Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti

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Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Camp for
Company
     Un nuovo paradigma
 per nuovi apprendimenti
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
La sfida: elaborare una strategia, didattica, operativa, gestionale e sostenibile per
la promozione e la diffusione della cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità
all’interno del sistema d’istruzione nelle scuole superiori e di formazione valida per
ogni gruppo linguistico dell’Alto Adige. “Camp for Company” intende mettere a
sistema una nuova visione nel passaggio scuola-lavoro e fungere da catalizzatore
d’idee, competenze, capacità e risorse.

Il metodo: identificare una metodologia, attuarla sul campo attraverso una fase di
sperimentazione in maniera organica e consequenziale.
La ricerca: individuare le buone pratiche esistenti, cooptare partner strategici ed
operativi rappresentativi sia a livello nazionale che internazionale; analizzare,
adottare e/o produrre ex-novo strumenti di lavoro (ad oggi sette) e contenuti (ad
oggi più di cinquanta).

L’azione: allestire un team di lavoro (didattico e organizzativo) plurilingue,
organizzare incontri, realizzare workshop, allestire un sito di riferimento (www.
viva.bz.it) . Attuare azioni di sostegno e consulenza a favore di studenti e docenti.

Le finalità: adeguare l’offerta del sistema formativo altoatesino alle esigenze del
territorio, rispondere a quanto raccomandato dall’Unione Europea, inserire nei
curricula nuove competenze trasversali.

Il risultato: ad oggi 350 alunni/e di quattordici istituti d’ogni indirizzo partecipano
al progetto, decine d’idee imprenditoriali prodotte.

COLOPHON
COORDINAZIONE: Mario Farias
TESTI:                Renzo Roncat (cap. 1 e 5)
                      Mario Farias (cap. 2, 3, 4 e 5)
                      Luca Guarnieri (cap. 2 e 4)
                      Simone Sprea (cap. 2)
                      Massimo Andriolo (cap. 2)
                      Carla Arcieri (cap. 4)
                      Elena Farias (cap. 4)
                      Marco Fontana (revisione dei testi)
FOTO:                 Mattia Rizzi, Elena Farias, Carla Arcieri,
                      iStockphoto © kirin_photo, © pixel107
STAMPA:               Tezzele by Esperia Bolzano-Bozen
GRAFICA: 		                            communication & design

© 2014
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Camp for
Company
     Un nuovo paradigma
 per nuovi apprendimenti
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
L’Intendenza Scolastica per le scuole in lingua italiana attraverso il Servizio
Innovazione e Buone Pratiche ha avviato una sistematica azione di ideazione,
sostegno e proposta di progetti che abbiano come obiettivo l’occupazione
giovanile. Nel 2012 il Servizio ha sottoscritto con le principali organizzazioni del
mondo economico e dell’impresa un protocollo d’intesa per il sostegno di tutte le
iniziative atte ad avvicinare istituzioni scolastiche e mondo del lavoro. Nel 2013
è stato avviato il progetto Camp for Company che la presente pubblicazione
illustra sia per gli aspetti di teoria degli apprendimenti che per gli aspetti di
documentazione dei processi e dei contenuti adottati. Il progetto ha coinvolto
nella sua progettazione e realizzazione una rete di soggetti altamente qualificati
nel settore dell’educazione all’imprenditorialità e all’innovazione e ha trovato
sostegno nelle imprese del territorio, ora si tratta di procedere, in collaborazione
con le istituzioni scolastiche, alla sua introduzione nei curricola di studio.

                                                        NICOLETTA MINNEI
                     Sovrintendente scolastica - Provincia autonoma di Bolzano

                                                              RENZO RONCAT
              Direttore della ripartizione Intendenza scolastica in Lingua italiana
                                                  Provincia autonoma di Bolzano

La nostra scuola deve necessariamente cambiare e giá da alcuni anni abbiamo
puntato la nostra attenzione sull’importante binomio scuola-lavoro.
Essere bravi a scuola non basta più perché lo studio da solo non garantisce
più un’occupazione: sbagliato considerare scuola e lavoro come percorsi
completamente diversi e distanti. Proprio il mondo del lavoro deve essere la
guida per acquisire nuove conoscenze e nuove competenze nel percorso
formativo dei nostri ragazzi. Diventa strettamente necessario entrare nel mondo
del lavoro già in fase scolastica e continuare a studiare una volta acquisita
un’occupazione.
Ogni singolo studente deve trasformarsi in imprenditore di se stesso cercando
di costruirsi la propria carriera professionale guardando non al presente, ma
al mondo come sarà tra 5 o 10 anni e noi dobbiamo dare ai nostri studenti gli
strumenti adatti per fare questo.
La scuola deve riuscire a trasmettere non solo la tradizionale preparazione
accademica, ma deve aiutare a sviluppare tutte quelle capacità trasversali quali
ad esempio la capacità di risolvere i problemi, lavorare in gruppo o essere
orientati al risultato, che sono necessarie per il mondo occupazionale che attende
i nostri ragazzi. Visto il momento economico difficile che stiamo attraversando,
è essenziale ambire ad una forza lavoro qualificata per sviluppare un’economia
che riesca ad essere competitiva, sostenibile e innovativa. Con questi obiettivi
si è sviluppato Camp for Company con l’intento di sviluppare e promuovere
tra i banchi della scuola una cultura dell’imprenditorialità e dell’innovazione
e ci auguriamo possa a breve essere considerato fondamentale e una reale
possibilità per migliorare il futuro dei nostri studenti.

                                                    CHRISTIAN TOMMASINI
                          Vicepresidente della Provincia autonoma di Bolzano
                    Assessore alla cultura, scuola e formazione in lingua italiana
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Come trasmettere ai giovani lo spirito imprenditoriale? Fargli vivere in prima
persona “le gioie e i dolori” che si incontrano quando ci si mette in proprio e far
toccare loro con mano le sfide che si devono affrontare in questo percorso è una
strategia vincente per riuscirci. Il progetto Camp for Company va esattamente
in questa direzione, ed è già stato coronato dal successo in altri Paesi europei.
Il TIS innovation park, in quanto sostenitore dei pionieri dell’innovazione, ha
partecipato con gioia alla definizione di una strategia per la promozione della
cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità nella scuola secondaria in Alto
Adige: partire dai giovani è infatti l’unico modo per attuare il cambio di mentalità
necessario che permetterà all’Alto Adige di giocare un ruolo di primo piano tra i
motori economici europei dei prossimi decenni.

