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Il miracolo dell’albero di mango Orchestra della Svizzera italiana Coro della Radiotelevisione svizzera Concerti dell’Auditorio, Lugano 7 gennaio – 30 marzo 2012
INDICE 5 INTRODUZIONE AI CONCERTI AUDITORIO RSI 7 CALENDARIO LUGANO 9 ABBONAMENTI E BIGLIETTI LUGANO 25 SABATO 7 GENNAIO 1 5 OSI 29 VENERDÌ 1 3 GENNAIO 1 7 sotto l’ali dell’aquila bicipite 3 3 VENERDÌ 20 GENNAIO 37 VENERDÌ 27 GENNAIO 1 06 DIREZIONE E STAFF 1 07 CONTATTI 4 3 GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO VENERDÌ 3 FEBBRAIO 47 VENERDÌ 1 0 FEBBRAIO 5 1 VENERDÌ 1 7 FEBBRAIO 55 VENERDÌ 24 FEBBRAIO 59 GIOVEDÌ 1. MARZO VENERDÌ 2 MARZO 6 3 SABATO 3 MARZO 67 DOMENICA 4 MARZO 7 1 VENERDÌ 9 MARZO 75 VENERDÌ 1 6 MARZO 8 1 LUNEDÌ 1 9 MARZO 87 VENERDÌ 23 MARZO 9 1 DOMENICA 25 MARZO 95 GIOVEDÌ 29 MARZO VENERDÌ 30 MARZO TEATRO SOCIALE BELLINZONA 7 1 SABATO 1 0 MARZO STUDIO 2 RSI LUGANO 85 MARTEDÌ 20 MARZO
CHRISTIAN GILARDI RESpONSABILE SETTORE MUSICALE DIpARTIMENTO CULTURA RSI È il 1916 quando Leo perutz pubblica il libro, Il miracolo dell’albero di mango. È il suo secondo romanzo che vedrà la luce a Monaco di Baviera. perutz (1882–1957), scrittore e drammaturgo ceco, naturalizzato austriaco, incarna a tutti gli effetti il suo tempo. È l’uomo che vive il periodo della nascita dell’Impero austro-ungarico, caratterizzato da una società multietnica e dai suoi estesi confini. Il miracolo dell’albero di mango, titolo scelto per questa stagione concertistica, non è un libro legato al mondo della musica, ma rappresenta i primi passi fatti da questo intellettuale che è stato paragonato durante la sua carriera a Fëdor Dostoevskij ed ha avuto rapporti epistolari con grandi del Nove- cento, come Bertold Brecht e Robert Musil. perutz quindi, come molti musicisti, composi- tori e intellettuali, rappresenta quella poliedricità tutta “Mitteleuropea” che troviamo per esempio in Gustav Mahler, Arnold Schoenberg, Béla Bartók e altri ancora. La stagio- ne dei Concerti dell’Auditorio 2012, lo avrete intuito, è dedicata a Vienna e ai paesi danubiani. Rimanendo all’interno dei confini di questa area geografica assai vasta, da una parte potremo ascoltare alcune composizioni scritte espressamente per i reali austri- aci (Ludwig van Beethoven, ouverture di Re Stefano; Haydn, Sinfonia Maria Theresia, Sinfonia La Reine) dall’altra senza continuità temporale alcune tra le più significative esperienze compositive che traggono linfa dalla musica popolare (Bartók, Danze rumene; Ligeti, Romanian Concerto; Enescu, Rapsodia rumena). La complessità e la diversità etnica dei paesi danubiani ha quindi influenzato massiccia- 5 mente la musica, basti pensare agli aspetti timbrici provenienti da un’altra esperienza musicale, quella zigana diffusa oltre i confini dell’Ungheria dopo il 1780. Il cosiddetto Verbunkos, cioè quell’insieme di caratteri “all’ungherese” li ritroveremo in questa stagione in due capolavori (Haydn, Concerto per pianoforte All’ungherese; Liszt, Malédiction). Se il centro nevralgico culturale, politico e burocratico dell’Impero fu Vienna, non va sottovalutato il ruolo che praga ebbe nell’ambito musicale, basti pensare ai successi mozartiani nella città ceca. per sottolineare questa centralità avremo in pro- gramma due composizioni significative di altrettanti compositori cechi (Martinu, ˚ Con- certo per oboe e orchestra; Dvoák, Sinfonia n. 7). per realizzare questo progetto abbiamo chiamato direttori d’orchestra che frequentano abitualmente questo repertorio, solisti capaci di trasmettere enfasi e emozioni a queste pagine e cercato di diversificare le proposte con alcune novità che andrete scoprendo leggendo il programma.
GENNAIO 2012 FEBBRAIO 201 2 MARZO 201 2 Sabato 7 ore 20.30 p. 25 Giovedì 2 ore 19.30 Giovedì 1. e Venerdì 2 ore 20.30 p. 59 Lunedì 19 ore 17.00 p. 81 Solisti e Coro della Radiotelevisione e Venerdì 3 ore 20.30 p. 43 Orchestra della Svizzera italiana Concerto per la Festa del papà svizzera, I Barocchisti Orchestra della Svizzera italiana Solista Fazil Say pianoforte Naqqâra Ensemble Direttore Diego Fasolis Direttore Juraj Valuha Musiche di Mozart Direttore Maurizio Ben Omar Musiche di Caldara Solista Alison Balsom tromba Voce recitante Sonia Bergamasco Musiche di Haydn, Hummel, Schubert Sabato 3 ore 20.30 p. 63 Musiche di Corghi Venerdì 1 3 ore 20.30 p. 29 Faust Quartett Orchestra della Svizzera italiana Venerdì 10 ore 20.30 p. 47 Direttore Vladimir Ashkenazy Martedì 20 ore 10.00-1 3.00 p. 85 Direttore Alexander Lonquich Orchestra della Svizzera italiana Solisti Dimitri Ashkenazy clarinetto, Studio 2 RSI, Lugano Solista Alexander Lonquich pianoforte Direttore Andrés Orozco-Estrada Vovka Ashkenazy pianoforte, Conservatorio della Svizzera italiana Musiche di Beethoven, Haydn Solista Marco Schiavon oboe Ljuba Bergamelli soprano, Lezione di analisi con Azio Corghi ° Musiche di Haydn, Martin u, Musicisti OSI Venerdì 20 ore 20.30 p. 33 Mendelssohn Musiche di Schönberg, Mahler Venerdì 23 ore 20.30 p. 87 Orchestra della Svizzera italiana Orchestra della Svizzera italiana Direttore Andrew Grams Venerdì 17 ore 20.30 p. 51 Domenica 4 ore 17.00 p. 67 Coro della Radiotelevisione svizzera Solista Nemanja Radulovic violino Orchestra della Svizzera italiana Faust Quartett Direttore Enrique Mazzola Musiche di Paganini, Dvoák Direttore Alexander Lonquich Solista Vovka Ashkenazy pianoforte Voce recitante Sonia Bergamasco Solista Alexander Lonquich pianoforte Musiche di Haydn, Mahler, Brahms Musiche di Corghi Venerdì 27 ore 20.30 p. 39 Musiche di Bartók, Haydn, Ligeti Orchestra della Svizzera italiana Venerdì 9 ore 20.30 p. 7 1 Domenica 25 ore 17.00 p. 91 7 Direttore Alain Lombard Venerdì 24 ore 20.30 p. 55 Orchestra della Svizzera italiana Ensemble 900 del Conservatorio Solisti Natasha Korsakova violino, Orchestra di fiati della Svizzera italiana Direttore Howard Griffiths della Svizzera italiana Felix Vogelsang violoncello, Direttore Franco Cesarini Solista Xavier de Maistre arpa Direttore studente del corso di direzione Mariangela Vacatello pianoforte Musiche di Toch, Hidas, Husa Musiche di Haydn, Dohnányi, Voce recitante Claudio Moneta Musiche di Mozart, Beethoven, Debussy Musiche di Corghi Strauss Jr., Enescu Sabato 10 ore 20.45 p. 7 1 Giovedì 29 e Venerdì 30 ore 20.30 p. 95 Teatro Sociale Bellinzona Orchestra della Svizzera italiana Orchestra della Svizzera italiana Direttore Alexander Lonquich Direttore Howard Griffiths Solisti Alexander Lonquich, Solista Xavier de Maistre arpa Cristina Barbuti pianoforte Musiche di Haydn, Dohnányi, Musiche di Liszt, Veress, Beethoven Debussy Venerdì 16 ore 20.30 p. 75 Orchestra della Svizzera italiana Direttore Antonello Manacorda Solista Midori violino Sito web Musiche di Hindemith, Schubert rsi.ch/concertiauditorio Con riserva di modifiche Stampato in novembre 201 1
