Lunedìcinemacineforum - PROGRAMMA 2018|19 ARCO|RIVA DEL GARDA - La storia dItalia in pellicola - Garda Trentino

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Lunedìcinemacineforum - PROGRAMMA 2018|19 ARCO|RIVA DEL GARDA - La storia dItalia in pellicola - Garda Trentino
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PROGRAMMA 2018|19 ARCO|RIVA DEL GARDA

                 La storia dItalia in pellicola
Lunedìcinemacineforum - PROGRAMMA 2018|19 ARCO|RIVA DEL GARDA - La storia dItalia in pellicola - Garda Trentino
Inizio proiezioni ore 21.00

Riva del Garda - Auditorium del Conservatorio
Arco - Palazzo dei Panni

Il programma può subire variazioni

Ingresso con tessera FIC
(tranne le prime due proiezioni in Biblioteca)
Euro 12,00 valida per l’intera stagione
Euro 5,00 per gli studenti fino ai 25 anni
                                                 CENTRO CULTURALE LA FIRMA | CINEMA
Per informazioni:                                                                   0
Comune di Riva del Garda                                                 PRESIDENTE
U.O. Attività culturali, Sport e Turismo                                   Anna Caser
                                                                                    0
Tel. 0464 573918                                                DIRETTORE ARTISTICO
www.comune.rivadelgarda.tn.it                                         Ludovico Maillet
                                                                                    0
Comune di Arco                                                     AMMINISTRAZIONE
                                                                      Gabriele Gobbini
Servizio Attività Culturali                                                         0
Tel. 0464 583619                                                     COMUNICAZIONE
www.comune.arco.tn.it                                              Franco Delli Guanti
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C I N E M A

   centro culturale riva del garda

    Comune di Arco

Comune di Riva del Garda
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Carissimi,

eccoci nuovamente arrivati al nostro appuntamento con il cineforum autunnale...!

Sapete oramai da anni che secondo me non esistono «vecchi film» ma soltanto «film vecchi»: i film vecchi sono quelli che
hanno perso la loro capacità di dire qualcosa su di noi e sulla nostra storia anche se magari sono stati fatti anche l'altro ieri.
Finché un film, al contrario, mantiene intatta questa capacità di arrivare fino a noi attraverso le epoche e di dirci qualcosa di
significativo, non invecchierà mai.

Qualche mese fa ho letto un libro di un bravissimo critico cinematografico (e attuale conduttore della trasmissione radiofoni-
ca «Hollywood Party»), Alberto Crespi, intitolato «Storia d'Italia in 15 film» che mi ha colpito molto: l'autore ripercorre la
nostra storia nazionale attraverso 15 film emblematici che hanno segnato la nostra storia. La sorpresa è stata grande nel
constatare che questi film non erano 15 film d'autore che la critica «ufficiale» avrebbe inserito in un’eventuale lista dei migliori
film italiani («Roma città aperta», «Senso», «L'avventura», «La dolce vita», ecc.), ma erano film che potremo definire
«popolari» e che avevano però segnato un periodo importante della storia d'Italia, lo avevano accompagnato e rappresentato.
Per farvi un esempio: a rappresentare la Resistenza, periodo così emblematico e fecondo del nostro cinema, non c'era «Paisà»
di Roberto Rossellini o qualche altro film neorealista, bensì «Se sei vivo spara» di Giulio Questi che trasfigurava la Resistenza
nel western all'italiana.
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Questo modo di procedere mi è piaciuto molto e ho pensato che sarebbe stato bello mostrarvi in ordine cronologico - o quasi
- questi 15 film (arrivati poi a 18 per coprire tutte le date del nostro cineforum).

Come dice molto bene Crespi «I film raccontano sempre due epoche. Una è quella in cui sono ambientati, il contesto storico
in cui si dipana la trama. L'altra è quella in cui vengono realizzati. A volte le epoche coincidono, nei film di ambientazione
contemporanea».

Tra i film scelti da Alberto Crespi c'è il meraviglioso kolossal muto «Cabiria» di Giovanni Pastrone: per mostrarvi questo film
abbiamo in progetto un evento molto speciale con l'accompagnamento dal vivo che speriamo di riuscire a portare in porto per
l'estate prossima.

Intanto godetevi questa nostra storia d'Italia attraverso alcuni dei film italiani più divertenti di sempre...

Buona visione

Ludovico Maillet
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Data da definire
EVENTO SPECIALE
con ALBERTO CRESPI
autore del libro
«Storia d’Italia in 15 film»

              Primavera/estate 2019
               EVENTO SPECIALE
                    CABIRIA
              di Giovanni Pastrone e
                Gabriele D’Annunzio
                      edizione con
          orchestra e coro dal vivo
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RIVA DEL GARDA - Biblioteca Civica - Aspettando il Cineforum... «Liberi da Dentro»
   8 ottobre   Mery per sempre (1989) di Marco Risi
  15 ottobre   Cesare deve morire (2012) di Paolo e Vittorio Taviani
  22 ottobre   Il più grande sogno (2016) di Michele Vannucci

               RIVA DEL GARDA
  29 ottobre   1860 (1934) di Alessandro Blasetti
05 novembre    La grande guerra (1959) di Mario Monicelli
12 novembre    Amarcord (1973) di Federico Fellini

               ARCO
19 novembre    Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini
26 novembre    Se sei vivo spara (1967) di Giulio Questi
 3 dicembre    C'eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola

               RIVA DEL GARDA
  7 gennaio    Don Camillo (1952) di Julien Duvivier
 14 gennaio    Il sorpasso (1962) di Dino Risi
 21 gennaio    La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa! (1977) di Sergio Sollima
 28 gennaio    Il mafioso (1962) di Alberto Lattuada

               ARCO
  4 febbraio   Faccia a faccia (1967) di Sergio Sollima
 11 febbraio   Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri
 18 febbraio   Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini
 25 febbraio   E voi che film aggiungereste? (film scelto dal pubblico)

