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IdD_05_2014_Cop_Layout 1 17/12/14 10:56 Pagina 1 2014 2014 IFESA N. 5/ E DELLA D STATO MAGGIOR O DELLO PERIODIC INFORMAZIONI DELLA DIFESA Bim - Ed. Ministero Difesa - € 2,80 - Taxe Perçue La Difesa e la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato La componente interforze di supporto aereo alle operazioni speciali: sinergie e prospettive future 5 La Siria e il Libano: analisi e prospettive
IdD_05_2014_Pg_01_Layout 1 15/12/14 17:22 Pagina 1 EDITORIALE CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1914-1918 opo la presentazione del D volume storico “Per l’Esercito Serbo - Una storia dimenticata”, avvenuta lo scorso 14 aprile presso il Sacrario delle Bandiere del complesso del Vittoriano, alla presenza delle più alte autorità civili e militari, il 13 settembre è stato commemo- rato un altro luogo della memo- ria: il Sacrario Militare di Redipu- glia, il più grande e maestoso mo- numento dedicato ai caduti della Grande Guerra, sito a ridosso del versante occidentale del Monte Il direttore responsabile Pier Vittorio Romano Sei Busi, che raccoglie circa 100.000 caduti italiani. La commemorazione, presenti il Ministro della Difesa Sen. Roberta Pinotti e le più alte ca- riche militari, ha avuto il suo culmine con la Santa Messa, celebrata da Sua Santità Papa Francesco con i Cardinali Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna e Josip Bozanic, Arcivescovo di Zagabria e con numerosi Vescovi provenienti da Slovenia, Austria, Unghe- ria e Croazia e dalle diocesi del Friuli Venezia Giulia, oltre dall’Ordinario Militare per l’Ita- lia, S.E. Mons. Santo Marcianò, e i Vescovi Ordinari con i cappellani militari. È possibile definire la guerra un’“arte” come fa lo stratega militare cinese Sun Tzu vissuto tra il VI ed il V secolo a.C. ovvero “la continuazione della politica con altri mezzi […] un atto di forza che ha lo scopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà” prendendo a prestito le parole del Generale dell’esercito prussiano Carl Philipp Gottlieb von Clause- witz nel suo trattato di strategia militare “Della Guerra”. Al di là delle definizioni, purtroppo, la conflittualità è propria del genere umano e le di- spute di potere traggono origine dal controllo di risorse naturali, di confini territoriali, per motivi economici, etnici, culturali e non ultimi religiosi, distruggendo l’individuo con i suoi valori, la sua cultura. Ma occorre fare attenzione a definire “guerra” o “conflitto” la presenza del militare arma- to che utilizza in modo proporzionato ed oculato la “forza” a sua disposizione in aree di crisi quando il suo scopo, poiché sancito da precise disposizioni della comunità internazio- nale cui appartiene, è il ripristino della pacifica convivenza di un popolo, spesso martoria- to proprio da fazioni presenti al suo interno. Dal 1948 l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di pa- rità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali ri- volte a tale scopo. Lo sancisce l’art. 11 della Costituzione Italiana. E in quest’ambito le For- Pier Vittorio Romano ze Armate italiane partecipano alle operazioni internazionali nei diversi teatri di crisi. EDITORIALE 1
IdD_05_2014_Pg_002_003_Layout 1 17/12/14 10:59 Pagina 2 SOMMARIO INFORMAZIONI DELLA DIFESA Nr. 05/2014 ■ Editoriale Centenario della Prima Guerra Mondiale - 1914-1918 1 Pier Vittorio Romano ■ Forze Armate Civilian-Military Integration in the planning and conduct of EU operations d Intervento del Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli Roma, 1 ottobre 2014 4 2 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_002_003_Layout 1 17/12/14 10:59 Pagina 3 ■ Forze Armate e Società La Difesa e la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato 6 di Ferdinando Fedi ■ Forze Armate L’evoluzione dell’addestramento nei Combat Training Centers (CTCS) nell’US Army in risposta ai nuovi conflitti asimmetrici - (Parte 2) 18 di Fabrizio Salerno La componente interforze di supporto aereo alle operazioni speciali: sinergie e prospettive future 30 di Gianpaolo Rapposelli ■ Panorama Internazionale La Siria e il Libano: analisi e prospettive future 42 di Alessandra Mulas L’acqua tra simbolo e bisogno: i rischi geo-politici dello sfruttamento idrico 54 di Federico Fiorelli ■ Rubriche Finestra sul mondo 64 Difesa notizie 76 Osservatorio strategico 74 Recensioni 79 Periodico Sede Abbonamento dello Stato Maggiore Via XX Settembre, 11 - 00187 Roma Italia: euro 16,40 - estero: euro 24,35. della Difesa fondato nel 1981 Tel.: 06 46912818 - 06 46912544 Il versamento può essere effettuato sul Fax: 06 46912950 c/c postale 27990001 intestato a: Direttore responsabile e-mail: informazionidifesa@smd.difesa.it INFORMAZIONI DELLA DIFESA ed editoriale Ten. Col. Pier Vittorio Romano Amministrazione Ufficio Amministrazione SMD Ufficio Amministrazione dello Via XX Settembre, 11 - 00187 Roma Redazione Ten. Col. Pier Vittorio Romano Stato Maggiore della Difesa Gli articoli investono la diretta Ufficiale Via XX Settembre, 11 - 00187 Roma responsabilità degli autori, di cui dei Carabinieri del PAT Cap. Giuseppe Tarantino Capo 1^ cl. Francesco Irde Realizzazione, distribuzione e stampa rispecchiano le idee personali. in addestramento della Polizia Afghana Fotografi Stilgrafica s.r.l. © Tutti i diritti riservati Registrato presso (Foto Daniel Papagni M.llo 1^ cl. Fernando Gentile Via Ignazio Pettinengo, 31 - 00159 Roma il Tribunale Civile di Roma by Cybernaua.it) M.llo 1^ cl. Maurizio Sanità Tel. 06 43588200 - Fax 06 4385693 il 19 marzo 1982 (n. 105/982) SOMMARIO 3
IdD_05_2014_Pg_04_05_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 4 Civilian-Military Integration in the planning and conduct of EU operations Intervento del Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli Roma, 1 ottobre 2014 Autorità, gentili ospiti, cari colleghi ed amici, buon po- meriggio! L’Unione Europea ha il potenziale e la legittimità per svolgere un ruolo non secondario per la sicurezza re- gionale e globale in uno scenario internazionale oggi ca- ratterizzato da crescente instabilità e dalla presenza di crisi diffuse ma solidamente interconnesse in molte aree del mondo lontane ma soprattutto vicine. Anche se la chiave di lettura di ciò che è lontano e di ciò che è vicino non è né geografica né temporale, ma stretta- mente legata ai nostri comuni interessi, oggi l’Europa vede ampie zone di instabilità a ridosso dei suoi confini orientali e meridionali e questo comporta rischi diretti e indiretti. Gli accadimenti che si susseguono pongono sempre più l’Unione davanti ad un bivio perché l’UE potrebbe - e lasciatemi dire “dovrebbe” - fare molto di più oppure ras- segnarsi ad un ruolo marginale, anche