Grinta e fascino di un ciclismo d'altri tempi - FERDY KÜBLER E HUGO KOBLET - BPS-Suisse
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FERDY KÜBLER E HUGO KOBLET ..................................................................................................................................................................................................................... Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi testi di Marco Blaser, Gian Paolo Ormezzano e Sergio Zavoli con un’intervista a Ferdy Kübler
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... Vite diverse, stesse grandi vittorie di Marco Blaser * Sono un ragazzo di Piazza. Dicono che i miei dibile vittoria di tappa di Hugo Koblet che, primi vagiti si siano confusi con le note de primo straniero, avrebbe poi vinto la presti- L’amico Fritz di Mascagni eseguite dalla giosa corsa a tappe italiana. Nel ’51 mi recai Civica Filarmonica di Lugano diretta dal in Val Ganna ai mondiali di Varese. Mi schie- maestro Dassetto in Piazza della Riforma. rai poi in prima fila per accogliere Ferdy Sono infatti nato e cresciuto fra il vecchio Kübler, in maglia iridata, sulla Piazza di casa. quartiere del Sassello, le vie Pessina, Soave, Un paio d’anni più tardi partecipai a un con- Petrarca, Luvini, il Crocicchio Cortogna e il corso per “voci nuove” e il 1° dicembre del Municipio, una specie di Buckingham ’54 debuttai ai microfoni della mitica Radio comunale nel quale, un giorno, si sarebbe Monteceneri. Mio padre mi diede il nulla osta insediato un altro George dotato anch’egli di con un augurio dal tono piuttosto amareg- una forte personalità. Da bambino ho annu- giato e poco convinto: “Se proprio vuoi fare il sato il penetrante profumo della torrefazione saltimbanco, buttati!”. Pochi mesi dopo del caffè dei Conza. Per ore ho sostato alle venni già inviato al seguito del Giro della porte del laboratorio artigianale di gelati del Svizzera come giovane “apprendista strego- “Leventinese” conquistandomi in seguito i ne” affiancando Alberto Barberis e Tiziano “fregüi” delle paste rimaste invendute sugli Colotti. Il ciclismo mi appassionò più di altre eleganti banconi della panetteria Burri, oggi discipline. Il rapporto umano, la semplicità sede della Banca Popolare di Sondrio. Era della sua gente mi affascinarono. Nacquero questo il mio quartiere. Il ritmo della gior- vere, sincere amicizie che resistono all’usura nata veniva scandito dagli appuntamenti dei del tempo. Emilio Croci Torti, luogotenente notiziari di Radio Monteceneri. Anch’io sono di Ferdy, mi consegnava, giorno dopo giorno, figlio dei “Radio Days” dipinti a Manhattan le banane del suo rifornimento sostenendo la da Woody Allen, tenendo conto, è ovvio, mia crescita. Remo Pianezzi, il fedele grega- delle proporzioni della realtà luganese. Nei rio di Hugo Koblet, mi confidava invece le ricordi vi sono, indelebili, gli annunci dati da strategie della sua squadra. Mi rammento Mario Casanova il 1° settembre del ’39 per che d’istinto ero più portato a schierarmi, in l’invasione della Polonia da parte dell’eserci- un paese diviso fra i sostenitori dei due K, to del Terzo Reich e quello per lo sbarco con i kübleriani anche se il dialogo con Hugo degli Alleati in Normandia. Era il 6 giugno mi risultava più facile. Lo stupendo atleta del ’44. L’arrivo dei GI (così erano chiamati i zurighese, potente ed elegante, aveva già alle soldati americani) venne accompagnato spalle le straordinarie affermazioni al Giro e dalla musica jazz eseguita dall’orchestra di al Tour. All’inizio della mia attività giornali- Glenn Miller, allora ospite fisso della radio stica la sua stella stava purtroppo sbiadendo. militare angloamericana AFN. Quando l’8 maggio del ’45 un concerto di A sinistra: campane segnò la fine della guerra in me si Hugo Koblet al era ormai radicato il sogno di diventare un Tour de France del 1951 nella tappa uomo di radio. A nulla valsero le proposte, a cronometro da avanzate dagli avventori dell’esercizio pub- Aix-les-Bains a Ginevra. Vinse percorrendo i blico dei miei genitori, di immergermi nel 97 chilometri della mondo bancario. Nemmeno la prospettiva di frazione in 2h39’45” raccogliere le esperienze alberghiere fami- alla media di 36,43 km/h e portò il suo vantaggio liari riuscì a soffocare il mio entusiasmo per in classifica generale da la comunicazione radiofonica. La frittata era 9’ a 22’, aggiudicandosi di fatto la 38ª edizione fatta. I successi collezionati dallo sport elve- della corsa francese due tico, narrati da Vico Rigassi, Giuseppe giorni prima della fine. Albertini e Alberto Barberis, consolidarono A destra: la mia scelta. Nel ’50 fui a Locarno per Il commentatore radiofonico della RSI applaudire Fritz Schaer, allora maglia rosa al Vico Rigassi. Giro e per salutare nel contempo l’impreve- [ III ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... In alto: delle Terme di Caracalla. Fu lui a essere rice- Un elegante e vuto dal Santo Padre e dalle festanti Guardie impeccabile Koblet adolescente, tra i Svizzere. A Chiasso, per valicare la frontiera, compagni di scuola indossò la maglia rosa. Quel pomeriggio le nel particolare di una foto di gruppo. nostre scuole rimasero chiuse e i palazzi issarono il gran pavese. Imparammo ad In basso: Hugo Koblet con la apprezzare le sue civetterie: rinfrescarsi il moglie nel giro d’onore volto e pettinarsi a puntino prima di affron- alla Sei Giorni di Zurigo del 21 marzo 1957, tare, a fine gara, il pubblico e i fotografi. giorno del suo 32° Incantò grandi e piccini affascinando soprat- compleanno. tutto il mondo femminile. I giornalisti pari- gini lo chiamarono “pédaleur de charme”. La sua consacrazione fu celebrata, nel 1951, sulle strade transalpine con una maiuscola Hugo Koblet era nato nel 1925 al numero 3 vittoria al Tour. Seguì una lunga serie di pre- della Hildestrasse, situata in un vasto quar- stigiose affermazioni. Nel 1952 Koblet andò tiere popolare di Zurigo. I genitori gestivano in Messico. La sua ingenuità e l’incapacità di una piccola, apprezzata panetteria. Hugo, il rifiutare inviti lo portò al via di una curiosa più giovane della famiglia, era addetto alla corsa a handicap inventata da un gruppo di consegna del pane. Si fece i muscoli percor- singolari impresari. Fu un’avventura avvolta rendo ogni giorno decine di chilometri per da un fitto mistero che gli avrebbe cambiato diventare ben presto uno fra gli allievi emer- la vita. Al suo ritorno in Europa amici e genti