NATURA ONDULATORIA E CORPUSCOLARE DELLA LUCE - Liceo Scientifico Statale Leonardo da Vinci - Alunno di quarta - A.S. 2018-19 - Liceo Scientifico ...
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Liceo Scientifico Statale Leonardo da Vinci – Alunno di quarta - A.S. 2018-19 NATURA ONDULATORIA E CORPUSCOLARE DELLA LUCE
Gli studi riguardo la natura della luce hanno visto nel corso dei secoli l’affermarsi di due modelli opposti: Il modello ondulatorio Il modello corpuscolare
Il fisico inglese Isaac Newton compì diversi studi di ottica in cui analizzò il fenomeno della dispersione della luce che attraversa un prisma. Secondo Newton la luce bianca era costituita da particelle con masse differenti, a ciascuna delle quali corrispondeva un colore. Attraversando un prisma, ciascuna di queste masse subisce una deviazione da parte di una forza F, la cui angolazione e accelerazione dipende dalla massa della particella stessa. Tale modello corpuscolare permetteva di spiegare anche il fenomeno della riflessione come urto elastico fra le particelle di luce e l’oggetto riflettente, mentre ancora incerta era la spiegazione della rifrazione. Data l’intuitività di questo modello, unita all’autorità di cui godeva Newton grazie alla sua opera «Philosophiae Naturalis Principia Mathematica», in cui erano formulate le tre leggi della dinamica, oltre che la legge di gravitazione universale, il modello corpuscolare rimase affermato fino all’inizio del XIX secolo.
Nello stesso periodo di Newton, nel 1691, Christian Huygens pubblicò il «Traitè de la lumière», in cui la luce era vista dal punto di vista ondulatorio, ossia era descritta come un’ onda meccanica, che si propaga attraverso oscillazioni dell’etere. In tale trattato formulò il principio di Huygens, che descrive l’evoluzione nel tempo delle onde. Esso stabilisce che: Ogni punto del fronte d’onda è sorgente puntiforme di un’onda sferica secondaria, della stessa frequenza dell’onda originale. Il fronte d’onda successivo è dato dalla sovrapposizione delle onde secondarie, ed è ad esse tangente. Il principio di Huygens permise di spiegare contemporaneamente la riflessione e la rifrazione applicato alla legge di Snell. Tuttavia questo principio implicherebbe, oltre alla formazione di un fronte d’onda progressivo, la formazione di un fronte d’onda regressivo, ma l’esperienza smentisce questa previsione. Occorrerà attendere il 1826 con il fisico Augustin-Jean Fresnel perché questa assenza del fronte regressivo venga spiegata.
Il filosofo Cartesio nella sua opera «Dioptrique» (1637) descrive la luce come un «movimento o pressione trasmesso da una sorgente luminosa agli occhi dell’osservatore attraverso l’etere (la «materia sottile», formata da corpuscoli, che costituisce il vuoto) , che si propaga in maniera istantanea lungo linee chiamate raggi luminosi» A lui si deve una delle prime formulazioni della legge della rifrazione della luce: seni/sen r = vi/vr = n2/n1. Secondo Cartesio il rapporto tra i seni degli angoli riflesso e rifratto sarebbe costante e uguale al rapporto tra le velocità della luce nei due mezzi.
Willebrord Snell nel 1621 a formulò l’omonima legge che descrive la rifrazione della luce: Sinα1 / sinα2 = n2/n1 Questa volta ad essere costante è il rapporto tra gli indici di rifrazione dei due mezzi, dove l’indice di rifrazione n è uguale al rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e nel mezzo considerato
La prima efficace contestazione della teoria corpuscolare si ebbe con l’esperimento della doppia fenditura del fisico Thomas Young, nel 1801. In esso, Young fece passare la luce di una sorgente luminosa attraverso due piccole fenditure praticate su uno schermo, dietro al quale era posto un secondo schermo su cui la luce sarebbe stata proiettata. Secondo il modello corpuscolare, sul secondo schermo si sarebbero dovuti proiettare due fasci distinti, di uguale intensità. Ma il risultato dell’esperimento contraddisse questa previsione: sul secondo schermo, infatti, si formarono una serie di frange luminose intervallate da frange scure. Questo fenomeno poteva essere spiegato solo considerando la luce come un’onda e sfruttando il principio di Huygens: ognuna delle due fenditure si comporta come una sorgente d’onda secondaria che compie interferenza con l’altra, costruttiva nei punti in cui si presentano frange luminose, distruttiva nei punti in cui si presentano quelle scure. L’esperimento fu fondamentale per l’affermarsi della teoria ondulatoria della luce.
Un altro passo fondamentale fu compiuto dal fisico James Clerk Maxwell (1831-1879). Egli elaborò la prima teoria sull’elettromagnetismo. Le onde elettromagnetiche sono una combinazione di campi elettrici e campi magnetici variabili, che Maxwell teorizzò che si propagassero nello spazio con le caratteristiche del moto ondulatorio, il cui comportamento è regolato dalle quattro equazioni di Maxwell. Egli misurò la velocità di propagazione di tali onde basandosi su dati teorici, CLERK MAXWELL ottenendo il risultato di circa 310.000.000 m/s, pressoché coincidente con la velocità della luce misurata da Foucault nel 1850: ciò lo portò a ritenere che la luce dovesse essere essa stessa un’onda HEIRICH HERTZ elettromagnetica. La sua teoria fu in seguito confermata sperimentalmente nel 1887 da Heirich Hertz.
Le teorie di Maxwell sembrarono aver risolto la questione della luce, ma le nuove scoperte del XX secolo la rimisero in discussione.
Nel 1902, il fisico tedesco Philip Lenard scoprì il fenomeno dell’effetto fotoelettrico: Una radiazione elettromagnetica che colpisce una superficie metallica provoca un’emissione di elettroni da parte di quest’ultima. Egli notò inoltre che aumentando la frequenza della radiazione, aumenta la velocità con cui vengono emessi gli elettroni, mentre ciò non accade se ad aumentare è l’intensità della radiazione.
Albert Einstein nel 1905 elaborò una legge che spiegasse l’effetto fotoelettrico, che gli valse il Premio Nobel per la fisica nel 1922. Einstein si avvalse del modello della meccanica quantistica, proponendo che la luce, e le radiazioni elettromagnetiche, fosse composta da pacchetti di energia, i quanti. L’energia che i quanti forniscono agli elettroni permette loro di vincere la forza attrattiva che li lega al metallo di appartenenza, e tale energia è data dalla formula E= h x f dove h è la costante di Planck e f è la frequenza dell’onda Questa formula spiegò così la relazione tra frequenza dell’onda e emissione di elettroni osservata da Lenard
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