di fronte alle nuove potenze emergenti. La crisi in Ucraina, così come le diverse situazioni in Medio Oriente e nella regione Nord Africana (in particolare la Libia), così come la non risolta instabilità nella regione del SAHEL chiamano in causa le potenzialità dell’Unione Il Capo di Stato Maggiore della Difesa nella gestione delle crisi, in quanto interessano le aree più Ammiraglio Luigi BINELLI MANTELLI prossime ai suoi confini terrestri e marittimi. Per sua stessa natura, l’Unione Europea è costituita da un insieme di Stati caratterizzati da diverse radici e da specifici interessi. Questa disomogeneità negli obiettivi di politica estera costituisce, di fatto, un severo limite ad un ruolo significativo nel contesto internazionale. Esiste ancora la possibilità per invertire questa tendenza? I tempi sono ormai maturi perché l’Europa trasformi questo limite in un valore aggiunto, ovvero faccia tesoro delle diverse capacità e delle diverse attitudini dei singoli Stati membri e valorizzi la sua intrinseca multidimensionalità. Una tra le ricette più efficaci per fronteggiare, risolvere o quantomeno mitigare le crisi sempre più dinamiche e complesse è costituita da un approccio olistico e coordinato il c.d. Comprehensive appro- ach. Un approccio che dovrebbe trovare piena concretizzazione proprio nelle dinamiche dell’Unione, multidimensionale nei suoi valori, nella sua vision e nelle sue strutture. Ma proprio al momento di operare sul campo, le strutture che, unite, potrebbero fare la differenza, palesano la loro inadeguatezza. Ciò è dovuto alla natura stessa dell’Unione, sviluppatasi attraverso successive graduali evoluzioni, se- condo il principio dell’”integrazione progressiva” di Jean Monnet. Pur condividendo lo spirito che ha guidato i nostri Padri Fondatori, credo che questo non sia più sufficiente, né attuale, né idoneo per far fronte alle complesse e incalzanti dinamiche oggi in atto. È il momento di dare un nuovo impulso alla forte visione europeista di Altero Spinelli attraverso il superamento delle barriere settoriali e degli interessi nazionali. E al riguardo posso confermare che le nostre Forze Armate, sotto il profilo tecnico- militare, sono già ben integrate e molto più avanti di quanto non si immagini. La nuova sfida è quella di un vero e proprio “cambiamento culturale”, che implica un approccio si- stemico ma supportato da un pensiero “fuori dagli schemi”, aperto ad esaminare e valutare ogni 4 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_04_05_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 5 possibilità, senza escludere alcuna opzione, né sentirsi eccessivamente vincolato da rigidi schemi bu- rocratico-amministrativi. L’importanza dell’effettiva integrazione civile-militare nelle operazioni internazionali è testimoniata, solo per fare alcuni esempi, dai successi delle recenti operazioni europee nel Corno d’Africa, come EUNAVFOR Atalanta, EUTM Somalia, EUCAP NESTOR. Osservando le dinamiche di queste missioni e il rilevante sforzo fatto per “metterle a sistema”, do- vremmo trovare le soluzioni per un più concreto ed armonico sviluppo della Politica di Sicurezza e Difesa Comunitaria. L’attuale situazione in Mediterraneo ha reso ancora più evidente la necessità di un approccio com- plementare e sinergico tra le organizzazioni civili e militari nell’ambito dell’UE e incoraggia anche ad una più concreta cooperazione tra NATO ed UE. Si pensi al fenomeno dell’immigrazione via mare, radicalmente mutato in relazione ai conflitti e alle instabilità di questi ultimi anni. Mutato non solo nelle sue dimensioni e nelle sue dinamiche, ma nella sua stessa connotazione, che oggi abbraccia non solo migranti in cerca di migliori condizioni di vita, ma intere famiglie di rifugiati e profughi, che favorisce le connessioni tra organizzazioni cri- minali ed estremiste, che pone gravi rischi alla sicurezza nella duplice accezione di safety e security (tra le tante quella dei “Foreign Fighters”) e alla stessa salute pubblica. Come si può circoscrivere questo complesso di rischi alla sola sfera del controllo delle nostre fron- tiere? “Mare Nostrum” dimostra che la risposta richiede azioni articolate nelle diverse dimensioni della sicurezza collettiva civile e militare, degli interventi umanitari e della salvaguardia della vita umana in mare. Aree molto diverse tra loro, non solo sul piano operativo ma anche e soprattutto perché investono in primo luogo le responsabilità degli stati membri rivieraschi ma anche quelle delle maggiori organizzazioni internazionali, inclusa la NATO. Occorre dunque anche qui un approccio olistico, uno sforzo comune per contrastare i traffici illeciti nelle acque internazionali prima ancora che alle nostre frontiere, sconfiggere i “mercanti di morte“ e dare so- luzioni alla tragedia umanitaria in atto nella consapevolezza che il terrorismo e la criminalità che operano al livello trans-nazionale trovano nella fragile legalità internazionale un terreno di fertili sinergie. È in questo quadro che occorre leggere tutte le iniziative atte a promuovere una razionalizzazione e una revisione delle attuali strutture dell’UE, attraverso un approccio realmente integrato sotto il pro- filo civile-militare. Mi limito ad indicare alcune carenze già peraltro evidenziate nei numerosi documenti elaborati dall’Italia: • la discontinuità nell’architettura di comando e controllo tra il livello politico-strategico e il livello militare-operativo/strategico; • la scarsa integrazione fra la componente civile e quella militare nelle strutture di livello politico- strategico e operativo a Bruxelles; • una forte compartimentazione tra missioni civili e operazioni militari, ancorché insistenti nella medesima area geografica, sia nell’ambito del comando e controllo sia in quello delle forme di finanziamento. Occorre ottimizzare la condotta strategica delle missioni, evitare ridondanze e giungere ad una migliore distribuzione delle risorse con una più equa ripartizione degli oneri tra tutti i Paesi membri. Tale posi- zione è chiaramente richiamata dall’Italia nel non paper del 2012 denominato “More Europe, spending and arranging better on Defence to shoulder increased responsibilities for international peace and security.” Lo scorso anno la Difesa ha proposto un’unica struttura integrata civile-militare di livello politico- strategico e un’altra a livello strategico. Questa proposta sebbene accolta favorevolmente dagli Stati membri, non è ancora operante perché si è alla ricerca di un bilanciamento tra le posizioni civili e militari all’interno dell’EEAS. L’Italia in merito sostiene la volontà, avallata lo scorso dicembre dal Consiglio Europeo in formato Difesa, di considerare il più ampio contesto della revisione dell’EEAS come l’ambito più appropriato per avviare la discussione sulla possibile riforma della PSDC. Mi auguro venga approfondita questa importante prospettiva ricercando, nel modo più bilanciato, ulteriori soluzioni con tutti i partner. Questo seminario può costituire un significativo passo in avanti in uno spirito di franco e costruttivo confronto dal quale potranno scaturire concreti risultati. In questo clima di cooperazione - che dovrebbe promuovere il lavoro di squadra tra le componenti civili e militari - permettetemi di concludere il mio intervento con una citazione di Franklin D. Roo- sevelt : “Competition has been shown to be useful up to a certain point and no further, but cooperation, which is the thing we must strive for today, begins where competition leaves off.” FORZE ARMATE 5
