Attacchi di Panico e Fobie - Associazione INSIEME Onlus
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UNIVERSITÀ DI MESSINA FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE Corso di Laurea in Scienze dell'Educazione e della Formazione Sede di Noto (SR) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ ----------------- Attacchi di Panico e Fobie Tesi di Laurea di: Corradina Triberio Relatore: Chiar.mo Preside. Prof. Antonino Pennisi ANNO ACCADEMICO 2010-2011 I
INTRODUZIONE Inizio la mia Tesi di Laurea dal titolo: “ATTACCHI DI PANICO E FOBIE” raccontandovi il motivo della mia scelta per questo argomento: Io soffro di DAP. DAP,cosa significano questa tre lettere ? Significano: DISTURBO DA ATTACCO DI PANICO. Era una calda mattina afosa dell’estate dell’anno 2001 quando ad un tratto scendendo le scale di casa mia che dalla mia stanza portano in cucina chiamavo disperatamente mia madre in preda ad un malore improvviso e sconosciuto la cui vertigine, il senso di svenimento e la tachicardia mi stavano inghiottendo in un vortice immaginario con tanta paura di morire che si era impadronita di tutta me stessa. Per fortuna bastò la presenza amorevole di mia madre ed il susseguirsi di qualche interminabile minuto per ritornare alla realtà ed al benessere. Sì, proprio alla realtà; perché quando si ha un attacco di panico la realtà è soffocata dalla paura che si impadronisce di tutto te stesso: mente e corpo. Da quell’attacco di panico improvviso la mia vita cambiò. Ma cosa mi portò a stare così male ? Una notizia per me scioccante il cui protagonista era il cuore malato di una persona a cui volevo molto bene. Trasferì in modo psicosomatico la malattia cardiaca in me stessa fino a soffrire di DAP. Dopo quel primo attacco di panico ce ne furono tanti altri per un intero anno sedando il malore sporadicamente con un ansiolitico quando era necessario. Dopo quel periodo la mia vita ricominciò ad essere “normale” in quanto gli attacchi di panico si erano allontanati, ma gestivo la mia vita non facendo attività in cui sapevo che il mio cuore avrebbe accelerato il suo battito quindi non facendo più sport e spostandomi solamente con mezzi di trasporto a motore anche per brevi tratti di distanza. Vivevo la vita condizionata dal pensiero del cuore . I miei genitori erano ignari di tutto ed io ne ero poco consapevole per me la cosa principale ed più importante era non affaticare il mio cuore. Ero diventata cardiopatica nella mia mente benché il mio organo cardiaco fosse in perfetta salute. Passarono gli anni vivendo in questo modo. III
Una sera dei Mondiali di Calcio dell’anno 2006 ero in casa da sola ed avrei dovuto raggiungere i mie genitori a casa di amici. Mi stavo preparando quando sentì il mio cuore battere più velocemente, il respiro affannato, il tutto sfociando in tachicardia ed in un attacco di panico improvviso. Riuscì a telefonare a mia madre che mi raggiunse in fretta e con amorevoli cure e l’intervento tempestivo del mio medico di famiglia riuscì a stare bene. La mia vita subì una trasformazione. Per tre lunghi mesi mi vennero attacchi di panico ogni giorno e spesso mi costringevano a recarmi al pronto soccorso. Sono arrivata quasi ad uno stato vegetativo: avevo paura a camminare, mangiavo solo imboccata da mia madre riuscendo ad inghiottire pochi bocconi di cibo, avevo paura ad uscire, avevo paura a lavarmi, avevo paura degli specchi, avevo paura a ridere, avevo paura quasi a parlare lo facevo sottovoce per non sforzarmi; la mia vita si svolgeva coricata a letto e dicendo in continuo solo una cosa : HO PAURA. I miei genitori erano disperati, ma nel frattempo non accettavano di portarmi da uno psichiatra perché i disturbi mentali sono visti come un qualcosa di cui ci si deve vergognare e di cui si ha paura ad affrontarli, ma poi vista la grave situazione l’hanno affrontata portandomi in ospedale da uno bravo psichiatra. Ero arrivata ad avere ventuno attacchi di panico nelle ore solari e durante le ore notturne era un susseguirsi di attacchi di panico anche mentre dormivo ed ero dimagrita più di dieci Kg, destando preoccupazione e molto timore ai miei genitori Nel novembre dell’anno 2006 i miei genitori mi hanno messa in macchina e portata in ospedale dal mio psichiatra di fiducia e dopo un colloquio e la visione di analisi cliniche e visite cardiologiche perfette ha diagnosticato il: DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO. Ho iniziato la cura farmacologica l’indomani del colloquio con lo psichiatra e da quel momento la mia vita è stata in ascesa perché il mio corpo ha avuto una riposta positiva farmacoterapia, invece alla psicoterapia non rispondevo in modo positivo ed ho dovuto abbandonare perché mi sentivo nervosa ed angosciata dopo il colloquio con lo psicoterapeuta. La mia cura risolutiva è stato l’amore di mia madre che mi ha strappata con forza e volontà alle mie fobie, la farmacoterapia che mi ha aiutata a non avere il malore degli attacchi di panico, la mia voglia di vivere che non mi è mai mancata. IV
Adesso dopo molti anni sono qui a scrivere la mia testimonianza di vita, sto bene, ho ripreso la mia vita e mi metto in gioco anche se ancora continuo a curarmi con la farmacoterapia con dosi di mantenimento. Voglio puntualizzare per esperienza personale che per uscire dall’incubo del DAP non bastano le terapie ma si deve volere, si devono accettare le cure, si deve accettare di essere aiutati perché se non si è affiancati da tutto ciò è molto difficile uscirne si avranno sempre delle ricadute come l’ho avuta nel 2006. Consiglio a tutti coloro che ne soffrono di farsi aiutare da specialisti ed accettare le cure perché senza una cura è solo un cammino in discesa. La mia tesi si apre con una piccola dedica, seguono il frontespizio, l’introduzione, una poesia scritta da me dal titolo: “Attacco di Panico”, quindi i capitoli della tesi. I capitoli sono cinque, all’interno di ciascuno di esso ci sono i vari paragrafi che sviluppano l’argomento trattato in cadauno. Alla fine della tesi abbiamo la conclusione, l’indice e la bibliografia. Dedico la mia tesi principalmente a San Giuseppe Moscati il Medico Santo di cui sono diventata devota non appena l’ho incontrato nella cappella dell’ospedale dove lavora il mio psichiatra di fiducia ed ai miei meravigliosi genitori che mi hanno dato la vita e sostenuta sempre e che mi hanno dato la possibilità di studiare. Inoltre al mio amico che non c’è più di nome Davide ed al mio carissimo psichiatra il Dott.Orazio Antonuccio primario del reparto di Psichiatria all’Ospedale di Avola (SR). Ancora dedico la mia tesi in modo particolare alla Santissima Trinità, la Madonna, San Pio da Pietrelcina,San Giovanni Bosco, San Corrado, Santa Lucia, Santa Rosalia e Sant’Agata che ho pregato tanto ed invocato per aiutarmi negli studi universitari. Ringrazio tutti i miei professori del mio corso di Laurea in “Scienze dell’Educazione e Formazione”, i segretari e tutti coloro che mi sono stati vicini in questo percorso di studi. Ringrazio per ultimo, ma non per importanza, il mio relatore il Preside Professore Antonino Pennisi che mi ha dato la possibilità di scrivere la tesi sull’argomento che io desideravo. Concludo l’introduzione alla mia tesi con una poesia che ho scritto in cui descrivo uno dei mie tanti attacchi di panico improvvisi augurandovi una buona lettura. Corradina Triberio V
