L'Amazzonia: Diocesi di Cremona
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Sinodo per l’Amazzonia: introdurre i “peccati ecologici” contro il creato e l’ambiente “La radice dei peccati ecologici è nella Genesi”. A ricordarlo, conversando con i giornalisti a margine del briefing odierno sul Sinodo per l’Amazzonia, è stato mons. Erwin Kräutler, vescovo prelato emerito di Xingu, in Brasile, che ha citato il versetto del primo libro della Bibbia – “E Dio vide che era cosa buona” – collocato proprio al termine dell’opera creatrice di Dio. Tra le proposte emerse dal Sinodo per l’Amazzonia – in corso in Vaticano fino al 27 ottobre – c’è infatti quella dell’introduzione dei “peccati ecologici”, a danno della creazione e dell’armonia del creato, di cui si è parlato nella quarta Congregazione generale, svoltasi ieri pomeriggio. Dai padri sinodali, in particolare, è stata auspicata “una conversione ecologica che faccia percepire la gravità del peccato contro l’ambiente alla stregua di un peccato contro Dio, contro il prossimo e le future generazioni”. Di qui la proposta di approfondire e divulgare una letteratura teologica che includa, insieme ai peccati tradizionalmente noti, i “peccati ecologici”. In queste prime cinque Congregazioni generali hanno preso la parola 77 padri sinodali, 7 uditori, 3 invitati speciali e un delegato fraterno. Nuovi ministeri per uomini e donne. “Istituire un ministero laicale femminile per l’evangelizzazione”. E’ una delle proposte della quinta Congregazione generale, in cui i padri sinodali – riferisce Vatican news – hanno fatto emergere la necessità di “promuovere una partecipazione più attiva della donna nella vita della Chiesa” e hanno lanciato un invito a “contrastare la violenza sulle donne”. “Si tratta di far
emergere la soggettività ecclesiale delle donne”, ha spiegato padre Giacomo Costa, segretario della Commissione per l’Informazione: “Non per una rivendicazione, ma come riconoscimento di quello che si sta già vivendo”, ha precisato”. Dai lavori del Sinodo, inoltre, è emersa “l’esigenza di far sorgere figure ministeriali laicali più partecipative”, ha reso noto il gesuita. Di qui la necessità di una “creatività” per “nuove ministerialità che rispondano con più efficacia alle necessità dei popoli amazzonici”. Tra le proposte della quarta e della quinta Congregazione generale, ha reso noto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, è stata segnalata la “possibilità di incrementare il diaconato permanente degli indigeni, che svolga diverse funzioni”, tra cui “il ministero della Parola, l’amministrazione dei battesimi, della comunione, dei matrimoni, l’accompagnamento nelle celebrazioni per i defunti”. Viri probati. “Non c’è un’altra possibilità”. Così mons. Kräutler ha risposto alle domande dei giornalisti sui “viri probati”. “I popoli indigeni non intendono il celibato, e lo dicono apertamente”, ha testimoniato il presule, che ha confermato di avere incontrato il Papa il 5 aprile 2014, e dunque prima della stesura della Laudato si’, e di avergli posto “tre punti: le minacce all’Amazzonia, le sue possibilità di distruzione; le condizioni delle popolazioni indigene; la questione dell’Eucarestia, cioè il fatto che ci siano migliaia e migliaia di comunità in Amazzonia che non hanno l’Eucaristia, se non una, due o tre volte l’anno”. “I due terzi delle comunità amazzoniche che sono senza sacerdoti sono dirette e coordinate da donne”, ha fatto notare poi il vescovo: “Si parla tanto di valorizzazione della donna, ma cosa vuol dire? Hanno bisogno di riconoscimenti concreti, come il diaconato femminile, che è un argomento del Sinodo”. “La Chiesa è sempre stata politica”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Kräutler ha precisato: “Bisogna intendersi su cosa sia la politica. Per la Chiesa, la politica è l’arte di lottare per il bene comune”. Kräutler è partito dalla celeberrima definizione di Aristotele: “L’essere umano è un essere politico”. “Non parliamo di una politica dei partiti, ma di una politica che viene dal Vangelo”, ha puntalizzato: “Gesù è stato un politico. Io prego, ma mi impegno anche per il mio popolo. Vedo uomini e donne che non sanno quale sarà il loro futuro, e questo mi commuove profondamente”. Il collasso della foresta. “Quindici o vent’anni”. È questo il tempo che abbiamo a disposizione per scongiurare la totale scomparsa della foresta amazzonica. A lanciare il grido d’allarme è stato Carlos Alfonso Nobre, scienziato, Premio Nobel per la Pace 2007, che ha fatto notare come l’Amazzonia abbia “un ruolo determinante per il futuro della sostenibilità del nostro pianeta, ma purtroppo siamo molto vicini ad un collasso della foresta. Ora siamo al 15% della deforestazione, cioè molto vicini al punto di non ritorno, con tassi di disboscamento e di incendi in aumento”. Di fronte a questo quadro della scienza, per Nobre “la tecnologia, se non diventa tecnocrazia, può essere un aiuto e non un ostacolo. Dobbiamo mettere in atto conoscenze secondo un nuovo modello di economia sostenibile che possa aiutare le popolazioni locali: un economia decentrata, che non è urbanizzazione”. Interpellato dai giornalisti sul “negazionismo scientifico” di chi non crede nel riscaldamento globale, il Nobel lo ha definito “una delle minacce più grandi, che non viene però dalla maggioranza della popolazione del mondo. Si tratta di una quota molto piccola, non della popolazione ma dei rappresentanti di quegli interessi economici che hanno dominato in questi anni”.