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 6 LA DIFESA E LA PROTEZIONE DEI BENI CULTURALI IN CASO DI CONFLITTO ARMATO di Ferdinando Fedi Articolo tratto dall’intervento che l’autore ha svolto durante il XVI Convegno internazionale della Società italiana per la Protezione dei Beni Culturali (SIPBC) in occasione del 60° anniversario della Convenzione dell’Aja (Tortona, 16-19 ottobre 2014) l ruolo della Di- I fesa in tema di protezione dei beni culturali in ca- so di conflitto arma- to è chiaramente definito sin dai pri- mi articoli della Convenzione del- l’Aja del 1954. All’art. 7 per sottoli- neare il dovere delle forze armate di ogni Paese di diffondere la cultura del rispet- to dei beni culturali nell’ambito del per- sonale militare vie- ne usato il verbo ‘in- culcare’ che è un ter- mine forte, brutto esteticamente e ra- ramente usato nel linguaggio giuridico degli accordi. Una scelta sintattica così decisa è forse conse- guente alla conside- Direttiva del Gen. Eisenhower sulla protezione dei beni culturali 6 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 7 Foto relative alla distruzione dell’Old Bridge sito nella città vecchia di Mostar razione che i conflitti armati hanno costituito e costituiscono una delle principali cause di danneggiamento e distruzione del patrimonio cultu- rale mondiale, non solo per motivi di necessità di conseguire un obietti- vo militare ma anche perché nella strategia del soggetto aggressore l’at- tacco ai beni culturali equivale al tentativo di annullare l’identità e la me- moria storica del nemico, di cui i beni culturali costituiscono viva testi- monianza. Esempio di questi giorni è la distruzione da parte di unità del- l’ISIS del museo di Mosul, in Iraq, e della tomba del profeta Younis, il bi- blico Giona, nella moschea di al –Nabi mentre risale al 2012 l’incendio della biblioteca di Timbuctu, nel Mali, sede della più antica università del Maghreb, da parte delle milizie islamiche di Aqmi e Ansar. In Siria sono stati danneggiati cinque dei sei oggetti patrimonio culturale mondiale presenti nel Paese, tra cui l’antica città di Palmira e i vecchi quartieri di Aleppo. Negli ultimi anni è stata compiuta una vera e propria mattanza di tesori mondiali dell’arte: le tombe sufi incendiate in Tunisia, le Chiese carboniz- zate e i musei copti saccheggiati in Egitto, Sabratha in Libia. Tra il 2004 e il 2008 l’UNESCO aveva elencato sei siti ‘patrimonio dell’umanità’ minaccia- ti dalle guerre. Dal 2009 ad oggi la lista è salita a ventuno, e pure con una certa dose di ottimismo perché vengono prese in considerazione le mera- viglie del mondo più conosciute e non si sa quante altre rovine mai censi- FORZE ARMATE E SOCIETÀ 7
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 8 te sono state devastate. Alla base di molti casi di devastazione si può far ri- salire anche l’iconoclastia, ovvero la lotta contro il culto dell’immagine da parte delle frange più integraliste dell’Islam. Gli attacchi contro i beni culturali costituiscono, pertanto, gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e nell’ambito di un conflitto posso- no essere considerati reati nazionali, crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Queste considerazioni non disgiunte dalla riflessione che l’Italia detie- ne il 50% di tutto il patrimonio culturale del mondo, ha il numero più elevato di beni considerati ‘patrimonio dell’umanità’(49) e con le proprie Forze armate è uno dei primi contributori dell’ONU per la partecipazio- ne a missioni di supporto alla pace, hanno indotto lo Stato Maggiore della Difesa a elaborare una direttiva che delineasse in generale gli ele- menti salienti delle norme, delle convenzioni e dei protocolli intervenu- ti in materia al fine di diffondere nell’ambito delle Forze Armate sino ai minori livelli ordinativi, il regime preventivo e sanzionatorio vigente in materia. La direttiva è stata esposta in sede di Comitato all’UNESCO, ai cui lavori relativi ai beni da sottoporre a protezione rafforzata partecipavano rap- presentanti dello SMD, ed ha ricevuto l’apprezzamento delle Autorità UNESCO che hanno colto lo spunto per esortare tutti i Paesi a seguire l’esempio italiano. Essa spiega come negli ultimi sessant’anni si sia verificata una significativa evoluzione della materia sia sul piano concettuale che su quello normati- vo, con particolare attenzione a quest’ultimo per i risvolti diretti che ha sul personale operante. L’esperienza della Seconda guerra mondiale, con i risvolti tragici anche per il patrimonio culturale, ha mostrato la sostanziale inefficacia degli strumenti normativi allora esistenti e ha indotto la comunità internazio- nale a un nuovo percorso normativo, il cui esito è la Convenzione dell’Aja del 1954. Le norme internazionali e nazionali da applicare sono rivolte prevalente- mente ai militari, che pertanto devono essere preparati e conoscere le convenzioni di base, secondo una tradizione che per l’Italia si deve far ri- salire alla emanazione di un codice militare di guerra nel 1941, contenen- te un capitolo dedicato alle violazioni del diritto umanitario, unico per quel tempo. 8 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 9 Danneggiamento di monumenti in Bosnia Erzegovina In proposito il Codice Militare Penale di Guerra al Capo III del titolo IV, “degli atti illeciti di guerra” reca una disciplina sanzionatoria che, in partico- lare all’art. 187, prevede una reclusione non inferiore a quindici anni per chiunque, in paese nemico, senza essere costretto dalla necessità delle operazioni militari con qualsiasi mezzo distrugge o provoca grave danneg- giamento a monumenti storici, opere d’arte o scientifiche, stabilimenti destinati ai culti, all’istruzione, alle arti e alle scienze. Pur in assenza di specifici strumenti nazionali o internazionali spesso i mi- litari si sono comunque volontariamente assunti responsabilità con diret- tive e iniziative personali. Eisenhower in una famosa circolare alle truppe del dicembre 1943 dichia- rava: “Oggi noi combattiamo in un paese che ha grandemente contribuito alla no- stra eredità culturale, un paese ricco di monumenti che con la loro creazione hanno aiutato, ed ora nella loro veneranda età illustrano la crescita di una civiltà che è la nostra. Siamo chiamati a rispettare questi monumenti nella misura in cui la guer- ra lo consente….cercando di risparmiarli senza alcun detrimento per le esigenze operative. Niente può reggere al confronto con le necessità militari, questo è un prin- cipio accettato. Ma la frase ‘esigenze operative’ è usata qualche volta in casi in cui sarebbe più veritiero parlare di convenienze militari, o persino di convenienze perso- nali. Io non voglio dare questa patente a casi di mollezza od indifferenza.” E così Harold Nicolson, ambasciatore inglese noto anche come scrittore : “Non sono tra quanti ritengono che i siti religiosi siano, in quanto tali, più impor- FORZE ARMATE E SOCIETÀ 9