del Velo Club regionale. Nel 1943 compagni di squadra notarono che la tra- vinse, da dilettante, la sua prima gara. Passò sferta messicana gli aveva minato la salute. quindi fra i professionisti e nel ‘47 si aggiu- Improvvisi, singolari dolori gli rendevano dicò la prima tappa del Giro della Svizzera, la difficoltosa la respirazione in alta quota. Zurigo-Siebnen, staccando di prepotenza Quando superava i 2000 metri una morsa Kübler, Coppi, Bartali e altri affermati cam- alla gola gli procurava un penoso fiatone. pioni. Si mise poi in vista come passista con- Nel 1953 tornò, da protagonista assoluto, al quistandosi la considerazione degli osserva- Giro d’Italia. Venne indicato fra i favoriti alla tori più attenti. Göpf Weilenmann, vincitore vittoria finale. Arrivò a Bolzano in maglia nel ‘49 del nostro Giro, gli pronosticò un ful- rosa alle spalle di Coppi che vinse la tappa. gido avvenire e lo segnalò a Learco Guerra Quel giorno Mario Ferretti, dai microfoni che da poco aveva deciso di scendere in della RAI, iniziò la sua cronaca con l’indi- campo per il Giro dell’Anno Santo. Koblet, il menticabile “Un uomo solo al comando, la neofita dell’impegnativa corsa a tappe, indos- sua maglia è biancoceleste, il suo nome è sò a metà corsa la maglia rosa già vestita per Fausto Coppi…!”. Si disse che quella vittoria alcuni giorni da Schaer. Il campione elvetico si impose nei cuori degli appassionati di ciclismo per l’innata eleganza e la prorom- pente potenza atletica. I geniali inviati della “Gazzetta dello Sport” lo battezzarono “Falco biondo”. Bello, forte, educato, divenne pure il beniamino della carovana rosa. Con la maglia di leader volontà e coraggio si mol- tiplicarono. L’uscita di scena di Fausto Coppi, vittima di una caduta che gli procurò la rottura del bacino, mise in difficoltà anche Gino Bartali, l’antagonista più temibile, che avrebbe voluto incontrare Pio XII in veste di vincitore. Ma Hugo, accarezzando con deter- minazione i pedali, non lasciò spazio al cam- pione toscano e arrivò da vincitore, primo straniero della storia, sul traguardo finale [ IV ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... faceva parte di un accordo fra i due: “Oggi l’incarico. Debuttai al suo fianco il 15 otto- vinco io la tappa e domani tu vinci il Giro!”. bre a Lugano per la cronaca della cronome- Ma il giorno dopo, sui duri tornanti dello tro. Facemmo coppia per tre anni assolvendo Stelvio, Koblet entrò in crisi e Coppi fu una quindicina di impegni. In quel periodo costretto dai suoi dirigenti a non attenersi al ebbi modo di conoscere più da vicino l’uomo presunto accordo andando a vincere a Koblet, un amico tormentato che in certi Bormio e quindi, il giorno seguente, a con- momenti si sentiva sconfitto e umiliato. quistare questa tormentata edizione del Venne anche abbandonato da Sonia, rimasta Giro. L’Alto Adige, l’aria della Valtellina con ancora a Caracas, mentre alcuni sconsiderati lo Stelvio e l’Engadina, con il Bernina, ebbe- familiari lo sfruttarono con incomprensibile ro un’importanza particolare nella carriera cinismo. Durante i nostri viaggi di trasferta di Hugo. Al Tour de France il cuore e la e le cene precedenti gli impegni di cronaca respirazione tornarono a infastidire il cam- mi confessò ripetutamente il disagio per pione elvetico, che pur sapeva soffrire. La essere dovuto passare dalla bicicletta al sua carriera proseguì poi fra alti e bassi. mondo degli affari. A Caracas aveva scoperto Generoso e signore assecondò, nel ’54, il suo la passione per il tennis e lo sci nautico. luogotenente Carlo Clerici che vinse il Giro. Vinse anche alcuni tornei amatoriali. Ma Hugo si accontentò del secondo posto. In furono effimeri fuochi di paglia. Ricordava seguito si concentrò sulle classiche, sulle invece volentieri gli amichevoli rapporti con sfide in pista, sulle Sei Giorni, sulle gare a Kübler, Bobet e Remo Pianezzi. Gli piaceva cronometro. Nel frattempo si sposò con l’av- raccontarmi gli episodi legati alla vittoria del venente indossatrice Sonia Bruehl dimenti- Giro del ’50, la gioia di Learco Guerra che candosi purtroppo di adeguare il suo tenore non si sarebbe mai immaginato di poter arri- di vita ai nuovi, meno fastosi guadagni. vare a Roma con il capitano della sua squa- L’indiscusso talento del ciclismo mondiale dra in veste di vincitore. Mi raccontò che era infatti un pessimo amministratore. In durante la cerimonia ufficiale in Piazza San pochi mesi dilapidò la ricchezza accumulata. Pietro Learco pianse dalla gioia. Mi disse: “Aveva le mani bucate” ebbe a dire Armin “Sembrava un bambino disorientato dai von Büren, compagno di molte Sei Giorni. troppi regali ricevuti da Babbo Natale”. La fine della sua carriera sportiva venne decretata al Tour de Romandie del ’58. Il “Falco biondo” respirava a fatica anche a 1000 metri di quota. Vedere in difficoltà un atleta che aveva avuto la potenza per scon- figgere i campioni più prestigiosi creava in tutti una dolorosa stretta al cuore. Grazie alla sua fama, ma anche all’innata signorilità, Hugo ebbe una proposta dall’AGIP di Enrico Mattei. Venne invitato ad andare in Venezuela come testimonial del “Cane a sei zampe Supercortemaggiore”. Si stabilì quin- di a Caracas con Sonia e vi rimase per due anni. Rientrò a Zurigo in sordina nel dicem- bre del ’60, quando la AGIP decise di affidar- gli la stazione di benzina del Velodromo di Oerlikon, mentre un gruppo di fedeli lo spin- se ad accettare l’incarico di commentatore di gare ciclistiche per Radio Beromünster. Fra i momenti più belli della carriera citava Tour de France 1951, Timido, poco estroverso, accettò la proposta. il Tour de France e la fortuna di aver potuto 16 luglio: Koblet in Tuttavia chiese di essere assecondato da un praticare il mestiere dei suoi sogni, anche se azione nella tappa che lo porta vittorioso collega-cronista che l’avrebbe interrogato duro e talvolta crudele. Per lui ogni corsa era da Brige ad Agen, sugli aspetti tecnici della gara. Sepp Renggli, un’avventura, un’esperienza nuova che lo dopo una leggendaria fuga solitaria di 136 allora capo dello sport della Radio, accettò le stimolava e lo divertiva. Amava anche viag- chilometri. richieste di Hugo e nell’estate del ’61 mi offrì giare, conoscere paesi nuovi, girare l’Europa [V]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... [ VI ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... e incontrare persone diverse. Non gli piace- amarezze e si inseriva nel filo di una depres- va invece parlare dell’episodio meno limpi- sione che andava a collegarsi alla misteriosa do: la vicenda dello Stelvio del ’53. Un gior- trasferta in Messico che gli compromise la no mi disse che quel Giro iniziò male. salute. Lo disse pure ad Armin von Büren Spirava un’aria da guerra su due ruote. quando il partner di molte Sei Giorni lo Quasi sottovoce mi confidò: “Persi il Giro invitò a gestire con maggior oculatezza nella tappa dello Stelvio con arrivo a quello che rimaneva di una sostanza ormai Bormio. Fui battuto da Coppi, il più grande ridotta all’osso. Rimase incomprensibile la campione di tutti i tempi!”