Il tragico monito di Halle Nell’attentato di oggi contro la comunità ebraica di Halle, città della Sassonia, cuore della Germania, non vanno ignorati alcuni singolari dettagli che ci aiutano a collocare nel quadro simbolico, oltre che in un contesto criminale, le antiche e rinnovate strategie dell’antisemitismo. Anzitutto la concomitanza con Yom Kippur, la solenne festa dell’espiazione che segue all’avvio del nuovo anno ebraico. Il famigerato medico di Auschwitz Josef Mengele nell’esercizio delle sue funzioni si riteneva investito non solo di un ruolo scientifico. Egli nella sua veste si considerava legittimato a decretare la vita o la morte dei prigionieri, inserendo così se stesso e la sua aberrante condotta, contraria a ogni principio ippocratico, in un orizzonte pseudo-escatologico. Si racconta in proposito un tragico ma emblematico aneddoto. Mengele amava eseguire la selezione dei deportati a Yom Kippur, giacché sapeva che in quel giorno il giudizio divino decreta chi vive e chi muore. In tal modo lui e non Dio, avrebbe giudicato chi sarebbe vissuto e chi no. Ecco che l’oltraggio della vita e della morte, attuato da chi non solo profana la dignità, ma nega ogni diritto e la stessa esistenza al suo simile, delineava ieri ad Auschwitz e oggi ad Halle, il culmine di un disegno perverso: la cancellazione della vita presente e futura. In questa azione radicale si collocava e si ritrova tuttora uno dei tratti costituivi dell’antisemitismo. Il secondo dettaglio che non dovrebbe essere sottovalutato è il luogo in cui è avvenuto l’attentato odierno. Ad Halle, città di antica tradizione accademica e tra i principali centri dell’Illuminismo tedesco, nacque nel marzo del 1904 Reinhard Heydrich, uno dei principali pianificatori ed
esecutori della cosiddetta “soluzione finale del problema ebraico”. Heydrich, rapidamente giunto ai vertici del Terzo Reich, morì appena trentottenne per le ferite riportate in un attentato a Praga. Ciò non impedì che il suo progetto di sterminio venisse attuato secondo le precise disposizioni illustrate nel gennaio del 1942 alla conferenza di Wannsee, tanto che gli venne assegnato un nomignolo inquietante: il “giovane dio malvagio della morte”. Alla luce della convinzione di Mengele e al soprannome attribuito ad Heydrich, emerge perciò un dato che con l’atto terroristico di oggi, come con gli episodi sempre più frequenti di antisemitismo in Europa, conferma una sua tragica, immutata attualità e ci interroga drammaticamente. L’antisemitismo elevato dal nazionalsocialismo a dogma ideologico e politico fondante un mondo nuovo, sia per il suo bagaglio concettuale positivista, sia per la realizzazione pratica del suo progetto di morte, può essere giustamente definito una manipolazione antropologica dell’umanità attraverso l’esclusione di una sua parte. Ma l’atto omicida di ogni uomo elevatosi a demiurgo divino dei propri simili o di quanti considera esclusi da quel mondo che lui ha progettato, non ha alcuna prospettiva realmente generativa. Questo perché nell’esecuzione dei suoi obiettivi, egli elabora e attua una serie di azioni di morte dirette a modellare l’uomo sulla base di princìpi assolutizzati, dove l’umanità viene dapprima spogliata della sua condizione creaturale, delle sue aspirazioni più alte e poi eliminata. Primo Levi, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, ha così espresso nel suo più celebre libro tale condizione: “Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo”. L’attentato di Halle rinnova questo monito al cospetto dell’unica, condivisa nostra umanità.
