LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI: RM O ARTRO RM ? - Barbara Bernasconi Lavoro di diploma 2009/2010 SSMT Locarno
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LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI: RM O ARTRO‐RM ? Barbara Bernasconi Lavoro di diploma 2009/2010 SSMT Locarno
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 INDICE 1. Introduzione, obiettivo e metodologia ........................................................................................................... 5 2. Anatomia ....................................................................................................................................................... 6 2.1 Anatomia della spalla .............................................................................................................................. 6 2. 2 La cuffia dei rotatori: ............................................................................................................................ 12 3. Anatomia radiologica .................................................................................................................................. 14 4. Patologia ...................................................................................................................................................... 17 4.1 Sintomatologia....................................................................................................................................... 17 4.2 L’eziologia............................................................................................................................................. 18 5. Limiti diagnostici......................................................................................................................................... 20 5.1 Ecografia................................................................................................................................................ 20 5.2 Radiografia convenzionale .................................................................................................................... 20 6. Le due tecniche diagnostiche....................................................................................................................... 22 6.1 Risonanza magnetica semplice .............................................................................................................. 22 6.2.1 Lidocaina 1% .................................................................................................................................. 24 6.2.2 Hexabirx ......................................................................................................................................... 24 6.2.3 Artirem ........................................................................................................................................... 24 6.3 Indicazioni all’artro-rm per la diagnosi della lesione della cuffia ......................................................... 25 6.4 Ostacoli diagnostici dell’artro-rm:......................................................................................................... 25 7. Le sequenze in risonanza ............................................................................................................................. 26 8. Protocolli ..................................................................................................................................................... 27 8.1 Posizionamento delle sequenze per la spalla ......................................................................................... 29 9.Le lesioni sulle immagini di risonanza semplice e con mdc ........................................................................ 32 10. Confronto fra immagini ............................................................................................................................. 33 11. Raccolta dati e analisi ................................................................................................................................ 38 11.1 Dati paziente ........................................................................................................................................ 38 Pagina 2
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 11.2 Esiti referti ........................................................................................................................................... 45 11.3 Dati opinioni pazienti .......................................................................................................................... 47 12. Conclusioni ................................................................................................................................................ 50 13. Bibliografia ................................................................................................................................................ 52 13.1 Letteratura............................................................................................................................................ 52 13.2 Bibliografia in rete ............................................................................................................................... 52 13.3 CD Roms ............................................................................................................................................. 52 13.4 Immagini.............................................................................................................................................. 52 14. Ringraziamenti .......................................................................................................................................... 53 15. Allegati ...................................................................................................................................................... 54 Pagina 3
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Abstract Questo lavoro di diploma analizza due esami: la risonanza magnetica semplice e l’artro‐risonanza al fine di stabilire quale fra i due sia il più opportuno per diagnosticare la lesione della cuffia dei rotatori della spalla. Dapprima viene spiegata l’anatomia dell‘articolazione gleno‐omerale e la sua patologia con lo scopo di capire perché il suo studio è così complesso. A questo proposito vengono poi trattati i limiti diagnostici di altri due esami: ecografia e radiografia convenzionale. Successivamente sono descritte le due tecniche d’indagine, indicazioni, posizionamento paziente, protocolli,medicamenti,.. In seguito le immagini dei due esami vengono paragonate allo scopo di individuare quali vantaggi porta l’introduzione di mezzo di contrasto intrarticolare. Infine è stata analizzata la raccolta dati effettuata sui risultati dei referti medici, sui dati anagrafici dei pazienti e sulle loro sensazioni. Pagina 4
