Michelangelo e Raffaello - il dramma umano contro la divina bellezza - www.patrimonidarte.com - Patrimoni d'Arte

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Michelangelo e Raffaello
 il dramma umano contro la divina bellezza

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editoriale

   Come Raffaello fu
     d’ispirazione per
molti pittori del suo
           tempo allo
  stesso modo egli fu
influenzato dai suoi
   contemporanei, in
       particolare da
  Michelangelo di cui
 fu allo stesso tempo
  grande ammiratore
               e rivale.

        MICHELANGELO&
            RAFFAELLO
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Michelangelo e Raffaello:
       due diversi mondi interiori, due modi differenti
                    di interpretare l’Arte.

D
           ue persone diametral-    renti lo si può concretamente       Al contrario Michelangelo ri-
           mente opposte, due       constatare nei loro lavori come     versa nei suoi lavori pittorici il
           animi in contrappo-      la Cappella Sistina e le Stanze     suo dramma interiore esteri-
sizione che si sfidarono a colpi    Vaticane. Negli affreschi del-      orizzandolo nel dolente de-
di genio. Raffaello dal carattere   le sale papali Raffaello por-       stino umano. Un percorso do-
socievole, amava la vita e go-      ta in scena racconti colmi di       loroso che nasce con il Peccato
dersi ogni aspetto di essa, se-     poesia, bilanciati nella loro       Originale, ma sottolinea la vo-
renità e giovialità i suoi tratti   rappresentazione con l’armo-        lontà di alcuni uomini, guidati
distintivi, una personalità del-    nia delle forme e la serenità dei   dalla Fede in Dio, di percorrere
icata si potrebbe dire. Michel-     sentimenti, creando un equi-        un cammino di Redenzione e
angelo dall’animo burbero,          librio pittorico soave e qua-       Perdono. L’umanità miche-
durante tutta la sua esistenza      si ultraterreno. La disciplina      langiolesca è quindi segnata
ebbe il bisogno di isolarsi, di     neoplatonica che vedeva l’as-       dalla colpa che privò gli Uo-
stare in disparte, perso nei suoi   similazione del Bello al con-       mini del Paradiso Terrestre ma
pensieri, per dedicare anima e      cetto di Bene e di Vero è fonte     è, allo stesso tempo, intrisa di
corpo alla sua arte, che aveva      d’spirazione come, ad esempio,      Speranza in una possibile rina-
bisogno di solitudine e fatica      nella Sala della Segnatura dove     scita spirituale nella grazia Di-
per venire al mondo e svilup-       Raffaello riesce a trasmettere      vina.
parsi.                              un senso di divina pace e calma
Il loro essere totalmente diffe-    sensibile.
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Raf    L
              ’artista di Urbino,
              nato nel 1483 si
                                       ze può ammirare i cartoni
                                       preparatori per gli affreschi

fa
              trasferisce nel 1504     del Salone dei Cinquecen-
       a Firenze proprio per po-       to in Palazzo Vecchio, così
       ter studiare dal vivo le        come studiare attentamente
       opere di Michelangelo,          il David nelle sue monu-
       come dimostrano anche           mentali dimensioni e per-

ello
       alcune delle opere eseguite     fetta anatomia, tanto che
       da Raffaello in questo peri-    l’Urbinate lo riprodusse in
       odo dove è chiaramente          alcuni disegni più che mai
       riconoscibile l’influenza del   particolareggiati.
       pittore toscano. A Firen-
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Sulle orme di Michelangelo
Tra il 1505 e il 1508 sono    del Tondo Doni michelan-
molte le opere di Raffaello   giolesco. Quando poi nel
che contengono richiami       1408 Raffaello è chiama-
ad opere del Buonarroti,      to a Roma da Papa Giulio
come la Madonna Bridge-       II, si ritrova a competere
water che nelle forme ri-     con Michelangelo per le
corda le volumetrie del       assegnazioni delle com-
Tondo Taddei o la Sacra       missioni papali: questa
Famiglia Canigiani il cui     convocazione darà vita alla
San Giuseppe riporta subi-    rivalità tra i due artisti.
to alla mente quello stesso
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Il Papato
di Giulio II
mecenatismo e riscoperta della classicità

