La produzione e l'utilizzo del pellet - FIRE
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La produzione e l’utilizzo del pellet Antonio Panvini Comitato Termotecnico Italiano Energia Ambiente panvini@cti2000.it www.cti2000.it Sommario I problemi legati all’approvvigionamento energetico e alla salvaguardia dell’ambiente stanno conducendo verso una utilizzazione diffusa delle biomasse per fini energetici e, tra queste, emerge sempre più il pellet di legno che caratterizza un nuovo mercato in crescita esponenziale. I numeri in gioco (impianti installati e potenzialità del settore) impongono una presa di coscienza relativa agli impatti che possono nascere da un utilizzo sempre più massiccio di fonti energetiche rinnovabili e di biocombustibili in particolare; si rende sempre più necessario adottare strumenti che consentano agli operatori del settore di poter capire e leggere il prodotto che vendono, acquistano, utilizzano . Nell’intervento sono descritti gli aspetti principali legati alla produzione e all’utilizzo del pellet tenendo come punto di riferimento la qualità del combustibile e la qualità della combustione. Premesse La tendenza attuale della legislazione europea e nazionale è quella di spingere il più possibile al risparmio energetico. Indicazioni in tal senso arrivano sia dalla direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico dell’edilizia che dal Libro Verde sull’approvvigionamento di energia. UE (settore civile) Libro verde sull’approvvigionamento di energia e DIRETTIVA 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia 40% (Climatizzazione) Dipendenza energetica: dal 50% al 70% in 20-30 anni Risparmio energetico 22% entro il 2010 Si stima che nella Comunità la dipendenza energetica dell’UE passi dal 50% al 70% in 20-30 anni. Se si analizzano in consumi energetici italiani nel settore civile si nota che nel nostro paese ci sono circa 18 milioni di abitazioni riscaldate che consumano qualcosa come 27.5 Mtep all’anno, mentre l’intero settore civile consuma circa 37.5 Mtep/anno. Risulta quindi evidente come le possibilità applicative di impianti che consentano il risparmio energetico e nel contempo consentano un risparmio dei combustibili fossili siano notevoli. Circa
50.000 nuovi fabbricati mono e bi familiari sono costruiti ogni anno (20.000 solo al nord) e potrebbero utilizzare impianti a basso impatto ambientale. Circa 650.000 unità abitative di questo tipo (250.000 al nord) sono state realizzate nell’ultimo decennio e quindi sono tecnicamente riadattabili ad impianti a biocombustibili. Quali sono le soluzioni che consentirebbero di seguire le indicazioni della UE? L’installazione di caldaie a legna, sempre più sofisticate, tecnologicamente avanzate e funzionali, ma con il limite della scarsa autonomia, è sicuramente una valida alternativa ai sistemi tradizionali a combustibili fossili. Nuove soluzioni tecnologiche quali le caldaie a pellet stanno, però, sempre più prendendo un posto rilevante nel mercato. Stufe di piccole dimensioni, tecnicamente avanzate, con un’estetica curata, ma soprattutto con una notevole autonomia e un rendimento elevato sono oramai una realtà in fatto di riscaldamento domestico “ambientalmente compatibile”. Il pellet è un nuovo combustibile rinnovabile prodotto pressando segatura con il giusto grado di umidità (10-12%). Si presenta sottoforma di piccoli cilindretti di due o tre centimetri di lunghezza e 6/8 millimetri di diametro. Ha un potere calorifico di tutto rispetto e può essere maneggiato e trasportato con molta facilità e in tutta sicurezza. Può essere conservato per molto tempo e si adatta alla vendita al dettaglio nella grande distribuzione, alla vendita all’ingrosso o addirittura sfuso come se fosse un combustibile liquido. La produzione del pellet Il pellet è un biocombustibile densificato di forma cilindrica ottenuto comprimendo biomassa polverizzata con o senza l’ausilio di additivi naturali. La materia prima utilizzabile per produrre pellet è ben definita dal DPCM “Combustibili” dell’8 Marzo 2002 ed è altrettanto ben definita in altri documenti di fondamentale importanza che sono le Raccomandazioni CTI sui biocombustibili (CTI R 03/1) e sul pellet (CTI R 04/5).
