Colture cellulari in dispositivi microfluidici

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Colture cellulari in dispositivi microfluidici
Colture cellulari in dispositivi microfluidici

Relazione di:

           Giovanni Marco Zaccaria
           Matricola: 676687

Tutor Universitario:

           Prof. Gianfranco Beniamino Fiore

Tutor Aziendale:

           Ing. Matteo Moretti

Azienda:

           Istituto Ortopedico Galeazzi SPA

                Anno Accademico 2009-2010
Colture cellulari in dispositivi microfluidici
COLTURE CELLULARI
IN DISPOSITIVI MICROFLUIDICI
                                                    INDICE
                                                       1. SOMMARIO
                                                       2. KEYWORDS
                                                       3. BASE DI PARTENZA ED
                                                           OBIETTIVI
                                                       4. ATTIVITA’ SVOLTE
                                                       5. LABORATORIO DI CULTURE
                                                           CELLULARI
                                                       6. LABORATORIO DI
 fig.1 Dispositivo microfluidico costruito nel
 corso del tirocinio utilizzato durante una                MICROFLUIDICA
 cultura cellulare.
                                                       7. BIBLIOGRAFIA

     1.SOMMARIO

Il tirocinio proposto, è stato svolto presso l’Istituto Ortopedico Galeazzi nei laboratori
di ricerca in Ingegneria dei Tessuti. Fortemente interdisciplinare ed impegnativo, ha
permesso di apprendere i principi fondamentali di culture cellulari e parallelamente, di
affrontare uno studio sia sperimentale, mirato alla produzione di dispositivi microfluidici,
che teorico, tramite approfondite ricerche bibliografiche, sullo stato dell’arte raggiunto
nel campo della microfluidica. Successivamente le attività sono confluite, raggiungendo
gli obiettivi prefissati, nella realizzazione di culture cellulari in dispositivi microfluidici (fig.1)
(fig.2). Tali attività sono state precedute da un primo periodo, di grande valore formativo,
volto alla graduale introduzione ad un ambiente di lavoro articolato e complesso, come
può essere quello, di un moderno laboratorio di ricerca. Inoltre affiancare il lavoro di
ricercatori professionisti, è un’esperienza non secondaria in grado di fornire un
importante orientamento e spunto di riflessione sul proprio futuro professionale.

     2.KEYWORDS
[MICROFLUIDICA] [COLTURE CELLULARI] [BIOCHIP] [PDMS] [CONDROCITI]

[MICROFLUIDIC] [CELL COLTURE] [BIOCHIP] [PDMS] [CONDROCYTES]

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Colture cellulari in dispositivi microfluidici
3.BASE DI PARTENZA ED OBIETTIVI

Data la natura innovativa e sperimentale del tirocinio, l’esperienza si è configurata
come totalmente complementare a quanto appreso durante gli insegnamenti del triennio
del Corso di Laurea in Ing. Biomedica.

Eccezion fatta per fondamentali nozioni di biologia e di meccanica dei fluidi, ciò che del
background, si è rivelato più efficace, è stato la “forma mentis” propria dell’ingegneria. Si
è potuto così mettere in pratica, quanto appreso in modo puramente teorico, nel corso di
Ingegneria dei Tessuti; approfondendo e dotando di maggiore organicità, la conoscenza
previa, in particolare venendo a conoscenza di una notevole quantità di tecniche e
semantiche (nonché di materiali, sostanze e strumenti) di figure professionali legate
strettamente al campo della biologia e delle biotecnologie.

Infine essendosi rivelato il primo approccio al mondo della ricerca scientifica, si è
provveduto a colmare una serie di lacune metodologiche e formative, essenziali per
potersi muovere nell’ambiente di lavoro in sicurezza ed autonomia e per poter utilizzare
correttamente e provvedere alla manutenzione ordinaria, di attrezzature e
strumentazione proprie di un laboratorio di ricerca.

Obiettivo principale delle attività è stato quindi il raggiungimento di una formazione
teorico-pratica sulla microfluidica applicata alle colture cellulari, colmando gradualmente
le carenze di operatività in campo biologico, proprie di specifiche figure professionali o
comunque altamente specializzate e contemporaneamente, approfondendo lo studio
della microfluidica (fig.3).

                                   Fig.2 dettaglio di una semina realizzata in un biochip
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Colture cellulari in dispositivi microfluidici
4.ATTIVITA’ SVOLTE

                                       Colture cellulari in
                                     dispositivi microfluidici

                             Colture                              Dispositivi
                             cellulari                           microfluidici

Strumentazione, metodi e                                                         Strumentazione, metodi e
        materiali                                                                            materiali

        Lavorare                                                                            Preparare
      sotto cappa                                                                            il PDMS

Prelievo di cartilagine da                                                                 Produzione
         biopsie                                                                            di biochip

    Digestione della                                                                        Il bonding
       cartilagine

Espansione di condrociti                                                                Assemblaggio e
                                                                                         sterilizzazione

  La conta delle cellule                                                                     Sistema
                                                                                          di perfusione

      Tecniche di                                                                     Semina, adesione,
     congelamento                                                                           imagining.

                                         fig.3 In questo grafico vengono idealmente riassunte tutte le attività
          Pellet                         svolte. Esse si sviluppano lungo due tronconi convergenti
                                         all’obiettivo interdiscipilinare del tirocinio.