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 1. Introduzione, obiettivo e metodologia Ho prevalentemente svolto la mia formazione pratica alla Clinica Ars Medica di Gravesano, specializzata in ortopedia, dove molti degli esami che vengono eseguiti riguardano le articolazioni. Durante i tre anni trascorsi in reparto il mio interesse in questo ambito, come pure per le patologie ortopediche, è notevolmente cresciuto. Questo lavoro di diploma nasce durante un primo periodo passato a esercitare il mio stage in risonanza magnetica, ho avuto l’opportunità di svolgerlo l’agosto scorso presso il mio istituto di referenza. Mi sono da subito accorta, colloquiando con i miei colleghi, che per quanto riguarda l’articolazione della spalla e le indagini per la lesione della cuffia dei rotatori i medici prescrivono due tipi di esame: l’artro risonanza con mezzo di contrasto intrarticolare e la risonanza magnetica semplice. Gli interrogativi sorgono dunque spontanei, in quali casi è meglio utilizzare uno o l’altro metodo? Dipende forse dal medico inviante? Oppure da un fattore di allergia al liquido di contrasto? Ho dunque proseguito con una raccolta dati e fin dall’inizio ho intuito che la componente allergica non aveva ruolo fondamentale nella scelta fra i due esami. Su trenta pazienti soltanto tre sono risultati essere intolleranti ad esso e per questo si è optato per la rm semplice. L’esclusione di questo fattore ha dato il via al lavoro di diploma. Ho deciso quindi di concludere la raccolta dati. Successivamente ho proseguito completando il progetto, dapprima analizzando i singoli referti, in un secondo tempo cercando di capire la differenza a livello dell’imaging e l’influenza che hanno le due tecniche sui rapporti medici. La ricerca ha l’obiettivo di stabilire quale fra i due esami presi in considerazione sia più opportuno per diagnosticare la lesione della cuffia dei rotatori. Per raggiungere questo scopo ho effettuato una raccolta dati scegliendo a caso 30 pazienti per ciascun esame. Ai 30 che hanno eseguito la risonanza con mezzo di contrasto è stato consegnato un formulario, chiedendo loro di compilarlo prima e dopo lo svolgimento dell’esame. In una seconda raccolta dati sono stati presi in considerazione i dati anagrafici (data di nascita, sesso, occupazione), il medico inviante (generico o ortopedico), le eventuali allergie e se vi erano stati traumi (sportivi o meno) di tutti i 60 pazienti. Inoltre ho raccolto gli esiti di ogni referto, classificandoli in: positivi, negativi e dubbi, elaborandoli in grafici. Per positivi s’intende: il medico radiologo ha stabilito che effettivamente il paziente ha una lesione della cuffia dei rotatori (parziale o totale). Per negativi il referto esclude una lesione. Infine, con dubbi il medico non è riuscito a stabilire se la cuffia fosse lesa o meno, oppure ha consigliato un secondo esame di complemento. Successivamente ho predisposto due tabelle con i distinti protocolli per i due esami, così da poterli paragonare insieme alle svariate serie di immagini di risonanza. Pagina 5
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 2. Anatomia 2.1 Anatomia della spalla A livello anatomico s’incontrano ostacoli non indifferenti. Tra i libri e i siti consultati, si trovano molte incongruenze, alcuni infatti affermano per esempio che l’articolazione della spalla é formata da sei muscoli, altri otto,… “La spalla è tra le più complesse delle articolazioni” 1, poiché fra tutte permette la più ampia escursione. E’ composta da tre ossa, scapola e clavicola che formano il cingolo scapolare, omero, cinque articolazioni, sei muscoli, e innumerevoli vasi sanguigni. La scapola è un osso piatto a forma di ventaglio presenta due facce e tre margini. La faccia anteriore prevede una leggera vallazione, la fossa sottoscapolare. Nella parte posteriore è situata una cresta, la spina della scapola, che divide l’osso in due parti: fossa sovraspinata e fossa sottospinata. L’acromion è un piccolo processo situato alla fine della spina che si articola con la clavicola. Il processo coracoideo invece ha sede a fianco dell’incisura della scapola. Immagine 1 Proiezione anteriore della scapola con i suoi margini e l’angolo inferiore, dove si posso scorgere la sua incisura, la fossa sottoscapolare, il processo coracoideo e l’acromion. La clavicola è anch’essa un osso piatto che si articola da una parte con l’acromion e dall’altra con lo sterno. Essa ha due facce, superiore e inferiore , lateralmente ha il tubercolo conoideo, 1 Artro‐rm di spalla, A. Carrero, A. Stecco, P. Fornara, Idelson‐Gocchi, Napoli, 2004 Pagina 6
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 lateralmente la linea trapezoidea, medialmente verso lo sterno l’impronta del legamento costo‐ clavicolare e infine inferiormente la doccia per il muscolo succlavio. Immagine 2 Veduta anteriore dell’osso dalla clavicola, si possono vedere il corpo, ai lati la faccetta acromiale per l’articolazione con l’acromion e la faccetta per l’articolazione con lo sterno. L’omero è un osso lungo, composto dalle due epifisi 2 e dalla diafisi 3. Prossimalmente si articola con la scapola e distalmente con ulna e omero. La testa dell’omero, nonché epifisi, è a forma di sfera e questo le permette di articolarsi nella glena. Inoltre in quest’osso distinguiamo sempre prossimalmente, sotto la testa, un collo anatomico e due tubercoli. Sul maggiore s’inseriscono i muscoli sovraspinato, sotto spinato e piccolo rotondo. D’altro canto sul minore il muscolo sottoscapolare. Inferiormente alle due protuberanze troviamo invece il collo chirurgico, chiamato così poiché un tempo in caso d’interventi chirurgici demolitivi, il taglio dell’arto avveniva a quell’altezza. Immagine 3 Rappresentazione dell’omero, della diafisi e delle due epifisi, quella prossimale presenta il collo anatomico e quello chirurgico e le due tuberosità, anche se nel disegno si può vedere solo la grande. 2 Con questo termine s’intende la parte tondeggiante delle ossa lunghe che si trova alle due estremità, essa è costituita da tessuto spugnoso. 3 È la parte centrale delle ossa lunghe, costituita da tessuto osseo lamellare contiene il midollo osseo giallo. Pagina 7
