Avviso ai naviganti N. 13 - Mendrisio 24 agosto 2011 - StudioPhi
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Avviso ai naviganti N. 13 Mendrisio 24 agosto 2011 “Tempesta perfetta n. 2” il sequel. “… crises, in finance or out of it, are not normally referable to single causes. Rather, seemingly unrelated factors have a nasty habit of clustering together….the worrying possibility is that we are not dealing here with conventional recession and recovery, whatever the scale…” 1 Qui e ora Agosto, come spesso accaduto negli ultimi anni, si è rivelato un mese particolarmente feroce per gli investitori; con oro, franco svizzero, treasury e bunds sui massimi, molte fiches sono puntate sull’avverarsi del disastro prossimo venturo. Mentre per i titoli del settore finanziario sembrerebbe non esserci più futuro, anche le blue chips della ripresa globale, i ciclici tedeschi, sono stati spazzati via negli ultimi venti giorni. Il corto circuito tra problemi strutturali irrisolti, l‟ormai conclamata incapacità del ceto politico dei paesi avanzati di proporre soluzioni efficaci e condivise, e l‟arrivo di dati congiunturali che segnalano l‟arrivo di una nuova recessione, ha posto fine a un lungo periodo di bassa volatilità e mercati positivi. Periodo di relativa tranquillità di cui l‟investitore italiano, che avesse commesso l‟errore di essere prevalentemente investito in attività domestiche, non si è neppure accorto, come spesso accaduto in passato. Ringraziamenti sentiti per chi ci ha fatto tornare indietro alla situazione dei primi anni novanta. Per una volta, malgrado quello che sostengono i nostri governanti, l’Italia è tornata al centro dell’attenzione dei mercati. In negativo, ovviamente, con il diretto coinvolgimento italiano nella crisi del debito dei periferici europei. L‟impatto potenzialmente devastante di un possibile “quasi default” ha dato il via al panic selling sui mercati, rafforzato dai pessimi dati di crescita degli Stati Uniti, resi noti il 28 luglio; la mazzata finale è arrivata dal downgrade del debito USA, motivato, in sostanza, solo dalla degenerazione della battaglia politica negli Stati Uniti. 1 “Western economies face a long haul back to health”, Tony Jackson, Financial Times, August, 21, 2011. 1 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Non ci sono facili vie d‟uscita; la difesa dei patrimoni finanziari sarà sempre più legata alle capacità, alla pazienza e al coraggio dei pochi gestori professionali in grado di superare anche questa tempesta. Che fare? Premessa metodologica: bisogna essere cinici e freddi. Oggi i mercati stanno di nuovo scontando scenari apocalittici, in un quadro che, come vedremo nei paragrafi successivi, è caratterizzato quasi esclusivamente da tinte fosche. I grandi gestori hanno tirato i remi in barca, le posizioni eccessivamente lunghe sono state smontate, quelle “short” sono ancora molto pesanti e quindi rischiose, forse fragili. I mercati sono stati investiti da una marea di notizie negative che stanno estrapolando, come sempre, nel futuro; sono quindi molto esposti nel caso in cui arrivi qualche sorpresa positiva, il che può sempre accadere. Inoltre un fatto positivo (solo per i mercati, non certo per l‟economia, si badi bene) rimane fuori discussione: l‟enorme massa di liquidità che circola nel sistema finanziario, con la Federal Reserve che ha garantito tassi zero per altri due anni. Questa liquidità sta alimentando una bolla sull‟oro, sui bond governativi tedeschi e americani e su pochi altri asset, considerati, a torto “safe havens”. Per il resto è in cash, possibilmente depositata presso le Banche Centrali. Basterebbe un minimo segno di riduzione del rischio per il sistema bancario internazionale, per attivarla di nuovo e velocemente, con destinazione naturale sui mercati azionari e, forse, ancora sulle commodities. Tra le sorprese positive possibili, vengono in mente, ad esempio, un possibile ribaltamento del regime libico, nuove iniziative