La produzione architettonica dei progettisti, decoratori e imprenditori edili italiani in Tunisia durante il protettorato francese
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La produzione architettonica dei progettisti, decoratori e imprenditori edili italiani in Tunisia durante il protettorato francese ETTORE SESSA Alla metà degli anni Trenta del XX se- e si impegnava a riconoscere uno statuto colo un’imprevista sindrome nazionalista speciale per gli italiani residenti in Tunisia. pervade la comunità italiana di Tunisia. In cambio della sua neutralità in merito al- L’eco che gli accordi Laval-Mussolini (7 le mire italiane sull’Abissinia (condizione gennaio 1935)1 ebbe sull’opinione pubbli- ovviamente mai ufficialmente formalizza- ca degli italiani residenti in quel protettora- ta)3, la Francia avrebbe tratto tutti i bene- to francese, per quanto riguardava la loro fici dall’indubbio potenziamento dei traffi- condizione giuridica, lungi dal rasserenare ci della fondamentale linea ferroviaria che gli animi, per i tratti di ambiguità di ciò che dal porto di Gibuti portava ad Addis Abe- fu ratificato ufficialmente e di ciò che fu la- ba, l’unica moderna via di trasporto del- sciato intendere, contribuì a radicalizzare l’intera Africa Orientale; di contro, nasce- gli orientamenti rivendicazionisti di gran va una implicita intesa di cooperazione fra parte della comunità italiana di Tunisia; so- i due paesi nel caso che l’indipendenza del- prattutto di quella classe egemone forma- l’Austria fosse stata messa in pericolo dal tasi dopo duri anni di lavoro nelle princi- neonato, eppur già temibile, Terzo Reich. pali città di questa parte del Maghreb. Accordi suggellati dall’inequivocabile pro- Eppure il Ministro degli Esteri della tocollo fra il comandante in capo del- Repubblica di Francia Pierre Laval e il Pri- l’Armée, il generale Maurice Gamelein, e la mo Ministro del Regno d’Italia Benito più alta carica del Regio Esercito Italiano, Mussolini, che si intendevano alla perfezio- il maresciallo Pietro Badoglio4. ne come mai in precedenza era avvenuto Nello scenario inquieto della metà de- fra due esponenti di governo dei rispettivi gli anni Trenta, con un’Europa appena paesi (Laval e Mussolini furono accomuna- uscita dai contraccolpi della “crisi del ‘29” ti persino nella sorte; infatti sarebbero sta- e agitata da una doppia trama di accordi ti fucilati nello stesso anno, il 1945, ed en- (quelli ufficiali, quasi sempre fallimentari, trambi a causa della dissennata politica fi- della Lega delle Nazioni e gli altri diretta- lo-nazista)2, relativamente a quell’area del mente intrapresi da singole nazioni, come nord Africa avevano concordato risoluzio- quelli contro Hitler fra Francia e Italia, ma ni vantaggiose per l’Italia. Riconoscendo anche come quelli antisovietici tra Regno (anche se tardivamente) l’ingiustizia per il Unito e Germania e quelli contro quest’ul- trattamento subito dall’Italia con il trattato tima fra Francia e Unione Sovietica), la di Versailles, nonostante fosse stata una piccola realtà della comunità italiana di delle nazioni vincitrici della Prima Guerra Tunisia si trovò, di colpo, al centro di at- Mondiale, la Francia cedeva alla colonia tenzioni precedentemente impensabili. italiana della Libia centoquattordicimila Soggetti, fino ad allora, ad una “situa- chilometri quadrati di territorio sahariano tion juridique dèfavorable”5, gli italiani di
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA Tunisia, dopo decenni di controllata sop- edilizio della città dentro le mura era un fe- portazione, o di civili rimostranze, nei con- nomeno alquanto tangibile, e per certi ver- fronti di una condizione sensibilmente di- si caratterizzante, di quella svolta neorina- scriminatoria da parte delle autorità del scimentale, a volte subliminale altrimenti protettorato francese, avevano preso co- palese, che andava riconfigurando parti scienza del loro ruolo fondamentale nel dell’antico tessuto urbano. Nonostante a processo di modernizzazione e di progres- Tunisi, anche sulla scorta di significative so economico del paese6. Soprattutto nella iniziative della Reggenza precedenti all’oc- capitale, Tunisi, la comunità italiana era cupazione francese, fosse stato avviato con particolarmente consistente; anche se nel decisione e impegno quel processo di mo- 1881, all’inizio del protettorato francese, dernizzazione che negli oltre tre decenni non arrivava a contare gli 11.579 individui compresi fra il 1881 e l’inizio della Prima di nascita o di lingua italiana presenti ad Guerra Mondiale la porteranno a figurare Alessandria d’Egitto (nella quale la colonia come una delle più evolute città del nord di europei più consistente rimaneva quella Africa, ancora nel 1908 la pregevole guida formata dai 18.688 greci che tuttavia, co- edita da H. Laurens di Parigi, e redatta da me nel caso di quella degli 8.215 francesi, Henri Saladin (stimato architetto e autore- a differenza della comunità degli italiani vole membro della Commission Archéolo- era in sensibile decremento rispetto ai dati gique de l’Afrique du nord) con il titolo Tu- del 1873)7, essa era e sarebbe rimasta an- nis et Kairouan, mostra una Tunisi ferma che nei successivi sessant’anni la maggiore nel tempo, quasi magica e al tempo stesso presenza di europei in questa parte del stereotipata. A meno di una veduta dell’a- Maghreb. Nella sola Tunisi alle soglie del- venue de la Marine, poi divenuta l’ariosa la Prima Guerra Mondiale i rapporti fra i avenue Jules Ferry (e oggi ribattezzata ave- vari nuclei di abitanti erano considerevol- nue Habib Bourguiba), oramai con en- mente mutati dall’inizio del Novecento, trambi i fronti edificati con eleganti quan- quando un terzo dei suoi centocinquanta- to monocordi palazzine (prevalentemente mila abitanti era formato da europei (di sostituite dopo il primo decennio del XX nascita o di origine) che per più della metà secolo da più prestigiosi immeubles), della erano italiani8; ora gli europei incidevano storicista Cattedrale di Carthage e dell’e- addirittura per il 42% (sempre con la pre- clettismo “orientalista” della Sala del Tro- valenza degli italiani), i tunisini per il 43% no nel Palazzo del Bardo (residenza uffi- e gli ebrei per il 15%9. ciale del bey) le altre illustrazioni mostrano Ancor prima che il “quartiere france- i principali monumenti della cultura isla- se” di Tunisi assumesse la configurazione a mica, qualche antichità o collezione ar- scacchiera imposta dai tecnici del Genio cheologica, i vari Souk, scorci “pittore- Militare dell’Esercito Francese sulla piatta schi” della Medina e abitanti in abbiglia- fascia costiera che separava, ad oriente, la menti tradizionali o intenti a svolgere atti- Medina e i suoi due storici quartieri di am- vità artigianali o commerciali storiche (do- pliamento (verso nord il Rebat Bab-El- cumentati, verosimilmente, con fotografie Souika e verso sud-ovest il Rebat Bab-Ed- di repertorio ben più antiche della data di Djezira) dal Lago di Tunisi, territorio su- edizione della pregevole guida). Poco vie- burbano già solcato dalla scenografica pro- ne detto o mostrato della nuova Tunisi menade con doppia teoria di alberatura al- che, pure, sullo scorcio del primo decen- lora denominata avenue de la Marine, la nio del Novecento aveva conseguito una presenza degli italiani nel rinnovamento certa consistenza. La pianta della città re-