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 10 tanti delle vite umane (…); né esiterei, in quanto comandante militare, a ridurre in polvere qualche edificio di sola importanza storica se pensassi che in questo modo potrei guadagnare un vantaggio tattico, o diminuire il pericolo cui sono esposti i miei uomini. Le opere di maggiore valore artistico ricadono, tuttavia, in una cate- goria completamente diversa. È assolutamente desiderabile, ai miei occhi, che queste opere siano preservate dalla distruzione, anche ove la loro preservazione dovesse comportare il sacrificio di vite umane. Io sarei assolutamente pronto a farmi fuci- lare, se fossi certo che con questo mio sacrificio io potrei preservare gli affreschi di Giotto … La mia scelta sarebbe governata da un principio sicuramente incontro- vertibile: ciò che non è rimpiazzabile è più importante di ciò che è rimpiazzabile, e persino la perdita della più preziosa delle vite umane è in definitiva meno disastro- sa che non la perdita di un bene che mai più, in nessun caso, potrà essere creato di nuovo.” Sir Charles Portal, raffinato Capo di Stato Maggiore della Raf, ammonì se- veramente il Comandante dei bombardieri inglesi dopo l’incursione su Milano del 24 ottobre 1942 durante la quale il Duomo rischiò di essere ab- battuto, poiché “ aveva messo pesantemente e senza necessità a dura prova la le- altà di qualsiasi ufficiale che avesse a cura la sorte dei tesori artistici e la reputazio- ne della RAF al cospetto del mondo civilizzato di oggi e del giudizio dei posteri”. Tomba di Askia, costruita nel 1485 per la sepoltura di Toure, l’antico Re dell’Impero Songhai, sita nella città di Gao, in Mali 10 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 11 Esemplare poi l’esperienza del Cap. Anthony Clarke. Di assedio nel 1944 con la sua compagnia di fanteria inglese a Sansepolcro, vicino ad Arezzo, decise di non ottemperare agli ordini di cannoneggiamento della città. L’ufficiale sfidava un processo presso la Corte Marziale poiché, da uomo colto e innamorato del Bello in tutte le sue manifestazioni, ricordava di aver letto in un libro di Aldous Huxley che in quella cittadina si trovava la Resurrezione di Piero della Francesca, ‘il miglior dipinto al mondo’. Rifiutò pertanto di bombardarla e salvò il dipinto da sicura distruzione. Non fu condannato. CONTENUTI Rispetto alle precedenti Convenzioni, quella del 1954 è il primo strumen- to di portata generale esclusivamente dedicato al tema della protezione del patrimonio culturale in cui compare, per la prima volta in un trattato internazionale, la definizione di «beni culturali». In ordine alla categoria di «conflitto armato», la Convenzione opta per una definizione ampia: so- no ricompresi non solo i casi di guerra dichiarata tra Stati ma è recata l’estensione ai «conflitti di carattere non internazionale». La Convenzione prevede due livelli di protezione dei beni culturali, quel- lo «generale», relativo ai beni compresi nella definizione di cui all’art. 1, che possono essere identificati in tempo di guerra da un apposito segno distintivo e quello «speciale», da applicare solo ad alcuni beni purché in- seriti in un apposito «Registro» internazionale tenuto dal direttore gene- rale dell’UNESCO, per i quali è obbligatoria la segnalazione durante il conflitto attraverso il segno distintivo. La protezione generale si fonda su due principi, di salvaguardia e di ri- spetto dei beni culturali. Il principio di salvaguardia si traduce nell’obbli- go in capo agli Stati membri di predisporre un’adeguata tutela dei beni culturali già in tempo di pace, attraverso l’adozione di misure «appro- priate» mentre per rispetto si intende che le Parti si impegnano a rispet- tare i suddetti beni sia sul proprio territorio che su quello delle Parti con- traenti, astenendosi dall’utilizzarli per scopi che potrebbero esporli a di- struzione o deterioramento in caso di conflitto e impedendo furti e sac- cheggi. La disposizione è particolarmente significativa perché estende l’ambito di applicazione della Convenzione dal momento bellico al tem- po di pace, dimostrandosi in linea con la più accorta impostazione della tutela dei beni culturali, che, per essere efficace, deve fondarsi sul princi- pio di prevenzione. Il sistema normativo del 1954 interviene anche, per la prima volta in un testo giuridicamente vincolante in relazione a uno degli aspetti più pro- FORZE ARMATE E SOCIETÀ 11
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 12 blematici della tutela dei beni culturali in tempo di guerra: l’illecito tra- sferimento dei beni mobili. Accanto al divieto sancito dalla Convenzione «di furto, di saccheggio o di sottrazione di beni culturali sotto qualsiasi forma», rileva la disciplina introdotta dal Protocollo. Lo Stato occupante è obbligato a impedire l’esportazione dei beni culturali dal territorio oc- cupato e, in caso di violazione di questo obbligo, lo Stato nel cui territorio si trovano i beni importati ha l’obbligo di sequestrarli e restituirli alla fine delle ostilità. PROTOCOLLO DEL 1999 L’effettiva applicazione della Convenzione nel corso degli anni si è dimo- strata problematica, pertanto, nel 1999 una nuova conferenza diplomati- ca ha adottato il II Protocollo che ha introdotto un nuovo regime, detto di protezione rafforzata (enhanced protection), che ha sostituito quella speciale. Per inserire tali beni nell’apposito elenco presso l’UNESCO è prevista una procedura molto rigorosa e complessa che vede impegnati il Segreta- riato, il Bureau e il Comitato. I beni da proporre, che devono essere un patrimonio culturale della mas- sima importanza per l’umanità è necessario che siano protetti da adegua- te misure giuridiche e amministrative nazionali e