della Federal Reserve, qualche dato macro migliore delle aspettative ormai depresse. In sostanza un rimbalzo dei risk assets, nel breve, non solo è possibile ma è anche verosimile; se ciò fosse vero, andrebbero evitati, in questa fase gli investimenti suggeriti ancora lo scorso luglio e che oggi sono eccessivamente speculati (oro, franco svizzero, bund, treasury). Sono da ridurre ancora i titoli di stato italiani, oggi difesi a spada tratta dalla BCE; purtroppo sul nostro paese è molto difficile essere ottimisti “sic rebus stantibus”. La partita nel medio termine sembra, comunque, molto difficile, forse compromessa: l‟orizzonte, oltre un eventuale rimbalzo di breve termine, appare ancora troppo nascosto da una densa foschia. 2 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Inquietanti ricordi Estate e autunno sono le stagioni degli anniversari per gli operatori finanziari. Sgombriamo il campo dagli equivoci: di norma non c‟è nulla da festeggiare. Di solito sono ricordati solo gli eventi che hanno portato a tracolli delle quotazioni che, guarda caso, capitano sempre più di frequente nel terzo trimestre dell‟anno. In questi giorni ad esempio, si ricorda il golpe russo del 18 agosto del 1991. Sono passati vent‟anni esatti dall‟evento, che scatenò una breve ma intensa ondata di vendite sui mercati, presto rientrata soprattutto perché il golpe si rivelò una mezza bufala. Ma tutti i primi anni „90, a partire dall‟attacco di Saddam al Kuwait (agosto 90), seguito dalla prima guerra del golfo (dichiarata il 17 gennaio 91), e dalle tensioni nel sistema monetario europeo che portarono alle drammatiche svalutazioni di lira e sterlina (estate del 92), videro estati di grande turbolenza. Furono anche gli anni della crisi e del salvataggio delle Saving & Loans americane, dell‟ultimo shock esogeno sui prezzi del petrolio, con conseguente recessione globale e, infine, del rischio default per l‟Italia, con tassi d‟interesse impazziti al 15% e la disperata manovra del Governo Amato dell‟agosto del ‟92, che rimarrà sempre scolpita negli annali per il prelievo overnight sui depositi bancari. Tra poche settimane (11 settembre) saranno passati dieci anni dall‟attacco alle torri gemelle; è certo che oltre al doveroso ricordo della terribile tragedia, si sprecheranno anche i confronti tra i paurosi crolli dei mercati di allora e quelli attuali. Ma, non è certamente finita qui. Basterebbe ricordare il settembre del ‟98, con il default del debito russo e il fallimento dell‟hedge fund dei premi nobel, l‟LTCM . Per arrivare a periodi a noi più vicini, il 7 agosto del 2007, quattro anni fa, l‟annuncio della sospensione della quotazione di due fondi di BNP Paribas segnò l‟avvio ufficiale della crisi dei subprime americani, precipitata, l‟anno seguente, nell‟implosione della finanza planetaria, ben testimoniata dal fallimento di Lehman Brothers, guarda caso avvenuto il 15 settembre del 2008. Alla fine di questo sommario e incompleto ritorno al passato, abbiamo una notizia buona e una cattiva (anche se, a dire il vero, quelle cattive sarebbero molte di più…). Quella buona è che, fin‟ora, tutte le crisi sono state bene o male superate, spesso con grandi ritorni per gli investitori illuminati che hanno sfruttato i momenti di maggior panico per “fare il pieno”. La notizia cattiva è che “non c‟è più benzina nel serbatoio”, nel senso che i paesi sviluppati, sovraccarichi di quei debiti accumulati negli ultimi vent‟anni di politiche monetarie espansive, non hanno più a disposizione nè la leva fiscale, né quella monetaria per sostenere o, meglio, drogare la crescita. 3 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