               RIVA DEL GARDA
    4 marzo    Il caimano (2006) di Nanni Moretti
   11 marzo    Diaz (2012) di Daniele Vicari
   18 marzo    Gomorra (2008) di Matteo Garrone
   25 marzo    Nell'anno del Signore (1969) di Luigi Magni
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Mery per sempre

Nel carcere minorile Malaspina si intrecciano le storie di tanti ragazzi. Il film ci parla delle loro vite con estrema durezza e sincerità non
risparmiandosi neanche nei dettagli più intimi. In alcuni momenti si trascende troppo nella volgarità, sebbene il linguaggio sia coerente con i
protagonisti, alcuni dialoghi e scene vengono eccessivamente caricati di violenza fisica e verbale. Buona tuttavia la trama e discreta l'interpretazione
di Michele Placido,anche qui però, il buon professore eccede, talvolta in rassegnazione, talvolta negli scatti di buonismo in difesa della giustizia.
Giustizia che in questo film è assente, come è assente la speranza di un futuro migliore.
L'insegnante Marco Terzi, accetta l' incarico di docente in un carcere minorile palermitano. Dopo essere entrato a conoscenza delle drammatiche
storie di ognuno, tenterà inutilmente di ridare ai suoi ragazzi l' ormai perduta dignità, ma in compenso riceverà solo minacce di morte, spesso
accompagnate da azioni concrete da parte di questi ultimi. Quando uno dei suoi ragazzi viene ucciso in una rapina il rapporto tra Marco e i suoi alunni
diventerà molto più amichevole e solidale, decidendo di continuare l' insegnamento in quel carcere e annullando la richiesta di trasferimento. Da
ammirare la bravura di Marco Risi che riesce a trattare il tema della delinquenza minorile da tutti i punti di vista. Bella la sceneggiatura che non annoia
lo spettatore. Il film ha vinto l'Efebo d'oro nel 1989 come miglior regia e il Ciak d'oro nel 1990 come miglior film. Mery per sempre ha avuto anche un
seguito in Ragazzi fuori, del 1990, diretto ancora una volta da Marco Risi.

                    REGIA       Marco Risi
               INTERPRETI       Michele Placido, Claudio Amendola, Francesco Benigno, Alessandro Di Sanzo, Roberto Mariano
                  GENERE        Drammatico
                  DURATA        100'
                    ANNO        1989
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Cesare deve morire

Nel teatro all'interno del carcere romano di Rebibbia si conclude la rappresentazione del "Giulio Cesare" di Shakespeare. I detenuti/attori fanno rientro
nelle loro celle. Sei mesi prima: il direttore del carcere espone il progetto teatrale dell'anno ai detenuti che intendono partecipare. Seguono i provini
nel corso dei quali si chiede ad ogni aspirante attore di declinare le proprie generalità con due modalità emotive diverse. Completata la selezione si
procede con l'assegnazione dei ruoli chiedendo ad ognuno di imparare la parte nel proprio dialetto di origine. Progressivamente il "Giulio Cesare"
shakesperiano prende corpo. I fratelli Taviani erano certamente consapevoli delle numerose testimonianze, in gran parte documentaristiche, che
anche in Italia hanno mostrato a chi non ha mai messo piede in un carcere come il teatro rappresenti un strumento principe per il percorso di
reinserimento del detenuto. Questi uomini che mettono la loro faccia e anche la loro fedina penale (sovrascritta sullo schermo) in pubblico si
ritrovano, inizialmente in modo inconsapevole, a cercare e infine a trovare se stessi nelle parole del bardo divenute loro più vicine grazie all'uso
dell'espressione dialettale. Frasi scritte centinaia di anni fa incidono sul presente nel modo che Jan Kott attribuiva loro nel saggio del 1964 dal titolo
"Shakespeare nostro contemporaneo". Ogni detenuto 'sente' e dice le battute come se sgorgassero dal suo intimo così che (ad esempio) Giovanni
Arcuri è se stesso e Cesare al contempo e la presenza del regista Cavalli e dell'ex detenuto e ora attore Striano nel ruolo di Bruto non stonano nel
contesto. Ciò che purtroppo diventa dissonante (anche se non inficia alle radici il valore dell'operazione) è la pretesa di far 'dire di sé' ai detenuti. Nei
momenti in cui dovrebbero uscire dalla parte per rientrare in se stessi si avverte che è proprio allora che stanno recitando un copione che parla delle
loro tensioni o delle loro attese. La ricerca della verità nella finzione si trasforma in finzione che pretende di palesare delle verità. Non era necessario.
Shakespeare aveva già splendidamente ottenuto il risultato.

                    REGIA        Paolo e Vittorio Taviani
               INTERPRETI        Cosimo Rega, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti, Rosario Majorana, Francesco De Masi
                  GENERE         Docufiction
                  DURATA         77'
                    ANNO         2012
Il più grande sogno

Mirko è appena uscito di prigione. Alla soglia dei quarant'anni vuole ricominciare da capo, recuperando il rapporto con la compagna Vittoria e le
figlie Michelle e Crystel, ma non è facile: se Vittoria e Crystel lo accolgono con fiducia, Michelle lo guarda con diffidenza e ostilità. L'occasione per
rifarsi una vita sembra arrivare da un'improbabile candidatura: Mirko, a suo modo popolare nella borgata degradata in cui vive, viene eletto presidente
del comitato di quartiere, e si appresta a cambiare le circostanze non solo sue ma di tutti coloro che lo circondano. Ad affiancarlo è l'amico di sempre,
Boccione, prodotto dell'incuria e dell'incultura del suo ambiente ma dotato di buon cuore e buone intenzioni. Per entrambi il rischio del fallimento è
dietro l'angolo, come è vicino il pericolo di una ricaduta nel vecchio giro di malaffare. Riuscirà Mirko a trovare la sua strada e a costruirsi una nuova
identità? La figura cristica di Mirko (che ha sempre "pensato di morire a 33 anni") porta la croce del suo passato con la paura di non riuscire di chi "ce
sta a provà" ma teme la disillusione, e il quartiere segue la sua parabola: una periferia che Vannucci racconta attraverso inquadrature sovraffollate,
dove la nostra vista da spettatori è quasi sempre bloccata da ingombri fisici così come è ostruita (e spesso oscurata) la visione del futuro dei
personaggi che racconta, cui manca lo spazio vitale, prima ancora che l'apertura mentale, per immaginarsi un destino migliore. Il più grande sogno è
il film di esordio di Michele Vannucci - classe 1987, diplomato al Centro sperimentale di cinematografia - e mescola in egual misura coraggio
narrativo, talento registico e vezzi da scuola di cinema, scontando l'eredità visiva di alcuni suoi giovani predecessori, da Claudio Noce a Claudio
Giovannesi a Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.