che non siano usati per scopi militari o per proteggere siti militari. Le proposte che soddisfano le suddette caratteristiche vengono istruite dal Bureau dell’UNESCO, cui fanno parte a turno nove Paesi, e poi sotto- poste al Comitato Intergovernativo per la definitiva iscrizione. Al momento risultano iscritti solo dieci beni in tutto il mondo e in Italia gode di questo regime Castel del Monte, in Puglia. L’art. 15 del Secondo Protocollo del 1999 ha sancito inoltre il principio della responsabilità penale individuale dell’autore della violazione con ri- ferimento ad una serie di condotte, configurabili come reati, poste in es- sere contro i beni culturali, quali, ad esempio il fare oggetto di un attacco un bene culturale sotto protezione ai sensi della Convenzione e del Se- condo Protocollo; utilizzare un bene culturale sotto protezione o la zona circostante a sostegno di un’azione militare; distruggere o appropriarsi di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Secondo Protocollo; com- piere furti, saccheggi, appropriazioni indebite o atti di vandalismo contro beni culturali. 12 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 13 Bombardamento della Cattedrale di Rheims Le norme legislative devono stabilire, inoltre, la giurisdizione e norme di estradizione per i fatti compiuti all’estero. La legge n. 45/2009 di ratifica del Secondo Protocollo ha adempiuto tale obbligo da parte del nostro Paese in modo molto soddisfacente. LIMITAZIONI I beni protetti, chiamati anche a protezione generale, in tempo di pace non sono soggetti ad alcuna limitazione nell’utilizzo da parte delle Auto- rità Militari, infatti in Italia alcuni edifici prestigiosi sono sede di scuole o Unità Militari, vedasi ad es. la Reggia di Caserta che ospita la scuola sot- toufficiali dell’Aeronautica Militare, il palazzo Ducale di Modena che ospita l’Accademia militare o il complesso di Santa Maria Novella a Firen- ze che ospita la Scuola Marescialli dei Carabinieri. Divieto di utilizzo militare, anche in tempo di pace, è invece previsto per i beni a protezione speciale (art. 9 della Convenzione) e, soprattutto, per i beni a protezione rafforzata (Art.10 del Secondo Protocollo) per i quali una specifica dichiarazione del Capo di Stato Maggiore della Difesa ne esclude l’uso assoluto, anche temporaneo ed occasionale, sia per fini ad- destrativi che per fini operativi. Al fine di procedere al rilascio della suddetta dichiarazione sarà necessario prima di tutto escludere che il bene non sia interessato ad alcuna pianifica- zione operativa e che lo stesso e le aree immediatamente adiacenti non sa- ranno utilizzate per fini militari o per proteggere postazioni militari. FORZE ARMATE E SOCIETÀ 13
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 14 GIURISPRUDENZA Facendo un percorso a ritroso ed esaminando le condanne dei criminali che hanno violato norme sulla protezione dei beni culturali, meglio si può intendere a quale categoria di reati appartengono le violazioni stesse. Il Tribunale di Norimberga non prevedeva incriminazioni specifiche per i beni culturali, al di là delle generiche indicazioni quali ‘saccheggio di beni pubblici e privati’, ‘distruzioni senza motivo di città’ o ‘devastazioni non giustifi- cate da esigenze militari’, pertanto, aveva condannato Hermann Goring per saccheggio, il feldmaresciallo Keitel per distruzioni e Hans Frank per ‘eco- nomic exploitation’. Esso aveva confinato la categoria dei crimini contro l’umanità in una nor- ma che configurava il reato di ‘persecuzione’. L’attacco ai beni culturali è stato considerato ‘persecuzione’ nel caso di Alfred Rosenberg, condannato poiché su ordine di Hitler aveva organizzato e diretto le ‘Eisatzstab Rosem- berg’ per depredare e saccheggiare sistematicamente musei, biblioteche e collezioni d’arte. Anche Baldur Von Schirach fu condannato per aver tele- grafato a Martin Bormann l’ordine di bombardare una citta di cultura in- glese per rappresaglia all’uccisione di Heidrich. Rilevante contributo alla precisazione dei contorni dei crimini commessi a danno dei beni culturali – post Convenzione – è offerto dalla copiosa giurisprudenza del Tribunale dell’Aja per i crimini commessi nell’ex Yu- goslavia. Le sentenze del tribunale hanno sancito l’applicabilità delle nor- me sia ai conflitti internazionali che a quelli interni e l’applicabilità delle stesse in materia di responsabilità penale individuale per gravi attacchi a beni culturali e artistici, spesso in connessione con quelli religiosi. Inoltre, la giurisprudenza presenta una significativa evoluzione sotto il profilo del diritto penale sostanziale, prendendo in considerazione in pri- mis i crimini di guerra poi estendendo alcune gravi violazioni a crimini contro l’umanità, quando i beni culturali sono anche simboli religiosi, si- no ad arrivare a delineare il crimine di genocidio quando “gli attacchi ai be- ni culturali artistici e religiosi sono realizzati con l’intendimento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale.” In tale direzione sono andate molte sentenze ove sono state qualificate le azioni armate contro beni culturali come attacchi con lo scopo di distrug- gere l’identità del gruppo, tra cui quelle nei casi Milosevic e Mladic, impu- tati di persecuzione razziale, che sono stati condannati per crimini contro l’umanità anche per la sistematica distruzione di edifici religiosi della co- munità musulmana e croata comprese moschee, chiese e biblioteche. 14 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 15 Bombardamento dell’Abbazia di Monte Cassino I conflitti nei Balcani dell’ultimo decennio del secolo scorso si sono carat- terizzati anche per la ferocia con la quale sono stati condotti attacchi con- tro i Beni Culturali simbolo. Essi non sono stati meri danni collaterali nel- l’ambito di un attacco ad obiettivo militare legittimo. In molte situazioni, è stato valutato, che sono stati considerati oggetto di pulizia etnica intesa come volontà di distruggere oggetti che costituiscono il patrimonio che rappresenta l’identità più profonda di un popolo. Non possono essere di- versamente interpretati gli attacchi alla Biblioteca di Sarajevo o al ponte di Mostar, in quanto privi di qualsiasi possibile collegamento con la neces- sità militare. Anche nel conflitto del Kossovo del 1999 si può ravvisare la presenza di questo intento deliberato di colpire nel profondo la cultura e l’identità di una comunità. Basti pensare alla distruzione di circa 200 moschee e di cir- ca 90 monasteri ortodossi. CONCLUSIONI Lo Statuto di Roma che ha istituito la Corte Penale Internazionale, ispi- ratosi soprattutto alla giurisprudenza di Norimberga, è in vigore dal 1° luglio 2002 e all’art.8 prevede come crimine di guerra ‘l’attacco diretto intenzionalmente contro edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte, FORZE ARMATE E SOCIETÀ 15