L
        ’uomo che
        alimen-
        ta e ren-
de sempre viva la
disputa tra i due
grandi geni del
Rinascimento è
Papa Giulio II. I
rapporti che i due
intrattengono con
il Pontefice che li
ha resi immorta-
li furono decisa-
mente diversi ed
opposti.
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Michelangelo
                                          e il rapporto con Giulio II

G
          iuliano della Rovere viene eletto papa
                                               fare meticoloso e attento ai dettagli di qualità
          nel 1503 con il nome di Giulio II e già
                                               e aspetto. Tornato a Roma Buonarroti scopre
          nel 1505 chiama a Roma Michelange-   che il progetto è stato rimandato per dedi-
lo Buonarroti dopo esser venuto a conoscenza   care risorse alla costruzione della nuova
della grandezza artistica del toscano. Durante Basilica di San Pietro sotto la guida del Bra-
tutta la loro lunga collaborazione non man-    mante; questo fattore scatena la sua rabbia e
cano le incomprensioni ma nonostante tutto     la sua indignazione incrinando i rapporti con
Giulio II accetta il carattere burrascoso e sco-
                                               Giulio II.
ntroso dell’artista e l’idiosincrasia verso ogni
                                               Chiamato dal Pontefice ad affrescare la volta
imposizione data dalle autorità alle quali op- della Cappella Sistina, Michelangelo - con
pose sempre la sua autonomia nelle decisioni   una certa supponenza - risponde che egli è
artistiche per le sue opere. Un rapporto che   uno scultore e non un pratico della pittu-
quindi può essere definito un rapporto di      ra e delle sue tecniche; suggerisce pertanto a
amore e odio che inizia con la commissione     Giulio II di affidare il lavoro a Raffaello, pittore,
di Giulio II per la realizzazione del suo monu-e perciò uomo perfetto per tale realizzazione.
mento funebre, al Buonarroti.                  Testardi entrambi, il Pontefice riesce a vincere
                                               le riserve di Michelangelo insistendo sul suo
Michelangelo accetta di scolpire la monu- desiderio di vedere realizzati gli affreschi solo
mentale tomba del papa e si reca a Carrara per e soltanto dall’artista toscano e da nessun altro,
scegliere personalmente i marmi da utilizzare, arrivando ad ottenerne l’assenso e l’accetta-
impiegando ben otto mesi per selezionarli con zione dell’incarico.
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La storia del monumento funebre è invece mol-       chelangelo stesso come la “tragedia della se-
to diversa, da un primo progetto, un mausoleo       poltura”, dichiarazione che lo vide travolto da
a pianta rettangolare e circa quaranta statue,      accuse e relativi tormenti interiori. Sono sette
si giunge con il sesto progetto ad un monu-         le statue che ornano la tomba, di cui solo tre di
mento su una parete di San Pietro in Vincoli. I     mano michelangiolesca, tra cui il Mosè, opera
lavori terminano dopo lunghe tribolazioni nel       d’ingegno e bellezza immensa.
1545 e il risultato finale viene giudicato da Mi-
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Raffaello
        		e il rapporto con Giulio II