NIKOLAUS TRIBUS
Presidente del TIS innovation park

La Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano si occupa di sostenere attività socio-
culturali e, come recita il suo statuto, promuove e sostiene misure innovative,
d’eccellenza, rilevanti dal punto di vista sociale e progetti che abbiano un
effetto duraturo. Camp for Company ha tutte queste caratteristiche, anzi nè il
prototipo. Investire nei giovani, dar loro una possibilità (in più) di formazione e
interazione con il mondo del lavoro e con quello economico è per noi motivo
di grande soddisfazione, specialmente in un momento come quello attuale nel
quale i giovani devono confrontarsi con una realtà lavorativa molto incerta. Dar
loro strumenti, contenuti, nuove competenze, lavorare con loro per sviluppare
nuove idee imprenditoriali, trasmettere proprio quello spirito imprenditoriale
così importante per completare la loro formazione e il loro curriculum assume
anche un significato civile e sociale. La Fondazione sostiene e sosterrà quindi
con grande passione questa iniziativa che si augura possa diventare una attività
sistematica nell’ambito di tutti gli indirizzi scolastici.

GERHARD BRANDSTÄTTER
Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Introduzione

Camp for Company.
Un nuovo paradigma
per nuovi apprendimenti

Camp for Company (CfC) nasce facendo rete tra soggetti istituzionali impegnati
a sostenere lo sviluppo sia delle persone sia del sistema e si connota come un
Progetto-intervento volto alla promozione della cultura dell’innovazione e
dell’imprenditorialità in Alto Adige.

A livello teorico-metodologico, CfC si colloca nell’alveo dell’approccio
della teoria dell’azione e interattivo-costruttivista; a livello prasseologico, fa
riferimento alle raccomandazioni e direttive dell’Unione Europea, ad esempi di
politiche pubbliche per l’adozione di tali direttive e a buone pratiche a livello
sovranazionale.

Il Progetto, che si rivolge alle classi IV e V della scuola secondaria, si configura
come un processo di co-costruzione d’impresa che tiene a riferimento: modelli
d’apprendimento ancorati nella pratica, esperienze di testimoni privilegiati,
creazione di student companies. Si dà la finalità di formare e sostenere
l’imprenditorialità e l’autoefficacia a livello individuale e di gruppo, e soprattutto
la motivazione per il transfer di competenze.

La metodologia didattica si caratterizza come un percorso di tutoring che
fornisce il debito aiuto – nella forma di workshop, strumenti e tecniche coerenti
con l’approccio scelto – per costruire, presentare, difendere e realizzare modelli
di Business multilingui.

L’auspicio è quello di continuare a lavorare secondo tale approccio e con
queste finalità, perché questo è il modo migliore per fare imprenditorialità e
progettazione esistenziale, quindi educazione permanente dalle prime scuole
fino all’Università.

LILIANA DOZZA
Vice preside della facoltà di scienze della formazione
Libera Università di Bolzano
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Capitolo 1

Un paradigma nuovo
  per i nuovi bisogni
   d'apprendimento
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
Capitolo 1

Un paradigma nuovo
  per i nuovi bisogni
   d'apprendimento

  1.1   I nuovi bisogni d’apprendimento                       8
  1.2   Il paradigma della divisione del lavoro               8
  1.3   Alla ricerca di un paradigma nuovo                    9
  1.4   Il lavoro come agire collettivo                       11
  1.5   Lo spazio d’azione in Provincia di Bolzano            11
  1.6   Le progettazioni già in atto                          13
  1.7   Il nuovo paradigma e i curricoli scoIastici           15
  1.8   L’agire collettivo come                               16
        gruppo d’impresa: l’imprenditorialità
  1.9   L’impresa basata sulla cooperazione                   17
                                                                   7
Camp for Company Un nuovo paradigma per nuovi apprendimenti
1.1 I nuovi bisogni di apprendimento
    E’ noto che, tra le stagioni dell’età evolutiva, l’adolescenza riveste un
    carattere straordinario: ricerca del sé, processi di identificazione di genere,
    sperimentazione dell’io sociale, affettivo, relazionale assorbono quantità enormi
    di energia psichica condizionando potentemente i processi di apprendimento
    dei giovani.
    In un arco temporale di circa sei anni si concentrano esperienze, prove,
    appuntamenti, decisioni che possono condizionare profondamente gli orizzonti
    di vita, gli atteggiamenti e le aspettative individuali.
    La delicatezza di questa fase dell’età evolutiva è accentuata dalla complessità
    delle dinamiche storico-sociali in cui oggi essa è immersa. La ricerca pedagogica
    e la progettazione educativa sono chiamate a fornire paradigmi nuovi che
    possano ispirare la concretezza dell’azione delle istituzioni formative ed
    educative a partire dalla consapevolezza e conoscenza dei nuovi contesti e dei
    nuovi bisogni.
    In questa sede siamo costretti a limitarci al solo contesto del progetto professionale
    del giovane in formazione tentando però di trarre da questa problematica anche
    alcune indicazioni generali che possano fungere da paradigma di riferimento in
    merito alla valutazione dei curricoli, dei saperi e degli approcci didattici.
    Orientamento e progettazione professionale costituiscono da sempre un
    passaggio chiave dell’età adolescenziale, i nuovi contesti determinati dalla
    rivoluzione digitale e dalla globalizzazione connotano però oggi tale passaggio
    di aspetti di imprevedibilità e indeterminatezza un tempo sconosciuti.
    E’ necessario interrogarsi sui nuovi profili che la scolarizzazione deve perseguire
    e formare ben sapendo che il desiderio di sperimentazione di sé e l’istanza di
    individuazione del sè propri dell’età adolescenziale esigono e richiedono
    modelli ed esempi che concretamente siano in grado di orientare e indirizzare i
    percorsi e i progetti di vita.

    1.2 Il paradigma della divisione
    del lavoro
    La scolarizzazione, in età moderna, ha rappresentato lo strumento con cui gli
    Stati nazionali hanno perseguito le esigenze di omologazione proprie della
    nascente società di massa, le strutture portanti dei sistemi scolastici denunciano
    ancora oggi chiaramente la loro derivazione dai modelli della grande industria.
    Alcuni postulati del modello taylorista permangono tutt’ora visibili nella
    struttura ordinamentale, nei curricola, nelle culture professionali delle istituzioni
    scolastiche.
    La concezione del lavoro come attività sezionabile in funzioni che individuano
    e separano i momenti della progettazione e della decisione da quelli della
    realizzazione operativa si palesano anche sul piano degli ordinamenti laddove
    è evidente la previsione di indirizzi di studio deputati a formare le funzioni
    dirigenziali e indirizzi deputati a formare competenze tecniche o professionali.
    I curricola proseguono l’operazione applicando il paradigma taylorista alla
    definizione dei contenuti e dei metodi di apprendimento e la divisione rigida
    dei saperi entro le coordinate impermeabili delle discipline; la dislocazione delle