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Colture cellulari in dispositivi microfluidici
5.LABORATORIO DI COLTURE CELLULARI

5.1 IL PROBLEMA DELLA STERILITÀ

 L’ingresso indesiderato nel terreno di coltura di microrganismi è
dannoso: questi competono con le cellule in coltura (che
generalmente hanno ritmo di crescita inferiore) e possono
                                                                     Fig. 4 operatore al lavoro sotto cappa.
secernere sostanze tossiche, compromettendo la coltura.
Tipici contaminanti sono batteri, micoplasmi, lieviti, muffe. Al fine di mantenere la sterilità
per la coltura cellulare, il laboratorio di colture cellulari deve essere esclusivo: occorre
lavorare sotto cappe a flusso laminare (fig. 4), secondo precisi protocolli. Tutti i materiali
utilizzati per la manipolazione (pipette, falcon, flask, petri, ecc..) sono sterili e di norma
monouso. Inoltre si procede con la sterilizzazione dei materiali, per i ferri chirurgici si è
ricorsi ad autoclave (a calore umido, la sterilità è garantita a una temperatura inferiore
rispetto al secco), infine per le sostanze organiche, alla Filtrazione con filtri da 0.22 μm.

                                  La cappa a flusso laminare [1] (fig.5) è dotata di un
                                  ventilatore che aspira una certa portata di aria dal piano di
                                  lavoro, la filtra attraverso filtri assoluti e la invia
                                  nuovamente nella zona di lavoro. Per evitare che si
                                  formino vortici o zone di ricircolo il flusso di aria viene
                                  mantenuto in condizioni laminari e viene aspirata
                                  all’ingresso della cappa l’aria esterna verso il ventilatore. Il
                                  flusso laminare è un flusso d'aria unidirezionale formato da
                                  filetti d'aria sterili paralleli che si muovono alla medesima
                                  velocità in tutti i punti, così da creare una corrente d'aria
Fig. 5 Cappa a flusso laminare.    omogenea senza turbolenze. In un ambiente sterile così
ottenuto ogni contaminante libero nella zona di lavoro viene trascinato lontano da un fronte
di aria sterile. Infine è dotata di una zona di accesso frontale per il prelievo e
posizionamento di materiale, e di un piano di lavoro contenente scanalature in modo che
l’aria aspirata dal ventilatore possa essere rimessa in circolo.

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5.2 STRUMENTAZIONE, METODI E MATERIALI

                         I sistemi di coltura [1] in cui vengono processati i campioni e coltivate
                         le cellule sono le flask (T150, T75 e T25), in plastica trasparente
                         (fig.6) ed internamente sterili; inoltre possono avere un tappo
                         ventilato, cioè con un filtro che permette gli scambi gassosi e

Fig. 6 Rappresentazione di      contemporaneamente garantisce la sterilità della coltura.
due flask di dimensioni
                                Questi contenitori hanno solitamente una superficie inferiore liscia
differenti.
                                per permettere di osservare il preparato al microscopio. La
superficie inferiore di questi contenitori è solitamente trattata per esporre cariche
superficiali che favoriscono l’adesione delle cellule, ed il numero con le quali vengono
identificate, rappresenta l’area di tale superficie espressa in cm2 .
                                 L’incubatore a CO2 [1] è un’attrezzatura di precisione per il
                             mantenimento delle cellule in coltura (fig.7): è costituito da una
                             camera chiusa al cui interno sono ricreate, nei limiti del possibile, le
                             condizioni fisiologiche dei tessuti animali in cui le cellule vivevano
                             prima dell’isolamento.

  Fig. 7 Interno di un       I parametri che vanno tenuti sotto controllo sono:
  incubatore a CO2.

Temperatura: il controllo della temperatura (che deve essere mantenuta costante a
37°C) viene assicurato da un termostato che agisce su una resistenza; un sistema di
ventole per la circolazione forzata dell’aria garantisce che la temperatura sia
uniforme in tutti i punti della camera.

Concentrazione di CO2: l’aria atmosferica è miscelata con il 5% di CO2.

pH: deve essere di 7,4; dipende dal riequilibrio tra lo ione bicarbonato contenuto nel
terreno di coltura e la CO2.

Umidità: l’ambiente deve essere saturo; allo scopo nell’incubatore è presente un
vassoio di umidificazione contenente acqua.

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5.3 TECNICA DI PIPETTAGGIO

Le pipette (fig. 8) sono determinanti per la qualità del risultato analitico in
laboratorio, permettono misurazioni precise e riproducibili di liquidi, in sicurezza
e senza rischi di contaminazione.

 • Settare la pipetta sul volume da pipettare
 • Premere il pulsante di comando: il pistone elimina parte del volume morto
 • Immergere il puntale nel liquido da prelevare
                                                                                     Fig. 8 Schema di
 • Rilasciare la pressione sul pulsante di comando per consentire                    una micropipetta

 l’aspirazione del liquido
 • Sollevare il puntale dal liquido facendolo scorrere lungo la parete del recipiente ed
 appoggiare la punta del puntale contro la parete del recipiente ricevente
 • Premere il pulsante di comando fino al primo fermo; continuare la pressione fino al
 secondo fermo per far defluire i residui di liquido rimasti.
 • Premere l’espulsore per far staccare il puntale dalla micropipetta.

