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A che punto è la causa di Vincent#Lambert A che punto è la causa di Vincent#Lambert di Davide Vairani ⌋ “La Croce”quotidiano ⌋ 31 maggio 2018 Il 26 maggio doveva aver luogo la grande visita medica disposta dal giudice di Châlons-en-Champagne, ma quel che si sa dalle fonti accreditate è che i genitori di Vincent hanno ricusato l’équipe per ragioni inerenti alla sua composizione. La madre Viviane aveva precedentemente dichiarato di aver riposto molte speranze in questo momento di rivalutazione del caso del figlio. “Gli avvocati dei genitori di Vincent Lambert e di due tra i suoi fratelli e sorelle hanno presentato giovedì scorso una mozione per ricusare i tre esperti nominati dal presidente della corte di Châlons-en- Champagne”.
Sono gli amici di Vincent a darne notizia sul sito www.jesoutiensvincent.com il giorno stesso, giovedì 24 maggio. La notizia viene riportata lo stesso giorno solamente da alcune testate giornalistiche francesi a tiratura regionale, relegandola tuttavia tra le brevi, minuscoli trafiletti che riprendono il comunicato degli amici di Vincent corredati da note e link esplicativi della lunga e triste vicenda medico- giudiziaria che dal 2008 si trascina. Solamente il giorno dopo alcune testate nazionali rilanciano la notizia (“Le Monde” e “Paris Match”) e aggiungono una informazione nuova:“Une expertise médicale de Vincent Lambert, qui devait avoir lieu samedi à l’hôpital de Reims, a été reportée après une demande de récusation des avocats des parents qui contestent la composition de l’équipe d’experts, a-t-on appris vendredi de sources concordantes”. Lunedì 28 maggio, dunque, era prevista una visita medica dei tre esperti all’ospedale di Reims – dove è ricoverato Vincent – per produrre l’expertise, la valutazione tanto attesa. Gli avvocati dei genitori di Lambert tre giorni prima presentano una mozione di ricusazione: in sostanza chiedono al presidente del tribunale di cambiare i nominativi del collegio medico al più presto. Nulla sul sito ufficiale del tribunale di Châlons- en-Champagne, nulla di nulla sui siti istituzionali. Per chi da tempo segue l’affaire Lambert, stupisce il silenziatore mediatico che negli ultimi tempi viene posto dalla stampa nazionale circa gli sviluppi di questa triste e penosa vicenda. Sembra quasi che si voglia dare l’idea che il destino di Vincent sia miserabilmente e vigliaccamente legato ad un puntiglioso e irritante batti e ribatti in aule giudiziarie tra parenti che non vanno d’accordo tra loro, mentre sullo sfondo resta immutata la sorte già scritta di una persona di 42 anni che attende solo che qualcuno stacchi tutto e ponga fine ad un calvario lungo dieci anni.
Idea che – evidentemente – fa gioco a quanti stanno spingendo in ogni modo per modificare la Loi Lionetti sul fine vita nella direzione di uno sdoganamento legislativo a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito e che per questo motivo hanno bisogno di un vasto consenso popolare. Vincent Lambert è il cavallo di Troia perfetto – da questo punto vista – per raggiungere l’obiettivo facendo leva sulle emozioni popolari. Dal 2008 costretto in un letto d’ospedale a seguito di un incidente, entrato in coma per alcuni mesi, la moglie Rachel schierata da sempre per porre fine ad un corpo senza più anima (nominata tutore legale), i genitori che ingaggiano una battaglia legale per fermare ogni tentativo di sancirne l’”ostinazione irragionevole”, cioè l’accanimento terapeutico, i sette fratelli e sorelle di Vincent schierati difformemente con l’una e l’altra delle parti. “Per pietà di Vincent, lasciatelo morire con dignità e in pace!”, ha recentemente dichiarato Jean-Luc Romero, presidente dell’“Association pour le droit de mourir dans la dignité“ (ADMD), che in questi mesi ha promosso una poderosa campagna di comunicazione per introdurre nella legislazione francese una serie di misure per “aider à la mort”: più di 2.000 piazze delle principali città francesi, insieme ad una decina di altre associazioni e gruppi informali, politici e deputati (per lo più aderenti alla maggioranza nel gruppo di Macròn), artisti e personaggi pubblici coinvolti in centinaia di incontri pubblici. La realtà è sempre più complessa rispetto a come vogliamo rappresentarla. Facciamo un passo indietro per capire che cosa è accaduto. Un collegio di tre medici esperti era stato nominato mercoledì 02 maggio con il compito di valutare se “il quadro clinico” di Vincent – ricoverato in uno stato vegetativo presso l’ospedale universitario di Reims – si sia evoluto dall’ultima valutazione clinica effettuata nel 2014”. “L’ordinanza in merito alla nomina del gruppo di esperti è stata presa“ e “gli esperti devono presentare la loro relazione entro un mese”, ha
