"Sulla natura atipica dell'atto di verifica di fattibilità" - TAR Lombardia - Milano - sez. II - sentenza del 19 maggio 2021 - n. 1226 - Iura ...

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“Sulla natura atipica dell’atto di verifica di
fattibilità” – TAR Lombardia – Milano – sez. II
– sentenza del 19 maggio 2021 – n. 1226

        La natura atipica dell’atto di verifica di fattibilità, espressione di una attività di tipo
consultivo-collaborativa, non è in grado di produrre effetti lesivi della sfera giuridica
dell’interessata, poiché lo stesso non potrebbe vincolare l’Amministrazione rispetto al
provvedimento definitivo, che potrebbe avere un contenuto certamente differente, anche in
relazione alla connessa facoltà per le parti private di introdurre, nell’ordinario procedimento
finalizzato al rilascio di un titolo edilizio, nuove argomentazioni e nuovi elementi.
        Del resto, soltanto il diniego di rilascio di un titolo edilizio rappresenta un atto di natura
provvedimentale, attesa la sua idoneità a definire un procedimento tipico e puntualmente
disciplinato dalla normativa, dal quale deriva in maniera irreversibile l’impossibilità di
conseguire il bene della vita richiesto.

       Massimazione a cura della Redazione di IURA NOVIT CURIA ©
       SENTENZA
       sul ricorso numero di registro generale 2478 del 2019, proposto da
– Omissis., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa
dall’Avv. Ettore Ribolzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Milano,
Via Ariosto n. 30;
       contro
       – il Comune di Desio, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso
dall’Avv. Mara Boffa ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Milano, Via
Bragadino n. 3;
       per l’annullamento
       – del provvedimento Rif. n. 26843/012/DC/2019 – DL/gn del 9 settembre 2019,
notificato a mezzo p.e.c., con il quale il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Desio ha
respinto la domanda di permesso di costruire presentata in data 12 giugno 2019 dalla
ricorrente;
       – nella sola e denegata ipotesi che l’interpretazione fatta propria dall’Amministrazione
venga ritenuta corretta, della disposizione di cui all’art. 24 – “Disposizioni transitorie per i
Piani Attuativi in fase di attuazione” delle Norme di attuazione del vigente P.G.T. del Comune
di Desio, adottato il 6 febbraio 2014 ed approvato il 24 settembre 2014 (pubblicato sul
B.U.R.L. n. 10 del 4 marzo 2015);
       – di ogni altro atto comunque preordinato, connesso o conseguente ai predetti.

      Visti il ricorso e i relativi allegati;
      Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Desio;
      Vista l’ordinanza n. 1727/2019 con cui è stata respinta la domanda di sospensione
cautelare proposta dalla parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
      Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
      Tenutasi l’udienza in data 4 maggio 2021, mediante collegamento da remoto in
videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, convertito in legge n.
176 del 2020, come modificato dall’art. 6, comma 1, lettera e, del decreto legge n. 44 del
2021, secondo quanto specificato nel verbale;
      Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

      FATTO

         Con ricorso notificato in data 7 novembre 2019 e depositato il 21 novembre
successivo, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento Rif. n. 26843/012/DC/2019 –
DL/gn del 9 settembre 2019, notificato a mezzo p.e.c., con il quale il Dirigente dell’Area
Tecnica del Comune di Desio ha respinto la sua domanda di permesso di costruire presentata
in data 12 giugno 2019.
         In data 18 dicembre 2009, Euro Immobiliare ha ottenuto il permesso di costruire n.