Poesia: ATTACCO DI PANICO Inaspettatamente I secondi sembrano lunghi anni sono dentro un vortice mi gira la testa mi sento svenire sono fuori dalla realtà sento solo vertigini nel mio corpo la strada succhia mi agito tutta me stessa. non riesco a prendere le medicine sono lì dentro la borsa che ho tra le mani Il mio sguardo è alienato non riesco ad aprirla il sudore aumenta sempre più il mio corpo non risponde AIUTO il mio cuore è impazzito. nessuno mi aiuta mi sento svenire AIUTO cerco di camminare mi tremano le mani il mio respiro è sempre più affannato mi tremano le braccia il mio cuore è troppo agitato mi tremano le gambe sto perdendo i sensi non riesco a reggermi in piedi AIUTO lo grido forte ci sono riuscita la mia voce è inesistente ma, mi manca l'aria tutti si allontanano AIUTO hanno paura del mostro che si è impossessato di me sto impazzendo a stenti riesco a camminare mi trascino a passi lenti AIUTO ed arrivo alla soglia della porta amica che mi salva per l'ennesima volta sto morendo. dal pazzesco vortice che mi stava inghiottendo Corradina Triberio VI
CAPITOLO 1 Premessa La salute della psiche è meno nota alle persone in quanto i mass media dedicano soprattutto rubriche di medicina informando quasi unicamente sulla salute del corpo e quindi le persone quasi ignorando l’universo dei disturbi mentali non comprendono l’importanza della salute mentale. I disturbi mentali evocano ancora tutt’oggi un senso di imbarazzo e di vergogna sia in chi ne soffre, sia nei familiari che nel contesto sociale in genere. La medicina si occupa del visibile e dell’oggettivo in quanto cura il corpo, ma l’invisibile cioè la psiche la cui parola deriva dal greco Psiche che significa “anima” viene curata dalla psicologia. Diceva Aristole: “ L’anima è ciò che un corpo può fare di un corpo naturale dotato di organi, essa costituisce l’attività primaria ed intenzionale”. La nozione di anima però non coincide con quella di mente. La mente è paragonata al software del computer cioè il programma ossia le giuste informazioni formate da una lista di istruzioni emanate dalla nostra rete neurale ed è stato scoperto che il corpo umano trasmette in codice binario; il cervello invece è paragonato all’hardware del computer cioè la parte organica del nostro corpo. La psicologia sfocia nella psicologia contemporanea o delle scienze cognitive in generale agli odierni orientamenti di studio e di comprensione delle malattie mentali cioè alla psicopatologia ed alla psichiatria. La psicopatologia si apre essenzialmente alla filosofia esistenziale di dare una interpretazione del malato e della malattia mentale quindi della comprensione e descrizione fenomenologica della modalità di esistenza e dei vissuti dei soggetti malati a svelarne le strutture ontologiche legate all’impossibilità di essere o sentirsi diversi. La psichiatria indaga i disturbi mentali seguendo un approccio clinico-nosologico con l’obiettivo della diagnosi e quindi l’attuazione dei protocolli per il trattamento. Il funzionamento mentale (la memoria, l’intelligenza, il linguaggio, il pensiero, la ragione, la creatività) si spiega facendo riferimento all’attività dei sistemi di connessione cioè le reti neurali ovvero all’attività del sistema nervoso centrale (SNC) e del sistema nervoso periferico (SNP) . Il cervello ed il midollo spinale costituiscono il sistema nervoso centrale, dai gangli del midollo spinale si originano le fibre nervose che innervano tutti i tessuti degli organi e degli apparati. Questa fitta rete di nervi costituisce il sistema nervoso periferico (SNP) . Quindi abbiamo due porzioni si sistema nervoso quello centrale e quello periferico. 7
Gli orientamenti della psicologia contemporanea o delle scienze cognitive in generale agli odierni orientamenti di studio e di comprensione delle malattie mentali cioè alla psicopatologia e alla psichiatria troviamo indizi interessanti a carico dei comportamenti. Si notano che nelle malattie mentali soprattutto quelle più gravi abbiamo evidenti riferimenti ai processi informazionali che riflettono nell’anomalia comunicativa dei fenomeni psicopatologici. Le psicopatologie sembrano oltre che disturbi delle comunicazioni anche disturbi delle relazioni intesi in duplice dimensione di personale ed interpersonale. L’aspetto personale è testimoniato dalla difficoltà dei soggetti ad individuarsi ed a riconoscersi come persone dotate di prerogative personali proprie oppure dall’eccessiva considerazione e focalizzazione su di sé. L’aspetto interpersonale si riflette nell’autoisolamento dei malati di mente e nella conseguente chiusura in sé ed all’alterità. Quindi le psicopatologie si caratterizzano come disturbi delle comunicazioni e delle relazioni . Nella neurobiologia del cervello il rapporto causale tra gli stati cerebrali e gli stati mentali e tra gli stati cerebrali e i disturbi mentali basta una minima perturbazione come stress,traumi, lesioni ecc… per determinare un cambiamento sia degli stati mentali che della personalità nel suo complesso. Negli ultimi 30 anni è stata apprezzata anche l’attività delle cellule della glia la cosiddetta materia bianca ritenuta per lungo tempo un tessuto di supporto alla materia grigia, ma adesso se ne apprezza la loro funzione di ausilio negli scambi sinaptici. Tutti gli eventi patologici che interessano il sistema nervoso prendono il nome di neuropatie e fondano l’oggetto della neurologia. Codeste come tutte le altre patologie organiche sono caratterizzate dalla presenza di una lesione accertata ed accertabile. Le neuropatie sono patologie del cervello. Abbiamo tesi innatiste sull’eziologia delle malattie mentali per quanto riguarda l’ereditarietà genotipica che l’ereditarietà ambientale, ma queste indagini al massimo possono dimostrare la familiarità o predisposizione allo sviluppo in determinate circostanze della malattia mentale. Le teorie organicistiche sull’eziologia delle malattie mentali più accreditate in ambito clinico individuano il danno nelle alterazioni biochimiche a carico di alcune proteine e aminoacidi nei neurotrasmettitori quali dopamina,serotonina,acido glutammico, gaba e negli altri di cui non sono ancora noti gli effetti, oltre che nei recettori sinaptici. I neurotrasmettitori e i recettori consentono il passaggio degli impulsi nervosi elettrochimici nel SNC con la funzione di eccitare o di inibire l’ attività dei neuroni , la presunta sede della 8