ABBONAMENTI E BIGLIETTI La prevendita per i nuovi abbonamenti avrà luogo da lunedì 12 a venerdì 16 dicembre alla RSI, Via Canevascini, Lugano, negli orari 9.00-1 1.30/13.30-16.30 oppure telefonando allo 091 803 95 49. Prevendita biglietti da giovedì 22 dicembre in tutti i punti vendita Ticketcorner (uffici postali, Manor, stazioni FFS) e online www.ticketcorner.com. I biglietti saranno pure in vendita alla cassa dell’Auditorio RSI la sera dei concerti dalle 19.00. Il concerto del 19 marzo, fuori abbonamento, è a ingresso gratuito fino a esaurimento posti. per il concerto del 25 marzo, gli abbonati ai Concerti dell’Auditorio possono ritirare il biglietto gratuito non numerato alla cassa dell’Auditorio RSI dalle 16.30 alle 17.15. Abbonamenti Centrali Laterali Abbonamenti Centrali Laterali a 15 concerti a 3 concerti per i Concerti dell’Auditorio 2012 verranno anticipati 3 concerti* al giovedì (2 febbraio, 1. e 29 marzo) con la possibilità di acquistare un mini abbonamento per le tre serate. CHF 450.– 380.– CHF 90.– 75.– Club Rete Due Club Rete Due I biglietti gratuiti destinati ai giovani fino a 18 anni sono disponibili solo alla cassa Amici OSI CHF 370.– 300.– Amici OSI CHF 70.– 55.– dell’Auditorio RSI la sera dei concerti dalle 19.00 (previa disponibilità dei posti in sala). AVS e abbonati CdT CHF 430.– 360.– AVS e abbonati CdT CHF 80.– 65.– Biglietti CHF 35.– 30.– 9 Club Rete Due Amici OSI CHF 25.– 20.– AVS e abbonati CdT CHF 30.– 25.– Studenti (da 19 anni) CHF 5.– Fino a 18 anni biglietto gratuito Media partner Con riserva di modifiche
AUDITORIO STELIO MOLO 1 1 2 2 37 37 38 38 3 3 4 4 39 39 40 40 5 5 6 6 78 78 77 77 41 41 42 42 7 7 8 8 80 80 79 79 43 43 44 44 11 11 0 0 12 12 10 10 9 9 9 9 82 82 81 81 45 45 46 46 12 12 2 2 12 12 11 11 12 12 1 1 84 84 83 83 4 4 16 16 16 16 47 47 48 48 4 4 12 12 3 3 12 12 13 13 14 14 3 3 85 85 86 86 6 6 16 16 16 16 49 49 50 50 6 6 12 12 5 5 0 0 20 20 12 12 15 15 16 16 21 21 5 5 87 87 88 88 8 8 16 16 9 9 16 16 51 51 52 52 17 19 21 23 25 1727 1929 2131 2333 2535 27 3629 3431 3233 3035 28 3626 3424 3222 3020 2818 26 24 22 20 18 8 8 12 12 7 7 2 2 21 21 12 12 21 21 7 7 89 89 90 90 0 0 16 16 1 1 25 25 17 17 53 53 54 54 0 0 12 12 9 9 4 4 21 21 13 13 7 7 21 21 9 9 91 91 92 92 55 57 59 61 63 5565 5767 5969 6171 6373 6575 67 7669 7471 7273 7075 68 7666 7464 7262 7060 6858 6656 64 62 60 58 56 2 2 17 17 3 3 8 8 25 25 17 17 2 2 13 13 25 25 1 1 6 6 21 21 13 13 9 9 21 21 1 1 93 93 94 94 4 4 17 17 5 5 0 0 26 26 17 17 4 4 13 13 26 26 3 3 95 97 99 101 103951059710799109 101 111 103 113 105 115 107 117 109 118 111 116 113 114 115 112 117 110 118 108 116 106 114 104 112 102 110 100 1089810696104 102 100 98 96 11 8 8 21 21 13 13 1 1 21 21 3 3 6 6 17 17 7 7 2 2 26 26 17 17 6 6 13 13 26 26 5 5 0 0 21 21 13 13 3 3 22 22 5 5 8 8 17 17 9 9 137 139 141 143 145 137 147 149 139 141 151 143 153 145 147 155 149 157 151 159 161 153 162 160 155 158 157 156 159 161 154 162 152 160 150 158 148 156 146 154 144 152 142 150 140 148 138 146 144 142 140 138 4 4 26 26 17 17 26 26 7 7 2 2 22 22 5 5 22 22 0 0 17 17 1 1 6 6 26 26 18 18 26 26 9 9 4 4 22 22 7 7 181 183 185 187 189 181 191 183 193 185 195 187 197 189 199 191 193 201 195 203 197 205 207 199 208 206 201 204 203 202 205 207 200 208 198 206 196 204 194 202 192 200 190 198 188 196 186 194 184 192 182 190 188 186 184 182 22 22 3 3 8 8 26 26 26 26 6 6 22 22 9 9 22 22 5 5 0 0 27 27 227 229 231 233 235 227 237 229 239 231 241 233 243 235 245 237 247 239 249 241 251 243 253 245 255 247 256 249 254 251 252 253 250 255 248 256 246 254 244 252 242 250 240 248 238 246 236 244 234 242 232 240 230 238 228 236 234 232 230 228 27 27 1 1 40 40 33 33 2 2 27 27 9 9 27 27 3 3 2 2 34 34 275 277 279 281 283 275 285 277 287 279 289 281 291 283 293 285 295 287 297 289 299 291 301 293 303 295 304 297 302 299 300 301 298 303 296 304 294 302 292 300 290 298 288 296 286 294 284 292 282 290 280 288 278 286 276 284 282 280 278 276 34 34 1 1 8 8 36 36 4 4 34 34 36 36 34 34 7 7 3 3 92 92 39 39 0 0 36 36 6 6 34 34 37 37 1 1 34 34 9 9 5 5 4 4 39 39 2 2 37 37 39 39 34 34 8 8 37 37 3 3 34 34 1 1 7 7 305 307 309 311 313 305 315 317 307 319 309 321 311 323 313 325 315 317 327 319 329 321 331 323 325 333 327 335 329 337 331 338 336 333 334 335 332 337 330 338 328 336 326 334 324 332 322 330 320 328 318 326 316 324 314 322 312 320 310 318 308 316 306 314 312 310 308 306 6 6 39 39 4 4 37 37 39 39 34 34 0 0 37 37 5 5 35 35 3 3 9 9 8 8 39 39 6 6 37 37 39 39 35 35 2 2 37 37 7 7 35 35 5 5 1 1 0 0 39 39 8 8 37 37 40 40 35 35 4 4 37 37 9 9 35 35 7 7 3 3 2 2 40 40 0 0 37 37 40 40 35 35 6 6 38 38 1 1 35 35 9 9 5 5 4 4 40 40 DISPARI DISPARI PARI PARI 2 2 38 38 340 340 35 35 8 8 38 38 3 3 35 35 1 1 7 7 6 6 40 40 4 4 38 38 40 40 0 0 35 35 38 38 5 5 36 36 3 3 9 9 8 8 40 40 6 6 38 38 40 40 2 2 36 36 38 38 7 7 36 36 5 5 1 1 0 0 40 40 8 8 38 38 41 41 4 4 36 36 38 38 9 9 36 36 7 7 3 3 2 2 41 41 0 0 38 38 41 41 6 6 36 36 39 39 1 1 36 36 9 9 5 5 4 4 41 41 BALCONATA BALCONATA BALCONATA BALCONATA 41 41 415 417 419 421 423 415 425 417 427 419 429 421 431 423 433 425 434 427 432 429 430 431 428 433 426 434 424 432 422 430 420 428 418 426 416 424 422 420 418 416 3 3 posti centrali posti laterali
VIOLINI FLAUTI ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA Anthony Flint Spalla Alfred Rutz 1a parte L’Orchestra della Svizzera italiana è una delle 13 formazioni a livello professionale attive Tamás Major Spalla Bruno Grossi 1a parte in Svizzera. Composta da 41 musicisti stabili, è finanziata dal Cantone Ticino e dalla Walter Zagato Sostituto spalla Radiotelevisione svizzera. Dà vita annualmente alle due stagioni musicali di Rete Due Andreas Laake 1a parte OBOI (Concerti d’autunno al palazzo dei Congressi di Lugano e Concerti dell’Auditorio RSI) Hans Liviabella 1a parte Marco Schiavon 1a parte e partecipa regolarmente a Lugano Festival e alle Settimane Musicali di Ascona e Barbara Ciannamea–Monté Rizzi Federico Cicoria 1a parte al progetto Martha Argerich. Si esibisce nei maggiori centri nazionali ed internazionali. Sostituto 1a parte Effettua numerose registrazioni in studio, finalizzate all’emissione radiofonica o alla Maria Cristina Andreae–Ferrarini CLARINETTI produzione discografica. per mantenere e consolidare il proprio impegno con la regione, Chun He Gao Paolo Beltramini 1a parte offre un’ampia serie di concerti rivolti alla popolazione: dai concerti estivi nelle località Cristina Tavazzi–Savoldo Corrado Giuffredi 1a parte più discoste della Svizzera italiana ai concerti per famiglie; dai concerti per le scuole Irina Roukavitsina-Bellisario alle collaborazioni su più fronti con il Conservatorio