. Tentai di farlo sua rinuncia alla carica di Commissario tec- parlare del presunto accordo e del successi- nico della Federazione. Rifiutò a causa di vo possibile tradimento. Non mi rispose. Si assurde tensioni esistenti fra i funzionari chiuse invece in un ermetico silenzio. In che, secondo lui, stavano bloccando ogni ini- quei giorni furono probabilmente messe in ziativa. Fu invece sempre pronto a dare con- campo forze capaci di far vacillare persino sigli ai giovani che si rivolgevano a lui ricor- l’onestà e la coerenza di un uomo d’onore dando, con generosità, che “La casa sullo come Coppi. Secondo lui il ciclismo degli Zollikerberg è sempre aperta”. Ebbi comun- anni Sessanta stava purtroppo subendo una que l’impressione che l’innata riservatezza si profonda metamorfosi. Ripeteva sovente che stesse accentuando. Spesso mi apparve con- il ciclismo era giunto al giro di boa. Imprese fuso, insicuro e triste. Poche settimane dopo come quelle compiute da Coppi, Bartali, il nostro ultimo incontro di lavoro, Hugo Magni, Kübler, Bobet non si sarebbero più Koblet, al volante della sua berlina, andò a potute ripetere. L’intervento sempre più schiantarsi inspiegabilmente contro un massiccio degli sponsor, alla ricerca del suc- albero in aperta campagna, lungo la strada cesso immediato, per dare visibilità al mar- che dal villaggio di Esslingen porta a chio dei propri prodotti e ammortizzare gli Mönchaltdorf. Era il 2 novembre del 1964. ingaggi sempre più elevati, era pronto per Spirò pochi giorni dopo senza aver realmen- conferire un pericoloso potere alla medicina te ripreso conoscenza. Gli resi l’estremo sportiva estrema. Sentiva, senza ombra di saluto al fianco di Sepp Renggli e con i col- dubbio, odore di doping e di anabolizzanti leghi della redazione Bruno Galliker e Max già usati in taluni Paesi dell’Est europeo. Ruegger unitamente a migliaia di tifosi Hugo chiuse la carriera senza aver conqui- affiancati ad atleti svizzeri e stranieri, fra i stato una maglia iridata. Fu la conseguenza quali ritrovai Kübler, Clerici e Bobet, prota- di un approccio non pianificato, garibaldino, gonisti, con Hugo, di alcuni degli episodi più alle stagioni agonistiche. Non fissava mai intensi dell’eroico ciclismo della metà del degli obiettivi precisi. Rimpianse invece di secolo scorso. Quel giorno a Ferdy Kübler non esser riuscito a battere il primato mon- venne a mancare il prezioso punto di riferi- diale dell’ora. Un primo tentativo fallì e il mento che l’aveva accompagnato nella sua A sinistra: Koblet dopo la vittoria secondo, previsto al Vigorelli di Milano, fu carriera di grande campione. al Gran Premio di cancellato per un suo improvviso malore. Svizzera del 1950. “Falco biondo”, Una sera gli chiesi a bruciapelo una valuta- “Pédaleur de charme” zione sulla sua vita. Eravamo al ristorante e “James Dean del ciclismo” furono alcuni “Sanremo” alla Brunnenhofstrasse di Zurigo dei soprannomi che dove gustavamo uno sminuzzato con i rösti. si meritò grazie alla sua eleganza e al suo Mi guardò sorpreso e disse “Non mi è man- fascino. cato nulla. Sono partito da garzone della panetteria dei miei genitori. Ho assaporato A destra: Koblet a bordo della la gloria, ho visto mezzo mondo, ho guada- sua auto, una mitica gnato molti soldi, ho conosciuto molta Studebaker, nei pressi dell’Hallenstadion a gente e da protestante mi ha persino ricevu- Oerlikon. In questo to, in udienza privata, Papa Pio XII. Stasera sobborgo di Zurigo gestì per qualche siamo qui per una gustosa cenetta. Cosa tempo un distributore dovrei pretendere? Forse sono vicino alla di benzina, dopo essersi ritirato dalle compe- fine di un percorso. Ma non anticipiamo tizioni nel 1958. nulla”. Questa frase nascondeva delusioni e [ VII ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... A destra: Ferdy, più anziano di sei anni di Koblet, era in modo inequivocabile la sua gioventù. Kübler incitato da un nato e cresciuto a Marthalen, nel cantone di Molti lo ricordano attento calcolatore e appassionato sosteni- tore affronta le rampe Zurigo, in condizioni molto modeste. Suo ancora oggi c’è chi afferma che è uno fra i del Furkapass nella padre, custode del manicomio di Rheinau, più oculati risparmiatori, un’inclinazione 3ª tappa del Giro della Svizzera del 1947, la percepiva un salario mensile di 140 franchi: che i meno diplomatici non esitarono mai a Bellinzona-Sierre di 213 un’entrata che doveva bastare per la soprav- definire tirchieria. Una voce diventata quasi chilometri. Involatosi solitario poco dopo la vivenza dei genitori e dei cinque figli. una leggenda. Per la verità il principio del partenza, Kübler vinse Insieme tentavano di arrotondare il micro- risparmio gli venne inculcato da uno dei con 3’32” di vantaggio su Fausto Coppi. scopico stipendio. Durante la vacanze scola- suoi maestri, l’indomabile Paul Egli che gli stiche Ferdy andava a lavorare in una vicina impose come disciplina fondamentale la In basso: fattoria. Da garzone di buona volontà si puntualità e il risparmio. Ferdy, ormai pro- Ferdy Kübler festeggia- to dai tifosi dopo la occupava delle mucche dall’alba alle nove di fessionista, si domiciliò a Adliswil, comune vittoria ai Campionati sera. Il compenso era di 20 franchi al mese che, dopo i successi più clamorosi, i tifosi del Mondo di Varese. Era il 2 settembre 1951 che, intatti, consegnava al padre. Un giorno ribattezzarono “Kübliswil”. Affittò un appar- e lo svizzero bruciò ricevette in dono una vecchia bicicletta per tamentino per 20 franchi mensili, la metà di allo sprint gli italiani Fiorenzo Magni e andare a fare la spesa per una vicina di casa. quanto avrebbe pagato nella vicina Zurigo. Antonio Bevilacqua. Fu l’inizio del suo rapporto con il velocipe- Nel frattempo, in piena guerra, vinse la de. Due mesi più tardi venne assunto dal- Losanna-Berna, una delle tre tappe del Giro l’anziano