La peste del debito Dall‟inizio della crisi finanziaria nel 2007 il rapporto tra il debito pubblico e il Pil nei paesi avanzati è cresciuto mediamente del 40%.2 La storia è nota e l‟abbiamo ripetuta fino alla nausea. Trent‟anni di crescita del debito privato nelle economie anglosassoni3, alimentate dai voleri di un sistema finanziario sempre più interconnesso e avido, hanno portato alla crisi del 2007/2008. Gli stati hanno salvato le banche e spostato parte del debito sul settore pubblico. In Europa, nel frattempo, l‟introduzione dell‟Euro, ha livellato il playing field dei tassi d‟interesse al livello del paese più virtuoso, la Germania. L‟euro e la politica monetaria omogenea non hanno però eliminato i differenziali di crescita e di competitività che, viceversa, si sono ampliati. Nel frattempo nella periferia europea succedeva di tutto. Chi ha potuto (Spagna4, Irlanda) ha sfruttato i tassi bassi per alimentare crescite drogate dal debito, sfociate infine nel crollo dei settori immobiliare e/o finanziario. Chi era già oberato da un debito pubblico fuori misura (Italia) ha galleggiato per un decennio perdendo competitività, senza prepararsi al peggio. La Grecia ha scelto allegramente la strada un po‟ mediterranea, un po‟ bizantina, di succhiare le risorse e falsificare i conti. Poi per tutti è arrivato il “redde rationem” della crisi finanziaria globale. Ci vogliono lustri per superare una crisi del debito che coinvolge pesantemente il sistema finanziario, come hanno ampiamente dimostrato Reinhart e Rogoff5 in un ormai ultra citato saggio del 2009. Lasciando da parte, per ora gli irrisolti nodi dell‟immobiliare e della finanza a stelle e strisce, in Europa ormai l‟incubo peggiore è diventato quello del debito italiano e non è detto che finisca qui. Ormai ogni tessera del domino che cade travolge quella successiva e il prossimo obiettivo potrebbe essere la Francia. Con il prevedibile attacco al debito italiano la crisi dei PIIGS ha perso la residua connotazione locale per assumere una dimensione globale, con effetti di contagio a livello di sistema finanziario e di condizionamento di una crescita economica già esangue. Come potrebbe essere altrimenti quando la crisi di credibilità colpisce il terzo debito pubblico del mondo? La rete di salvataggio attivata dalla BCE, da lunedì 8 agosto, con una sofferta e contrastata decisione ufficializzata nella notte della domenica precedente, ha 2 “Confidence and reality”, Financial Times, Lex, August, 15, 2011. 3 Il debt supercycle americano, come è stato definito, in tempi non sospetti, almeno una decina di anni fa da “Bank Credit Analyst”, autorevole lettera finanziaria. 4 Vi ricordate quando, solo un paio di anni fa certa sinistra “nostrana” portava a modello crescita la Spagna di Zapatero? 5 Carmen M. Reinhart, Kennet Rogoff, “This time is Different”, Princeton University Press, 2009. 4 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
temporaneamente tappato la voragine nello scafo che rischiava di fare affondare il “Titanic Italia”.6 Andamento del prezzo del BTP con scadenza settembre 2021 Lo spread sui titoli del tesoro italiano è sceso da oltre 400 punti base sotto quota 300 e, per il momento si è stabilizzato. Per ora il Governo del “Bel Paese” non è stato abbandonato al suo destino, ma è stato commissariato dalla BCE, con una lettera di “fuoco” che non è stata resa nota, ma i cui contenuti sono facilmente immaginabili. Tappata una falla se ne sono aperte immediatamente altre: le vendite si sono concentrate sulle banche italiane e, successivamente, si sono accanite su quelle francesi e su tutte le altre. Ben poco conta il divieto di vendita allo scoperto, tentativo già fallito nel 2008, troppi sono i canali per aggirarlo. Andamento del prezzo di Banca Intesa negli ultimi 3 anni 6 Citazione indiretta dell’ormai famoso riferimento al Titanic del Ministro dell’Economia Tremonti, nel discorso alla camera del 13 luglio 2011 di presentazione della manovra di aggiustamento, poi bocciata dai mercati e dalla BCE, e riproposta, completamente rivoluzionata, con un altro decreto del 13 agosto successivo. 