46127/66/DC, avente ad oggetto la costruzione di un immobile ad uso produttivo in
attuazione del Piano di lottizzazione “D6”, disciplinato dalla convenzione rep. n. 62078/21522
stipulata in data 12 dicembre 2008, poi rettificata con un nuovo accordo, denominato
“addendum”, stipulato in data 12 ottobre 2016, con il quale le parti hanno esclusivamente
rideterminato l’entità delle opere di urbanizzazione ancora da eseguire. L’intervento edilizio
assentito, conforme alla disciplina delle N.T.A. del P.R.G. vigente, non essendo stato
realizzato dalla richiedente per sua libera scelta, è decaduto per il decorso dei termini di
efficacia. In data 9 agosto 2018 la ricorrente ha inoltrato all’Amministrazione un’istanza
finalizzata ad “una verifica di fattibilità dell’intervento privato ridimensionato nelle dimensioni
pur lasciando inalterati gli oneri già versati e le opere di urbanizzazione (in parte già
realizzate) stabiliti nella convenzione originaria e nel successivo addendum”. Sebbene il
Comune, in sede di riscontro, avesse rilevato la necessità che l’intervento rispettasse la
disciplina urbanistica ed edilizia del P.R.G. vigente al momento dell’approvazione del Piano
attuativo, la società ricorrente ha ribadito la sua posizione, reiterando l’istanza di “verifica di
fattibilità” in data 22 agosto 2018, nuovamente ritenuta non attuabile dal Comune, salva
l’approvazione di una variante al Piano attuativo. Tuttavia, la ricorrente, in data 12 giugno
2019, ha presentato una domanda di permesso di costruire per la realizzazione di un nuovo
edificio ad uso produttivo in esecuzione del Piano attuativo approvato nel 2008, avente una
s.l.p. ridotta rispetto al decaduto permesso di costruire rilasciato nel 2009. Con preavviso di
diniego del 15 luglio 2019, sono stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento
dell’istanza, cui la società ricorrente ha controdedotto con nota del 25 luglio 2019; con il
provvedimento comunale del 9 settembre 2019, impugnato attraverso il presente giudizio, è
stata respinta la domanda di permesso di costruire in quanto l’intervento non risulterebbe
conforme alla disciplina vigente “al momento dell’approvazione del piano attuativo”, come
stabilito dall’art. 24 delle N.T.A. del Piano delle regole del vigente P.G.T. (approvato nel
2014), le opere di urbanizzazione non sarebbero state completate entro il termine ultimo
previsto dalla convenzione (peraltro scaduta), ossia il 3 dicembre 2018, e la pratica sarebbe
affetta da svariate carenze documentali.
         Assumendo l’illegittimità del predetto diniego, la società ricorrente ha eccepito, in
primo luogo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 1, del D.P.R. n. 380 del
2001 e la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 delle Norme tecniche di attuazione del
P.G.T. del 2014 del Comune di Desio.
       Poi è stata rilevata la perdurante validità temporale della convenzione 2008 – 2016,
che impatterebbe anche sul termine di fine lavori.
       Infine, sono state dedotte la violazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 241 del
1990, la violazione dell’art. 28 della legge n. 10 del 1991 e la violazione dell’art. 11 del
Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 37 del 22 gennaio 2008.
       Si è costituito in giudizio il Comune di Desio, che ha chiesto il rigetto del ricorso; con
separata memoria la difesa del Comune ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del
ricorso per mancata impugnazione dei provvedimenti comunali di riscontro negativo alle
richieste di verifica preliminare di fattibilità dell’intervento, mentre nel merito ne ha chiesto il
rigetto.
       Con l’ordinanza n. 1727/2019 è stata respinta la domanda di sospensione cautelare
proposta dalla parte ricorrente.
       In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori delle
parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
       All’udienza del 4 maggio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in
videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, convertito in legge n.
176 del 2020, come modificato dall’art. 6, comma 1, lettera e, del decreto legge n. 44 del
2021, la controversia è stata trattenuta in decisione.

       DIRITTO

        1. In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata
dalla difesa del Comune, per mancata impugnazione dei provvedimenti comunali di riscontro
negativo alle richieste di verifica preliminare di fattibilità dell’intervento presentate dalla
ricorrente.