panettiere Schneebeli che lo inca- della Svizzera del 1941. Fece poi sua l’edi- ricò della distribuzione quotidiana di una zione dell’anno successivo. Unitamente a quarantina di chilogrammi di pane destinati centinaia di migliaia di concittadini venne agli abitanti della frazione del Pfannenstiel. chiamato sotto le armi. Fu incorporato nella Quelle sgroppate gli svilupparono i muscoli. fanteria di montagna. Nel 1947, alla ripresa Con i risparmi e un piccolo prestito, rimbor- dell’attività agonistica, si schierò al via del sato al ritmo di cinque franchi al mese, Tour de France vincendo la prima tappa, Ferdy si comperò una bicicletta da corsa. Paris-Lille, e la frazione che da Strasburgo portò la carovana a Besançon. Erano gli anni del popolare Jean Robic, detto “Testa di vetro”, del triestino Giordano Cottur e dei fratelli Weilenmann. Quell’anno al Giro della Svizzera si era affermato Gino Bartali mentre i tifosi vissero il primo confronto fra i due “K” che vinsero una tappa a testa. Koblet si aggiudicò la prima frazione sul tra- guardo di Siebnen, mentre Kübler vinse la Bellinzona-Sierre. Fu quella una delle imprese più spettacolari di Ferdy che, uscito dal plotone subito dopo la partenza, arrivò primo dopo una fuga solitaria di 213 chilo- metri. Il posto d’onore sul traguardo vallesa- Affrontò poi alcune gare per allievi conqui- no andò a Coppi, seguito nell’ordine da stando la prima vittoria sul circuito di Bartali, Depredhomme, Schaer e Dupont. Glarona. Non aveva ancora 19 anni. Da dilet- L’indimenticabile galoppata, tatticamente tante si impose a Le Locle entusiasmando incomprensibile, fece clamore. Al microfono Vico Rigassi che, in cronaca diretta, prono- di Alberto Barberis disse: “Ogni tanto biso- sticò un grande avvenire a quel vivace e voli- gna dimostrare che gli imbattibili non esi- tivo atleta zurighese. Passò fra i professioni- stono. Basta volere!”. Fu l’inizio della serie sti nel 1940 e vinse d’acchito il circuito di spettacolare dei duelli fra i due campioni Losanna. Fu un avvio ricco di promesse che elvetici e l’avvio della stupenda stagione del gli permise di sfuggire all’indigenza. Le “Ferdy National”. Nei sei anni successivi diverse affermazioni gli diedero il necessario avrebbe vinto altre due volte la corsa a tappe ossigeno per migliorare le precarie condizio- svizzera (nel 1948 e nel 1951), due edizioni ni economiche. Lo spettro della povertà lo della Liegi-Bastogne-Liegi e della Freccia accompagnò nei primi anni di vita segnando Vallone, una volta la Bordeaux-Parigi, il Tour [ VIII ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... [ IX ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... A destra: de France, il titolo mondiale a Varese e la Unterengstringen e di Kensington in Florida. Nella primavera del Roma-Napoli-Roma, per chiudere la carriera Torna volentieri al sud delle Alpi. Quando 1946 Kübler svolse la sua preparazione nell’autunno del 1956 con la vittoria nella Emilio Croci Torti, suo fedele luogotenente, atletica a Lugano, nella Milano-Torino. Per ben tre volte fu primo lo chiama risponde “Presente!”. Ancora oggi palestra di Georges Miez, olimpionico della nella prestigiosa classifica del trofeo Ferdy tiene conto dei consigli e delle solleci- ginnastica nel ‘28 ad “Desgrange-Colombo”. Nel ’57 partecipò tazioni del suo ex gregario, che nell’arte Amsterdam e nel ‘36 a Berlino. ancora ad alcune riunioni d’addio coinvol- figurativa ha trovato una nuova apprezzata gendo nell’avventura l’eccezionale velocista attività di estroso artista pittore. In diverse In basso: Ferdy Kübler ed Emilio belga Rik van Steenbergen e l’astro nascente occasioni partecipai alle festose vernici delle Croci Torti, suo fedele Renè Strehler. sue mostre. Gli incontri con Emilio sono gregario, raggiungono Entrato di prepotenza nella storia del cicli- stati per anni un banco di prova della vivace in moto la partenza della Crans-Locarno, smo mondiale ne fu uno dei grandi protago- e gioiosa camerateria che ha caratterizzato il 6ª tappa del Giro della nisti. Si dedicò poi alla famiglia. Padre di mondo del ciclismo di quegli anni. Bartali, Svizzera del 1952. Sul Sempione passò cinque figli, è oggi felice triplice bisnonno. Nino Defilippis o Ercole Baldini non hanno primo Carlo Clerici, Nell’irrequieta quiescenza ha saputo conser- mai messo il guanto di velluto quando si ma il “Ferdy National” rimontò in discesa e vare la popolarità conquistata sulle strade trattava di rievocare episodi di stampo vinse sul traguardo d’Europa. Con imprevedibile acume sviluppò goliardico avvenuti in corsa. “Ma Astrua l’ha finale. l’innata predisposizione per le relazioni pub- mai visto l’orologio che gli hai promesso per bliche. Grazie all’imbattibile fiuto… cedette farti vincere a Lugano?” chiese a bruciapelo per molti anni il suo inconfondibile profilo a Gino a Ferdy, riferendosi a un patto conclu- una compagnia d’assicurazione che ancora so quando, ansimanti, stavano affrontando i oggi molti associano al suo naso. Fu pure un tornanti del Ceneri nella fase finale di un popolare testimonial per il Credit Suisse, per Giro del Ticino. Quella sera, senza scompor- la Villars, la Bio-Strath e per la Trident. In si, Ferdy tolse dal panciotto uno Swatch cinquant’anni partecipò a oltre 2000 appun- replicando al “toscanaccio” che da almeno tamenti con i tifosi per firmare le fotografie cent’anni avrebbe voluto consegnarglielo ricordo. Fu pure maestro di sci passando poi, ma che i problemi doganali e i buchi di superato il traguardo dei settant’anni, al golf. memoria dovuti alla terza età gli hanno sem- Grazie alle sollecitazioni dell’attuale moglie, pre negato il piacere di saldare quell’antico l’avvenente e cordiale Christina, diventò ben debito. Ricordi, battute e rivelazioni scher- presto un puntuale frequentatore dei zose ricche d’umanità hanno sempre fatto da “green”, animato da una passione che taluni denominatore comune alle cordiali rimpa- definiscono fissazione. Oggi è socio onorario triate. Ferdy è ormai uno fra i protagonisti del club d’Ascona, di Montana-Crans, di più anziani del ciclismo degli anni eroici. [X]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... Alla sfilata dei vincitori del Tour de France, organizzata per il centenario della corsa a tappe transalpina, è salito sul podio da ulti- mo seguendo il settantanovenne Roger Walkoviac, maglia gialla del ’56. A 87 anni compiuti sta ora seguendo diligentemente un programma di rieducazione fisica per