UN’UNIONE DI SPIRITI AFFINI,
LEGATI DAL MEDESIMO PENSIERO FILOSOFICO

 M
             olto differ-   divino.
             ente invece    Quest’affinità intellet-
             il rapporto    tuale e religiosa è ben
 fra Giulio II e Raffael-   riscontrabile      nel-
 lo. Il legame che uni-     la realizzazione dei
 va i due si può defini-    dipinti delle stanze
 re una vera e propria      vaticane assegnata al
 amicizia, un’unione        pittore di Urbino nel
 di spiriti affini legati   1508, probabilmente
 dal medesimo pen-          su suggerimento di
 siero filosofico ed en-    un altro grande ar-
 trambi credenti con la     tista, conterraneo di
 medesima visione del       Raffaello, il Bramante.
Tra le più note la Stanza della Segnatura
dove è rappresentata la “Scuola di Atene”:
sebbene possa sembrare un’opera laica
vista     la     raffigurazione   dei     filoso-
fi della Grecia classica, essa è in
realtà simbolo del Divino e fortemente
ispirata dallo Spirito Santo. Platone indica il
cielo, l’Altissimo, l’Universo, con i filosofi in
basso lontani dalla vera realtà che è Dio. Sia
Raffaello che Giulio II erano ferventi soste-
nitori della filosofia neoplatonica, la quale
sosteneva che il Divino si manifestasse nel
mondo attraverso la bellezza, la bellezza anche
della rappresentazione artistica.
Ancora più significativo per evidenziare
il rapporto definibile quasi simbiotico tra
Giulio II e Raffaello è però la Stanza di
Eliodoro e soprattutto “La cacciata di
Eliodoro dal tempio” dove il Pontefice
è rappresentato su una lettiga e indica lo
stesso pittore che si è autorappresentato
sottolineando il valore del loro legame,
l’urbinate come il solo che abbia saputo in-
dagarne l’anima e lo spirito. Una connes-
sione che sarà beneficio anche dello stesso
Raffaello, il quale troverà sempre grande
ispirazione da questa unione intellettuale
e che vedrà l’attività artistica del pittore
d’Urbino subire un’inflessione nella cari-
ca espressiva e nella potenza visiva dopo la
morte di Giulio II nel 1513.
Due opposte
       divinità
    nella Roma
rinascimentale
N
             ella Roma papale na-
             scono così due schie-
             ramenti avversi, uno a
   sostegno di Raffaello, capeggia-
   to dal Bramante, l’altro a sosteg-
   no di Michelangelo, che vantava
   nomi celebri come Sebastiano del
   Piombo.

   In questa continua diatriba tra i
   due artisti non mancò però mai
   l’ammirazione che entrambi
   provavano per il rispettivo rivale.
   Raffaello rappresentò il “nemi-
   co” nella sua “Scuola di Atene”
   dando al filosofo Eraclito le sem-
   bianze di Michelangelo, dipin-
   gendolo seduto in disparte, in
   atteggiamento meditativo, sotto-
   lineando così il carattere schivo
   e il tormento interiore che sem-
   pre accompagnarono la figura
   di Buonarroti. Sanzio però non
   mancò di prendersi una piccola
   rivincita, infatti Michelangelo è
   rappresentato con un paio di
   stivali che risultano in primo pi-
   ano rispetto allo spettatore, richi-
   amando così la diceria secondo
   cui l’artista fosse un uomo parti-
   colarmente tirchio, tanto da non
   togliersi gli stivali fino a quando
   questi non fossero talmente con-
   sumati da non poter più essere
   utilizzati.

 Michelangelo
nella scuola di atene
         di raffaello
N
           onostante Michelangelo dete-
           stasse il successo raggiunto dal
           rivale Raffaello, gli riconosceva
 una grande capacità artistica. Si racconta
 infatti che il protonotario apostolico
 Johan Goritz avesse affidato al pittore
 Urbinate la realizzazione di un affresco
 raffigurante il Profeta Isaia.

 L’opera che si trova oggi nella Basili-
 ca di Sant’Agostino a Roma richiama
 nelle volumetrie dei personaggi e nella
 loro possente anatomia le figure miche-
 langiolesche della Cappella Sistina, finita
 poco prima del 1511/1512 data di pro-
 duzione del dipinto di Sanzio. Sembra
 che una volta finito il lavoro il protono-
 tario avesse esposto i suoi dubbi a Mi-
 chelangelo per quanto riguarda il prezzo
 dell’opera, considerato troppo esoso. Il
 Buonarroti ben consapevole del genio di
 Raffaello rispose che già solo il ginoc-
 chio valeva il denaro pagato, ricono-
 scendone la bellezza e il valore artistico.

