Storytelling all'e-commerce.
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Cosa rende Instagram così irresistibile? L’evoluzione di una piattaforma dal visual storytelling all’e-commerce. Dalla sua nascita, nell’Ottobre 2010, Instagram è cambiato parecchio e ha saputo pian piano conquistare ogni fascia d’età. Otto anni fa Instagram era solo un’app di condivisione di foto con una particolarità: poter modificare facilmente ogni immagine con una serie di filtri preimpostati che rendevano gli scatti decisamente più piacevoli e permettevano di “strappare” qualche like in più. Il tutto arricchito dagli hashtag per rendere le immagini ricercabili dagli altri utenti. Clarendon, Juno, Perpetua, Amaro, Rise… sono presto diventati i nostri alleati per perfezionare gli scatti prima della condivisione, il tutto in formato rigorosamente quadrato. Quell’effetto Polaroid che da retrò è diventato subito moderno e trendy sui social. Se fosse finito tutto qui ci saremmo stancati presto, e invece, come per tutti i social che funzionano, Instagram ha saputo adattarsi alle esigenze, ai trend, alle richieste silenti dei suoi utenti. La capacità d’evoluzione l’ha portato al successo. Non c’è bisogno di scomodare Darwin forse, ma la verità è che il principio vale anche per i social network: o ti evolvi o ti estingui. Ne è un esempio in negativo MySpace, per citarne uno, ma Instagram, invece, ha decisamente saputo farci. Di questo dobbiamo anche ringraziare Zuckerberg, che dall’acquisizione di Instagram ha proposto novità continue (dalle Stories alla IGTV, passando per gli stickers di musica e così via). Non tutte le funzionalità hanno subito successo o si rivelano azzeccate. Su IGTV abbiamo ancora molti dubbi, ma le Stories, “riprese da Snapchat”, hanno davvero dato un boost ad Instagram. Oggi chi entra in piattaforma spesso non si sofferma sul feed, ma si concentra subito sulle Stories. Il senso di urgenza, l’evanescenza, il timore di perdere contenuti interessanti nell’arco di 24 ore solletica la nostra curiosità e ci spinge al ritorno, al “check” più volte al giorno. E’ così che Instagram ci aggancia e ci tiene sempre vicini. Pur proponendo la stessa funzionalità, non succede lo stesso su Facebook: le stories di Facebook non hanno il medesimo appeal. Marc Zuckerberg si interrogherà probabilmente giorno e notte sulle motivazioni, ma il nostro utilizzo di Facebook è molto cambiato rispetto a un tempo e questa funzionalità, in quel contesto, non ha successo, anche se gli utenti sono spesso gli stessi. La recente ricerca “Taking Stock With Teens”, focalizzata su un target di adolescenti, evidenzia che l’utilizzo di Instagram ha superato recentemente quello di Snapchat, fino a poco tempo fa sempre in testa su questa fascia d’età. Ma gli adolescenti non sono sicuramente gli unici ad amare questo social network. Instagram conta un miliardo di utenti, di cui 500 milioni attivi quotidianamente sulla piattaforma e 400 milioni di utilizzatori di Stories ogni giorno. Numeri decisamente interessanti per il business, non a caso si contano già 25 milioni di aziende sulla piattaforma e 2 milioni di advertiser. La comunicazione delle aziende su Instagram è, e deve essere, diversa rispetto agli altri mezzi.
Una buona comunicazione su questo social network, infatti, è sicuramente più informale, volta al coinvolgimento, allo storytelling rispetto ad altre piattaforme. E’ una comunicazione visual e decisamente più creativa, più immediata, che si presta particolarmente ad alcuni settori, come ad esempio il luxury, il beauty o il food. Non possiamo dimenticare poi che Istagram è il regno degli influencer, che altro non sono che veri e propri brand, dei lovemark. Blogger, celebrità, cantanti, idoli sportivi… è di qualche giorno fa la notizia che Cristiano Ronaldo è ufficialmente la persona più seguita al mondo su Instagram. CR7, con i suoi 144.446.447milioni di follower, ha infatti da poco superato Selena Gomez, regina indiscussa della piattaforma fino ad ora. Riusciamo a immaginare la potenza di un placement di prodotto sui suoi post o sulle sue Stories? L’engagement che permette di avere Instagram, grazie al suo visual storytelling, al momento non ha eguali, ma la strategia migliore per un’azienda sarà frutto di creatività e della giusta pianificazione di contenuti nei confronti del giusto target. Un mix che non può fare a meno della sperimentazione e dell’utilizzo degli strumenti sempre nuovi messi a disposizione dal mezzo. Strumenti che hanno sempre un occhio di riguardo per il business, infatti dal mese di Giugno 2018 Instagram ha addirittura introdotto lo shopping sulle stories, permettendo alle aziende con account business di inserire all’interno delle stories gli stickers con il simbolo della shopping bag, che danno la possibilità di avere informazioni aggiuntive sul prodotto e procedere all’acquisto direttamente sull’e-commerce. Tutto questo perché, come si sottolinea anche sul post ufficiale di presentazione della nuova feature, ”Instagram isn’t just a place of inspiration, it’s also a place of action” ovvero Instagram non è (più) soltanto un luogo di inspirazione, è anche un luogo di azione. Al momento, e in Italia in particolare, questa funzionalità non è ancora molto utilizzata, ma in futuro, probabilmente, vedremo sempre meno immagini di tramonti, di vacanze, meno selfie…e sempre più stickers con shopping bag. E a quel punto avremo bisogno di una nuova evoluzione, o di un nuovo algoritmo; ma Zuckerberg, come ci ha spesso dimostrato, sa come gestire al meglio queste situazioni e come rendere i suoi social i luoghi virtuali in cui si ha sempre voglia di stare. Social Media Strategies, l'evento per i professionisti del social media marketing Un evento completamente dedicato ai social media ed al social media marketing. Questo è il “Social Media Strategies” un evento verticale che si pone l’obiettivo di mettere in luce le ultime novità relative ai social media, con un focus specifico sul social del momento – Instagram – senza però dimenticare Facebook e le varie strategie – Video e Visual e Content & Strategy – ad essi
collegati. Il 6 e 7 novembre il Palacongressi di Rimini accoglierà nuovamente il Social Media Strategies, l’evento per i professionisti del Social Media Marketing firmato Search On Media Group. Giunto alla sua 6^ edizione e dopo gli oltre 1200 partecipanti nella due giorni dello scorso anno, l’appuntamento si ripresenta ricco di novità. La formazione professionale di qualità, fulcro dell’evento, sarà declinata tra 10 sale tematiche e gli interventi formativi di oltre 60 relatori esperti. L’offerta di quest’anno, ampia e variegata, presenta grandi novità per stare al passo con i principali e più recenti trend del settore: tra le 10 sale formative in programma, infatti, una sala sarà interamente dedicata a Instagram, per analizzare a fondo quella che è stata una vera e propria “esplosione” di questa piattaforma social, mentre la sala Comunicazione e Brand, darà conto del miglioramento percepito nella gestione delle strategie comunicative attuate da brand piccoli e grandi attraverso i social media. A queste, si aggiungono le sale Facebook, Video e Visual e Content & Strategy, già presenti nel 2017 e riproposte anche quest’anno grazie ai feedback positivi dei partecipanti alla precedente edizione. Gli speech in programma saranno inoltre distinti in livello “base” e “avanzato” per permettere a social media manager, blogger, freelance e studenti di intraprendere liberamente il proprio percorso di formazione e di aggiornamento, a seconda del grado di conoscenza delle diverse tematiche trattate. Un percorso adatto anche ai giornalisti pubblicisti e professionisti che, potranno iscriversi gratuitamente al Social Media Strategies attraverso la piattaforma SiGef e ricevere crediti formativi. Al Social Media Strategies non mancherà, infine, l’Area Espositiva dedicata agli operatori e ai key player del settore, che incoraggerà ulteriormente i preziosi momenti di networking e di confronto tra i partecipanti, le agenzie e le aziende del mondo digitale. Le iniziative e la Sala Plenaria All’interno dell’evento spazio anche alle professioni digitali: per il secondo anno consecutivo, infatti, il Web Marketing Festival - partner dell’evento – realizza il servizio di recruitment per le professioni digitali attraverso la piattaforma Digital Job Placement, che permetterà ad aziende con posizioni lavorative aperte e professionisti del digitale in cerca di occupazione di incontrarsi ed effettuare colloqui conoscitivi durante l’evento. Per queste ragioni noi di Smart Marketing siamo felici di essere media partner del “Social Media Strategies” (6 e 7 novembre al Palacongressi di Rimini), l’evento per i professionisti del Social Media Marketing firmato Search On Media Group.