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 L’articolazione scapolomerale (enartrosi 4) più comunemente detta spalla: è costituita dal lato esterno della scapola, osso piatto, che con la sua cavità, la glena, ospita la testa dell’omero, osso lungo del braccio. Questa essendo sferica permette ampi movimenti, ma siccome la superficie articolare con cui l’omero viene a contatto è ristretta diventa instabile e molto vulnerabile. A questi propositi la cavità glenoidale è munita di un piccolo anello fibrocartilagineo che favorisce una maggiore adesione. La capsula articolare è piuttosto ampia e anteriormente rinforzata dai legamenti glenomerali, mentre superiormente dal legamento coracoacromiale che ha anche la funzione di tenere la testa all’interno della glena. Questa sarebbe troppo debole per tenere unita l’articolazione, compito che viene svolto rigorosamente dai muscoli. Tra il legamento gleno‐omerale e quello coraco‐omerale troviamo la membrana sinoviale che forma poi la borsa sottoscapolare. Immagine 4 Sezione sagittale della spalla dove è possibile scorgere sia la membrana sinoviale che la borsa sottoscapolare. 4 E un tipo di articolazione a forma pressoché sferica che permette il più ampio di tutti i movimenti(tutte le direzione). Pagina 8
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 L’articolazione acromioclaveare (artrodia 5): la clavicola e l’acromion, processo spinoso della scapola, s’incontrano e vengono sostenuti dai legamenti acromioclaveari, coracoacromiali e coracoclavicolare, essa è situata superiormente alla spalla. Immagine 5 Sezione coronale dell’articolazione gleno‐omerale, dove viene raffigurata l’articolazione fra l’acromion e la clavicola. L’articolazione sternoclavicolare(sella 6): avviene tra la clavicola e il manubrio dello sterno, migliorata da un minuscolo disco cartilagineo e dai legamenti clavicolari e della prima costa. Immagine 6 La figura rappresenta la parte antero‐superiore del torace, si possono vedere le coste che articolano con lo sterno e più cranialmente le clavicole che articolano con il manubrio. 5 E un tipo di articolazione fra due superfici pianeggianti di che permette un piccolo movimento di scivolamento. 6 È un tipo di articolazione a forma di sella di cavallo, composta da una parte convessa e da una concava che s’incastrano, permette un movimento di rotazione assiale. Pagina 9
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 I muscoli: deltoide, grande rotondo, sovraspinato, infraspinato, piccolo rotondo e sottoscapolare (degli ultimi quattro mi occuperò nel prossimo capitolo). Immagine 7 Questa veduta della spalla ci permette di osservare tutte le inserzioni dei suoi muscoli anteriormente. Immagine 8 Mentre questa raffigurazione mostra tutte le inserzioni posteriori dei muscoli dell’articolazione gleno‐omerale. Pagina 10
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Il muscolo deltoide ha tre inserzioni nella sua parte prossimale: il primo il margine anteriore della clavicola, il secondo l’apice e il margine laterale dell’ acromion e il terzo il labbro inferiore della spina della scapola. Distalmente finisce il suo percorso a livello della tuberosità deltoidea dell’omero. Immagine 9 La foto raffigura parte del decorso del muscolo deltoide e la sua inserzione sulla spina . Il muscolo grande rotondo nasce all’angolo della scapola e sul suo margine laterale, termina il suo percorso sul tubercolo minore dell’omero. Immagine 10 La figura riporta il percorso del muscolo piccolo rotondo, lo si vede bene terminare sul tubercolo, caudalmente ad esso invece troviamo il grande rotondo. Cranialmente la spina della scapola è situata fra il muscolo sottospinato e sopraspinato. Pagina 11
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Per quanto riguarda la vascolarizzazione mi limiterò a citare i principali vasi perché non fondamentali per la comprensione del lavoro. Tra le arterie troviamo: la succlavia, la soprascapolare, l’ascellare che poi diventa brachiale, la circonflessa della scapola, la dorsale della scapola, le arterie del collo. Le vene: la succlavia, la cefalica, l’ascellare, ecc. Immagine 11 Il disegno sovrastante riporta la spalla vista anteriormente e riassume l’anatomia trattata sino a questo paragrafo. Si notano tutte le componenti ossee e i rispettivi muscoli. 2. 2 La cuffia dei rotatori: È formata da quattro muscoli e dai quattro rispettivi tendini che hanno origine dalla testa dell’omero. Il sovraspinato superiormente, che inserisce prossimalmente nella fossa sovraspinata della scapola e distalmente nella grande tuberosità dell’omero. Il sottoscapolare che ha inserzione prossimalmente nella fossa sottoscapolare della scapola. Il sottospinato o infraspinato che attacca da una parte alla fossa infraspinata della scapola e dall’altra alla grande tuberosità dell’omero. Infine il piccolo rotondo inferiormente, ha origine sempre nella fossa infraspinata della scapola ma sul margine e termina anch’esso nella grande tuberosità dell’omero. Questi sono fondamentali per l’elevazione del braccio e l’extra‐intrarotazione. Pagina 12
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 La sua vascolarizzazione è piuttosto complessa, alcuni vasi provengono direttamente dall’osso, altri da strutture tendinee e muscolari vicine. Immagine 12: Questa visione dall’alto dell’articolazione gleno‐omerale spiega la formazione della cuffia dei rotatori fra i quattro muscoli sovraspinato, sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo e l’inserzione dei rispettivi tendini. Pagina 13
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 3. Anatomia radiologica Nelle immagini sottostanti viene proposta l’anatomia trattata nel precedente capitolo, ma rappresentata con produzioni radiologiche di risonanza magnetica con mdc 7. Ho scelto per ciascun piano (assiale, coronale, sagittale) le più rappresentative. Immagine 13 Acquisizione “Spin Echo T1” 8 coronale‐obliqua della spalla con mdc intrarticolare (iperintenso). Si osservano la testa omerale con il suo trochite, che articola con la glena della scapola, la spina della scapola, cranialmente l’osso acromiale che articola con la clavicola. Fra i tendini, che danno un segnale ipointenso, troviamo, l’inserzione del capo lungo del bicipite nell’omero, lateralmente il decorso del muscolo deltoide, caudalmente all’acromion tendine e muscolo del sottospinato, medialmente all’omero si situa il muscolo grande rotondo. Attorno alla spalla abbiamo una componente grassa che risuona come il liquido di contrasto iperintenso. 7 Mezzo di contrasto 8 Vedi paragrafo 10 Pagina 14