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discipline nei curricoli ripropongono a livello culturale la logica della catena di
montaggio e della separazione tra processi cognitivi astratti e processi cognitivi
concreti gli uni e gli altri affidati a categorie diverse di individui.
Anche le culture professionali presenti nel mondo dell’istruzione e formazione
restano fortemente condizionate dal presupposto che la teoria si apprende
con la teoria e la pratica si apprende con la pratica, di qui la grande difficoltà di
individuare percorsi curricolari che, nel rompere questa distinzione, mettano al
centro quella particolare e attuale forma di sapere chiamata competenza.
Il paradigma taylorista si giustifica, ad un certo grado dello sviluppo storico,
soprattutto in ragione della ancora ridotta complessità del sistema socio-
economico. La produzione di conoscenza è di pertinenza di poche istituzioni,
la produzione di beni materiali punta più ad abbassare i costi che a innovare
i prodotti, il controllo dei mercati è fortemente esercitato con strumenti
politico-militari, le posizioni di monopolio e il protezionismo tutelano gli assetti
consolidati, la governance del sistema è garantita da una classe dirigente
ristretta e da un funzionale sistema burocratico, tutto ciò consente al paradigma
della divisione del lavoro di garantire il ricambio generazionale e la continuità
dei processi. In quel sistema il cardine del profilo di cittadinanza è l’accesso al
lavoro, attraverso di esso si ottiene collocazione stabile nel sistema dei diritti e
dei doveri e un ruolo sociale dalle caratteristiche ben individuate. L’accesso al
lavoro, d’altronde, risponde a condizioni e requisiti che il sistema è in grado di
definire e formalizzare in percorsi formativi standardizzabili ispirati al paradigma
fondativo della divisione del lavoro.
Quel contesto, caratterizzato da orizzonti professionali molto delineati e
stabili, varcati da direttrici nitide che separavano i settori economici, le figure
professionali, i ruoli, le funzioni, le mansioni e consentivano ai sistemi formativi
di tracciare le precise coordinate dei percorsi formativi, è venuto via via
perdendosi.

1.3 Alla ricerca di un paradigma nuovo
I processi di scolarizzazione e i sistemi a cui fanno riferimento sono chiamati
oggi ad una funzione storica in gran parte mutata che va ricondotta a quella
società post-moderna i cui connotati sono venuti chiarendosi in modo distinto
negli ultimi anni.
Lo scambio e la produzione di conoscenza grazie al web ha raggiunto gli
strati sociali e i luoghi un tempo più lontani da questi processi, i saperi si sono
rapidamente mescolati generando nuovi ambiti disciplinari, nuovi prodotti
culturali, una rapidità inaudita di nuove produzioni, nuovi saperi, nuove
scoperte.
La produzione ha visto rivoluzionati i propri canoni e i propri sistemi, il primato
dell’investimento innovativo ha determinato la richiesta di profili professionali
totalmente rivoluzionati rispetto al passato.
La globalizzazione ha rotto il sistema della divisione politica dei mercati
consentendo a nuovi soggetti di inserirsi come global player nella competizione
economica.
Le funzioni di deliberazione e di direzione sono andate decentrandosi, il
governo dei processi oggi è possibile solo con il coinvolgimento di tutti gli attori.
Forte è l’esigenza di riconvertire la burocrazia che da strumento di gestione dei

                                                                                        9
processi separato dagli stessi tende sempre più a ridefinirsi come funzione di
     servizio inclusa nei processi e integrata negli stessi. Il concetto stesso di classe
     dirigente come nucleo ristretto di funzioni a cui sono demandate le decisioni e
     le iniziative si riconverte in un concetto nuovo di direzione meglio ricompreso in
     espressioni quali governance diffusa, principio di sussidiarietà, accordo di rete,
     co-decisione.
     Nel sistema sommariamente illustrato la divisione del lavoro esercita un ruolo
     residuale, non scompare ma non è più l’architrave su cui poggia il sistema
     stesso, è necessario individuare le conseguenze, sul versante dei percorsi di
     scolarizzazione, del cambio di paradigma cui stiamo assistendo.
     Proviamo ad analizzare alcune manifestazioni del nuovo paradigma: siamo di
     fronte a processi che erodono, fino a farle scomparire, le distinzioni rigide tra
     settori economici e, dentro questi, tra compiti e funzioni professionali. Si fa
     strada in ogni settore la compenetrazione tra competenze e saperi provenienti
     da ambiti differenti, nei project team è richiesta la presenza di specializzazioni da
     aree disciplinari molto distanti e dunque l’abitudine a farsi carico della dialettica
     tra linguaggi e strumenti interpretativi molto difformi.
     Nelle imprese ha sempre più peso la richiesta di governare processi sconosciuti
     rispetto a quella di implementare processi conosciuti.
     In ogni contesto professionale cresce la rilevanza delle competenze
     organizzative, comunicative, relazionali, competenze per loro natura acquisibili
     solo in situazione e in presenza.
     La predisposizione ad osservare con occhio critico i processi e i prodotti e a
     cogliere modalità innovative per gli stessi costituisce probabilmente l’abito
     mentale più aderente ai nuovi contesti. Tale abito mentale si fonda su una
     varietà di componenti che vanno da aspetti di organizzazione consapevole
     della percezione (attenzione ai particolari, percezione sin-estetica, abitudine
     al decentramento prospettico, ecc.), ad aspetti di natura logica (trovare
     creativamente delle soluzioni a problemi apparentemente insolubili e
     paradossali, applicare prospettive e linguaggi provenienti da ambiti disciplinari
     un tempo distanti e incomunicanti,ecc.), per arrivare a componenti di natura
     culturale (concezione del lavoro, concezione del collettivo, rappresentazione
     etica e valoriale) e relazionale (abitudine al dialogo, alla ricerca, all’inclusione,
     all’organizzazione e alla valorizzazione degli altri).
     Dovendo raccogliere in un’unica espressione il nuovo paradigma lo potremmo
     chiamare azione collettiva.