affermato giovedì 3 maggio il tribunale amministrativo di Chalons-en-Champagne (Marne): una volta consegnata la valutazione clinica, una nuova udienza dovrà decidere se confermare o annullare la decisione dell’ospedale di interrompere il trattamento. Questi tre medici (“qualificati in neurologia o in medicina fisica e riabilitazione”) dovranno dire se “le condizioni di salute del paziente” – tetraplegico dopo un incidente stradale nel 2008 – si sono evolute in senso positivo o meno dall’ultima valutazione effettuata nel 2014 dal Consiglio di Stato”, secondo l’ordine amministrativo emesso il 20 aprile 2018. Il rapporto del 2014 aveva evidenziato il danno irreversibile al cervello di Vincent Lambert e il deterioramento clinico della sua condizione come indicatori di una “mauvais pronostic clinique”, secondo il Consiglio di Stato. Questa decisione del tribunale Chalons-en-Champagne arriva a seguito di dell’istanza di ricorso presentata in data 19 aprile dai genitori di Lambert (recours en référé libertés), finalizzata a sospendere l’ennesima sentenza di morte per Vincent stabilita, decretata e in fase di attuazione. Dopo una quarta procedura collegiale, infatti, il dottor Vincent Sanchez dell’Ospedale dell’Università di Reims – dove è ricoverato Vincent – aveva deciso in data 9 aprile la cessazione delle cure per “ostinazione irragionevole” , seguendo l’iter formale previsto dalla “Loi Lionetti”, la norma francese che regola attualmente la sospensione delle cure palliative per i malati terminali. Ma la sua attuazione era stata sospesa proprio a motivo dell’accoglimento dell’istanza di ricorso di cui stiamo scrivendo. Accoglimento temporaneo, vincolato appunto dal tribunale all’acquisizione di nuove valutazioni mediche prodotte dal collegio dei tre esperti appositamente nominato. Così decreta il tribunale: “Le tribunal, après avoir écarté l’ensemble des moyens de procédure invoqués par les requérants, a estimé nécessaire, pour statuer sur le bien-
fondé de leur requête, d’avoir recours à une expertise qui devra déterminer si le tableau clinique que présente M. Vincent Lambert a évolué depuis 2014, date de la dernière expertise réalisée par le Conseil d’État. Les experts devront également dire, dans l’hypothèse où ils constateraient une évolution, si elle est positive ou négative. Une seconde audience permettant de statuer définitivement sur les demandes dont est saisi le tribunal administratif aura lieu après que les experts aient rendu leur rapport”. Il tribunale, avendo respinto tutti i motivi procedurali invocati dai ricorrenti, ha ritenuto necessario, al fine di pronunciarsi sul merito della loro richiesta, di ricorrere ad una perizia che dovrà determinare se il quadro clinico di Vincent Lambert si è evoluto dal 2014, data dell’ultima valutazione di esperti richiesta dal Consiglio di Stato. Gli esperti dovranno anche dire, nel caso in cui dovessero constatarne un’evoluzione, se essa sia positiva o negativa. Una seconda udienza per decidere in via definitiva in merito alle richieste del quale è stato investito il tribunale amministrativo avrà luogo dopo che gli esperti hanno presentato la loro relazione. Nell’ordinanza, il tribunale si premurava di indicare espressamente una metodologia precisa che il collegio dei medici avrebbe dovuto rispettare: “Les experts devront rencontrer l’équipe médicale, le personnel soignant chargé de M. P…J…, ainsi que l’ensemble des parties qui le souhaitent. Ils pourront consulter tout document, procéder à tout examen ou vérification utiles et entendre toute personne compétente. Ils accompliront leur mission dans les conditions prévues par les articles R. 621-2 à R. 621-14 du code de justice administrative et rendront leur rapport dans un délai d’un mois à compter de leur désignation“. I medici dovranno sostanzialmente raccogliere tutte le evidenze mediche prodotte in questi anni, incontrare l’equipe medica di Reims, nonchè tutte le parti coinvolte