PUNTALI

I puntali sono una parte fondamentale del sistema di pipettaggio. I puntali con filtro hanno
lo scopo di bloccare e proteggere sia la micropipetta che il campione, evitando le cross-
contaminazioni. Devono essere conformi ai seguenti criteri:

 • Esenti da contaminazione biologica e chimica
 • Fabbricati in materiale resistente agli attacchi chimici
 • Puliti, esenti da polvere
 • Devono agganciarsi perfettamente alla punta della micropipetta
 • Devono essere stampati con superfici lisce e senza alcun difetto

                   FALCON: sono provette a fondo conico (fig.9)con capienza di 15 e 50 ml
                   utilizzate per riporre i reagenti liquidi e per la centrifugazione delle
                   sospensioni cellulari.

 Fig. 9 Provette falcon da
 50 e da 15 ml.

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5.4 SOSTANZE PIU’ UTILIZZATE

MEM (Minimum Essential Medium): è il terreno di coltura.

FBS (Siero Fetale Bovino): contiene numerosi fattori di crescita (non contenuti nel terreno
di coltura) utili per la
crescita delle cellule.

PBS (Phosphate buffered saline) è una soluzione salina che contiene cloruro di sodio,
sodio fosfato e potassio fosfato. Il tampone aiuta a mantenere costante il pH.
La concentrazione salina è la medesima del corpo umano (cioè è isotonica). Il PBS ha
molti usi soprattutto perché è isotonico e non tossico per le cellule, infatti è anche usato
come soluzione di lavaggio per le cellule. Può essere usato per diluire le sostanze.

TRIPSINA: enzima proteolitico che rompe i legami peptidici delle proteine extracellulari
che costituiscono il substrato su cui le cellule sono ancorate, nel nostro caso è stata
utilizzata, per staccare le cellule dalla plastica della flask: la temperatura ottimale per il suo
funzionamento è 37°C ma funziona anche a temperatura ambiente. In questo caso
occorre lasciar agire per un tempo più lungo.

TRYPAN BLUE: è un colorante usato durante la conta cellulare e che diffonde solo nelle
cellule la cui permeabilità di membrana è fortemente danneggiata, il che implica che le
cellule che appariranno colorate in blu sono cellule da considerare morte. Il Trypan Blue
ha effetto tossico, quindi va aggiunto solo poco prima di effettuare la conta con il
microscopio ottico.

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5.5 LA DIGESTIONE DELLA CARTILLAGINE

                                              Il materiale da cui vengono isolate e messe in coltura le
                                             cellule proviene solitamente da un organismo vivente
                                             [1]. Nel nostro caso, il materiale biologico è stato fornito
                                             da campioni di tessuti provenienti da pazienti prelevati in
                                             sterilità durante operazioni chirurgiche mirate alla
                                             rimozione e sostituzione con protesi, di teste femorali
                                             (fig. 10).

fig.10 Rappresentazione dell’estremità
superiore di un femore, si può notare la testa,
da cui originano le biopsie di cartilagine
utilizzate.

 Una volta prelevato il campione di tessuto si deve procedere a separarne le cellule dalla
matrice circostante. I processi di separazione sono di due tipi differenti: meccanico ed
enzimatico, eseguiti in sequenza. Per isolare le cellule si procedere a frammentare il
campione servendosi di un bisturi (fig. 11), ciò per evitare che la mancata ossigenazione
provochi la morte delle cellule. Con il processo di separazione enzimatica la digestione
dell’ECM viene effettuata con un apposito enzima, la collagenase, che demolendo la
matrice extracellulare e le giunzioni intercellulari che mantengono unite le cellule, permette
di disperdere le singole cellule nella soluzione. È necessario bloccare il processo di
digestione dopo 22h, per evitare che gli enzimi danneggino anche le cellule.

 La sospensione cellulare omogenea così ottenuta è messa in “coltura”, cioè viene
trasferita in contenitori appositi contenenti miscele di sostanze inorganiche ed organiche
necessarie al sostentamento delle cellule.

                              fig.11 Bisturi a lama monouso, la lama si inserisce fino ad uno scatto che ne
                              segnala il corretto posizionamento. Il corpo bisturi a fine lavoro verrà sterilizzato.

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5.6 COLTURE PRIMARIE

 Una coltura primaria viene generata isolando cellule direttamente a partire da tessuti o
organi, le cellule isolate in questo modo riflettono meglio le attività biochimiche delle cellule
in vivo, tuttavia hanno una vita limitata e, per la realizzazione di progetti a lunga scadenza,
è necessario prevedere diversi isolamenti.

                           Una volta isolate da un tessuto, dalla sospensione cellulare ottenuta si
                          ottiene una coltura primaria. Le cellule della coltura primaria
                          aderiscono alla piastra e crescono fino a coprire tutta la superficie
                          disponibile, ossia fino a quando arrivano a confluenza. A questo punto
                          vengono rimosse dalla piastra (fig. 12) di coltura e sistemate in nuove
                          piastre a bassa densità allo scopo di ottenere colture secondarie.

fig.12 Operare all’interno di una flask richiede molta attenzione,
bisogna sempre inclinarla per evitare contaminazioni provenienti
dalla mano.