                                                                                             In team

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1.4 Il lavoro come agire collettivo
Il profilo nuovo assunto dal lavoro al tempo della rivoluzione digitale e della
globalizzazione si identifica in una caratteristica che tende sempre a crearsi
qualunque sia il rapporto di lavoro, il ramo di attività, la natura del soggetto
economico preso in considerazione. Questa caratteristica è la tendenza del
lavoro ad essere azione inclusiva che interroga e chiama al coinvolgimento
decisionale molto più di quanto non divida e parcellizzi.
Ciò non significa che non esistano più le specializzazioni ma che esse non
risolvono di per sé i ruoli e i compiti dei singoli attori; la parte di gran lunga
prevalente consiste nelle capacità espresse dal gruppo di coinvolgere, mobilitare
energie, generare nuovi saperi.
Il paradigma dell’azione collettiva implica nuovi assetti organizzativi, nuove
modalità di comunicazione, nuove modalità di gestione delle risorse umane ma
anche nuove strategie di impresa, nuove forme societarie, nuove modalità di
inclusione del lavoro nei processi decisionali.
Questo quadro di analisi necessariamente sintetico è lo sfondo per comprendere
la portata della pressione che si esercita oggi sui sistemi di istruzione e formazione
affinché aggiornino le loro coordinate.
Le raccomandazioni dell’U.E, l’introduzione di progetti internazionali di
valutazione delle competenze delle alunne e degli alunni, l’istituzione di un
quadro europeo delle competenze linguistiche con relativa certificazione,
l’individuazione di competenze chiave e l’insistenza con cui se ne raccomanda
la cura, sono solo alcuni esempi dell’attenzione con cui si guarda, soprattutto
in Europa, al ruolo della scolarizzazione come primo fondamentale laboratorio
della nuova cittadinanza.
La cittadinanza, intesa come condizione di esistenza integrata nel sistema
di relazioni sociali, in grado di valorizzare le qualità e competenze individuali
e di fornire al singolo adeguati spazi di realizzazione politica, professionale e
umana, resta la finalità più alta dei processi di scolarizzazione. Si tratta però di
individuare cosa è indispensabile oggi all’individuo per il suo esercizio libero e
consapevole e successivamente di capire quali esperienze di apprendimento
coerenti a questo fine la scuola debba fornire.
Una scolarizzazione che non prendesse in considerazione la dimensione nuova
assunta dal lavoro nei nuovi contesti e che non si interrogasse sugli strumenti
necessari ai giovani per poter realmente realizzare sé stessi nell’ambito della
vita reale sarebbe una scolarizzazione fasulla, un tradimento della funzione di
emancipazione umana che la scuola ha storicamente ricoperto.

1.5 Lo spazio d’azione
in Provincia di Bolzano

Numerosi sono i riferimenti normativi che orientano il sistema d’istruzione
e formazione della Provincia di Bolzano verso una crescente apertura alle
problematiche del lavoro, dell’impresa e dell’imprenditorialità. Grazie agli art.
8 e 9 del DPR 31 agosto 1972, n. 670 (testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino- Alto Adige) e al DPR 10 febbraio
1983, n. 89 la Provincia di Bolzano dispone di un’ampia autonomia legislativa

                                                                                         11
in materia di ordinamento scolastico. In particolare l’art.9 del citato DPR 10
     febbraio 1983, n. 89 consente alla Provincia di adottare con propria legge le
     modifiche dei programmi e degli orari di insegnamento e di esame, ivi compresa
     l’introduzione di nuovi insegnamenti, per le scuole di ciascun gruppo linguistico.
     La Provincia può dunque individuare, sulla base delle ricerche di settore, i
     percorsi didattici più idonei e rispondenti alle esigenze culturali e linguistiche
     dei gruppi residenti sul territorio e adottare, sentito il parere del CNPI, tutti i
     provvedimenti normativi necessari alla realizzazione degli stessi.

     La Legge provinciale 24 settembre 2010, n.11 disciplina l’ordinamento del
     secondo ciclo d’istruzione e formazione della Provincia autonoma di Bolzano;
     all’art. 1 comma 3 la legge affida ai percorsi del secondo ciclo il compito di
     promuovere lo sviluppo di specifici interessi e talenti, assicurare il successo
     scolastico e le pari opportunità formative anche ai fini dell’inserimento nel
     mondo del lavoro. La medesima legge all’art.7 prevede che le istituzioni
     scolastiche del primo e del secondo ciclo favoriscano scelte adeguate in
     relazione al proseguimento degli studi attraverso azioni di orientamento
     realizzate in collaborazione tra loro.
     Tali azioni comuni debbono mirare alla promozione della formazione e dello
     sviluppo della personalità delle studentesse e degli studenti nonché alla
     prevenzione della dispersione scolastica. Alle istituzioni scolastiche e formative
     del secondo ciclo è affidato il compito di realizzare azioni di orientamento
     volte al sostegno di scelte adeguate al proseguimento degli studi d’ordine
     superiore e all’inserimento nel mondo del lavoro. Alle scuole è anche richiesta
     la collaborazione sinergica con il mondo del lavoro, con la realtà produttiva del
     territorio, con gli istituti educativi e di ricerca locali e con le associazioni giovanili
     nonché lo scambio di studenti con scuole in Italia e all’estero.
     Le Indicazioni Provinciali per la definizione dei curricoli del secondo ciclo
     d’istruzione prevedono che già durante il primo biennio (Delibera GP n 2041
     del 13 dicembre 2010) le scuole dispongano di spazi di autonoma gestione
     del curricolo allo scopo di articolare le aree di indirizzo fino al 40% dell’orario
     annuale delle lezioni per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni
     formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni. Gli spazi di flessibilità
     possono essere utilizzati per realizzare specifici percorsi all’interno di un preciso
     profilo culturale in risposta alle vocazioni del territorio, ai bisogni dell’utenza
     e nel rispetto dell’equilibrio dell’offerta formativa territoriale. Per il secondo
     biennio le Indicazioni provinciali per la definizione dei curricoli prevedono
     l’approfondimento di nuclei tematici funzionali all’orientamento e alla scelta tra
     prosecuzione degli studi o entrata nel mondo del lavoro anche mediante attività
     di mobilità studentesca, di stage o di tirocinio. (Delibera GP n. 1301 del 3.09.12.
     Indicazioni provinciali per il secondo ciclo di istruzione (2° biennio e 5° anno).
     Le azioni d’orientamento, finalizzate allo studio post-diploma, alle professioni
     e al lavoro, diventano attività istituzionali per tutti gli istituti di istruzione
     secondaria superiore, statali e paritari. Esse si inseriscono strutturalmente nel
     Piano dell’offerta formativa del secondo biennio e del quinto anno, per essere
     modulate allo scopo di assecondare i talenti e gli interessi degli studenti. Le
     azioni di orientamento sono intese come attività didattiche che mettano in
     grado le/gli studentesse/i di:
     • valutare le proprie capacità, i propri interessi e le proprie aspirazioni (bilancio
     delle competenze) nei confronti dello studio post-diploma o del lavoro;
     • sviluppare competenze metodologiche finalizzate ad assumere decisioni;
12
• riconoscere i cambiamenti intervenuti nel sistema della formazione e del
                mercato del lavoro;
                • utilizzare strumenti per la ricerca attiva delle opportunità formative e lavorative
                (redazione e diffusione del CV, accesso a banche dati ecc.).

