DEDUZIONI DALLE STATISTICHE SUL CORONAVIRUS IL CASO ITALIA, IL CASO LOMBARDIA #10

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DEDUZIONI DALLE STATISTICHE SUL CORONAVIRUS IL CASO ITALIA, IL CASO LOMBARDIA #10
DEDUZIONI DALLE STATISTICHE SUL CORONAVIRUS
                          IL CASO ITALIA, IL CASO LOMBARDIA #10
Premesso che i numeri forniti possono essere non veritieri o incompleti, ecco alcune costatazioni, deduzioni
e domande, molte domande.

Una domanda fra tutte: perché il contagio Covid 19 è stato così potente in Italia? Perché la Lombardia?
Perché Bergamo e Brescia?

Questo è un dato evidente ed innegabile: qualcosa non ha funzionato e non sta funzionando in Italia,
specialmente in questa porzione del nord del Paese. I numeri sono abnormi se comparati con altre realtà
internazionali.
Rimanendo però in Italia: perché non Roma o Napoli, perché non il Veneto, almeno nella forma acuta
lombarda? Guardandoci poi attorno in Europa perché la Spagna si e la Germania no, ma anche rispetto a
Corea e Giappone che avevano avuto un contagio iniziale ma presto circoscritto e oggi quasi neutralizzato.
Escludiamo gli Stati Uniti perché sono di grandezza non omogenea e hanno un sistema sanitario diverso da
quello pubblico: due fattori che non rendono i dati compatibili ai nostri. L’omogeneità la possiamo trovare
solo in sistemi sanitari assimilabili o, almeno, in paesi di grandezza comparabile.

                                                         5 Aprile

Alle ore 21:00 del giorno 05APRILE 2020 secondo Coronavirus Global Cases (CSSE & Johns Hopkins Univ)
apprendiamo che i casi di contagio nel mondo sono circa 1.200.000
Di questi circa 300.000 USA, circa 130.000 italiani e spagnoli, 98.000 tedeschi, 90.000 francesi e quasi 50.000
inglesi. I morti sono circa 15.000 in Italia, 12.500 in Spagna, 7.500 in Francia e 5.000 in UK.

Ecco i dati ufficiali trasmessi:
Spagna 130.000 contagi, 38.000 ricoverati, 12.500 morti
Germania 98.000 contagi, 26.500 ricoverati, 1.500 morti
Francia 90.000 contagi, 15.500 ricoverati, 7.500 morti
Lombardia 50.000, 12.000 ricoverati, 8.900 morti
UK 48.000 contagi, 135 ricoverati, 5.000 morti
Austria 12.000, ricoverati 3.000, decessi 204
Bergamo 9.700 contagi. Decessi ca. 2.000
Brescia 9.350 contagi. Decessi ca. 1.500
Giappone 3.100 contagi, 515 ricoverati, 77 morti

Cercando i raffronti più possibili omogenei all’Italia in altri continenti sia per dimensioni, che per temperature
e abitudini, prendiamo in esame – insieme alla Germania per un raffronto europeo - la Corea del Sud e il
Giappone
L’Italia ha circa 130.000 contagiati, 21.000 ricoverati e 15.300 morti
Germania 98.000 contagi, 26.500 ricoverati, 1.500 morti
Giappone 3.100 contagi, 515 ricoverati, 77 morti
La Corea del Sud ha circa 10.000 casi con 6.400 ricoverati e 183 morti
(nota: il 12 Marzo la Corea aveva 8.000 casi e 66 deceduti e l’Italia 10.000 e 827 morti)
DEDUZIONI DALLE STATISTICHE SUL CORONAVIRUS IL CASO ITALIA, IL CASO LOMBARDIA #10
La Corea, che 25 giorni fa era pari all’Italia come numero di contagi (ma già con molti meno decessi) oggi
è persino quindicesima nella non invidiabile classifica mondiale.
     Come mai dopo tre settimane la Corea ha un incremento solo di 2.000 casi mentre l’Italia ha fatto un
enorme balzo in avanti (130.000)?
     Perchè il Giappone, pur avendo – con l’Italia – la popolazione più vecchia del mondo ha così pochi contagi
e altrettanto pochi decessi?
Torniamo all’Europa:
la Germania ha molti ricoverati ma pochi decessi, persino la Spagna ha un numero di decessi minori dell’Italia,
nono stante un maggior numero di contagiati.
I tedeschi hanno un sistema sanitario più efficiente? Attuano protocolli terapeutici diversi dai nostri? Gli
Ospedali sono meno “pericolosi”, non favoriscono la replicazione del virus perché gli impianti di areazione
sono soggetti a miglior manutenzione o perchè i protocolli di trattamento dei pazienti rivelano meno falle
(come in certi Pronto Soccorsi dove la gente si accalca sia nelle sale di attesa che all’interno, perché gli spazi
logistici non erano stati pensati in modo razionale?)
Rispetto alla Corea: abitudini di vita diverse? Meno abbracci e baci quotidiani? Struttura familiare meno
complessa con minor promiscuità? (da noi intensa promiscuità quotidiana di nonni, figli, nipoti, zii, cugini a
cui è difficile negare un abbraccio o un bacio). Maggiore disciplina sociale? Mascherine indossate
correntemente e da una larga base di popolazione? Controllo dei positivi e maggior numero di tamponi?
     Si conti che Seoul è città con alta densità di persone in circolazione e i coreani, quanto a disciplina, sono
diversi dai giapponesi e, semmai, più vicini agli italiani. Peraltro sembra che il paese si sia organizzato meglio
dopo l’epidemia del 2015. E noi? Ci siamo fatti prendere alla sprovvista? Il ginseng e l’aglio, che i coreani
consumano ad alti dosaggi – così come la loro fitoterapia - possono essere ulteriori fattori che hanno
contribuito a costruire nel tempo migliori difese immunitarie?