Branduardi canta la spiritualità di Ildegarda di Bingen Nel 2019 Angelo Branduardi festeggia i 45 anni di carriera, una lunga avventura intrecciata alla storia della musica italiana ed europea, con radici nelle tradizioni e nelle forme popolari, che gli hanno attribuito il titolo di “menestrello” italiano. Oggi, dopo sei anni di silenzio dall’ultimo lavoro – “Il Rovo e la Rosa” che raccontava storie di uomini e donne vite anche misteriose e che ha avuto un grandissimo successo – torna come negli anni passati a confrontarsi con il sacro. Per “Il Cammino dell’anima” il nuovo album uscito il 4 ottobre con grande gioia e sorpresa dei suoi ammiratori, ha scelto la figura di Ildegarda di Bingen, monaca benedettina che si distinse “per saggezza spirituale e santità di vita”, come disse nel 2010 Benedetto XVI in una delle due catechesi dedicate alla teologa che lui stesso proclamò Dottore della Chiesa. “C’è molto di Branduardi, in questo album, ma anche altro, e consiglio, prima di ascoltarlo, di mettersi comodi e chiudere gli occhi per prepararsi a compiere un viaggio…..” . Così il Maestro ospite nei nostri studi ci suggerisce per iniziare a scoprire la Suite di brani strumentali e cantati che vede la partecipazione anche di Cristiano de Andrè e del controtenore Arturo Sorrentino insieme ad una orchestra straordinaria guidata da Stefano Zavattoni. Ascolta l’intervista ad Angelo Branduardi https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/10/08/19/1352 73564_F135273564.mp3
Al centro, la spiritualità di Ildegarda, dalla Germania di fine XI secoolo, con i suoi mille spunti di riflessione sulle donne, sulla teologia, sulla profezia e sulla mistica ma anche sull’arte, la cucina, la natura, la medicina e la musica, tutte materie di cui è riuscita ad occuparsi negli 81 anni della sua movimentata esistenza . Una “figura difficile da contenere” per quanti interessi ha avuto e che ha segnato profondamente il Maestro Branduardi per la notevole produzione musicale cui questa monaca benedettina, dall’intelligenza superiore, diede vita e per il lavoro interiore che la creazione artistica ha generato nel compositore milanese. “ La musica è terapeutica, ma l’ispirazione può essere tormentata ” Sul patrimonio di questa “profetessa che parla con grande attualità anche a noi”, come non si stancava di ripetere Benedetto XVI, Branduardi ha indagato a lungo anche in Germania, lavorando – ci sottolinea più volte – accuratamente, con “rispetto e correttezza”. Alle spalle dell’album c’è infatti uno lungo studio filologico – ci spiega – poi un’attenta procedura di traduzione da una sorta di “volgare tedesco” ossia un latino che già era fortemente influenzato dal parlato e che Ildegarda usava nei suoi testi, e poi c’è la struttura musicale “tutta orizzontale” che si arricchisce di una verticalità moderna, sconosciuta nell’anno mille. L’album vanta spunti preziosi: il Preludio, brano di apertura, è una eleborazione del coro della Basilica Ortodossa di Mosca, “lavorato alterando le tonalità…una cosa che sembra molto naturale ma è piena di effetti particolari….”. La musica ortodossa è “bellissima” confessa il Maestro e “l’atmosfera che crea è quella giusta per avviare il racconto dell’album: dà un senso di riposo”. Poi uno ad uno i brani strumentali e cantati che raccontano il cammino dell’anima perduta, ma salvata poi dalla “virtù”. “Lei era una musicista
formidabile” – ci spiega – “la sua musica è avanti di 300 anni: io ho solo appoggiato alcuni accordi, ho cercato le cose più divulgabili in modo bello e ricco…”. Branduardi e l’opera di Ildegarda La cosa più bella che la vita e l’opera di Ildegarda le ha comunicato? Alla domanda, Angelo Branduardi fa difficoltà a scegliere e poi cita una frase che lo ha colpito nel profondo, premettendo però che è passato ancora troppo poco tempo dalla creazione, c’è bisogno di meditare su quanto prodotto. Ma la frase che il Maestro ci riporta di Ildegarda – confessa- ha dentro tutto: “Guardati: dentro di te c’è il cielo e la terra”. Forte la carica teatrale che l’album porta con sè e che non è detto non abbia un seguito appunto sulle scene come accaduto con enorme successo, in passato, con la vita e l’opera di san Francesco, altro santo che ha appassionato Angelo Barnduardi portandolo ad un capolavoro come L’Infinitamente Piccolo. Anche l’incontro con san Francesco come