Il Natale che verrà 2022 - L'editoriale di Ivan Zorico

Pagina creata da Cristian Bosio
 
CONTINUA A LEGGERE
Il Natale che verrà 2022 - L'editoriale di Ivan Zorico
Il Natale che verrà 2022 – L’editoriale di
Ivan Zorico
Anche quest’anno sta arrivando Natale. Anzi, “Natale sta
arrivando, Natale sta arrivando…” potremmo dire
ricordando un famoso spot degli anni ’90 di una nota
bevanda analcolica contenente acqua, anidride carbonica,
zucchero, etc., nota più comunemente con il nome di Coca
Cola. Sono un millennial semplice: la televisione e le
pubblicità degli anni ’90 hanno fortemente plasmato i miei
ricordi e le emozioni ad essi associati.

Il Natale porta in superficie sentimenti e stati d’animo unici. Ovviamente non c’è nulla di
nuovo in queste parole. Tutti lo sanno, compreso i brand. Ed è proprio su questo tipo di sensazioni
che le aziende puntano per influenzare legittimamente le nostre scelte d’acquisto. Che sia una
pubblicità iconica, un jingle che ci fa sentire nuovamente bambini e immersi in una atmosfera
magica o gli addobbi natalizi nei negozi e le musiche a tema, tutto concorre per portarci ad
acquistare questo o quel prodotto. D’altronde il neuromarketing ci insegna che un certo tipo di leve
hanno il potere di persuaderci e di condizionarci in maniera importante.

Quest’anno, a differenza di quelli vissuti nei due anni precedenti, sembra che tutto sia
tornato come prima. Di Covid se ne parla sempre meno, le restrizioni sono un lontano ricordo e
abbiamo apparentemente ripreso a vivere come se la pandemia non ci fosse mai stata.

               Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Il Natale porta in superficie sentimenti e stati d’animo unici. Ovviamente non c’è nulla di nuovo in
     queste parole. Tutti lo sanno, compreso i brand. Ed è proprio su questo tipo di sensazioni che le
               aziende puntano per influenzare legittimamente le nostre scelte d’acquisto.

In televisione sono tornate, puntuali, le classiche pubblicità dei profumi a ricordarci quanto il Natale
sia vicino. Le strade ed i centri delle città stanno indossando il loro vestito migliore fatto di alberi,
luci e installazioni a tema. I mercatini di Natale iniziano a prendere piede e le persone entrano ed
escono dai negozi con buste cariche di regali. Se non fosse che il digitale ha ormai preso piede con
l’e-commerce, in sinergia con gli store tradizionali in ottica multicanale, e che sono anche tornati i
cinepanettoni – tanti vituperati ma anche tanto amati (come dal sottoscritto) – ma su piattaforme di
video streaming, tutto sommato potremmo affermare di stare per vivere un Natale non
prepandemico, ma proprio da anni ’90.
Il Natale che verrà 2022 - L'editoriale di Ivan Zorico
Ma dicevo: “[…] abbiamo apparentemente ripreso a vivere come se la
pandemia non ci fosse mai stata”. Come se, appunto.
La verità è che abbiamo ricominciato a vivere una vita normale, ma diversa. Certo la “macchina” ha
ripreso a girare, abbiamo recuperato ritmi e abitudini e niente come le feste e le consuetudini sono
in grado di trasportarci in un tempo ed uno spazio ordinario ed abituale. Tutte cose che sicuramente
ci sono mancate e delle quali volevamo riappropriarci.

Non so, forse sarà solo una mia sensazione, ma rispetto al passato noto che le persone si stanno
facendo qualche domanda in più sul momento che stiamo vivendo, danno più importanza agli attimi
e al tempo che hanno a disposizione, a come e a chi lo dedicano, e che oltre a ricercare le luci
colorate, ricercano un senso più profondo.

Il mio augurio per questo Natale 2022 è che, qualora lo stessi cercando, lo trovi anche tu. Io ci sto
lavorando da un po’ e auguro anche a me stesso di fare sempre un passo avanti in quella direzione.

Fammi sapere come va con il tuo.