lesione si configurerebbe nel difetto della modulazione biochimica dei neurotrasmettitori e dunque nella costituzione di nuove connessioni sinaptiche neurali da cui deriverebbero i disturbi psicopatologici. Le psicopatologie non rispondono a tutt’oggi a una eziopatogenesi palese e condivisa cioè manca la presenza di una lesione accertata ed accertabile. Gran parte delle malattie sono diagnosticabili con l’ausilio di indagini strumentali che mettono in evidenza la localizzazione precisa e l’entità del danno come negli organi, negli apparati e nelle neuropatie. Le lesioni del cervello sono riscontrabili attraverso una serie di tecniche che prevedono le misurazioni elettriche o le misurazioni elettromagnetiche. Le misurazioni elettriche sono quelle ottenute attraverso esami come l’ElettroMioGrafia (EMG) o l’ElettroEncefaloGramma (EEG) ; esse rilevano e registrano la differenza di potenziale muscolo-tendineo o delle aree cerebrali e consentono di valutare l’attività elettrica di base ossia quella degli impulsi nervosi espressa in millivolt (mV) per millisecondi (ms). Le misure elettromagnetiche forniscono immagini elettroniche e digitali delle strutture anatomiche superficiali e profonde del cervello e sono la MagnetoEncefaloGrafia (MEG), la TomoGrafiaAssialeComputerizzata (TAC) , la Risonanza Magnetica Nucleare (MRI), Risonanza Magnetica Nucleare Funzionale (fMRI). I disturbi della mente in assenza di lesioni certe ed accertabili rendono vano l’ausilio di stumenti diagnostici l’unica soluzione è la metodica diagnostica del colloquio clinico strutturato con il DSM-IV. Il DSM è il Diagnostic and Statistical Manual for Mental Disorders (DSM), cioè il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali che viene prodotto dall’APA (Associazione degli Psichiatri Americani) dal 1952 è attualmente alla sua sesta versione. Il DSM è quindi il manuale ufficiale che viene usato negli Stati Uniti dagli psichiatri e da più di 400 mila operatori della salute mentale per effettuare diagnosi psichiatriche, ma che è largamente in uso anche altrove, Italia compresa. Il suo sistema di classificazione fornisce la tassonomia psichiatrica standard sulla base della quale possono essere diagnosticati, e di conseguenza curati, i disordini mentali. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è stato più volte modificato, includendo ed eliminando malattie. Consiste in una classificazione "nosografica ateorica assiale" dei disturbi mentali. I disturbi mentali vengono definiti in base a quadri sintomatologici e questi ultimi sono raggruppati su basi statistiche.[1] Il DSM-IV è la quarta revisione di un lavoro di ricerca di mezzo secolo da parte dell'American Psychiatric Association. Parte della popolarità del DSM-IV è dovuta al fatto che esso si basa su una vasta base empirica ed è ateoretico cioè si è limitato a identificare le tipologie più frequenti di disturbo psichico e a fotografarne 9
gli elementi associati. Il manuale, secondo gli intendimenti degli autori e dell'APA, dovrebbe essere: nosografico: i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali. ateorico: non si basa su nessun tipo di approccio teorico, né comportamentista, né cognitivista, né psicoanalitico, né gestaltico, etc. assiale: raggruppa i disturbi su 5 assi, al fine di semplificare e indicare una diagnosi standardizzata. su basi statistiche: si rivolge ad esse in quanto il sintomo acquista valore come dato frequenziale; i concetti statistici di media, frequenza, moda, mediana, varianza, correlazione, ecc. giungono ad essere essi stessi il "solco" mediante il quale si valuta la presenza o meno di un disturbo mentale. Si tratta di un manuale che raccoglie attualmente più di 370 disturbi mentali, descrivendoli in base alla prevalenza di determinati sintomi. Il problema della malattia mentale non è un problema esclusivamente biologico o organicista come si credeva in passato, l'approccio attuale è necessariamente un approccio “multidisciplinare”: la malattia mentale è in sé stessa multifattoriale e ciò comporta che si tenga conto di tutti i diversi paradigmi di spiegazione. Il disturbo mentale è il risultato di una “condizione sistemica” in cui, rientrano: il patrimonio genetico, la costituzione, le vicende di vita, le esperienze maturate, gli stress, il tipo di ambiente, la qualità delle comunicazioni intra ed extra-familiari, l'individuale diversa plasticità dell'encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi. La struttura del DSM-IV segue un sistema multiassiale: divide i disturbi in cinque Assi, così ripartiti ASSE I: disturbi clinici, caratterizzati dalla proprietà di essere temporanei o comunque non "strutturali" e altre alterazioni che possono essere oggetto di attenzione clinica: lo psichiatra cerca la presenza di disturbi clinici che possono essere riconducibili non solo al cervello e al sistema nervoso, ma anche a qualsiasi condizione clinica significativa che il soggetto può avere (per esempio valuterà se il 10
soggetto è sieropositivo, malato cronico, etc.) ASSE II: disturbi di personalità e ritardo mentale. Disturbi stabili, strutturali e difficilmente restituibili ad una condizione "pre-morbosa"; generalmente, ma non necessariamente, si accompagnano a un disturbo di Asse I, cui fanno da contesto. Questo asse è divisa in sottoparagrafi corrispondenti ai diversi disturbi di personalità. ASSE III: condizioni mediche acute e disordini fisici ASSE IV: condizioni psicosociali e ambientali che contribuiscono al disordine ASSE V: valutazioni globali del funzionamento Generalmente il DSM richiede un cut-off cioè un numero minimo di sintomi raccolti per poter effettuare una corretta diagnosi. Di solito il DSM richiede un periodo minimo di presenza dei sintomi per poter effettuare una diagnosi. Altri criteri di esclusione sono l'età di insorgenza del disturbo ed una diagnosi differenziale rispetto a disturbi che potrebbero essere accomunati dagli stessi sintomi. Il DSM è al centro di numerose critiche, dal momento che non a tutti sembra uno strumento adeguato per valutare la situazione clinica di una persona. Opinioni difformi da quella dell'APA criticano la sua struttura rigidamente statistica, in particolar modo la scelta dei cut-off che porterebbero a diagnosticare un disturbo mentale ad una persona con tre delle caratteristiche richieste, allo stesso modo di una persona con sette di quelle caratteristiche e a scapito di chi ne raccoglie solo due. Inoltre l'approccio descrittivo del DSM impedisce di individuare qualche riferimento alle caratteristiche soggettive del paziente, agli effetti della sua esperienza e la sua storia personale.