Il matrimonio tra Fedez e Chiara Ferragni: un caso da studiare. Il matrimonio tra Fedez e Chiara Ferragni è senza dubbio un caso di comunicazione e social(e) da analizzare. La coppia, insieme, supera i 20 milioni di follower su Instagram. Hanno pertanto una possibile audience, un target, un pubblico, un seguito – chiamatelo come vi pare – davvero immenso (l’intera popolazione italiana è composta da 60 milioni di persone). Da soli, e insieme, formano un network invidiabile: i numeri che collezionano i loro post e le storie su IG lo dimostrano.
Già, le Storie. Il racconto del loro matrimonio ha viaggiato sui social. Ed ha viaggiato per mano loro. Hanno deciso la linea editoriale, cosa, quando, quanto, perché e come mostrare un dato momento. Il tutto facendo alternare e ruotare i vari sponsor che, fiutando il ritorno di immagine (anche se non ci voleva molto per farlo), hanno ovviamente deciso di promuovere l’evento (vedi ad esempio il caso Alitalia, ma non solo). Altro aspetto interessante è la scelta, da parte dei Ferragnez, di puntare in maniera verticale su un social di riferimento: Instagram. Entrambi sanno che il loro pubblico predilige quella piattaforma e hanno deciso di non disperdere energie nel confezionare contenuti che magari su FB avrebbero richiesto altri formati e un differente tono di voce. E, in aggiunta, la volontà di far passare un messaggio chiaro: le informazioni su di noi le trovate su IG. Semplice e diretto. 10 anni fa un evento come questo sarebbe passato, magari in esclusiva, dalle copertine di giornali CARTACEI come Chi, Donna Moderna, Novella 2000 et similia, mentre oggi quegli stessi giornali che avevano il monopolio dell’informazione devono accontentarsi di rimbalzare la notizia del matrimonio sui loro siti – mostrando immagini postate proprio da Fedez e Chiara Ferragni -, accrescendo in questo modo la portata mediatica del duo. Ultimo aspetto: visibilità mediatica. Abbiamo parlato di media tradizionali, ma molto dell’eco di cui ha goduto il loro matrimonio lo hanno portato, probabilmente, i vari post a cura delle tante pagine satiriche (vedi Casa Surace, Inchiostro di Puglia) e/o dei profili social dei vari influencer (es. Selvaggia Lucarelli). Questi, per cavalcare a loro volta il flusso mediatico, hanno accresciuto notevolmente la risonanza dell’evento. Dalla pagina Facebook di Inchiostro di Puglia Dalla pagina Facebook di Casa Surace Dal profilo ufficiale di Selvaggia Lucarelli Una classica situazione win-win I post dedicati al matrimonio delle pagine social e degli influencer hanno ottenuto milioni di visualizzazioni e il duo Ferragnez ha potuto contare indirettamente su un un bacino di utenza trasversale e più eterogeneo. Stiamo vivendo in un momento storico particolare. Un momento storico dove sembra sempre più marcato un Prima e un Dopo. E il matrimonio di Fedez e Chiara Ferragni si ascrive a pieno titolo in questo racconto.
