Il mercato del miele è in crisi?
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- di Giampaolo Palmieri - Sono molte le problematiche che attanagliano il nostro settore. Propongo delle mie personali osservazioni e riflessioni sperando che possano essere un utile contributo ed uno stimolo per un dibattito più ampio. Il mercato del miele è in crisi? Partiamo dalla nota dell’Osservatorio Nazionale del Miele “Non ci sono segnali di sblocco della situazione di stallo del mercato all’ingrosso del miele che avevamo segnalato nella rilevazione precedente. Le notizie che giungono dalla rete sono di una generale stasi degli acquisti con scarsissime richieste da parte dei confezionatori, che hanno probabilmente potuto già approvvigionarsi nei mesi precedenti vista l’ampia disponibilità di miele sia italiano che estero, e prezzi in calo relativamente a tutte le tipologie di miele. Stabile il mercato tra apicoltori.” Anche le notizie raccolte fra gli amici apicoltori non sono particolarmente brillanti: si fa sempre più fatica nella vendita diretta alle bancherelle dei mercati, diversi segnalano una fase di stasi negli acquisti. Fortunatamente non è sempre così ma dalle informazioni raccolte le vendite o sono al massimo analoghe a quelle dello scorso anno o sono in calo. Quali sono le possibili cause? Il miele non è un bene alimentare primario ma bensì voluttuario e quindi i segnali di crisi del mercato potrebbero avere effetti più incisivi e duraturi. L’immagine del miele si è opacizzata presso i “clienti” per diversi motivi. Ognuno, in relazione alla sua sensibilità e conoscenze potrà individuarne anche altri, ma personalmente segnalo i seguenti : - l’incapacità di contrastare le frodi alimentari del miele e nel contempo un dibattito così continuo e serrato sulle sofisticazioni di questo prodotto nei “media” ed in particolare nei servizi televisivi;
- gli allarmi sugli insetticidi ed erbicidi che uccidono le api ma che sono rintracciabili anche nel miele, affermando che comunque può questo può presentare inoltre residui di acaricidi o di antibiotici usati per la cura delle api; - errori di comunicazione nei servizi televisivi, a volte anche molto grossolani e fuorvianti; - i guru della dietetica che sempre più spesso bollano tutti gli zuccheri come nemici giurati del benessere psico-fisico delle persone; - vegani e altri strani personaggi che fanno disinformazione sul miele e sull’apicoltura; - l’erosione sempre più marcata del potere di acquisto della maggioranza delle famiglie italiane che ormai tende a condizionare anche i consumi alimentari orientando gli acquisti sui prodotti di fascia bassa; - la mancanza di una cultura diffusa del prodotto (presente ad esempio nel settore enologico) e la mancanza della capacità di creare dei storytelling accattivanti e avvincenti del prodotto e delle aziende I motivi espressi, singolarmente, sono poco significativi, ma la loro somma complessiva deve destare l’attenzione degli addetti al nostro settore. Frodi alimentari Le frodi nel campo del miele sono un aspetto molto importante che meritano un approfondimento. Il miele è stato presentato a livello internazionale come il terzo prodotto alimentare più contraffatto. C’è un continuo lavoro di capaci chimici volto a elaborare sciroppi zuccherini che, una volta aggiunti al miele, non siano più individuabili per la loro origine artificiale. E’ un continuo rincorrersi di guardie e ladri fra i chimici. Manca però una forte presa di coscienza su questa problematica. Conseguentemente non c’è neppure una decisa volontà politica nel sostenere la ricerca di chi deve tutelare il prodotto da queste frodi. Giunge così, continuamente, un offerta dall’estero che propone prezzi molto più bassi del costo di produzione. E’ un “miele” che va essenzialmente a coprire le fasce basse di mercato ma che comunque getta un ombra sinistra e di sospetto su tutto il settore. Le adulterazioni con gli zuccheri avvengono per l’aggiunta di sciroppi in laboratorio o in fase di raccolta. Costi di produzione Il quadro normativo per l’apicoltura ma soprattutto quello delle preparazioni alimentari (e per la gestione di una realtà aziendale) va ad incidere e condizionare tutte le fasi di produzione e commercializzazione. Tali norme sono a volte disformi da Regione a Regione ma soprattutto è disforme la loro applicazione ed interpretazione da luogo a luogo. Un insieme di vincoli che in alcuni casi contribuiscono a migliorare il prodotto sotto il profilo igienico e a tutelare il consumatore ma nella pratica rendono disformi i costi di produzione da zona a zona in Italia. Il rispetto di tali norme, complessivamente, rende il miele italiano non concorrenziale con quello di importazione. Cosa fare? In primo luogo si dovrebbe intervenire sia sul riordino normativo che su gli standard dei mieli di importazione . Questi dovrebbero essere analoghi a quelli italiani anche nelle norme igieniche, nelle autorizzazioni, nei prodotti utilizzati per parassiti e patologie ecc.