della Svizzera italiana. Duilio Galfetti FAGOTTI Fabio Arnaboldi Vincent Godel 1a parte LA STORIA Katie Vitalie Alberto Biano 1a parte Denis Monighetti Nata come Orchestra di Radio Monte Ceneri nel 1935 a Lugano, ha contribuito in Piotr Nikiforoff CORNI maniera determinante allo sviluppo musicale del territorio. Ha dato avvio ad importanti Zora Slokar 1a parte Festival a Lugano, Locarno e Ascona fin dagli anni ‘40, ed è stata diretta da grandi VIOLE Georges Alvarez 1a parte personalità musicali quali Ansermet, Stravinskij, Stokowsky, Celibidache, Scherchen. Monica Benda 1a parte Ha collaborato con innumerevoli compositori quali Mascagni, R. Strauss, Honegger, Ivan Vukević 1a parte TROMBE Milhaud, Martin, Hindemith e, in tempi più vicini, Berio, Henze e penderecki. Matthias Müller Sostituto 1a parte Sébastien Galley 1a parte Direttore stabile tra il 1938 ed il 1968 è stato Otmar Nussio, di origini grigionesi, che Aurélie Adolphe Milko Raspanti 1a parte ha dato grande sviluppo all’attività concertistica, aprendola a collaborazioni internazio- 15 Andriy Burko nali. Con Marc Andreae, direttore stabile dal 1969 al 1991, la Radiorchestra ha conso- TIMpANI lidato il proprio ruolo, ampliando la programmazione musicale e promuovendo prime VIOLONCELLI Louis Sauvêtre 1a parte esecuzioni dei maggiori compositori viventi. Taisuke Yamashita 1a parte Nel 1991 l’Orchestra prende il nome attuale e inizia a mettersi in luce a livello internazio- Johann Sebastian Paetsch 1a parte nale, esibendosi nelle più prestigiose sale di città come Vienna, Amsterdam, San pietro- Felix Vogelsang Sostituto 1a parte burgo, parigi, Milano e Salisburgo. Nel 1999 avvia un’intensa collaborazione con Alain Beat Helfenberger Lombard, che dapprima ricopre il ruolo di direttore principale e nel 2005 è nominato direttore onorario. Dal 2008 al 2010 si avvale anche della prestigiosa collaborazione di CONTRABBASSI Mikhail pletnev in qualità di primo direttore ospite. Ermanno Ferrari 1a parte Attualmente l’Orchestra della Svizzera italiana attira a Lugano i grandi nomi del panora- Enrico Fagone 1a parte ma direttoriale e i più celebri solisti del momento, alcuni dei quali sono divenuti ospiti Anton Uhle ricorrenti come Martha Argerich, Alexander Vedernikov e Heinz Holliger. DIRETTORI TITOLARI Alain Lombard dal 2005 direttore onorario 1999–2005 direttore principale Mikhail Pletnev 2008–2010 primo direttore ospite Serge Baudo 1997–2000 primo direttore ospite Nicholas Carthy 1993–1996 direttore stabile Marc Andreae 1969–1991 direttore stabile Otmar Nussio 1938–1968 direttore stabile Leopoldo Casella 1935–1938 direttore stabile
SOTTO L’ALI DELL’AQUILA BICIPITE MARCO BEGHELLI Nella storiografia musicale vive indisturbata una categoria concettuale tanto efficace quanto imprecisa: quella di Impero austro-ungarico appresa da ognuno negli anni della scuola, sotto il cui cappello storico-culturale sarebbe cresciuta gran parte della musica che oggi riempie i cartelloni delle sale da concerto. Se l’immagine di un Impero musi- cale austro-ungarico, con taciute propaggini boeme e morave, funziona perfettamente dal punto di vista estetico, consentendoci di considerare in un sol colpo una moltitudine di compositori che cronologicamente e geograficamente va da Mozart a Liszt a Mahler, la storia politica parla altrimenti, insegnandoci che l’Impero Austro-Ungarico propriamen- te detto nasce soltanto nel 1867 a riformare un precedente Impero Austriaco, come compromesso teso alla parificazione di status fra la monarchia asburgica insediata a Vienna e la nobiltà ungherese in forzata sudditanza. Ma nemmeno la restrizione di como- do dell’etichetta concettuale all’espressione Impero austriaco può risultare opportuna, essendo questo nato soltanto nel 1804 (e dunque ben oltre la morte di Mozart), come contraltare politico alla formazione dell’Impero francese di Napoleone, finendo per accogliere di fatto l’eredità del Sacro Romano Impero, sciolto formalmente nel 1806. Né sarebbe il caso di “risalire per li rami” la storia di quest’ultimo, ché con mille distinguo giungeremmo fino a Carlo Magno. pure quel nome di casa regnante sopra appena accennato, gli Asburgo, che tante imma- gini cinematografiche evoca nelle sue ultime declinazioni storiche – da quelle di Fran- cesco Giuseppe e Sissi, indietro per un secolo fino almeno a Maria Teresa e Giuseppe II: 17 l’epoca dei sovrani illuminati – finisce per stare esageratamente largo rispetto a quanto vorremmo circoscrivere, essendo gli Asburgo legati alla corona imperiale sin dai tempi di Alberto II (1438) e perdendola di fatto proprio nel periodo storico che musicalmente qui ci interessa: per classiche complicazioni ereditarie, nel 1742 la corona passò infatti al bavarese Carlo VII di Wittelsbach, e se ritornò presto a risuonare a palazzo il nome degli Asburgo, fu però con Maria Teresa, a tutti gli effetti Arciduchessa regnante d’Au- stria, ma impossibilitata (per i limiti imposti dalla legge salica alle discendenze femminili) ad accogliere anche la corona imperiale, che venne così assunta nominalmente, se non fattivamente, dal consorte Francesco I Lorena, il Granduca di Toscana, così che da quel momento la dinastia austriaca proseguì imbastardita sotto il doppio nome di Asburgo-Lorena. Cosa resta, dunque a unificare ciò che epidermicamente ogni frequentatore dei nostri concerti pur sente come unitario? La parola magica è probabilmente Vienna, o forse meglio la viennesità, vale a dire quella forza di attrazione su di sé e conseguente proma- nazione al di fuori di sé (con lunga gittata, ben oltre il bacino del fiume Danubio) che un centro di antiche origini romane, rimasto sonnecchiante per oltre un millennio e mezzo in balia di occupazioni e conquiste, improvvisamente sprigiona proprio dopo aver rischiato il definitivo tracollo per l’avanzata dei Turchi, che nel 1683 raggiunsero le porte della città minacciando l’intero mondo cristiano. Scampato il pericolo, ricomposte le secolari ferite, Vienna conobbe un favoloso risveglio urbanistico e culturale, che trasfor- mò rapidamente quella corte della periferia tedesca in una vera capitale politica e arti-