Se il tuo Cliente è protagonista della “storia” il gioco è fatto: lo sa bene il settore del calcio. Mettere l’acquirente nelle condizioni ideali per comprare ed invogliare a farlo utilizzando sistemi psicologici più o meno sottili attraverso strategie disegnate a tavolino. E’ il mix necessario tra marketing tradizionale e digitale, con soluzioni che toccano le giuste leve e vendono emozioni e sensazioni e che mettono in moto evocazioni uniche; legate a quel particolare brand e stuzzicandone il desiderio. E’ un po’ ciò che accade quando si è davanti ad uno scaffale per acquistare un prodotto, ogni qualvolta si fa una scelta spinti da una preferenza senza rendersi conto se davvero si tratta di una nostra scelta e quanto è, invece, indotta dai vari messaggi di pubblicità che ci spingono all’acquisto. E’ l’efficacia della comunicazione e di quanto questa entri nelle nostre teste a gamba tesa tanto da farci ricordare un claim, uno slogan o banalmente un’emozione di uno spot. In realtà tutto è pubblicità, in ogni settore merceologico dove il fine ultimo è la vendita/acquisto di un prodotto! Ci sono settori dove il gioco forte lo fanno le emozioni, altri un po’ meno, ma lì dove la storia può essere raccontata a tal punto da permettere al cliente di diventare in qualche modo protagonista, è sicuramente vincente. Il calcio è uno di questi! E con l’avvento del digitale e dei social questa capacità di rendere i tifosi protagonisti è un asso nella manica che entusiasma e fa leva sempre di più e in maniera efficace, muovendone il Business. I social network, infatti, non sono più solo veicoli per l’immagine della squadra o dei giocatori, ma anche vere e proprie soluzioni di ingaggio e di promozione: ne sono un esempio le campagne abbonamenti, il merchandising, gli sponsor, i calciatori che in qualità di influencer cura la propria immagine in rete. Allo stesso tempo anche il calciomercato è diventato un fenomeno sociale nella rete, dove Facebook, Instagram, Twitter sono canali di comunicazione dove il tifoso segue, interagisce, commenta, evidenzia, esprime la propria opinione, fornisce il proprio consenso ed esplicita i propri dubbi e perplessità riguardo alle mosse che un club svolge durante tale periodo dell’anno, banalmente si sfoga! Tutti hanno la possibilità di vivere le fasi di una negoziazione in prima persona e quasi in tempo reale e diventa, perciò, fondamentale per un club riuscire a gestire le informazioni e a veicolarle in maniera strategica sulle piattaforme digitali. E’ quanto in questi giorni abbiamo vissuto in diretta, in un channel mix di media, sull’acquisto da parte della Juve di Cristiano Ronaldo, amato e criticato, divenuto un vero e proprio evento mediatico che ha scatenato l’opinione pubblica degli esperti di calcio ma anche degli operai della FIAT, a voler
sottolineare come oggi, il confine tra reale e virtuale è talmente labile che se non governato a dovere e con i giusti mezzi può diventare incontrollabile e rischioso, ma allo stesso tempo una fonte di guadagno e di Business che non ha eguali. Gli italiani e i social media: perché li utilizzano, l'impatto della pubblicità e degli Influencer. “Italiani e Social Media” è il recente studio condotto da Blogmeter (società italiana che si occupa di social media intelligence) su 1500 persone residenti in Italia e di età compresa tra i 15 e i 64 anni, per capire i motivi che ci spingono ad usare i social media, quanto siamo colpiti dalle pubblicità presenti sui social e che tipo di impatto hanno i cosiddetti influencer. Il 42% degli intervistati è sostanzialmente passivo, si limita cioè a leggere contenuti di terzi; il 45% legge, scrive e commenta; il rimanente 13% pubblica propri post senza mostrare troppo interesse per i contenuti degli altri. Facebook resta il social più utilizzato – l’84% dichiara di utilizzarlo più volte al giorno/settimana – seguito da You Tube e Instagram. Una nota importante viene fuori da questa indagine: l’uso di Facebook Messenger come strumento per comunicare con le aziende ha registrato un +7% rispetto all’anno precedente. Blogmeter ha identificato due tipologie di social in base all’uso più o meno frequente che ne fanno gli utenti: ■ Social di cittadinanza, come Facebook, You Tube, WhatsApp e Instagram (ossia quei social media che utilizziamo più volte al giorno e che per questo concorrono a determinare le nostre identità di relazione); ■ Social funzionali, come Trip Advisor e Facebook Messenger (ossia quei social media che utilizziamo meno di sovente, ma che rispondono ad un bisogno specifico).
Da questa classificazione si deduce che le aziende che utilizzano i social come ennesimo canale della loro comunicazione aziendale più complessiva, per parlare al loro target hanno davanti a loro due strade ben definite: dovranno assumere o il ruolo di “amico” o il ruolo di risolutore di bisogni e necessità precise. Gli italiani e la pubblicità sui social media. Buone notizie per i produttori di pubblicità sui social. Per il 26% degli utilizzatori di Facebook e per il 33% degli utilizzatori di Instagram la pubblicità sui social risulta stimolante e 1 intervistato su 3 non distingue i contenuti sponsorizzati da quelli organici. Molto meno positivamente è considerata la pubblicità su You Tube, questo molto probabilmente perché in questo caso la pubblicità si frappone tra noi e la visione del video, mentre nel feed news degli altri social l’adv risulta meno impattante. Due note interessanti lato e-commerce: chi usa frequentemente i social media è più propenso ad acquistare online e il 50% degli intervistati ha dichiarato che incrementerà lo shopping online. La Generazione Z ed il ruolo dei Social Influencer. Per il 37% degli intervistati tra i 15 e i 24 anni (la cosiddetta Generazione Z) la pubblicità sui social media (specie su Facebook e Instagram) viene reputata utile e il 5% di loro ha dichiarato di aver fatto un acquisto perché promosso in qualche modo da un Social Influencer. Dallo studio “Italiani e Social Media” di Blogmeter risulta poi che questa generazione preferisce avere un contatto diretto con le aziende attraverso servizi di messaggistica istantanea. Il digitale, cioè, risulta essere lo strumento di comunicazione maggiormente prediletto e non uno dei possibili canali di comunicazione. Questo vale per le relazioni tra pari, ma come si è visto anche per la
comunicazione con le aziende. Fonte della ricerca: “Italiani e Social Media”. The Rearview Mirror: April 2018 The first quarter is gone: January has been characterized by a pure sense of excitement on the expectation of Trump fiscal reform, followed by stormy and volatile trading sessions due to some concerns regarding the higher yield environment and the need of extra regulation for some big Nasdaq players. All in all, the rally that the Oil has experienced so far, helped global indexes to find some support thanks to the energy sector. Again, we have been in front of a great sector rotation; for instance, the lagging utilities partially recuperated what they lost at the beginning of the year, mainly explained by the behavior of the US 10yr that firstly approached the psychological level of 3% and then turned back to 2.75%. What should we expect from now on? We still have in mind the calm waters that defined the entire 2017. But since January, the US market has been more volatile, i.e. the S&P500 closed at more than +1% or -1% 24 times YTD. Hence, the perceived volatility of the equity is increasing, and the equity indexes are not resilient anymore even if macro data continued to support the growth and results from companies confirmed the good health of US companies. However, the narrative has changed and market participants are unexpectedly weighting negative news with more emphasis. On top of it, suddenly the entire world realized that Trump protectionist campaign