La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese datta da G. Thuillier nel 1903 (allegata al- porti con la società locale, dalle classi po- la guida pubblicata dall’editore Hachette vere fino alla classe egemone gravitante in- di Parigi) mostra che tutti gli isolati che si torno al bey. attestavano sulla avenue de la Marine era- Ma ora l’ipotesi indipendentista dei tu- no oramai edificati, come pure buona par- nisini, perseguita sommessamente nella fa- te di quelli immediatamente retrostanti, se finale della Belle Époque dal movimento anche se è presumibile che sia stato ripro- dei “Giovani Tunisini” (periferica eco del- dotto un assetto della città di qualche anno l’analogo e più incisivo fenomeno turco), prima. Per altri versi va detto che il sistema quindi implicitamente con il partito costi- viario del plan quadrillé (indifferenziata tuzionalista Destour (negli anni fra le due proiezione verso nord e verso sud del pri- guerre mondiali) e infine, dopo la repres- mo tracciato ortogonale impostato sulla sione francese della fine del primo quarto avenue de la Marine con la profondità di del secolo, dichiaratamente con la rifonda- soli due isolati per lato, documentato dalla zione del partito, proprio alla metà degli pianta del 1893 di H. Le François) risulta, anni Trenta del Novecento, sotto l’etichet- a quell’epoca, interamente tracciato, con le ta Neo-Destour e con la guida sapiente di denominazioni delle strade principali ed Habib Bourguiba (le cui idee e le persecu- esteso da un lato fino al Parc du Belvedere zioni giudiziarie cui fu sottoposto vennero (impiantato nel 1896) e dall’altro fino al poi strumentalizzate dal regime fascista, Cimitero di Sidi-bel-Hassen. senza però i risultati sperati di adesione al- Nel 1906 il Plan de la ville de Tunis et la causa dell’Asse), scuoteva fin dalle basi il de ses environs, certamente il documento delicato equilibrio e la tardiva politica del cartografico più attendibile e ricercato del- consenso avviati dall’autorità francese; un la città e del suo territorio prodotto fino ad nuovo corso che tuttavia si dimostrava per- allora, dà il polso della rapidità del proces- cepibile più su un piano formale (e la re- so di edificazione della Ville Neuve; ora- pentina svolta “arabisances” nelle architet- mai, superata la fase di accaparramento dei ture istituzionali, eclettiche e Art Nouveau lotti più appetibili, iniziava quel processo dei primi anni del XX secolo ne costituisce di edificazione a “macchia di leopardo” un’inoppugnabile prova) che sostanziale. che nel giro di trent’anni avrebbe saturato In pochi decenni si era formata una ve- il tracciato dell’ampliamento (in seguito ra e propria società di italiani, che non sol- ulteriormente incrementato grazie a loca- tanto aveva il primato in alcuni settori pro- lizzati interventi di colmata del Lago di Tu- duttivi (quali la pesca, l’edilizia e la finitu- nisi, in aree ai lati del porto e quindi del- ra decorativa delle architetture, l’estrazio- l’imbocco del Chenal Maritime che attra- ne di minerali, l’ebanisteria) ma anche nel- versando il lago porta a La Goulette)10. le professioni (soprattutto in campo medi- La politica delle locali autorità francesi co) e nelle attività imprenditoriali (indu- nei primi cinquant’anni dall’istituzione del stria edilizia, cantieristica, industria di tra- protettorato si era dovuta barcamenare fra sformazione alimentare, commercio, edi- l’ambiente della corte dei bey (nonostante toria)11, mentre in campo ospedaliero le tutto regnanti nominali) e la consistente e, iniziative italiane rimanevano praticamen- in taluni casi, ingombrante “collectivité ita- te insuperate nonostante i tentativi delle lienne” che a differenza di quella francese municipalità, tutte rette dai francesi, di (tutto sommato considerata occupante e promuovere interventi nel settore sanitario non immigrata) fin dalla sua embrionale che, però, a Tunisi non raggiunsero mai i formazione aveva instaurato ottimi rap- livelli conseguiti in altri ambiti (primo fra
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA tutti quello dell’istruzione, nel quale però a questi programmi di rivendicazioni terri- la concorrenza italiana si era dimostrata al- toriali, promossa con intenti propedeutici trettanto agguerrita). Soffiando su questa dal regime fascista (che strumentalmente realtà il fascismo tentò, con successo, di far faceva leva sullo stato di malessere per l’ef- leva sul desiderio di questa solidale società fettiva condizione sfavorevole degli italiani di italiani all’estero di sentirsi legittimata all’estero), un ruolo fondamentale ebbe nella sua oramai secolare presenza, inizial- l’attività editoriale, sia pubblicistica che mente pionieristica, in questa parte della scientifica, mirata a suscitare in primo luo- costa nord africana, con la quale sardi, si- go il consenso delle comunità italiane (ri- ciliani e maltesi avevano sempre mantenu- siedenti nelle regioni mediterranee conte- to contatti anche nei travagliati periodi di state alla Francia) ma anche ad accendere ostilità marinare fra mondo cristiano e l’interesse nei loro confronti da parte della mondo musulmano. popolazione metropolitana. Fra i docu- È in questa fase di rivendicazionismo menti più significativi di questa strategia, dell’Italia fascista nei confronti di alcune abile ad avocarsi inoppugnabili studi non risolte questioni con i vicini francesi scientifici, valga per tutti la monumentale che viene rispolverato “l’affare” della Tu- pubblicazione