[2] 1.1 L’encefalo L’encefalo è contenuto all’interno di una solida struttura ossea, la scatola cranica, che lo protegge dagli agenti esterni e da eventuali traumi. Il suo peso totale è di circa 1350 grammi nel maschio e 1200 grammi nella femmina, ovviamente ciò non deve far pensare che vi sia una differenza di capacità intellettiva fra i due sessi, si tratta solamente di uno sviluppo quantitativo diverso in rapporto a una diversa massa corporea totale. Quest’organo è responsabile del controllo e della regolazione di tutte le attività e funzioni del nostro corpo; 11
ad esso giungono gli stimoli (sensazioni e percezioni) raccolti dalla periferia dell’organismo e da esso partono tutte le risposte motorie trasmesse alla muscolatura. L’encefalo è il centro delle funzioni mentali superiori, come la memoria ed i processi di ragionamento. L’encefalo è diviso in tre parti connesse tra loro: - Cervello; - Cervelletto; - Tronco Encefalico; Il cervello non è una struttura tutta uniforme, ma è diviso in due parti simmetriche gli emisferi destro e sinistro la cui superficie è ricca di solchi e scissure disposti nell’uomo secondo un piano uniforme, malgrado una grande variabilità individuale, e sono connessi da una lamina di fibre nervose chiamata corpo calloso. La forma del cervello è grossolanamente simile a quella di un ovoide, più espanso posteriormente, convesso nella parte superiore e con la superficie inferiore appiattita. I due emisferi sono entrambi suddivisi in sotto- parti, denominate lobi: il lobo frontale, il lobo occipitale, il lobo temporale e il lobo parietale. La corteccia cerebrale è costituita da materia grigia, quella bianca centralmente, costituita da fasce di fibre nervose, presenta nuclei di altra sostanza grigia che sono importanti centri nervosi. Il mantello cerebrale è suddivisibile dalle scissure, le più importanti sono: la scissura laterale o del Silvio, il solco centrale del Roland, la Scissura parieto-occipitale, il solco del cingolo e la scissura collaterale in otto lobi, cinque sulla superficie esterna degli emisferi, uno sulla superficie mediale, e due su quella inferiore. Nel cervello abbiamo pure i ventricoli cerebrali che sono quattro cavità comunicanti fra loro, i due laterali comunicano con il terzo attraverso i forami interventricolari di Monro. Il quarto ventricolo comunica con il terzo attraverso il l'acquedotto mesencefalico del Silvio. In essi viene prodotto e circola il liquido cerebro- spinale questo viene prodotto per secrezione dai plessi corioidei. Il liquido dal quarto ventricolo si riversa nello spazio subaracnoideo attraverso fori: foro di Magendie e forami di Luschka. 12
Fig.1 L’encefalo Le informazioni al cervello e dal cervello vengono trasportate da strutture cellulari il cui prolungamento assonico entra nella costituzione del midollo spinale. Il midollo spinale è parte del sistema nervoso, è situato all'interno della colonna vertebrale ed è responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi dal centro alla periferia e viceversa. Il talamo è il principale centro di comunicazione fra il midollo spinale e gli emisferi cerebrali. Al di sopra del tronco cerebrale si trova una struttura implicata nel coordinamento motorio, che si chiama cervelletto. Il cervelletto rappresenta, dopo gli emisferi cerebrali, la parte dell'encefalo più sviluppata. Al pari degli emisferi cerebrali esso appare grigio in superficie dove si trova uno spesso strato corticale reso irregolare da una serie di scissure che lo suddividono in diverse porzioni. L'insieme dei risultati sperimentali ottenuti nell'animale e nell'uomo sembra giustificare la tendenza attuale a non considerare più il cervelletto come organo esclusivamente dedicato al controllo dell'equilibrio o dei movimenti volontari. In base all'esistenza di cospicue connessioni anatomiche con le aree associative e paralimbiche della corteccia cerebrale, entrambe coinvolte nella organizzazione di funzioni nervose superiori, si è progressivamente consolidata l'ipotesi che il cervelletto rappresenti una parte importante del sistema distribuito di circuiti neurali dedicati alle funzioni cognitive. Il tronco encefalico di forma approssimativamente cilindrica, racchiuso in un canale contenuto all’interno della colonna vertebrale, contiene numerose strutture e vie nervose molto importanti e connette il cervello al midollo spinale. Lungo circa 45 cm, ha un diametro di un centimetro circa; è costituito da sostanza grigia (neuroni) all’interno e da fasci di sostanza bianca situati sulla superficie. La sua funzione principale è quella 13
di provvedere all’innervazione del tronco e degli arti; a tale scopo è collegato alla periferia mediante 33 paia di nervi, detti appunto nervi spinali. Sia l’encefalo sia il midollo spinale sono rivestiti e protetti da membrane connettivali: le meningi, che possiedono una propria rete di vasi, in cui circola un liquido detto liquor (o liquido cerebrospinale),che ha la funzione di sostenere e proteggere le strutture nervose; normalmente, il volume del liquor è di circa 150 cm3. Fig.2 Midollo spinale 1.2 Le funzioni fisiologiche dell’encefalo I due emisferi cerebrali non svolgono le stesse funzioni fisiologiche; quello di sinistra è coinvolto nel linguaggio articolato, nella scrittura, nella memoria delle parole note, nell’associazione tra l’espressione verbale e le immagini o le idee, quello di destra invece è coinvolto in attività non linguistiche e ha soprattutto la capacità di cogliere i messaggi visivi nel loro insieme tenendo conto delle valenze emotive. Un ponte di fibre nervose, che connettono le due metà del cervello, consente lo scambio di informazioni. Per quanto riguarda ciò che concerne l’attività intellettiva, allo stato attuale delle conoscenze, si ritiene che non esista un’aria specifica dove insorgano le idee o dove trovi localizzazione la memoria: tali capacità sono piuttosto ritenute diffuse a tutta la corteccia cerebrale e realizzate attraverso l’associazione tra i diversi centri nervosi superiori. 14