could be a real event, spurring waves of isolation responses from other countries. It is like we have been blind all this time. Another example that attain a single story is Facebook. The social network giant is accused of inappropriately using our identity, our data. But this is true by definition, since we are opening a new account, we freely decide to sell part of our life to a big eye. It is its core business. FB profits are coming from advertising thanks to its enormous database. Now we realized that our privacy is at risk and we demand for more regulation. On the other hand, Trump himself declared a war against the supremacy of Amazon. But if this is the real risk, we could absurdly find in a position to evaluate some tech companies as utilities when their business will be impacted by margin and profits capped by a regulator. Current multipliers are discounting a different scenario, and this explain latest selloff occurred during last few days of March. Not only, we should not forget how crowded is the FAANG trade. The most precious advice we have provided during last few months was to avoid crowded trades. We will repeat ourselves by saying that in this environment cash is the real king and that the asset class that is still trading in an overvalued territory is the high yield. In fact, corporate bonds yields widened from the beginning of the year but still appear reluctant to fully pricing a different scenario. They could suffer either higher yields for a repricing of government curves (an argument that lost part of its tenor meanwhile) or a deterioration of financial and economic conditions. The investment grade is potentially set up for a repricing too, since the CDX investment grade index of credit defaults swaps has jumped only 21bps from lows registered in January, a level that we saw a year ago, but well below the peak of early 2016. Christian Zorico: LinkedIn Profile
Utilizzo dei dati, Facebook e Cambridge Analytica, in parole semplici! Ci risiamo. Facebook è sotto l’occhio del ciclone per motivi di trasparenza, gestione ed utilizzo dei dati; i nostri dati. Ed anche noi, sulle pagine virtuali di Smart Marketing, ne abbiamo parlato precedentemente in un paio di occasioni: ■ Facebook ha deciso: basta notizie-bufala! ■ Facebook: operazione trasparenza Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare dello scandalo di Cambridge Analytica e dell’uso, diciamo improprio, di dati presi da Facebook da parte della società inglese di analisi e studio di dati per fini strategici (campagne e strategie di comunicazione e marketing commerciale e politica). Quelli di Cambridge Analytica sembrano essere molto bravi nel loro lavoro. Attraverso le informazioni che giornalmente gli utenti (ossia noi) lasciano all’interno di Facebook sotto forma di like, commenti, condivisioni e post, la società inglese riuscirebbe a tracciare un profilo molto accurato dell’utente stesso, attraverso l’utilizzo di algoritmi specifici. Inoltre, a questa vastità di informazioni, la società inglese affianca anche dati relativi ai comportamenti d’acquisto, e/o di vario genere, che giornalmente abbiamo sul web. Con questa mole di dati, la Cambridge Analytica riesce quindi a realizzare delle campagne di comunicazione altamente mirate e targettizzate potendo contare sulla costituzione di un profilo utente molto ben definito non solo
sotto l’aspetto comportamentale, ma anche sotto l’aspetto emozionale. Come detto sembrano essere molto bravi. Stando a quanto afferma Michal Kosinski, psicologo e data scientist che lavora sull’algoritmo di Cambridge Analytica, attraverso pochi like lasciati su Facebook, sono in grado di avere una conoscenza davvero molto precisa di un utente. Con 70 like si potrebbero conoscere più cose di un utente rispetto ai suoi amici, con 150 like di più dei suoi genitori, con 300 di più del compagno/a, per arrivare a conoscerci addirittura di più di noi stessi. Cosa viene imputato a Facebook? Facebook, in breve, non avrebbe opportunamente vigilato sui dati dei propri iscritti. Nel 2014, infatti, uno sviluppatore di App che consentiva l’accesso alla propria App – thisisyourdigitallife – tramite il Facebook Login (azione lecita), ha successivamente ceduto i dati di cui era in possesso (si parla di informazioni relative a circa 50 milioni di utenti) a Cambridge Analytica. Proprio quest’ultimo aspetto è il fulcro del problema, perché la cessione a terzi dell’utilizzo dei dati non è consentita da Facebook. Quindi è di questo che si tratta: un mancato o tardivo controllo dell’utilizzo di dati. E Cambridge Analytica come ha utilizzato queste informazioni? Sembrerebbe che Cambridge Analytica abbia avuto un ruolo rilevante nella vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane del 2016. Attraverso la loro capacità di elaborazione dei dati e l’utilizzo delle loro tecnologie avrebbero prodotto una strategia di comunicazione per veicolare messaggi di vario genere (pubblicità, ma anche fake news) contro l’altra candidata alla Casa Bianca, Hillary Clinton. E sappiamo tutti come è andata a finire.
Ma vediamo nel dettaglio qual è la strategia capace di influenzare le nostre decisioni. Hai messo like ad un contenuto contro l’immigrazione? Allora ti mostrerò una pubblicità/contenuto (magari anche una “bella” fake news) nella quale troverai informazioni sui reati compiuti solo dagli immigrati. Hai poi condiviso un contenuto nel quale si parlava del mal costume della politica? Allora ti invierò messaggi contenenti gli sperperi o il mala affare solo inerenti alla fazione dell’avversario politico di turno. E via così. Sostanzialmente quello che per noi appare un atto puramente goliardico o senza controindicazioni – il semplice like o la condivisione – si traduce invece in informazioni chiave su noi stessi delle quali gli inserzionisti, chi si occupa di marketing e chi analizza i dati, si servono per raggiungere obiettivi ben definiti. Capita di sovente quando navigando ci accorgiamo che proprio quel prodotto che tanto desideravamo e ricercavamo (online) ci raggiunge “magicamente” sullo schermo del nostro Pc o smartphone – per mezzo di una mail o di un messaggio - nel bel mezzo della nostra “inconsapevole” navigazione, mostrandosi il tutto il suo splendore. Quanto rappresentato, ovviamente, ripetuto per giorni, può farci propendere per un determinato acquisto o, ed è questo il punto più delicato, farci votare per uno schieramento politico piuttosto che per un altro. Come abbiamo detto lo schema è semplice e di certo non nuovo: essere sottoposti ad un bombardamento mediatico/pubblicitario profondamente indirizzato (quelli di Cambridge Analytica sembra che lo chiamino “microtargeting comportamentale”), consolida le nostre credenze e ci spinge all’azione. Ma possiamo realmente affermare che eravamo all’oscuro di tutto ciò? Altra questione è ovviamente l’uso indiscriminato dei nostri dati ed il passaggio non controllato degli stessi da un attore ad un altro. E su quest’ultimo passaggio, Mark Zuckemberg in persona, ha preso pubblicamente posizione dopo che la sua società – Facebook – è stata duramente attaccata. In parole semplici ha chiesto scusa per l’accaduto, ha ammesso la proprio responsabilità ed ha annunciato tutta una serie di azioni da mettere in campo per preservare la fiducia di tutti gli utenti iscritti al più famoso Social Network del mondo.