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 14 Si tratta sempre di una sequenza Spin Echo T1, con liquido di contrasto (iperintenso) iniettato nella capsula articolare, ma di un’acquisizione sagittale‐obliqua. Nelle parti ossee si distinguono la testa dell’omero con parte della diafisi, medialmente s’intravvede parte del processo coracoideo e cranialmente l’acromion, che articola con la clavicola. Fra i muscoli, sempre ipointensi, abbiamo caudalmente all’acromion il muscolo sovraspinato e il sottospinato, distalmente all’omero a livello della tuberosità finisce il suo percorso il muscolo piccolo rotondo. Attorno alla spalla si nota una componente lipidica anch’essa iperintensa. Pagina 15
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 15 Taglio trasverso eseguito con una sequenza Spin Echo T1 FAT SAT 9. In questa sequenza non si vede il contorno iperintenso attorno alla spalla come nelle precedenti due immagini grazie alla saturazione del grasso. Ciò che si nota di iperintenso è il liquido di contrasto nella capsula articolare. Le strutture ossee visibili sono la testa dell’omero che articola con la glena che presenta il labbro posteriore e quello anteriore e il margine superiore della scapola. Anteriormente alla spina della scapola è situato il muscolo sottoscapolare del quale si vede il tendine inserirsi sul trachite omerale, posteriormente alla testa dell’omero troviamo il muscolo piccolo rotondo con la sua inserzione tendinea nel trochite. 9 Vedi paragrafo 10. Pagina 16
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 4. Patologia La lesione della cuffia dei rotatori può essere parziale o totale (più raramente), consiste nella rottura in almeno uno dei quattro tendini che la costituiscono, anche se le lesioni dei muscoli piccolo e grande rotondo sono molto rare. Questa si può classificare con le tre categorie d’instabilità: • TUBS: Traumatic Undirectional Bankart Surgery • AMBRI: Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift • AIOS: Acquired Instability of Overstressed Shoulder Queste sono differenti fra loro per quanto riguarda dimensione e forma. Lesione: TUBS AMBRI AIOS Cuffia dei rotatori Rotture su base Instabilità su base Instabilità minori traumatica a tutto non traumatica dovute a microlesioni spessore in pazienti solitamente da ipersollecitamento con più di 40 anni. congenita. (sport, lavoro,..). I professionisti riferiscono che è importante oltre ai soliti esami diagnostici un’accurata anamnesi ponendo svariate domande al paziente stesso per determinare il grado della lesione (tipo di trauma, intensità del dolore, localizzazione del dolore, eventuali lussazioni,...). 4.1 Sintomatologia caratteristico è il dolore notturno (per la supinazione) che a seconda del suo posizionamento indica quale dei tendini è leso (non si tratta infatti di lesioni muscolari), il sovraspinato è quello sottoposto maggiormente a rottura. Spesso i dolori sono associati alla perdita di forza e alla limitazione motoria. Quest’ultimi due sono facilmente percepibili dal medico durante la visita con test motori specifici. Pagina 17
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 4.2 L’eziologia Questa degenerazione è dovuta a cause differenti come: il sovraccarico meccanico, un ripetuto stress, alterazione dei tessuti o della vascolarizzazione, traumi,… I pazienti soggetti a questa lesione spaziano quindi in un ampio fascio d’età, i più giovani sono soprattutto sportivi o persone che hanno subito traumi. Negli anziani è più frequente poiché i tessuti s’indeboliscono e si assottigliano diventando più vulnerabili, inoltre le strutture ossee sviluppano alcune volte dei beccucci osteofitici che possono ledere i tendini. Immagine 16 Questa rx della spalla sinistra in rotazione interna, mostra dei beccucci osteofitici sottoacromiali e sulla testa dell’omero a livello dell’articolazione con la glena scapolare. L’os acromiale o acromion bipartito è una degenerazione rara di quest’osso che non solidifica assieme alla spalla e rimane così mobile, può causare un’alterazione dei tendini della spalla, poiché quando il deltoide si contrae l’osso si abbassa ed entra in conflitto coi tendini. Pagina 18
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Sull’eziopatologia di questa degenerazione esistono due teorie. Quella estrinseca ideata da Neer 10una trentina di anni fa, secondo la quale ci sono ben tre forme di conflitto tra la cuffia, l’acromion e il legamento coraco‐acromiale durante l’elevazione del braccio. La prima che presenta edema ed emorragia della borsa sottoacromiale, avviene di solito in pazienti giovani (meno di venticinque anni). La seconda che prevede fibrosi della borsa con degenerazioni dei tendini e infiammazioni in età comprese fra i venticinque e i cinquanta anni. Infine, la terza, che si manifesta in soggetti che hanno già compiuto il quarantesimo anno di età, lesioni della cuffia parziali o intere con alterazioni dell’acromion. La seconda teoria è d’altra parte quella intrinseca. Diversi studiosi sostengono che la lesione della cuffia è dovuta ad una degenerazione tendinea progressiva col passare degli anni. Questa è poi stata confermata dagli esami istologici, con il tempo le strutture tendinee sembrerebbero perdere elasticità. A sostegno di questa teoria ci sarebbe poi il fatto che le lesioni della cuffia sono prevalentemente profonde e non superficiali, che quindi non entrano in conflitto con altre strutture. 10 Questo nome è molto noto in radiologia poiché è il nome di una nota proizione radiografica. Charles Neer fu professore in diverse Università europee come quella di Colonia. Egli ebbe un ruolo fondamentale nello studio ed è considerato tutt’oggi come colui che ha dato una svolta nella chirurgia protesica della spalla. Pagina 19
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 5. Limiti diagnostici 5.1 Ecografia Questo tipo di esame è tra i più eseguiti in radiologia, poiché di basso costo, di semplice esecuzione, immediato, non invasivo e soprattutto non nocivo al paziente. Viene cosi richiesto sia dal medico curante che dall’ortopedico. Esistono alcuni protocolli internazionali, pressoché uguali per tutti i medici radiologi che permettono l’indagine della spalla e la visualizzazione delle diverse strutture per mezzo di immagini coronali anteriori e posteriori, assiali, oblique e infine un esame più dinamico dove il paziente muove l’articolazione. Queste scansioni ci danno molteplici informazioni sul tendine del sovra spinato, il sottoscapolare e la porzione posteriore della cuffia. Ora dobbiamo considerare che le lesioni della cuffia avvengono principalmente nel versante sottobursale, in altri casi centralmente o fra i tendini e più raramente la parte capsulare o limitante del tendine. La parte centrale o fra i tendini non si può analizzare con l’ecografia proprio per la sua complessa anatomia. I limiti di questo esame riguardano soprattutto la panoramicità, con gli ultrasuoni non si riescono ad esplorare: la parte del tendine sovraspinato sotto l’acromion, il legamento coraco‐acromiale inferiormente e le lesioni infraparenchimali dei tendini. Non scordiamo inoltre che l’esame ecografico è operatore dipendente. 