Per comprendere che le nostre facoltà sono localizzate in certe regioni specifiche del cervello ci sono voluti molti anni di studio. La prima persona a tentare ciò fu lo scienziato viennese Franz Joseph Gall. All'inizio del XIX secolo, attorno al 1800, egli fu il primo a cercare di descrivere nei dettagli le suddivisioni del cervello, basandosi su un approccio sperimentale che oggi si chiama frenologia. Gall era rimasto colpito dal fatto che i tratti intellettuali di certe persone sembrassero trovare una corrispondenza nella forma del loro cranio. Ad esempio, alcuni tra i più intelligenti dei suoi amici avevano una fronte particolarmente prominente. Gall aveva allora immaginato che tale prominenza fosse dovuta al fatto che l'intelligenza nel cervello fosse localizzata nella regione frontale, e che l'intensa attività intellettuale dei suoi amici avesse causato il maggiore sviluppo di questa regione del cervello, deformando così il cranio e rendendo la regione frontale più prominente. In secondo luogo Gall ha introdotto l'idea che le funzioni sono localizzate. Egli ha proposto localizzazioni di funzioni cerebrali in modo molto preciso, sostenendo che regioni specifiche controllassero funzioni molto elaborate, come la riservatezza, l'amore romantico, l'altruismo, la generosità eccetera, essendo ciascuna di esse associata a una parte diversa del cervello. Aveva costruito una cartografia del cervello nella quale le tendenze al possesso, a essere parsimoniosi o risparmiatori, tutte questi attributi collegati all'accaparrare, fossero raggruppati insieme, e che l'idealismo, l'esuberanza, la raffinatezza e il perfezionismo, tutti questi tratti di ordine superiore, fossero anch'essi localizzati nel cervello. Così fino a circa il 1860, quando un grande neurologo francese, Paul Broca, riaprì la questione della localizzazione nel contesto della neurologia del linguaggio. Broca si imbatté in un paziente con un insolito difetto di linguaggio. Questi problemi del linguaggio sono chiamati afasie. Sono delle malattie neurologiche che riguardano l'articolazione o l'espressione del linguaggio, generalmente dovute a incidenti di tipo vascolare. Questo paziente comprendeva perfettamente il linguaggio, ma era incapace di articolarlo, non riusciva a utilizzare il linguaggio per esprimersi. Aveva completamente perso la facoltà di esprimersi con il linguaggio, nonostante fosse rimasto capace di comprenderlo. Quando questo paziente morì e fu sottoposto ad autopsia, Broca scoprì che questo paziente aveva una lesione nel lobo frontale. In seguito Broca scoprì altri sette pazienti con un difetto simile: tutti avevano difficoltà a esprimersi con il linguaggio, ma tutti lo comprendevano perfettamente. Al loro decesso, l'autopsia dimostrò che ciascuno di essi presentava la stessa identica lesione e che in ciascuno di essi la lesione era localizzata nell'emisfero sinistro del cervello. Egli annunciò allora uno dei principi fondamentali delle neuroscienze e cioè che noi parliamo con il nostro emisfero sinistro. La nostra capacità di esprimerci in modo preciso con il 15
linguaggio è localizzata nel cervello sinistro. Broca denominò quest'area "area di Broca ", nome col quale viene tuttora chiamata. Qualche anno più tardi un neurologo tedesco, Karl Wernicke, compì una seconda scoperta. Scoprì un paziente che presentava una lesione dell'area parieto-temporale, proprio dove il lobo parietale incontra quello temporale. Questo paziente aveva un difetto di linguaggio diverso da quello di Broca: i pazienti di Broca capivano, ma non riuscivano a esprimersi. Questo paziente, invece, era in grado di esprimersi, ma non capiva niente; quindi quello che diceva aveva ben poco senso. Al momento dell'autopsia, Wernicke vide che la lesione si trovava ancora una volta nell'emisfero sinistro a livello del lobo parieto-temporale. Egli chiamò questa zona "area di Wernicke". Il merito più grande di Wernicke, tuttavia, non si limita a questa scoperta, ma al fatto di aver combinato le scoperte proprie e quelle di Broca nello sviluppo di una teoria del linguaggio. La corteccia occipitale è il luogo in cui l'informazione visiva entra nel cervello, mentre l'area temporale è il luogo d'entrata dell'informazione uditiva. Quando si sente qualcuno parlare, o quando si legge qualcosa, le informazioni entrano all'interno di sistemi sensoriali specifici e quindi vengono portate nell'area di Wernicke, dove sono tradotte in una sorta di codice neurale del linguaggio. Questo codice viene poi inviato all'area di Broca, attraverso una via nervosa nota come fascicolo arcuato. Successivamente, nell'area di Broca, le informazioni vengono tradotte in linguaggio, che può poi essere articolato e pronunciato. Wernicke ha dunque ripreso l'idea della localizzazione delle funzioni ed elaborandola sostenne che una funzione complessa come il linguaggio non è controllata da una sola regione, ma dalla combinazione di più regioni. Del cervello abbiamo una buona conoscenza dello sviluppo, abbiamo una buona conoscenza del modo in cui funzionano le cellule e dei sistemi di cellule, ma quello che ancora non si è riusciti a capire sono i processi della mente; le neuroscienze cognitive si domandano infatti quale sia la struttura della mente. Fig.3 Area di Broca e di Wernicke 1.3 Il sistema nervoso 16
Il sistema nervoso è costituito da un insieme complesso di organi centrali racchiusi all’interno della cavità cranica e del canale vertebrale e da organi periferici predisposti alla funzione di raccogliere gli stimoli interni ed esterni e di inviare gli impulsi alle cellule effettrici. Le attività degli organi del corpo umano sono regolate da un sistema di cellule dette neuroni. Il sistema nervoso è suddiviso in sistema nervoso centrale costituito dall’encefalo e dal midollo spinale e in sistema nervoso periferico che è costituito dai nervi cranici dai nervi spinali e dai gangli. Fig.4 Il sistema nervoso Il neurone è l’unità fondamentale del sistema nervoso, il più piccolo elemento capace di generare impulsi nervosi. Esso è costituito da un corpo centrale dalla cui superficie si dipartono i dendriti e l’assone. Dal punto di vista fisiologico, invece, rappresenta una cellula in grado di generare e trasmettere un impulso elettrico. Come tutte le cellule dell’organismo, il neurone, possiede un nucleo ed un citoplasma che gli permettono di svolgere la sua attività. Il sistema nervoso è formato da circa diecimila milioni di neuroni. 17