                    REGIA       Michele Vannucci
               INTERPRETI       Mirko Frezza, Alessandro Borghi, Vittorio Viviani, Milena Mancini, Ivana Lotito
                  GENERE        Drammatico
                  DURATA        97'
                    ANNO        2016
1860

Questo film venne girato da Blasetti nel 1933 con l'impiego di molti interpreti non professionisti. Narra i giorni che precedettero la partenza da Quarto
di Garibaldi e delle sue camicie rosse e l'attesa spasmodica e sempre più difficile dei ribelli siciliani. Finalmente il generale sbarca a Marsala e batte
le truppe borboniche. Il nostro cinema va tecnicamente attrezzandosi, ma i presagi di un nostro stile sono assai rari, e le speranze migliori vanno
ancora una volta riposte nei giovani. Uno di questi ci dà oggi un buon film. S'ispira all'epopea dei Mille, la figura di Garibaldi appare soltanto per un
breve istante, ma la sua presenza sempre aleggia, o vorrebbe aleggiare. Era forse questa, fra le tante, la maggiore difficoltà: far sentire la presenza del
grande protagonista anziché farlo concretamente apparire, oleografia o cartellone scolastico. La liberazione della Sicilia. Un contadino, lasciando il
Sud dominato dai re borbonici, raggiunge a Genova le Camicie Rosse, sbarca e combatte nel suo paese con Garibaldi e i Mille. L'influenza sovietica è
evidente in questo film realizzato soprattutto in ambienti naturali e con una quantità d'attori non professionisti. È uno dei pochi di valore girati in Italia
negli anni '30. L'epopea garibaldina a cui il film si ispirava dava un certo slancio all'azione che finiva con una sequenza a gloria delle Camicie Nere
(soppressa dopo il 1945).

                    REGIA        Alessandro Blasetti
               INTERPRETI        Maria Denis, Gianfranco Giachetti, Otello Toso, Giuseppe Gulino, Aida Bellìa, Mario Ferrari
                  GENERE         Drammatico
                  DURATA         81'
                    ANNO         1934
La grande guerra

1916: Oreste Jacovacci, romano, e Giovanni Busacca, milanese, sono due scansafatiche furbastri e vigliacchetti. Dopo aver cercato invano di
imboscarsi si trovano arruolati e al fronte. Da quel momento vivono tutte le disgrazie di una guerra: il cibo pessimo, le marce forzate, il freddo, la
paura, qualche piccola distrazione militare, persino un'avventura con una prostituta (la vive il "milanese" Gassman). In una cosa i due sono sempre in
prima fila: nell'evitare le grane, piccole o grandi che siano. Riescono a farla franca tutte le volte, ma una notte si trovano per caso in una cascina che
viene presa dai nemici. Cercano di scappare travestendosi da austriaci, vengono catturati e proprio in virtù del travestimento potrebbero essere
fucilati. Il colonnello nemico promette che li salverà se riveleranno l'ubicazione di un certo ponte di barche sul Piave. I due conoscono l'informazione
delicatissima e decidono, per salvarsi, di parlare. Ma il colonnello dice la frase sbagliata e provoca nei due un incredibile rigurgito di orgoglio. È
Gassman il primo a reagire, con la famosa battuta, al colonnello: "... visto che parli così, mì a tì te disi propri un bel nient, faccia di merda...". E
muoiono da eroi, fucilati. Film importante ed esclusivo, irresistibile per quasi tutti gli aspetti: l'interpretazione di tutti gli attori, la ricerca iconografica,
la verità degli episodi e l'attendibilità storica. La sceneggiatura di Age, Scarpelli e dello stesso Monicelli presenta spesso toni comici - Gassman
assomiglia molto a quello dei Soliti ignoti - e privilegia la bravura di tutti i caratteristi, anche non attori, come il pugile Tiberio Mitri e il cantante
Nicola Arigliano. L'artificio, certamente commerciale, di contrapporre a una situazione divertente una drammatica, si è tradotto, alla resa dei conti, in
un arricchimento, anche rispetto ai toni dei grandi film italiani della stagione del neorealismo, capolavori sì, ma spesso cupi e monocordi. Gli anni de
La Grande guerra erano davvero quelli d'oro. Il nostro cinema non sarebbe mai più stato a quell'altezza.

                     REGIA        Mario Monicelli
                INTERPRETI        Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Bernard Blier, Folco Lulli, Silvana Mangano, Nicola Arigliano
                   GENERE         Guerra
                   DURATA         129'
                     ANNO         1959
Amarcord

Amarcord in dialetto romagnolo (il dialetto di Fellini) vuol dire "mi ricordo", e il regista ricorda gli anni della sua infanzia, gli anni Trenta, al suo paese.
Passano dunque i miti, i valori, il quotidiano di quel tempo: le parate fasciste, la scuola (con l'insegnante prosperosa che stuzzica i primi pensieri), la
ragazza "che va con tutti", la prostituta sentimentale, la visita dell'emiro dalle cento mogli, lo zio perdigiorno che si fa mantenere, la Mille Miglia, i
sogni ad occhi aperti, il papà antifascista che si fa riempire d'olio di ricino, il paese intero che in mare, sotto la luna, attende il passaggio del
transatlantico Rex. Fellini nel '76 era ancora in grado di incantare praticamente con niente, confezionando appunto il "niente" con colori, fantasia e
sensazioni. Si giova dei soliti collaboratori, a cominciare da Nino Rota sempre importantissimo nell'economia del cinema felliniano.
Amarcord è un capolavoro assoluto nel senso che come “La strada” e “la dolce vita” è entrato nel sentire comune della gente travalicando gli steccati
culturali che dividono i popoli diventando universale (ottoemezzo è più per specialisti) Non ha importanza se la cultura da dove nasce questa storia è
radicata in un particolare contesto geografico… in questo caso riguarda la Romagna e la caratteristica ironia fatalista e gioiosa della gente di questa
regione …ma il linguaggio con cui Fellini racconta la storia è quello onirico e popolare…cioè un linguaggio appunto universale e quindi condiviso.
Fellini si pone dopo questo ennesimo capolavoro tra i grandi geni italici accanto ai vari Michelangelo… Leonardo… Dante e Verdi tanto per fare
qualche nome… perché i suoi film sono opere d'arte eterne… cioè che non moriranno mai.