5.2 Radiografia convenzionale Questa indagine diagnostica è molto utile nella rappresentazione ossea. L’esame radiografico consente principalmente d’individuare eventuali fratture, le calcificazioni (ma non è detto che lesioni della cuffia debbano per forza essere accompagnate da esse), inoltre queste se di piccole dimensioni e sovrapposte alle strutture ossee sono poco percettibili. È indicata pure per valutare il grado di artrosi e periartire. Dà una buona rappresentazione dei rapporti articolari, anche se necessità più proiezioni e quindi più radiazioni per il paziente. Esso però non consente una completa indagine tendinea,capsulare e legamentosa, poiché queste strutture sono perlopiù radiotrasparenti ( se non ispessite), si vedono meno. Tuttavia questa metodica può dare all’ortopedico delle informazioni indirette per la valutazione dell’integrità della cuffia, quando questa è lesionata lo spazio subacromiale si restringe e spesso e volentieri il nostro corpo sviluppa dei becchetti osteofitici, piccole escrescenze ossee. Pagina 20
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 17 Questa radiografia della spalla destra in rotazione interna mostra delle chiare calcificazioni nella regione del trochite omerale probabilmente dovute a periartrite. Altri svantaggi della radiografia sono che consente una valutazione solo indiretta dei versamenti e si ha una rappresentazione soltanto monoplanare. Pagina 21
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 6. Le due tecniche diagnostiche 6.1 Risonanza magnetica semplice Questa procedura diagnostica che sfrutta le proprietà del campo magnetico disturabato da una radio frequenza manipolata è utile a studiare diverse strutture del corpo umano, in particolare le parti molli (muscoli, tendini, vasi, organi,...). Nel caso della spalla il paziente viene posizionato supino ed entra nella gantry dell’apparecchiatura di testa. All’articolazione viene applicata una bobina dedicata che riceve il segnale e sarà poi trasmesso dal magnete alla consolle, dove le immagini verranno elaborate dal tecnico di radiologia con software specializzati. Questa tecnica sfrutta infatti i nuclei di idrogeno presenti in grandi quantità nel nostro corpo che immessi nel campo magnetico e con l’ausilio di onde elettromagnetiche sono soggetti a modificazione. Questi variano l’ orientamento del loro asse magnetico per poi tornare nella loro configurazione originaria permettendo ai software dedicati di misurare e diversificare la densità dei tessuti. Per l’esame dell’articolazione gleno‐omerale inoltre è importante un buon posizionamento del paziente; immobilizzando il braccio della spalla in esame e richiedendo collaborazione per quanto riguarda la respirazione che dev’essere regolare. Non devono anche essere indossate cinture con fibbie di metallo, tutto questo al fine di evitare artefatti da movimento spesso presenti su queste immagini e problemi di saturazione. Immagine 18 Posizionamento del paziente con la spalla all’interno della bobina e l’immobilizzazione del braccio. Pagina 22
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 6.2 Risonanza magnetica con liquido di contrasto Alcuni ostacoli iniziali a questa tecnica sono stati la mini invasività, l’introduzione di due tipi differenti di mezzo di contrasto in articolazione, la non indicazione ufficiale all’utilizzo in articolazione, il pericolo d’infezione, le radiazioni e naturalmente non da ultimo l’incremento dei costi rispetto a una risonanza classica e dei tempi. Questo esame viene svolto in due parti distinte. Durante la prima che dev'essere svolta in completa sterilità, il medico radiologo effettua una punzione intrarticolare. Dapprima vengono iniettati 10 ml di lidocaina 1%, un anestetico locale. Poi un liquido di contrasto radiopaco che permette, con l'ausilio di un apparecchio di scopia pulsata 4p/sec (per dare meno dose al paziente che indosserà anche un grembiulino di piombo), di capire se si è all'interno della capsula articolare. Infine, dopo questo accertamento, vengono iniettati 20 ml di gadolinio, contrasto che invece si vedrà nelle immagini di risonanza. Presso il nostro istituto il paziente riceve un consenso informativo su tutto l’esame di artroscopia. La seconda parte dell'esame, quella diagnostica, viene svolta esattamente come una risonanza magnetica semplice (vedi capitolo 6.1). Immagine 19l medico radiologo mentre effettua la Immagine 20 Immagine di controllo radioscopico del mezzo di punzione intrarticolare con mezzo di contrasto sotto scopia. Contrasto che si deposita nella capsula. Pagina 23
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 6.2.1 Lidocaina 1% "È un farmaco che non tutti i medici radiologi utilizzano prima della punzione. Questa soluzione è un anestetico di tipo locale utilizzata in diversi campi come la chirurgia, l'ostetricia, la cura dentaria,... 10 ml di soluzione contengono 10 mg di lidocaina, è controindicata nei pazienti dove è già conosciuta un'allergia a questo principio attivo." 11 coronale 6.2.2 Hexabirx "Si tratta di una soluzione ionica, iodata, contenente dell' acido ioxaglico e del sale di sodio. Oltre ad essere indicato per le artrografie lo è per altri esami quali le urografie, gli esami per l'apparato digerente, le isterosalpingografie,… Per gli esami delle articolazioni è consigliato l'utilizzo dai 5 ai 20 ml, in particolare per la spalla dai 5 ai 15 ml. Non dev'essere utilizzato con pazienti iodio‐allergici, o che hanno manifestato allergie ad altri mdc ed è poco indicato in pazienti con infiammazioni articolari, anticoagulanti (possono insorgere grandi ematomi) e in caso d'ipertiroidismo. Anche in questo caso è fondamentale monitorizzare il paziente poiché le reazioni allergiche posso avere la stessa entità della soluzione citata nel prossimo paragrafo." 11 6.2.3 Artirem "È una soluzione di acido di gadolinio (DOTA‐gd), una sostanza paramagnetica che interagisce con il campo magnetico della risonanza. In 20 ml di soluzione sono contenuti 27.932 mg di sostanza. Una volta aperto questo tipo di prodotto dev'essere subito consumato, non può essere conservato.” 11 Contrariamente ai tipi di contrasto che venivano utilizzati all'avvento dell'artro‐rm, il foglietto illustrativo riporta l'indicazione specifica per punzioni intrarticolari. Inoltre onde evitare reazioni fra i farmaci si utilizzano due soluzioni prodotte dalla stessa casa farmaceutica. "Per la spalla sono indicati dai 5 ai 25 ml si soluzione.” 11 Chiaramente la punzione deve avvenire in ambiente sterile per evitare l'insorgere d'infezioni. Le controindicazioni all'utilizzo di questo prodotto sono le allergie al (DOTA‐gd) e le controindicazioni assolute alla normale risonanza magnetica(portatori di pacemaker,…). 11 Compendium Suisse 2009 Pagina 24