        1.1. L’eccezione è infondata.
        Le istanze (preliminari) di verifica di fattibilità presentate dalla ricorrente al Comune in
data 9 e 22 agosto 2018 (all. 8 e 10 del Comune) sono state respinte con le note dirigenziali
comunali, rispettivamente, prot. n. 33819 del 16 agosto 2018 e prot. n. 36641 del 11
settembre 2018 (all. 9 e 11 del Comune). Le predette istanze risultano di carattere
interlocutorio, in quanto non contengono affatto gli elementi costitutivi di una richiesta di
titolo edilizio (permesso di costruire o Piano attuativo) sia per la carenza della gran parte
degli elementi in grado di dettagliare l’intervento programmato (relazione tecnica,
planimetrie complete, tavole, ecc.), che per l’espressa indicazione della parte istante di
successiva presentazione della richiesta di permesso di costruire. Le risposte comunali
pertanto non possono essere considerate di carattere definitivo, avuto riguardo alla
circostanza che il diniego è stato reso nel contesto di un’attività di tipo consultivo e in via
collaborativa, quindi non in sede conclusiva (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 febbraio
2017, n. 452). La natura atipica dell’atto di verifica di fattibilità, espressione di una attività di
tipo consultivo-collaborativa, non è in grado di produrre effetti lesivi della sfera giuridica
dell’interessata, poiché lo stesso non potrebbe vincolare l’Amministrazione rispetto al
provvedimento definitivo, che potrebbe avere un contenuto certamente differente, anche in
relazione alla connessa facoltà per le parti private di introdurre, nell’ordinario procedimento
finalizzato al rilascio di un titolo edilizio, nuove argomentazioni e nuovi elementi (cfr.
T.R.G.A., Trento, 8 febbraio 2019, n. 30). Del resto, soltanto il diniego di rilascio di un titolo
edilizio rappresenta un atto di natura provvedimentale, attesa la sua idoneità a definire un
procedimento tipico e puntualmente disciplinato dalla normativa, dal quale deriva in maniera
irreversibile l’impossibilità di conseguire il bene della vita richiesto (T.A.R. Lombardia, Milano,
II, 2 novembre 2020, n. 2053; anche, T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 17 luglio 2019, n. 703).
        1.2. Ne discende l’infondatezza della scrutinata eccezione.
        2. Passando all’esame del merito del ricorso, lo stesso è fondato.
        3. Deve essere trattata prioritariamente la seconda doglianza del ricorso con cui si
assume, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune resistente, la perdurante validità della
convenzione del 2008, aggiornata nel 2016, e la mancata scadenza del termine per
completare le opere di urbanizzazione, in quanto elementi necessariamente presupposti
rispetto alla fattibilità dell’intervento edilizio richiesto dalla ricorrente.
        3.1. La doglianza è fondata.
        Con deliberazione della Giunta comunale di Desio n. 71 del 1° aprile 2008 è stato
approvato il Piano di lottizzazione, denominato “D6”, disciplinato con la convenzione rep. n.
62078/21522 stipulata in data 12 dicembre 2008, successivamente rettificata con un nuovo
accordo, denominato “addendum”, stipulato in data 12 ottobre 2016 (all. 4 e 5 al ricorso).
Nella citata convenzione non è indicato un termine a data fissa per l’adempimento degli
obblighi riguardanti l’attuazione delle opere di urbanizzazione, ma si specifica che tutte le
opere devono essere ultimate nel termine di trentasei mesi (art. 3 della convenzione), da
computarsi a partire dal momento in cui il Comune ne fa richiesta al privato lottizzante. Su
tale presupposto gli Uffici comunali hanno ritenuto inadempiente la ricorrente poiché, a
fronte della deliberazione del Consiglio comunale n. 5 del 16 febbraio 2012 (all. 21 del
Comune), comunicata in data 3 dicembre 2015, la predetta lottizzante non avrebbe rispettato
il termine triennale previsto dall’art. 3 della convenzione per completare le opere di
urbanizzazione (entro il 3 dicembre 2018). Tuttavia, a prescindere dall’applicabilità o meno
anche a tale termine della proroga triennale di cui all’art. 30, comma 3 bis, del decreto legge
n. 69 del 2013, convertito con legge n. 98 del 2013 – che ha previsto che il termine di
efficacia, nonché i termini (intermedi) di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di
lottizzazione, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni – nella specie
assume rilievo determinante l’addendum stipulato tra le parti in data 12 ottobre 2016 (all. 5
al ricorso), in cui è stata convenuta in maniera esplicita una modificazione avente carattere
integrativo, e non una novazione delle obbligazioni, come sostenuto dalla difesa comunale,
delle opere di urbanizzazione originariamente preventivate (in particolare quelle indicate ai
numeri A1, A2 e H), con termine (implicito) per la loro realizzazione il 12 ottobre 2019, ossia il
termine triennale stabilito dall’art. 3 della convenzione del 2008, in tale parte non modificata
dall’addendum. Difatti, tale termine non può che decorrere dalla data di sottoscrizione del
nuovo accordo (addendum) e non dal momento in cui è stata inoltrata la richiesta unilaterale
dell’Amministrazione, come preteso dagli Uffici comunali, trattandosi della modifica di un
accordo convenzionale che non può acquistare alcuna efficacia senza il mutuo consenso degli
originari stipulanti.