     Venendo all’Italia, oltre alla maggior debolezza di una popolazione caratterizzata da molti anziani (ma
ad essere contagiati ora vi sono anche molti non-anziani), il dubbio che sorge, e con esso la domanda, è la
seguente: siamo forse diventati una nazione di immunodepressi? E alcune zone del Paese, lo sono più di
altre? Visto che la regione più colpita – la Lombardia - è la più ricca ed efficiente in Italia e, sulla carta, dotata
forse della migliore sanità pubblica a livello europeo, che cosa è successo in Lombardia?
     Alcune possibili risposte:
     forse il consumo eccessivo di antibiotici ha minato la nostra risposta immunitaria? Così suggerirebbe un
intervento allarmante di Ilaria Capua su Fanpage.it che titola “Coronavirus, aver preso troppi antibiotici
potrebbe spiegare perché in Italia si muore di più”.

    Dubbi ci sono anche sui farmaci per l’ipertensione – di cui l’Italia fa una grande uso - che possono aver
indebolito l’apparato polmonare.
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-
farmaci/articolo.php?articolo_id=82351&fbclid=IwAR0V5Neu1qMBoGp0dj2tJm055cCysxHdR4lCVED5U8rNaY9nd4_St_atdGQ
      Inoltre anche i molti vaccini fatti assieme, possono aver creato conflitti a livello di sistema immunitario.
Le regioni del nord sono tra le maggiormente vaccinate. In Lombardia l’anno scorso si era passati dagli attesi
800.000 vaccini antiinfluenzali a 1.183.000 effettivamente erogati. A Brescia l’anno scorso ci fu un boom di
vaccinazioni sia per l’influenza che per lo pneumococco e meningococco (quest’ultima vaccinazione è proprio
del Gennaio 2020!). Non per aggiungere polemica a polemica ma il Prof. Luc Montagnier - autorità mondiale
di virologia - ha spesso messo in guardia sui possibili incroci nel sottoporsi a troppi vaccini.
E poi: l’uso dei pesticidi nella pianura padana è molto alto e ci sono stati continui sforamenti di valori dei
pesticidi nelle acque; un’altra possibile concausa?
Sempre Ilaria Capua pone anche dubbi sui sistemi di areazione degli ospedali, che potrebbero aver favorito
la diffusione involontaria del virus nelle stesse strutture ospedaliere (i filtri sono stati sostituiti nei tempi
previsti?)
Anche l’inquinamento atmosferico della pianura padana - che in molti paragonano a quello della provincia
cinese Hubei - può avere influito sia nella trasmissione del virus che nell’indebolimento dell’apparato
respiratorio delle persone? Molti lo considerano un fattore importante. Sempre cercando concause, per
spiegare questi numeri.
Un ultima ipotsi: i possibili danni da Elettrosmog .
Dopo Wuhan - che ha la più massiccia concentrazione al mondo di distribuzione di 5G, in Europa in termini
di incidenza elettromagnetica (cioè percentuale sul totale della popolazione) - prima è la Svizzera. Come
numeri in assoluto, invece, prima è l’Italia con 779 per milione di abitanti, la seconda è appunto la Svizzera
con 556,4 per milione di abitanti, seguono Spagna, Germania, Francia.
Nel caso dell’elettrosmog la domanda è:
forse un’esposizione prolungata alle onde millimetriche (5G, ma anche 4G e anche sistemi wireless) causa
dei danni alla nostra salute? Gli studi si concentrano sui possibili danni al DNA. Del 5G abbiamo avuto una
sperimentazione in 120 comuni italiani, tra cui ben 15 in Lombardia: 8 nel Pavese, 2 nell’area di Bergamo, 2
in provincia di Cremona; guarda caso proprio al Nord, in una zona così vicina alla Svizzera, oltre ad essere la
più inquinata; e ancora: non potrebbe essere che una diversa polarizzazione delle molecole sottoposte a
tempesta magnetica, abbia causato un indebolimento del sistema immunitario?
Certamente, tra le cause di maggior decessi, influisce l’età media della popolazione e le patologie pregresse
ma, altrettanto certamente, contano l’inquinamento e altri fattori, primo fra tutti una possibile carenza
strutturale del nostro sistema immunitario.

