Il caso Fiat: "Made in Italy" o "burden on Italy"? - Tesina di politica economica Prof Luca Stanca Anno accad. 2002-2003
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Il caso Fiat: “Made in Italy” o “burden on Italy”? Tesina di politica economica Milani Giovanni Prof Luca Stanca Matr. 029780 Anno accad. 2002-2003 1
La Fiat, la più grande impresa italiana sta attraversando in questi mesi una grave situazione di crisi, forse la peggiore di tutta la sua storia. La crisi dell’auto italiana appare abbastanza singolare: si manifesta mentre la Peugeot non riesce a soddisfare le richieste dei concessionari, la Renault va benissimo e ha metabolizzato in poco tempo l’acquisizione della Nissan e in maniera altrettanto favorevole si sviluppano la Volkswagen, la Mercedes, la BMW, la Toyota e la Honda. Dal grafico (Figura 1) si nota che è sostanzialmente precipitata la posizione relativa di Fiat rispetto ai principali concorrenti europei e non l’industria dell’auto in generale. Non si tratta dunque di una crisi di settore, legata all’andamento ciclico della domanda, ma di una crisi essenzialmente industriale, in particolare di prodotto e organizzativa che sta affliggendo la casa italiana. Il tutto ovviamente aggrava una situazione finanziaria già compromessa da investimenti sbagliati, al punto da renderla non più sostenibile (figura 2). É notizia di questi giorni che proprio per cercare di sanare tale situazione la Fiat ha raggiunto accordi per la cessione di quelli che erano considerati i gioielli del gruppo: la Toro attiva nelle assicurazioni e la Fidis nel settore dei finanziamenti al consumo. Quote di mercato in Europa 1990 20% 15,7% 15% 13,8% 12,7% 12,0% 11,8% 11,5% 10% 9,7% 5% 5,0% 3,5% 3,2% 0% Vw FIAT PSA GM JAP FORD RENAULT BMW ALTRI MERCEDES Quote di mercato in Europa 2001 20% 18,9% 15% 14,4% 11,1% 10,8% 10,6% 10,4% 10% 9,6% 6,4% 5% 4,2% 3,7% 0% VW PSA Ford GM Renault Jap FIAT D-C Altri BMW Figura 1 2
Figura 2 Indebitamento Gruppo FIAT Mlrd di lire 7000 6467 6000 60355844 5000 4000 4031 3000 2710 2000 1988 1340 1000 1049 1142 365 140 0 -16 -294 -1000 -1095 -1110 -1340 -1420 -2000 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 OO O1 6m O2 Una prima frettolosa analisi mi aveva indotto a pensare che la quota nel mercato europeo fosse così drasticamente peggiorata anche in seguito all’introduzione dell’euro: in effetti negli anni passati la cronica debolezza della lira rispetto ad altre valute europee ha senza dubbio favorito le esportazioni del made in Italy. In realtà nel grafico seguente questa tesi viene di fatto smentita poiché è evidente un peggioramento anche nel mercato interno Quota di mercato domestico 60 50 Italia 40 30 20 10 0 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Figura 3 3
Dunque è ormai assodato che si tratta di una crisi industriale, in particolare sono rintracciabili evidenti errori strategici nella politica gamma-prodotto, nella scelte organizzative e nei rapporti con i fornitori esterni. Potremmo scrivere decine di pagine per analizzare quali errori di strategia e di gestione siano stati probabilmente commessi, ma non è l’obiettivo di questa analisi Quello che ci interessa è individuare elementi di carattere economico e macroeconomico che anche se non sono la principale causa della crisi, quantomeno hanno svolto una azione di “disturbo” e contribuito alla situazione di emergenza in cui si trova oggi l’azienda Si possono distinguere alcune determinanti: 1. Un sistema paese meno efficiente rispetto a quello che caratterizza la maggior parte dei suoi competitors 2. Il mercato nazionale che per i costruttori resta una fondamentale leva competitiva, è meno “ricco” di quello dei concorrenti 3. La mancanza di concorrenti nazionali ha dato alla Fiat il MONOPOLIO della competenza sul settore e l’abitudine nei decenni passati di un benevolo e generoso intervento dello stato ad ogni necessità. 4. E stato perseguito un processo di diversificazione (figura 5) che ha portato il dirottamento degli investimenti verso nuovi settori a svantaggio del settore auto e in particolare della R&D( figura 4). 4
Le diverse politiche di investimento 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 1992 2000 2001 Fiat Psa Renault Figura 4 Il peso degli altri settori Macchine movimento terra(Cnh) Veicoli commerciali(Iveco) Ferrari Prodotti metallurgici Componentistica Sistemi di produzione Aviazione Assicurazioni Servizi Comunicazione Figura 5 5