con Ildegarda è stato casuale: ” Il lavoro su san Francesco”- dice – me lo hanno chiesto i giovani francescani ma resta una delle cose più belle che ho fatto”. E poi c’è la grande sorpresa che ci attende nel 2020: 70 anni di Angelo Barnduardi coincideranno con un bel progetto musicale su cui c’è il massimo riserbo e che si accompagnerà con l’uscita di una trilogia in vinile, dei lavori più amati. Arriverà infatti un cofanetto contentente “Futuro antico I “, “L’infintamente Piccolo” e “Ildegarda”. “ La musica è volare sopra le cose, è vedere l’invisibile, è guardare al di là della porta chiusa ” E prima di salutarci il Maestro ci rivela qualcosa del momento creativo di un artista, di cui di solito si è tanto gelosi: la “musica è una visione” – dice -“a volte dolorosa”. “La
musica ti dà tanto e ma ti prende tutto. L’ispirazione non è sempre una cosa allegra anzi molto spesso parte da uno stato di sofferenza e attraverso la sofferenza arriva alla creazione. Nella maggior parte dei musicisti è cosi. In me è così. Poi però si sta bene, perchè la musica è terapeutica, ma la creazione è tormento. Tormento e estasi. Terra Santa: nuova fase del restauro del Santo Sepolcro La seconda fase dei lavori di restauro e salvaguardia della Basilica del Santo Sepolcro entra nella fase preparatoria, e viene confermato il ruolo principale che verrà affidato a qualificati organismi e istituzioni italiane nella delicata opera di riqualificazione strutturale del luogo di culto caro a tutti i cristiani del mondo. Martedì scorso, nella sede della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme ha avuto luogo la firma di un accordo quadro tra Custodia francescana di Terra Santa e la Fondazione Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale” di Torino, per avviare il processo che porterà nei prossimi anni a porre in atto interventi volti a consolidare le fondazioni dell’Edicola e del pavimento della Basilica. Il progetto verrà condotto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università “La Sapienza” di Roma. Alle due istituzioni Accademiche – riferiscono i media ufficiali della Custodia di Terra Santa citati dall’agenzia Fides – sarà affidato il compito di svolgere uno studio di approfondimento sullo stato attuale, anche sotto l’aspetto storico – archeologico, e di preparare il progetto esecutivo degli interventi di restauro necessari.
Impegno condiviso con il Patriarcato Greco-Ortodosso e il Patriarcato armeno apostolico La firma si colloca nel quadro dell’accordo firmato tra le tre maggiori realtà ecclesiali che condividono la custodia del Santo Sepolcro e il mantenimento dello “Status Quo” all’interno del luogo santo: il Patriarcato Greco-Ortodosso di Gerusalemme, il Patriarcato armeno apostolico di Gerusalemme e la stessa Custodia di Terra Santa. Le tre realtà ecclesiali si faranno anche carico della raccolta di fondi necessari a finanziare l’impegnativa opera di restauro. L’allarme sul rischio crollo lanciato nel 2017 Nel marzo 2017, come riferito dall’Agenzia Fides , l’allarme sul rischio di un possibile crollo della Basilica del Santo Sepolcro era stato lanciato dal team di archeologi e esperti che a quel tempo avevano appena terminato con successo il restauro dell’Edicola, la struttura che, all’interno del Santuario, racchiude i resti di una grotta venerata almeno dal IV secolo dopo Cristo come la tomba di Gesù. L’intero complesso del Santo Sepolcro – aveva dichiarato allora al National Geographic l’archeologa greca Antonia Moropoulou, docente alla National Technical University di Atene (NTUA) e coordinatore scientifico del progetto di restauro allora appena concluso – appare minacciato dal rischio di “un significativo cedimento strutturale”. E se l’eventualità dovesse realizzarsi – aveva aggiunto già allora l’archeologa greca “non si tratterebbe di un processo lento, ma catastrofico”. Le allarmanti ipotesi erano emerse proprio durante gli studi e i sondaggi condotti sul Santo Sepolcro dalla squadra di esperti incaricata del restauro dell’Edicola. Le ricerche compiute da quell’equipe, e riferite da National Geographic, avevano messo in luce che l’intero complesso, la cui ultima risistemazione risale al XIX secolo, sembra essere in gran parte costruito su una base instabile di resti malfermi di strutture precedenti, con un sottosuolo attraversato da gallerie e canali.