Buona lettura,

                                                                                         Ivan Zorico

Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione da condividere? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                Cognome

                                 Email *

                            Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                       Iscriviti alla newsletter
Il Natale che verrà 2022 - L'editoriale di Ivan Zorico
Il potere del marketing della nostalgia
     Il potere della TV lo si vede in azione ogni qual volta che un consumatore americano acquista una
     confezione di cereali per la colazione. Per uno spot pubblicitario che ha visto tanti anni fa, è
     disposto ancora oggi a spendere di più per quella confezione di corn flakes o riso soffiato.
     Nell’arco di una vita equivale a migliaia di dollari in cost premium per la pubblicità dei soli cereali
     per la colazione.
     Naturalmente il fenomeno non riguarda soltanto i marchi in vendita nei supermercati, ma
     interessava anche i nomi come John Hancock e Merrill Lynch, Prudential, Archer Daniels Midland,
     Jeep e persino Ronald Regan. Grandi nomi e grandi idee che hanno avuto un impatto enorme sulla
     nostra vista.
      (Seth Godin in “La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone”, edito
     da Sperling & Kupfer).

Con queste parole Seth Godin (uno dei blogger di marketing più influenti del mondo) spiega
lucidamente il motivo per il quale il marketing della nostalgia abbia un potere immenso e funzioni
molto bene ancora oggi.

Prima dell’avvento dei nuovi media e del passaggio da una comunicazione di massa ad una di
nicchia, l’unico vero mezzo tramite il quale i consumatori potevano conoscere i prodotti di
cui necessitavano (o di cui avrebbero avuto bisogno) era la televisione. Sostanzialmente
senza interferenze e senza soluzione di continuità, la televisione trasmetteva pubblicità, jingle e
claim che, giorno dopo giorno, entravano nelle nostre teste e si cristallizzavano nei nostri ricordi.

Ecco la “prova del 9”:
■   Per dipingere una parete grande, ci vuole…
■   “Che cosa vuoi di più dalla vita? Un…
■   Two gust is megl…

Solo il 99,99 % di voi avrà completato correttamente i claim qui sopra e ne avrà associato il relativo
brand/prodotto, sempre che siate nati tra gli anni ’80 e i primi anni ’90.

Ancora oggi, se devo pensare di comprare un pennello penso a Cinghiale, se voglio bere un
digestivo propendo per l’Amaro Lucano e se ho desiderio di un gelato confezionato con il biscotto
scelgo il Maxibon.
Di questi esempi potrei farne a decine.

Il punto è che questi brand/prodotti sono entrati dentro la testa di più generazioni di consumatori ed
hanno un vantaggio competitivo formidabile. Per me, come per milioni di altre persone saranno
sempre (o quasi) la prima scelta. Sono perfettamente riconoscibili.

Oggi, invece, questa meccanismo che permetteva di penetrare così massivamente nella testa delle
persone – il complesso industriale-televisivo – è entrato in crisi. Il fattore principale che ha
determinato questa situazione è la cosiddetta “guerra dell’attenzione”. Essendo immersi tra
notifiche, e-mail, chat, informazioni, stimoli, et similia, non riusciamo più a prestare un’attenzione
costante e, soprattutto, evitiamo tutto ciò che ci distoglie dalle nostre attività.

Fate caso a come si guarda la televisione oggi: in una mano si ha il telecomando e nell’altra lo
smartphone. Sempre se siete tra coloro che ancora guardano la televisione. Perché, da tempo, ci
sono migliaia di persone che ormai non l’accendono neanche più.

Pertanto per un brand che in passato è riuscito a lavorare su un certo posizionamento, e che ha
instaurato un legame quasi familiare con le persone, è certamente più semplice ricorrere al
marketing della nostalgia.

Solo pensare ad un prodotto o rivedere una pubblicità ci fa fare un balzo nel passato, laddove tutto
era più bello e sereno. Ebbene sì, è innegabile, il passato fa questo effetto.

  Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia:

  ■   Back to the Future

  E ora vi chiedo: quanto sareste disposti a spendere per sentirvi di nuovo sereni come un tempo?
  Quale prodotto scegliereste tra uno che sentite parte di voi e uno del quale avete sentito appena
  qualcosa?
  Entrambe le domande sono ovviamente retoriche.

  Ecco, l’essenza del marketing, non solo della nostalgia, si riassume tutta qui.
  Il marketing non serve per vendere prodotti ma per creare percezioni.

  Trend visual 2019: il ritorno del vintage
  anche sul web
  Sicuramente immaginare il mondo di domani è difficile, ma non impossibile soprattutto per
  gli artisti e i creativi professionisti, capaci di respirare l’aria del cambiamento prima ancora che
  arrivi. Lo stesso accade per chi si occupa di creazione di siti web e gestione di pagine sui social
  media, ovvero del professionista che lavora sempre per i mesi a venire e vive costantemente
  proiettato nel futuro.