eli- minare tutti gli ultimi postumi della rovino- sa scivolata dalle scale di casa. Con il prover- biale entusiasmo ha nel frattempo già riaf- frontato il gruppo di amici per brindare al nuovo libro sulla sua vita che l’editore Peter Schnyder con Martin e Hanspeter Born e il leggendario cronista dei grandi avvenimenti sportivi della seconda metà del secolo scorso Sepp Renggli gli hanno dedicato per riper- correre la sua magica carriera e far rivivere le nostre gioie e le nostre emozioni degli anni Cinquanta. * Giornalista, già Direttore della RTSI [ XI ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... Ferdy e Hugo all’italiana di Gian Paolo Ormezzano * A sinistra: L’ultimo grande duello tra Koblet e Kübler avvenne al Giro della Svizzera del 1955. Il primo si aggiudicò la corsa e la seconda tappa, da Baden a Delsberg; Kübler batté il rivale nella 5ª tappa da Sierre a Locarno. In questa pagina: Ferdy al capezzale di Hugo, caduto in discesa nella Pau-Luchon, la più classica delle tappe pirenaiche del Tour. Era il 19 luglio 1954; in seguito all’incidente Koblet accuserà al traguardo un ritardo di oltre 26’ e il giorno dopo sarà costretto ad abbandonare la corsa.
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... Koblet e Kübler, Erano gli anni in cui Peppino De Filippo, L’epifania di Ferdy Kübler e Hugo Koblet, compagni di squadra svellendosi dal ruolo di spalla comunque primo grande ciclismo svizzero, nel ciclismo nella Tebag, in fuga a Wildegg, nel tratto di sublime di Totò, in un assolo cinematografi- italiano - che allora era il massimo, fungeva “corsa sui binari” della co si chiedeva e chiedeva, vestendo la da parametro, dettava le quote, condizionava Schlossberg Rundfahrt di Lenzburg del 1948. domanda di solenne napoletanissimo miste- i cambi, regolava i rapporti (cambio, rappor- ro, come mai i grandi campioni del ciclismo to: specifico lessico ciclistico applicato alla dovevano avere il naso lungo. Si riferiva a vita di gruppo) - fu benissimo accolta dalla Fausto Coppi davvero quasi pinocchiesco, tifoseria del Bel Paese. Era la fine degli anni ma inglobava nel quesito esistenziale anche Quaranta. Il fatto che nessun elvetico avesse Gino Bartali, di naso in realtà più grosso che sin lì vinto il Giro d’Italia o il Tour de France lungo. E dalla Svizzera si protendeva il era una garanzia di non terribilità tradizio- lungo naso di Ferdy Kübler, un ciclista che nale, la classe immediatamente percepibile era un lungo naso a cui era appiccicato un dei due era di contro garanzia di sfide ad alto corpo sistemato su una bicicletta, e che si livello: anche spettacolari, considerate le piazzava secondo e poi terzo in due campio- caratteristiche ciclistiche e somatiche dei nati mondiali, conquistava la maglia gialla e due attori (se ne parla più avanti). Si badi quella iridata, anni 1950 e 1951, e con gli bene: nel mondo della bicicletta la gente tifa italiani duellava ad altissimi livelli, sia nel per il ciclismo prima ancora che per i cicli- senso delle sfide sulle alte montagne che sti. E anche il più accanito sostenitore di nelle corse in linea, le forsennate imprese questo o quel pedalatore non tifa mai contro d’un giorno. Kübler sarebbe diventato cam- “l’altro”, semplicemente si limita a non pione del mondo proprio in Italia, a Varese, e sostenerlo. Il contrario esatto, insomma, di battendo in volata proprio due italiani, quel che accade nel porco mondo del calcio: Fiorenzo Magni dal naso a patatina e Antonio con la dolente ma civile sensazione - allora Bevilacqua detto alla veneta “labròn”, per vaga, adesso fortissima - che ormai ogni cosa come e quanto il labbro inferiore scendeva diversa dalle cose del calcio sia a priori una dalla bocca verso la strada, simile a un cuc- cosa buona e giusta… chiaio per raccogliere chissaccosa, forse l’a- Kübler e Koblet fra l’altro si erano annun- ria, forse la fatica che fuoriusciva travestita ciati senza avere uno la zavorra della cele- da rantolo, forse le mosche. brità dell’altro, come invece era accaduto a [ XIV ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... Bartali e Coppi, insieme nell’ultimo Giro d’Italia corso (1940) prima della guerra, Gino capitano Fausto gregario, Gino battuto a sorpresa da Fausto, così che subito, alla ripresa delle gare, la rivalità fra i due era stata chiara, definita, acre, ognuno per l’al- tro greve e terribile e indispensabile. Arrivati nel grande ciclismo praticamente insieme, Ferdy - coetaneo di Coppi - sei anni più di Hugo, suppergiù lo stesso distacco anagrafi- co che c’era tra Gino e Fausto. Tutti e due con una primissima esperienza ciclistica di garzone panettiere. Zurighesi entrambi, Ferdy di campagna nato a Marthalen il 24 luglio del 1919 e Hugo di città nato il 21 marzo 1925, entrambi segnati alle prime pedalate agonistiche dal no dei genitori: il l’anno di Coppi, il 1940, la neutralità della persin manesco, in certi momentacci, papà Svizzera gli aveva permesso una buona con- di Kübler lo voleva contadino e non ciclista, tinua attività agonistica in patria, con da la trepida mamma di Koblet (il papà era dilettante i successi nel Giro del Lemano morto quando il futuro campione aveva (1938), nel Gran Premio di Le Locle e nel appena nove anni) lo aveva messo a lavorare Circuito di Basilea (1939). La prima vittoria presto in una bottega da argentiere, e sol- pedalando sotto contratto era stata nella tanto una provvida foruncolosi causata dai Attraverso Losanna, vinta poi altre quattro reagenti chimici “salvò” il ragazzo da un volte: gara a cronometro, adatta a lui come destino di orafo o giù di lì, nel senso che lui quelle in linea sul passo e anche in salita e lasciò quel mondo di reagenti chimici ai come - anche - quelle per velocisti, destinate quali era allergico, andò a bottega da un ex a concludersi con uno sprint: perché, molto ciclista che favorì lo sviluppo della sua semplicemente, Ferdy Kübler sapeva fare malattia sportiva, aiutandolo a esordire in tutto bene. Persino in pista: campione elve- gara a diciotto anni, all’insaputa della geni- tico dell’inseguimento nel 1942, anno in cui trice, con una camiciola al posto della vinse anche il Giro di Svizzera, conquistato maglia da corridore. Alla prima vittoria, in da lui tre volte, come Koblet. Completo per- una gara in salita nei pressi di Oerlikon, sino nelle “pierre” in corsa e fuori corsa: Koblet ebbe in premio un piatto d’argento, furente o allegro sempre nei momenti giu- quasi un richiamo del destino