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Le allergie a questo mezzo di contrasto sono molto rare, ma talvolta si possono manifestare e anche in modo importante: orticarie, turbe respiratorie, shock anafilattici, complicazioni cardiache,… È dunque molto importante tenere sotto controllo il paziente, presso la nostra clinica egli rimane fino a mezz’ora dopo l'iniezione se non vi sono complicazioni. "Alcune volte inoltre dopo la punzione posso sorgere dei dolori, una difficoltà della motilità dell'articolazione in esame, o un peggioramento dei dolori già esistenti, se questi dovessero persistere potrebbe trattarsi dei primi segni di un'infezione." 11 6.3 Indicazioni all’artro‐rm per la diagnosi della lesione della cuffia L’esame con liquido di contrasto intrarticolare è indicato in primo luogo per differenziare la lesione della cuffia, da parziale a totale. Questo al fine chiaramente di pianificare la terapia più adatta al singolo paziente, incluso, se necessario l’intervento chirurgico. Un esame correttamente eseguito deve dare chiare indicazioni rispetto la lesione della cuffia: sede, caratteristiche, estensione, margini, atrofie, eventuali degenerazioni associate,… La soluzione di gadolinio a seconda di come si distribuisce dentro l’articolazione, ci regala questo tipo di informazione, infatti colma lesioni che abbiamo precedentemente definito parziali, mentre penetra quelle complete. 6.4 Ostacoli diagnostici dell’artro‐rm: Come in ogni cosa, anche l’artro risonanza può presentare talvolta dei limiti diagnostici: falsi positivi e negativi. Quando per svariate ragioni l’iniezione avviene extra‐articolare, può dare dei problemi nella valutazione del tendine e del muscolo sovraspinato, simulando la lesioni degli stessi o la fuoriuscita di liquido dalla capsula. Può raramente accadere che dell’aria residua nell’ago finisca nella capsula dando luogo a falsi corpi mobili che pero si differenziano facilmente dal loro posizionamento. Anche un errata quantitativa somministrazione di gadolinio può inquinare l’immagine, esso infatti se presente in quantità esagerate o contrariamente insufficienti, disturba il segnale del liquido nella capsula. Inoltre, ma questo vale per entrambi gli esami, anche delle piccole varianti anatomiche possono indurre il medico radiologo all’errore diagnostico. Pagina 25
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 7. Le sequenze in risonanza Fondamentalmente esistono tre tipi base di sequenze in risonanza magnetica. • La prima,T1, che ha un tempo di rilassamento (TR) minore di 700 ms e un tempo di eco (TE) minore a 30 ms. Le strutture liquide, le infiammazioni, le cisti, i tessuti, gli ematomi acuti, il sangue circolante, l’osso compatto e l’aria risultano ipointense, vale a dire grigio‐nero. Mentre gli ematomi subacuti (che sussistono già da qualche giorno), la cartilagine ialina e il grasso iperintensi (bianco). • La seconda, T2, ha un TR maggiore a 1500 ms e un TE maggiore a 30 ms. Il grasso, la cartilagine ialina e gli ematomi subacuti risultano anche qui essere iperintensi come le infiammazioni e le cisti. Ipointensi sono invece i tessuti fibrosi, gli ematomi, il sangue circolante e l’osso compatto. • Terza ed ultima la sequenza in densità protonica (PD), essa è un compromesso fra le prime due, che a dipendenza di ciò che si vuole visualizzare può essere ponderata verso la T1 o la T2. Pagina 26
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 8. Protocolli Serie che utilizziamo presso la nostra clinica con un apparecchio di risonanza da 1 Tesla: RM SEMPLICE ARTRO‐RM T2 trasversa ‐MPVR 12 T2 trasversa –MPVR T1 coronale STIR 13 T1 coronale STIR Pd e T2 coronale (doppio eco ) Pd e T2 coronale (doppio eco ) T1 coronale TSE 14 T1 coronale TSE FS T1 sagittale TSE FS 15 T1 sagittale TSE FS T1 sagittale STIR (a dipendenza del medico radiologo presente in istituto). Come si può notare dalla tabella sovrastante per i due esami utilizziamo due protocolli che sono molto simili. Le uniche due differenze che si possono notare sono: l’aggiunta di una sequenza T1 STIR sagittale ( su richiesta del medico radiologo) e della coronale T1 Turbo Spin Echo che si fa FAT SAT per l’artro rm. Di seguito sono riportate le spiegazioni inerenti tutte le sequenze utilizzate nei protocolli, per la stesura di questo capitolo ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare con Phil Buckle “Sales Ingeneer Imaging Systems” per la Siemens. • Le sequenze T2 trasverse MPVR permettono di ricostruire le immagini da 2D a 3D siccome i tagli acquisiti sono più fini (2mm). • Le sequenze T1 STIR sono delle “inversion recovery” vale a dire che si ha un’inversione del segnale. In questo modo la parte lipidica che solitamente risulta iperintensa apparirà ipointensa come tutti i tessuti. Per contro verranno ben rappresentati i liquidi, versamenti, infiammazioni, ematomi, come pure gli edemi ossei, che daranno un segnale iperintenso. Al contrario di una consueta T1 , il suo tempo di rilassamento (TR) è molto più lungo(circa 12 Multi Planar Volum 13 Short Time Inversion Recovery 14 Turbo Spin Echo 15 Fat Sat (saturazione del grasso) Pagina 27
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 5000 ms) come pure il tempo di durata di una scansione (TA) (5030 ms) che determina il tessuto che viene sottratto all’immagine, grasso e liquido di contrasto in questo caso. Dev’essere sempre presente nel protocollo in caso di traumi. • Nella sequenza doppio eco, riusciamo ad ottenere due tipi di immagini, infatti dopo l’impulso dato con l’onda elettromagnetica si hanno due tempi di echo uno a 15 ms e l’altro a 87. Quelle in T2 servono a differenziare l’entità della lesione e vediamo l’eventuale edema iperintenso. Quelle in densità protonica più utili ad identificare le lesioni del labbro e dei muscoli. • La T1 Turbo Spin Echo è una sequenza molto veloce adatta allo studio dell’anatomia in generale si ha però una leggera perdita in risoluzione di contrasto rispetto alla T2. • La T1 Turbo Spin Echo Fat Sat si esegue spesso per avere un confronto con le altre immagini prodotte, è uguale alla sequenza descritta in precedenza, ma viene applicata una saturazione del grasso, che risulterà ipointenso, così solamente l’eventuale lesione o l’applicazione del gadolinio nell’arto‐rm appariranno iperintense. Nell’insieme le sequenze sopradescritte sono complementari e vengono sempre utilizzate e confrontate per lo stesso esame. Pagina 28