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 16 Mali: tomba distrutta a monumenti storici, a ospedali...purchè tali edifici non siano utilizzati per fini militari’. L’Italia, pur avendo ratificato lo Statuto, solo nel 2012 ha approvato una legge di adeguamento senza risolvere, però, il proble- ma della doppia incriminazione non avendo introdotto nel nostro ordi- namento un catalogo di delitti speculari a quello per cui ha la giurisdizio- ne la Corte. La specifica fattispecie è stata inserita nella legge delega di approvazione del nuovo codice penale militare delle missioni all’estero. Ad oggi le forze armate italiane partecipano con circa 5000 uomini a 33 missioni che si svolgono in 25 Paesi del mondo. Tra i compiti anche quelli di training and mentoring, ove nei programmi formativi spiccano con fre- quenza le materie dedicate alla protezione dei beni culturali. È doveroso, pertanto, che la normativa del settore sia più che mai conosciuta e diffusa tra i militari. 16 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_06_17_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 17 Lettera del Gen. Eisenhower sulla protezione dei beni culturali FORZE ARMATE E SOCIETÀ 17
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 18 L’EVOLUZIONE DELL’ADDESTRAMENTO NEI COMBAT TRAINING CENTERS (CTCS) NELL’US ARMY IN RISPOSTA AI NUOVI CONFLITTI ASIMMETRICI di Fabrizio Salerno (Parte 2) US Army Asymmetric Warfare Group - photo by www.army.mil 18 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 19 addestramento condotto presso i Combat Training Centers dell’US L’ Army è in continua e costante evoluzione, tanto da suddividere le operazioni in Non Lethal Operations e Lethal Operations (JP1-02 Dictionary of Military and Associated Terms Ed. Nov 2010 aggiornata 15 Jun 14 del Department of Defence USA). 1. Non Lethal Operations In questa tipologia di Operazioni, prevale l’elemento umano. Si riconducono a tale classificazione le non lethal resources quali il Civil Af- fairs (CA), le Psycological Operations (Psyops) e il Public Affairs (PA). Grazie al ruolo svolto dai role players, si è in grado di addestrare le unità in rotazione in un ambiente caratterizzato dalle pubbliche relazioni, negoziazioni, contrattazioni, scambi e divulgazioni d’informazioni. Svolgono un ruolo molto importante in tale contesto le Info Ops1. Rientrano nel Non Lethal Training le seguenti aree: Language, Culture, Di- plomacy, Negotiations, History, Religion, PRTs, Reconstruction, Information Ope- rations, Human Terrain Teams, Economics, Detention Operations in COIN, Elec- tions, Policing, Finance and Contracts. Il key point è rappresentato dalla neces- sità di saper bene integrare l’addestramento tra queste aree d’impiego. Secondo l’approccio dell’US Army, un’unità dovrebbe essere addestrata a svi- luppare una comune visione operativa nel Non Lethal Environment nonché, es- sere in possesso di un piano di sviluppo integrato politico-militare che accor- pi tutti questi elementi. Questo perché occorre approcciare il problema secondo una completa visione delle Non Lethal Operations che possa nel suo complesso generare comprensione globale e non confusioni. In sintesi si sta cercando di giungere, con il Non Lethal Training, ad adde- strare le unità sviluppan- do una comune visione A Tour Through the Simulated Battlefields of the U.S. Army National operativa del Non Lethal Training Center - photo by Venue “In the Box” 1 Ad oggi, secondo la dottrina NATO Military Policy on Information Operations MC 0422/4 Ed. 19 July 12:“La funzione Information Operations è una funzione operativa di coordinamento che mira ad analizzare, pianificare, verificare ed integrare le attività nell’ambiente dell’informazione, al fine di creare effetti desiderati sulla volontà, comprensione e capacità degli avversari, dei potenziali av- versari e altri soggetti selezionati definiti Target Audience, a supporto degli obiettivi della missione”. FORZE ARMATE 19
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 20 Environment, con un piano integrato politico-militare all’interno della propria Area of Operations (AOO), che possa incorporare tutti le aree in precedenza evidenziate. Media Operations. Presso i CTCs svolgono un ruolo molto importante le operazioni Media, svolte sia dalle televisioni e sia dalla carta stampata. Le tv sono rappresentate dalle imitazioni di Al Jazeera e dall’International News Network (INN). Mentre quest’ultima usa uno stile d’informazione tipicamente americano (CNN), la prima cerca di riportare le informazioni secondo l’approccio e la percezione del mondo arabo. Entrambe le tv producono giornalmente dei telegiornali riportando l’evolversi della situazione corrente, nel pieno realismo con interviste e servizi curati da personale civile e militare dotato di expertise nel settore del Public Affairs. Scopo del Media Training, è quello di far correttamente interagire coman- danti e public information officers (PIOs) con reporters incalzanti davanti a una telecamera. In tal modo le unità imparano non solo a organizzare le informazioni, ma a riconoscere e prevenire Misinformation, Speculations & rumors e saper ge- stire soprattutto con tempestività le crisi mediatiche. Stesso discorso viene applicato con la carta stampata, mediante la pubbli- cazione di due giornali (Arabic Newsletter) e un altro di stile occidentale (Talatha Times), con articoli curati giornalmente da personale esperto nel settore, per lo più veri giornalisti ed esperti del settore, che costituiscono la cosiddetta Simulated Press Cell (SimPress). Fiscal Operations. Con tali operazioni, le unità si esercitano a usare fondi as- segnati includendo il Commander’s Emergency Response Program relativi alle opere di ricostruzione, richieste di risarcimento danni, pagamenti di ono- ranze funebri, ricompense per informazioni acquisite, etc. Compito degli O/C-Ts è anche quello di verificare il corretto utilizzo dei fondi assegnati alle unità. Altra importante evoluzione nell’addestramento condotto e di nuova concezione, è il sempre più importante ruolo affidato ai Provincial Recon- struction Teams (PRTs) training. Gli obiettivi finalizzati a tale addestramento sono: - Fornire una conoscenza del PRT (mission, organization, tasks and operations of PRTs, including both “paired” and “embedded” Iraq PRTs and Afghanistan PRTs, PRT support requirements and effective interaction between BCTs & PRTs, work plans and key programs); - Incoraggiare e promuovere una corretta mentalità volta a un’effettiva collaborazione Civile Militare (understand differences in mission, approach, culture, and resources