendo a generare un dibattito pubblico in grado di produrre
una vera partecipazione ed un confronto attivo.

In un passaggio del libro “FACEBOOK E IL PRINCIPE – Appunti di politica e comunicazione al
tempo di Internet”, Pargoletti sembra individuare (due anni prima) i motivi di questo impasse
ponendo in risalto un concetto molto forte, già ripreso da Alessandro Baricco. Il tema in questione
è la contrapposizione tra la velocità del web e dei social e la lentezza delle idee e della
politica.

Se è vero che in rete si diffondono più rapidamente gli slogan semplici che i contenuti ragionati e
che, più in generale, viviamo nell’epoca dell’immediatezza, potrà capitare che riuscirà ad ottenere
più consenso non il politico capace di esprimere una soluzione complessa ad un problema
complesso, ma colui il quale darà soluzioni semplici a problemi complessi.

E non solo. Il politico “affamato” di consenso sarà quindi “costretto” a rincorrere i rumors dei social
per non perdere i like tanto faticosamente guadagnati. In questo modo, quindi, la stessa azione
politica avrà, presumibilmente, sempre il respiro corto.

Come fare quindi per ristabilire un equilibrio?
Pargoletti risponde alla domanda del lettore rispolverando ed attualizzando Machiavelli ed il suo
Principe: “la classe dirigente di uno Stato – deve sapersi assumere la responsabilità di quelle scelte
giudicate necessarie anche se risultano impopolari nel breve periodo. Molto spesso invece accade
però il contrario: si preferisce il consenso immediato, passando dall’incasso elettorale, rinviando
l’adozione di misure e decisioni strategiche”.

L’analisi di Pargoletti è chiara.
La comunicazione politica è uno strumento e non il fine. È la politica che deve riscoprire la sua
centralità e utilizzare le giuste leve della comunicazione per informare e creare un clima
partecipativo all’interno del paese. In caso contrario si rischia il paradosso che è la politica ad
essere al servizio della comunicazione.

Ma come possiamo immaginare, e spero tutti condividere, non è con gli slogan che si risolvono i
problemi e non è con gli slogan che si vincono le sfide del futuro.

Niente è più veloce di Twitter: perché e
come usare Twitter per il successo di un
evento.
Se c’è una cosa in cui Twitter è imbattibile è la capacità di concentrare e raccogliere commenti
in tempo reale. Questo probabilmente grazie alla sua stessa natura: a un feed veloce e dinamico,
al ruolo fondamentale ed imprescindibile degli hashtag, alla capacità di sintesi a cui ci ha educati
negli anni. Una volta i tweet erano al massimo di 140 caratteri, adesso possiamo contare su 280, che
per la lingua italiana iniziano ad essere molto più adeguati.

  La differenza tra l’utilizzo di Twitter e gli altri social media è grande: Twitter ci tiene meno
  incollati al suo feed ma ci spinge più “a consultarlo” in determinati momenti.

Qualche esempio?
Andiamo su Twitter per leggere gli aggiornamenti legati ad una notizia di attualità, i
commenti raggruppati da un determinato hashtag o per seguire quasi in diretta eventi sul
territorio. Ecco perché su Twitter seguiamo meno amici e conoscenti e molte più agenzie di stampa,
giornalisti, opinion leader, specialisti di vari settori. D’altronde essere follower su Twitter è meno
impegnativo che essere amico su Facebook, e poi non è necessario accettarsi a vicenda… e già
questo rende tutto più semplice.

Secondo un’analisi di Ninjamarketing lo scorso Festival di Sanremo su Twitter ha registrato
duemilioniduecentoottantottomilacentoventuno interazioni. Un numero impressionante, “un
flusso di dati che ha raggiunto circa 3.203.000 utenti, coinvolto 186.800 utenti unici e registrato più
di 10 miliardi di visualizzazioni”.