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 8.1 Posizionamento delle sequenze per la spalla Qui di seguito viene spiegato come posizionare le sequenze nei diversi piani di acquisizione, trasverso , coronale e sagittale. Bisogna tener presente che l’acquisizione è multiplanare e quindi il posizionamento dei pacchetti dev’essere sempre controllato sui tre piani. Immagine 21 È un piano assiale del primo “localizer”che viene acquisito. Il “localizer” permette una valutazione grossolana dell’esito della punzione, infatti possiamo già determinare se il liquido di contrasto paramagnetico è in articolazione o meno. Per il posizionamento del secondo “localizer”, acquisito dalla bobina dedicata, si utilizza un pacchetto deve seguire la spina della scapola e l’altro dev’essere perpendicolare ad esso al centro della testa omerale. Inoltre permette il posizionamento di tutte le serie coronali e sagittali successive (un ulteriore controllo può avvenire con la serie trasversa in T2). Pagina 29
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagini 22 Piano coronale del “localizer” per il posizionamento delle immagini trasverse I trasversi si orientano questa volta su un “localizer” coronale e il pacchetto d’immagine deve comprendere da metà della clavicola fino a un centimetro circa sotto la cavità ascellare, seguendo la linea superiore del muscolo sovraspinato. Permette la valutazione del deltoide, del sottoscapolare, dei tendini del piccolo rotondo, del sottospinato, del legamento gleno‐omerale, del labbro e della presenza o meno dell’ acromion bipartito. Immagine 23 Piano assiale T2 del “localizer” con posizionamento del pacchetto delle immagini coronali oblique Pagina 30
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Per le sequenze coronali si posiziona il pacchetto parallelo alla spina della scapola, come per il primo “localizer”, facendo attenzione a comprendere tutta la testa dell’omero.più un margine di 0,5 cm da parte a parte per visualizzare l’intera cuffia. Questa sequenza è ideale per la valutazione del sovraspinato, del sottospinato e in parte anche del sottoscapolare. Immagine 24 Piano assiale T2 del “localizer” con posizionamento del pacchetto delle immagini sagittali oblique. Vengono posizionati perpendicolarmente ai coronali e alla glena della scapola, comprendono una porzione che va dal margine laterale della testa omerale fino alla fine del labbro. Permette la refertazione di tutta la cuffia dei rotatori. Pagina 31
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 9.Le lesioni sulle immagini di risonanza semplice e con mdc Riconosciamo le lesioni dei tendini per il cambiamento della loro forma e poiché il segnale in risonanza aumenta nelle sequenze che hanno un breve TE e TR come pure in quelle a densità protonica. Le lesioni parziali che si riscontrano solitamente a livello del sovraspinato si riconoscono perché si riempiono di contrasto. Le rotture intratendinee e bursali si evidenziano con le sequenze T2(FAT SAT o STIR) per questo vengono inserite nei protocolli. Le lesioni complete, riguardano l’intero tendine e possono essere verticali o orizzontali. Quelle verticali non hanno solitamente alcune retrazione tendinea, per cui sono difficilmente percepibili con un esame di risonanza semplice. Quelle orizzontali si estendono dal margine anteriore del sovraspinato al sottospinato, e sono caratterizzate, contrariamente alle prime, a retrazione tendinea, quindi riconoscibili anche con rm semplice. Immagine 25 Riporta un esempio di lesione completa del tendine del sovraspinato con una sequenza T1 coronale obliqua Fat Sat con liquido di contrato intrarticolare Pagina 32
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 10. Confronto fra immagini Qui di seguito sono state riportate alcune immagini significative per il confronto tra l’esame di risonanza semplice e quello con mezzo di contrasto. Immagine 26 È un taglio trasverso di una sequenza T2 MPVR con mezzo di contrasto intrarticolare . Innanzi tutto si può notare come il liquido di contrasto dilati la capsula articolare e differenzi le piccole strutture della spalla, difficilmente distinguibili, perché molto vicine fra loro. Inoltre vengono visualizzati molto bene la glena e il labbro glenoideo perché delimitate dal mezzo di contrasto, cosi come del resto il legamento gleno‐omerale, l’inserzione del muscolo deltoide e lo SLAP 16, quest’ultimo viene in genere diagnosticato con le sequenze coronali che ne permettono una completa rappresentazione. 16 Distacco del tendine del bicipite dalla glena Pagina 33
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 27 È lo stesso taglio trasverso di una sequenza T2 MPVR come quello illustrato prima ma senza mezzo di contrasto intrarticolare, Le differenze sono notevoli la capsula non è dilatata e le strutture sono meno differenziabili rispetto alle immagini con il gadolinio. Di difficile interpretazione sono anche l’integrità del labbro della glena, come pure il legamento gleno omerale e l’inserzione del muscolo deltoide a causa dell’assenza dello sfondo iperintenso del contrasto. Pagina 34
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 28 Taglio coronale obliqua di una sequenza T1 Spin Echo Fat Sat con mdc Immagine 29 Taglio coronale obliquo di una sequenza T2 ottenuta attraverso una sequenza doppio eco. Pagina 35
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Per il confronto tra le immagini coronali ho scelto due sequenze differenti tra loro, la T1 Spin Echo Fat Sat per l’artro rm, cosicché risalti l’utilità della saturazione del grasso per far risaltare il liquido di contrasto. Mentre per la risonanza magnetica semplice non ho riproposto la T1 Spin Echo presente nel protocollo poiché essa presenta un difetto diagnostico chiamato “magic angle”. Quest’ultimo è un artefatto che avviene con le sequenze T1, si tratta di un’interazione che avviene nel campo magnetico, fra il corpo in analisi e un angolo di 55°. Il taglio coronale serve per lo più a diagnosticare l’integrità del sovraspinato e dello SLAP, con l’artro risonanza è possibile distinguere un’infiammazione del tendine da una lesione parziale, poiché quest’ultima viene infiltrata da liquido di contrasto come nell’immagine 28. Secondo il referto che ho consultato riferito all’immagine 29 vi è una problematica a livello del sovraspinato, ma ci si rende conto immediatamente quanto sia difficile diagnosticare una lesione da una tendinite rispetto alla precedente. Immagine 30 È un taglio sagittale obliquo T1 Spin Echo Fat Sat con gadolinio intrarticolare. Pagina 36