                    REGIA        Federico Fellini
               INTERPRETI        Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Giuseppe Ianigro, Gianfilippo Carcano
                  GENERE         Commedia
                  DURATA         127'
                    ANNO         1973
Tutti a casa

Nel settembre del 1943, un tenentino burbanzoso viene sorpreso dall'armistizio. La sua compagnia si squaglia e il poveraccio, con pochi soldati,
cerca disperatamente di tornare a casa, nell'Agro pontino. Il gruppo ha diverse peripezie e, quando finalmente la meta è raggiunta, l'ufficiale e l'unico
soldato rimastogli sono arruolati a forza nella Todt. I nazisti uccidono anche l'ultimo militare e il tenente capisce che bisogna riprendere le armi.
Parteciperà alle quattro giornate di Napoli. Luigi Comencini nel 1960 pone la sua autorevole firma di regista su questo film, da molti definito una
commedia, quando invece è una pagina dell’Italia in guerra,nell’ultimo conflitto mondiale. Una pagina nera della nostra Storia non per le divise che i
neri indossavano, ma nera, profondamente nera nei contenuti e nell’analisi che ancora oggi vede molti italiani divisi come allora.

                    REGIA       Luigi Comencini
               INTERPRETI       Alberto Sordi, Eduardo De Filippo, Serge Reggiani, Martin Balsam, Nino Castelnuovo
                  GENERE        Guerra
                  DURATA        120'
                    ANNO        1960
Se sei vivo spara

Alcuni banditi uccidono i complici per godersi l'oro appena rapinato. Due signorotti del luogo li fanno linciare dalla folla per dividere il malloppo.
Poco dopo, però, giungono in paese un altro malvivente e uno degli uomini che i banditi credevano di aver eliminato. È lui a recuperare l'oro dopo le
tragiche morti dei nemici. La carica dissacratoria e visionaria di Se sei vivo spara forza i codici del western all’italiana oltre il limite estremo della
morte. Il film, infatti, racconta il ritorno dall’oltretomba del pistolero senza nome, un mezzosangue fucilato insieme ai suoi compagni, per punire la
cupidigia e l’avidità di un villaggio di gente violenta, gretta e meschina come la borghesia raccontata dai film di Luis Buñuel. Il suo destino non è la
vendetta, anche se il primo a essere colpito dalle pallottole d’oro della sua pistola è Oax, l’uomo che l’ha tradito e ucciso. Lo colpisce, lo ferisce, ma
non l’uccide. Oax muore perché i soccorritori lo fanno a pezzi per recuperare le pallottole d’oro.

                    REGIA       Giulio Questi
               INTERPRETI       Marilù Tolo, Piero Lulli, Tomas Milian, Milo Quesada, Roberto Camardiel, Paco Sanz
                  GENERE        Western
                  DURATA        115'
                    ANNO        1967
C’eravamo tanto amati

Nella storia di tre amici, trent'anni di storia italiana. Si conoscono in montagna facendo i partigiani e affrontano il dopoguerra pieni di energia e di
idee, ma l'infermiere rimane infermiere e il professore meridionale passa da una delusione all'altra. Solo il più smagato dei tre, l'avvocato Gianni,
diventa ricco e potente. Quando si incontrano dopo molto tempo, non avrà il coraggio di confessare agli amici il proprio successo, ottenuto grazie a
imbrogli, ad affari avventurosi, a un ricco matrimonio. C'eravamo tanto amati non è forse quella "storia italiana" che si ripromettevano gli autori
(l'abilissimo regista Scola e gli sceneggiatori Age e Scarpelli), ma nelle due ore di spettacolo riesce a coinvolgere lo spettatore, che si identifica
alternativamente con l'uno o l'altro dei protagonisti. Da segnalare una trovata tecnica: metà film è in bianco e nero (tutta l'Italia era fotografata in
bianco e nero fino a metà degli anni Cinquanta) e metà a colori (per gli anni del boom, della congiuntura, della contestazione e del terrorismo). Tre
amici combattono insieme nei partigiani durante la Resistenza. Finita la guerra si separano. Uno andrà al nord e diventerà un ricco ma infelice
avvocato di successo. Un altro farà il portantino a Roma vivendo nell'illusione di una imminente vittoria comunista. Il terzo al sud diventerà un vero e
proprio intellettuale scapestrato di sinistra e finirà per partecipare anche a Lascia o Raddoppia. Il comune denominatore di questi uomini è una
giovane ingenua aspirante attrice. Scola dirige un ottimo film in cui non mancano gli spunti di riflessione. Intanto è un ritratto piuttosto amaro dei
trent'anni seguiti alla fine della guerra in Italia. La nostalgia per tempi più semplici ricchi di illusioni ma anche ricchi del grande cinema di Rossellini e
De Sica a cui è dedicato il film.