dell’Atlante Linguistico Et- nisia, già occasione di un pesante contrasto nografico Italiano della Corsica, curato da diplomatico fra le due nazioni europee Gino Bottiglioni, corredato da pregevoli quando nel 1881 la Francia aveva occupa- disegni di Dino Colucci e di Francesco to, senza accettabili motivazioni, il paese Giammari ed edito nel 1933 in una raffina- nord africano nel quale era già presente ta veste grafica promossa dalla Regia Uni- una cospicua comunità di italiani12. La Tu- versità di Cagliari (opportunamente indivi- nisia (considerata, dunque, dall’opinione duata, verosimilmente, come la più idonea pubblica italiana dell’epoca come un paese nell’ottica di un “riavvicinamento” all’Ita- nel quale si era consumata, ad opera della lia dell’isola); un lavoro scientifico di asso- Francia, un’usurpazione di ruolo e di con- luto pregio ed attendibilità, ma la cui for- dizioni favorevoli per i cittadini italiani re- ma di diffusione con un gravoso impegno sidenti), come del resto la Corsica, la Sa- editoriale assolutamente sbilanciato per la voia e Nizza con il suo territorio, era una reale ricaduta commerciale dell’opera è delle aree con forte presenza italiana sotto esemplificativa di un’offensiva propagan- controllo francese. Questi territori, appena distica a largo raggio che oramai non bada- deterioratisi i rapporti con gli ex alleati va più a spese. della Prima Guerra Mondiale, sarebbero In Tunisia, il regime poteva contare su assurti ad obiettivo primario dei program- un’azione capillare di informazione e per- mi espansionisti dell’Italia fascista ai danni suasione direttamente condotta da un nu- della Francia (come sarebbero stati a dan- cleo di residenti influenti che, ribaltando il no del Regno Unito la restituzione di Mal- tradizionale orientamento internazionali- ta e, di lì a qualche anno, la cessione di sta della locale classe più elevata di italiani parte del Sudan nell’ottica, rispettivamen- (originariamente formata da professionisti te, di un rilancio del mito imperiale roma- ed intellettuali in gran parte esuli risorgi- no del “mare nostrum” e dell’aspirazione a mentali), aveva fatto proprie le istanze di collegare la colonia della Libia con gli ora- italianità e di nuovo ordinamento sociale mai vasti possedimenti d’Africa Orientale del fascismo. Strumento fondamentale del- Italiana). Nell’ambito della ramificata e ca- la propaganda di regime si sarebbe rileva- pillare azione propagandistica di supporto to il periodico «Italiani di Tunisia». Pub-
La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese blicato a Tunisi a partire dal 1934, questo pellate “tunisine” dai redattori del quindi- quindicinale, dalla grafica per certi versi ri- cinale, dimostrando che la comunità tene- cercata e votato ad una azione di autostima va tanto all’origine italiana quanto alla sua della comunità italiana, si inserisce come riconoscibilità quale collettività di primo variante corporativa e dopolavoristica nel- piano della “nuova patria” di adozione. la tradizione della locale stampa in lingua Sostenuto da un gruppo di benestanti italiana che vantava innumerevoli testate, capitanati dall’industriale e proprietario alcune delle quali particolarmente attive e terriero Carmelo Canino (nato a Trapani durature come «L’Unione», quotidiano nel 1893), il periodico «Italiani di Tunisia» stampato fin dai primi anni del protettora- (originariamente inaugurato come organo to, e come «Il Lavoratore Italiano in Tuni- dell’Opera Nazionale Dopolavoro) si oc- sia», «L’Amico del Popolo», «Il minatore», cupa anche di propagandare le iniziative «Il Viticultore», «L’Italiano di Tunisi», «Il istituzionali promosse dalla e per la comu- Pungolo», «Il Corriere di Tunisi», «Il nità. Sedicente erede dell’allora ancora in Giorno – Periodico Liberale Indipenden- auge testata «L’Unione», il periodico di te», «La Voce dell’Operaio», «La Voce del Canino, oltre alle informazioni di politica e Muratore», «Simpaticoni!» (uno dei più a quelle relative alle attività e alle iniziative seguiti tra i tanti ed effimeri periodici, della comunità italiana, nel settore cultura- umoristici e “pupazzettati”, dialettali che le passa agevolmente dagli articoli sulle per buona misura erano in siciliano)13. Fra manifestazioni musicali a quelli di taglio il 1935 e il 1936 «Italiani di Tunisia» so- letterario e a quelli sulle mostre di artisti sterrà con impegno la formazione dell’im- d’avanguardia; ma c’è spazio anche per pero coloniale italiano in Africa orientale, pittori tradizionalisti, come nel caso delle dedicandovi anche diverse copertine e tan- ben pubblicizzate personali di un pittore ti articoli (corredati da eloquenti fotogra- passatista (anche se stimato ritrattista) co- fie); è in questo programma, finalizzato an- me Alessandro Abate. Veterano del tardo che a rinvigorire il sentimento patriottico Liberty siciliano, anche se con limitati me- della comunità, che rientrano espressioni riti, Abate è una presenza ricorrente nella di comunicazione propagandistica come la Tunisi degli anni Trenta che poteva conta- copertina del numero 8 del 1936 dedicata re su un’apprezzabile classe intellettuale ad un gruppo di “Legionari Tunisini” (cioè internazionalista, ma dove era anche possi- a quei reparti di volontari della comunità bile ritagliarsi un settore di pubblico “re- italiana di Tunisia che andarono a militare trò” più disponibile al suo verismo di ritor- in formazioni specifiche sul fronte somalo no di quanto non fosse quello della nativa durante la guerra di occupazione dell’A- Catania14. Solitamente, comunque, l’atten- bissinia) immortalati in bellicoso atteggia- zione è rivolta ad eventi culturali di un cer- mento di conquista. Ed è significativo che to livello fra cui risaltano: l’esposizione queste formazioni, così come quelle dei dell’estate 1937, presso la sede della So- “Giovani Italiani” ospitati nelle colonie cietà Dante Alighieri, intitolata Artigianato marine sulle coste italiane (nel quadro del- italiano in Tunisia, in cui il magico primiti- la efficiente azione sociale ludico-educati- vismo degli oggetti esposti, fra surreale e va promossa dal regime e rilanciata anche astrazione arcaista, era fin troppo eviden- per le comunità al di fuori dell’Italia dal temente partecipe dell’intellettualistico Ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano) e vento favorevole ad un folklore elitario, su- provenienti dai nuclei di connazionali di scitato otto anni prima dall’apertura in via questa parte del Maghreb, venissero ap- Veneto a Roma dell’emporio Fiamma del