Il santuario fatto costruire dall’Imperatore Costantino Il santuario fatto costruire dall’Imperatore Costantino, eretto sui resti di un precedente tempio romano intorno a quella che veniva venerata come la tomba di Gesù, era stato parzialmente distrutto dagli invasori persiani nel VII secolo, e poi dai Fatimidi nel 1009. La chiesa fu ricostruita alla metà dell’XI secolo. I dettagli tecnici del dossier, raccolti negli ultimi anni grazie all’uso di georadar e telecamere robotizzate, hanno messo in evidenza una situazione allarmante riguardo alla stabilità del luogo santo, visitato ogni anno da milioni di pellegrini e turisti: molti dei pilastri da 22 tonnellate che reggono la cupola risultano essere poggiati su un metro e venti di macerie non consolidate. Gianni Valente (Fonte: Agenzia Fides) De Franssu: “Lo Ior di oggi è completamente rinnovato” «La riforma delle finanze e dello Ior è un processo voluto e avviato da Papa Francesco. Noi operiamo cercando di fare il nostro dovere al meglio, e in silenzio». Lo ha detto Jean- Baptiste Douville de Franssu, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, in carica dal luglio 2014, nella prima intervista dalla nomina, realizzata a Carlo Marroni per il quotidiano economico italiano Il Sole 24 Ore. De Franssu, francese, 56 anni, assieme al direttore generale Gian Franco Mammì e sotto la vigilanza della Commissione cardinalizia, ha portato avanti in questi anni la riforma dell’Istituto che
oggi, sulla base di certificazioni, risulta conforme alle norme e alle prassi internazionali. Il presidente dello Ior è intervenuto anche sull’inchiesta della magistratura vaticana dei giorni scorsi che ha portato alla sospensione di quattro dipendenti della Segreteria di Stato e del direttore dell’Aif, pur precisando che l’intervista era stata concordata prima che scoppiasse il caso. «Non c’è nessuna guerra – spiega de Franssu rispondendo a una domanda sull’ipotesi che l’inchiesta sia il frutto di uno scontro interno – Siamo semplicemente pubblici ufficiali che hanno applicato la legge, ottemperando all’obbligo di segnalare – proprio a tutela delle istituzioni – anomalie riscontrate durante l’operatività quotidiana». Il presidente ha anche precisato che «non c’è nessun attacco all’Aif, e neppure alla Segreteria di Stato, naturalmente. Noi non abbiamo denunciato persone o singoli uffici. Si è trattato di una segnalazione contro ignoti a tutela delle istituzioni. Poi la magistratura fa le sue indagini. E aggiungo un elemento che è da dare per scontato: per tutti vale la presunzione di innocenza, sempre». De Franssu, commentando l’avvenuta adesione dell’Istituto al circuito SEPA («un marchio di sicura garanzia»), ha quindi spiegato: «Lo Ior di oggi è completamente rinnovato rispetto a solo qualche anno fa, in termini di governance, controlli interni, competenze professionali disponibili e servizi resi alla clientela. I risultati sono soddisfacenti e l’obiettivo di oggi è quello di continuare, affinare e perfezionare quanto fatto, soprattutto a beneficio dei clienti. La riforma, intesa come miglioramento costante, continua. La direzione della trasparenza e della legalità non viene mai abbandonata, mai. E il cliente è pienamente tutelato dal nostro lavoro». Rispondendo a una domanda sulla missione dell’Istituto, il presidente ha spiegato: «La missione rimane quella di essere al servizio della Chiesa in tutto il mondo. Non dimentichiamo che oggi, con un’unica sede ed un organico di poco più di 100
persone, lo Ior raggiunge ben 112 paesi e che spesso, in aree geopoliticamente critiche, prive o carenti di servizi finanziari affidabili ed efficienti, è l’unico referente per le congregazioni che operano sul territorio». De Franssu smentisce di aver mai pensato di cambiare nome allo Ior e offre le ragioni per le quali le congregazioni religiose dovrebbero affidare la gestione dei loro risparmi all’Istituto: «Guardi dove siamo: un tassello dentro il cuore della cristianità. Le ragioni per servirsi di noi sono due, su tutte. Innanzitutto nel nostro lavoro rispettiamo i principi della fede cattolica e della Dottrina Sociale della Chiesa». «In secondo luogo – ha continuato il presidente – i nostri guadagni (per il 2018 utile di 17,5 milioni, ndr) vanno all’azione pastorale del Papa. È quindi utile ribadire che quando una congregazione, o in generale un cliente, lavora con lo Ior contribuisce finanziariamente in maniera diretta e concreta all’operato del Santo Padre e non a logiche esclusivamente economiche tipiche di una banca. In più – ha concluso -vorrei aggiungere un accenno alla qualità dei nostri servizi, ai costi decisamente molto bassi e alle griglie etiche dei nostri investimenti, sempre più accurate e complete per garantirne la massima aderenza ai principi etico- cattolici». Il 16 ottobre al Monastero di Soresina il vescovo emerito Lafranconi apre l’Anno