                    REGIA        Ettore Scola
               INTERPRETI        Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Aldo Fabrizi, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores
                  GENERE         Commedia
                  DURATA         127'
                    ANNO         1974
Don Camillo

In un piccolo paese della Bassa Padana la vita si svolgerebbe tranquilla se le dispute tra il parroco (Don Camillo) e il sindaco comunista (Peppone)
non fossero all'ordine del giorno. I due tentano di ostacolarsi vicendevolmente, benché fondamentalmente si stimino. Don Camillo, a causa del suo
temperamento, deve subire i frequenti rimproveri del Crocefisso nella sua chiesetta. Peppone si dà anima e corpo alla costruzione di una Casa del
Popolo, ma anche Don Camillo non vuole essere da meno e si dà da fare per completare la costruzione del suo oratorio. Tratto dal noto libro di
Guareschi. E' uno dei più bei film al mondo: è il ritratto comico e realistico di un'Italia nel secondo dopoguerra che ormai non c'è più, precisamente
nel piccolo paese di Brescello in provincia di Reggio Emilia. Fernandel è sicuramente il più bravo di tutti e la sua interpretazione del mitico prete Don
Camillo è indimenticabile: nonostante il ruolo religioso che riveste, si rivela un tipo dal temperamento focoso e intollerante alle ingiustizie e, il suo
corpo esile, magro e sottile, nasconde una forza sovrumana che solleva tavoli e atterra quasi una ventina di avversari! Bravissimo anche Gino Cervi
nel ruolo del sindaco comunista Peppone, e le liti, le lotte e i dispetti fra lui e don Camillo sono esilaranti: però, nonostante l'ostilità reciproca, i due
uomini si aiutano sempre a vicenda poichè provano stima stima e rispetto l'uno nei confronti dell'altro. Forse è proprio questo il motivo del successo
della fortunata serie di don Camillo e Peppone. Non ci si stanca mai di guardare le loro avventure, i loro screzi e i loro momenti d'amicizia.... Vien
proprio voglia di vivere nel loro paese soltanto per poter guardare quei due nemici/amici e tutto ciò che accade intorno a loro. Magari l'Italia fosse
ancora così, ricca di valori e di sentimenti. Troppo mitico Ruggero Ruggeri che dà la voce al crocifisso e anche Sylvie nel ruolo della signora Cristina
è bravissima. I film di don Camillo e Peppone meritano assolutamente di essere visti. Il mondo del cinema italiano e della realtà quotidiana non è mai
stato così bello come nei loro film... Fernandel e Gino Cervi non verranno certamente mai dimenticati dal pubblico che li ama.

                  REGIA          Julien Duvivier
             INTERPRETI          Fernandel, Gino Cervi, Franco Interlenghi, Saro Urzì, Leda Gloria, Vera Falqui
       TITOLO ORIGINALE          Le petit monde de Don Camillo
                GENERE           Commedia
                DURATA           107'
            PRODUZIONE           Italia, Francia
                  ANNO           1952
Il sorpasso

Il giorno di Ferragosto due occasionali amici, uno studente universitario un po' timido e un quarantenne immaturo, passano assieme la giornata
spostandosi con l'auto. Le ore passano veloci in un susseguirsi di episodi tragicomici, fino all'epilogo inatteso e drammatico: la morte dello studente
causata dall'incoscienza dell'altro. Si tratta di un autentico cult movie, tra i pochi che può vantare il cinema italiano del dopoguerra. Un'intuizione
geniale è all'origine del film, che può essere definito un road movie; il confronto di due generazioni nel territorio neutro di una giornata di vacanza. La
complementarietà dei caratteri dei due protagonisti è un supporto dalle solide basi. La sceneggiatura di Scola, Risi e Maccari è in perfetto equilibrio
tra la commedia all'italiana e il dramma sociale, questo appena accennato con alcune allarmanti sequenze disseminate nel film e concluso
nell'impietoso finale. Il cialtronesco Gassman, finalmente libero, come lui stesso ammette, dai vincoli delle caratterizzazioni, dai ghigni
classicheggianti, esprime in alcune sequenze la sua dirompente fisicità. Distrugge con l'intuizione del superficiale i luoghi comuni che lo studente
Trintignant si era costruito in un'intera vita, sui suoi parenti. Libera lo charme opaco di una zia del suo amico. In ogni spostamento, dalla Roma
deserta del mattino di Ferragosto e lungo le strade della Versilia fino alla Costa Azzurra, si gioca la sua dignità e persino la figura di padre. La partita a
ping-pong con Gora è al riguardo esemplare. L'attonito Trintignant in quesa scuola dei dritti è infatti l'unico a soccombere, emblematicamente. Non
pochi hanno lamentato il cambio di rotta mostrato all'epilogo. Un risveglio dalla partitura scoppiettante di una pellicola che sembrava dover
dispensare un eclettico piacere a fior di pelle. Come ne La grande guerra e Una vita difficile il cinema italiano aveva trovato, se non un vero e proprio
stile, un equilibrio che poggiava su una precisa rappresentazione della società italiana, senza dover ricorrere ai macchiettoni che il depravato cinema
d'oggi mostra con lugubre allegria. Il rimpianto di quel cinema è presente in ogni spettatore che abbia solo visto quei film pur non facendo parte di
quella generazione.

                    REGIA        Dino Risi
               INTERPRETI        Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo
                  GENERE         Drammatico
                  DURATA         108'
                    ANNO         1962
La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa!