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA Sud (voluto dall’Associazione per le Arti nità votata alla ricerca di una impervia le- Minori del Mezzogiorno d’Italia e arredato gittimazione. Inoltre il vertice di questa co- con sofisticato gusto novecentista-déco da munità, soprattutto negli anni Trenta inol- Bruno Lapadula)15; la mostra del pittore trati, con l’adesione (per certi versi emoti- Ugo Lucerni (nativo di Reggio Emilia ma va) al fascismo non poteva che essere guar- da anni residente in Tunisia)16, nella cui ar- dingo nei confronti di questa élite (an- ticolata produzione c’era posto anche per ch’essa formata in prevalenza da livornesi astratte stilizzazioni grafiche di soggetti e da siciliani, di nascita o di origine) per maghrebini estranei però a qualsiasi remo- buona misura in odore di orientamenti po- ra vernacolare; infine, le varie edizioni an- litici considerati sovversivi (non va dimen- nuali della Mostra dell’Artigianato e della ticata, nell’avanzata seconda metà degli an- Mostra dell’Arte Giovanile sempre allestite ni Trenta, l’eco dell’antisemitismo di regi- nella sede della Dante Alighieri (fra queste me che avrebbe riguardato non pochi di proprio le ultime manifestazioni prima questi pittori). Eppure non si trattò di una della guerra, furono oggetto di notevole categoria di artisti disgregata, periferica e interesse e di due significativi articoli, fir- generalmente apertamente frondista: alcu- mati da Romano Bajocchi, nel numero 7 ni operarono in solitudine come Stella Li- del luglio-agosto 1939). scia; altri, come Levy Moses, instaurarono Non sempre i pittori e gli scultori della isolatamente fecondi scambi internazionali comunità italiana destano, però, l’interesse (anche se sempre divisi fra Italia e Tunisia); della pubblicistica locale. Le autorità di- altri ancora, per quanto giovanissimi come plomatiche italiane mantengono, in realtà, Antonio Corpora (problematico indagato- un atteggiamento di consapevole sostegno re di formule estetiche esistenziali) e Mau- nei confronti dei pittori della comunità, a rizio Valenzi (che progressivamente tende- prescindere dalla tendenza artistica. Gra- va ad assegnare sempre più valore sociale zie anche a personalità di larghe vedute, alle espressioni artistiche e che fu tra i più come il Vice Console Canino, la galleria perseguitati, per la sua militanza comuni- della Dante Alighieri è sempre disponibile sta, anche dalla polizia francese soprattut- per mostre e dibattiti, in un clima di aper- to durante la repubblica di Vichy), hanno tura davvero singolare per l’epoca (cui non un ruolo per certi versi catalizzante nel- è estranea la condotta solitamente più libe- l’ambiente artistico tunisino. Corpora, cui rale del Ministero degli Esteri). Tuttavia la forse si deve l’idea del Groupe des Quatre, svolta del regime fascista, successiva alla agisce sovente in sodalizio con Boucherle, vittoria in Africa orientale e all’inizio delle con Gallico, con Lellouche, con Levy e attività belliche in Spagna, segna un gene- con Ronco oltre che con Valenzi, ma sarà rale giro di vite al quale non si può sottrar- un punto di riferimento anche per altri, sia re nemmeno il Consolato di Tunisi. italiani e che francesi. Sia Corpora che Va- Per altri versi va detto che gli artisti più lenzi riescono a coniugare felicemente ten- avvertiti e più sensibili alle ricerche delle denze come il cubismo e il surrealismo con avanguardie europee, pur essendosi assi- le proprie formazioni artistiche locali17; curati una certa visibilità con le partecipa- una condizione, quest’ultima, cui non è zioni al Salon Tunisien o ad importanti mo- estraneo il confronto continuo, a distanza stre in Italia e in Francia, erano pur sempre e non, con gli ambienti intellettuali di considerati un’espressione di “nicchia”, Francia e Italia. Loro frequenti interlocu- forse perché risultavano troppo intellet- tori furono, infatti, Carlo Belli, Andrè tuali nel pragmatico mondo di una comu- Bloc, Massimo Bontempelli, Giuseppe Ca-
La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese pogrossi, Paul Éluard, Pericle Fazzini, En- me quella particolarmente riuscita della rico Falqui, Lucio Fontana, Franco Genti- Festa di bandiere italiane a Tunisi del 18 di- lini, Gino Ghiringhelli, Renato Guttuso, cembre 193520, già denominata “Giornata Carlo Levi, Osvaldo Lucini, Mario Mafai, della Fede” e rilanciata in quell’occasione Adriana Pincherle, Fausto Pirandello, a scopo dimostrativo, in opposizione alle Mauro Reggiani, Attanasio Soldati, Tristan misure sanzioniste volute principalmente Tzara, Elio Vittorini, André Wurmser18. da alcuni dei più importanti ex alleati del- A meno di ritrattisti o di pittori ufficia- la Prima Guerra Mondiale contrari all’in- li come Oreste Amadio o come Giuseppe vasione dell’Abissinia. Aprea, gli altri principali artisti italiani at- I servizi giornalistici dei cronisti e dei tivi in Tunisia fra le due guerre (Erina Al- redattori di «Italiani di Tunisia» sulle atti- manza, Filippo Antonucci, Emanuele Boc- vità distintive della comunità contribuiro- chieri, Matteo Casalonga, Leontina De no in maniera determinante, nel rilanciare Matteis, Antonio Galia, Casimiro Longo- la problematica dell’identità e dell’orgo- bardi, Edoardo Lumbroso, Girolamo Ni- glio delle origini, a frenare quel processo cosia, Salvatore Palumbo, Nullo Pasotti, di naturalizzazione indotta che le autorità Amedeo Ruggiero, Giuseppe Santangelo, francesi tentavano con tutti i mezzi di af- Vito Stracquadini, Filippo Suppa, Frida fermare, nella malcelata intenzione di as- Uzan, Ferdinando Vaschetti) si dimostra- sorbire almeno gran parte della comunità; no anche sensibili interpreti, chi in manie- processo che, per altri versi, Mussolini cer- ra totalizzante e chi con sporadiche sorti- cava di vanificare con ogni mezzo, ricor- te, delle “atmosfere tunisine” anche se ri- rendo anche all’azione di insospettabili in- visitate secondo le diverse angolazioni del- filtrati. È anche per questo che l’offerta le singole culture figurative di appartenen- giornalistica copriva molteplici interessi: za (dal novecentismo alla metafisica, dal dagli articoli retrospettivi sul ruolo della tardo impressionismo al surrealismo, dal testata «L’Unione» e del locale giornalismo futurismo allo spiritualismo, dal cubismo italiano (tenuto a battesimo dalla forte