        Quindi di certo nel richiamato termine (12 ottobre 2019) entro il quale completare le
opere di urbanizzazione, la convenzione del 2008 non poteva che essere vigente, sebbene, ai
sensi del citato art. 30, comma 3 bis, del decreto legge n. 69 del 2013, convertito con legge
n. 98 del 2013, non si rinvengono ragioni per escludere la stessa dalla proroga disposta ex
lege (sull’applicabilità generalizzata della proroga triennale, cfr. Consiglio di Stato, IV, 10
novembre 2020, n. 6915; 23 settembre 2019, n. 6319; T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 27
maggio 2020, n. 399): la sua efficacia va perciò estesa fino al 12 dicembre 2021, ossia per
ulteriori tre anni rispetto all’originario termine di scadenza decennale (12 dicembre 2018). Il
rilievo della difesa comunale in relazione all’avvenuto esaurimento della convenzione prima
dell’entrata in vigore del decreto legge n. 69 del 2013, da cui discenderebbe l’inapplicabilità
della proroga, risulta smentito dall’avvenuta stipula dell’addendum nel 2016: non si
sarebbero modificati degli impegni convenzionali laddove le parti, concordemente, non
avessero ritenuto ancora valido e produttivo di effetti l’accordo stipulato nel 2008.
        Nel vigore della convenzione, l’unica possibilità per sottrarsi agli obblighi discendenti
dalla stessa è richiederne la risoluzione per inadempimento (ove di non scarsa importanza:
sul punto, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 16 marzo 2020, n. 492), attraverso un rituale giudizio,
che nella specie non risulta giunto a conclusione (cfr. R. G. n. 2005/2019; in generale si veda
anche T.A.R. Lombardia, Milano, II, 30 dicembre 2020, n. 2666).
        3.2. Ciò determina l’accoglimento della seconda censura di ricorso.
        4. Con la prima doglianza si assume l’erroneità della normativa urbanistico-edilizia che
gli Uffici comunali avrebbero applicato alla richiesta di permesso di costruire formulata dalla
parte ricorrente, in quanto dovrebbe farsi riferimento a quella vigente al momento della
domanda e non a quella in vigore all’atto dell’approvazione del Piano di lottizzazione.
        4.1. La censura è fondata.
        L’art. 24, primo comma, delle Norme di attuazione del Piano delle regole del P.G.T.
vigente (approvato nel 2014) prevede che “per le parti del tessuto urbano consolidato ove è
in corso l’attuazione di piani attuativi già convenzionati, le relative previsioni prevalgono sulla
disciplina del Piano delle Regole sino alla scadenza del termine di dieci anni dalla stipulazione
della convenzione ferme comunque restando le obbligazioni e le garanzie tutte poste dalla
convenzione a carico dei proprietari. Per dare attuazione alla disciplina di detti piani attuativi
vengono utilizzate le definizioni dettate dai piani in vigore al momento della loro
approvazione” (all. 8 al ricorso).
        Il Comune, applicando siffatta disposizione, ha rigettato la richiesta di rilascio del
permesso di costruire in ragione della previsione di cui all’art. 4.1.1 (“Uf= indice di
fabbricabilità o di utilizzazione fondiaria”) delle N.T.A. del P.R.G. vigente al momento
dell’approvazione del Piano di lottizzazione “D6” in cui si stabiliva che “lo sfruttamento della
fabbricabilità massima è prescritto per almeno il 50% nelle zone A e B nonché per almeno
l’80% nelle zone C e D” (all. 6 del Comune).