Un dato che si traduce facilmente così: in Italia amiamo seguire il Festival e commentarlo. Fin
qui nulla di nuovo: è tradizione, è cultura nazionalpopolare, è abitudine, ed è stato sempre così sin
dalle prime edizioni probabilmente. La novità è che oggi lo facciamo per lo più su Twitter e in
tempo reale. Mentre un cantante si esibisce sul palco dell’Ariston commentiamo la sua
interpretazione, la sua voce, il suo look, la sua emozione, il testo della canzone… e nel frattempo
riceviamo like, retweet, risposte acide dagli account dei fan club o dai fan sfegatati. Una
volta probabilmente compilavamo la pagella, ovvero la tabella dei voti su Tv Sorrisi e Canzoni,
storico partner dell’evento, oggi invece il nostro commento e il nostro voto lo affidiamo al
web, nel bene e nel male.

Ma il Festival di Sanremo non è di certo l’unico evento che si lascia travolgere dall’ondata di Tweet.
Nel 2017 i top trend su Twitter sono stati programmi tv e talent come #MasterChef, #Xfactor,
la notte degli #Oscar, ma anche gli eventi di politica estera e le elezioni hanno ricevuto
numerosi commenti: gli hashtag #Trump e #Macron non hanno deluso le aspettative e sono stati
tra i più utilizzati in tutto il mondo. Impossibile non citare anche il mondo dello sport, la serie A e i
vari hashtag legati alle squadre di calcio più seguite e amate come #Milan, #Inter e #Juve con il
suo hashtag #Finoallafine.

Twitter può essere ribattezzato come il social network della tempestività, dei commenti in
tempo reale, dell’aggiornamento continuo. Niente è più veloce di Twitter. Ecco perché è il
mezzo più adatto da associare ad un evento, che sia la storica kermesse di musica italiana o un
evento specifico, di settore, diretto a un target mirato, o ancora una mostra o una convention.

Come fare a far sì che un evento abbia il suo lato social? Come assicurarsi che i partecipanti
twittino, commentino e facciano sì che il vostro evento viva anche su Twitter? Bisogna partire dalla
strategia di marketing ed inserire alcuni accorgimenti utili.

Ecco qui i 6 principali:

1. Creare i canali social ufficiali dell’evento con anticipo e iniziare twittare tempo prima.
2. Scegliere, definire e comunicare l’hashtag ufficiale dell’evento, assicurandosi che sia
   semplice da ricordare, da scrivere e che non venga già utilizzato per altro.
3. Ripere l’hashtag ufficiale su tutta l’immagine coordinata legata all’evento: biglietti di
   ingresso, eventuali schermi, gadget, poster ecc..
4. Coinvolgere i relatori e gli sponsor nell’utilizzo dell’hashtag per promuovere l’evento su
   Twitter in anticipo e per twittare anche durante e dopo.
5. Prevedere un Twitter Wall in cui proiettare durante l’evento commenti ed eventuali domande ai
   relatori con l’hashtag apposito.
6. Promuovere l’hashtag su Twitter per incrementare la sua visibilità.

  Ci siamo concentrati su Twitter ma ovviamente la comunicazione di un evento di successo
  necessita di una strategia integrata su diversi mezzi.

Facebook, ad esempio, potrebbe aiutarvi a raggiungere il target specifico più facilmente e
potrebbe dar modo di spaziare e comunicare in modo più libero, senza limiti di caratteri o altro.
Instagram o Snapchat potrebbero aiutarvi a creare engagement raccontando con le immagini la
preparazione dell’evento, l’organizzazione e il making of tramite le stories. Ogni evento ha una
strategia a sé, da studiare ad hoc tenendo conto del target specifico e delle sue esigenze ed
abitudini, ma è innegabile che i social siano dei grandi facilitatori di visibilità e
coinvolgimento ed oggi non possiamo permetterci di tenerli fuori da una strategia legata al lancio
di qualunque evento.

Stories, live video, virtual reality e non
solo: dalle ultime novità social del 2017
alle previsioni per il 2018
Il 2017 è stato indiscutibilmente l’anno delle “stories”, ovvero i post che si autodistruggono in 24
ore e che permettono di raccontare le proprie giornate, di mostrare particolari, curiosità, di
condividere tanti contenuti in un giorno senza rischiare di stancare i nostri followers.