nell’affaire Lambert, cioè i genitori da una parte e la moglie Rachel dall’altra. Tempo massimo concesso: 30 giorni. Dunque, facendo due conti, il collegio dei tre esperti avrebbe dovuto consegnare al tribunale la valutazione richiesta attorno alla fine di maggio o al massimo ai primi giorni di giugno. Per quale motivo gli avvocati dei genitori di Vincent Lambert e di due tra i suoi fratelli e sorelle si sono trovati costretti a presentare una mozione per ricusare i tre esperti nominati? Dalle poche informazioni che si possono raccogliere qua e là, risultano con chiarezza tre punti nodali. Il primo: “nessuno di loro ha alcuna competenza nei pazienti EVC (stato vegetativo cronico) ed EPR (stato ipo- relazionale)”. Il secondo: “Oltre al fatto che gli esperti nominati non hanno esperienza nella cura dei pazienti nella situazione di Vincent – si legge sempre sul sito –, gli stessi rifiutano un approccio di metodo basato sulla discussione contraddittoria tra esperti, specialisti e componenti della famiglia”. Terzo:“I tre medici vorrebbero svolgere una valutazione in un solo giorno per presentare la loro relazione in modo affrettato”. “Non è immaginabile che un paziente nelle condizioni di Vincent venga valutato in un solo giorno, ma solo in una dinamica di diverse settimane per poterne valutare la condizione effettiva” – ha commentato sulla stampa locale francese Jean Paillot, uno del gruppo di avvocati dei genitori di Vincent, aggiungendo che la data dell’udienza finale davanti al tribunale amministrativo non è ancora nota -. “O la corte conferma gli esperti o li cambia”. “Non ci arrendiamo e vogliamo una vera e chiara valutazione medica, non un’expertise sciatta”, ha affermato. Per la verità, a non essere noti alla stampa, sono anche i nomi e i cognomi dei medici nominati dal tribunale. Accuse molto pesanti e gravi che – se dovessero corrispondere alla realtà – getterebbero molto più che semplici sospetti
sulle modalità con le quali il sistema medico-sanitario francese si approcci al tema del fine vita. In tutta questa penosa faccenda – ad esempio – non si fa minimamente cenno alle cure palliative, cioè a piani di intervento personalizzati che permetterebbero ai pazienti di essere assistiti ed accompagnati verso la fine naturale della vita. Non si fa minimamente cenno – ad esempio – ai dati di fatto che i genitori di Vincent più e più volte hanno mostrato attraverso video nei quali si vede Lambert deglutire, fare cenni con gli occhi e brevi movimenti del corpo quali risposte a domande poste dagli stessi. Non si fa minimamente cenno – ad esempio – del fatto che Vincent non è attaccato ad alcun macchinario che lo tiene in vita. Vincent respira autonomamente. Che cosa è allora la vita? Nella ricusazione c’è un passaggio chiave: “nessuno di loro ha alcuna competenza nei pazienti EVC (stato vegetativo cronico) ed EPR (stato ipo-relazionale)”. Che cosa significano questi termini e questi acronimi? Il termine stati “EVC-EPR” definisce l’evoluzione estrema di alcune lesioni cerebrali acquisite (CLA), inclusa quella di alcune lesioni alla testa particolarmente gravi, che non hanno esclusività; queste condizioni sono possibili dopo l’ictus, arresto cardiaco, ecc. “EVC” (o stato vegetativo cronico) si caratterizza per la completa scomparsa di possibilità relazionali e di funzioni vegetative persistenti necessarie per la vita (cardiaca, respiratoria, renale, gastrointestinale ecc …). L’assenza di possibilità relazionali potrebbe far credere nella morte del cervello. Tuttavia, questo non è il caso, e le moderne tecniche di esplorazione in soggetti EVC hanno, al contrario, dimostrato che il loro cervello rimane in gran parte funzionale. Questo è il motivo per cui il termine “EVC”, che ha una connotazione molto negativa, dovrebbe essere sostituito da “sindrome non verbale”, proposto dal Prof. Cohadon (Bordeaux) nel 2010. Tuttavia, il termine “EVC”, utilizzato in Francia da quasi 50 anni, rimane ampiamente