stica, in progressiva e vertiginosa ascesa. Bastino i numeri dell’esponenziale incremento Ottocento, con cui Verdi dovette fare faticosamente i conti? E se pensiamo che sotto demografico: dai 100.000 abitanti d’inizio Seicento si giunge ai 440.000 del 1840, quella corona imperiale si trovarono più o meno direttamente implicati anche la Lombar- crescendo a 1.300.000 nel 1890, per toccare la cifra di 2.200.000 alla vigilia della Gran- dia e la Venezia Giulia, il Tirolo e la Carinzia, la Stiria e la Svevia, la Brisgovia e la Lusazia, de Guerra, quando Vienna era ormai divenuta la terza città più grande d’Europa, dopo la Boemia e la Moravia, l’Ungheria e la Galizia, fino alle propaggini estreme della Toscana parigi e Londra – culmine di una realtà però prossima alla disfatta bellica (oggi conta e dei paesi Bassi Meridionali, la quantità e diversità di musiche e musicisti coinvolti solo un milione e mezzo di abitanti, sparsi fino ai sobborghi). risulta impressionante. polo d’attrazione culturale, si diceva, e musicale in specie. Senza Vienna, il letterato Non sarà dunque esagerato affermare che fra le strade di Vienna nasce la “musica mo- e librettista Apostolo Zeno non avrebbe lasciato Venezia (17 18) per assumere la carica derna”, nell’accezione comunemente utilizzata dall’odierno appassionato di musica, di “poeta cesàreo” e contribuire così alla potente diffusione oltralpe della lingua e per il quale tutto quanto precede Mozart rientra nella “musica antica”, quasi ci trovassi- dell’opera italiana, seguìto in ciò da Metastasio (1729) e da Lorenzo Da ponte (poeta del mo di fronte a una sorta di Medioevo musicale. A fare da discrimine sono strumenti e teatro di corte dal 1781). Senza tanto interesse per l’opera italiana non si sarebbero compagini strumentali, forme e generi compositivi, destinazioni e modalità d’ascolto che trasferiti in città Antonio Vivaldi e Antonio Salieri, ma neppure Gluck e Mozart, che nel proprio nella Vienna di Maria Teresa cominciano a trovare nuove dimensioni, destinate dramma in musica posero grande attenzione (che sarebbe Mozart senza la collaborazio- ad assurgere in breve tempo allo stato di “classici”: classici per il futuro, classici rispetto ne con Da ponte?). E se Mozart non avesse potuto intessere a Vienna la profonda a un passato più variegato, dai caratteri contingenti. amicizia artistica che lo legò ad Haydn (approdato in città fin da ragazzino), portando così a piena maturità varie forme di musica strumentale insieme al più anziano collega, Nel linguaggio comune si indica con classico qualcosa di basilare, un fondamento su Beethoven non sarebbe poi partito da Bonn per ricevere a Vienna “lo spirito di Mozart cui possono poi crescere eventuali varianti derivate (le lingue classiche, la fisica classica); dalle mani di Haydn”, secondo il celebre viatico consegnatogli dal suo protettore, il Conte l’aggettivo classico porta con sé anche un’idea di rigore, di sobrietà, con una punta di Ferdinand von Waldstein, a pochi mesi dalla morte del salisburghese. conservatorismo (un abito classico); se poi diventa sostantivo, classico definisce un pro- È curioso che, fra i tanti compositori di prima sfera attivi a Vienna, l’unico indigeno risul- dotto artistico di riferimento, a cui guardare con ammirazione a dispetto della sua tò essere il più estraneo alla vita musicale viennese: ristretto nella sua piccola cerchia lontananza nel tempo (i classici della letteratura). In musica, si additano comunemente di amicizie private, ignorato dalle istituzioni pubbliche, davvero Franz Schubert sarebbe come “i classici” tre fra i compositori che maggiormente legarono il loro nome a Vienna, stato Schubert in qualunque paesino di provincia, e con minori frustrazioni recategli dalla e in anni contigui, tra gli ultimi decenni del Settecento e i primi anni dell’Ottocento: 19 necessità di guardare a quel Gotha artistico dal basso in alto; o forse fu proprio tale Haydn, Mozart e Beethoven. Non tutto ciò che hanno prodotto rientra invero nel con- penosa circostanza a riempire la sua musica di quella profonda malinconia che ne marca cetto di “musica classica”: le composizioni del giovane Mozart, quelle antecedenti la cifra distintiva, così come la musica degli Strauss trabocca di quella gioia di vivere – Idomeneo, la Missa solemnis, la Sinfonia Haffner, la Gran partita e i quartetti dedicati magari più di facciata che d’intima convinzione – imposta, ai vari esponenti d’una dina- ad Haydn – in una parola, all’incirca quanto precede l’abbandono di Salisburgo e l’ap- stia dedicatasi alla musica da ballo d’alto bordo, da una Vienna giunta al centro del prodo a Vienna – possono essere ricondotte ancora facilmente al cosiddetto “stile suo secolo d’oro. galante”, mentre nel catalogo beethoveniano ciò che segue l’Ottava Sinfonia, il Concerto Imperatore, la Sonata Gli addii e il quartetto in Fa minore op. 95 tenderà sempre più a A Vienna si forma Liszt, partito dalla periferia dell’Impero e destinato a diventare citta- caricarsi di nuove connotazioni che siamo propensi a definire “romantiche”. dino europeo; a Vienna approda Bruckner, dopo lungo peregrinare in provincia, e per sua La musica propriamente “classica”, quella che come tale ha condizionato la produzione sventura vi giungerà pure Brahms, trovando l’ambiente ideale per il suo irripetibile ven- successiva e fin la nostra moderna fruizione musicale, si è dunque di fatto concen- tennio compositivo della piena maturità. È sempre a Vienna che si consumerà la lenta trata in un solo puntino del mappamondo e ristretta a un fugace attimo nella storia agonia di tanti fasti musicali nelle sinfonie di Mahler, fino al definitivo funerale non solo dell’umanità, durato non più di trent’anni, dal 1780 al 1810 circa, eppure estremamente di un’epoca ma di un’intera cultura e del suo linguaggio, un funerale celebrato dalla intenso e dinamico: una classicità tutt’altro che statuaria. poiché fulcro di tale produ- svolta atonale e dodecafonica di Schönberg e dei suoi illustri allievi, mentre usciva di sce- zione “classica” è stata la musica strumentale nelle sue varie accezioni, è presto venuta na l’Impero della gloriosa dinastia d’Asburgo-Lorena e nasceva la Repubblica come esito in uso l’espressione “musica classica” per indicare tutto ciò che non fosse vocale, o della prima Guerra Mondiale. meglio, in un’ottica prettamente italiana, tutto quanto non fosse operistico: così parlava- Davvero la storia della musica occidentale sarebbe molto differente se strappassimo no le gazzette ottocentesche, estendendo all’indietro e in avanti il concetto di “musica le pagine contenenti quei luoghi, questi nomi e le loro produzioni: ne verrebbe un buco classica” fino alle passioni di Bach o alle Sinfonie di Brahms, sentite appunto agli antipodi nero di tale densità da trascinare a sé per forza gravitazionale la gran parte di quanto delle opere di Rossini e Verdi. L’uso moderno è andato ancor oltre, etichettando come gli sta attorno. persino fenomeni musicali che consideriamo agli antipodi della cultura “classica” tutta quella musica che esula dal popular (la cosiddetta “musica leggera”, cioè viennese ne rimarrebbero colpiti: che ne sarebbe stato, per dire, di Rigoletto e della Tra- meno “grave”), dal folk (le musiche di trasmissione orale), e da tradizioni con una propria viata senza le imposizioni della censura austriaca attiva nella Venezia occupata di metà storia ed estetica ben individuabili come il jazz, il rock e le tante produzioni extra-euro-