Per chi non lo sapesse le stories sono state lanciate da Snapchat con grande successo e riprese
ben presto da Instagram e Facebook. Abbiamo così avuto conferma, ancora una volta, del fatto che
se Mark Zuckerberg desidera un giocattolino nuovo o lo compra o lo costruisce uguale all’originale.
Dopo aver, infatti, provato ad acquistare una neonata Snapchat senza successo, Zuckerberg l’ha
osservata crescere, diffondersi e rubare una bella fetta di mercato a Facebook e Instagram. A
questo punto avrà pensato che l’unica opzione possibile fosse snapchattizzare le due piattaforme e
 voilà…ecco che di Snapchat, che aveva già conquistato giovani e vip, sentiamo parlare sempre
meno.

  Le stories su Instagram, ad onor del vero, sono state lanciate nel 2016 ma possiamo parlare di
  diffusione e successo in Italia soltanto nel 2017.

Su Facebook in verità stentano un po’ a decollare del tutto, sia da parte dei profili personali
che delle pagine, che hanno la possibilità di condividere storie soltanto da qualche mese, da Ottobre
2017, e che probabilmente saranno presto le principali utilizzatrici di questa funzionalità.

Una novità recentissima e molto importante che riguarda le stories su Instagram è l’introduzione
di hightlights e degli archivi delle storie. Dai primi di Dicembre, infatti, è possibile selezionare
alcune storie da mettere in evidenza sul proprio profilo Instagram, abbattendo quindi la soglia
delle 24 ore di durata massima del contenuto o addirittura organizzandole nel proprio archivio
in una sorta di album. Una piccola rivoluzione, dunque, che permetterà di non perdere i contenuti
per sempre allo scadere della giornata e addirittura di ricondividerli dopo tempo.

Oltre alle stories non possiamo non citare una grande novità nel mondo social arrivata, dopo tanti
rumors e polemiche, a Novembre di questo anno: Twitter ha raddoppiato il numero dei suoi
caratteri. Si passa dai classici 140 ai 280; novità molto discussa e non sempre apprezzata da tutti.
I puristi continuano a storcere il naso ma… ammettiamolo, in molti casi qualche carattere in più non
guasta. Ci siamo ormai abituati a essere così concisi su Twitter che difficilmente ci dilungheremmo,
al massimo approfittiamo di qualche battuta in più quando è necessario.

Ma le novità che hanno caratterizzato gli ultimi mesi del 2017 non finiscono qui.

Instagram ha da pochissimo lanciato la possibilità di seguire gli hashtag oltre ai singoli account.
In questo modo è possibile tenere sempre sotto controllo anche i temi a cui si è interessati . Da
Ottobre sono stati lanciati i sondaggi sulle stories, da Settembre i face filters, più recentemente
la possibilità di visualizzare le stories anche desktop.

Facebook si è invece concentrato sulla sua battaglia alle fake news, su un algoritmo attento
alle esigenze degli utenti e sulla virtual reality. Mark Zuckerberg ha infatti realizzato alcuni video
in diretta tramite realtà virtuale “Facebook Spaces”, grazie ai visori Oculus Rift, in cui si presentava
con un avatar in versione cartoon insieme a Rachel Franklin, head of social VR, per mostrare le
potenzialità della realtà virtuale. Inevitabile il confronto con il vecchio Second Life, ma su Spaces c’è
decisamente molto di più.

L’obiettivo di Spaces, disponibile dal 18 Aprile 2017 in versione beta, è simile a quello di Facebook
stesso, ovvero connettere le persone, permettere a chi non può incontrarsi di passare comunque
del tempo insieme grazie ad un ambiente virtuale interattivo.

  Le novità del mondo social nel 2017 sono state così tante che un articolo di certo non
  basterebbe a raccoglierle tutte.

Molte ci sembrerebbero ormai scontate, anche se appena lanciate abbiamo avuto qualche difficoltà a
capirle o iniziare ad utilizzarle, ma i social ci hanno insegnato che possiamo abituarci a tutto, come
nella vita: le novità a volte spaventano o destabilizzano, ma si fa presto a farle nostre e riadattarsi.

E per quanto riguarda il 2018?
Cosa bolle in pentola? Cosa dobbiamo aspettarci dal mondo social?