alla sua prima sti, con prevalenza della linea mattacchiona. destinazione di lavoro, di fatica. Kübler inve- Mai ai due venne applicata sino in fondo, nel ce era passato al ciclismo agonistico diretta- loro paese, la dicotomia che qualcuno vuole mente da quello lavorativo, dalle consegne vitale o comunque importantissima per il per un panettiere direttamente alle corse, un ciclismo, cioè la regola del due, o se volete avvio “classico” di tanti pedalatori (Coppi fu del duello, per la quale il campione è più garzone-ciclista di macelleria). campione se, a casa sua, si trova fra i piedi, Quando Koblet si fece un posto al sole fra i fra le ruote un altro campione col suo stesso professionisti, cioè nella Milano-Sanremo passaporto e ora lo batte ora no. E i due si del 1947, vinta da Bartali, finendo trenta- dividono i favori, pulsano (o pulsavano: ades- quattresimo però quarto degli stranieri (e a so è tutto calcio in troppi posti del mondo) quei tempi la meteorologia era rispettosa per l’uno e per l’altro le discussioni al Bar delle leggende, così che scalato il Turchino, Sport, si incrociano gli sfottò da una parte Koblet si pettina lasciato l’arcigno Piemonte per scendere al all’altra delle strade, dove ognuno aspetta il all’arrivo di una tappa mare della Liguria, era appunto il sole, sem- suo uomo per una visione di pochi secondi del Tour del 1951. Un gesto consueto pre e comunque, e “corsa al sole” si chiamava che valgono tantissimo (canta Paolo Conte: che entrò a far parte quella classica), l’altra kappa, quella di “Sono qui che aspetto Bartali, scalpitando dell'immagine e del mito del “Pédaleur Kübler, era già ben presente nel grande cicli- sui miei sandali”). La rinomatissima neutra- de charme”. smo. Ferdy era passato professionista nel- lità elvetica sembrò riverberarsi sui due, [ XV ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... A destra: sempre rispettosi uno dell’altro, mai sgomi- del Grande Assente, tanto splendide furono Koblet rientra in tanti. Usciti dalla Svizzera trovarono strade le sue prestazioni tecniche e atletiche, con- Svizzera da trionfatore dopo la vittoria al ampie per fare ognuno le sue belle cose. In vincente la sua classe pura, molto talentuo- Giro d’Italia del 1950. Italia (la nazione che, ripetiamo, dettava sa la sua pedalata “de charme”. Se di Coppi si A Zurigo, sua città natale, una folla in allora ciclismo al mondo: e fra l’altro si era diceva (però scrivendone poco) che dopo delirio lo accoglie lungo permessa di riorganizzare il Giro l’anno l’arrivo provvedeva a cacciarsi due dita in la Bahnhofstrasse. quasi subito dopo la fine della guerra, nel gola per vomitare chissaccosa, di Koblet si 1946 delle macerie ancora fumanti, mentre propagandava la cura estrema con cui lui si la Francia, che pure sedeva al tavolo dei vin- riassestava, buttandosi addosso un po’ di citori, aveva aspettato il 1947 per il suo colonia e soprattutto pettinandosi accurata- Tour), in Italia, dicevamo, Kübler venne pre- mente. Anche e specialmente per il giorno sto agganciato a Bartali, come campione che ultimo, con arrivo a Roma - era l’Anno Santo morsicava la strada, ringhiava agli avversari, - davanti al Papa: e il protestante o evangeli- inventava la corsa metro dopo metro, e co Koblet si inginocchiò rispettoso, accanto Koblet fu subito legato a Coppi, come lui al pio Bartali, di fronte a Pio XII e non c’era- pienissimo di classe quasi ieratica tanto si no le telecamere, si badi, tutto era mediato legava a riti mai chiassosi, a fughe dalla alla grande da qualche fotografia e dalla fan- pazza folla, a meditazioni sui programmi, tasia di radiocronisti e scrivani. trasformando la gara in un esercizio di Pochi giorni dopo la maglia rosa finale di matematica dello sforzo, accessibile a Koblet, Kübler divenne lui pure primo elve- pochissimi. Bartali e Kübler urlavano cose tico: nel senso di vincitore del Tour de forti alle folle, Coppi e Koblet sussurravano France, indossatore (termine adatto alla sua cose grandi. Koblet, fra l’altro, apparve ben eleganza naturale) della maglia gialla a presto legato a Coppi da un difficile rapporto Parigi. E ci arrivò in un’edizione della “gran- con la salute, e anche con la sorte: cagione- de boucle” in cui la squadra nazionale italia- voli, i due, come si dice soprattutto delle na lasciò la corsa sui Pirenei, con Fiorenzo donne che arrivano persino a cavare fascino Magni in maglia gialla e Gino Bartali, vinci- dalle malattie, e in un certo qual modo tore due anni prima, in classifica, per rispon- segnati da malanni e tristezze in vista di dere con un ritiro clamoroso alle intempe- quella che sarebbe stata, di entrambi, la fine ranze su strada della tifoseria francese, che precoce, e tragica. definiva “succhiaruote” gli uomini della La straordinaria simpatia con cui l’Italia di squadra verdebiancorossa. Kübler vinse quei tempi seguì i due ciclisti elvetici, stra- bene, sostenne che comunque avrebbe corso nieri sì, ma decisamente meno estranei dei e vinto contro chiunque, disse che con gli ciclisti belgi o francesi (“L’Etranger” del italiani in gara la corsa sarebbe stata da lui romanzo di Camus è più un estraneo che persin meglio controllabile, e nessuno, nep- uno straniero, tanto per cercar di spiegare la pure in Italia, neanche Magni e Bartali, parlò valenza speciale, qui, dell’aggettivo), per via nei suoi riguardi di regalo della sorte. Il fatto probabilmente di quel poco o tanto d’Italia è che Koblet era affascinante, Kübler era che la Svizzera contiene e linguisticamente simpatico, la gente tutta aveva capito benis- onora, permise a Koblet di diventare - fra gli simo le peculiarità umanissime dei due. Un applausi italiani nonostante che lui peccasse anno dopo Kübler, Koblet si vinse anche lui di iconoclastia distruggendo idoli locali - il il suo Tour de France: dominando in modo primo straniero, oltre che il primo elvetico, quasi soave, in modo leggero, dando 22 vincitore di un Giro, guadagnandosi l’appel- minuti al secondo, Geminiani francese di lativo di “Falco biondo” e lasciando Bartali Romagna (Bartali quarto a quasi mezz’ora, secondo a ben 5’12”. Un Giro in cui Coppi, Coppi disfatto da una cotta nel Midi), petti- frattura del bacino per una caduta stupida nandosi con civettuola regolarità in vista di tra Vicenza e Bolzano, uscì dalla corsa pro- ogni traguardo. Vinse sui Pirenei e a crono- prio al primo giorno del bellissimo Hugo in metro, controllò sulle Alpi. I due soli succes- maglia rosa (all’arrivo