5. In un settore come quello dell’auto in cui sono fondamentali economie di scala e sinergie, l’internazionalizzazione ha rappresentato probabilmente una passaggio obbligato. E’ stato adottato un modello di globalizzazione con tratti anche innovativi e coraggiosi come la decisione di produrre una World car: una automobile pensata proprio per i paesi in via di sviluppo e costruita in quegli stessi paesi con moderni e costosi impianti sul modello di fabbrica integrata sperimentata a Melfi. L’elevata esposizione in questi mercati emergenti è divenuta presto un problema e non è più stata sostenibile in seguito alle turbolenze economiche a cui sono stati soggetti negli ultimi anni. Requisiti critici per la globalizzazione nel settore auto: · Paesi dove il settore auto può operare in un contesto di elevato potenziale di sviluppo:_tasso di crescita economica _livello di motorizzazione _rischio paese politico-economico accettabile _Struttura concorrenziale debole · Paesi membri di un area di libero scambio · Paesi con politiche industriali particolarmente favorevoli _incentivi _presenza rete fornitori 6
Ecco un’analisi (nell’ottica di questi criteri) dei paesi in cui la Fiat ha effettuato ingenti investimenti. Attenzione però questa è solo un analisi ex ante!!! Ex post sappiamo che il verificarsi di crisi finanziarie ha falsato ogni previsione tramutando quelle che erano situazione di potenziale sviluppo nel fallimento completo della strategia provocando ingenti perdite per il gruppo 7
Quest’ultima tabella evidenzia che praticamente nessuno dei paesi prioritari per Fiat è stato risparmiato da drammatiche crisi Per fare un esempio le attività del gruppo in Argentina oggi sono letteralmente un cumulo di macerie; i veri numeri probabilmente non si sapranno mai ma come minimo, parlando solo dei costi diretti si possono approssimare per difetto a duemila miliardi di vecchie lire di perdite, tra investimenti iniziali (mille miliardi) e le perdite dei successivi 3 anni(altri mille). Ruolo dello stato Prendiamo ora in esame il ruolo che lo stato sta svolgendo in questa vicenda. Occorre ricordare che fino ad oggi lo stato è stato sempre pronto e generoso nel sostenere la Fiat in tutti i momenti di difficoltà, nell’ottica del: “quello che va bene per la Fiat va bene per l’Italia”. Così negli ultimi dieci anni non sono mancati gli aiuti alla casa torinese: Milano Finanza li ha calcolati in circa 10mila miliardi di vecchie lire. Per lo più sono stati elargiti seguendo una logica assistenziale al punto che talvolta sono risultati addirittura controproducenti. Anche oggi c’è chi auspica che il governo intervenga in modo molto deciso nella vicenda, qualcuno addirittura propone che lo stato entri direttamente nel capitale di Fiat. Oltre ad essere a mio parere antistorico questo intervento potrebbe non essere praticabile nell’ambito della disciplina che tutela la concorrenza nella comunità europea. Per evitare che aiuti di stato producano effetti distorsivi sulla concorrenza è possibile sostenere non una singola impresa ma l’intero mercato; così come si è fatto con gli eco-incentivi, che però hanno funzionato soprattutto per i concorrenti , i quali disponendo di modelli più nuovi ed appetibili hanno intascato circa il 75% dei fondi erogati. Per evitare procedure di infrazione della Commissione europea va dunque escluso un intervento ad hoc per la casa torinese. 8
Resta il fatto che il governo ha il dovere di intervenire perché l’impatto sull’occupazione di questa crisi sta portando a una situazione allarmante. Infatti se perdere ottomila posti di lavoro sembrava un dramma, in realtà pare che oggi ne siano in gioco 40mila. Ai poco più degli ottomila sostanziali “esuberi” dichiarati dalla Fiat, vanno aggiunti altri 32mila posti di lavoro che andrebbero persi nell’indotto. E non è ancora finita: l’Osservatorio sulla subfornitura ha rilevato che lavora per il settore automobilistico un quarto delle piccole e medie aziende fornitrici di grandi imprese, che nel complesso danno lavoro a oltre mezzo milione di persone. Insomma, la crisi della Fiat interessa altre 125mila famiglie che dipendono da piccole imprese e come vedremo sarebbero potenzialmente meno tutelate. Lo strumento di cui dispone il governo è quello degli ammortizzatori