Fig.5 Il neurone I neuroni sono cellule specializzate che hanno come proprietà: l’eccitabilità e la conducibilità eccitabilità: è la capacità in seguito ad uno stimolo di modificare la differenza di potenziale transmembrana. conducibilità: è la capacità di condurre gli impulsi elettrici lungo le fibre nervose. I neuroni hanno forme e dimensioni diverse ma si possono classificare in 3 tipi principali: neuroni motore: trasmettono gli impulsi dal sistema nervoso agli organi periferici (effettrici) neuroni associativi: servono a collegare tra loro altri neuroni. neuroni sensoriali (o cellule bipolari o cellule T): hanno due prolungamenti rivestiti di mielina, uno dei quali conduce l’impulso verso il corpo cellulare (cioè verso l’interno) e l’altro dal corpo cellulare verso l’esterno( afferenti). Lo spazio di comunicazione fra neuroni e fra questi e le cellule effettrici è chiamato sinapsi. L’impulso per poter essere trasmesso ha bisogno di particolari sostanze chiamate: neurotrasmettitori. Vi sono diversi tipi di neurotrasmettitori: l’acetilcolina, l’adrenalina, la noradrenalina, ecc… 18
Fig.6 La sinapsi Il sistema nervoso è bipartito in sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale è costituito dall’ encefalo e dal midollo spinale. Il sistema nervoso periferico comprende i nervi cranici che derivano dal cervello e i nervi spinali emergenti dal midollo spinale con i gangli. I nervi, cranici o spinali, svolgono una funzione di collegamento trasportano dal centro alla periferia gli stimoli originati dal sistema nervoso centrale necessari alla contrazione muscolare; in direzione opposta, ovvero dalla periferia al centro, portano avanti gli stimoli sensoriali raccolti dai recettori, e riguardanti, per esempio, la posizione del corpo nello spazio, il dolore, la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto, il tatto. Il Sistema Nervoso Periferico si suddivide in due parti principali: Sistema Nervoso Somatico, responsabile delle risposte volontarie; Sistema Nervoso Autonomo, o Vegetativo, responsabile delle risposte involontarie. Il Sistema Nervoso Somatico è costituito da fibre nervose periferiche che inviano informazioni sensitive al Sistema Nervoso Centrale e fibre nervose motorie che si portano ai muscoli scheletrici. 19
Il Sistema Nervoso Autonomo e' suddiviso in due parti ad azione antagonista: Simpatico (toracico - lombare); Parasimpatico (craniosacrale). Il Sistema Nervoso Autonomo è costituito dal sistema nervoso simpatico e dal sistema nervoso parasimpatico. Il Simpatico nasce nel midollo spinale. Stimola il cuore, dilata i bronchi, contrae le arterie e inibisce l'apparato digerente, prepara l'organismo all'attività fisica. Il Parasimpatico è antagonista al sistema simpatico ed è un sistema che promuove la digestione, la peristalsi, al sonno e al riposo. sono molto. Nel cuore, il Parasimpatico ha il compito di diminuire i battiti cardiaci, la pressione, e provocare una vasocostrizione delle coronarie.[3] 20
CAPITOLO 2 Premessa: che cosa è l’ ATTACCO DI PANICO L’ attacco di panico è un episodio di improvvisa ed intensa paura provocato da una forte ansia accompagnato da sintomi somatici e cognitivi come palpitazioni, tremore, sensazione di soffocamento, vertigini, dolore al petto, nausea, paura di morire, paura di impazzire, brividi, vampate di calore e nei casi più estremi svenimento. La durata dell’attacco di panico è di circa trenta minuti. Chiunque abbia provato un attacco di panico lo definisce come un’esperienza terribile, improvvisa, indescrivibile che lascia dentro di sè la paura di un nuovo episodio. L’episodio dell’attacco di panico può rimanere isolato o ripetersi nel tempo, nel secondo caso, possiamo parlare di disturbo di panico ( DAP ) .[4] 2.1 Il termine “panico” Il temine panico deriva dal Dio Pan, una divinità ellenica parte uomo e parte capra, che il mito lo vuole figlio di Zeus e della ninfa Callisto, mentre un’altra versione lo vuole figlio di Penelope e di tutti i suoi pretendenti, con cui avrebbe avuto rapporti durante l’attesa del marito. Pan era un Dio solitario non risiedeva sull’Olimpo, ma viveva specialmente nei boschi e con la sua voce spaventosa incuteva in chi la udiva una grande paura, infatti panico da Pan per questo motivo. Secondo Omero la versione più accreditata di Pan era che egli nacque dall’unione di Hermes e della ninfa Driope, ninfa della quercia; la madre lo abbandonò subito dopo la nascita poiché il suo aspetto era talmente brutto che ne rimase terrorizzata; Hermes allora lo raccolse e dopo averlo avvolto in una pelle di lepre, lo portò sull’Olimpo per far divertire gli dei, causando così l’ilarità di Dionisio, che lo accolse nel suo seguito. È raffigurato con gambe e corna caprine, con zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, con due corna in fronte, il naso schiacciato, il volto ornato da una barba caprina e dotato di un’espressione terribile, a dispetto della quale Pan è un dio gioviale e generoso, sempre pronto ad aiutare quanti chiedono il suo aiuto. 21
Fig.7 Dio Pan Racconta Plutarco che sotto il regno di Tiberio, un vascello romano si trovò a passare nei paraggi di un’isola del mar Egeo, quando il vento cessò improvvisamente e nel silenzio si udì una voce gridare: "Il Grande Pan è morto". A quella notizia da ogni parte dell’isola scoppiarono pianti, gemiti e singhiozzi di cui non si seppe mai la provenienza.[5] 2.2 Che cosa è il disturbo di panico Il disturbo di panico è incluso nel gruppo dei disturbi d’ansia, la caratteristica principale è la presenza di attacchi di panico ricorrenti ed inaspettati seguiti dalla preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico. In genere prima di rivolgersi ad uno psichiatra ci si rivolge a vari medici in primis al cardiologo per scongiurare problemi cardiaci, quindi al pneumologo e così via finché si arriva come ultima spiaggia allo specialista. Lo psichiatra dopo un colloquio ed una diagnosi differenziale diagnostica il tipo di problematica del paziente nel nostro caso si tratta del: disturbo di panico (DAP). Il soggetto affetto da DAP entra pian piano in un circolo vizioso perché ha sempre paura dell’arrivo di un nuovo attacco di panico, le relazioni sociali risultano compromesse,è incapace di uscire da solo, incapace di stare in casa da solo, incapaci di dormire da solo,diventa dipendente dagli altri. A stare male non è soltanto chi ha il disturbo di panico, ma anche i familiari del soggetto affetto da DAP perché non riescono in un primo momento a capirlo ed aiutarlo e successivamente devono modificare la loro vita di per aiutare la 22