di quella tappa “infau- si elvetici nella “grande boucle” sono dun- sta” per Fausto - allora si scrisse così - primo que consecutivi: allora si parlò di incipiente Bartali, secondo Koblet, terzo Kübler), ma dittatura svizzera, ma nel 1952 riprese la in cui il vincitore non dovette patire l’ombra signoria di Coppi, al Giro come al Tour. [ XVI ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... [ XVII ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... Koblet e Coppi affrontano insieme le rampe del Passo Sella nella 19ª tappa del Giro d'Italia del 1953, la Auronzo di Cadore- Bolzano. Sul traguardo vincerà l’italiano che il giorno dopo, artefice di un’epica e discussa impresa sullo Stelvio, toglierà la maglia rosa all’elvetico. Nel 1951 Kübler arrivò addirittura al titolo a Zurigo, ma si era parlato di premio speciale mondiale conquistato in un feudo del cicli- del destino a un Carneade, su un circuito smo italiano, comunque a due passi dalla troppo facile per fare selezione veritiera. Svizzera: circuito di Varese, volatona del E ancora nel 1953 Koblet, dominatore a lungonasuto controllore perfetto della corsa lungo del Giro su un Coppi che pareva slom- sino alla fine, battuti, già detto, Magni e bato nel corpo e nell’anima da una lunga Bevilacqua (Coppi era ufficialmente malato, serie di incidenti - in verità stava comincian- in realtà non gli è andata la squadra azzur- do anche una sua intensa e pesante storia ra), applausi per tutti. La notte della vigilia d’amore, con la poi famosissima Dama Kübler aveva dormito a casa di un amico- Bianca -, nonché dalla morte, due anni prima, gregario ticinese, Croci Torti, che gli aveva di suo fratello Serse per una caduta in corsa, lasciato il suo letto matrimoniale perché la causa forse della cotta di Montpellier (tra- riposasse al meglio. Da notare che un altro gica “imitazione” di Bartali, che aveva perso svizzero era arrivato al titolo mondiale il fratello Giulio nello stesso modo), Koblet prima di lui, Hans Knecht nel 1946 proprio dicevamo fu piegato sullo Stelvio, alla penul- [ XVIII ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... tima tappa, da Coppi che gli tolse la maglia Francia, Italia, Belgio, Svizzera e Spagna, rosa, alla fine di una giornata in cui accad- non esisteva come adesso un grandissimo dero cose che nessuno credeva potessero tirannico favore popolare per il calcio: nel ancora accadere, con il recupero da parte di senso che il ciclismo deteneva i maggiori Fausto di tanti gregari occasionali e però poteri psicologici presso le folle, era lo sport fachiristicamente devoti. Il giorno prima degli sport, fra l’altro non ancora frugato Koblet aveva portato al traguardo la sua dodi- dalla televisione che lo avrebbe poi denudato cesima maglia rosa, teneva una bronchite ma ed esposto anche nelle brutture di una fatica non sembrava vincibile, Coppi che pure stava ferina, sporca. Nessun accanimento che oggi ad appena 1’59” appariva rassegnato. Dopo lo si definirebbe mediatico, però uno starnuto Stelvio Coppi aveva 1’29” di vantaggio in di Bartali, di Coppi, di Kübler, di Bobet il classifica su Koblet, da Bormio a Milano - francese, di Koblet era più importante di una ultimo giorno - il Campionissimo pedalò con goleada di un club calcistico anche famoso. attenzione estrema, mentre Koblet tossiva. E dunque lo sciopero del Bernina era una Terzo nella graduatoria finale Pasqualino affare internazionale, che scuoteva i regola- Fornara, piemontese detto l’ “elvetico” per i menti e le coscienze. Una stampa scritta suoi quattro successi al Giro della Svizzera. ancora dominata dai “cantori” o dai loro Borges scriverebbe di giardino dei destini eredi, insomma da quelli che avevano inven- incrociati (e incrociati spesso in Valtellina, tato dall’inizio del Novecento (il primo Tour Bormio e Sondrio traguardi sempre “gros- de France è del 1903, il primo Giro d’Italia del si”): l’anno dopo Koblet lanciò alla vittoria 1909) le gesta dei ciclisti, non visibili sulle Carlo Clerici, origini italiane e fresca natura- strade impolverate ma sempre descritti anche lizzazione svizzera, in squadra con lui sotto nei particolari, anzi raccontati, mitizzati e la direzione di un grande “ex” d’Italia, propinati come eroi ruggenti o come dispera- Learco Guerra. Forse non fu un piano predi- ti ammirevoli cirenei, una stampa scritta così sposto, Clerici vinse la sesta tappa con una aveva creato per i ciclisti e il ciclismo, entità fuga a sorpresa, a sorpresissima che gli diede una ventina di minuti di vantaggio sui favo- riti. Koblet si adattò generosamente alla parte di “gregario” di Clerici e marcò Coppi del quale si aspettava la reazione dopo un’in- digestione di ostriche, Koblet sconfisse per ventisette psicologicamente importantissimi secondi Coppi nella frazione a cronometro del lago di Garda, a Milano Clerici arrivò con venticinque minuti su Koblet secondo, difendendosi sulle montagne e godendo dello “sciopero del Bernina”: quando la montagna svizzera venne scalata dal gruppo- ne a passo d’uomo stanco, per reagire con la emblematiche del saper soffrire, un immenso provocazione alle accuse di scarso impegno, favore popolare, destinato a patire i colpi del di vitellonismo (era uscito il film di Fellini) benessere, che suggeriva l’auto e desantifica- rivolte a tutti quelli del Giro escluso Clerici, va il sudore, chiamandolo semplicemente e anche per reagire alla minaccia di premi traspirazione. Per inciso, ci sembra di poter “bloccati”. L’ultima volata, al Velodromo dire che in quegli anni nasceva, anche addos- Vigorelli di Milano, primo il belga Rik van so al ciclismo, sin lì sport d’amore per i suoi Steenbergen signore dello sprint anche “cantori” e i loro adepti, qualche studio scien- mondiale, si disputò davanti a un pubblico tifico, volgarizzato da un giornalismo che impegnato a fischiare così fortemente che cominciava anche a parlare di pesi, misure, non si sentì neanche la campana che annun- tipo di sforzo eccetera, e propiziato special- ciava l’ultimo giro della farsa. mente da Coppi, scorfano giù di sella e apol- Koblet e Kübler in Ma adesso bisogna fare una rievocazione- lineo mentre pedalava. Insomma l’amore si coppia alla Sei Giorni di Zurigo del 1956, che precisazione, dicendo cosa era il ciclismo di evolveva in erotismo, premessa per l’ulterio- conclusero al 4° posto. quei tempi. In Europa, o quanto meno in re ultima evoluzione, quella in pornografia. [ XIX ]