giubilare visitandino Il 13 maggio 2020 ricorre il centesimo anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria Alacoque. Per questa occasione, il monastero di Paray le Monial, dove la Santa ricevette le rivelazioni del Sacro Cuore, ha chiesto e ottenuto dalla Penitenzieria Apostolica la grazia di un anno giubilare per tutti i monasteri dell’ordine della Visitazione. Così mercoledì 16 ottobre, nella festa liturgica della Santa, il Monastero della Visitazione di Soresina apre, in contemporanea con i monasteri visitandini del mondo, l’Anno Giubilare. L’occasione sarà la Messa che il vescovo emerito Dante Lafranconi presiederà alle 18 presso il monastero di via Cairoli. Durante la celebrazione sarà anche festeggiato il venticinquesimo di vita claustrale di suor Maria Grazia Casnici. L’anno giubilare si aprirà il 16 ottobre 2019 e si chiuderà il 17 ottobre 2020. A tutti coloro che varcheranno la porta delle chiese dei monasteri visitandini, tra cui quello di Santa Maria a Soresina, è accordata la grazia di una indulgenza plenaria alle solite condizioni: essere in stato di grazia, confessarsi e comunicarsi nei 20 giorni che precedono o che seguono, pregare secondo le intenzioni del Santo Padre. L’indulgenza sarà concessa in occasione di ricorrenze legate all’Ordine della Visitazione, ovvero: festa di santa Margherita Maria Alacoque (16 ottobre 2019 e 2020), solennità di san Francesco di Sales (il 24 gennaio 2020), giorno del 100° anniversario della canonizzazione di santa Alacoque (13 maggio 2020), solennità della Visitazione della Vergine Maria (31 maggio 2020), solennità del Cuore di Gesù (19 giugno 2020), solennità di Santa Giovanna di Chantal (12 agosto 2020), primo venerdì di ogni mese. Nella lettera giunta da Paray le Moniale a tutti i monasteri della Visitazione, si legge la motivazione, inviata alla Penitenzieria Apostolica per chiedere questo anno giubilare:
«[. ..] Nel desiderio di essere rinnovate [nella missione ricevuta dal nostro S. Ordine della Visitazione] affinché l’Amore del Cuore di Gesù risplenda sempre più sul mondo, abbiamo pensato che la grazia di un anno giubilare, con l’acquisto dell’Indulgenza plenaria, potrebbe così permettere ai numerosi fedeli che frequentano le Cappelle dei nostri Monasteri, di fare l’esperienza intima dell’amore del Cuore di Gesù e di rendergli “amore per amore “ secondo il desiderio che lui stesso aveva espresso a Santa Margherita Maria […]» Il monastero di Paray le Monial, invitando ciascun monastero della Visitazione a vivere questo anno giubilare con varie iniziative, apre il proprio programma a tutti i monasteri, proponendo due incontri internazionali. Dall’8 al 10 maggio la Guardia d’onore con un incontro internazionale a Paray le Monial con la presenza del padre Juan José INFANTES BARROSO, direttore generale dell’Associazione, per “immergerci nella spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, sorgente spirituale dell’Associazione e stringere i legami di comunione e di unità riunendo tutte e tutti (sorelle e laici) che animano e cercano di fare conoscere la nostra Associazione, condividendo le nostre esperienze…”. Dall’11 al 14 maggio, invece è previsto un incontro Visitandino per “stimolare la nostra fedeltà alla nostra missione visitandina di far conoscere e amare il Cuore di Gesù, riscoprire o approfondire il cammino di santità di S. Margherita-Maria, e la sua teologia per la nostra vita visitandina e per presentarla al mondo di oggi”. Un momento aperto alle sorelle visitandine per trascorrere qualche giorno nei luoghi dove visse la discepola prediletta del Sacro Cuore di Gesù, ospiti del monastero di Paray le Monial. Il Monastero della Visitazione di Soresina, aderendo alle richieste del monastero di Paray le Monial per questo anno giubilare, sarà dunque aperto per l’indulgenza plenaria
durante le varie solennità dell’Ordine visitandino e ogni primo venerdì dal mese, mentre sono al vaglio altre iniziative per far conoscere il carisma di santa Margherita Maria Alacoque e dell’Ordine della Visitazione, con particolare attenzione al culto del Sacro Cuore. Fratelli o coltelli, il 20 ottobre torna Traiettorie di sguardi Di fronte alla solitudine dell’uomo, prigioniero dei propri idoli, è possibile oggi annunciare una «comunità alternativa», fondata su di una rete di legami, sfidando una società frammentata, dalle relazioni deboli, fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali? È questa la domanda a cui vorrebbe rispondere il percorso per il nuovo anno pastorale di “Traiettorie di Sguardi”, l’iniziativa promossa dalla Pastorale giovanile diocesana in sinergia con la parrocchia del Maristella di Cremona, dove si tengono gli appuntamenti mensili. Tra le diverse proposte che la Diocesi rivolge ai giovani tra i venti e i trent’anni anche il percorso di “Traiettorie di Sguardi” volutamente prende spunto dal tema dell’anno pastorale, ovvero il cosiddetto «discorso comunitario» tratto dal del Vangelo di Matteo. I giovani, accompagnati e sollecitati da un gruppo di sacerdoti, che nella calura estiva hanno dedicato tempo e pensiero al percorso di quest’anno – dal titolo «Fratello o coltelli. Lo scandalo del noi» – hanno così strutturato le tappe della prossima edizione di questa iniziativa ponendo al