Votazioni e pagelle per i politici: arriva il Professor Social Da quando tutto è pubblico sulla rete (o almeno così si crede) e le fake news sono dietro l’angolo, i cittadini-elettori sono sul piede di guerra sulle pagine social oltre che nei vari Bar Sport per commentare la situazione italiana. Quale migliore occasione del periodo elettorale per fare il pelo e contropelo ai governanti o aspiranti tali? Tra le piattaforme che più hanno fatto parlare di sè, Facebook è in cima alla lista. Da alcune settimane compare sul proprio profilo l’icona “Punti di Vista” per vedere, attraverso le differenti dichiarazioni dei leader, cosa ne pensano i partiti su tematiche all’ordine del giorno, come impresa, immigrazione, fisco, lavoro. Ci sono poi questioni importanti ma meno calde come cultura, agroalimentare e tecnologia per un totale di 20 argomenti. Un modo comodo, mobile, tramite il social network per arrivare più preparati al voto, dice lo slogan. Utilizzando la stessa piattaforma è possibile seguire le interviste in diretta Live dei giornalisti ANSA e c’è anche una sezione “Candidati” dove attraverso post si possono porre direttamente ai politici domande su tematiche elettorali, a partire dalle circoscrizioni. E i quasi governanti come l’hanno presa? Le polemiche non sono mancate. Infatti, come sottolineato nel promo dell’iniziativa, vengono presi in considerazione solo i partiti che rappresentano almeno l’1% delle intenzioni di voto. Ma a quanto pare alcuni ne sono rimasti fuori e questo ha creato polemiche e accuse di manipolazioni. In effetti, ad un partito appena nato, sconosciuto e con poche risorse, il social network non agevola certo la diffusione delle posizioni e, anzi, contribuisce ancora di più a incasellarlo tra i “senza speranza” tanto da non farlo apparire nella lista di chi parlerà in diretta live.
C a m p a g n e e l e t t o r a l i s o c i a l . F o n t e : Ministero dei Meme Questa opportunità, tra informazione e propaganda 3.0, potrebbe forse supplire alla mancanza di giovani alle urne registrata negli ultimi tempi, cercando di attirare l’attenzione degli elettori disertori e di rendere gli habituè del voto più consapevoli. L’attesa ci dirà se in effetti l’età media si è abbassata interessando anche gli utenti attivi su Facebook. Uno strumento storico (attivo dal 2012), made in Italy ma meno noto è Pagella Politica, che si occupa di verificare la veridicità di dati, informazioni e bufale che spopolano nella politica nostrana. Passato alle cronache in questi giorni per una collaborazione con Facebook per il controllo delle fake news, l’attività di questo pool di giornalisti si amplia anche al controllo della correttezza delle asserzioni.
Sul loro sito si può trovare una corposa sezione di dichiarazioni con tanto di valutazione e raffronto con i dati forniti da altri Enti, bufale provenienti da giornali e siti on line, quotidianamente aggiornate, per poi passare ad una dettagliata analisi dei governanti. Oltre 1500 dichiarazioni degli esponenti attuali analizzate e più di 500 delle passate glorie italiane. Un bel numero se si pensa che sono attivi da alcuni anni e una bella indicazione su quanto si parla (parla, parla) nella politica nostrana. E come non pensare, vedendo i giudizio “Vero”, “Ni”, “C’eri quasi”, “Pinocchio andante” e “Panzana pazzesca”, a quegli intensi lunedì mattina, di attese e trepidazione davanti all’immancabile Gazzetta rosa che con i suoi voti mette in moto l’Italia? E così come il Fantacalcio muove le masse, perchè non fare la Fantapolitica per interessare i giovani? Altro che social ed elezioni 3.0. Noi restiamo la nazione del Bar Sport. Verba volant, screenshot manent: la comunicazione politica sui social media. I mezzi di comunicazione di massa hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nella comunicazione politica, ma i social media hanno segnato una vera e propria svolta. Mentre tv, giornali e mezzi classici permettevano quella che viene definita la one-way communication, ovvero la comunicazione unidirezionale, il web 2.0 ha cambiato le cose e ha permesso la comunicazione bidirezionale, aperta, diretta, paritaria, partecipativa. L’interazione con gli elettori cambia, e questo non in tutti i casi è un bene; non se ai social viene dato un peso minore rispetto ad altri mezzi di comunicazione, come purtroppo spesso avviene. La comunicazione sui social media è solitamente molto più impulsiva, le parole su Facebook e Twitter vengono pesate nella maggior parte dei casi molto meno rispetto ad altri contesti (da chi scrive ma non da chi legge) e, come spesso notiamo, le gaffe sono sempre dietro l’angolo e si trasformano presto in meme, hashtag derisori e in opportunità per denigrare o evidenziare incongruenze nel tempo. Verba volant, scripta manent e gli screenshot possono diventare pericolosissimi. A nulla serve eliminare post e tweet. La rete difficilmente dimentica, ma non dimentichiamo che la rete siamo noi: gli elettori. Qualcuno potrebbe obiettare, quindi, che i social media sono pericolosi, che è meglio non utilizzarli, che il popolo del web sa sempre come strumentalizzare i contenuti e rivoltarli contro; ma
non avere una presenza attiva sul web oggi significherebbe rinunciare ad interagire con milioni di persone in tempo reale e per lo più a basso costo. Sarebbe stupido e se ne pagherebbero le conseguenze. D’altronde già gli Stati Uniti, con il grande esempio della campagna elettorale di Obama, ci hanno mostrato la potenza del web e la lezione è presto fatta: “Non puoi ignorare la rete, non puoi sottovalutarla, utilizza internet in modo sapiente, promuovi il dialogo, coinvolgi, fai storytelling, ascolta, comunica e fallo bene”. La rete per Obama è stata fondamentale, sia nel 2008 che nel 2012, il coinvolgimento attivo dei sostenitori imprescindibile, la strategia di comunicazione impeccabile. Si è parlato persino di “social media election”. Mezzi come Facebook e Twitter permettono di parlare direttamente agli elettori e di farlo quotidianamente, più volte al giorno, in modo immediato e semplice. Questo è un plus enorme. Chi è in grado di comunicare bene, magari con l’aiuto di professionisti del settore, può ottenere pubblicità gratuita sul web, quella che viene chiamata “viralità”, facilitata da funzionalità come il “condividi” di Facebook o il “retweet” di Twitter. La condivisione è l’arma segreta della comunicazione online, ma per ottenerla bisogna sapersela guadagnare, bisogna saper ottenere consensi che si moltiplicheranno. Altro fondamentale punto di forza offerto dal web è l’ascolto, che non a caso sta alla base di ogni campagna di comunicazione. Tutto comincia dall’audit: in questo caso l’ascolto dell’opinione pubblica è fondamentale sia per la creazione della strategia comunicativa che per i feedback in tempo reale sulle varie tematiche. Essere in grado di ascoltare e monitorare l’opinione pubblica giorno dopo giorno aiuta decisamente anche nella scelta dei passi successivi o delle dichiarazioni future.