Da una fiasca contenente cellule a confluenza:
•    Scartare il terreno di coltura;
•    Lavare con PBS;
•    Aggiungere tripsina e lasciar agire la tripsina per circa 5 min a
       37°C in incubatore;
•    In questo tempo preparare un tubo contenente CM (fig. 13),
       riportando i dati della coltura;
•    Trascorsi i 5 minuti, verificare che le cellule si siano staccate;
                                                                            Fig. 13 Complete
       quindi prelevare le cellule, metterle nel tubo con CM e              Medium (CM)
       centrifugare;
                                                                            450ml Dulbecco’s
•    Scartare il sopranatante (sul fondo del tubo è visibile il pellet,     modified Eagle’s
       composto dalle cellule sedimentate);                                 medium (DMEM)
•    Aggiungere al sedimento CM in modo da risospendere le
                                                                            50ml Fetal bovine serum
       cellule, fino a raggiungere il volume desiderato.                    (FBS)
•    Prelevare un piccolo volume di sospensione cellulare per
                                                                            5 ml HEPES (1M):
       effettuare la conta delle cellule
•    Seminare in flask, il volume di sospensione cellulare da               5 ml Sodium pyruvate
       seminare dipende dalla superficie di crescita della fiasca e         solution

       dalla densità desiderata.                                            5 ml PSG

                                                            10
5.7 OSSERVAZIONE DI CELLULE AL MICROSCOPIO

                                La microscopia è una risorsa indispensabile per l’osservazione e
                                lo studio di campioni di natura diversa (fig. 13). Un uso tipico
                                della microscopia consiste nell’osservazione di cellule eucariote
                                che crescono adese alla superficie di coltura. Le cellule tenute in

fig.13 grazie all’ingrandimento su   queste condizioni sono in genere molto sottili e sono
di una cultura cellulare, possiamo   trasparenti alla luce. Per l’osservazione, vengono spesso
monitorarne l’adesione.
                                     utilizzate metodiche che permettono di superare questo
problema, aumentando il contrasto, attraverso l’uso di dispositivi capaci di generare
contrasto di fase o l’introduzione di coloranti che assorbono nello spettro del visibile.

                                In un microscopio ottico (fig. 14) la luce emessa da una lampada
                                a incandescenza viene concentrata, attraverso le lenti di un
                                condensatore, che focalizzano i raggi emessi sul piano del
                                campione. La luce che fuoriesce dal campione, utilizzando una
                                combinazione di due lenti, l’obiettivo e l’oculare, viene focalizzata
                                direttamente sull’occhio dell’osservatore, o su un sistema di
                                registrazione costituito da una pellicola fotosensibile o da una

                               telecamera. Per garantire la qualità dell’immagine è necessario
fig.14 microscopio ottico.
                               utilizzare lenti di buona qualità e una meccanica molto stabile,
che riduca le vibrazioni. In assenza di altre limitazioni, la massima risoluzione ottenibile
con un microscopio ottico è determinata dalla lunghezza d’onda della luce visibile, che
pone un limite teorico di 0.2 µm.

                                                     11
5.8 LA CONTA CELLULARE

                                   Per contare le cellule con la camera di Burker (fig. 15), si
                                   agita bene la sospensione cellulare usando una pipetta di
                                   plastica sterile, evitando la formazione di bolle e schiuma.
                                   Quindi si prelevano circa 0,2 ml di sospensione che
                                   vengono messi un una provetta Eppendorf non sterile.
 fig.15 Camera di Burker

A questo punto la provetta Eppendorf (fig. 16) viene portata fuori cappa
sterile e le cellule vengono contate. Per valutare la mortalità cellulare, le cellule
vengono colorate diluendo il campione 1:2 ( o anche 1:10 per campioni con elevata
densità cellulare) con soluzione di Trypan Blue al’1% in PBS. Si deve preparare la
diluizione con il Trypan Blue con precisione perché è necessario conoscere
esattamente il fattore di diluizione per risalire poi alla concentrazione di cellule
presente nel campione analizzato.                                              fig.16 Disegno di una
                                                                                  provetta Eppendorf

Procedimento:

   •   Controllare che la Burker sia pulita e montata correttamente
   •   Prelevare una piccola quantità del campione da contare e
       appoggiare la punta della pipetta contro il bordo del vetrino
       copri oggetto. Lasciare fuoriuscire una goccia del campione
                                                                              fig.17 Struttura di una
       che per capillarità si diffonderà nella camera di Burker.              camera di Burker

   •   Contare le cellule contenute nei quadrati (fig. 17) disposti lungo le diagonali della
       camera e farne la media.
   •   Per conoscere il numero di cellule presenti nella sospensione di partenza, applicare
       la seguente formula:

N° di cell. totali = Media * Fattore di camera* diluizione trypan blue * ml della sosp. iniziale

       Con fattore di camera = 10.000

                                                12
5.9 IL CONGELAMENTO

                                                 Portare avanti delle colture non necessarie e' un inutile
                                         spreco di tempo e di materiale, cioè di denaro. Inoltre continue
                                         espansioni portano ad aberrazioni genetiche e, specialmente
                                         nel caso di cellule normali, non trasformate, ad un
                                         invecchiamento della coltura, che può rispondere diversamente
                                         ai trattamenti e alle indagini degli studiosi, ed e' bene quindi
                                         avere degli stock conservati. Le cellule devono essere

fig.18 Dispositivi di protezione         congelate solo quando sono nella fase esponenziale di crescita
durante l’utilizzo di azoto liquido.     e quando sono in buona salute. E' inoltre importante controllare
attentamente che non vi siano contaminazioni. Per le cellule eucariote, il sistema preferito e' il
congelamento in azoto liquido, basato sul principio che le sole reazioni che avvengono a -
176° (temperatura dell'azoto liquido) sono le ionizzazioni dovute alla radiazione di fondo,
reazioni che peraltro sono piuttosto rare. Le reazioni enzimatiche cessano a -136°C circa.