between the military and civilian agencies in the field, uni- ty of effort, best practices and friction points, integrated/coordinated BCT and PRT planning, operations, battle rhythm); 20 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 21 - Accrescere e migliorare la conoscenza del processo di Stabilizzazione e Ricostruzione (key concepts, organizations, and programs in S&R, Iraqi/Af- ghan government and politics, S&R and COIN: Targeting political effects that promote stability). In sintesi tale addestra- mento si prefigge lo sco- po di dimostrare che il PRT si concretizza in “va- lore aggiunto” al lavoro svolto dalle unità ope- ranti in Teatro, in quan- to non organismo a se stante ma interagente con essa. Intelligence driven opera- tions. Lavorando con la PRT Training through the Simulated Battlefields of the U.S. Army Defense Advanced Research National Training Center - photo by Venue “In the Box” Projects Agency, il NTC ha sviluppato un nuovo pro- gramma definito Reactive Information Propagation and Planning for Lifelike Exercises (RIPPLE), con il compito di migliorare il realismo dello scenario giocato. Il RIPPLE è un network-modeling & artificial-intelligence software, che ha il com- pito di tracciare per tutti i role players impiegati nei CTCs, i loro ruoli e le loro relazioni interpersonali, determinando tutti gli aspetti da quello familiare a quello storico, comunicativo, sociale, culturale, religioso, motivazionale etc. Basato su questo continuo rilevamento, il NTC può quindi dinamicamen- te valutare e modellare a seconda dei casi, gli effetti dell’interazione di un’unità con i role players abitanti di un dato villaggio all’interno del CTC. Quindi sulla base dell’influenza positiva o negativa dell’unità sulla popo- lazione locale, il RIPPLE può velocemente determinare delle azioni im- partendo di conseguenza delle istruzioni ai role players. Lo scopo del RIPPLE è quello di osservare e valutare, determinando la giusta causa-effetto tra le relazioni interpersonali che intercorrono tra i membri dell’unità e i role players. Il NTC ha recentemente lavorato con l’University of Southern California’s In- stitute for Creative Technology (ICT) e con un team di produttori e registi ci- nematografici, tecnici di effetti speciali di Hollywood, per migliorare la qualità e il realismo dei giochi di ruolo, e degli scenari da proporre duran- te gli addestramenti condotti presso i CTCs. 2. Lethal Operations Queste operazioni sono designate per esercitare e migliorare le skills delle unità utilizzate in Teatro, in particolare: Cordon & Search, Raids on high va- FORZE ARMATE 21
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 22 lue targets, SOF, Combat Patrolling, Convoy & Security. L’impiego delle Force- on-Force & Live-Fire si prefiggono proprio l’intento di stressare l’abilità del- l’unità al fuoco e alla manovra. Detainee Operations. Le unità in rotazione si addestrano presso i CTCs an- che a detenere e interrogare suspected insurgent role players. In particolare alle unità, viene richiesto di compilare tutti i documenti previsti in caso di detenzione, permettendo durante la rotazione, delle continue ispezioni da parte di altri role players dell’International Committee of the Red Cross. IEDs defeat. In partnership con il Joint IED Defeat Organization, il NTC è di- ventata la casa madre del Joint IED Defeat Center of Excellence. Questa nuova e importante risorsa attribuisce ulteriore importanza all’addestramento Counter IED. Ad oggi, presso i CTCs si conducono corsi di addestramento specifici individuali e per piccole unità, utilizzando IED battle drills, into mounted and dismounted combat patrols, includendo continui updates, alle at- tuali ed emergenti tecnologie IED impiegate in Teatro dagli insurgents. Personnel Recovery (PR). Presso i CTCs si è dato ultimamente risalto al Perso- nal recovery training. In particolare questo tipo di addestramento condotto con l’ausilio di SOF, sviluppa tre diversi scenari: 1) downed Coalition pilots; 2) captured US soldiers; 3) captured civilian contractors and aid workers. Il NTC conduce questo tipo di addestramento secondo quanto previsto dal FM 3- 50.1, fornendo O/Cs che abbiano frequentato con successo un apposito corso presso il Joint Personnel Recovery Agency e siano di conseguenza, abili- tati e accreditati a poter osservare le unità durante tutte le fasi di pianifi- cazione, preparazione e condotta del PR training. Joint Integration Training. Presso i CTCs si sta sempre di più sviluppando un approccio all’addestramento joint. Questo grazie all’impiego simultaneo Units on training through the Simulated Battlefields of the U.S. Army National Training Center - photo by nco- journal.dodlive.mil 22 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 23 in esercitazione di F-16, C17, AC-130, E-8 Joint surveillance Target Attack Ra- dar System, EA-6b Prowler, e una varietà di UAVs. Seppur si stia cercando di utilizzare tutti questi enablers in un virtual or constructive environment (sem- pre più sviluppati e costosi), l’obiettivo resta quello di utilizzare live assets. Inoltre presso il NTC si addestrano simultaneamente unità in rotazione dell’US Army, SOF, Marines e distaccamenti di Navy Seals. L’approccio definito NTC’s Joint Orientation, ha lo scopo di integrare other-service capabilities in pre- visione di un loro simultaneo impiego in operazione, sempre più richiesto. Air-ground integration. Recentemente i CTCs hanno inoltre implementato e migliorato l’integrazione air-ground TTPs, grazie alle ultime LsL prove- nienti dal Teatro iracheno del passato e, le ultime LsL, provenienti dal Teatro afghano. Presso il NTC’s airspace C2, si è sviluppato lo studio per il controllo dello spa- zio aereo coordinato a diverse altitudini. Questo al fine di garantire il corret- to utilizzo di aerei, elicotteri, sistemi UAVs e fuoco. Durante una recente eser- citazione una BCT in rotazione, ha simultaneamente impiegato e integrato con successo, 13 diverse air platforms in supporto ad una ground operations. Training with Iraqi Security Forces (ISF) Afghan National Police (ANP) e Afghan National Army (ANA). Una delle maggiori priorità dei CTCs e’ quella di cer- care l’approccio migliore per preparare e addestrare le unità in rotazione, che lavoreranno e si addestreranno con queste unità in operazione. Attualmente presso il NTC ed il JRTC molti role players dell’Iraqi police, del- l’Iraqi Army battalion dell’Afghan National Army (ANA) e dell’Afghan National Police (ANP), sono anch’essi di origine araba, costruendo un serio rappor- to di collaborazione con dette unità, con le quali potersi addestrare con- giuntamente non solo in Teatro. Ad oggi i CTCs, hanno completato il loro accreditation process e sono stati ac- creditati per l’addestramento di 8 particolari tasks connessi alla GWOT quali: - Counter IED operations; - Joint urban operations; - Development and sharing of intelligence; - Communications; - Joint personnel recovery; - Tactical information operations; - Close air support; - Joint fires. CONCLUSIONI Le esperienze condotte in termini di lezioni apprese, hanno evidenziato enormi benefici per le unità impegnate in rotazione. Lo scopo non è quello di enfatizzare cosa le unità sono in grado di fare, quanto quello di individuare cosa “non sanno fare” e porre immediato rimedio con la pra- tica e l’addestramento, al fine di essere pronti per il successivo step, la fase FORZE ARMATE 23