centro il tema della comunità e del legame nelle sue diverse sfaccettature: a partire dal focus sulla generatività, del legame, inteso non come vincolo ma come uscita dall’«io» che diventa un «noi» condiviso, che si fa prossimità e poi comunità, per poi proseguire con un’esperienza sensoriale che aiuterà i giovani a «mettersi nei panni» – letteralmente – di chi vive ai margini, sulla strada, senza una comunità di riferimento. Si potranno poi ascoltare le parole di un medico che ha scelto di dedicare la sua vita ai più piccoli, lontano dalla sua comunità d’origine, ma al servizio di chi, pur vivendo nella desolazione e miseria, ha anche tanta dignità. Nella seconda parte del percorso ai giovani sarà data la possibilità di vedere il film «Solo cose belle», che racconta la realtà dell’Associazione Papa Giovanni XXIII impegnata da più di cinquant’anni nel campo dell’accoglienza e della solidarietà. Il percorso si chiuderà con due incontri sul tema della pena, nella sua ambiziosa missione di poter essere rieducativa e con la testimonianza di un’ex detenuta che racconterà il suo cammino di riscatto. L’obiettivo di questo percorso, che si svilupperà in sei tappe a partire da domenica 20 ottobre, e si concluderà come ogni anno con la veglia delle Palme, è quella di mostrare un volto della comunità che agisce come il lievito, le cui particelle operano in misterioso collegamento tra di loro e si sostengono a vicenda e, anche se piccola e debole, si può far incisivamente sentire, come un sassolino in una scarpa. Brochure del percorso L’incontro del 20 ottobre “In principio il legame. Lo scandalo della comunità” è il titolo del primo incontro in programma domenica 20 ottobre.
Appuntamento alle 19.30 all’oratorio del Maristella (via Agreste 11, a Cremona.). Dopo la preghiera la relazione introduttiva degli ospiti: Paolo Pezzana (ricercatore in sociologia presso la Cattolica di Milano) e don Cesare Pagazzi (direttore dell’ISSR di Crema-Cremona-Lodi- Vigevano e Pavia e insegnante nei Seminari riuniti). Dopo il dibattito con i presenti, la serata si concluderà con la cena condivisa. www.tdscremona.net Scuole e legalità: l’11 ottobre il film su padre Puglisi e il 30 ottobre l’incontro con don Ciotti Nel mese di ottobre il coordinamento provinciale di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, in collaborazione con i Comitati Soci Coop di Crema e Cremona, propongono alle scuole del territorio due incontri di riflessione e approfondimento in merito ai temi della legalità e dell’approfondimento dei fenomeni mafiosi. Venerdì 11 ottobre, alle 11, presso Palazzo Cittanova, a Cremona, sarà proposto lo spettacolo teatrale dal titolo “U Parrinu. La mia storia con Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia”. Non può esistere, infatti, consapevolezza rispetto alla situazione attuale in merito ai fenomeni mafiosi se non si coltiva la memoria e non si onora il ricordo di chi ha perso la vita nella lotta contro le mafie. Lo spettacolo
teatrale è dedicato alla memoria di don Pino Puglisi, assassinato da Cosa Nostra il 15 settembre 1993. La mattina di mercoledì 30 ottobre, invece, alle 11 presso l’aula magna dell’Itis Torriani di Cremona il presidente di “Libera contro le mafie” don Luigi Ciotti interverrà sul tema “Educare alla responsabilità: per un presente di cittadinanza”. Non può esistere, infatti, una autentica memoria senza un richiamo alla responsabilità di ciascuno ad essere cittadino attivo, custode dei principi della Costituzione della Repubblica Italiana. Don Alessio Albertini a Cristo Re per i 60 anni della Polisportiva Corona (AUDIO) Hanno preso il via nella serata di lunedì 7 ottobre, all’oratorio Cristo Re di Cremona, le iniziative promosse in occasione dei 60 anni della Polisportiva Cremona. L’occasione è stato il convegno “Non accontentatevi di un pareggio mediocre” che ha visto intervenire don Alessio Albertini, assistente nazionale del CSI e fratello dell’ex calciatore azzurro Demetrio Albertini. La serata, moderata dal presidente della Polisportiva Giordano Nobile, ha visto anche la presenza di atleti che con i colori giallorossi di Cristo Re hanno mosso i primi passi: Matteo Brero, Simone Romagnoli, Martina Tosi.