NORME DI SICUREZZA : Prima di lavorare con l'azoto liquido, e' bene chiedere l'assistenza
di personale esperto. L'azoto liquido infatti causa bruciature dovute alla sua temperatura
estremamente bassa. ll materiale congelato e l'azoto liquido vanno manipolati indossando i
cosiddetti dispositivi di protezione individuali e cioè i guanti appositi (fig. 18) e la maschera di
protezione. Inoltre bisogna prestare attenzione all' l'azoto che può entrare nelle ampolle
congelate, e con il riscaldamento passa allo stato di vapore e quindi causare l'esplosione
delle ampolle stesse.

CRIOPROTETTIVO:                        Il congelamento deve mantenere elevata la vitalità cellulare per
tutto il periodo di congelamento. E' molto importante sia la velocità di congelamento che di
scongelamento. Per quanto riguarda il congelamento bisogna ricordare che il congelamento
rapido porta alla formazione di cristalli di ghiaccio all'interno della cellula, cristalli che, al
momento dello scongelamento, portano alla rottura della membrana plasmatica. Basse
velocità di congelamento portano invece alla deposizione di ghiaccio nell'ambiente
extracellulare, a condizione però che la concentrazione interna di soluti sia sufficientemente
alta da rendere la concentrazione dell'acqua intracellulare minore di quella extracellulare.
Questo processo viene di solito controllato aggiungendo al terreno di congelamento un
agente crioprotettivo permeabile, il dimetilsolfossido (DMSO).

                                                         13
Procedimento:

                                                  Le cellule devono essere tripsinizzate se sono
                                           adese, contate e centrifugate; le cellule aderenti
                                           vengono di solito congelate ad una concentrazione di
                                           circa 5 x 106 cell/ml. Il nostro protocollo prevede che
                                           le cellule siano centrifugate, venga scartato tutto il
                                           sopranatante e il pellet risospeso nel terreno da

fig.19 Criotubes pronti al congelamento.   congelamento, a questo punto si mescola bene la
sospensione cellulare e aliquote da 1 ml della sospensione cellulare vengono poste in
provette apposite dette criotubes (fig. 19), tutta la procedura va fatta in sterilità. I tappi dei
criotubes non devono essere chiusi stringendoli al massimo, dato che questo può causare
una distorsione della guarnizione e permettere l'entrata di azoto liquido nella provetta.
Dobbiamo tra l'altro ricordarci che l'azoto, anche se molto freddo, non e' sterile e l'entrata di
azoto nella provetta puo' essere molto pericolosa.

         Il congelamento ottimale viene effettuato a velocità costante nei vapori di azoto che si
formano nel criocontenitore: la velocità di raffreddamento dovrebbe essere di 1 °C/min, e
viene di solito ottenuta con un "tappo speciale" che permette di abbassare a velocità
costante i campioni nei vapori, costituito da una scatola di polistirolo espanso immersa in
                                            isopropanolo. Ogni scatola dovrebbe alloggiare 10-
                                            20 criotubes che devono rimanere in piedi per
                                            evitare che il materiale si congeli nel tappo (questo
                                            può essere pericoloso per le contaminazioni). La
                                            scatola viene chiusa ermeticamente e messa in un
                                            congelatore a -80°C (fig. 20). Le cellule in queste
                                            condizioni raggiungono la temperatura dei vapori
                                            dell'azoto liquido (-80°C) in circa 3 ore. A questo
                                            punto si mettono le cellule in azoto liquido. Sarebbe
                                            bene non lasciare a lungo le cellule a -80 °C.

  fig.20 Congelatore verticale a -80°C

                                                 14
SCONGELAMENTO

I criotubes devono essere prelevate dal contenitore di azoto con molta precauzione, lo
scongelamento deve essere fatto molto velocemente, quindi le ampolle vengono passate con
l'alcool al 70% e messe sotto cappa. Il contenuto della ampolla (1 ml) deve ora essere diluito
con 7 ml di terreno completo e centrifugato per rimuovere il terreno di congelamento. La
diluizione può essere un punto critico della procedura, dato che si può verificare un forte
shock osmotico al momento della diluizione con il terreno normale, per avere una diluizione
graduale si può aspirare la sospensione appena scongelata in una pipetta da 10 ml e di
prelevare con la stessa pipetta i 7 ml di terreno. Per non contaminare tutta la bottiglia di
terreno, i 7 ml da utilizzare verranno precedentemente messi in una provetta, eventualmente
la stessa provetta in cui poi centrifugheremo le cellule. Le cellule vengono centrifugate, il
sopranatante eliminato e le cellule risospese in 10 ml di terreno completo. Un campione
viene prelevato per contarlo e per valutarne la vitalità.