sociali che però nelle configurazioni attuali rischiano di produrre inefficienze o quantomeno delle iniquità. Il sostegno del reddito dei lavoratori in licenziamento non dovrebbe essere un aiuto alla Fiat o, peggio, ai suoi principali azionisti; i sussidi di disoccupazione dovrebbero essere effettivamente l’assicurazione collettiva contro il rischio individuale di perdita del posto di lavoro, indipendentemente dalla causa di questa perdita. É auspicabile però che gli ammortizzatori sociali oltre ad essere efficienti siano anche equi così da non discriminare tra le diverse categorie di lavoratori o ancora peggio da non discriminare in base al potere dell’impresa che di riflesso ne beneficerà. Ecco quali sono e come sono stati utilizzati gli ammortizzatori sociali per la crisi della Fiat: Gli ammortizzatori automatici · Gli 8100 lavoratori Fiat in esubero tra Arese, Cassino, Termini Imerese e Torino avranno diritto, tra Cassa Integrazione e mobilità, ad una retribuzione pari all’80 percento del loro ultimo stipendio (fino ad un massimo di circa 900 euro) per 24 mesi. 9
· Dopodiché, se con più di 40 anni, potranno fruire per un altro anno (due nel caso degli over-50) di un sussidio pari al sessanta per cento della loro ultima retribuzione. · Per i lavoratori meridionali, esiste anche la possibilità di estendere la durata del sussidio di altri 12 mesi. Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria Riferimenti D.Lgs.Lgt. 788/1945. normativi Legge 164/1975. Ambito territoriale Intero territorio nazionale. Soggetti Operai, impiegati e quadri delle imprese industriali in genere. interessati Presupposto Sospensione o riduzione dell’attività produttiva a causa di: · situazioni aziendali dovute ad eventi temporanei e non dovute all’imprenditore o ai lavoratori; · situazioni temporanee di mercato. Importo 80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno. Durata massima · 13 settimane · più eventuali proroghe fino a 12 mesi; · in determinate aree territoriali il limite è elevato a 24 mesi. Alla fine di questo tortuoso percorso, il sistema sociale italiano non prevede altri ammortizzatori sociali automatici. Per i lavoratori in esubero, dunque, l’unica via di fuga dalla povertà sarebbe quella di riuscire a trovare un nuovo impiego. Non esiste da noi un reddito minimo garantito, un sistema che impedisca a chiunque di avere un reddito al di sotto di una soglia di povertà prestabilita, come avviene in tutti i paesi della UE ad eccezione di Grecia e Italia. 10
Gli ammortizzatori sociali discrezionali In Italia esiste, invece, un altro istituto, talmente costoso da essere accessibile solo da pochi, anzi pochissimi. Si chiama mobilità lunga; è uno strumento che segue solitamente l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria e garantisce ai lavoratori interessati la possibilità di essere sussidiati di fatto fino ala raggiungimento della pensione. In pratica si tratta a tutti gli effetti di un prepensionamento poiché se con la cassa integrazione c’è ancora la possibilità di reintegro, con la mobilità il lavoratore è da considerarsi licenziato a tutti gli effetti. Quali sono le condizioni per accedere alla mobilità lunga? Non è dato saperlo. Il nostro ordinamento, infatti, non le specifica. Le regole d’accesso vengono decise dal governo di volta in volta e dipendono esclusivamente da considerazioni di natura politica e sociale, il che innesta un gioco di ricatti incrociati fra governo e grandi imprese. Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria Riferimenti D.Lgs.Lgt. 788/1945; normativi Legge 1115/1968; Legge 164/1975, artt. 1-2; Legge 223/1991; Legge 236/1993. Ambito territoriale Intero territorio nazionale. Soggetti Operai, impiegati e quadri delle imprese industriali in genere. interessati Presupposto Sospensione dal lavoro o riduzione di orario ridotto a causa di: · crisi economiche settoriali o locali; · ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali; · procedure concorsuali che interessino l’azienda. Importo 80% della retribuzione totale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo mensile stabilito di anno in anno. Durata massima · 12 mesi per le crisi aziendali; · 24 mesi per la riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale; · 18 mesi per i casi di procedure esecutive concorsuali. 11