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 24 cruciale, ossia l’impiego dell’unità nel vero Teatro delle operazioni. I CTCs sono gli unici luoghi che permettono alle BCTs di operare nel ri- spetto delle TTPs, in un ambiente pre-costituito, quanto più realistico di tipo live-fire & force-on-force. Il tutto è focalizzato a riproporre l’addestramento (Mission-Rehearsal Exer- cises), quanto più simile possibile a quello che sarà l’impiego dell’unità in Teatro, al fine di facilitare la fase di preparazione psicologica del pre-de- ployment con la successiva fase di immissione dell’unità in zona di combat- timento senza particolari problemi. Grazie al tipo di addestramento realistico Non Lethal Ops (Media, reazioni della popolazione locale e organizzazioni umanitarie NGOs e GOs), si è giunti a constatare le conseguenze di un uso eccessivo della forza da parte delle unità impegnate in Teatro con effetti negativi a volte devastanti sulla popolazione locale, compromettendo seriamente il supporto alla missio- ne, con perdita di consensi, da parte dell’opinione pubblica nazionale. L’esperienza condotta e maturata presso i CTCs dimostrano la necessità di rivedere continuamente l’addestramento e la dottrina. I CTCs si muovono in tale direzione, continuando a lavorare su nuove ini- ziative quali: 1) Improved urban operations facilities. A tal riguardo già durante l’anno fiscale 2006 l’US Army aveva commissio- nato 12 milioni di dollari al fine di iniziare la costruzione di ulteriori ur- ban operations facilities all’interno dei CTCs. Negli anni a seguire, pur nel- l’ottica di un ridimensionamento del budget militare, l’US Army ha cercato di proseguire su questo trend. Il progetto finale prevede non solo un ampliamento delle facilities ma an- che il completamento di ulteriori progetti volti al miglioramento dei CTCs, sulla politica intrapresa di accorpamento di vecchie installazioni or- mai in dismissione verso nuovi Centri denominati di Eccellenza. Ne è un esempio concreto lo spostamento avvenuto nel 2010, dell’US Ar- my Armor School (USAARMS) di Fort Knox in Tennessee, presso il Maneuver Center of Excellence (MCoE) di Fort Benning in Georgia già casa dell’US Ar- my Infantry School (USAIS)2. 2) Media, Interagency and NGO training. I continui feedback positivi raccolti indicano di dover continuare a perse- guire e migliorare tali delicatissimi settori. È indubbio che l’addestramen- to condotto in tali aree comporti enormi benefici. 2 Since 2005, Fort Benning has been transformed into the Maneuver Center of Excellence, as a result of the 2005 Base Realignment and Closure (BRAC) Commission’s decision to consolidate a number of schools and installations to create various “centers of excellence.” Included in this transformation was the move of the Ar- mor School from Fort Knox to Fort Benning. 24 INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 5/2014
IdD_05_2014_Pg_18_29_Layout 1 15/12/14 17:25 Pagina 25 Per quanto concerne l’Interagency & NGO training, l’US Army ritiene di do- ver migliorare l’addestramento Interagency/Non Lethal Training. L’integrazione di personale del comparto civile che si addestra sul campo con le unità fin dal Pre-deployment Rehearsal Mission, fa si che s’instaurino tra militari e civili rapporti di fiducia e di amicizia, i quali si fortificano missione durante. L’addestramento simulato Interagency, garantisce un’osmosi di esperienze e informazioni senza paragoni. Se per un soldato il semplice dover dormire in tenda e garantirsi una prote- zione alla possibile offesa è un fattore del tutto normale, non è così per il contractors civile impegnato al suo fianco nell’opera di ricostruzione in un PRT. Parimenti è anche vero che se per il contractor civile può appare chiaro il piano di ricostruzione da dover sviluppare, ciò potrebbe non essere parti- colarmente chiaro al soldato, seppur di maturata esperienza sul terreno. Per poter giungere alla vera stabilizzazione e ricostruzione di un dato Pae- se, occorre necessariamente passare attraverso il lavoro congiunto e inte- grato della cooperazione civile-militare. Il “pool of trainers” approach, permette di avere pertanto O/Cs sia appartenen- ti all’US Army, sia appartenenti al comparto civile che si riflette su un netto miglioramento dei rapporti tra comparto civile e militare. Questo determi- na come conseguenza, già nel tempo di pace, la necessità di dover coopera- re fianco a fianco, sviluppando congiuntamente dei piani di operazione che prevedano la fattiva collaborazione e cooperazione civile-militare non solo in fase di pianificazione ma anche in fase di organizzazione e condotta. Ad oggi le BCTs svolgono un Pre-deployment Training presso il NTC, il JRTC e il JMRC, addestrandosi con personale del comparto civile che lavoreran- no nei PRTs. In particolare, il personale dei PRTs che lavoreranno in Afghanistan, fre- quentano un ulteriore preventivo corso, tenuto direttamente presso lo State Department Foreign Service Institute (FSI) o presso l’United States Army Special Operations Command (USASOC) in Ft. Bragg (corso nato nel 2007), con il supporto dell’United States Agency for International Development (USAID). IL FUTURO È GIÀ REALTÀ Ad oggi, il processo di addestramento condotto presso i CTCs è in conti- nua evoluzione. Lo studio e l’analisi fin qui condotta, evidenzia in conclusione, il perché l’US Army attribuisca enorme importanza allo sviluppo dei CTCs, rivesten- do essi, un cambiamento epocale nel processo di addestramento delle unità impegnate in Teatro, al fine di rispondere prontamente alle nuove minacce imprevedibili scaturite dai nuovi conflitti asimmetrici. Le ultime guerre in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Crimea e Ucraina, la forte instabilità nell’area africana (Egitto, Libia e Somalia) e medio orien- tale (Israele - Hamas), ISIS, degli ultimi tempi, evidenziano il passaggio da un tipo di conflitto denominato convenzionale a uno di tipo prettamente FORZE ARMATE 25
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