Terzo episodio delle avventure di Sandokan: l'isola di Mompracen è dominata da un tiranno avido e feroce. Il nostro eroe, che era in volontario esilio, è
spinto da una ragazza a sbarcare in patria, sconfiggendo il nemico e ridando la libertà al suo popolo. ll nome Sandokan fu ispirato a Salgari dal nome
di un centro costiero sito nel Borneo nord-orientale, Sandakan, che significa "pegno scaduto": la città fu infatti lasciata in pegno dal Sultano di Sulu al
governatore locale come garanzia di un prestito che poi non restituì mai. Alcune delle avventure scritte dall'autore veronese (Il Re del Mare, Alla
conquista di un impero, La caduta di un impero, La rivincita di Yanez) hanno una base storica, come dimostrato da alcuni studi. Sandokan è un pirata,
che combatte eroicamente contro il colonialismo britannico, un eroe puro, un personaggio monolitico e privo di dubbi. Mosso da un odio inguaribile
nei confronti degli inglesi e del Raja bianco James Brooke – responsabile dalla strage della sua famiglia – lotta con ogni mezzo per la libertà del suo
minuscolo regno, l'isola di Mompracem, minacciata, invasa, e infine riconquistata da lui stesso. Spesso si parla di Sandokan come corsaro, ma i
corsari erano muniti di regolari "patenti di corsa" che venivano accordate da alcuni stati o iniziavano gli eventi bellici solo dopo regolari azioni di
guerra, tutte cose che Sandokan non fa; inoltre il corsaro si accanisce di solito contro le navi di una sola nazione mentre Sandokan attacca e depreda
tutte le navi che incontra, almeno all'inizio del ciclo. Nonostante ciò, Sandokan è in realtà il figlio di Kaigadan, un sovrano del Borneo ucciso insieme
alla sua famiglia dal Rajah Bianco, un ex prigioniero degli inglesi. Sandokan è, quindi, di stirpe reale ed ha l'obbiettivo principale di vendicarsi degli
inglesi e quello di riprendersi il suo regno, cosa che riuscirà nel romanzo Sandokan alla riscossa.

                    REGIA       Sergio Sollima
               INTERPRETI       Philippe Leroy, Kabir Bedi, Teresa Ann Savoy, Massimo Foschi, Adolfo Celi
                  GENERE        Avventura
                  DURATA        130'
                    ANNO        1977
Il mafioso

Il siciliano Antonio è riuscito a tenersi fuori dal giro mafioso del suo paese, a trasferirsi al nord, a trovare un ottimo impiego e una bella moglie
milanese. Le ferie, naturalmente, va a trascorrerle in Sicilia ed è appunto in una di queste occasioni che la mafia lo constringe a compiere un delitto.
L'alternativa è rinunciare alla sua tranquillità. Antonio è costretto ad accettare di essere spedito in America, chiuso in un baule. Compiuta la
"missione", torna in Italia. Ritratto lucido di Lattuada sul mondo della malavita e dell'onore, in cui Sordi è la maschera grottesca di una Sicilia che
vorrebbe mostrarsi emancipata nel costume e nel grado di civiltà, ma che in realtà si ritrova ancorata alle sue tradizioni. Girato quasi interamente a
Belmonte Mezzagno.

                    REGIA       Alberto Lattuada
               INTERPRETI       Alberto Sordi, Norma Bengell, Ugo Attanasio, Cinzia Bruno. Genere Drammatico
                  GENERE        Drammatico
                  DURATA        103'
                    ANNO        1962
Faccia a faccia

In Faccia a faccia, affrontando il tema dei cambiamenti umani di fronte ad avvenimenti eccezionali, Sollima fa capire che l’intellettuale, un po’ troppo
abituato a essere freddo e razionale, finisce per diventare portatore di una potenziale carica negativa mentre l’incolto ma intelligente fuorilegge, nella
stessa situazione, finisce per farsi alfiere di valori positivi e meno teorici. In più c’è la questione del potere. Gli intellettuali possono essere corrotti
dall’idea del potere e soprattutto dalla violenza come dominazione assoluta. Nel film la corruzione e il fascino che la violenza esercita su Brad
Fletcher sono progressivi e sottolineati da dialoghi sempre più incalzanti. Quando impugna per la prima volta una pistola dice: «Certo che
stringendola si ha come un'assurda sensazione di potenza con questo modo così naturale di aderire alla mano...». La strada è aperta. Dopo aver
ucciso il primo uomo perde i freni inibitori, la violenza diventa uno strumento per aumentare e mantenere il suo potere personale mentre la sua
cultura è complice nel fornirgli giustificazioni sempre più sofisticate. Quando alla fine Sollima affida al fuorilegge il compito di rimettere in ordine le
cose, i codici tradizionali del western all’italiana sono completamente ribaltati. L’antieroe solitario che sfida il mondo per denaro, interesse, vendetta
o anche solo per il gusto non esiste più. Qui tutti sono eroi, tutti antieroi e tutti odiosi assassini, dipende dal tempo, delle condizioni e dalle pulsioni
nascoste.

                    REGIA        Sergio Sollima
               INTERPRETI        Gian Maria Volonté, William Berger, Tomas Milian, Jolanda Modio, José Torres
                  GENERE         Western
                  DURATA         108'
                    ANNO         1967
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Il 'dottore', appena promosso da capo della Sezione Omicidi a capo della Sezione Politica, uccide, sgozzandola, l'amante con cui aveva un rapporto
sadomasochistico e che, come ha scoperto, lo tradiva con uno studente che appartiene alla contestazione attiva. Invece di cercare di occultare le
prove le rende sempre più evidenti, convinto come è che il Potere gli può consentire di continuare ad essere al di sopra di ogni sospetto. Premio
Oscar al miglior film straniero più che meritato quello andato a un film che, se risentiva a tratti del clima politico del tempo, ha purtroppo assunto una
dimensione sempre più profetica nelle cronache politico-giudiziarie dei decenni successivi. La sceneggiatura, scritta da Petri con Ugo Pirro, mette in
scena un uomo tanto apparentemente potente quanto intimamente fragile (l'amante lo taccia di 'infantilismo sessuale'). La scena dell'interrogatorio
dello studente resta negli annali del cinema come sintesi di un delirio di onnipotenza di chi, nella confusione più totale e con pretese di cultura,
mentre umilia chi ha di fronte si proclama socialista e cita Petrarca. Per un soggetto così complesso e con un finale che avrebbe fatto la gioia di Freud,
anche se parte della critica lo trovò confuso, occorreva un attore capace di dare realismo a un coacervo di tensioni psicologiche convogliate su un
unico personaggio. Gian Maria Volonté, con la maniacale capacità di immedesimarsi nei ruoli si rivela la scelta più giusta ma lo è anche Florinda
Bolkan, attrice assolutamente in grado di incarnare l'ambiguità e, al contempo, portata a una recitazione che non aveva nulla del metodo proprio del
suo partner. Nato con all'origine l'idea dostoevskiana dell'assassino che sfida la giustizia il film venne accusato da alcuni gruppi extraparlamentari di
essere addirittura a favore della polizia avendo avuto troppo successo. Se lo si ripensa dopo il G8 di Genova e le riflessioni che in materia anche il
cinema ci ha offerto (Diaz. Non pulire questo sangue) ci si accorge di come i temi trattati siano ancora di estrema attualità.