E poi, perché un numero così alto di ricoverati?
Ma se gli altri paesi ricoverano di meno, non dovrebbero avere più decessi, cioè di persone meno assistite?

                  Il Sole24ore evidenzia l’11 marzo una “discrepanza tra soggetti riconosciuti come “attaccati” dal virus
                  e ricoveri in ospedale e terapie intensive. Stando ai dati relativi al 10 marzo, In Lombardia sarebbero
                  solamente 642 le persone sotto osservazione a domicilio su 4427 positive (non si computano quindi i
                  guariti e i deceduti) a fronte di 3319 soggetti ricoverati con sintomi e 466 in terapia intensiva.
                  Considerando che i dati disponibili parlano di una patologia che in quasi quattro casi su cinque non
                  supera il livello di guardia di una comune influenza, siamo di fronte a percentuali di ricoverati che
                  paiono cozzare con la logica”.

Si scrive che molti dei decessi siano con e non per Coronavirus. Le statistiche comparative dei decessi con lo
stesso periodo dell’anno scorso, ci fanno vedere che questa distinzione, in fin dei conti, diventa poco
significativa. Se in Germania avessero evitato di attribuire al Coronavirus molti decessi per polmonite,
dovrebbero comunque avere un’emergenza sanitaria per polmonite: se il virus ha questi esiti, non è certo il
cambio di nome che potrebbe evitare le conseguenze.
Comparando il 10 Marzo 2019 e 2010 il picco dei casi di terapia intensiva è 351 contro 93 dell’anno scorso
mentre per i decessi lo scarto è tra 131 di quest’anno e i 29 dello scorso anno.
Un incremento che rende non determinante la differenza tra i malati e i morti con coronavirus o per
coronavirus, in quanto le malattie pregresse e l’anzianità c’era anche l’anno scorso

In ogni caso, rimane la domanda: perché la Lombardia ha questi numeri?
Possibile che il virus sia così “carogna” da stare attento ai confini regionali con qualche piccola deroga alle
zone di confine, come nel caso di Piacenza? Ecco una tabella, che mi invia un amico, in cui l’Italia è analizzata
in 4 parametri confrontati con altre nazioni: Italia / Italia, senza Lombardia / Italia del Sud / Lombardia
Alcuni giorni fa giunsero le risposte di due Medici ad una scheda come questa inviata precedentemente: un
ex-primario di 118 in pensione e un medico di medicina generale.
Il primo mi parla di Corsi per medici che sin dal 2003 furono tenuti sui rischi delle minacce biologiche ma,
fatti i corsi, non solo nulla è seguito ma ci sono stati tagli alla sanità di emergenza e nessuna attenzione alla
produzione nazionale di presidi sanitari contro i contagi. Poi parla infatti di quello che chiama lo Scandalo
delle mascherine, sia per la loro mancanza che per la contraddittoria informazione che si è data sin dall’inizio;
parole testuali: “Le mascherine prima ci dicono siano inefficaci, poi efficaci, poi solo evitano la trasmissione,
ma la scienza ci dice che le gocce di Flugge che il virus utilizza come vettore se trova una barriera ai liquidi
non riesce ad oltrepassarla…”
Il secondo medico infatti – oltre a manifestare il dubbio che i numeri dei decessi sia maggiore di quello dei
dati ufficiali (ma ora sappiamo che aveva ragione) - mi informa che sta visitando senza mascherina,
condizione comune a moltissimi medici… senza mascherina il virus entra senza nemmeno dover bussare alla
porta e poi si moltiplica di conseguenza. Questo però può aiutare a spiegare la maggiore diffusione in Italia
ma non in Lombardia.

Veniamo ad un’ultima considerazione. L’idea che i progressi scientifici portino solo miglioramenti è
profondamente errata. Il progresso, se significa ovviamente, ma non necessariamente lo è in senso positivo.