                La norma richiama a questo riguardo l’attenzione dei dirigenti e dei docenti sulla
                necessità di utilizzare metodologie didattiche “attive” e di avvalersi di “organici
                collegamenti” con il mondo esterno alla scuola: gli altri Enti formativi, compresi
                il mondo del lavoro, il volontariato e il privato sociale. In tutti gli istituti del
                secondo ciclo d’istruzione e in tutti gli indirizzi sono introdotti gli stage e i tirocini
                come esplicitazione di un preciso indirizzo pedagogico che concepisce il luogo
                di lavoro come luogo di apprendimento. L’ente/organizzazione/impresa che
                ospita lo studente assume il ruolo di contesto di apprendimento complementare
                a quello dell’aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al
                contesto operativo, quindi, si realizza quella socializzazione e permeabilità
                tra i diversi ambienti, nonché quello scambio reciproco delle esperienze che
                concorre alla formazione della persona.

Le componenti
      di base

                1.6 Le progettazioni già in atto
                Riguardo alla tematica della cultura d’impresa e dell’imprenditorialità nelle
                scuole secondarie di secondo grado in lingua italiana della provincia di Bolzano
                si possono riscontrare a grandi linee tre tipi di atteggiamento. Dall’analisi dei
                piani dell’offerta formativa si può evincere che alcune scuole hanno scelto
                di mettere in particolare risalto le attività destinate a promuovere la cultura
                d’impresa e il collegamento con il mondo del lavoro, altre hanno scelto invece di
                darne una indicazione più sintetica e generale, altre ancora hanno scelto di dare
                poco spazio a questo tipo di aspetti. Va tuttavia sottolineato che non sempre vi è
                una corrispondenza o equivalenza fra lo spazio dedicato nei POF all’esposizione
                delle iniziative e l’effettiva attività svolta dalle scuole in collaborazione con le
                aziende e gli enti presenti nel territorio.
                Le attività e i progetti in questo settore si concentrano soprattutto negli istituti

                                                                                                             13
tecnici e professionali e seguono soprattutto la tipologia dell’alternanza scuola-
     lavoro e dello stage di orientamento al lavoro. Per realizzare questo genere di
     attività le istituzioni scolastiche hanno incaricato un docente referente e costituito
     una rete di contatti e rapporti con soggetti sia pubblici che privati promuovendo
     accordi, intese, convenzioni. In alcuni istituti tecnici e professionali si realizzano
     anche percorsi secondo la tipologia dell’azienda simulata.

     Da un punto di vista quantitativo circa 300 studenti degli Istituti di istruzione
     secondaria superiore della provincia di Bolzano nell’anno scolastico 2012 –
     2013 sono stati protagonisti di un’esperienza di stage o tirocinio, questo tipo
     di esperienza è principalmente rivolta agli studenti delle classi quarte, tranne
     che per gli Istituti di Istruzione professionale che la propongono agli studenti
     a partire dalla classe terza; la cifra rappresenta circa un terzo degli studenti
     frequentanti il quarto anno. Da questa sintetica indagine risultano confermate
     alcune linee di tendenza:

     • l’esperienza del lavoro e dell’incontro con l’economia è progettata
     prevalentemente negli istituti tecnico-professionali;
     • le tipologie di esperienza proposte rispondono ancora fortemente al
     parametro del lavoro alle dipendenze;
     • a due terzi circa degli studenti questa opportunità non viene offerta.

     Nel curricolo prevale ancora fortemente il medium verbale e il trasferimento di
     strutture concettuali che vedono il docente nel ruolo di emittente e il discente nel
     ruolo di destinatario, l’operatività resta incardinata sulle strutture dei linguaggi
     formali e per loro tramite solo evocativa di fenomeni reali.
     L’introduzione nel curricolo di esperienze capaci di richiamare situazioni
     problematiche della vita reale e che richiedono competenze autentiche
     rappresenta una condizione sine qua non per dare alle/ai giovani adolescenti un
     contesto di scolarizzazione adeguato alle sfide socio-professionali cui saranno a
     breve chiamate/i.
     Abbiamo più sopra evocato il paradigma dell’azione collettiva, intorno ad esso si
     sviluppa la proposta di un nuovo curricolo delle competenze.

                                                                                              La consapevolezza
                                                                                              delle proprie
                                                                                              attitudini

14
1.7 Il nuovo paradigma
e i curricoli scoIastici
Abbiamo già visto più sopra che la legislazione scolastica ha recepito le
sollecitazioni verso un avvicinamento dei curricoli al versante dell’agire e
dell’operare e conseguentemente all’ambito della formazione di competenze
spendibili nei contesti della vita reale. Non si deve tuttavia dissimulare la
condizione ancora marginale e a tratti para-scolastica che ancora occupano
queste problematiche e queste progettualità nei curricoli delle istituzioni
scolastiche.
Relegate in un arco di tempo molto ridotto - perlopiù durante il quarto anno-
esse sono, anche in questa forma ridotta, comunque totalmente assenti nel
curricolo di due studenti su tre.
L’agire collettivo come modalità di attivazione dei processi di apprendimento
è ancora fenomeno piuttosto raro presso le istituzioni scolastiche dove invece
resta prevalente la separazione tra apprendere ed agire.
L’apprendere continua ad essere interpretato come restituzione da parte di
un discente di quanto comunicato da un docente e l’agire continua ad essere
demandato a situazioni straordinarie e comunque collocate per lo più nell’extra-
scuola.
Se indaghiamo brevemente la fenomenologia dell’agire collettivo e la
rapportiamo ai processi di apprendimento scopriamo quale potenziale va perso
ogniqualvolta i percorsi formativi trascurano questa modalità nei loro percorsi.
L’azione collettiva è attività in primo luogo deliberativa, l’individuo accede ad
una dimensione politica e sperimenta i meccanismi del dialogo, della ricerca,
della decisione e della responsabilità. Si tratta del più rilevante processo di
identificazione e del più formidabile veicolo di autostima ed auto-efficacia a
disposizione dei sistemi formativi.
La partecipazione a processi deliberativi orientati ad avviare un’azione comune
proietta l’adolescente nella dimensione adulta e gli fornisce le competenze
politiche (politeia ovvero l’agire collettivo attraverso patti e promesse)
necessarie alla vita attiva che oggi è fusa con la vita lavorativa.
L’azione collettiva è attività ideativa con sperimentazione dei vincoli di realtà e
insieme dei processi del ragionamento ipotetico e di quello congetturale; nella
deliberazione delle finalità dell’agire e dei suoi obiettivi si attivano processi
cognitivi di logica applicata che consentono la fusione di orizzonti; infine
nell’azione collettiva la dimensione politico/morale (cosa è giusto fare) si fonde
con quella tecnico/funzionale (come si può fare).
L’azione collettiva è organizzazione del lavoro e consapevolezza delle
sue molteplici implicazioni (negoziazione, valorizzazione, comunicazione,
valutazione, ecc.), si tratta di passare dalle procedure del soggetto individuale
a quelle del soggetto collettivo affrontando in situazione le complesse
problematiche della leadership, del coinvolgimento, della governance
dei sistemi e dei processi. Il soggetto collettivo deve essere in grado di
gestire la varietà delle linee di intervento (ricerca e progettazione, gestione
finanziaria, produzione, logistica, marketing, clienti, ecc.) assicurando il pieno
coinvolgimento e insieme efficienza, efficacia, economicità.
L’azione collettiva è uso funzionale e consapevole della rete e dei social
network: infatti le potenzialità del web si dislocano in una dimensione inedita