Indennità di mobilità Riferimenti normativi Legge 223/1991 Soggetti interessati · lavoratori collocati in mobilità dalla loro azienda a seguito di esaurimento della Cassa integrazione straordinaria; · lavoratori licenziati per riduzione di personale o trasformazione di attività o di lavoro; · lavoratori licenziati per cessazione dell’attività dell’azienda. Requisiti · iscrizione nelle liste di mobilità compilate dall’Ufficio Regionale del Lavoro; · anzianità aziendale complessiva di almeno 12 mesi; · 6 mesi di effettivo lavoro, comprese ferie, festività, infortuni. Importo · 100% del trattamento di cassa integrazione straordinaria percepito o che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente il licenziamento per i primi 12 mesi; · 80% del predetto importo per i periodi successivi; · in ogni caso l’indennità di mobilità non può superare un importo massimo mensile determinato di anno in anno. Durata massima · nel Centro-Nord 12, 24 o 36 mesi a seconda dell’età del lavoratore (fino a 39 anni; da 40 a 49; superiore a 50); · nel Mezzogiorno la durata è rispettivamente di 24, 36 e 48 mesi. Iniquità Certo, la posizione dei lavoratori Fiat, specialmente quelli meridionali, è tutt’altro che invidiabile, ma è bene sapere che lo stesso trattamento non è concesso ai lavoratori licenziati in altri settori e certamente non è concesso ai lavoratori licenziati dalle imprese più piccole coinvolte in questa stessa vicenda. Sembrerebbe quindi che il nostro stato sociale 12
discrimini a seconda della provenienza dei diversi disoccupati, come se esistessero disoccupati di seria A e disoccupati di serie B. Per i lavoratori in esubero dalle piccole imprese, non solo non è prevista la mobilità lunga, ma neanche quella “corta” e neppure la Cassa Integrazione Straordinaria. Per questi disoccupati di serie B, 6 mesi dopo il licenziamento, l’unico modo di evitare il rischio di povertà consiste nel trovare un nuovo lavoro. Chi sbaglia paga...??? Vi sono poi altre iniquità che pur non riguardando direttamente gli ammortizzatori sociali, appaiono ugualmente clamorose. E’ fuori di dubbio che la crisi attuale abbia radici in errori del management. Eppure l’ex amministratore delegato della Fiat, Paolo Cantarella, ha ricevuto una liquidazione pari a 20 milioni di euro, un valore pari a 4 mesi di stipendio per i 1.800 lavoratori di Termini Imerese messi in esubero. Fonti attendibili valutano la liquidazione di Cesare Romiti ben al di sopra dei 100 milioni di euro, poco meno della metà del costo della mobilità lunga nello stabilimento siciliano. Questo è quello che si sa del managment, per quanto riguarda la proprietà o che dir si voglia l’azionista di riferimento ci sarebbe quantomeno da discutere su i meriti di 40 anni di storia industriale (che peraltro esistono) e le responsabilità della situazione odierna. Errori privati...costi pubblici Non sappiamo come e quando la trattativa sul destino di Fiat Auto si concluderà definitivamente. Ma una cosa sembra certa: alla fine lo Stato interverrà trasferendo, almeno in parte, gli oneri di un fallimento industriale dalle spalle del management e della proprietà a quelle dei contribuenti. Non lo farà per ragioni di strategia industriale: non è affatto ovvio che oggi l’Italia debba ancora puntare sull’auto, né che si debba fare a tutti i costi. Eppure lo Stato interverrà, pagando un prezzo 13
elevato e generando forti iniquità, perché non è politicamente e socialmente ragionevole affrontare una crisi di queste dimensioni affidandosi agli ammortizzatori sociali di cui disponiamo, alla luce anche del fatto che si pregiudicherebbe la credibilità della tanto sospirata riforma della pensioni: si potrà davvero allontanare l’età pensionabile per tutti tranne che per i lavoratori della Fiat ai quali di fatto sarà invece benevolmente avvicinata? BIBLIOGRAFIA Da seminario della facoltà di economia dell’Università di Urbino: “Crisi Fiat strategie di impresa e politica industriale” Vincenzo Comito “La crisi Fiat in una prospettiva storica” Andrea Gavosto “La strategia del gruppo Fiat negli anni novanta” Articoli tratti da Il sole 24ore Luigi Prosperetti “Lo stato non sbagli” Luca Paolazzi “Costi veri, falsi aiuti” Articoli tratti da rivista on line www.lavoce.info Tito boeri “Fiat, vizi privati e costi pubblici” Andrea Gavosto “La Fiat e la globalizzazione” 14
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