pee, comprendendo dunque anche compositori come Gesualdo da Venosa o Claudio si fonda), di casa nella sinfonia come nel concerto, nell’ouverture teatrale come nel quar- Monteverdi, Berlioz e Mahler, Meyerbeer e Wagner, Satie e magari fin Gershwin, che pur tetto da camera, nonché in quella sonata solistica da cui evidentemente trae il nome. male si adattano ai concetti di rigore, sobrietà, conservatorismo sottesi dal termine Tanti generi compositivi, ma altamente precostituiti. Se in epoca barocca la sonata pote- (per tacere della cosiddetta “musica classica contemporanea”). va di volta presentarsi “a 3”, “a 4”, “a 5”, “a 6” parti strumentali e via dicendo, secondo Eppure non si potrebbe negare che il linguaggio musicale moderno sia stato definiti- le necessità contingenti, la formazione classica si arrocca principalmente attorno a tre vamente codificato proprio dai tre “classici” attivi a Vienna fra Sette e Ottocento, suddi- capisaldi: la sonata solistica, il quartetto per archi, la sinfonia orchestrale. Certo, sarà fa- ti dell’Imperatore asburgico, sia esso il linguaggio utilizzato nella musica “colta” fino cile obiettare che la sonata è solistica quando pensata per il pianoforte, ma già se si a puccini e Stravinskij, sia quello cresciuto come sua negazione nella musica atonale e tratta di sonata per violino, per violoncello o per flauto sarà giocoforza chiamare in cau- negli sperimentalismi che ne derivarono, sia paradossalmente quello in uso nella musica sa un pianista a sostenerne l’accompagnamento; o che il quartetto d’archi lascia spesso “di consumo” dei nostri giorni, cui nessuno attribuirebbe l’etichetta di “classica” e che a casa uno strumento riducendosi a trio o si amplia a quintetto, e ben spesso non pure provvede a tenere ancora in vita proprio la grammatica musicale che quei “classici s’accontenta dei soli archi ma accoglie l’ingombrante pianoforte; oppure che l’orchestra viennesi” portarono a completa definizione. s’avvale sì di una formazione strumentale codificata (gli archi, i legni, gli ottoni, le per- Ma non è solo questione di un sistema armonico-tonale del resto già ben sviluppato cussioni), ma che nel dettaglio il numero di ottoni o la tipologia delle percussioni nei decenni precedenti. La grande novità dello “stile classico” viennese fu la concezione (per tacere dell’effettiva quantità di archi impiegati), cambia di caso in caso e spesso della musica come “discorso”, come “narrazione” unitaria e coerente, con connotazioni di esecuzione in esecuzione – senza contare poi che lo strumento solista si sposa ben vuoi comiche vuoi drammatiche, una narrazione equiparabile per certi versi a quella volentieri con l’orchestra per dar vita al genere del concerto solistico, particolarmente letteraria e a quella pittorica, pur senza l’uso di parole e di immagini. Delle quali non c’è consono a quel pianoforte che (da Mozart in poi) è la novità più eclatante dell’epoca, ma invero bisogno, l’argomento del discorso essendo un soggetto musicale, significativa- che dall’orchestra classica rimarrà sempre escluso. Tutto vero. Eppure, a dispetto delle mente chiamato tema: sarà tema un profilo melodico ben riconoscibile, sarà tema una tante e possibili variabili, il senso di stabilità degli organici, la diffusa consapevolezza scansione ritmica particolare, ovvero una melodia e un ritmo congiunti insieme. dell’esistenza di un’orchestra classica comune alle sinfonie che Haydn compose per Di questo tema posto in campo parlano i vari strumenti dell’orchestra, i singoli esecutori Vienna o per Londra o per parigi c’è ed è netta, quando appena pochi anni prima in ogni di un quartetto per archi (che Goethe definiva appunto “una conversazione tra quattro città vigeva un concetto di orchestra diverso e composizioni orchestrali pur limitrofe persone ragionevoli”), le due mani che scorrono sulla tastiera del pianoforte. si avvalevano di organici molto differenti (si pensi ai variegati Concerti brandeburghesi 21 Anche i bambini sanno riconoscere l’argomento memorabile della quinta Sinfonia di Bach). L’orchestra diventa, per così dire, il nuovo strumento privilegiato dai compo- beethoveniana, ristretto a quel potente gesto di sole quattro note (di cui tre uguali), sitori classici e dai loro successori sparsi in tutta l’Europa, e le orchestre stabili nascono su cui si concentra l’intero primo movimento, con reminiscenze in quelli successivi. una dopo l’altra (è del 1842 l’Orchestra Filarmonica di Vienna, tuttora in splendida Il tema viene enunciato e rienunciato senza sosta, osservato e proposto da mille diverse attività). angolazioni, modificato e ricomposto, criticato ed esaltato, proprio come fosse l’ogget- In un certo senso, dalla Vienna asburgica fuoriesce dunque una prima immagine di “glo- to di un discorso stringente, elaborato da un abile narratore capace di configurarlo balizzazione musicale”, che si conferma e si amplia nei decenni successivi, quando la in conformità con le più efficaci tecniche dell’arte retorica. Il tutto condotto secondo globalizzazione si estende anche alle singole composizioni. I concerti di Vivaldi che tanto principi di unitarietà e coerenza, dettati da una voluta sobrietà di mezzi posti in campo, oggi amiamo, quattro stagioni comprese, erano assolutamente ignoti a Mozart o Haydn; che dà luogo a composizioni talvolta semplicissime, fatte di pochi elementi di partenza, non avverrà altrettanto per le sinfonie di Beethoven, che nessun compositore dopo salvo poi complicarli coi “ragionamenti” musicali condotti su di essi. La musica strumenta- di lui potrà più permettersi d’ignorare o misconoscere. Il concetto di repertorio nasce le passava così da tipico genere d’intrattenimento a espressione articolata caricatasi proprio in quegli anni, in ambito strumentale come in ambito operistico (fu Il barbiere di nuove e più seriose intenzioni. di Siviglia di Rossini la prima opera a non uscir mai più dai cartelloni teatrali dopo il debutto); e con lo spirito storicistico che il Romanticismo portò con sé, vale a dire l’inte- Alla “volubilità” e “imprevedibilità” del precedente stile barocco si sostituisce dunque resse culturale per una storia passata dentro la quale pure il presente è immerso, si è un certo senso di rassicurante prevedibilità del discorso (senza nulla togliere alla sfrutta- nel tempo recuperato anche quanto la memoria aveva perduto, all’indietro nei decenni, tissima possibilità di giocare con l’ascoltatore proprio eludendo ciò che ci si sarebbe fino a Vivaldi e oltre. Ma prima di arrivare a tanto, le