                                                                                      15
in quanto grazie all’operatività e intenzionalità propria del soggetto collettivo
     può generarsi il nuovo abito mentale proprio della cittadinanza digitale: il glocal.
     Solo l’azione collettiva dispone delle competenze necessarie per intersecare il
     globale e il locale in modo che sia l’uno che l’altro possano realmente arricchirsi.
     E’ necessario dunque entrare nei curricoli di istituto con la chiarezza
     dell’obiettivo: il paradigma della divisione del lavoro (antinomie docente-
     discente, teoria-pratica, scienze umane-scienze naturali, conoscere-agire, ecc.)
     non ha la necessaria efficacia per fornire quel tipo nuovo di intelligenza richiesto
     dal nuovo paradigma dell’agire collettivo.
     Il principio di responsabilità sociale del sistema di istruzione e formazione deve
     muovere verso l’introduzione nei curricoli di forti momenti di innovazione
     ispirati al nuovo paradigma.

     1.8 L’agire collettivo come gruppo
     d’impresa: l’imprenditorialità
     L’agire collettivo nei sistemi di apprendimento può darsi solo a patto di aprire,
     nel curricolo di istituto, uno spazio nuovo non condizionato dalle antinomie
     della divisione del lavoro. Molti sono dunque gli aspetti che non possono essere
     riproposti, ecco alcuni tra i più rilevanti:
     • non può essere una disciplina da insegnare,
     • non può fondarsi sulla separazione della teoria dalla prassi,
     • non può basarsi sulla divisione tra chi sa (docente) e chi non sa (discente),
     • non può mantenere la divisione dei saperi e tanto meno la separatezza
     disciplinaristica,
     • non può mantenere la divisione degli spazi e dei tempi,
     • non può mantenere la divisione tra chi valuta e chi è valutato.

     Spazio di investimento culturale, relazionale, affettivo, l’agire collettivo non può
     essere una simulazione ma deve essere invece un’occasione di immersione
     reale in una identità individual-collettiva con i rischi e le opportunità che questa
     comporta. Spazio di scoperta e di invenzione, l’agire collettivo deve misurarsi
     con la fenomenologia autentica della sfida che impegna, responsabilizza e
     sollecita passione conoscitiva.
     Spazio di gestione di processi complessi, l’agire collettivo non deve occultarne
     la dimensione problematica, situazionale, spesso caotica e comunque sempre
     elenctica rispetto agli stereotipi dell’agire burocratico funzionale.
     Aprire il curricolo a questa dimensione significa allora non tanto portare nelle
     aule problemi della vita reale ma piuttosto portare nelle aule lo strumento di
     azione della vita reale e interfacciare questo strumento con la sua dimensione
     naturale: la produzione di beni e servizi.
     Sono l’imprenditorialità e l’impresa a divenire nel curricolo il quadro di
     riferimento funzionale al nuovo paradigma dell’agire collettivo; non è, si badi
     bene, una scelta aziendalista né tanto meno l’abdicazione della pedagogia
     a favore dell’economia. E’ piuttosto lo sforzo di affrontare con concretezza il
     nodo teorico dei nuovi saperi e delle nuove forme di apprendimento ben
     sapendo quanto oggi i profili di scolarizzazione richiedano una intelligenza dal
     baricentro fortemente allungato sul versante dell’iniziativa, dello spirito creativo,

16
dell’istanza collaborativa e relazionale. L’imprenditorialità fecondata dal nuovo
paradigma dell’agire collettivo assume un abito mentale inedito, l’impresa
diventa cifra dell’agire nella società della globalizzazione e del cyberspazio.
Non ci sono altre strade per formare i nuovi profili di scolarizzazione se non
quella di accompagnare gli adolescenti nell’esperienza della messa a frutto
dell’intelligenza collettiva dentro i contesti del fare impresa e del mercato.
Un’imprenditorialità che dilata la sua funzione pedagogica in quanto è la risposta
all’adolescente che chiede di mettersi alla prova, è l’offerta di spazio e tempo
per agire, comunicare, confrontarsi, ideare,confutare, calcolare, programmare,
organizzare, valutare, il tutto sempre a partire da un team che è il vero e unico
soggetto d’impresa.

1.9 L’impresa basata sulla cooperazione
Proprio per accentuare il primato del collettivo e la rilevanza che il principio
isonomico comincia a rivestire nelle moderne forme di organizzazione, lo strumento
imprenditoriale che si propone è quello dell’impresa organizzata e gestita con
metodi cooperativi.
L’impresa orizzontale è in grado di associare l’istanza funzionalistica (nuovi profili
cognitivi, nuove competenze) con l’istanza etica (il lavoro come risorsa sociale della
comunità) consentendo ai giovani di fare insieme l’esperienza del mercato e quella
della comunità.
L’esperienza del mercato è necessaria per saldare il progetto d’impresa ai vincoli di
realtà e alle condizioni reali del suo esercizio, misurarsi con un business plan non
come semplice esercitazione scolastica ma come veicolo di un’azione reale è la
condizione imprescindibile per mobilitare e appassionare il gruppo.
L’esperienza di comunità è necessaria ai giovani per uscire da impostazioni
individualistiche e narcisistiche del comportamento. L’impresa basata sul principio
cooperativo consente l’esperienza della costruzione di una corporate identity nella
garanzia che ciascuno sia chiamato a fare la propria parte entro regole del gioco che
esaltano la discussione e il principio di isonomia.
L’impresa basata sul principio cooperativo innesta il paradigma dell’azione collettiva
entro le coordinate della storia del movimento dei lavoratori, questo consente
ai giovani di riscoprire anche la continuità con il passato e il riproporsi in versione
aggiornata delle antiche istanze del modo del lavoro.
La distribuzione ineguale dei mezzi di produzione e del capitale è il tratto distintivo che
separa chi può agire e intraprendere da chi non ha i mezzi per agire e deve dunque
mettersi al servizio, l’emancipazione attraverso l’impresa cooperativa riafferma
anche nei contesti educativo/formativi il proprio orizzonte di senso. I giovani che
si misurano con un’azione collettiva e la intraprendono fondando un’impresa
cooperativa assumono, rispetto al nodo dell’orientamento e dell’occupabilità una
posizione completamente differente rispetto ai giovani che non hanno modo di
fare esperienze di questo tipo. Per definire il valore aggiunto, il guadagno di questa
esperienza non è infatti sufficiente fare riferimento alla mobilitazione di energie e di
motivazioni e non basta nemmeno aggiungervi le molte competenze, non ultime
quelle sociali, relazionali, comunicative, organizzative che vengono messe in gioco.
Il vero guadagno è probabilmente la fusione di tutto questo, fusione che permette la
conquista di una nuova prospettiva da cui osservare il proprio futuro, una prospettiva
da condividere con gli altri con l’identico desiderio di agire.
                                                                                              17
Camp 4
               company          Capitolo 2