Ferdy Kübler e Hugo Koblet ..................................................................................................................................................................................................................... Perché lo sport di oggi è davvero un fatto oltre che nel fisico, anche nel morale: perché pornografico, per volgarità, per eccessi e assunse su di sé una sorta di tristezza per- spesso per sofisticazione spinta e ipocrita di manente (adesso lo diremmo uno sfigato). presentazione (sofisticata volgarità, lo sport Chiuse con le gare a trentatré anni, dopo vive anche di ossimori), con l’atleta messo a molta pista, comprese nove Sei Giorni, ulti- nudo al di là di qualsiasi strip-tease, l’atleta ma sua vittoria un criterium in Ticino. Era in pancreas, l’atleta a cuore aperto e frugato, inquieto, ospitava malesseri strani, andò in e gli spettatori sono inconsciamente (o no?) Sudamerica. Piaceva alle donne e sposò una un po’ come quelli degli spettacoli a luci donna bellissima. Perse tanti soldi in affari rosse: vanno a vedere fare bene da specialisti anzi non-affari assortiti, aprì un distributore le cose che anche loro vorrebbero fare, le di benzina presso il velodromo di Oerlikon e cose che loro raramente possono fare. divenne anche ispettore di una azienda petrolifera. Tentò pure la carriera di radio- cronista, e quella tecnica federale, come selezionatore dei pistards svizzeri. Morì quattro anni dopo Coppi, era il 1964, aveva dei problemi, il suo matrimonio senza figli (Kübler è pluripadre e plurinonno, e si è pure sposato due volte) non aveva funziona- to, si schiantò in auto contro un albero, ci fu chi disse che aveva percorso più volte velo- cemente quel rettilineo, su e giù, quasi a cercare qualcosa, più una fine che un punto e a capo. Lo piansero molto anche in Ticino: aveva fatto il servizio militare a Bellinzona, Ma torniamo ai due K, stranamente mai lio- nella fanteria di montagna, aveva ciclisti filizzati nella sigla K2, che nel 1954 avrebbe amici come Emilio Croci Torti, Remo identificato la seconda montagna del Pianezzi e Fausto Lurati, con i quali posava mondo, scalata per la prima volta da una nella piazza del Duomo (Cattedrale) di spedizione italiana. Kübler, che faceva anche Lugano per quelle foto - il pedalatore in il maestro di sci per riempirsi l’inverno di posa, il finto surplace - che adesso ci sem- attività sportiva, era un ipersano, scatenato brano davvero d’epoca. anche nel provare di esserlo. Ha compiuto Kübler ha sempre parlato bene di Koblet, gli ottantasette anni, nella sua vita ci sono Koblet di Kübler. I due fecero anche espe- pure due mogli, fa benissimo il mestiere del rienza di squadra insieme, per poco. Bartali reduce, quando arriva in Ticino gioca al e Coppi stettero essi pure una stagione nella gioco dei ricordi con Croci Torti, che fu suo stessa squadra, ma Coppi gregario beffò il compagno di fatiche e ora è valentissimo pit- capitano vincendogli il Giro sotto il naso. tore. La sua ultima vittoria fu ottenuta a Bartali ha sempre legato molto con Kübler, trentasette anni, nella Milano-Torino. Vinse Coppi ha sempre ammirato Koblet, anche più di Koblet, dei cui guai fisici diremo: quando lo Svizzero lo batteva. Bartali e anche classiche tipo la Liegi-Bastogne-Liegi Coppi recitarono probabilmente l’inimicizia, e la Freccia Vallone. Come Koblet fu bravo secondo il copione del ciclismo dei duelli, inseguitore. Ha guadagnato bene e ha speso Kübler e Koblet non recitarono mai l’amici- bene se stesso. È stato quel che si dice un zia, la sentivano davvero dentro. grosso personaggio, e continua a esserlo. Potesse tornare indietro e formulare un * Giornalista e scrittore desiderio, chiederebbe il Giro d’Italia. Koblet era delicato, fiore di serra quanto Kübler pareva esserlo d’alpeggio. Nel 1949 si fratturò una gamba, le sue ossa erano fragili Emilio Croci Torti, Ferdy quasi come quelle di Coppi. Nel Tour 1953, Kübler e Hugo Koblet a Locarno alla fine degli mentre cercava il riscatto dopo il Giro scippa- anni Quaranta. togli da Coppi all’ultimo, cadde e fu segnato, [ XX ]
Grinta e fascino di un ciclismo d’altri tempi ..................................................................................................................................................................................................................... SCHEDINA DI KÜBLER Nato il 24 luglio 1919 a Marthalen (Zurigo), esordisce al professionismo nel 1940, vin- cendo la gara Attraverso Losanna e il titolo elvetico di inseguimento. L’anno seguente il bis di questi successi, la conquista del record nazionale dell’ora e la vittoria nella tappa di Berna in un Giro di Svizzera concluso al terzo posto (e vinto l’anno dopo). Finita la guerra, Kübler prende contatto con il grande ciclismo francese, italiano e belga. Nel primo Tour de France dopo il conflitto, anno 1947, vince due tappe. Nel 1948 si pre- para in patria, vincendo Giro di Svizzera, Giro di Romandia e titolo elvetico su strada. L’anno dopo è secondo al Mondiale e al Giro di Lombardia e conquista una tappa al Tour. Nel 1950 è il primo svizzero a vincere il Tour. Nel 1951 vince la Roma-Napoli-Roma, la Freccia Vallone, la Liegi-Bastogne-Liegi il Giro di Romandia e il Giro di Svizzera e diventa campione del mondo su strada. Nel suo palmarès anche tre successi nella Challenge Desgranges-Colombo, una sorta di classifica mondiale a punti, quattro Giri del Ticino, tre titoli nazionali come insegui- tore e uno come ciclocrossista. SCHEDINA DI KOBLET Nato il 21 marzo 1925 a Zurigo, esordisce al professionismo nel 1946 e l’anno dopo vince il Giro dei Quattro Cantoni e una tappa del Giro di Svizzera. Nel 1948 sua una dura tappa di montagna al Giro di Svizzera e suc- cesso di tappa anche al Giro di Romandia. Bis di tappa nel Romandia del 1949, poi lungo stop per la frattura di una gamba cau- sata da una caduta in allenamento. Successo nel Giro d’Italia 1950, vincendo due tappe, e successo anche nel Giro di Svizzera, conqui- stato anche nel 1953 e nel 1955. Nel 1951 la vittoria al Tour de France. Poi una carriera interrotta da vari periodi di inattività per guai fisici assortiti. In totale 197 vittorie in carriera, ultima quella del 1958 al Criterium di Locarno. Koblet è morto nella notte fra il 5 e il 6 novembre 1964, dopo sessanta ore di agonia, per le ferite riportate nello schianto della sua auto contro un albero, su una strada a una ventina di chilometri da Zurigo. [ XXI ]
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