persona che sta male. Il termine specifico della paura perenne di rimanere da soli, di spostarsi, cioè di tutti gli evitamenti è: agorafobia. È inevitabile il senso di frustrazione per il soggetto affetto da DAP e ciò deriva dal fatto di dipendere dagli altri, egli si sente depresso, scoraggiato, sfiduciato, apatico, pessimista, con sensi di colpa, infelice. Questi stati d’animo vengono definiti demoralizzazione secondaria perché non sono dovuti ad una depressione vera e propria, ma sono soltanto la conseguenza del fatto che il soggetto che soffre di attacchi di panico ha come conseguenza una limitazione del suo benessere psico-fisico e nelle relazioni sociali e con l’ambiente. Tutto ciò scompare quando si guarisce dal DAP ritornando ad essere di buon umore, attivi, fiduciosi, autonomi. C’è da precisare il significato di due termini cioè guarire ed eliminare. Guarire non significa eliminare del tutto un problema, ma riuscire a stare bene anche avendolo, convivere con esso, questa fase negli attacchi di panico è quando si sta bene ma si è ancora in terapia. Eliminare significa proprio il non avere più quel determinato problema in questo caso degli attacchi di panico quando non si è più in terapia di nessun tipo e non si hanno ricadute Esiste anche il DAP che sfocia in vera e propria depressione ed in questi casi la sofferenza e le difficoltà per chi ne è affetto sono maggiori, ma le terapie usate per il DAP aiutano anche per la depressione. 2.3 Differenza tra paura,ansia e panico La paura è uno stato d’animo giustificato da situazioni reali che costituiscono un pericolo, essa dipende da un fattore esterno che se non c’è questo elemento reale non c’è nemmeno essa. Se questa sensazione di paura si prova quando non c’è un elemento reale o il pericolo è inferiore a ciò che percepisce il soggetto si parla di ansia. L’ansia invece dipende da un fattore interno ed è molto difficile evitarla, essa è un’esperienza molto diffusa, ma non sempre patologica. Non tutte le persone che provano ansia si ammalano di questo disturbo o devono fare una terapia per eliminarla. In alcune situazioni l’ansia può essere utile per migliorare le proprie prestazioni, se invece essa è troppo bassa si può anche avere una prestazione inferiore alle proprie effettive capacità. Quando l’ansia invece è eccessiva siamo di fronte alla vera e propria patologia che compromette la propria vita provocando un forte disagio. Il soggetto ansioso si sente sempre in pericolo: è una percezione difficile da poter descrivere. Gli stati d’ansia comprendono anche gli attacchi di panico. Una crisi di ansia ha caratteristiche comuni in varie situazioni quali irrequietezza, indecisione, gesticolazione, tachicardia, aumento della pressione arteriosa, sudorazione eccessiva, tremore, apprensione, attesa di eventi spiacevoli. Il soggetto ansioso è sempre angosciato ed ha molta immaginazione e rimugina sempre sulle cose che gli accadono trasformando un evento reale in immaginario fonte di interrogativi e preoccupazioni. La persona ansiosa è pessimista e tutto ciò si ripercuote sulla sua visione del mondo e nel suo comportamento sfociando in ipervigilanza, sfiducia in sé e preoccupazione eccessiva ed ella è consapevole di tutto ciò. Tutto questo si 23
manifesta con un comportamento previdente, adotta precauzioni eccessive per tutto ciò che deve fare. La mente dell’ansioso è in continua “ebollizione” fin dal risveglio pensa agli eventi della giornata, se avrà abbastanza tempo, se avrà degli imprevisti, se avrà dimenticato a fare qualcosa. Egli per tranquillizzarsi in genere usa dei mezzi come amuleti, ricordi dell’infanzia, medaglioni o altri oggetti che gli trasmettono sicurezza e/o conforto. È fondamentalmente superstizioso, si affida a scongiuri, formule magiche, ogni cosa acquista un significato o diventa un segno. In famiglia l’ansioso si preoccupa eccessivamente per la salute ed il benessere di tutti. La persona con ansia patologica si abbandona spesso all’uso di alcool e/o stupefacenti perché egli si sente inadeguato alla realtà che lo circonda. Infatti sono persone facilmente suggestionabili, vulnerabili e dipendenti dagli altri. L’ansia è comune alla maggior parte degli uomini e delle donne in egual modo nel mondo, si manifesta nelle classiche forme di timore ed inquietudine ed è presente a tutte le età dai bambini, agli adolescenti, agli adulti. Così anche l’attacco di panico è in egual modo distribuito come patologia e ne soffre una buona percentuale della popolazione mondiale. L’età di insorgenza è in genere intorno ai 25 anni con casi di deviazioni intorno ai 6-9 anni. La persona colpita da un attacco di panico ne sa riferire l’inizio e la fine in modo facilmente individuabile, mentre l’ansia ha un inizio ed una fine non precisabili. Riconosciamo tre tipi di attacchi di panico caratteristici con differenti relazioni tra l’esordio dell’attacco di panico e la presenza o assenza di fattori scatenanti situazionali: Attacchi di panico inaspettati (non provocati) nei quali l’esordio non è associato con un fattore scatenante situazionale cioè si manifesta spontaneamente a “ciel sereno”. Attacchi di panico causati dalla situazione (provocati) nei quali l’esordio non è associato ad un fattore scatenante situazionale ma si manifesta subito durante l’esposizione o nell’attesa dello stimolo o del fattore scatenante situazionale. Attacchi di panico sensibili alla situazione che hanno più probabilità di manifestarsi in seguito all’esposizione allo stimolo o al fattore scatenante situazionale, ma non sono invariabilmente associati con lo stimolo e non si manifestano necessariamente subito dopo l’esposizione. 24
L’attacco di panico può anche manifestarsi con modalità atipiche: l’attacco abortivo è caratterizzato da tutti i sintomi iniziali dell’attacco di panico tipico, la sintomatologia insorge e progredisce con la stessa modalità, ma si arresta poi in fase precoce, senza raggiungere il picco estremo di gravità che è un genere caratterizzato dalla paura di morire o di impazzire o di perdere il controllo. 2.4 Definizione dell’attacco di panico Nella quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV) l’attacco di panico viene definito come un periodo preciso di intensa paura o disagio durante il quale quattro o più dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nell’arco di 10 minuti : 1. Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia: le palpitazioni fanno temere al paziente di poter avere un infarto e questo aumenta la paura ed il bisogno di cercare un medico; in realtà il rischio di un infarto durante una crisi di panico è molto scarso. La tachicardia è provocata da una scarica di adrenalina che fa aumentare la quantità di sangue che arriva al cuore. 2. Sudorazione: la sudorazione, tipico sintomo ansioso, è abbondante soprattutto al palmo delle mani, ma anche in altre zone del corpo. 