Il mondo       dell’impresa
      Progetti nelle scuole per far creare
    incontra           la scuola
                 un’azienda  agli studenti
Capitolo 2

Il mondo dell’impresa
    incontra la scuola

  2.1 Introduzione                                               22

  2.2 Skills di imprenditorialità richiesti                      22
        da realtá internazionali a neo-diplomati
        e buone pratiche internazionali di corsi formativi
  2.2.1 Skills di imprenditorialità                              22
  2.2.2 Buone pratiche di corsi formativi                        25

  2.3 Università di Verona: Un lavoro da … protagonista!         28

  2.4 L’indagine                                                 31
  2.4.1 Le domande                                               31
  2.4.2 La ricerca nel Triveneto                                 32
  2.4.3 Gli imprenditori locali                                  33
  2.4.4 Caratteristiche del futuro imprenditore                  33
  2.4.5 Il mondo degli imprenditori incontra la scuola           34
  2.4.6 Diplomati e mondo del lavoro: quali iniziative           35
                                                                      21
2.1 Introduzione
     All’interno della progettazione dell’educazione all’imprenditorialità e nella
     preparazione di tutte le iniziative collegate si è pensato fondamentale andare a
     verificare quale fosse la percezione del mondo dell’imprenditoria reale, quella
     presente sul territorio, rispetto al ruolo che può avere l’istituzione scolastica
     nella preparazione di una generazione di studenti consapevoli e preparati anche
     alla libera iniziativa economica.
     Questo capitolo si compone di tre parti:
     • nella prima parte l’Istituto IXL Center (Center for Innovation Excellence and
     Leadership), una delle principali società al mondo di consulenza strategica e
     di formazione nel campo dell’ innovazione, presente in 11 paesi del mondo e
     attiva da 35 anni, riassume in un contributo quanto emerge a livello mondiale
     sulla tematica “Skills di imprenditorialità richiesti da realtá internazionali a neo-
     diplomati”, portando anche alcuni esempi di buone pratiche esistenti a livello
     scolastico in Europa e nel mondo;
     • nella seconda parte l’Università di Verona, sulla base della propria esperienza
     sugli studenti post-diploma, si interroga su come i giovani debbano muoversi se
     intendono mettere alla prova le proprie competenze imprenditoriali;
     • nella terza parte invece si riportano i risultati di un’indagine sulla percezione
     che gli imprenditori hanno del ruolo della scuola e di cosa effettivamente si
     faccia e cosa manchi ai neo-diplomati nella nostra realtà.
     Tutte queste considerazioni portano ad una riflessione su quanto sia concretamente
     utile e necessario implementare nella scuola per rispondere alle necessità di un
     mercato del lavoro profondamente diverso da quello del passato.

     2.2 Skills di imprenditorialità
     richiesti da realtà internazionali
     a neo-diplomati e buone pratiche
     internazionali di corsi formativi
     2.2.1 Skills di imprenditorialità

     Situazione
     È opinione comune che la crisi economica internazionale tuttora in corso
     abbia cambiato il mondo. Innumerevoli aziende sono state costrette a ridurre
     le proprie attività o chiudere i battenti, con conseguente aumento della
     disoccupazione, in particolar modo di quella giovanile. Nonostante si scorgano
     segni di miglioramento all’orizzonte, risulta chiaro che il mondo futuro sarà
     diverso da quello del 2007. Secondo uno studio della società di consulenza
     Mc Kinsey1, tra i principali motivi che preoccupano l’80% del management di
     società appartenenti al S & P 500 (le 500 aziende a maggiore capitalizzazione
     degli USA), emergono:
     a) la crescente incertezza sul futuro;
     b) la crescente complessità nello svolgere attività imprenditoriali;
     c) la velocità con cui cambiano le cose.

     Un punto di partenza, è la scuola superiore, il cui compito è preparare i giovani
     ad un mondo sempre piú complesso, competitivo, globalizzato e veloce.
22
Insegnando loro le competenze necessarie per “vincere” in questi scenari,
li si aiuterà ad a) essere piú “appetibili” per aziende internazionali; b) portare
maggiore valore aggiunto ad aziende nazionali; c) essere meglio preparati per
lanciare nuove iniziative imprenditoriali/assumere la direzione di aziende di
famiglia.

Bisogno
Iniziamo dal capire quali competenze vengono maggiormente richieste dalle
aziende (specialmente aziende focalizzate su mercati internazionali) ai propri
collaboratori. Secondo un’analisi pubblicata dal quotidiano inglese “The
Guardian” (primavera 2013)2, le competenze/caratteristiche tra le più richieste
(e meglio retribuite) dalle imprese (numero d’annunci analizzati 500.000) per
assumere nuovi addetti risultano essere:

A) “Capacità organizzative”
Cary Cooper, professore di psicologia organizzativa e della salute alla Lancaster
University, interpreta questa richiesta come la capacità di “cavartela nel caso che
tu venga gettato nell’acqua fredda”. Questa caratteristica va interpretata come
flessibilità e capacità di individuare autonomamente soluzioni ai problemi. Da
questo punto di vista i giovani italiani possono avere un vantaggio in questo
campo in quanto in Italia, si è per definizione abituati a ragionare in tal modo.

B) “Capacità di comunicazione e leadership”
Questo termine è obiettivamente difficile da interpretare. Talvolta, questo
termine può riferirsi alla capacità di mostrarsi sicuri di se stessi davanti ai clienti
oppure, come capacità di lavorare in gruppo. Secondo Kirwan Hack, del
reparto gestione risorse umane della società di consulenza Fairplace Cedar3
(specializzata nelle ristrutturazioni aziendali), la seconda è l’interpretazione
prevalente. Questo vale anche nel caso in cui si debba lavorare in team
multiculturali. Leadership consiste nella capacità di motivare collaboratori a dare
il loro meglio e di indirizzarli al raggiungimento di obiettivi comuni.

C) “Passione e motivazione”
Anche questo termine si presta ad interpretazioni differenti. Sempre Cary
Cooper, interpreta questa qualità come “to self-start”, cioè la capacità di trovare
soluzioni adeguate a problemi, in maniera autonoma.