per- al fauvismo). sonalità intellettuale di Cesare Fabbri Nell’ampio ventaglio di argomenti trat- quando, con la prima fase dell’occupazio- tati dalla redazione di «Italiani di Tunisia» ne francese, la colonia italiana conobbe non mancano articoli sulla demopsicolo- una delle sue peggiori stagioni) a quelli, in gia19, altri di carattere mondano (come la tante puntate, sulla storia delle strutture partecipazione di alcuni fra i componenti ospedaliere italiane in Tunisia e sulla rela- più in vista della collectivité alle crociere tiva classe medica (motivo di vanto e orgo- dei transatlantici di lusso della oramai po- glio per l’intera collettività) a quelli sulle fi- derosa flotta mercantile italiana, quasi tut- gure di imprenditori (con una certa atten- ti realizzati dalla cantieristica ligure e arre- zione per i costruttori), di musicisti, di dati e decorati dal mobilificio palermitano cantanti lirici, di attori di prosa, di proget- Ducrot), altri ancora a sfondo sociale (in tisti e artisti, oltre che sulle tante iniziative difesa dei diritti dei lavoratori italiani) o di della Società Dante Alighieri. Un ruolo im- esplicito propagandismo di regime: dai portante ebbero anche articoli mirati come servizi, ricchi di corredo fotografico, sulle quelli su La “Città dei poeti” a Mont- coreografiche adunate ginniche della loca- fleury21, su La Scuola Montessori “G. Gari- le “Gioventù Italiana” a quelli, altrettanto baldi” di Tunisi22, su La Scuola “Umberto I” documentati, sulle adesioni corali ad ap- di Tunisi23, su La Scuola “Principe di Napo- puntamenti di verifica del patriottismo co- li” di Tunisi24, sul Dopolavoro di Hammam-
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA Lif25, su L’inaugurazione della “Casa degli all’immeuble Enicar in avenue de Londres Italiani” al Khanguet26, rivelatori non sol- di René Audineau, sono accreditate sia il tanto della volontà di pubblicizzare l’atti- complesso detto “Cité des Poétes” che la vismo sociale dei vertici della comunità ita- sede della Società Dante Alighieri, en- liana (e quindi l’alto livello d’intesa con le trambe opere di tenore classicista di Mario preposte istituzioni nazionali) ma anche di Vito Giglio, ritenute però anch’esse rap- un affinato aggiornamento critico nei con- presentative dell’identità “italica” in quan- fronti del più avanzato “sentire” novecen- to revisioni “moderne” di formulari con- tista, con alquanti sorprendenti azzardi di solidati e non intemperanti mascheramen- giudizio positivi sul nuovo corso dell’ar- ti fitomorfi. Critiche, infatti, vengono ri- chitettura razionalista. È in questo conte- volte alla locale produzione architettonica sto che va inserita la pubblicazione nel nu- della Belle Èpoque, tanto quella eclettico- mero 8 dell’agosto 1938 (quarta annata del storicista di matrice nordica (che ha periodico) del saggio firmato da Pier Ma- un’apprezzabile fioritura a Biserta) quanto ria Bardi sulla Casa del Fascio a Como di quella Art Nouveau con le sue “Case gial- Giuseppe Terragni. L’orientamento reda- lo cromo, cariche di balconi di stile florea- zionale di «Italiani di Tunisia» in materia le, che sembrano scappati dalle mani di un di architettura, arte e arredamento è, dun- pasticcere”, con implicito riferimento al fi- que, proiettato verso l’affermazione di una lone influenzato da Jean-Emile Resplandy. modernità con la quale identificare il “ge- Era stato proprio l’elegante quanto evane- nio italico”. Così, particolarmente ricor- scente formulario stilistico di questo archi- renti sono le notizie sulle sedi d’uso collet- tetto, forse il migliore interprete dell’Art tivo degli italiani, soprattutto su quelle rea- Nouveau nel Maghreb, ad essere tanto lizzate negli anni Trenta, per attività ludi- emulato dai locali costruttori e decoratori che, ospedaliere, educative o del tempo li- italiani all’inizio del secolo, quando le re- bero a sottolineare la componente “mo- strittive misure nei confronti delle attività derna”, elegantemente autarchica e ogget- professionali e artigianali della comunità tivamente mediterranea, dominante le re- italiana spingevano gli operatori dell’edili- lative architetture. zia ad adottare il più possibile modi for- Nei suoi tanti articoli e rubriche sul- mali e repertori stilistici francesi. Ora gli l’architettura e sull’arte, «Italiani di Tuni- italiani dominavano la scena edilizia della sia» si fa anche promotore della diffusione Tunisi moderna che andava crescendo nei di un gusto “mediterraneo”, una sorta di settori urbani a scacchiera tracciati ai lati inconfessata o inconsapevole oggettività dell’avenue Jules Ferry: non solo non sen- riconosciuta come la vera espressione con- tivano più l’esigenza di mimetizzarsi (cosa sona a quell’ambiente, in contrapposizio- che peraltro non avevano fatto nei primi ne agli eccessi decorativi precedentemente vent’anni del protettorato) ma cercavano praticati dai costruttori della nuova Tunisi propri formulari all’interno della lunga francese. Esemplificativo di questo orien- stagione déco tunisina, tuttavia ugualmen- tamento è l’articolo, firmato “Il Negro- te debitrice dei repertori alla moda france- mante”, che compare nel numero 16 del si (soprattutto di quelli delle aree meridio- 15 ottobre 1935 con un corredo fotografi- nali della Francia). Non si trattava più di co di confronti fra architetture passatiste e erigere bloccati edifici da pigione, appena innovative di Tunisi; anche se fra queste riscattati da sapienti strumentazioni for- ultime, oltre al complesso Le Colisée in mali (e sovente alquanto effimeri quanto a avenue Bourguiba di Salvatore Aghilone e finiture interne), in ossequio al puro eser-