utilizzato. “EPR “(o stato ipo-relazionale) corrisponde a uno stato di coscienza molto alterato ma che consente vere capacità comunicative (relazionali) e verificabili dall’entourage immediato (medico e/o familiare in particolare). Va sottolineato che i pazienti con “EVC-EPR” non sono alla fine della vita: per vivere essi hanno solo bisogno di assistenza infermieristica e dall’acqua e dalle razioni caloriche necessarie quotidianamente. Inoltre, in questi casi estremi non c’è alcuna prova dell’assenza totale o molto limitata della vita psichica, nessuno può dire se la loro vita sia “valida”, neutra, dolorosa, sofferente. Si capisce – dunque – quanto il destino di Vincent sia legato alla valutazione medica dei tre esperti nominati dal tribunale. E si capisce, pertanto, le preoccupazioni da parte dei genitori di Vincent che hanno portato all’ennesimo gesto di ricusazione, con la speranza che – una volta per tutte – la medicina e la scienza siano oneste e leali nel decretare la situazione reale di Vincent. “Considerando che, al fine di valutare se le condizioni per la cessazione del trattamento salva-vita siano soddisfatte nel caso di un paziente che soffre di una grave lesione cerebrale, qualunque sia la causa, o nel caso di un paziente che si trova in uno stato vegetativo o in uno stato di coscienza minima – che lo rende incapace di esprimere la propria volontà e il cui mantenimento dipende da un modo artificiale di alimentazione e idratazione – il medico responsabile deve basarsi su un insieme di elementi (medici e non medici), il cui peso rispettivo non può essere predeterminato e dipende dalle circostanze di ciascun paziente, portando ad affrontare in ogni situazione la sua specifica singolarità; le prove mediche devono coprire una lungo periodo di osservazione, essere analizzate collettivamente e devono riguardare in particolare la condizione attuale del paziente, l’evoluzione del suo stato dato il verificarsi di infortunio o malattia, sulla sua sofferenza e la prognosi clinica”.
Pagina 5 dell’ordinanza del tribunale che affida al collegio dei tre medici l’ònere della valutazione della situazione di Vincent. “Tutta la terra desidera il Tuo Volto” “Tutta la terra desidera il Tuo Volto” – #frammenti Giovedì 31 Maggio 2018 S. Silvio di Tolosa; S. Petronilla VISITAZIONE B. V. MARIA Sof 3,14-17 opp. Rm 12,9-16b; Cant. Is 12,2-6; Lc 1,39-56
+ Dal Vangelo secondo Luca 1,39-56 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i
potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Solo Dio sazia e può saziare gratuitamente il cuore dell’uomo. È questo che accadde precisamente quel giorno in cui Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, commossa e mossa da operosa gratuità, si spinse fino alla casa di Elisabetta portando nel suo grembo Gesù, aurora della salvezza. Nostro padre Ambrogio commenta l’episodio evangelico con queste parole: “Donde a me questo?”. Come se dicesse: Che grande favore è quello che mi accade, che la madre del mio Signore venga da me! Non riesco a comprenderlo. Per quale virtù, per quali buone opere, per quali meriti?” (S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, II, 19: 24-26). Uno stupore analogo a quello che riempì Elisabetta per il dono
della visita di Maria, che portava a compimento la storia di salvezza del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ha colmato il cuore di molti quando hanno incontrato Monsignor Luigi Giussani. Il dono (carisma) fatto a questo grande sacerdote educatore ha reso umanamente persuasiva e perciò incisiva la grazia della fede. “Troppo perde il tempo chi ben non t’ama, dolce amor Jesù”. Il tempo sarebbe sprecato se lo stupore dell’incontro non diventasse incessante domanda. Supplica tenace di riconoscere Cristo presente nella Sua Chiesa e presente per il bene del mondo. Tutto, proprio tutto dell’umano sta a cuore al cristiano. A lui, come disse Don Giussani, “interessa tutto l’esistente e tutta l’esistenza“. Card. Angelo Scola, Omelia Messa della Beata Vergine Maria di Lourdes, Milano, 11 febbraio 2014 “È inconcepibile la Madonna se non come figura piena della preghiera in atto. Infatti la preghiera in atto è la coscienza di sé, la coscienza del rapporto di sé col proprio destino, e per questo è l’unico atteggiamento dignitoso della vita dell’uomo, dove la vita dell’uomo si realizza secondo tutta la sua statura“ Luigi Giussani, Tutta la terra desidera il Tuo Volto