                    REGIA       Elio Petri
               INTERPRETI       Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Orazio Orlando, Gianni Santuccio, Salvo Randone
                  GENERE        Poliziesco
                  DURATA        118'
                    ANNO        1970
Salò o le 120 giornate di Sodoma

Quattro Signori (il Duca, il Monsignore, Sua Eccellenza e il Presidente) al tempo della Repubblica Sociale di Salò si riuniscono in una villa assieme a
4 ex prostitute ormai non più giovani insieme a un gruppo di giovani maschi e femmine catturati con rastrellamenti dopo lunghi appostamenti. Nella
villa i Signori per 120 giorni potranno assegnare loro dei ruoli e disporre, secondo un regolamento da essi stessi stilato, in modo assolutamente
insindacabile dei loro corpi. La struttura del film è divisa in 4 parti: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. Dopo la
"Trilogia della vita" (Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una Notte) Pasolini sente la necessità di affrontare una opposta e
tragica lettura dell'uso della sessualità. Questa volta (grazie all'opera del marchese De Sade che offre l'idea di base) è il Potere di ogni tempo e non
solo quello fascista ad essere chiamato in causa e condannato. "Ora tutto si è rovesciato. Primo: la lotta progressista per la democratizzazione
espressiva e per la liberalizzazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere consumistico di concedere una vasta
(quanto falsa) tolleranza. Secondo: anche la "realtà" dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico: anzi, tale
violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova epoca umana. Terzo: le vite sessuali private (come la mia) hanno subìto il trauma
sia della falsa tolleranza che della degradazione corporea, e ciò che nelle fantasie sessuali era dolore e gioia, è diventato suicida delusione, informe
accidia". Così si esprimeva il regista in un suo testo del 1975 pubblicato postumo. Rilette oggi queste sue parole assumono un valore non solo
chiarificatore sugli intenti di un film che cerca lo scandalo e insiste sui particolari più turpi senza mai compiacersene ma con lo scopo dichiarato di
provocare una reazione morale alla presunta immoralità della sua opera. Reazione che purtroppo ci fu ma scomposta e mirante a far scomparire per
sempre l'opera dalle sale.

                    REGIA       Pier Paolo Pasolini
               INTERPRETI       Caterina Boratto, Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Elsa De Giorgi, Ines Pellegrini
                  GENERE        Drammatico
                  DURATA        116'
                    ANNO        1975
Il caimano

Se, come si dice nei film sui rapimenti, si chiedesse una prova di esistenza in vita del cinema italiano, la prova sarebbe Moretti. In questa sede il
concetto non è davvero nuovo. Ma il regista non riesce ad essere un soldatino, un militante che "debba" muoversi perché le circostanze (o chi altri) lo
richiedono: fare un film contro Berlusconi. E proprio perché il regista non è un Deaglio o un Cornacchione qualunque, e proprio perché ha talento e
autonomia, non puoi dettargli le regole. Ed ecco che in certe zone del film si muove a disagio, guarda caso nelle zone che riguardano il "compitino". È
la storia di Bruno, produttore di film trash dei decenni passati (Cata-ratte, Maciste contro Freud, Stivaloni porconi) che si ritrova a leggere un copione
dal titolo Il caimano, la storia di Berlusconi. Lo ha scritto Teresa (Trinca), giovane, energica, durissima nei confronti del Presidente del consiglio.
Porta tutte le didascalie conosciute: ma dove ha trovato tutti quei soldi? C'è chi dice "lei entra in politica per non andare in galera", eccetera. Bruno
cerca di produrre il film, trova anche un finanziatore polacco che porta l'obolo contro Berlusconi in chiave "internazionale". Compone, con la fantasia,
il film. Nella prima scena un'immensa valigia piena di soldi sfonda il soffitto e piomba davanti a Berlusconi: soldi trovati, piovuti dal cielo. Metafora
davvero non all'altezza di Moretti. Un sosia di Silvio percorre le vicende conosciute: la costruzione di Milano 2 e 3, le televisioni, gli annunci da
megalomane, le perquisizioni della finanza. Nel frattempo Bruno ha un privato tristissimo, la moglie (Buy) che lo lascia, i figli con problemi, la banca
che lo sta rovinando. Sembrerebbe farcela, ma tutto crolla. Però, almeno una scena la gira, quella del processo finale di Berlusconi, che verrà
condannato a sette anni. Ma questa volta è Nanni in persona a dare corpo e volto al Presidente, che si difende con altre didascalie conosciute, il
liberalismo, i comunisti, e poi la magistratura, i media e le scuole: tutto governato dalla sinistra. Si finisce con Nanni-Silvio, in macchina, con la luce
che gli si spegne in faccia. Bruno (Orlando) lo dichiara all'inizio, "vogliono che faccia film di sinistra, non ne ho voglia".

                    REGIA       Nanni Moretti
               INTERPRETI       Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine Trinca, Nanni Moretti, Giuliano Montaldo
                  GENERE        Politico
                  DURATA        112'
                    ANNO        2006
Diaz