5 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Nei prossimi diciotto mesi, tra Spagna e Italia si attende una richiesta di rinnovo di debito pubblico pari a circa 840 miliardi di €, largamente maggiore delle necessità congiunte delle cenerentole Grecia Irlanda e Portogallo. La prateria è in fiamme e non si vede all‟orizzonte cosa possa fermare l‟incendio. Forse servirebbero i famosi eurobonds, ma la Cancelliera tedesca ha ribadito il suo no: “Quello che vogliono i mercati non è quello che serve” ha ribadito la Merkel. In generale ha ragione, forse nel caso specifico, no. Come sempre la peste si trasmette dalla finanza all'economia; il contagio si diffonde prima in orizzontale, nell'ambito del sistema bancario; poi allarga le sue spire sulle dimensioni dell‟economia reale. Ciò alimenta una razionale contaminazione ribassista dai titoli finanziari a quelli direttamente legati al ciclo economico. La crescita economica nei paesi avanzati: una realtà virtuale? Il primo semestre del 2011 ha visto un rallentamento globale della crescita inaspettato fino a poche settimane fa, che ha colpito per motivi diversi tutte le aree mondiali 7. Certamente fattori temporanei hanno dato il loro contributo negativo8; dalla fine di luglio, però, gli operatori hanno abbandonato l‟ipotesi del normale rallentamento ciclico e hanno sposato la tesi di una nuova recessione. L‟incubo torna a essere quello della deflazione “Japan style”. Testimone di queste aspettative il rendimento raggiunto dal treasury decennale, precipitato, nel giro di un mese, sotto il 2%, ai livelli minimi degli ultimi 60 anni, malgrado il downgrade del debito USA. Rendimenti dei titoli governativi decennali USA sotto il 2% 7 In particolare ha deluso il secondo trimestre dell’anno, con crescite annualizzate pari all’1,3% negli Stati Uniti, 0,8% per la zona euro e il Regno Unito, 0,5% per la Germania, 0% per la Francia, 0,2% per l’Italia e- 1,2% per il Giappone. 8 Ad esempio lo tsunami in Giappone ha fortemente danneggiato la supply chain di diversi processi produttivi; il blocco delle forniture petrolifere libiche ha favorito un aumento dei prezzi energetici. 6 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Venerdì 28 luglio sarà ricordato come il giorno della svolta sui mercati internazionali: la diffusione delle statistiche sul GDP americano ha spazzato via le ultime illusioni. Ciò che ha maggiormente sorpreso non è stato tanto il dato puntuale a livello trimestrale, (crescita annualizzata all‟1,3%), quanto le significative revisioni al ribasso di quelli precedenti, dal 2008 in poi (a proposito di crescita virtuale…). Sono i consumi che non possono più crescere, compressi dal peso del debito ipotecario e dalla ormai storica stagnazione dei redditi reali. Un colpo tremendo anche per la credibilità della Federal Reserve. Variazioni trimestrali annualizzate GDP e consumi reali negli Stati Uniti L‟attenta lettura dei dati, infatti, confermava i dubbi sull‟efficacia del “quantitative easing” e rafforzava la convinzione che ormai mancassero ai policy makers strumenti adeguati per sostenere la crescita dei consumi necessaria a trainare l‟economia.9 Il pessimismo è aumentato dopo il 16 agosto con l‟annuncio dei dati di crescita del Pil tedesco, anch‟essi largamente inferiori alle aspettative. Secondo Nouriel Roubini, uno dei nuovi guru che avevano previsto la crisi del 2008, evitare un “double dip” potrebbe diventare una “mission impossible”.10 Politiche monetarie con i fucili scarichi e politiche fiscali ormai decisamente restrittive nell‟Eurozona, nel Regno Unito e persino, in prospettiva negli Stati Uniti, con la tendenza 9 Con il “QE2” la Fed ha dichiarato esplicitamente l’obiettivo di stimolare la “consumer confidence” e indirettamente la spesa per consumi, alimentando un “effetto ricchezza” conseguente all’aumento dei prezzi degli asset finanziari, indotto iniettando moneta nel sistema finanziario. In realtà la strategia sembra abbia beneficiato solo la finanza e i grandi azionisti e manager della Corporate America; viceversa le famiglie hanno subito l’aumento dei prezzi energetici favorito dal denaro facile regalato dalla Fed agli intermediari e, con bilanci familiari ancora compromessi dal debito immobiliare e il mercato del lavoro fermo, hanno, di fatto, rallentato la spesa discrezionale. 