Si dovrebbero proporre ricerche per definire gli standard di prodotto per salvaguardare il miele vero da quello “taroccato”. Individuare le metodologie e le tipologie di analisi più adeguate per i controlli e le verifiche. Si dovrebbe chiedere una rigorosa tracciabilità del prodotto anche di importazione che permetta di individuare le aziende apistiche produttrici e gli apiari di provenienza per poter effettuare, almeno a campione o nell’emergenza, le necessarie verifiche tra cui la congruenza degli spettri pollinici presenti ed eventuali controlli in loco. A mio avviso sarebbe inoltre importante fare un patto di filiera coinvolgendo tutti gli attori che vi operano: dai produttori agli invasettatori perché tutti i soggetti hanno interesse che il miele non perda il consenso del suo pubblico e che venga rilanciata la sua immagine. Ogni singolo “scandalo” è un colpo per un mercato che ha poi bisogno di tempi lunghi ed investimenti per recuperare perché il miele, come già detto, non è un prodotto alimentare essenziale e necessario. La strada dovrebbe essere simile a quella già tracciata dal vino, prodotto con cui il miele ha molte analogie. Bisogna in primo luogo effettuare una grossa campagna contro le sofisticazioni: quelle degli sciroppi di zucchero aggiunti al miele ma anche quelle delle nutrizioni date in piena produzione. Il nostro “Moloch”, la divinità o faro, che deve guidare la nostra azione deve essere quella della qualità del prodotto. Sarebbe opportuno quindi, ad esempio, promuovere indagini e ricerche circa le eventuali alterazioni legate alle tecniche utilizzate. Ad esempio sarebbe interessante capire quando le nutrizioni di stimolo possono comportare dei rischi per la qualità del prodotto, ovvero quali sono i termini precauzionali di sospensione rispetto al periodo di raccolta. Sarebbero inoltre utili delle ricerche per capire se l’uso del deumidificatore possa diminuire la qualità del prodotto e gli eventuali limiti del suo impiego. Tale strumento infatti da qualcuno messo sotto accusa ma nel contempo, in molti casi, è indispensabile per produrre miele monoflorale.
Il nostro settore è quello che presenta le maggiori interconnessi e interdipendenza fra le realtà che lo compongono. E’ necessario quindi che la “politica” del comparto nasca dal dialogo delle sue componenti e abbia una marcata capacità di una progettualità comune. Bisogna quindi mettere termine alle divisioni fra hobbisti e partite iva, fra produttori e commercianti camuffati da apicoltori, fra aziende, piccole e grosse, ed invasettatori. L’unico solco netto e profondo che ci deve essere è fra chi opera con professionalità e correttezza e chi no. Chi entra nel settore apistico dovrebbe seguire dei corsi e degli esami per avere un patentino o meglio ancora un iscrizione ad un albo professionale. Chi è vende miele contraffatto, chi ruba alveari, chi con azioni scorrette rovina l’immagine del miele e dell’apicoltura o danneggia il settore deve poter essere cancellato dall’Albo e posto nelle condizioni di non poter più esercitare nel settore. Per risalire la china e salvare l’apicoltura dobbiamo perdere un po’ di quel senso anarchico che ha sempre caratterizzato l’apicoltura. Nota conclusiva Si potrebbe, come obiettivo minimo, richiedere che i mieli esteri che non possono presentare una corretta tracciabilità del prodotto o la totale aderenza alle normative nazionali in materia di igiene delle preparazioni alimentari e farmacologiche riportino in etichetta un avviso obbligatorio che informi il consumatore di tali carenze. Sondrio, domenica 6 gennaio 2019
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