D) “Buone competenze tecniche specifiche all’attivitá svolta”
È interessante notare che le “competenze tecniche” appaiano solamente al
quarto posto. Non c’è dubbio che, se si ricerca un infermiere qualificato, esso
debba dimostrare qualifiche adeguate. È d’opinione comune che siano preferiti
coloro che riescono ad applicare competenze tecniche per creare valore per
l’azienda a coloro che sono “bravi sulla carta”. Secondo l’esperienza maturata
da IXL-Center lavorando con aziende attive in tutti i settori, certificazioni
internazionali come ad esempio “PMP” (project management professional)
o “GIMI” (innovation manager professional) possono dare un vantaggio
competitivo a chi le possiede.

E) “Modestia e spirito di sacrificio”
Secondo il professor Cooper, l’importanza di questa caratteristica è destinata

                                                                                          23
a crescere. Certamente, in una fase di economia stagnante, è diventata cosa
     comune per le aziende essere sotto organico. Questo significa che in molti casi
     viene richiesto ai collaboratori di essere disposti a fare cose al di fuori del proprio
     livello di competenza , sia verso l’alto che verso il basso.

     F) “Buona padronanza di lingue straniere”
     È di dominio comune il fatto che molte aziende danno per scontata una buona
     padronanza della lingua inglese, sia scritta che orale. La padronanza di ulteriori
     lingue parlate in mercati importanti per l’azienda (es. cinese mandarino, russo
     o spagnolo) possono aumentare l’attrattività di un neo-diplomato per aziende
     che esportano.4

     G) “Curiosità e desiderio di migliorare continuamente”
     Secondo Kirwan Hack di Fireplace Cedar, questa caratteristica può essere
     interpretata come l’energia ed il “fuoco” che si dimostra per l’attività assegnata.
     Caratteristica senza la quale, specialmente in periodi di difficoltà, è difficile
     sopravvivere. Il desiderio di migliorare continuamente presuppone anche il
     desiderio di innovare.

     I) “Track record” (risultati raggiunti in passate attività)
     Secondo Kirwan Hack, questa caratteristica è una delle caratteristiche meglio
     retribuite. Termine anglosassone, indica i risultati ottenuti in occupazioni
     passate, sia lavorative che scolastiche. Quali ad esempio i voti ottenuti a
     scuola, l’ottenimento di premi, la vincita di borse di studio o i risultati raggiunti
     in occupazioni passate come ad esempio l’aumento di fatturato generato, il
     numero di brevetti registrati, l’aumentato del tasso di soddisfazione dei clienti.

     L) “Carattere Innovativo; empatia e creativitá”
     Alcune attività richiedono di essere creativi. Il prof. Cooper suggerisce che
     essere “creativo” non è sinonimo di “scheggia pazza”, ma è una caratteristica che
     consente di riuscire a pensare ed agire in maniera nuova, per trovare soluzioni
     concrete a problemi. IXL-Center, da diverso tempo nota una convergenza tra le
     attività svolte da studi di design industriale (empatia e fantasia) e quelle svolte
     dalle società di innovazione strategica (struttura e disciplina) e mira a sviluppare
     collaborazioni integrate che portino a soluzioni uniche più velocemente e con
     meno rischio5. Società come Ideo Design (www.ideo.com), Frog Design (www.
     frogdesign.com) o Design Continuum (www.continuuminnovation.com) sono
     esempi di società che hanno applicato tale metodologia.

     Soluzioni possibili
     Le qualità/competenze richieste dalle aziende ai propri dipendenti e collaboratori,
     ed in particolare a giovani diplomati, sono diverse, ma il denominatore comune
     rimane “l’imprenditorialità”. In linea di massima la flessibilità, la fantasia e
     l’empatia proprie degli studenti italiani, porta a pensare che essi dovrebbero
     avere una “marcia in più” rispetto ad altri giovani di altri paesi. Effettivamente
     è così ma permangono delle lacune da colmare, in particolare la relativa
     capacità di comunicazione e le minori capacità organizzative (tra gli skills più
     richiesti) che possono diventare degli scogli difficili da sormontare. Proprio per
     questo motivo è vitale inserire nel proprio percorso scolastico corsi riguardanti

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l’imprenditoria e l’innovazione. Essi permettono, in prima istanza di:
• riconoscere e dare struttura alle proprie idee (anche imprenditoriali);
• acquisire la disciplina per riuscire ad iniziare un’attività e portarla a termine;
• imparare la capacità di lavorare in gruppo e prendere posizioni sulle tematiche
proposte.
Infine sarebbe ideale integrare le attività sopradescritte con lo studio di una
lingua straniera, dando la preferenza alla lingua inglese.

2.2.2 Buone pratiche di corsi formativi
Risulta chiaro che le qualità/competenze indicate sopra, sono trasversali e
non caratterizzano esclusivamente la sfera imprenditoriale. Forse questo è il
motivo per cui tra il 1985 ed il 2008, tra scuola superiore e università, il numero
dell’offerta di corsi di imprenditoria sia aumentato a livello mondiale di 20 volte
(dati Fondazione Kauffman)6.
Una recente ricerca della “rete per insegnare imprenditorialità” (NFTE)7 sostiene
che il valore aggiunto derivante dall’insegnamento ai giovani di come gestire un
azienda, va oltre la creazione delle prossime generazioni di imprenditori “star”
ma ha anche un forte impatto sociale sulla riduzione della povertà. Uno studio
di NFTE su un campione di oltre 500.000 studenti, per lo più di scuole medie e
superiori e con basso reddito, ha mostrato che:
• gli studenti che hanno completato un programma di imprenditoria giovanile
NFTE hanno raggiunto migliori risultati scolastici rispetto ai loro coetanei;
• il 99% di alunni di età superiore ai 25 anni che hanno seguito corsi di
imprenditoria hanno un diploma di scuola superiore, contro il 85 % dei loro
coetanei;
• il tasso d’abbandono scolastico per alunni che hanno seguito corsi scolastici
NFTE tra i 16 ei 19 anni è stato di 1%, a fronte di una media nazionale (USA) del
3,4%.
La metà degli alunni dei corsi di imprenditoria NFTE che si sono laureati al
college ha ottenuto una laurea in scienza, tecnologia , ingegneria o matematica.

Secondo l’amministratore delegato di NFTE Amy Rosen, molti bambini prendono
tra i 12 o 13 anni decisioni che influenzeranno la loro vita. E’ quindi lecito
domandarsi se, e quanto, può cambiare la vita di una persona frequentare un
corso che gli offre le giuste basi per posizionarsi meglio rispetto alle aspettative
del mercato e della società? La risposta di Amy Rosen è: « ho visto tante volte
che è possibile. Oggigiorno vengono offerti diversi corsi di imprenditorialità da
diverse scuole, ricordiamoci però che non è sufficiente preparare del materiale
didattico, ma è necessario anche:
sviluppare dei programmi/esercizi per applicare quanto appreso;
definire delle metodologie didattiche che favoriscano il divertimento;
sviluppare modelli che favoriscano la competizione oltre i confini della scuola/
classe ».

Di seguito tre buone pratiche:

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