10 Nouriel Roubini, “Mission Impossible: stop another recession” Financial Times, August 8, 2011: “So can we avoid another severe recession? It might simply be mission impossible. The best bet is for those countries that have not lost market access – the US, UK, Japan, and Germany – to introduce new short-term fiscal stimulus while committing to medium-term fiscal austerity. The US downgrade will hasten demands for fiscal reduction, but America in particular should commit to look for significant cuts in the medium term, not an immediate fiscal drag that will worsen growth and deficits” 7 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
nei paesi emergenti ad aumentare il livello di restrizione monetaria per controllare le pressioni inflazionistiche, configurano un quadro di oggettiva frustrante difficoltà nel cambiare la rotta delle economie sviluppate. Inoltre come può funzionare un'unione monetaria nella quale i tassi fissati dalla BCE non hanno più nessuna relazione con i tassi di mercato? Nella quale i paesi più deboli e le aziende ivi localizzate hanno un costo del denaro drogato dai premi per il rischio di credito superiore di multipli rispetto a quelli delle economie più forti? In compenso la Banca Centrale, suo malgrado, sta assumendo sempre più un ruolo politico, di controllo e rifinanziamento dei sistemi finanziari nazionali zombie, privi di accesso al mercato e, da ultimo, per intervenire sui mercati, sterilizzando la liquidità. 11 In definitiva non si vedono way out, soprattutto in Europa: per abbattere il debito e ridurre i rischi di insolvenza del sistema bancario la Germania chiede draconiane manovre di finanza straordinaria, che portano a una deperimento ulteriore della crescita, che di fatto aumenta di nuovo il deficit di bilancio. Attenzione: se questo è lo scenario, prima o poi, i policy makers, volenti o nolenti, dovranno scegliere terapie alternative molto più radicali: o accettare livelli d‟inflazione molto più alti, o digerire corpose ristrutturazioni dei debiti. Alternative, entrambe, non proprio favorevoli per i possessori di obbligazioni. E questo ci porta al terzo fattore che ha contribuito al recente crollo dei mercati: l‟acquisita consapevolezza di una grave crisi di credibilità della politica, che coinvolge un po‟ tutti i paesi del mondo sviluppato. I frutti avvelenati della cattiva politica La “cattiva” politica sembra essere diventata il nuovo minimo comune denominatore in negativo di molti paesi avanzati. C'è un filo conduttore che accomuna la valutazione critica delle attuali leadership: l‟incapacità di ridimensionare le aspettative collettive e quindi di gestire il tormentato declino relativo delle società avanzate.12 Le ultime settimane hanno visto un fiorire di commenti, a livello nazionale e internazionale sul tema: inadeguatezza, mancanza di credibilità, incapacità di guidare l'opinione pubblica, assenza di un progetti chiari, sono ormai valutazioni condivise. Fin troppo, verrebbe da dire, data l‟intrattabilità dei problemi e la differenza delle situazioni. Negli Stati Uniti siamo di fronte ad una "italianizzazione" della lotta politica. Con la questione dell‟innalzamento del tetto del debito si è voluto scherzare con il fuoco fino 11 Cfr. Guido Rossi, “Avidità e crepuscolo degli dei” Il Sole 24 Ore, 5 luglio 2011. 12 Per una visione lucida e radicale del problema, si veda Guido Rossi, “Il soccorso dei barbari al declino occidentale”, Il Sole 24 Ore, 7 luglio 2011: “Nell'intero mondo occidentale insieme con un'economia abbacinata da falsi miti è crollata anche la politica, ormai sua ancella ridotta quasi in condizioni di schiavitù. È difficile sapere se il futuro sarà condizionato più dal disastro politico o da quello economico. Tra quei miti…siede imperiosa l'onnipotenza dei mercati che spazzano la politica, minacciano e distruggono gli Stati.” 8 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