Sul web è molto semplice analizzare il sentiment rispetto a un tema, esistono anche diversi strumenti e piattaforme specifiche che permettono di farlo in modo quasi automatico, ma ciò che è importante ricordare è che non stiamo parlando di origliare le conversazioni o spiare gli utenti. L’ascolto è davvero utile se partecipativo. Se parliamo di social media e agiamo sui social media non possiamo dimenticare la regola fondamentale di questi mezzi, ciò su cui si fondano, ovvero il dialogo. Obama e il suo staff riuscirono ad intercettare le nicchie, ad ascoltarle e ad instaurare un dialogo, una comunicazione bidirezionale, perfettamente in linea con il web 2.0 e con i tempi moderni. Morale della favola: i nuovi media sono anche in politica degli alleati preziosi ma bisogna saperli utilizzare nel modo corretto, all’interno di una strategia ben studiata e soprattutto seguendo le loro regole. Un post sui social media non è un comizio né si può pretendere di utilizzare Facebook e Twitter semplicemente come fossero un microfono. FACEBOOK E IL PRINCIPE – Il libro Il tema relativo al rapporto tra media e politica è ormai quasi senza tempo. In ordine sparso dalla nascita e dalla diffusione della stampa, della radio, della fotografia, della televisione, dei social media e del cinema, ogni qualvolta sulla scena pubblica si è presentato un nuovo mezzo di comunicazione ci si è dibattuti sulla pervasività dei media come strumento di comunicazione politica (e non solo). Di certo il ‘900 è stato il secolo che più di tutti ha visto il proliferare di studi sulle teorie e tecniche della comunicazione di massa dato l’enorme impatto ed uso che soprattutto i regimi totalitari (di destra e di sinistra) ne hanno fatto. Quelli erano gli anni della comunicazione politica intesa come propaganda, che si poggiava su 3 fattori principali: ■ censura forzata; ■ mistificazione della realtà; ■ esaltazione del regime. E per realizzare questi obiettivi, i regimi utilizzavano scientificamente i mezzi di comunicazione che avevano a disposizione. Ovviamente la Stampa, ma soprattutto la Radio e la Comunicazione visiva, ossia la Fotografia e il Cinema. La radio aveva il potere, immutato tutt’ora, di poter esser praticamente ovunque, mentre cinema e fotografia potevano far leva sul potere delle immagini, che tutto semplificano e tutto rendono immediato. Oggi, fatta eccezione che per qualche latitudine del mondo, non si parla più di comunicazione politica in termini di propaganda, ma comunque ci si interroga ancora sul ruolo e sulle
interconnessioni esistenti tra politica e media. Tra l’altro, questo filone di letteratura, ha ripreso nuovo slancio con la diffusione di internet e dei social media, Facebook in primis. Ed è proprio questo il tema che Sergio Pargoletti decide di affrontare nel libro “FACEBOOK E IL PRINCIPE – Appunti di politica e comunicazione al tempo di Internet” (edito da Scorpione Editrice, 2016). C o p e r t i n a d e l l i b r o “ F A C E B O O K E I L P R I N CIPE – Appunti di politica e comunicazione al tempo di Internet”, di Sergio Pargoletti Nel mondo, ad essere connessi, siamo in oltre 3 miliardi di persone e, solo in Italia, circa il 60% della popolazione è collegata alla rete tramite Pc, smartphone o tablet.
E siamo connessi anche per molto tempo: in Italia, superiamo le 2 ore di connessione al giorno, con l’80% del traffico che viaggia su mobile. Ed una fetta importante del tempo speso sul web, neanche a dirlo, va appannaggio dei social network (dati Audiweb, Total Digital Audience – rilevazione di dicembre 2017). È questo contesto che Pargoletti con il suo “FACEBOOK E IL PRINCIPE” - il libro è sì del 2016, ma i trend e la situazione illustrati erano già ben consolidati – analizza per cercare (riuscendoci) di portare alla luce il tema della visibilità mediatica e della comunicazione politica che oggi non viaggia più, o quantomeno non solo, sui media tradizionali (come ad esempio la cara e vecchia TV generalista), ma anche, visti i numeri esposti, soprattutto sul web e sui social. Per farlo si avvale di un corposo lavoro bibliografico e di rilevanti testimonianze e contributi che, a vario titolo, personalità quali Maurizio Ferraris, Umberto Eco, Ilvo Diamanti, Alessandro Baricco, Giuseppe De Rita e Zigmunt Bauman, hanno dato a questa materia. Come dicevo il libro, edito nel 2016, è ancora assolutamente attuale e preminente. Scopriamo il perché. Tutti gli addetti ai lavori sono concordi nell’affermare che la campagna elettorale italiana del 2018 è fondamentalmente povera di contenuti, all’interno della quale non si stanno davvero attaccando i veri problemi del paese, e non sta riuscendo a generare un dibattito pubblico in grado di produrre una vera partecipazione ed un confronto attivo. In un passaggio del libro “FACEBOOK E IL PRINCIPE – Appunti di politica e comunicazione al tempo di Internet”, Pargoletti sembra individuare (due anni prima) i motivi di questo impasse ponendo in risalto un concetto molto forte, già ripreso da Alessandro Baricco. Il tema in questione è la contrapposizione tra la velocità del web e dei social e la lentezza delle idee e della politica. Se è vero che in rete si diffondono più rapidamente gli slogan semplici che i contenuti ragionati e che, più in generale, viviamo nell’epoca dell’immediatezza, potrà capitare che riuscirà ad ottenere più consenso non il politico capace di esprimere una soluzione complessa ad un problema complesso, ma colui il quale darà soluzioni semplici a problemi complessi. E non solo. Il politico “affamato” di consenso sarà quindi “costretto” a rincorrere i rumors dei social per non perdere i like tanto faticosamente guadagnati. In questo modo, quindi, la stessa azione politica avrà, presumibilmente, sempre il respiro corto. Come fare quindi per ristabilire un equilibrio? Pargoletti risponde alla domanda del lettore rispolverando ed attualizzando Machiavelli ed il suo Principe: “la classe dirigente di uno Stato – deve sapersi assumere la responsabilità di quelle scelte giudicate necessarie anche se risultano impopolari nel breve periodo. Molto spesso invece accade però il contrario: si preferisce il consenso immediato, passando dall’incasso elettorale, rinviando l’adozione di misure e decisioni strategiche”. L’analisi di Pargoletti è chiara. La comunicazione politica è uno strumento e non il fine. È la politica che deve riscoprire la sua