Il mobile sarà ancora al centro di tutto. Come potrebbe non esserlo d’altronde? Un ruolo importante
sarà dato anche all’intelligenza artificiale, dunque i BOT che vediamo già sempre più attivi,
avranno sempre più un ruolo importante sui social per pagine ufficiali e aziende, soprattutto per
quanto riguarda il servizio clienti e i servizi da offrire 24 ore su 24 per una customer relation sempre
migliore .
La realtà aumentata farà di certo parte delle nuove strategie aziendali, dunque aspettiamoci
sempre più dispositivi con chip; app e piattaforme con funzionalità specifiche anche per la
condivisioni di immagini sui social.

Il video continuerà ad essere uno strumento di engagement fondamentale e imprescindibile, nel
2018 si imporrà maggiormente il live video, lo streaming, e ancora una volta dunque si
accorceranno le distanze, tra utenti ma anche tra aziende e consumatori.

Cosa ne sarà dell’e-commerce?
Nel 2018 riuscirà finalmente ad imporsi anche il social commerce? L’influencer marketing
riscuoterà ancora tutto questo successo? Al di là dei trend di massa quali saranno le piccole novità
lanciate dai vari social media per continuare a catturare l’attenzione degli utenti? Per rispondere a
queste domande dovremo aspettare qualche mese e stare a vedere, in fondo i trend vengono
proposti dall’alto, dalle grandi realtà del mondo digitale, ma siamo poi solo e soltanto noi utenti a
determinarne il successo o il flop.

L'Inter FC e la strategia di marketing sui
social network

  L’Inter FC supera i 7 milioni di fan su Facebook.

Secondo una nota, questo risultato è il frutto di una strategia di marketing e
di brand positioning (oltre ovviamente per i risultati che sta raggiungendo in campionato) che
l’Inter sta portando avanti a livello globale, con oltre l’80% di nuovi fan di natura internazionale.

  Un ottimo risultato in termini relativi, ma non in assoluto.

Se infatti l’Inter guarda dall’alto verso il basso tutte le rivali in campionato, lo stesso non vale su
Facebook: Milan e Juventus possono rispettivamente contare su una base di fan di quasi 25
milioni e di oltre 30 milioni.

Insomma c’è ancora tanta strada da fare per l’Inter in termini di presenza social. Strada che,
comunque, ci sembra sia quella giusta!
Facebook: operazione trasparenza
Dopo le polemiche relative alle passate elezioni USA che hanno visto prevalere Trump sulla
Clinton, anche grazie alle campagne di advertising sempre più mirate e basate sui like e le
preferenze (dai quali si possono ricavare informazioni sulle intenzioni di voto) che ognuno di noi
quotidianamente lascia sul social network, Facebook sta lavorando sempre più per rendere
trasparenti queste attività di marketing e comunicazione.

  Il metodo per influenzare le decisioni è abbastanza semplice.

Hai messo like ad un contenuto contro l’immigrazione? Allora ti mostrerò una pubblicità/contenuto
nel quale troverai informazioni sui reati compiuti solo dagli immigrati.
Hai poi condiviso un contenuto nel quale si parlava del mal costume della politica? Allora ti invierò
messaggi contenenti gli sperperi o il mala affare solo inerenti mio avversario politico. E via così.

Sostanzialmente quello che per noi appare un atto puramente goliardico o senza controindicazioni –
il semplice like o la condivisione – si traduce invece in informazioni chiave su noi stessi dei quali
gli inserzionisti si servono per raggiungere i loro obiettivi.
Nulla di sbagliato direte voi? “Ni”. In questo modo la pluralità informativa “va a farsi benedire”, in
quanto da un lato abbiamo l’algoritmo di Facebook che ci mostra solo quello a cui mostriamo
interesse, dall’altro abbiamo un bombardamento pubblicitario che consolida le nostre credenze.

Certo, Facebook non è una Media Company e quindi non deve sottostare ad un certo tipo di
logiche, ma anche in Facebook si sono accorti del “problema trasparenza” o, per dirla in altre
termini, dello squilibrio informativo. Tema per certi versi comune, tra l’altro, alle cosiddette fake
news, che tanto facilmente viaggiano all’interno dei social network.
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