  Ogni anno Depositphotos parla con fotografi, designer e content creator per individuare idee,
  movimenti e nuovi trend della comunicazione visiva, quelli che caratterizzeranno il futuro del
  settore. Vediamo quindi cosa ci riserverà questo 2019.
Personalizzazione, l’unica via da seguire
Le campagne di digital marketing sfruttano oggi nuovi modi personalizzati per raggiungere il
singolo consumatore e questa è oggi l’unica via da seguire per avere successo. L’utente di oggi
è sempre più connesso e rinuncia volentieri alla privacy per accedere a contenuti – soprattutto
immagini – davvero rilevanti per lui.

Di grande tendenza sono i contenuti UGC – creati dai consumatori per i consumatori – e quelli
co-creati con gli influencer, studiati per adattarsi alle singole persone e raggiungere il
destinatario anche in un momento in cui la ad-blindness è ai massimi livelli.

Abbandonato il marketing per tutti, che si rivolgeva a un pubblico ampio e indistinto, oggi il
segreto del successo è portare l’utente a vivere un’esperienza ravvicinata con il brand e per farlo
si utilizzano soprattutto i contenuti visivi.

Provocazione creativa per attirare la curiosità
Chi lavora sui social media conosce bene l’importanza della provocazione visiva, che può portare
a un concreto vantaggio competitivo e stimolare la curiosità dell’utente online. Oggi le campagne
di Digital Marketing puntano su immagini audaci e folli, approcci non convenzionali alla
fotografia e all’arte e a tecniche pensare per un consumo in movimento del contenuto visivo.

  Scopri il numero dedicato al marketing della nostalgia:

  ■   Back to the Future

  L’immagine che oggi ha successo online è un’immagine incredibile e inaspettata, che si fa
  notare ed emerge dal feed sovraffollato che caratterizza tutte le piattaforme social, da
  Facebook a Instagram, da Twitter a Linkedin. Non basta più individuare l’argomento e l’orario
  perfetto: il vero marketer di oggi sa creare conversazioni e ampliare la portata organica del suo
  contenuto sul web.

  La nostalgia e il vintage: il sito Adidas ispirato agli anni
  ‘90
  L’uso di colori, pattern e caratteri degli anni ’90 è alla base del nuovo sito Adidas, che ha
  catturato la nostalgia di quel periodo per presentare le sneaker del futuro, rivolte ai Millennials
  di oggi.

  Il sito della Yung Series sembra uscire dall’epoca iniziale del web design, ma è rivisitato in
  chiave assolutamente moderna, l’ideale per chi si sente retrò ma ha da sempre un occhio
  attento al design e che questo sforzo promozionale del brand catturerà sicuramente.

  La nota azienda ha, infatti, deciso di promuovere la collezione di sneaker Yung ispirate agli
  anni ’90 con un sito nostalgico, che richiama gli inizi della storia del World Wide Web e si
  aggancia al trend attuale che prevede la creazione di siti web addirittura brutali. Abuso di GIF
  animate, un vortice di colori e orribili sfondi piastrellati, rendering 3D ispirati al passato e font
  di sistema che annunciano che il nuovo sito web è ancora “Under Construction”. Manca
  sicuramente l’invito animato a aderire al webring Adidas, ma un pulsante animato davvero
terrificante impone al visitatore l’iscrizione alla mailing list.

Il sito vintage include anche Yung Rappa, un vero gioco per browser che si ispira all’hip
hop e che si adatta a ogni schermo dal 640×480 tipico del passato, ad un 1920×1080 allora
impensabile.

Sicuramente vedere un sito di questo tipo fa un certo effetto, ma i brand come Adidas
hanno saputo sfruttare lo stile vintage, portando online la nostalgia per il passato per
presentare la nuova collezione di scarpe sportive ispirate agli anni ’90.

Non abbiamo dubbi che nei prossimi mesi, navigando online, troverete davvero tanti altri
riferimenti alla cultura visiva degli anni ’60, ’70, ’80 e ’90 per attirare tutti coloro che in
quegli anni erano giovani, ma anche i Millennials che guardano al passato con curiosità.