sinfonie di Beethoven s’irradia- ragionevolmente attesi: Haydn fu maestro di siffatti scherzi, ma non meno Mozart vano da Vienna, ben al di là dei confini imperiali, mettendo saldamente radici nelle mag- e Beethoven suoi emuli). Contribuisce al generale senso di stabilità la codificazione di giori sale da concerto, o anche solo trovando spazio nelle varie riduzioni pianistiche forme e organici: se è vero che detta parvenza di narrazione in musica si ritrova in tutti a due e quattro mani, approntate per essere eseguite e godute anche in luoghi ristretti i generi, strumentale e vocale, sacro e profano, cameristico e sinfonico, altrettanto tra- e in dimensioni private, in assenza dei moderni dischi d’uso casalingo (la prima registra- sversali sono le forme di base, codificatesi principalmente attorno alla cosiddetta forma zione integrale di una sinfonia beethoveniana risale al 1913, nell’ultimo scorcio di vita sonata (che proprio sull’alternanza dialettica di due argomenti tematici perlopiù dell’Impero austro-ungarico: fu la quinta diretta da Arthur Nikisch, magiaro di nascita,
moravo d’origine, suddito anch’egli degli Asburgo-Lorena). La forza espansionistica della Nell’intento di imitare la nobiltà, la borghesia comincia a frequentare i concerti; anzi, si cultura musicale viennese, occhio del ciclone culturale asburgico, trova la sua più icastica fa carico di portarli fuori dai palazzi privati e renderli manifestazioni pubbliche, destinate evidenza nell’appropriazione, nobilitazione e commercializzazione del valzer. Nato come a un uditorio più numeroso. Beethoven, che veniva dalla provincia, se ne rende conto danza popolare, derivando dal Ländler contadino diffuso nella propaggine più meridiona- e coglie subito il cambiamento: semplifica i dettagli, amplia i gesti e gli spazi sonori, pas- le della cultura tedesca, viene da subito accusato d’immoralità, inducendo al contatto sando dalla miniatura al grande affresco. Il passaggio dal compassato minuetto aristo- diretto (per quanto non stretto) danzatori di opposto sesso: tanto immorale nei suoi ine- cratico al valzer borghese con le sue ampie volute segue lo stesso principio di emancipa- diti passi “allacciati” e nelle sue volute inebrianti che “una ragazza verso cui avessi zione sociale: l’attenzione che la corte asburgica pone sul valzer è per certi versi un indirizzato il mio amore, mai, ti dico, mai dovrebbe ballare il valzer con altri se non con atto politico, di riconoscimento e di appropriazione insieme. me”, diceva Werther nel romanzo di Goethe, fra un dolore epistolare e l’altro. Ancora nell’opera italiana di Donizetti e di Verdi, ineleganti valzerini accompagnano significativa- In breve, nulla più del valzer, nell’immaginario collettivo anche attuale (vedi il tradizio- mente coretti di sicari abbrutiti o di spiriti indemoniati, mentre a parigi la valse fa il suo nale Concerto di Capodanno da Vienna), s’identifica con la mitica età aurea di un’Austria ingresso nei salotti buoni, anche come musica meramente strumentale (i Valzer di felix, al punto che è proprio col valzer, con una sorta di dissoluzione del suo incalzante Chopin), per acclimatarsi poi nell’operetta. Ma è da Vienna che viene la piena trasforma- ritmo ternario, che Richard Strauss dipingerà il declino inesorabile, malinconicissimo zione di Cenerentola in principessa: passato da musica di rapido consumo (i tanti valzer e angosciante di quel mondo tutto viennese nel finale del Rosenkavalier (benché il sog- pianistici in miniatura di Schubert: poche battute l’uno) ai monumentali affreschi sin- getto sia nominalmente ambientato alle origini della grande parabola degli Asburgo- fonici di Johann Strauss figlio (ammessi persino a corte), il valzer finisce per identificarsi Lorena, nell’epoca del minuetto e di Maria Teresa, quasi a indicare che il disfacimento pienamente con l’immagine turistico-culturale della Vienna imperiale, divenendo a tutti da Strauss vissuto in diretta era già contenuto in nuce nelle premesse stesse). gli effetti un Wiener-Walzer, quando non un vero e proprio Kaiser-Walzer. Non era l’unico: con ben maggiore pessimismo, da tempo Gustav Mahler sfornava masto- Il celeberrimo Valzer dell’Imperatore composto da Strauss nel 1889 era in realtà dedi- dontiche sinfonie che mantenevano ormai solo una lontanissima memoria di quella cato ai due imperatori tedeschi: accanto a Francesco Giuseppe I d’Austria (il più longevo classiche, costellandole di valzerini lividi e marcette stralunate, fra il burlesco e il grot- fra i regnanti di casa asburgica, 1848–1916), quel Gugliemo II di Germania appena tesco, in progressivo stato di decomposizione, accompagnando così l’agonizzante Impero salito sul trono prussiano. Il titolo fu un’idea dell’editore Fritz Simrock, per soddisfare verso l’inesorabile, definitiva dissoluzione bellica. Ciò che seguì, è storia nota. la vanità di entrambi i regnanti (Strauss aveva pensato a Hand in Hand, per sottolineare 23 il patto stretto fra i due imperi), ma la scelta adottata finì involontariamente per assumere una connotazione di colonialismo culturale: il valzer, cifra distintiva della corte viennese, veniva proposto come marchio sonoro anche alla corte berlinese, così come duecento anni prima il lento e processionale ritmo saccadé con cui Lully celebrava in musica la potenza del Re Sole aveva finito per simboleggiare la regalità tout court anche al di fuori della Francia. Avveniva insomma un procedimento inverso a quello già compiutosi con la musica tzigana, elemento fondamentale del paesaggio sonoro viennese, specialmente nei luoghi di ritrovo sociale: un corpo estraneo giunto dall’annessa Ungheria, presto fagocitato fin all’interno della produzione colta, culminando nelle fortunatissime Rapsodie ungheresi di Brahms (così lontane dai suoni dell’Ungheria rurale che Bartók ci farà conoscere nel secolo successivo). Del resto la musica “classica” viennese era stata ben attenta a coglie- re ed accogliere le influenze esterne, si trattasse dello stile operistico italiano che per- vade tanta produzione di Mozart (ma anche certe pagine di Beethoven o di Schubert), non meno della musica militare giannizzera, memoria dello scampato pericolo ottomano, che risuona ancora nella marcetta finale della Nona Sinfonia beethoveniana. È con Beethoven, lo sappiamo, che la realtà sonora quotidiana entra nella musica d’arte, dai cinguettii della pastorale alle fanfare di pifferi e rulli di tamburo che in più composi- zioni riecheggiano le armate napoleoniche sfilate prepotentemente fra le capitali europee (Mahler farà poi il resto). Il nuovo vento francese portò linfa vitale alla borghe- sia che, già ben radicata nel contesto urbano, ricevette all’epoca impulsi determinanti.