Le cellule vengono inoculate in fiasca ( o in altro contenitore) e dopo 24 ore la coltura viene
osservata al microscopio e se sono cellule sospese possiamo ricontarle. Se sono cellule
adese, dopo 24 ore devono essersi attaccate al substrato. Se le cellule non si sono attaccate
o sono tutte morte ovviamente si scartano e si deve procedere al controllo di altri criovials per
valutare se l'intero batch e' morto, il che indica che la procedura di congelamento e' stata
fatta in modo sbagliato.

       Le diverse linee cellulari manifestano una diversa capacità di ripresa dopo il
congelamento: in alcuni casi si ha un'altissima mortalità e le cellule hanno bisogno anche di
3-4 giorni per riprendersi completamente, altre cellule si riprendono immediata mente.

                                                15
5.10 PELLET

I condrociti in cultura convenzionale (bidimensionale) possiedono un fenotipo altamente
                            instabile. In quanto in cultura bidimensionale, i condrociti subiscono
                            una dedifferenziazione , trasformandosi in fibroblasti secernendo
                            collagene di tipo I nella matrice, ma perdendo l'espressione sia di
                            collagene di tipo II che delle core protein (aggrecano). La densità
                            cellulare è uno dei requisiti critici per stabilizzare il fenotipo dei
                            condrociti. Quando i condrociti sono coltivati ad alta densità (105 cm-2)
                            in flask di cultura, il loro fenotipo non cambia.

 fig.21 Eppendorf contenente
 un pellet realizzato durante il
 tirocinio.

Le cellule quindi vengono spesso coltivate ad alta densità per promuovere la
differenziazione condrogenica e mantenerne il fenotipo, compattando i condrociti in una
micromassa sferica, il pellet [3]. Tale sistema di cultura pellet (fig. 21) permette la crescita
dei condrociti in ambiente tridimensionale (senza ricorrere a scaffold), che determina il
mantenimento delle caratteristiche di cellule differenziate come nella cartilagine in vivo,
consentendo un mantenimento in coltura per periodi di tempo superiori a quanto è
possibile per i condrociti in monostrato, che iniziano in 7-8 giorni un processo di
differenziamento.

                                                      16
6.LABORATORIO DI MICROFLUIDICA

L’uso dei dispositivi microfluidici [4] per la ricerca biomedica ha una serie di vantaggi
significativi. Primo, il volume di fluidi all’interno di questi canali è estremamente ridotto,
solitamente nell’ambito dei microlitri. Ciò è di particolare importanza per un utilizzo
efficiente di reagenti costosi.
Questi dispositivi rendono inoltre possibile eseguire l’analisi in meno tempo e con
velocità di trasferimento superiori grazie alla riduzione delle distanze.
Inoltre, durante l’esecuzione di più dosaggi in parallelo, ciascun processo di un dosaggio
può essere manipolato passo per passo tramite il controllo di un computer, consentendo
di lavorare con maggiore efficacia. Tale accuratezza poi, combinata con rese superiori,
determina una riduzione degli scarti. I risvolti positivi di questo elemento non consistono
nella sola riduzione dei costi ma anche nella salvaguardia dell’ ambiente, poiché si tratta
spesso di sostanze chimiche dannose. Inoltre, le tecniche di fabbricazione utilizzate per
la costruzione dei dispositivi microfluidici sono relativamente economiche ed adattabili
alla realizzazione di dispositivi estremamente elaborati ed in multiplex, oltre che alla
produzione di massa.

I circuiti microfludici sono caratterizzati dalla presenza di canali che hanno dimensioni che
vanno da pochi micrometri alle centinaia di micrometri. Questi sistemi miniaturizzati
possono essere costruiti partendo da vari materiali quali vetro e polimeri.

                             Il flusso di liquidi nei microcanali non è influenzato dalla forza di
                             gravità, ma da processi di capillarità ovvero dalle interazioni
                             specifiche del fluido con la superficie dei canali. In questi sistemi si
                             ha in genere un flusso laminare, che non porta ad un efficace
                             mescolamento di flussi provenienti da canali diversi.

 fig.22 Rappresentazione di un flusso
 turbolento e di uno laminare

                                                   17
6.1 IL PDMS

                                     I dispositivi impiegati nell’ambito della microfluidica vengono
                                     spesso prodotti utilizzando due polimeri: PDMS (fig. 23)
                                     (polydimethylsiloxane) e PMMA (polymethylmethacrylate o

fig.23 Struttura chimica del PDMS.   plexiglass). Nel corso del tirocinio si è ricorsi al PDMS [2][5],
                                     che risulta essere un materiale non solo inerte e non
  tossico, ma anche biocompatibile. Inoltre è dotato di una notevole resistenza al calore,
  agli attacchi chimici, all'ossidazione, è permeabile ai gas, è un ottimo isolante elettrico e
  resistente all’invecchiamento; in più è otticamente trasparente sotto i 230 nm (e quindi
  compatibile con la maggior parte dei metodi ottici di indagine)
   Questo polimero inoltre non si lega né al vetro, né al metallo, né alla plastica in fase di
  solidificazione, ma conserva maggiore aderenza sulle superfici lisce una volta solidificato,
  ed è grazie a quest’ultima proprietà che il PDMS ha conosciuto questo grande successo,
  infatti risulta estremamente semplice legare il dispositivo prodotto ad altre superfici. Nello
  sviluppo di saggi, più soluzioni progettuali potrebbero esser prese in considerazione, la
  facilità e la rapidità di prototipazione di dispositivi in PDMS rappresenta un grande punto
  a favore per questo materiale. Tutte queste proprietà lo hanno reso negli anni il polimero
  più utilizzato nel campo della microfluidica.