all‟ultimo minuto, con il “Tea Party” a sostenere una pretestuosa quanto velleitaria radicalizzazione dello scontro. Il modesto compromesso raggiunto ha dato il via alla, già citata, riduzione del rating sul debito americano. In Europa l‟asticella da superare è ben più alta, considerata la dimensione dei problemi e la necessità di coordinamento di 17 paesi e di gestione di opinioni pubbliche con interessi contrapposti. L‟Unione è ormai nel caos, con una sempre più evidente contrapposizione tra la Bruxelles (la Commissione) e Berlino/Parigi e con la BCE costretta a metterci una pezza.13 Tutti i problemi sembrano rinviati al 2013, troppo tempo per i mercati14. Negli USA si aspettano le presidenziali del 2012; in Europa, almeno inizialmente, diversi interventi erano stati scadenziati nel 2013-2014 e oltre (inclusi i principali effetti della nostra manovra correttiva). In Italia il Governo vuole arrivare alla sua scadenza naturale del 2013. In Italia siamo alla farsa che si trasforma in tragedia. Non ci sono più aggettivi per definire la nostra classe politica, che purtroppo è uno specchio, non è dato sapere quanto distorto, dell‟elettorato e della classe dirigente del paese. Torna inevitabilmente, nel ricordo dei meno giovani, il confronto con la crisi del „92-93. Allora servì la valvola della svalutazione e la decisa sterzata realizzata da “salvatori della patria”15 ancora dotati di un minimo di credibilità. Oggi entrambe le ipotesi non sembrerebbero più a portata di mano; per il momento siamo stati commissariati dalla Germania, attraverso la BCE16. Italia: un campo minato Gli indici azionari italiani, al netto dei dividendi distribuiti sono ai livelli del 1986; dal 2003 la performance del Mibtel è stata inferiore rispetto a quella della borsa tedesca del 70%. Gli spread tra i titoli del governo italiano e quelli tedeschi sono ai livelli dell‟ottobre 199317. Bastano questi tre dati per misurare la distanza tra un paese piegato su se stesso e la Germania che, tra l‟altro, ha dovuto digerire il pesante boccone dell‟unificazione e che ha problemi demografici e sociali non dissimili dai nostri. 13 Tra gli innumerevoli interventi sul tema si veda Alberto Alesina, “In cerca di leader” Corriere della Sera, 8 agosto 2011: “In Europa un anno e mezzo fa si sarebbe dovuta risolvere in un modo o nell'altro, ma radicalmente, la crisi greca con un ripudio o con un « bailout » (salvataggio) totale. E invece i leader (si fa per dire) europei si sono dilaniati in discussioni che nulla hanno fatto se non trascinare i mercati nel caos.” 14 Cfr. Zest Asset Management, “Monthly Newsletter del 31/7/2011” 15 Dapprima il governo Amato e, successivamente, il governo tecnico guidato da Carlo Azeglio Ciampi. 16 Cfr. Mario Monti, “Il Podestà forestiero”, Corriere della Sera, 7 agosto 2011: Le forme sono salve. I ministri restano in carica. La primazia della politica è intatta. Ma le decisioni principali sono state prese da un «governo tecnico sopranazionale» e, si potrebbe aggiungere, «mercatista», con sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York. 17 A titolo di opportuna cronaca ricordiamo che il massimo dello spread sui titoli decennali (la cui emissione ha avuto inizio nel marzo del 1991), è stato toccato il 7 ottobre del 1992 a un livello del 770 punti base (il 7,7%!); il minimo è stato toccato nel giugno del 2003 a 6,5 punti base. Fonte Agenzia Reuters. 