MAGNIFICAT E SALMI DEL VESPRO Sabato 7 gennaio PER LA CAPPELLA IMPERIALE DI VIENNA Ore 20.30 Auditorio RSI Poco più di dieci anni fa il nome di Antonio Caldara suonava familiare solo ad una ristretta cerchia di esperti, soprattutto ricercatori scientifici ed interpreti eru- Lugano diti. Oggi, invece, il nome di Caldara campeggia sulle affiches dei più importanti teatri mondiali, nei programmi da recital dei solisti più richiesti, nei cataloghi “novità” delle maggiori etichette discografiche. Una vera e propria rinascita, dun- que, quella che è avvenuta nell’ultimo decennio attorno alla persona e all’opera dell’autore veneziano, e che finora ha potuto portare alla luce soltanto una ri- stretta porzione del suo immenso repertorio: 3’400 composizioni, di cui 80 opere, SOLISTI E CORO DELLA 43 oratori e 150 messe. Un vero e proprio record, che stupisce tanto quanto RADIOTELEVISIONE SVIZZERA l’elenco delle città in cui Caldara si trovò ad operare, presso corti o enti religiosi: Venezia, Mantova, Barcellona, Roma, Milano e Vienna. Fu principalmente in I BAROCCHISTI quest’ultima città – dove per vent’anni operò come vice-maestro nella Cappella 25 Concerti dell’Auditorio imperiale – che Caldara portò a massima maturazione il proprio particolare sti- DIRETTORE le di barocco italiano. Uno stile sublimato soprattutto nelle opere vocali tarde, DIEGO FASOLIS su tutte i Salmi del Vespro e il Magnificat. La raccolta dei cinque Salmi del Vespro, cui si lega il Magnificat, fu eseguita per la prima volta nella Cappella della Residenza imperiale estiva, La Favorita, ai margini di Vienna, nel primo Vespro della Festa dei Santissimi Pietro e Paolo del 1736. È la maggiore tra le opere liturgiche tarde di Caldara, scritta quando la sua salute – cagionata dal sovracca- rico dei doveri di corte – era già debilitata, tanto che la morte lo avrebbe colto il 27 dicembre dello stesso anno. Benché la raccolta non fosse ancora stata ANTONIO CALDARA eseguita per intero al momento della morte dell’autore, i Salmi presi individual- 1 670–1 7 36 mente costituirono alcuni tra i più popolari lasciti di Caldara. Tanto che il Dixit Dominus rimase stabilmente nel repertorio della Cappella imperiale fino Vespro per la festa di San pietro e paolo al 1752. Fatto raro per l’epoca la sopravvivenza di un’opera al suo autore, dovuta (1736) 70’ anche alla particolare efficacia di questa composizione di Caldara. Per la solen- Edizione critica di Brian W. pritchard nità dei Santissimi Pietro e Paolo il protocollo di corte richiedeva infatti una com- Dixit Dominus memorazione musicale di tipo solenne: con trombe, timpani, solisti vocali e Confitebor tibi Domine strumentali, coro ed archi. Le composizioni scritte ad hoc per la festa dovevano Beatus vir inoltre essere piuttosto estese e suddivise in movimenti dall’organico vario Laudate pueri Dominum (alternando coro, solisti e brani strumentali). Tutte queste “specifiche tecniche” Laudate Dominum sono fedelmente presenti nei Salmi e nel Magnificat di Caldara, congiungendosi Magnificat in uno splendido caleidoscopio di timbri e stili. Quanto di più appropriato per ripagare le esigenti aspettative della Corte imperiale. BRIAN W. PRITCHARD
DIEGO FASOLIS Formatosi a Zurigo in organo, pianoforte, canto e direzione Diego Fasolis è titolare di diversi premi e lauree internazionali (Stresa, Migros-Göhner, Hegar preis, Concorso di Ginevra). Come organista ha studiato con i maggiori didatti (Eric Vollenwyder, Gaston Litaize e Michael Radulescu) conducendo una ricca attività che lo ha portato ad eseguire più volte le integrali di Bach, Buxtehude, Mozart, Mendelssohn, Franck e Liszt. Dal 1993 è maestro stabile del Coro della RSI e nel 1998 ha fondato I Barocchisti, di cui è direttore stabile. Con questi due gruppi ha prodotto una notevole discografia (più di 80) insignita dei più ambiti riconoscimenti della stampa specializzata. In ambito concertistico sono numerosi i riscontri ottenuti su scala internazionale anche come direttore ospite, presso istituzioni quali RIAS Kammerchor Berlin, Sonatori de la Gioiosa Marca, Concerto palatino, Orchestra Sinfonica e Orchestra Barocca di Siviglia, Orchestre e Cori dei teatri La Scala Milano, Opera di Roma, Carlo Felice di Genova, Arena di Verona, Comunale di Bologna e le maggiori orchestre svizzere. “In ragione della sua eccellenza di artista” gli è stato attri- buito dal pontificio Istituto di Musica Sacra il dottorato honoris causa. CORO DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA Fondato nel 1936 da Edwin Loehrer ha raggiunto rinomanza mondiale con registrazioni radiofoniche e discografiche relative al repertorio italiano tra Cinque e Settecento ed è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei migliori complessi vocali a livello inter- nazionale. Dopo Edwin Loehrer, Francis Travis e André Ducret, dal 1993 il Coro è stato affidato alla cura di Diego Fasolis con cui si è sviluppata un’ulteriormente ricca attività concertistica e discografica. Disco d’oro, Grand prix du Disque, Diapason d’or, Stella 27 di Fonoforum, Disco del Mese Alte Musik Aktuell, 5Diapason, Nomination Grammy Award e A di Amadeus sono alcuni dei riconoscimenti assegnati al Coro RSI dalla stampa spe- cializzata per i dischi pubblicate con le etichette Accord, Arts, Chandos, Decca, EMI, Naxos, Virgin e RSI-Multimedia. Claudio Abbado, René Clemencic, Michel Corboz, Ton Koopman, Robert King, Gustav Leonhardt, Alain Lombard, Andrew parrott e Michael Radulescu sono infine alcuni dei prestigiosi direttori ospiti che hanno lodato le qualità musicali e tecniche del Coro RSI. I BAROCCHISTI Internazionalmente apprezzati quale complesso di riferimento per l’esecuzione del re- pertorio antico su strumenti storici, nel 1998 I Barocchisti hanno raccolto l’eredità della Società Cameristica di Lugano, che a partire dagli anni ’50 svolse con Edwin Loehrer un’attività fondamentale per il recupero delle opere vocali e strumentali del Barocco. Unitamente al Coro della Radiotelevisione Svizzera e sotto la direzione di Diego Fasolis, I Barocchisti hanno realizzato numerose produzioni concertistiche e discografiche dedicate a Bach, Cavalli, Galuppi, Gossec, Händel, Mozart, Scarlatti, paisiello, pergolesi, piccinni, purcell, Vivaldi. I dischi – registrati anche con musicisti quali Maurice Steger, Max Emanuel Cencic e philippe Jaroussky – sono stati pubblicati per le etichette Arts, Naïve, Virgin e Claves ottenendo i più ambiti riconoscimenti internazionali, mentre i concerti – proposti nei maggiori festival di Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, portogallo, Spagna, Svizzera e Stati Uniti – hanno sistematicamente raccolto un entu- siastico plauso di critica e pubblico.