La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese cizio della rendita. I progettisti, i costrut- alla comunità), più propriamente latina tori e i decoratori italiani pretendevano di mentre la patria d’origine si avviava dram- proporsi come autori di nuovi modi for- maticamente verso la catastrofe, comin- mali e compositivi, esattamente come la ciando proprio con l’esaltazione per la parte più fortunata della loro comunità, “mistica” della resistenza autarchica. che si sentiva oramai propositiva di nuovi Ultimata nel 1937, la villa Zirah, una modelli comportamentali e portatrice di delle poche opere di Ruota di cui si può fa- un nuovo stile di vita. re menzione, si faceva notare nel contesto Nel 1936 la realizzazione di una sofisti- signorile e rarefatto del prolungamento cata, per quanto contenuta, residenza uni- della avenue de Paris (oggi avenue de la familiare come la villa Zirah ad opera del- Liberté) essenzialmente in virtù dell’e- l’architetto Giovanni Ruota è uno dei se- spressivo contrasto della euritmica modu- gnali rivelatori del nuovo spazio assicura- lazione del prospetto, sia con la fascia-da- tosi, nella rinnovata città di Tunisi della vanzale continua, segnata da pseudo astrà- metà degli anni Trenta, dalla compagine gali a dente di sega, sia con l’avancorpo ec- degli italiani. Appena un anno prima, la re- centrico semicircolare (dalla prima dina- dazione di «Italiani di Tunisia» si concede- micamente guarnito) sormontato da per- va per la prima volta una “vacanza” di im- gola a traverse radiali; un tema, quello del- magine, abbandonando i consueti reperto- la pergola, assurto già da alcuni anni a no- ri da mitologia del regime fascista, quali i ta distintiva di non poche architetture rea- giovani balilla, i lavoratori solidali e fieri, le lizzate da progettisti e costruttori della co- adunate oceaniche, i ritratti del Duce nelle munità italiana. Autore anche della vicina varie stagioni della sua vita o, infine, le di- villa Disegni, Ruota27, che l’anno prima verse metafore della virtù operaia. Infatti aveva portato a compimento la costruzione nella copertina del numero 10 del luglio di un considerevole palazzo da pigione an- 1935 compare un’immagine piacevole e cora connotato da una facies déco compro- leggera, lontana da ansie di autostima e da missoria al n. 22 di rue d’Algérie (la Mai- livori etici: due vezzose signorine elegante- son Tabone, anch’essa coronata da pergo- mente abbigliate da passeggio (con eviden- la), segna con la villa Zirah un’altra fonda- te riferimento più al tipo di giovane e pro- mentale meta della produzione edilizia cace bellezza muliebre disegnato con mali- verso il raggiungimento di quella “moder- zioso e solare edonismo da Boccasile che nità” tanto auspicata sulle pagine di «Ita- non ai ricercati canoni parigini della sedu- liani di Tunisia». zione haute couture o della sensualità an- In quel periodo, i cittadini italiani cen- drogina allora di moda) assumono con ci- siti nell’intero protettorato francese tunisi- vettuolo garbo, appena celato dalle tese in- no risultano ben novantaquattromilatre- clinate dei loro cappellini a falde larghe, i cento (dei quali poco più del 70% di pro- rispettivi coni con gelato. Parte della co- venienza o di origine siciliana) contro gli munità italiana di Tunisia, dopo decenni di appena centottomila francesi e naturalizza- rigore pionieristico, voleva evidentemente ti; una incisiva aliquota di questi ultimi era scrollarsi di dosso l’aura di stoica operosità inoltre costituita proprio da italiani indotti (che nulla poteva concedere al diletto) e a cambiare cittadinanza a causa delle re- dare spazio, una volta tanto, ad una sana strizioni legislative francesi a danno degli vocazione epicurea ritenuta in fin dei con- “stranieri”, nella quasi totalità italiani28. ti, da una aliquota di convinti assertori del Questi risiedevano in massima parte a Tu- bel vivere (che certo non difettava in seno nisi e nella vicina cittadina portuale e di pe-
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA scatori La Goulette (nella quale le condi- di trasformazione e conservazione del pe- zioni di vita erano certamente meno edifi- scato; era un ulteriore passo in avanti ri- canti che a Tunisi, non mancandovi anche spetto al trattato di dieci anni prima che forme di degrado sociale con ampia diffu- “garantì agli italiani la libertà di commer- sione di delinquenza e prostituzione); altre cio e d’industria, così come la possibilità di apprezzabili colonie (composte però da un acquisire beni immobili, terre agricole, massimo di tre o quattromila residenti) si ecc. …; garantiva inoltre il mantenimento erano formate anche a Biserta, a Sousse e a della loro nazionalità d’origine e l’immu- Sfax (centro minerario che richiamava i nità giuridica poiché dipendenti diretta- tanti operai siciliani del settore estrattivo mente dalle Autorità consolari italiane”30. rimasti senza lavoro per il crollo del mono- Questa massiccia immigrazione (richie- polio siciliano dello zolfo), oltre ovviamen- sta quale volano per un impulso economi- te ai molti insediamenti rurali nei dintorni co), si inseriva tutto sommato nell’alveo di di Grombalia (a Khanguet-gare, a Draa una tradizione di quasi mezzo secolo; dagli ben Jouder, a Bordj el-Amri, a Oued el appena seimila italiani presenti in Tunisia Khadra, a Semech) e in molte altre zone in periodo Risorgimentale si passò, così, della penisola di Capo Bon29. Si trattava, in alle trentamila persone negli anni Ottanta realtà, della maggiore comunità di europei, del XIX secolo. I privilegi che, in linea con su un totale di duemilioniottocentomila la svolta progressista impressa alla Reggen- abitanti; di questi, duemilionitrecentotren- za da Khair-ed-Din Pascià e, successiva- taseimila erano di religione islamica, cin- mente, da Muhammad Bayram, avevano quantanovemilacinquecento professavano contribuito alla nascita di una vera comu- la fede ebraica (e fra questi i molti italiani nità italiana articolata in diversi strati so- erano stati fra i primi europei a stabilirsi in ciali con la formazione soprattutto a Tuni- Tunisia nei primi anni della Restaurazione) si di una borghesia delle professioni oltre e i rimanenti, poco più di quattrocentomi- che del commercio e delle attività impren- la, le varie confessioni cristiane con preva- ditoriali, vennero progressivamente rimos- lenza di francesi e italiani, con una signifi- si dalle autorità francesi fra il 1884 e il cativa presenza di maltesi e greci e ridotte 1901 (anche come risposta alla Triplice Al- minoranze di belgi, spagnoli e tedeschi. leanza). Soppresse le giurisdizioni consola- Ben in anticipo rispetto ai vari accordi ri, l’amministrazione francese estese il pro- degli anni Settanta del XIX secolo fra il gramma di limitazioni ad altri ambiti fra bey di Tunisia e il re d’Italia (intese com- cui quello degli appalti pubblici, dai quali merciali guardate già con malcelato sospet- furono escluse le imprese italiane31 a meno to dalla Francia, preoccupata per altri ver- di rarissime eccezioni come il piemontese si anche dal rafforzamento del controllo Giuseppe Rey e il siciliano Giuseppe Di dell’impero ottomano sulla Tripolitania), la Vittorio. Il primo, giunto in Tunisia fin dal presenza di italiani in quest’area del Magh- 1836 a dirigere i lavori di completamento e reb era alquanto consistente e rilevante an- decorazione dell’ampliamento del com- cor prima che nel 1881 il governo di Pari- plesso del Bardo, si afferma come costrut- gi attuasse l’occupazione militare del pae- tore e decoratore di grande prestigio, po- se. Il trattato fra Roma e Tunisi del 1878, nendo le basi per il fenomenale successo infatti, aveva dato il via al trasferimento imprenditoriale del figlio Luigi; il secondo, dall’Italia (e soprattutto dalla Sicilia) di mi- arrivato nel 1882, quando il Genio Milita- gliaia di pescatori e di quasi un centinaio re francese già “escludeva rigorosamente fra piccoli armatori e impresari di attività dagli appalti tutti gli imprenditori stranie-