  Propongo qui un caso personale in quanto, attraverso questo esempio, posso parlare con maggiore
cognizione di causa. Mio fratello è deceduto un mese fa a Bergamo e non in ospedale. Non sono sicuro fosse
positivo, sebbene i sintomi che presentava erano piuttosto corrispondenti a quelli del Covid 19. Faceva parte
di quei casi in cui il decesso sarebbe stato ascrivibile alla categoria “con” Coronavirus (e non “per”
Coronavirus) viste le molteplici patologie presenti. Nel periodo precedente era stato però in diversi ospedali
della zona per analisi e visite, incluso quello di Alzano e il Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
  Il dato che vorrei evidenziare è che, nonostante avesse varie patologie, nei mesi scorsi non era stato
possibile per lui ricostruire un quadro di insieme: ogni reparto, ogni specialista faceva il suo percorso ma
rimanendo parallelo a quello degli altri, senza che a nessuno fosse dato il compito di farne una sintesi. Gli
esami e le visite venivano così raddoppiate e triplicate, aumentando l’entropia diagnostica, oltre al grande
dispendio economico e di tempo. In aggiunta, in questo periodo, era aumentata per lui la possibilità di
contagio, stazionando in sale d’aspetto piene di malati; così come dal medico di base dove, per avere una
ricetta di analisi o di farmaci, era costretto a promiscuità per un tempo sufficiente a contagiarsi con gli altri
pazienti. Non appena si lamentò con me al telefono di avere grandi difficoltà di respiro, le alternative erano
quelle di chiamare un’ambulanza per una ospedalizzazione (ma in quel momento non sarebbe venuta con la
stessa celerità del passato o non sarebbe venuta affatto) oppure rimanere a casa e farsi consigliare al
telefono; un’opzione che se può essere praticabile per un giovane o un soggetto sano, non aveva senso in un
soggetto già compromesso e ad alto rischio.
    Partendo quindi dal caso particolare per giungere ad una prima generalizzazione, possiamo individuare
due mali peraltro già denunciati da molti mesi ma anche da molti anni: la progressiva desertificazione dei
presidi territoriali (a vantaggio degli ospedali sia pubblici che privati) e la mancanza di un coordinamento
metodologico nella gestione del paziente, non più del medico di base ma nemmeno di uno specialista che
faccia da capofila.
L’Italia ha avuto un grande Sistema Sanitario Pubblico, che ha portato ad un aumento importante
dell’aspettativa di vita; siamo sicuri che la situazione attuale sia in linea con quella i cui effetti – prodotti
decenni fa – sono ancora visibili oggi ma che già mostrano un’inversione di tendenza sia rispetto alla
lunghezza dell’aspettativa di vita che per la qualità di questa estensione della vita?
    Oltre a quella di mio fratello, vi sono altre esperienze sul sistema sanitario lombardo di cui sono testimone,
che non sono certo positive, sempre rispetto ai percorsi metodologici. Probabilmente sia le strutture che i
professionisti lombardi sono sicuramente di prim’ordine ma un’ottima automobile se ha le gomme sgonfie e
le ruote non convergenti, rischia di andare fuori strada ugualmente.
Una cara amica, morta di cancro alcuni anni fa a Milano, ci raccontava giornalmente le sue disavventure per
ospedali, soggetta a molteplici e contrastanti diagnosi; anche in quel caso, senza che nessuno la prendesse
in carico coordinando sia le analisi che le varie diagnosi. Giunse così il momento in cui fu operata in una nota
e specializzata struttura milanese, intervento che, subito dopo, venne giudicato inopportuno da un’altra nota
e specializzata struttura milanese e, successivamente, soggetta ad un’ulteriore interpretazione da una
ennesima nota e specializzata struttura milanese che metteva indubbio l’operato delle precedenti. Nel
frattempo la paziente, stanca di esserlo, ci lasciò per miglior vita.

    Le mie - non essendo medico - sono solo costatazioni e rilevazioni e, a seguire deduzioni, per le quali spero
di ricevere spiegazioni, meglio ancora confutazioni.
Tutte le possibili spiegazioni ipotizzate sono frutto di dietrologie e di complottismi? Solo esagerazioni? Può
essere….ma è un dato di fatto che l’Italia, sia numericamente che in proporzione alla sua grandezza, è un
caso mondiale. E la Lombardia ha avuto un’esplosione che non si può giustificare solo come conseguenza di
un destino avverso, “cinico e baro”.
Siccome tutta questa storia non torna, bisogna che laicamente e senza pregiudizi ognuno di noi si formi
un’opinione, supportato da medici, scienziati ed esperti dei vari settori. Se si continuerà invece con quella
che appare una permalosità “corporativa”, non si riuscirà a porvi rimedio, almeno nella prospettiva del futuro
e di altre possibili epidemie.
Prima o poi dovremo quindi tirare le somme di tutto questo, anche per far coincidere il giudizio negativo che
tutti noi diamo in tempo di pace sul nostro Paese - le mancanze che tutti noi vediamo in troppi settori e,
soprattutto nella nostra classe dirigente - con quello che sta succedendo, soprattutto per le dimensioni di
questo fenomeno.

                                                                                                  Paolo Miccichè
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