Luca è un giornalista della Gazzetta di Bologna (giornale di centro destra) che il 20 luglio 2001 decide di andare a vedere di persona cosa sta
accadendo a Genova dove, in seguito agli scontri per il G8, un ragazzo, Carlo Guliani, è stato ucciso. Alma è un'anarchica tedesca che ha partecipato
agli scontri e ora, insieme a Marco (organizzatore del Social Forum) è alla ricerca dei dispersi. Nick è un manager francese giunto a Genova per
seguire il seminario dell'economista Susan George. Anselmo è un anziano militante della CGIL che ha preso parte al corteo pacifico contro il G8. Bea
e Ralf sono di passaggio ma cercano un luogo presso cui dormire prima di ripartire. Max è vicequestore aggiunto e, nel corso della giornata, ha già
preso la decisione di non partecipare a una carica al fine di evitare una strage di pacifici manifestanti. Tutti costoro e molti altri si troveranno la notte
del 21 luglio all'interno della scuola Diaz dove la polizia scatenerà l'inferno. Fino a qui la parte iniziale del film a cui vanno fatti seguire dei dati che
non sono cinema ma cronaca giudiziaria. Alla fine di quella notte gli arrestati furono 93 e i feriti 87. Dalle dichiarazioni rese dai 93 detenuti (molti dei
quali oggetto di ulteriori violenze alla caserma-prigione di Bolzaneto) nacque il processo in seguito al quale dei più di 300 poliziotti che
parteciparono all'azione 29 vennero processati e, nella sentenza d'appello, 27 sono stati condannati per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia, reati
in gran parte prescritti. Mentre per quanto accaduto a Bolzaneto si sono avute 44 condanne per abuso di ufficio, abuso di autorità contro detenuti e
violenza privata (in Italia non esiste il reato di tortura). Gli elementi di cui sopra sono indispensabili per fare memoria su un episodio avvenuto in una
scuola dedicata a colui che firmò il bollettino di guerra della vittoria nel 1918 è che è stata teatro della più grave disfatta del diritto democratico della
nostra storia recente. Il film di Vicari si colloca all'interno del cinema di denuncia civile di cui Rosi e Lizzani sono stati maestri e che richiama, per la
forza e la lucida coerenza della narrazione il Costa Gavras di Z- L'orgia del potere.

                    REGIA        Daniele Vicari
               INTERPRETI        Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou
                  GENERE         Drammatico
                  DURATA         120'
                    ANNO         2012
Gomorra

Totò ha tredici anni, aiuta la madre a portare la spesa a domicilio nelle case del vicinato e sogna di affiancare i grandi, quelli che girano in macchina
invece che in motorino, che indossano i giubbotti antiproiettile, che contano i soldi e i loro morti. Ma diventare grandi, a Scampia, significa farli i
morti, scambiare l'adolescenza con una pistola. O magari, come accade a Marco e Ciro, trovare un arsenale, sparare cannonate che ti fanno sentire
invincibile. Puoi mettere paura, ma c'è sempre chi ne ha meno di te. Impossibile fuggire, si sta da una parte o dall'altra, e può accadere che la guerra
immischi anche Don Ciro (Imparato), una vita da tranquillo porta-soldi, perché gli ordini sono mutati, il clan s'è spezzato in due. Si può cambiare
mestiere, passare come fa Pasquale dalla confezione di abiti d'alta moda in una fabbrica in nero a guidare i camion della camorra in giro per l'Italia, ma
non si può uscire dal Sistema che tutto sa e tutto controlla. Quando Roberto si lamenta di un posto redditizio e sicuro nel campo dello smaltimento
dei rifiuti tossici, Franco (Servillo), il suo datore di lavoro, lo ammonisce: non creda di essere migliore degli altri. Funziona così, non c'è niente da
fare. Matteo Garrone porta sullo schermo Gomorra, libro-scandalo di Roberto Saviano che in Italia ha venduto oltre un milione di copie, aprendo il
sipario sulla luce artificiale e ustionante di una lampada per camorristi vanitosi ed esaltati. Il sole non illumina più le province di Napoli e Caserta,
impossibile rischiarare questa terra buia e straniera al punto che gli italiani hanno bisogno dei sottotitoli per decifrarla. Siamo in un altro paese:
all'inferno. Che non si trova nel centro della terra, ma solo pochi metri giù dalla statale o sotto la coltivazione delle pesche che mangiamo tutti, nutrite
di scorie letali, trasformate in bombe che seminano tumori con la compiacenza dei rispettabili industriali del nord. Nessun barlume di bellezza
dentro questo buio fitto sotto il sole; forse la bellezza è nata qui, per caso o per errore, ma è volata lontano, addosso a Scarlett Johansson, col risultato
che chi l'ha partorita è rimasto ancora più solo ed impotente.

                    REGIA        Matteo Garrone
               INTERPRETI        Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra
                  GENERE         Drammatico
                  DURATA         135'
                    ANNO         2008
Nell’anno del Signore

Nella Roma papalina due carbonari compiono un attentato e subito sono catturati dai gendarmi. Un gruppo di popolani romani cerca di salvarli, ma
inutilmente. Rimane libero però il Cornacchia, che continua a fare l'oppositore scrivendo versi irriverenti sulla statua di Marco Aurelio. Nella Roma
papalina due carbonari compiono un attentato e subito sono catturati dai gendarmi. Un gruppo di popolani romani cerca di salvarli, ma inutilmente.
Rimane libero però il Cornacchia, che continua a fare l'oppositore scrivendo versi irriverenti sulla statua di Marco Aurelio. Nella Roma papalina due
carbonari compiono un attentato e subito sono catturati dai gendarmi. Un gruppo di popolani romani cerca di salvarli, ma inutilmente. Rimane libero
però il Cornacchia, che continua a fare l'oppositore scrivendo versi irriverenti sulla statua di Marco Aurelio. Nella Roma papalina due carbonari
compiono un attentato e subito sono catturati dai gendarmi. Un gruppo di popolani romani cerca di salvarli, ma inutilmente. Rimane libero però il
Cornacchia, che continua a fare l'oppositore scrivendo versi irriverenti sulla statua di Marco Aurelio. Nella Roma papalina due carbonari compiono un
attentato e subito sono catturati dai gendarmi. Un gruppo di popolani romani cerca di salvarli, ma inutilmente. Rimane libero però il Cornacchia, che
continua a fare l'oppositore scrivendo versi irriverenti sulla statua di Marco Aurelio.

                   REGIA       Luigi Magni
              INTERPRETI       Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno, Britt Ekland, Robert Hossein
                 GENERE        Commedia
                 DURATA        117'
                   ANNO        1969
C I N E M A

   centro culturale riva del garda

    Comune di Arco

Comune di Riva del Garda
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