        L’art. 12, comma 1, della convenzione del 2008, rubricato “Realizzazione degli
interventi edilizi”, dispone che “dopo la registrazione e trascrizione della convenzione i
lottizzanti possono presentare le domande per ottenere i permessi di costruire ovvero le
denunce di inizio attività per l’edificazione in conformità ai vigenti strumenti urbanistici
nonché al piano di lottizzazione, con particolare riguardo alle norme di attuazione di
quest’ultimo”.
        È pacifico tra le parti di causa che il Piano attuativo e la relativa convenzione non
contengono indicazioni specifiche (e autonome) sugli indici edificatori applicabili agli
interventi da realizzare, rinviando “ai vigenti strumenti urbanistici”. Gli Uffici comunali
ritengono che tale riferimento abbia ad oggetto la normativa pianificatoria vigente al
momento dell’approvazione del Piano attuativo “D6” (nel 2008), mentre la parte ricorrente
riferisce tale locuzione alla disciplina in vigore al momento della presentazione della richiesta
di titolo edilizio (e quindi al P.G.T. del 2014).
        La tesi attorea risulta più convincente per diverse e concorrenti ragioni, legate sia alla
lettera e al significato delle disposizioni pianificatorie generali e attuative applicabili, sia alla
consistenza del prospettato intervento edilizio.
Ribadita l’assenza di una autonoma e puntale regolamentazione degli interventi edilizi
contenuta nel Piano attuativo del 2008, non risulta pertanto determinante il disposto del
richiamato art. 24, primo comma, delle N.T.A. del Piano delle regole vigenti, in cui si sancisce
l’ultrattività delle previsioni dei Piani attuativi già convenzionati e non scaduti al momento
dell’entrata in vigore del P.G.T. del 2014.
        Oltre al citato art. 12 della convenzione in cui si richiamano i “vigenti strumenti
urbanistici”, che non appare di univoca interpretazione, la ricorrente segnala anche il
disposto di cui al precedente art. 2, quarto comma, secondo il quale “la sottoscrizione della
convenzione costituisce piena acquiescenza alle future determinazioni comunali assunte in
conformità a successivi provvedimenti di pianificazione o di programmazione, nonché
all’esecuzione delle previsioni dei medesimi provvedimenti, ancorché in difformità della
presente convenzione …”. Tale previsione deve necessariamente essere letta come obbligo
per il privato lottizzante di adeguarsi alle modifiche degli strumenti pianificatori comunali in
contrasto con le regole della convenzione, laddove richiesto espressamente
dall’Amministrazione, cui consegue, a maggior ragione, un obbligo di adeguamento
automatico in caso di assenza di contrasto, come nella specie. Sarebbe del resto paradossale
ammettere una deroga alle prescrizioni di carattere cogente contenute nella pianificazione
attuativa e imporre, al contrario, l’applicazione di previsioni urbanistiche non più in vigore e
non imposte in alcun modo.
        Peraltro non appare secondaria la circostanza relativa alla ridotta dimensione
dell’intervento edilizio proposto dalla ricorrente rispetto a quello realizzabile in applicazione
della disciplina previgente, oggetto del permesso di costruire n. 46127/66/DC del 18
dicembre 2009, poi rinunciato: il ridotto impatto della nuova costruzione rispetto alle
potenzialità edificatorie del lotto, accompagnato dalla presenza di opere di urbanizzazione
adeguate – e anzi sovradimensionate – e in assenza di un interesse pubblico contrario, non
poteva determinare il rigetto della richiesta della ricorrente.
        Ciò, oltre a porsi in violazione del principio di ragionevolezza, risulta anche in contrasto
con il principio di buona fede, visto che “gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno
riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività
dell’operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l’equilibrio del sinallagma
contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi. In altri termini, la causa della
convenzione urbanistica e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a
soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla
oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata
soddisfazione sia gli interessi del privato che della pubblica amministrazione” (Consiglio di
Stato, V, 26 novembre 2013, n. 5603; anche, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 dicembre 2019,
n. 2734; 18 giugno 2018, n. 1533).
        La necessità di salvaguardare l’equilibrio dei rapporti contrattuali anche in fase di
esecuzione, in ossequio ai canoni di affidamento e buona fede e nel rispetto del rapporto di
sinallagmaticità, impone di assumere come lesiva della posizione giuridica della società
ricorrente e dei suoi interessi la determinazione comunale di disattendere nella sostanza una
parte dell’accordo complessivo, spostando in tal modo l’equilibrio contrattuale in favore della
parte pubblica (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 12 aprile 2021, n. 924; anche Consiglio di Stato,
IV, 17 dicembre 2014, n. 6164; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 dicembre 2019, n. 2734).