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Immagine 31 È un taglio sagittale obliquo T1 Spin Echo Fat Sat Le sequenze acquisite in sagittale sono utili per lo più alla valutazione del tendine infraspinato e del tendine sottoscapolare, anche in questo caso, se il tendine è fissurato il liquido vi entra evidenziando la lesione, nelle lesioni transmurali invece, vale a dire a tutto spessore, il contrasto si deposita della borsa come nell’immagine 30. Nel caso in cui contrariamente non venga introdotto l’mdc, si vedrà si un’alterazione di segnale, ma difficilmente si potrà giudicare il grado della lesione come nell’immagine 31. Per quanto riguarda gli edemi ossei un esame equivale l’altro, questo tipo di lesioni sono facilmente percepibili con entrambe le tecniche, in particolar modo con delle sequenze STIR (vedi paragrafo 9). Pagina 37
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 11. Raccolta dati e analisi In questo capitolo sono state riportate in tabelle tutte le raccolte dati effettuate , dapprima quella riguardante i dati del paziente, secondariamente quella dei referti ed infine quella sul giudizio dei pazienti. Successivamente ad ogni tabella si possono trovare le rispettive analisi realizzate con dei grafici. 11.1 Dati paziente Nelle due tabelle sottostanti sono stati raccolti i dati dei pazienti che hanno eseguito i due esami Rm semplice Pagina 38
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Artro‐rm Pagina 39
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Grafico 1 Rappresentazione a torta del rapporto fra le risonanze magnetiche semplici richieste per la sospetta lesione della cuffia dei rotatori e i pazienti che l’hanno dovuta eseguire per conosciute allergie all’mdc. Totale delle allergie su RM semplice richieste 9% rm totali allergie 91% Si può intuire che la scelta dei medici richiedenti non cade sulla rm‐semplice per un fattore allergico, poiché solo il 9%, del campione preso in considerazione, delle persone che hanno effettuato questo esame risultava essere intollerante o allergico al mezzo di contrasto. Proseguiamo dunque con l’analisi dei grafici per capire quali altri parametri possono influenzare questa decisione. Pagina 40
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Grafico 2 Rappresentazione a torta del rapporto fra le risonanze semplici e il tipo di medico che l’ha richiesta (generico o ortopedico). Rm semplice: medico richiedente 20% Medico generico Ortopedico 80% Questo grafico a torta è a mio modo di vedere molto rilevante, da questa indagine infatti emerge un dato molto importante: soltanto il 20% delle risonanze magnetiche semplici (tra le quali, fra l’altro, vi erano anche pazienti allergici) vengono richieste da medici specializzati, ortopedici, contro un 80% da medici generali. Una volta ottenuto questo risultato riflettendo e avendo avuto un colloquio coi docenti si era presa in considerazione la possibilità d’intervistare alcuni medici generici, in particolare quelli che avevano appunto richiesto la risonanza semplice, chiedendo loro le ragioni che li avevano spinti a farlo. Interfacciandomi però coi i miei responsabili reparto e rifacendoci alle politiche della Clinica, abbiamo ritenuto inopportuno porre questo tipo di domanda ai medici invianti. Grazie alla collaborazione delle ragazze del segretariato che prendono gli appuntamenti per questi esami sono comunque riuscita a porre questa domanda indirettamente. Pagina 41
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Le collaboratrici, ogni qualvolta i medici richiedenti fissano un appuntamento per una risonanza semplice, chiedono se non desiderano l’utilizzo del mezzo di contrasto intrarticolare per motivi di pianificazione degli esami che richiedono tempistiche differenti. Nella maggior parte dei casi il medico non conosce il tipo di esame proposto e scettico non cambia la sua decisione. D’altra parte ho potuto però chiedere ai medici ortopedici in sede quali erano per loro le indicazione per la risonanza semplice e quali per l’artro risonanza. A loro parere la risonanza senza mezzo di contrasto è indicata solamente dopo una lussazione di massimo una settimana poiché il versamento causato dal trauma funge da liquido di contrasto; in caso si voglia vedere la struttura ossea o si sospetti la presenza di un ganglio. Mentre richiedono l’artro in caso di sospetta lesione della cuffia senza chiara rottura, per tendini sfilacciati, piccole lesioni transmurali (soprattutto nella zona dell’intervallo dei rotatori), per vedere l’integrità del labbro e il capo lungo del bicipite. Grafico 3 La rappresentazione a torta indica il rapporto che vi è fra la positività alla lesione della cuffia dei rotatori rispetto all’occupazione del paziente (casalinghi, sportivi, studenti, pensionati, operai, impiegati). Rapporto fra tipo di occupazione e la positività alla lesione 9% 9% 17% casalinghi sportivi 34% studenti pensionati 9% operai impiegati 22% Pagina 42
Barbara Bernasconi TRM3 Lavoro di diploma 2010 Da questa raccolta dati si può vedere che le professioni che comportano maggiore sforzo fisico e che quindi sottopongono l’articolazione della spalla a maggior stress come la classe operaia, 34%, hanno una maggior incidenza sulla positività alla lesione della cuffia. Altra percentuale piuttosto alta appartiene alla categoria dei pensionati, 22%, questo è riconducibile alla teoria intrinseca (vedi paragrafo 4.2). Anche gli sportivi, che sottopongono l’articolazione a ipersollecitamento e traumi risultano positivi alla lesione con il 17%. Minor incidenza sulla lesione hanno le attività di casalinga, impiegati, e studenti ( tutti con il 9%) giustificato forse dal fatto che l’articolazione è meno stimolata. Grafico 4 Questa rappresentazione a torta riporta l’incidenza del sesso, maschile o femminile, sulla positività della lesione della cuffia. Incidenza del sesso sulla positività alla lesione 30% uomini donne 70% Anche il sesso secondo l’indagine svolta ha incidenza sulla positività della lesione, gli uomini infatti con il 70% sono più soggetti alla lesione rispetto alle donne con il 30%. Naturalmente non è il sesso che influisce direttamente sulla lesione, ma questa è probabilmente imputabile al fatto che la maggior parte degli uomini esercitano lavori più fisici delle donne, sottoponendo l’articolazione gleno‐omerale a una maggiore probabilità d’esser lesa. Pagina 43
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