  Per preparare il PDMS bisogna miscelare due componenti allo stato liquido: la base, il
  Sylgard 184 silicone, in rapporto di 10:1 con il curing agent. La miscela verrà poi messa
  in un contenitore sottovuoto per rimuovere qualunque bolla d’aria presente, a questo
  punto sarà pronta per essere utilizzata.

                                                     18
Procedimento [6]:

Completare tutti i processi sotto cappa chimica

Miscela e degas di PDMS:

-      Silicone di partenza è molto appiccicoso.
                                                               fig.24 dettaglio sul processo di
Fermare con un pezzo di nastro adesivo, un foglio di           preparazione di PDMS.
alluminio all’interno della cappa chimica sufficiente a
coprire tutto lo spazio di lavoro. Proteggere con un foglio di alluminio anche la bilancia.

-      Mettere un bicchiere di plastica pulito, sopra la bilancia e tararla.

-      Usando un cucchiaio di plastica dispensare la base del prepolimero e con una
pipetta il curing agent, in rapporto di 10:1 (agente di base:curing). Aggiungere prima la
base (fig. 24), il volume della base dovrà essere pressocché uguale al volume totale.
Aggiungere quindi il curing agent con la pipetta. Mescolare bene col cucchiaio (finché la
mistura diventa biancastra a causa delle bolle di aria).

-      Mettere il bicchiere con la mistura di PDMS nell'essiccatoio ed accendere la pompa
a vuoto. Stare attenti che la mistura di PDMS non esca fuori del contenitore al momento
dell’immissione di aria. Un trucco consiste nell’aspettare che le grandi bolle arrivino in
superficie, quindi aprire il foro e immettere rapidamente aria per scoppiare le bolle.
Mantenere la mistura sotto vuoto finché non resta più nessuna bolla.

                                               19
6.2 PRODUZIONE DI BIOCHIP

Il processo di produzione dei dispositivi microfluidici consiste nella modellazione del
PDMS [5][6] attraverso il master mold in modo da ottenere una copia in negativo del
master.
Il pre-prolimero viene depositato sul master mold e riscaldato per circa 2 ore a 70 C°
così da favorirne la solidificazione. A questo punto si rimuove il dispositivo in PDMS dal
master. Si procede, dunque, alla creazione dei fori (punch) per la connessione del
circuito idraulico con l’esterno.

Procedimento:

-     Prestando la dovuta attenzione versare il PDMS precedentemente preparato nel
master mold, messo su un foglio di alluminio.

-    Cercare di minimizzare l’introduzione di bolle, mettere quindi sotto vuoto fino alla
scomparsa di tutte le bolle d’aria.

Solidificazione del PDMS:

-      PDMS solidificherà senza cottura in ~ 24 ore.

-     Per velocizzare tale tempo, mettere il Master
Mold sopra l'appoggio di resina e poi in forno (fig. 25) a
70°C per ~ 2 ore (dipende dello strato di PDMS).

-      Dopo la solidificazione, il dispositivo in PDMS è
stabile e può essere immagazzinato per mesi se
necessario.

-      Servendosi di una spatola d’acciaio, facendo molta        fig.25 forno utilizzato al fine di
attenzione a non graffiare il Master Mold, si tiri via il        accelerare la solidificazione del
PDMS.                                                            PDMS.

-      Coprire con del nastro adesivo le superfici maggiori del dispositivo.

-      Metta il dispositivo in una Petri, poi fissarlo con sufficiente nastro adesivo, per
poterlo prendere facilmente.

                                               20
6.3 BONDING

                                     Il PDMS può essere legato in maniera irreversibile a vetro,
                                     silicio o PDMS stesso [7]. Esponendo il PDMS ad un plasma
                                     (fig. 26), la superficie del PDMS diviene idrofila e reattiva,
                                     dando luogo a bonding irreversibile quando entra in contatto
                                     con vetro, silicio, o un altro pezzo di PDMS che sono stati
fig.26 Caratteristica luce violetta emessa       messi in mostra allo stesso plasma. Nel nostro
durante la funzionalizzazione delle superfici.
                                                 caso, si è fatto uso di vetrini polilisinati (fig. 27).
Questo step, e tutto il processo produttivo, termina con il bonding delle due parti
funzionalizzate.

                      Il dispositivo viene trattato con plasma a bassa energia (un processo che
                      forma legami covalenti O-Si-O), lo stesso trattamento viene effettuato sul
                      vetrino che farà da base del dispositivo. La funzionalizzazione delle due
                      facce favorirà l’adesione. Il PDMS è piuttosto idrofobico, possiede una
                      bassa energia superficiale che rende il materiale non reattivo, rendendo

  fig.27 Vetrini utilizzati
                              difficile qualunque collegamento con le altre superfici. Questo
  nell’assemblaggio dei       contatto dovrebbe avvenire immediatamente perché il PDMS dopo
  biochip.
                              poco, ritornerà al suo stato idrofobico.