A SPASSO PER IL MONDO FRA ALLIEVI E MAESTRI Carta bianca ad Alexander Lonquich Due linee, una “umana” e una “geografica”, uniscono le opere in programma e il brano di apertura ci spinge, senza indugi, ad esplorare la prima linea. Venerdì 1 3 gennaio L’ouverture di Beethoven è qui impiegata, infatti, in maniera inconsueta: non ore 20.30 introduce un brano dello stesso compositore, ma invita un secondo autore Auditorio RSI sul palco, nella fattispecie Haydn. Procedimento strano ma azzeccato dal punto Lugano di vista dei rapporti umani, poiché i due musicisti erano realmente in contatto: infatti dal 1792 il giovane Beethoven segue dei corsi di composizione a Vienna presso il grande compositore viennese. L’allievo Beethoven introduce qui, idealmente, il suo grande maestro Haydn. Dal punto di vista “geografico” invece ORCHESTRA ci troviamo di fronte ad un intrigante viaggio, in tre stazioni, nella realtà musi- DELLA SVIZZERA ITALIANA cale “globalizzata” di quel tempo. E sì, perché Beethoven nel 181 1 è invitato dall’Imperatore austriaco a comporre un’opera commemorativa per Budapest, DIRETTORE il Re Stefano. In termini attuali, un tedesco viene chiamato a celebrare una delle ALEXANDER LONQUICH 29 Concerti dell’Auditorio grandi città a est dell’Impero. La seconda tappa del viaggio ci propone invece l’austriaco Haydn a Londra, impegnato con la stesura della sua Sinfonia Militare. SOLISTA E infine la terza stazione, Praga, nel 1798, in cui ritroviamo Beethoven seduto ALEXANDER LONQUICH pIANOFORTE al pianoforte a eseguire, in prima mondiale, il suo Primo Concerto. Un curioso viaggio musicale che, malgrado gli spostamenti di spazio e tempo, si mostra asso- lutamente coerente all’ascolto. Infatti, se Beethoven con la sua ouverture met- LUDWIG VAN BEETHOVEN te molta carne al fuoco in termini drammatici, di furore, Haydn risponde in 1 770–1 827 maniera convincente e “moderna”. Negli anni ’90 Haydn si muove verso Londra, dove avrà la possibilità di attualizzare quel suo linguaggio, spesso bollato dai contemporanei come “troppo locale”. La sua Sinfonia militare risponde presente König Stephan, ouverture op. 1 17 (181 1) 8’ al richiamo squillante dell’ouverture di Beethoven: allievo e maestro si combat- tono qui ad armi pari. In termini di coerenza musicale, l’aspetto più caratterizzan- FRANZ JOSEPH HAYDN te di tutta la serata è il ritmo. Nella sinfonia di Haydn l’uso delle percussioni, 1 7 32–1 809 soprattutto nel secondo movimento, suggerirà la definizione Militare, mentre l’impiego massiccio dei fiati (gli squilli di trombe!) e in generale di un suono po- Sinfonia in sol maggiore tente dell’orchestra stupisce anche per modernità. Con il concerto di Beethoven, Hob. I:100 Militare (1794) 27’ ultima tappa di questo viaggio ‘a spasso per il mondo fra allievi e maestri’, ap- Adagio prodiamo ad una grande opera che vive di momenti incalzanti dal punto di vista Allegro ritmico e di momenti lirici assolutamente splendidi. Menuet Allegro EROS RIZZOLI LUDWIG VAN BEETHOVEN 1 770–1 827 Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in do maggiore op. 15 (1798) 37’ Allegro con brio Largo Rondò. Allegro scherzando
Carta bianca ad Alexander Lonquich Con Carta bianca si apre un nuovo progetto di grande interesse per il pubblico: ad un artista di vasta esperienza viene infatti offerta l’occasione privilegiata di esibirsi ed esprimersi liberamente, sia proponendo una serie di programmi a lui congeniali, sia svi- luppando una lettura personale delle opere prescelte. Alexander Lonquich si presenta nel doppio ruolo di pianista-direttore con un ciclo di tre concerti, che avranno luogo il 13 gennaio, il 17 febbraio ed il 29-30 marzo 2012. 31 ALEXANDER LONQUICH Nato a Trier in Germania, vincitore nel 1977 del Concorso pianistico internazionale Ales- sandro Casagrande dedicato a Schubert, tiene concerti in Giappone, Stati Uniti e nei principali centri europei. Collabora con importanti direttori d’orchestra, quali Claudio Abbado, Emmanuel Krivine e Heinz Holliger. È stato particolarmente legato a Sandor Vègh, ed è ancora regolare ospite della sua Camerata Salzburg. Intensamente impegnato nella musica da camera, ha collaborato con artisti quali Christian Tetzlaff, Joshua Bell, Heinrich Schiff, Steven Isserlis, Isabelle Faust, Jörg Widmann, Boris pergamenschikov e Frank peter Zimmermann, ottenendo numerosi riconoscimenti dalla critica internazio- nale. Nel ruolo di direttore-solista collabora stabilmente con prestigiose orchestre: per la stagione 201 1/12 è previsto il suo debutto con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. È apparso in tutte le più importanti sale da concerto italiane. Svolge un intenso lavoro in campo didattico tenendo masterclasses in Europa, Stati Uniti ed Australia e collaborando in forma stabile con l’Accademia pianistica di Imola e la Hochschule für Musik di Colonia. Conduce importanti laboratori teatrali/musicali.
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