centralità e utilizzare le giuste leve della comunicazione per informare e creare un clima partecipativo all’interno del paese. In caso contrario si rischia il paradosso che è la politica ad essere al servizio della comunicazione. Ma come possiamo immaginare, e spero tutti condividere, non è con gli slogan che si risolvono i problemi e non è con gli slogan che si vincono le sfide del futuro. Niente è più veloce di Twitter: perché e come usare Twitter per il successo di un evento. Se c’è una cosa in cui Twitter è imbattibile è la capacità di concentrare e raccogliere commenti in tempo reale. Questo probabilmente grazie alla sua stessa natura: a un feed veloce e dinamico, al ruolo fondamentale ed imprescindibile degli hashtag, alla capacità di sintesi a cui ci ha educati negli anni. Una volta i tweet erano al massimo di 140 caratteri, adesso possiamo contare su 280, che per la lingua italiana iniziano ad essere molto più adeguati. La differenza tra l’utilizzo di Twitter e gli altri social media è grande: Twitter ci tiene meno incollati al suo feed ma ci spinge più “a consultarlo” in determinati momenti. Qualche esempio? Andiamo su Twitter per leggere gli aggiornamenti legati ad una notizia di attualità, i commenti raggruppati da un determinato hashtag o per seguire quasi in diretta eventi sul territorio. Ecco perché su Twitter seguiamo meno amici e conoscenti e molte più agenzie di stampa, giornalisti, opinion leader, specialisti di vari settori. D’altronde essere follower su Twitter è meno impegnativo che essere amico su Facebook, e poi non è necessario accettarsi a vicenda… e già questo rende tutto più semplice. Secondo un’analisi di Ninjamarketing lo scorso Festival di Sanremo su Twitter ha registrato duemilioniduecentoottantottomilacentoventuno interazioni. Un numero impressionante, “un flusso di dati che ha raggiunto circa 3.203.000 utenti, coinvolto 186.800 utenti unici e registrato più di 10 miliardi di visualizzazioni”. Un dato che si traduce facilmente così: in Italia amiamo seguire il Festival e commentarlo. Fin qui nulla di nuovo: è tradizione, è cultura nazionalpopolare, è abitudine, ed è stato sempre così sin dalle prime edizioni probabilmente. La novità è che oggi lo facciamo per lo più su Twitter e in tempo reale. Mentre un cantante si esibisce sul palco dell’Ariston commentiamo la sua interpretazione, la sua voce, il suo look, la sua emozione, il testo della canzone… e nel frattempo riceviamo like, retweet, risposte acide dagli account dei fan club o dai fan sfegatati. Una volta probabilmente compilavamo la pagella, ovvero la tabella dei voti su Tv Sorrisi e Canzoni,
storico partner dell’evento, oggi invece il nostro commento e il nostro voto lo affidiamo al web, nel bene e nel male. Ma il Festival di Sanremo non è di certo l’unico evento che si lascia travolgere dall’ondata di Tweet. Nel 2017 i top trend su Twitter sono stati programmi tv e talent come #MasterChef, #Xfactor, la notte degli #Oscar, ma anche gli eventi di politica estera e le elezioni hanno ricevuto numerosi commenti: gli hashtag #Trump e #Macron non hanno deluso le aspettative e sono stati tra i più utilizzati in tutto il mondo. Impossibile non citare anche il mondo dello sport, la serie A e i vari hashtag legati alle squadre di calcio più seguite e amate come #Milan, #Inter e #Juve con il suo hashtag #Finoallafine. Twitter può essere ribattezzato come il social network della tempestività, dei commenti in tempo reale, dell’aggiornamento continuo. Niente è più veloce di Twitter. Ecco perché è il mezzo più adatto da associare ad un evento, che sia la storica kermesse di musica italiana o un evento specifico, di settore, diretto a un target mirato, o ancora una mostra o una convention. Come fare a far sì che un evento abbia il suo lato social? Come assicurarsi che i partecipanti twittino, commentino e facciano sì che il vostro evento viva anche su Twitter? Bisogna partire dalla strategia di marketing ed inserire alcuni accorgimenti utili. Ecco qui i 6 principali: 1. Creare i canali social ufficiali dell’evento con anticipo e iniziare twittare tempo prima. 2. Scegliere, definire e comunicare l’hashtag ufficiale dell’evento, assicurandosi che sia semplice da ricordare, da scrivere e che non venga già utilizzato per altro. 3. Ripere l’hashtag ufficiale su tutta l’immagine coordinata legata all’evento: biglietti di ingresso, eventuali schermi, gadget, poster ecc.. 4. Coinvolgere i relatori e gli sponsor nell’utilizzo dell’hashtag per promuovere l’evento su Twitter in anticipo e per twittare anche durante e dopo. 5. Prevedere un Twitter Wall in cui proiettare durante l’evento commenti ed eventuali domande ai relatori con l’hashtag apposito.
6. Promuovere l’hashtag su Twitter per incrementare la sua visibilità. Ci siamo concentrati su Twitter ma ovviamente la comunicazione di un evento di successo necessita di una strategia integrata su diversi mezzi. Facebook, ad esempio, potrebbe aiutarvi a raggiungere il target specifico più facilmente e potrebbe dar modo di spaziare e comunicare in modo più libero, senza limiti di caratteri o altro. Instagram o Snapchat potrebbero aiutarvi a creare engagement raccontando con le immagini la preparazione dell’evento, l’organizzazione e il making of tramite le stories. Ogni evento ha una strategia a sé, da studiare ad hoc tenendo conto del target specifico e delle sue esigenze ed abitudini, ma è innegabile che i social siano dei grandi facilitatori di visibilità e coinvolgimento ed oggi non possiamo permetterci di tenerli fuori da una strategia legata al lancio di qualunque evento. Stories, live video, virtual reality e non solo: dalle ultime novità social del 2017 alle previsioni per il 2018 Il 2017 è stato indiscutibilmente l’anno delle “stories”, ovvero i post che si autodistruggono in 24 ore e che permettono di raccontare le proprie giornate, di mostrare particolari, curiosità, di condividere tanti contenuti in un giorno senza rischiare di stancare i nostri followers. Per chi non lo sapesse le stories sono state lanciate da Snapchat con grande successo e riprese ben presto da Instagram e Facebook. Abbiamo così avuto conferma, ancora una volta, del fatto che se Mark Zuckerberg desidera un giocattolino nuovo o lo compra o lo costruisce uguale all’originale. Dopo aver, infatti, provato ad acquistare una neonata Snapchat senza successo, Zuckerberg l’ha osservata crescere, diffondersi e rubare una bella fetta di mercato a Facebook e Instagram. A questo punto avrà pensato che l’unica opzione possibile fosse snapchattizzare le due piattaforme e voilà…ecco che di Snapchat, che aveva già conquistato giovani e vip, sentiamo parlare sempre meno. Le stories su Instagram, ad onor del vero, sono state lanciate nel 2016 ma possiamo parlare di diffusione e successo in Italia soltanto nel 2017. Su Facebook in verità stentano un po’ a decollare del tutto, sia da parte dei profili personali che delle pagine, che hanno la possibilità di condividere storie soltanto da qualche mese, da Ottobre 2017, e che probabilmente saranno presto le principali utilizzatrici di questa funzionalità. Una novità recentissima e molto importante che riguarda le stories su Instagram è l’introduzione