Dalla Brand Loyalty, alla fedeltà, a uno
stile: storia dell'evoluzione del Brand
Uno spaccato della società spesso passa attraverso la moda, come rappresentazione ultima
degli stili di un’epoca. Per analizzare il cambio nella concezione del brand possiamo prendere
spunto da come la marca è stata vista e indossata dal consumatore medio.
Anni ’80.
Per lungo tempo le grandi case hanno investito tempo e risorse in sfilate, atelier di lusso,
strumenti di differenziazione e dettagli o marchi in bella vista per essere riconoscibili. Questa
è stata la prassi fino almeno agli Anni ’80.

Gli sforzi del brand servivano per accaparrarsi la fiducia del cliente puntando
all’affidabilità del prodotto e alla distribuzione nelle catene, prima nelle big city e poi nei centri
minori. Artigianalità, tessuti ricercati, esclusività, prestigio sono solo alcuni degli aspetti su cui
puntare per diventare un brand di spicco. La griffe è idolatrata, è lo status simbol che
distingue chi può, da chi non può.

Anni ’90.
Gli sforzi per rimanere sulla cresta dell’onda però non sempre sono bastati. In particolare
negli Anni ’90 si è passati alla tendenza più legata alla strada che ha invaso anche i
più prestigiosi atelier di moda. Così non solo anche i marchi più chic hanno dovuto adattarsi
a sfilare in strada oltre che sulle passerelle ma la fedeltà al brand è venuta meno per
incontrare la molteplicità delle marche. Il consumatore non sceglie più di vestirsi da capo a
piedi con un solo marchio, ma definisce vari accessori che ritiene utili a completare uno stile,
rigorosamente street. La competizione tra le aziende inizia a diventare più marcata da un lato,
perché più difficile da gestire con prodotti simili; dall’altro c’è voglia di cooperazione,
sopratutto con testimonial nell’ambito della musica e dello spettacolo.

La costruzione di una marca passa attraverso la concezione di bisogni e sensazioni che
i singoli individui tendono a integrare nel gruppo. Nasce la voglia di identificarsi in
categorie di persone e quindi anche il prodotto di tendenza si fa più simile. Dopo tanti
anni per cercare di costruire brand in grado di identificare l’azienda e il prodotto, di
differenziarsi dai concorrenti e di offrire un valore distintivo per il cliente, ci si avvia verso
un’epoca di omologazione.

Anni ’00 a oggi.
Con il nuovo millennio e ancor più negli anni a seguire si indentifica un nuovo concetto di
moda che si allontana ulteriormente da quello di brand per identificare quello di stile. Lo stile
è un mix di prodotti, concentrati e aggregati insieme che generano sensazioni evocative
legate a chi la persona vorrebbe essere. Attraverso lo stile il soggetto tende ad identificarsi in
altro o diventare ciò che vuole. Il brand può solo essere un mezzo per raggiungere il
proprio stile ma non è più un punto di arrivo.

Il brand classico cerca di modificarsi per avvicinarsi ai gusti del consumatore. Ma il cliente
moderno che insegue il proprio stile e non il brand, sfrutta la marca in modo funzionale per
costruire l’immagine di sè che preferisce. Sono pochi i marchi che riescono a diventare
trend setter e, sempre più spesso, lo sono solo in funzione dei testimonial che hanno scelto.

Spetta al cliente o ai fashion blogger mixare prodotti e accessori per ricreare uno stile
che non sempre risulta vicino alle passerelle. Spesso questo avviene scegliendo prodotti di
fascia alta con altri low cost per ottenere un risultato unico. La voglia di unicità del
singolo, ma con un chiaro richiamo all’omologazione di un’etichetta porta a definire delle linee
guida abbastanza marcate per ogni tipologia di stile che però faticano ad essere rispettate dalle
aziende. Infatti restrizioni troppo rigide rischierebbero di limitare in modo eccessivo il mercato,
non offrendo margini di profittabilità. In molte imprese oggi si è deciso di ampliare il più
possibile la gamma dell’offerta, con misuscole variazioni sul tema, per cercare di
accaparrarsi ogni singolo soggetto che vuole sentirsi unico. Sono invece le piccole realtà,
di estrema nicchia, che hanno scelto di declinare i prodotti in una sola direzione con un
pubblico destinatario estremamente limitato.

  I Big quindi non hanno dubbi, tanti prodotti, un po’ per tutti, facili da mescolare, per
  incontrare gli stili di tutti. E il brand storico e costruito perde alcune caratteristiche per
  diventare un poliedrico arlecchino.
Puoi anche leggere