9 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Indice azionario italiano Era prevedibile questa crisi? Diversi politici in Italia, non ultimo il Ministro dell‟Economia, hanno detto di no, di fatto azzerando le evidenti responsabilità della classe dirigente del paese. La verità è ben diversa e sotto gli occhi di tutti coloro abbiano un minimo di capacità interpretativa della realtà. Non solo le condizioni di estrema vulnerabilità dell‟Italia erano note da lungo tempo; era anche evidente che la navigazione sarebbe diventata ben più difficile se, in presenza di un aggravarsi della crisi dei periferici europei, anche la stabilità politica e, conseguentemente la capacità di reazione del Governo, fosse stata messa in discussione da comportamenti irresponsabili. In tale contesto sarebbe diventato inevitabile un “attacco speculativo”18 al ventre molle del‟Unione, cioè al nostro debito pubblico19. Malgrado ciò fosse ovvio da tempo, la compagine governativa ha trovato il modo di farsi cogliere completamente impreparata dall‟arrivo della bufera, che è stata affrontata con un crescendo di interventi raffazzonati20, subito delegittimati dallo stesso Presidente del Consiglio in un clima caotico di delegittimazione reciproca delle più alte cariche del Governo e di guerra per bande. 18 “Attacco speculativo” va inteso in senso lato, nel caso specifico specifico hanno venduto anche i grandi investitori possessori di titoli italiani che hanno semplicemente “gettato la spugna”. 19 Si veda, in tempi non sospetti, quanto scrivemmo nell’Avviso ai Naviganti N 3 del 24 agosto 2010 “Lampi all’orizzonte”. 20 Ancora Mario Monti, “Il Podestà forestiero”, Corriere della Sera, 7 agosto 2011: “La sequenza iniziata ai primi di luglio con l'allarme delle agenzie di rating e proseguita con la manovra, il dibattito parlamentare, la riunione con le parti sociali, la reazione negativa dei mercati e infine la conferenza stampa di venerdì (5 agosto – n.d.r.), deve essere stata pesante per il presidente Berlusconi e per il ministro Tremonti. Essi sono stati costretti a modificare posizioni che avevano sostenuto a lungo, in modo disinvolto l'uno e molto puntiglioso l'altro, e a prendere decisioni non scaturite dai loro convincimenti ma dettate dai mercati e dall'Europa.”. Da ricordare che in seguito è proseguita la disperata rincorsa del Governo per arginare la montante marea di sfiducia dei mercati e sottostare al diktat della BCE: venerdì 12 agosto è stato annunciato un nuovo decreto legge che subito è stato nuovamente contestato e delegittimato dalla stessa maggioranza governativa. 10 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
Nel frattempo, con il decreto di luglio, si sono affossati i concessionari autostradali, per poi alleggerire il provvedimento relativo; con quello di agosto si è riproposta la “Robin tax” sui distributori e produttori di energia, azzoppando il settore in borsa. Senza certezza di regole e di diritto il paese non potrà mai attirare capitali esteri, né recuperare produttività. Oggi il “problema Italia” è con assoluta prevalenza un problema di credibilità della leadership politica. Ormai è ovvio per tutti. Non facciamoci trarre in inganno da questioni economiche serie ma di tipo strutturale, come la crescita troppo bassa. Ai mercati, che determinano i tassi d‟interesse sul nostro debito, e che quindi possono trasformare una crisi di fiducia in un default, interessano solo le aspettative, non la realtà nel lungo termine. E‟ diventata solo una questione di fiducia e di credibilità, che non sembra essere recuperabile per l‟attuale leadership del paese. Non ci sarebbe bisogno di grandi iniziative per riportare la barca sulla linea di galleggiamento: basta l‟anticipo della manovra al 2012 e qualche misura collaterale che abbia un minimo di equità sociale. Per quanto riguarda invece i problemi strutturali della crescita e del raggiungimento della definitiva stabilità finanziaria, si tratta di un‟altra partita. Dovrà essere giocata da figure che oggi non si vedono all‟orizzonte. Questi sono i motivi per cui pensiamo che gli investimenti sul mercato italiano, di qualsiasi natura, ma in particolare sui titoli di debito, debbano ancora essere evitati. Malgrado l‟evidentissima sottovalutazione di gran parte del listino di borsa. 11 StudioPhi – www.studiophi.ch/index informazione@studiophi.ch
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