Il Profeta
Isaia
Raffaello,
Basilica di
Sant’Agostino
Il carboncino di Michelangelo
                          a Villa Farnesina:
                                              t r a l e g g e n d a e r e a ltà

Un altro curioso episodio, a           ta, una grande testa. Il pittore
metà tra la realtà e la leggen-        marchigiano scoprì il lavoro del
da, riguarda il periodo in cui         Buonarroti e dopo un iniziale
Raffaello stava affrescando Vil-       risentimento non permise che
la Farnesina. Si racconta che          fosse cancellato, ma anzi chiese
Michelangelo, trovatosi presso         che venisse conservato, poiché
la villa, si fermò a studiare il la-   solo un grande artista come Mi-
voro di Raffaello e preso da un        chelangelo avrebbe potuto rea-
improvviso bisogno di dise-            lizzare un disegno tanto perfetto
gnare, rappresentò a carbon-           così velocemente.
cino, all’interno di una lunet-
Anche Buonarroti tentò di          Trasfigurazione. Michelan-           così da poter, insieme all’amico
giocare qualche brutto scher-      gelo per non vedere trionfare        del Piombo, vedere la versione
zo al rivale. Nel 1516 Giulio II   Raffaello, realizzò personal-        di Sanzio. Raffaello non portò
aveva affidato a Sebastiano del    mente alcuni cartoni per la          però mai a termine l’opera poi-
Piombo e a Raffaello la realiz-    Resurrezione di Lazzaro, cer-        ché morì improvvisamente nel
zazione di due pale d’altare, La   cando tra le altre cose di rallen-   1520.
Resurrezione di Lazzaro e la       tare la conclusione dell’opera
L’ARCHITETTURA
La rivalità si ripresentò anche nel campo dell’Ar-
chitettura. Un primo confronto diretto fu quel-
lo che vide Michelangelo e Raffaello partecipare
entrambi alla gara per il rifacimento della fac-
ciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze.
Fu il progetto dalle linee classiche e pulite, rea-
lizzato in legno da Buonarroti a vincere contro
quello dell’Urbinate, anche se poi non verrà mai
realmente portato a termine a causa di problemi
tecnici e finanziari.

Pur se non direttamente Raffaello e Michelange-
lo furono in sfida anche nella realizzazione della
Basilica di San Pietro. Voluta da Papa Giulio
II, principalmente per contenere il suo monu-
mento funebre, il progetto fu inizialmente con-
segnato a Bramante che morì però poco dopo la
posa della prima pietra avvenuta nel 1506.

Morto anche Giulio II, il suo successore Papa
Leone X affidò al giovane Raffaello la con-
segna di realizzare il disegno della Basilica e
di seguirne i lavori. Sanzio riprodusse nei suoi
modelli una croce latina, con un intenso gio-
co di luci ed ombre che avrebbero illuminato la
Tomba del primo Papa della Cristianità.

Raffaello morì però a soli 37 anni e fu così
impossibilitato a procedere con il progetto che
fu consegnato ad Antonio da San Gallo al quale
seguì il grande Michelangelo Buonarroti. Il
genio fiorentino aveva rifiutato più di una volta
l’incarico, ma fu convinto dal nuovo Pontefice
Paolo III e così accettò di diventare l’architetto
della Fabbrica di San Pietro. Eliminato il lavoro
del suo predecessore riprese i precedenti disegni
del Bramante ed ideò l’enorme Cupola, ispirata
a quella fiorentina di Brunelleschi, che ancora
oggi campeggia nel cielo della città Eterna. An-
che Buonarroti purtroppo non vide la fine
del suo progetto che sarà terminato nel 1587
da Giacomo della Porta e Domenico Fontana.
se g u ic i su i nostri so cial e rimani
  ag g iorn at o su tut te le novi tà!

       Vi si ta il nostro si to
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