                                                       21
6.4 ASSEMBLAGGIO E STERILIZZAZIONE

                              Fig. 28      Cannule opportunamente sagomate,
                                           costituiscono i connettori del dispositivo. (fig. 28)

                                           A garanzia del corretto funzionamento, prima
                                           dell’assemblaggio si procede a testare connettori
                                           e tuberia con acqua doppiamente distillata.

                              Fig. 29      I biochip assemblati verranno quindi portati sotto
                                           cappa chimica e sterilizzati con etanolo al 70% e
                                           risciacquati con soluzione PBS sterile. Infine
                                           verranno pretrattati con complete medium al fine
                                           di creare un ambiente favorevole alla coltura
                                           cellulare. Si lasciano quindi overnight in
                                           incubatore. (fig. 29)

                                                                                      Fig.30
 Per proteggere da contaminazioni, si coprono i connettori
          con un filtro a siringa per ogni ingresso (fig. 30).

                              Fig.31
                                           Si procederà alla semina collegando ad una
                                           pompa a doppia siringa, le due entrate con i
                                           connettori più lunghi. Il terzo connettore invece
                                           farà da reservoir, ossia il campione verrà iniettato
                                           nel tappo e facendo lavorare la pompa in
                                           aspirazione, entrerà all’interno del biochip (da qui
                                           la brevità del tubo rispetto agli altri). (fig. 31)

                                                                                      Fig.32
   A fine semina tutti i tubi verranno chiusi (“clampati”) per
     evitare contaminazioni e per offrire ulteriore sostegno
                           strutturale ai filtri a siringa.(fig. 32)

                                              22
6.5 IL SISTEMA DI PERFUSIONE MICROFLUIDICO

 I piccoli volumi di campione usati nei biochip, l’erogazione di precisione delle soluzioni
richieste nei siti di reazione, la miscelazione di liquidi differenti, la creazione di gradienti
di concentrazione dei reagenti, il controllo della posizione dei campioni biologici, il loro
trasporto e la loro manipolazione sono tutti elementi che richiedono la presenza di un
accurato sistema di perfusione.

 Comparando i valori tipici, dei vari sistemi di perfusione presenti in letteratura, si è giunti
ai seguenti, ma non sono esplicitamente limitati, intervalli:

    •    Volumi ridotti: da 5 nL a 100 uL
    •    Bassa velocità di flusso volumetrico: da 100pL/min a 10 uL /min
    •    Stress di trazione corrispondente: da 10-2 dyne/cm2 a 10 dyne/cm2
    •    Controllo della velocità e direzione di pompaggio: da 10 um/s a 1 cm/s .

                                       Solitamente vengono usati vari assemblaggi di pompe
                                       a spostamento positivo, incluse le pompe a siringa (fig.
                                       33), ad infusione per pressione positiva e peristaltiche,
                                       molti sistemi convenzionali però, lavorano ancora con
                                       volumi notevolmente superiori di liquido, e di
                         conseguenza non possono fornire l’ accuratezza o, in alcuni casi, la
fig.33 pompa a siringa
                         velocità di pompaggio adeguata all’instaurazione del flusso nelle
strutture dei biochip con canali dal diametro compreso fra 5 e 100 um. Attualmente sono
in uso pompe a siringa capaci di instaurare una velocità di microflusso volumetrico
preciso e riproducibile nell’ ordine di 0,1 – 1 uL al minuto. Uno dei principali obiettivi è
ottenere un flusso continuo non pulsato, infatti la pressione del fluido nella pompa a
siringa cambia durante il pompaggio, solitamente controllato da un motore passo-passo.
Ciò determina un’onda pressoria che altera la velocità del flusso volumetrico e di
conseguenza, di rendere relativamente inefficienti le portate di fluido dell’ordine dei
nanolitri per minuto, tale infatti è la velocità richiesta per trasportare i liquidi all’interno
delle strutture microfluidiche dei biochip.

                                                 23
6.6 IMAGINING FINALE

                              Fig.34                                     Fig.35

     Cellule adese all’interno del              Dettaglio del foro praticato
     biochip (fig. 34).                         con il punch (fig. 35).

.

                              Fig.36                                     Fig.37

    Problematica 1: ammassi                 Problematica 2: bolle d’aria
    cellulari (fig. 36).                    (fig. 37).
                                            .

                                       24
7.BIBLIOGRAFIA

[1] Mantero S., Remuzzi A., Raimondi M.T. e Ahluwalia A. Fondamenti di Ingegneria dei
Tessuti per la Medicina Rigenerativa. Pàtron Editore, Bologna, 2009

[2] M.C. Tanzi "Fondamenti di Bioingegneria Chimica: non solo biomateriali" Pitagora
Editrice, Bologna, 2006.

[3] Zijun Zhang, J. Michael McCaffery, Richard G. S. Spencer, Clair A. Francomano
Hyaline cartilage engineered by chondrocytes in pellet culture: histological,
immunohistochemical and ultrastructural analysis in comparison with cartilage
explants

[4] F. Menolascina and C. Ciminelli, Microfluidica: Teoria ed Applicazioni

[5] Samuel K. Sia George M. Whitesides, Microfluidic devices fabricated in
poly(dimethylsiloxane) for biological studies

[6] Robert White, Polydimethylsiloxane (PDMS) on SU-8 Mold SOP

[7] Robert White, PDMS-Glass Bonding via Oxygen Plasma SOP

                                            25
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