La pressatura della segatura avviene per mezzo di macchine pellettizzatrici la cui tecnologia proviene dal settore della mangimistica animale. Una maggiore densità ed “abrasività” rispetto ai mangimi ha fatto si che le prime macchine avessero una vita molto breve o costi di manutenzione elevati; attualmente invece, grazie a nuove leghe e ad una ricerca specifica sui materiali la tecnologia è molto più affidabile e consente di contenere i costi di gestione. La macchina per la pellettizzazione ha un funzionamento abbastanza semplice: la segatura al giusto grado di umidità (mediamente 10-12%) viene fatta cadere in una tramoggia che, tramite coclee provvede ad alimentare il cuore della macchina. Quest’ultimo è costituito da una trafila cilindrica forata che, nella maggior parte dei modelli disponibili oggi sul mercato, ha un asse orizzontale ed è dotata di due rulli interni che provvedono a compattare la materia prima nei fori. Il processo è riconducibile a quello di un‘estrusione. Esistono in commercio anche trafile verticali con rulli esterni, ancora scarsamente utilizzate, e trafile piane che provengono dal settore della compattazione dei rifiuti, anch’esse non ancora “rodate” sul legno e quindi praticamente allo stadio sperimentale. Vari dispositivi a monte (mulini a martelli, essiccatori, deferizzatori) e a valle (vagli, insaccatrici) della pellettizzatrice sono necessari al fine di assicurare una produzione costante e controllata. L’utilizzo Uno degli indubbi vantaggi del pellet risiede proprio nella comodità di utilizzo. Se si pensa cosa accade quando, all’inizio dell’inverno si deve fare rifornimento di gasolio, ci si rende conto di come il pellet sia paragonabile, da questo punto di vista, al più comune combustibile liquido: arriva un’autocisterna, si collega tramite un tubo al serbatoio della centrale termica, riversa il quantitativo di gasolio richiesto, un contatore indica i litri di combustibile prelevato. Le stesse operazioni possono essere eseguite con il pellet che, grazie al comportamento molto simile a quello di un fluido, può essere gestito allo stesso modo.
Un altro aspetto fondamentale che ha fatto la fortuna del pellet è che gli impianti moderni (sia stufe che caldaie) sono alimentabili in automatico e programmabili; il che significa non dover scendere in “cantina” con una frequenza più o meno elevata per rifornire l’impianto; significa anche poter disporre di un’autonomia notevole che consente di programmare più turni di accensione e spegnimento oppure accensioni comandate nel tempo.
La qualità del pellet Dopo una breve introduzione relativa agli aspetti produttivi e di utilizzo del pellet è importante affrontare il problema della qualità. A tal proposito il Comitato Termotecnico Italiano ha recentemente redatto due Raccomandazioni. La prima (CTI-R03/1) riporta le modalità di classificazione e le specifiche tecniche relative ai biocombustibili solidi e liquidi (oli vegetali) prendendo spunto dall’attuale normativa europea in materia. Più in particolare gli obiettivi di queste linee guida sono: CLASSIFICAZIONE dei biocombustibili in base a natura e provenienza: prodotti agricoli e forestali; scarti vegetali da attività agricole e forestali e industrie alimentari di trasformazione; scarti di legno ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti; scarti di sughero; Definizione di SPECIFICHE commerciali: aspetto esteriore (tipologia commerciale); proprietà fisiche e chimiche determinate con metodi normalizzati. La seconda (CTI-R04/5) riporta la Caratterizzazione del pellet a fini energetici: classificazione qualitativa” e si pone come obiettivo quello di costituire un punto di riferimento ed un supporto tecnico per tutti gli operatori del settore (produttori di macchine e impianti, produttori di pellet, commercianti ed utilizzatori finali, amministrazioni). Vengono così definite delle classi di prodotto in funzione del valore di determinati parametri quali dimensioni, umidità, contenuto in ceneri, contenuto in zolfo, presenza e tipologia di leganti. La scheda riportata più sotto è estratta dalla bozza della raccomandazione sul pellet in via di ultimazione. Dalla stessa è possibile ricavare un possibile esempio di “etichetta” da apporre sulle confezioni del biocombustibile. Figura 1 – Bozza della raccomandazione CTI R04/5 – Caratterizzazione del Pellet
Figura 2 – Raccomandazione CTI R 03/1 - Specifiche pellet La qualità della combustione e degli impianti Accanto al problema della qualità del combustibile è di primaria importanza la qualità degli impianti. Il CTI, in qualità di ente normatore, partecipa con propri esperti a vari gruppi di lavoro europei e nazionali che stanno sviluppando la normativa in materia di impianti a biocombustibili solidi. Un breve riassunto di questi lavori è il seguente:
CEN/TC 57 Caldaie per riscaldamento centralizzato • UNI EN 303-5 - Generatori di calore a combustibile solido con bruciatori manuali ed automatici di potenza
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