        Peraltro, in senso contrario, non appare dirimente nemmeno quanto segnalato dalla
difesa comunale – da considerare alla stregua di motivazione postuma, di regola, non
ammessa (cfr. Consiglio di Stato, IV, 27 marzo 2020, n. 2136; II, 21 gennaio 2020, n. 472; VI,
8 settembre 2017, n. 4253; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 22 marzo 2021, n. 747) – secondo la
quale il perimetro in cui ricade l’intervento è classificato dal P.G.T. del 2014 come “Piano
attuativo in fase di realizzazione”, al quale non sarebbe stato attribuito alcun indice di
fabbricabilità – restando ultrattivo quello attribuito dal P.R.G. vigente al momento
dell’approvazione del Piano attuativo – tenuto conto che l’area de qua è inserita attualmente
negli “Ambiti edilizi a prevalente destinazione produttiva” cui il Piano delle regole vigente
riserva una specifica disciplina, ivi compresi gli indici e parametri urbanisticamente rilevanti
(artt. da 34 a 37, “indice di fabbricabilità”: all. 10 al ricorso e all. 15 e 16 del Comune).
        4.2. Da quanto evidenziato discende l’accoglimento delle suesposta doglianza.
        5. Con la terza censura si assume l’illegittimità delle richieste integrazioni istruttorie
comunali, in violazione del divieto di aggravamento del procedimento e delle prescrizioni in
materia di contenimento del consumo energetico.
        5.1. La doglianza è complessivamente fondata.
        Tra le carenze documentali riscontrate in sede procedimentale sono state ricomprese
anche lo “svolgimento analitico dei calcoli per la determinazione della slp (…), quale risulta
definita dall’art. 4.2.1 delle Norme Tecniche del P.R.G. previgente …”, la relazione tecnica di
cui all’art. 28 della legge n. 10 del 1991 sul contenimento del consumo energetico degli
edifici e il progetto dei nuovi impianti da realizzare ai sensi dell’art. 11 del D.M. del Ministero
dello Sviluppo Economico n. 37 del 22 gennaio 2008 (preavviso di rigetto: all. 2 al ricorso).
Tuttavia si tratta di documenti in parte non pertinenti, per quanto evidenziato in precedenza,
e in parte non richiesti nella fase di rilascio del permesso di costruire, ma in una fase
successiva (con riguardo alla documentazione sul consumo energetico, cfr. T.A.R. Lombardia,
Milano, II, 18 dicembre 2020, n. 2545).
        In ogni caso, dovendo gli Uffici comunali rivalutare la richiesta della ricorrente sulla
base della disciplina pianificatoria attualmente vigente (P.G.T. del 2014), la documentazione
da allegare alla pratica dovrà essere rapportata a tali rinnovati presupposti e pertinente
rispetto ad essi.
        5.2. Ciò determina l’accoglimento della scrutinata censura.
        6. In relazione alle suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto, con il
conseguente annullamento del provvedimento Rif. n. 26843/012/DC/2019 – DL/gn del 9
settembre 2019, con il quale il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Desio ha respinto la
domanda di permesso di costruire presentata in data 12 giugno 2019 dalla ricorrente.
        7. Le spese di giudizio, avuto riguardo alle peculiarità della controversia, possono
essere compensate tra le parti, fatto salvo il rimborso del contributo unificato in favore della
ricorrente da porre a carico del Comune di Desio.

      P.Q.M.

        Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla
l’atto con lo stesso ricorso impugnato.
        Spese compensate, fatta salva la rifusione del contributo unificato in favore della
ricorrente e a carico del Comune di Desio.
        Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
        Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 4 maggio 2021, tenutasi mediante
collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto
legge n. 137 del 2020, convertito in legge n. 176 del 2020, come modificato dall’art. 6,
comma 1, lettera e, del decreto legge n. 44 del 2021, con l’intervento dei magistrati:
    Italo Caso, Presidente
    Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
    Laura Patelli, Referendario
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