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La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese ri”, si sarebbe rapidamente imposto per le La considerevole presenza di architetti, sorprendenti capacità organizzative, com- ingegneri, decoratori e costruttori italiani petenze tecniche e competitività economi- in Tunisia nell’arco temporale compreso ca, tanto da assicurarsi cariche e riconosci- fra l’istituzione del protettorato francese, e menti ufficiali come il grado di “Cavaliere lo scoppio della seconda guerra mondiale, – Ufficiale dell’Ordine Equestre del Ni- dunque, è un fenomeno complesso e dalle chan Iftikhar” da parte del bey e la “Cro- molteplici sfaccettature. La comunità ita- ce di Cavaliere della Corona d’Italia” (con- liana, principalmente a Tunisi e in misura feriti anche a G. Rey oltre alla carica di minore nel resto del paese, era già consi- Amin con tanto di alta uniforme per le ce- stente anche prima del protettorato fran- rimonie ufficiali). cese. A parte un primo nucleo di livornesi, I rapporti con i governanti francesi, e molti dei quali di religione ebraica, dediti quindi le condizioni giuridiche dei profes- al commercio e ad attività produttive (nel sionisti e delle imprese della colonia italia- tempo divenute solide imprese come nel na (soprattutto nel settore dell’edilizia), su- caso dello stabilimento tipografico Finzi e biscono un generale miglioramento alla fi- del mobilificio Coen) oltre che alle profes- ne della prima guerra mondiale e dopo gli sioni (fra i tanti risaltano le figure dei me- accordi fra Italia e Francia del 1923; l’usci- dici-chirurghi Giuseppe Passeri e Giaco- ta nel 1915 del Regno d’Italia dalla Tripli- mo Castelnuovo)32, si era stanziata dalla ce Alleanza aveva, infatti, temporaneamen- Sicilia una popolosa comunità di pescato- te abbattuto quei dissapori con il governo ri, agricoltori, artigiani e piccoli armatori della Repubblica Francese che, tra l’altro, (ben due quartieri, uno a Tunisi e l’altro a tanto avevano nuociuto alle esportazioni La Goulette, avevano la denominazione siciliane. Tuttavia si registrerà nuovamente ufficiale di Petite Sicile). Per di più la Tuni- un peggioramento sul finire degli anni sia era stata oggetto di attenzioni da parte Trenta, in relazione all’acuirsi dell’imperia- degli imprenditori italiani, e particolar- lismo del regime fascista (che proprio in mente di quelli attivi in Sicilia, fin dagli an- Tunisia ha una prevedibile eco, nonostante ni Settanta del XIX secolo: Joseph Whi- la tradizionale vocazione progressista degli taker (uno dei più prestigiosi fra gli eredi esponenti più in vista della comunità), che dei pionieri dell’industrializzazione della poi finirà per degenerare, subito dopo il produzione del vino marsala) oltre a cura- 1945, quando una volta restituito dagli al- re i suoi affari svolge nella penisola di Ca- leati anglo-americani alla Francia tutto il po Bon impegnative campagne ornitologi- territorio tunisino, dopo l’occupazione ita- che (attività immortalata da Francesco lo-tedesca del 1942, l’autorità del protetto- Lojacono in un’ariosa pittura ad olio di fi- rato applicherà misure restrittive che cau- ne Ottocento)33; di contro l’industriale e seranno una vera e propria diaspora della armatore Ignazio Florio è solito frequenta- comunità italiana (o un indotto processo re gli ambienti finanziari di Tunisi, impe- minoritario di mimetica omologazione con gno al quale lega battute di caccia e viaggi la componente francofona). Il nuovo corso in compagnia dell’affascinante consorte impresso alla storia del paese dalla corag- Franca Jacona Notarbartolo34 e di una giosa azione indipendentista di Habib corte di conoscenti, fra cui il pittore Etto- Bourguiba comportò anche una ripresa di re De Maria Bergler35. Florio già all’inizio condizioni favorevoli per la comunità ita- del XX secolo è presidente della Banca liana: ma oramai i suoi consolidati equilibri Commerciale Tunisina, della quale i co- erano irreparabilmente compromessi. struttori Giuseppe Di Vittorio e Luigi Rey
ARCHITETTI, INGEGNERI, DECORATORI E COSTRUTTORI ITALIANI IN TUNISIA (figlio di Giuseppe Rey e nato a Tunisi nel che di una generazione di figli degli italia- 1889) sono rispettivamente amministrato- ni immigrati tanto attiva e stimata (talvolta re e vice presidente; inoltre tanto la Navi- persino dalle autorità francesi) che avreb- gazione Generale Italiana, della quale Flo- be finito con il costituire una specifica rio è principale azionista e presidente, classe professionale e imprenditoriale. quanto la sua successiva Compagnia Tirre- Costruttori (che non di rado iniziano la nia per anni si assicurano le rotte commer- propria attività come decoratori) partico- ciali con la Tunisia. Ed è verosimilmente larmente apprezzati e con una posizione di legata a Florio anche la presenza dei pitto- tutto rispetto nel mercato edilizio tunisino ri, attivi a Palermo, Giuseppe Enea e Mi- sono A. Abate, P. Abate, G. Adamo, G. chele Cortegiani (quest’ultimo già collabo- Abita, G. Aghilone, G. Aghugliaro, F. ratore di de Maria per il ciclo pittorico del Aghilone, R. Annino, A. Aquilina, A. Aver- salone degli specchi del Grand Hôtel Villa so, G. Barraco, E. Battaglia, S. Battaglia, Igiea realizzato sulla costa settentrionale di G. Bono, S. Camilleri, C. Canino, G. Cani- Palermo, per volere di Florio, su progetto no, A. Cannamela, G. Casaluce, C. Cirica, di Ernesto Basile). La presenza di questi V. Comandè, S. D’Amico, G. De Gennaro, pittori in Tunisia, come quella di poco suc- M. De Gregorio, L. De Lillo, B. e G. Di cessiva di Pietro De Francisco (anch’egli Vittorio, G. Drago, G. Fata, G. B. Ferran- siciliano ma di