3. Tremori: fini o grandi scosse 4. Dispnea o sensazione di soffocamento: in forma più lieve questo sintomo si può manifestare come intolleranza per gli ambienti chiusi (claustrofobia), per le finestre chiuse, si ha sempre il bisogno di tenere un po’ la porta aperta, la finestra o il finestrino della macchina aperti. Anche l’intolleranza ai vestiti stretti ed attillati può essere interpretata come sintomo agorafobico. 5. Sensazione di asfissia o mancanza d’aria: la sensazione è quella di non riuscire a respirare profondamente, si tende perciò ad aumentare la frequenza del respiro (polipnea). 6. Dolore o fastidio al petto o sensazione di oppressione toracica: non è causato da un imminente infarto, ma dalla contrazione dolorosa dei muscoli intercostali. 7. Nausea o disturbi addominali. 8. Sensazione di vertigini, di instabilità, di testa vuota o di svenimento: sono sintomi legati alla polipnea . 9. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi). 10. Paura di perdere il controllo delle proprie azioni o di impazzire. 11. Paura di morire. 25
12. Parestesie (sensazione di torpore o di formicolio): le parestesie soprattutto intorno alle labbra ed alle mani, sono provocate dall’aumento della frequenza respiratoria la cosiddetta “sindrome di iperventilazione”. Questo aggrava ancora di più l’ansia poiché si teme di poter avere una paralisi. E’ sufficiente respirare più lentamente e più profondamente o respirare per qualche secondo in un sacchetto di carta per far sparire il formicolio. L’ordine sopra seguito nel riportare i sintomi riflette la frequenza con cui vengono solitamente riferiti. L’attacco di panico è un sintomo aspecifico cioè può far parte di diversi disturbi. È il sintomo principale del DAP, ma non è esclusivo di questo. Dinanzi ad un paziente con un attacco di panico prima di concludere che soffre di DAP è bene fare una diagnosi, la cosiddetta diagnosi differenziale. Indipendentemente dall’età del soggetto o dai fattori di rischio deve essere raccolta una storia medica e devono essere eseguiti degli esami quali ECG ed esami di laboratorio di routine (esami delle urine, emocromo, glicemia, calcemia, ormoni tiroidei ecc..) per accertarsi dello stato di salute. Nell’esame delle urine è importante effettuare l’esame della presenza di sostanze psicoattive. Un disturbo d’ansia con attacco di panico legato ad una condizione medica generale comprende l’attacco di panico dovuto all’azione di una malattia medica. Esistono numerose malattie mediche che possono provocare un attacco di panico e questo non significa essere affetti da DAP. Infatti la diagnosi di DAP richiede che le crisi non siano provocate da una malattia fisica. Le malattie fisiche che possono scatenare un attacco di panico sono: L’epilessia temporale che provoca crisi improvvise di attacchi di panico, ma qui l’ECG è chiaramente alterato, invece nel DAP è normale. Malattie della tiroide tutte le malattie che provocano ipertiroidismo o ipotiroidismo. Feocromocitoma è un tumore caratterizzato da crisi improvvise di iperproduzione di adrenalina e quindi si avverte un sintomo simile ad un attacco di panico. Altri disturbi endocrinologici, come ad esempio l’ipoglicemia. Queste malattie fisiche vengono facilmente diagnosticate con gli esami di laboratorio. Un attacco di panico può essere provocato anche dall’assunzione di sostanze, ma queste non causano il DAP. Ciò significa che l’attacco di panico è correlato all’uso di una determinata sostanza. Il disturbo è dovuto all’assunzione o all’astinenza, ma scompare quando termina l’effetto della sostanza. Quindi si prende in causa l’assunzione e l’astinenza di sostanze. 26
Per quanto riguarda l’assunzione possono provocare un attacco di panico sostanze farmacologiche (cortisonici, tiroxina, insulina in dosi eccessive, broncodilatatori, pillole dietetiche ecc..), sostanze psicoattive (caffeina, bevande alcoliche, anfetamina e simili, cocaina, cannabis, allucinogeni, inalanti ecc…), sostanze tossiche (sostanze volatili come vernici, benzina ecc.., anidride carbonica, gas nervini, insetticidi organo fosforici che si usano in agricoltura). Invece, per quanto riguarda l’astinenza da quelle sostanze che provocano un attacco di panico si deve ricordare l’astinenza da sostanze farmacologiche ( sedativi, ipnotici e ansiolitiche) oppure dalle sostanze psicoattive (bevande alcoliche, cocaina ecc…). C’è da precisare che le sostanze farmacologiche provocano l’attacco di panico se sono assunte in dosi eccessive o errate, invece le sostanze psicoattive, il gruppo della caffeina e delle bevande alcoliche, possono provocare un attacco di panico, ma devono essere assunte a dosi eccessive. Le droghe possono provocare un attacco di panico anche a dosi non eccessive. Le sostanze tossiche raramente provocano un attacco di panico. 2.5 Fattori di rischio Un fattore di rischio importante nel DAP è rappresentato dai disturbi del sonno. Di per sé un disturbo di sonno non può causare il DAP, ma molte persone durante il sonno hanno attacchi di panico della stessa intensità di quelli diurni. La conseguenza è la difficoltà ad addormentarsi per la paura di avere degli attacchi di panico. L’insonnia e la deprivazione di sonno, indipendentemente dalla causa, possono provocare nei giorni successivi un aumento della frequenza e della gravità degli attacchi di panico. Un altro fattore di rischio per il DAP sono gli eventi stressanti. Essi non causano direttamente il DAP ma possono facilitarne l’esordio: in modo particolare i gravi eventi drammatici come la morte di una persona cara, oppure una grave malattia, un grave incidente ecc… Se questi eventi si verificano quando il soggetto è affetto da DAP la sintomatologia nella maggior parte dei casi aggrava, ma in molti casi pazienti affetti da DAP riescono a gestire meglio una situazione di un evento drammatico che quelle obiettivamente non pericolose, ma che essi vivono come tali. Gli eventi traumatici sono un altro fattore di rischio, come la perdita di un rapporto affettivo o di separazione. L’evento di separazione o perdita nei pazienti con il DAP non và inteso come evento traumatico, ma piuttosto come un evento significativo di insicurezza. I fattori ambientali climatici non causano in sé il DAP, ma può avvenire un attacco di panico in coincidenza con una determinata condizione climatica. Le possibilità dell’attacco di panico possono essere in coincidenza casuale o l’evento meteorologico viene vissuto in modo angosciante, capita che in base alla temperatura si verificano degli eventi corporei come ad esempio l’ipotensione se c’è troppo caldo. La persona accusando 27
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