I festeggiamenti del 60° proseguiranno la sera di venerdì 11 ottobre nella palestra di Cristo Re con la presentazione delle squadre e la premiazione del concorso “Disegna il ‘tuo’ sport Corona” per il nuovo logo del 60°. Infine, domenica 13 ottobre, dopo la Messa delle 10, in oratorio la consegna dei riconoscimenti ai collaboratori che, con il proprio prezioso lavoro, hanno contribuito a raggiungere questo significativo traguardo. L’Unitalsi cremonese pellegrina a Loreto La Sottosezione cremonese dell’Unitalsi ha vissuto, da martedì 1 a venerdì 4 ottobre il pellegrinaggio a Loreto. In tutto 28 i partecipanti: 8 malati, 11 sorelle, 2 barellieri, 1 medico e 6 pellegrini. Di seguito il diario dell’esperienza. Photogallery Martedì 1 ottobre Nel giorno in cui la Chiesa festeggia santa Teresa di Lisieux, patrona delle Missioni, pur non essendo mai stata missionaria, è iniziato il nostro pellegrinaggio in pullman verso Loreto. Dopo il viaggio e il pranzo, al pomeriggio alle 16.30 tutti insieme abbiamo fatto il Passaggio alla Santa Casa e alle 17 ci siamo ritrovati per la Messa, celebrata in Basilica Superiore dal rettore padre Franco Carollo. Nell’omelia, anche in considerazione della coincidenza con
l’inizio del mese missionario, il rettore si è posto e ha posto ai pellegrini delle domande: “chi siamo come comunità cristiana? Siamo accoglienti?”, indicando uno stile di “inclusione” che deve caratterizzare la vita di ciascuno e invitando a non essere chiusi in se stessi e ad avere un cuore aperto verso tutti e per tutti. Al pari di Maria che non si è mai chiusa in se stessa, ma si è aperta con un “sì” alla chiamata di Dio. Mercoledì 2 ottobre La giornata è iniziata con il trasferimento a Osimo, dove, nella chiesa dedicata a san Giuseppe da Copertino, patrono degli studenti, è stata celebrata la Messa dal direttore spirituale don Gianluigi Vercellini. Nella festa degli Angeli Custodi il celebrante ha invitato a imparare a custodire le persone a noi affidate e i valori di cui ognuno di loro è portatore. Durante la celebrazione e è stata festeggiata una coppia di sposi che ha raggiunto il 40° anniversario di matrimonio. Successivamente abbiamo avuto l’opportunità di seguire una guida che ha illustrato le bellezze artistiche di Osimo e approfondito la storia della città e di san Giuseppe da Copertino. Il Santo – sacerdote appartenente all’Ordine dei Frati Minori Conventuali – è il patrono di Osimo e di Copertino (provincia di Lecce). A S. Giuseppe da Copertino vengono attribuiti miracoli ed estasi che, secondo la tradizione, lo avrebbero portato a elevarsi e compiere voli. In serata non si è potuta purtroppo effettuare la prevista fiaccolata in seguito al maltempo. In Basilica Superiore si è recitato il Rosario meditato introdotto dal rettore padre Carollo, che ha ricordato che Loreto è il “santuario dei santuari”. San Giovanni Paolo II ha detto: “La Santa Casa di Loreto è il primo santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità”. Con
particolare devozione si è fatta la processione all’interno del Santuario, al seguito della statua della Madonna. Giovedì 3 ottobre La giornata inizia con il Rosario, introdotto da una meditazione del rettore su san Giuseppe, di cui è stata tratteggiata la figura – collegandola anche all’attualità – in particolare evidenziando come il Vangelo non ne parla molto, pur essendo determinante ed essenziale nella vita di Gesù. Nel pomeriggio, al seguito di una guida, abbiamo visitato il Museo Antico Tesoro della Santa Casa, collocato nel braccio occidentale del Palazzo Apostolico, che conserva un enorme ed eterogeneo patrimonio di arte e di fede proveniente dalla Basilica o donato alla Santa Casa nel corso dei secoli. Ciò a testimonianza del prestigio di cui gode il Santuario Lauretano in tutto il mondo. Successivamente in Basilica Superiore abbiamo condiviso con i frati e le suore dei vari ordini francescani la Messa con la celebrazione del Transito di San Francesco. Cerimonia molto sentita e partecipata, a conferma della continua presenza del Santo – patrono d’Italia – in mezzo a noi. Pure molto sentita e partecipata l’adorazione eucaristica, sempre in Basilica Superiore, a conclusione della giornata. Venerdì 4 ottobre In mattinata è stata celebrata la Messa del pellegrinaggio, durante la quale è stato “accolto” con una breve cerimonia il personale del primo anno. A seguire – a conclusione – un passaggio alla Santa Casa, a conferma che non siamo venuti per caso, ma chiamati dall’eco di quell’eccomi detto da Maria all’Angelo che le annunciava la buona novella.
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