di hightlights e degli archivi delle storie. Dai primi di Dicembre, infatti, è possibile selezionare alcune storie da mettere in evidenza sul proprio profilo Instagram, abbattendo quindi la soglia delle 24 ore di durata massima del contenuto o addirittura organizzandole nel proprio archivio in una sorta di album. Una piccola rivoluzione, dunque, che permetterà di non perdere i contenuti per sempre allo scadere della giornata e addirittura di ricondividerli dopo tempo. Oltre alle stories non possiamo non citare una grande novità nel mondo social arrivata, dopo tanti rumors e polemiche, a Novembre di questo anno: Twitter ha raddoppiato il numero dei suoi caratteri. Si passa dai classici 140 ai 280; novità molto discussa e non sempre apprezzata da tutti. I puristi continuano a storcere il naso ma… ammettiamolo, in molti casi qualche carattere in più non guasta. Ci siamo ormai abituati a essere così concisi su Twitter che difficilmente ci dilungheremmo, al massimo approfittiamo di qualche battuta in più quando è necessario. Ma le novità che hanno caratterizzato gli ultimi mesi del 2017 non finiscono qui. Instagram ha da pochissimo lanciato la possibilità di seguire gli hashtag oltre ai singoli account. In questo modo è possibile tenere sempre sotto controllo anche i temi a cui si è interessati . Da Ottobre sono stati lanciati i sondaggi sulle stories, da Settembre i face filters, più recentemente la possibilità di visualizzare le stories anche desktop. Facebook si è invece concentrato sulla sua battaglia alle fake news, su un algoritmo attento alle esigenze degli utenti e sulla virtual reality. Mark Zuckerberg ha infatti realizzato alcuni video in diretta tramite realtà virtuale “Facebook Spaces”, grazie ai visori Oculus Rift, in cui si presentava con un avatar in versione cartoon insieme a Rachel Franklin, head of social VR, per mostrare le potenzialità della realtà virtuale. Inevitabile il confronto con il vecchio Second Life, ma su Spaces c’è decisamente molto di più. L’obiettivo di Spaces, disponibile dal 18 Aprile 2017 in versione beta, è simile a quello di Facebook stesso, ovvero connettere le persone, permettere a chi non può incontrarsi di passare comunque del tempo insieme grazie ad un ambiente virtuale interattivo. Le novità del mondo social nel 2017 sono state così tante che un articolo di certo non basterebbe a raccoglierle tutte. Molte ci sembrerebbero ormai scontate, anche se appena lanciate abbiamo avuto qualche difficoltà a capirle o iniziare ad utilizzarle, ma i social ci hanno insegnato che possiamo abituarci a tutto, come nella vita: le novità a volte spaventano o destabilizzano, ma si fa presto a farle nostre e riadattarsi. E per quanto riguarda il 2018? Cosa bolle in pentola? Cosa dobbiamo aspettarci dal mondo social? Il mobile sarà ancora al centro di tutto. Come potrebbe non esserlo d’altronde? Un ruolo importante sarà dato anche all’intelligenza artificiale, dunque i BOT che vediamo già sempre più attivi, avranno sempre più un ruolo importante sui social per pagine ufficiali e aziende, soprattutto per quanto riguarda il servizio clienti e i servizi da offrire 24 ore su 24 per una customer relation sempre migliore .
La realtà aumentata farà di certo parte delle nuove strategie aziendali, dunque aspettiamoci sempre più dispositivi con chip; app e piattaforme con funzionalità specifiche anche per la condivisioni di immagini sui social. Il video continuerà ad essere uno strumento di engagement fondamentale e imprescindibile, nel 2018 si imporrà maggiormente il live video, lo streaming, e ancora una volta dunque si accorceranno le distanze, tra utenti ma anche tra aziende e consumatori. Cosa ne sarà dell’e-commerce? Nel 2018 riuscirà finalmente ad imporsi anche il social commerce? L’influencer marketing riscuoterà ancora tutto questo successo? Al di là dei trend di massa quali saranno le piccole novità lanciate dai vari social media per continuare a catturare l’attenzione degli utenti? Per rispondere a queste domande dovremo aspettare qualche mese e stare a vedere, in fondo i trend vengono proposti dall’alto, dalle grandi realtà del mondo digitale, ma siamo poi solo e soltanto noi utenti a determinarne il successo o il flop. L'Inter FC e la strategia di marketing sui social network L’Inter FC supera i 7 milioni di fan su Facebook. Secondo una nota, questo risultato è il frutto di una strategia di marketing e di brand positioning (oltre ovviamente per i risultati che sta raggiungendo in campionato) che l’Inter sta portando avanti a livello globale, con oltre l’80% di nuovi fan di natura internazionale. Un ottimo risultato in termini relativi, ma non in assoluto. Se infatti l’Inter guarda dall’alto verso il basso tutte le rivali in campionato, lo stesso non vale su Facebook: Milan e Juventus possono rispettivamente contare su una base di fan di quasi 25 milioni e di oltre 30 milioni. Insomma c’è ancora tanta strada da fare per l’Inter in termini di presenza social. Strada che, comunque, ci sembra sia quella giusta!
Facebook: operazione trasparenza Dopo le polemiche relative alle passate elezioni USA che hanno visto prevalere Trump sulla Clinton, anche grazie alle campagne di advertising sempre più mirate e basate sui like e le preferenze (dai quali si possono ricavare informazioni sulle intenzioni di voto) che ognuno di noi quotidianamente lascia sul social network, Facebook sta lavorando sempre più per rendere trasparenti queste attività di marketing e comunicazione. Il metodo per influenzare le decisioni è abbastanza semplice. Hai messo like ad un contenuto contro l’immigrazione? Allora ti mostrerò una pubblicità/contenuto nel quale troverai informazioni sui reati compiuti solo dagli immigrati. Hai poi condiviso un contenuto nel quale si parlava del mal costume della politica? Allora ti invierò messaggi contenenti gli sperperi o il mala affare solo inerenti mio avversario politico. E via così. Sostanzialmente quello che per noi appare un atto puramente goliardico o senza controindicazioni – il semplice like o la condivisione – si traduce invece in informazioni chiave su noi stessi dei quali gli inserzionisti si servono per raggiungere i loro obiettivi. Nulla di sbagliato direte voi? “Ni”. In questo modo la pluralità informativa “va a farsi benedire”, in quanto da un lato abbiamo l’algoritmo di Facebook che ci mostra solo quello a cui mostriamo interesse, dall’altro abbiamo un bombardamento pubblicitario che consolida le nostre credenze. Certo, Facebook non è una Media Company e quindi non deve sottostare ad un certo tipo di logiche, ma anche in Facebook si sono accorti del “problema trasparenza” o, per dirla in altre termini, dello squilibrio informativo. Tema per certi versi comune, tra l’altro, alle cosiddette fake news, che tanto facilmente viaggiano all’interno dei social network.
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