respiro più internazionale des, E. Galante, N. Galia, S. Garilli, J. dei primi due)36 si lega ad una tradizione Laudicina, G. Licata, G. e F. Lunetto, G. ottocentesca di artisti italiani quali Luigi Maniscalco, G. Mauro, P. Mirto, S. Molè, Calligaris, Giovanni Andrea Castrogiovan- J. Morana, S. Nolfo, G. Originario, A. Pa- ni, Manlio Cipriani, Gaetano Musso, Lui- ce, N. Piga, G. Provvidenti, G. e L. Rey, A. sa Viola e altri37 attivi, con un certo succes- Sciortino, S. Trovato, N. Vivona, N. Viola, so, in quest’area del Maghreb prima e do- S. Wolinski, C. Zampini, R. Zappulla. Fra po l’istituzione del protettorato francese. i decoratori (cementisti, mosaicisti, model- Cortegiani ed Enea fra le altre cose ese- latori di materiali gessosi, scalpellini e guiranno le decorazioni pittoriche del maestri del ferro battuto) i più stimati era- Theatre Municipal di Tunisi, per il quale e no G. Arculeo, R. Belli, J. Botta, B. Bova, per i limitrofi Casino d’Hiver (detto Le F. Di Cristofalo, S. Figlia, N. Forti, A. Lo Palmarium) e Hôtel Tunisia Palace (tutti Crasto, A. Odorico, F. Piemontese, G. realizzati da Rey) il mobilificio palermita- Santoro, L. Simon, G. Tripoli, G. Vella. È no Ducrot avrebbe curato gran parte del- con queste compagini che operarono i l’arredamento. Un caso tutt’altro che iso- progettisti italiani attivi in Tunisia; sia lato quest’ultimo; la ditta Ducrot, proprio quelli che vi erano nati, e che pertanto vi in quel periodo in rapida espansione, sa- svolsero l’intera attività professionale (co- rebbe stata impegnata anche in seguito me S. Aghilone, B. Barsotti, E. Boccara, G. nella fornitura di arredi per locali pubblici A. Coppola, A. Costantino, V. M. Giglio, tunisini, fra cui il più prestigioso circolo R. Giudice, F. Marcenaro, J Ruota, V. Sil- della città38. via, N. D’Amato, M. De Simoni, G. Ricco- Alla fine del XIX secolo, quando divie- bono), sia quelli che passarono solo una ne particolarmente apprezzabile l’operato parte della loro vita professionale in Tuni- della comunità degli italiani nel settore sia o che vi si recarono occasionalmente o, edilizio (tanto da giustificare la pubblica- ancora, che vi ebbero un circoscritto rap- zione a Tunisi del periodico «La voce del porto di lavoro (come P. P. Ancona, O. muratore»), si era oramai in presenza an- Avera, A. Averso, A. Basile, E. Boccara, A.
La produzione architettonica degli italiani in Tunisia durante il protettorato francese Brignone, O. Cauro, U. Chiarini, S. Desia- mento navale di Alessandria del luglio to, F. Di Fausto, R. Mayda, R. Marchi, J. A. 1882, e tutt’altro che di modi liberali, co- Neri, R. Radicioni, G. A. Sesta Catania, P. me vorrebbe far credere certa storiografia) Taccia, C. Valle, I. Zimbris)39. e lo strapotere dei gruppi finanziari france- Ad onta dell’indubbia qualità della si e belgi nell’edificazione dei nuovi quar- produzione edilizia scaturita da questa tieri degli ampliamenti coloniali delle due compagine e della operosità di questa col- città più importanti, la presenza degli ita- lectivité (oltre che del dinamismo impren- liani era talmente radicata (e precedente ditoriale dei suoi vertici), va detto che fra gli appetiti imperialisti anglo-francesi) da le architetture italiane di Tunisia davvero continuare a incidere sulla nuova forma poche sono quelle in grado di poter regge- urbana del Cairo e, soprattutto, di Ales- re il confronto con le più significative rea- sandria. Progettisti come Pietro Avoscani, lizzazioni messe in opera in altre aree del Antonio Lasciac, Giacomo Alessandro Lo- Mediterraneo (o in territori immediata- ria, Francesco Mancini, Alfonso Manescal- mente vicini ad esso) caratterizzate da con- co, Aldo Marelli, Mario Rossi, Nello Sini- sistenti comunità di italiani. A parte i pos- gallia, Ernesto Verrucci41 e altri potevano sedimenti del Regno d’Italia (Libia, Rodi e contare su una committenza facoltosa e il Dodecanneso, Albania), nei quali la pre- ambiziosa (sia di europei che di egiziani). senza italiana ha ovviamente un altro peso Verrucci, poi, autore tra l’altro di declina- (anche per la massiccia realizzazione di zioni fiabesche degli affannati repertori di opere pubbliche progettate da architetti e Gino Coppedè (in opere come il palazzo ingegneri “titolati”), e le altre città dei do- reale di Muntaza) e creatore di un prezio- mini francesi (rispetto alle quali però la so eclettismo di ritorno (affidato quasi in- realtà italiana di Tunisi non scapita affatto) teramente ad insuperabili maestranze ita- città come Istanbul, Alessandria d’Egitto e liane) per le riforme degli ambienti di rap- il Cairo, tutte con considerevoli comunità presentanza delle residenze reali, non era di italiani e, nel caso della seconda e della solamente l’architetto di fiducia di re terza, interessate dal raggio di azione di Fû’âd I ma con il tempo ne era diventato potenti società finanziarie nazionali, vanta- un consigliere particolare, sovente incari- no architetture ben più impegnative di cato di delicate missioni diplomatiche; un quelle realizzate a Biserta, a Sfax, a Sousse ruolo molto malvisto dal fin troppo vigile e a Tunisi. Certo nel suo splendido declino Alto Commissariato britannico che non l’Impero Ottomano poteva contare sull’o- mancherà di esprimere, senza mezzi termi- pera di personalità come Pietro Montani, ni, la propria ostilità. Ma al di là di casi ec- abile a reinventare la tradizione, come Rai- cezionali come questo e come quello di La- mondo D’Aronco, sensibile interprete di sciac, che possono contare su committenze suggestioni orientali in forme moderniste “eccellenti”, gli architetti, gli ingegneri e i progressivamente astile, o anche come costruttori italiani in Egitto operano ad Giulio Mongeri e Alessandro Valeri, italia- una scala dimensionale del tutto estranea ni d’origine (e il primo anche di formazio- ai loro colleghi di Tunisia; i fabbricati rea- ne), tutti esponenti di rilievo nella rosa dei lizzati per Alessandria e per il Cairo hanno progettisti europei chiamati a costruire un rilevanze volumetriche ben maggiori ed volto di credibile modernità della Sublime anche complessità costruttive, strumenta- Porta40. In Egitto, poi, nonostante il go- zioni formali ed esigenze di rappresentati- verno del protettorato inglese (instaurato vità più impegnative. Potenti gruppi finan- con la forza dopo il rovinoso cannoneggia- ziari italiani, valga per tutti quello delle As-
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