“Prostràti a Dio” “Prostràti a Dio” – #frammenti Mercoledì 30 Maggio 2018 S. Giovanna d’Arco; S. Ferdinando III; S. Giuseppe Marello 8.a di Tempo Ordinario 1Pt 1,18-25; Sal 147; Mc 10,32-45 + Dal Vangelo secondo Marco 10,32-45 In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro:
«Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Chiamati a libertà sperimentiamo d’essere schiavi di noi, come ‘obbligati’ alla parzialità delle nostre idee, delle nostre idee, dei nostri giudizi, dei nostri pensieri, dei nostri progetti. Delle ore, dei minuti, delle parole, delle ‘nostre’ cose. Afferrati dalle catene della carne soggiogata alla morte. Schiavi del peccato, la ‘ferita’ che ci obbliga a fissare lo sguardo nell’angusto orizzonte di due poveri occhi spenti. In noi è vergato un disegno originario, d’amore e di donazione, ma non possiamo realizzarlo. Sbattiamo contro un muro e, alla fine, i limiti che ci racchiudono si trasformano in regole di giustizia, confini ben limitati del dovuto e del buono. Oltre? Impossibile. La carne rende impotente ogni tentativo di varcare il limite. Di là, dove ‘è’ l’altro, c’è il baratro, la buia morte, ed essa è inaccettabile. Imprigionati in un desiderio strozzato che si fa sentire, pungente, nell’ansia di primeggiare, d’essere sempre in prima fila, e far breccia nei cuori altrui, e potere, e prestigio, e denaro. Siamo tutti così. Mentre la vita ogni giorno ci porta a Gerusalemme; ogni giorno, come una risacca, riemerge in noi il
medesimo desiderio, la solita concupiscenza: alla destra e alla sinistra del potere, finalmente strappati alla precarietà d’una vita grigia spesa a eternizzare la morte della routine. Nel Vangelo di oggi appare un calice, quello di Gesù, il segno della sua passione d’amore inchiodata ad un legno. Bere quel calice è la via alla realizzazione del destino segnato in ciascuna nostra cellula. Uscire dalla parzialità d’una vita inginocchiata davanti agli idoli del mondo non è nelle nostre mani. Per questo ci viene porto un calice, in ogni eucarestia, in ogni evento della nostra vita, il suo sangue versato per noi, la sua vita offerta per il nostro riscatto. “Il dono totale di sé offerto da Cristo sulla croce sia per voi principio, stimolo e forza per una fede che opera nella carità. La vostra missione nella Chiesa e nel mondo sia sempre e solo «in Cristo», risponda alla sua logica e non a quella del mondo, sia illuminata dalla fede e animata dalla carità che provengono a noi dalla Croce gloriosa del Signore” (Benedetto XVI). “C’è però una ferita nel cuore, per cui nell’uomo qualcosa si distorce ed egli non riesce con le sue sole forze a permanere nel vero, ma fissa l’attenzione in cose particolari e limitate. Il disegno originario, ciò per cui l’uomo è creato, è stato alterato dall’uso arbitrario della libertà; gli uomini tendono così ad un particolare che, sganciato dal tutto, viene identificato con lo scopo della vita… Uscire da questa parzialità non è nelle nostre mani: nessuno di noi riesce da solo a riportarsi ad uno sguardo vero sul reale”. Luigi Giussani, Generare tracce nella storia del mondo
Le cose ti vengono a cercare e non chiedono permesso Le cose ti vengono a cercare e non chiedono permesso “Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga, ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male”. Giorgio Faletti Le cose che ti vengono a cercare non chiedono permesso. Accadono e basta. Ed hai bene a dir di no, che non eri pronto e, forse, non lo sarai mai. Accadono e basta. A volte si propongono con la leggerezza di una piuma, i colori di un’alba e di un tramonto, di un amore che ti prende per mano, di un figlio che
nasce. Ed è talmente troppo che non puoi far altro che lasciarti avvolgere da quell’abbraccio. Altre irrompono con la violenza di un terremoto che stravolge tutto ciò che pensavi fosse tuo, che niente e nessuno avrebbe intaccato. Hanno i colori della sofferenza e del dolore, della morte. Ed è talmente troppo che vorresti scappare da quell’abbraccio. Le cose che ti vengono a cercare non chiedono permesso. Accadono e basta. In entrambe i casi sei chiamato a scegliere “chi e cosa” vuoi essere. A partire da te, senza se e senza ma. “Resilienza” significa, in qualche modo, ammettere che i dolori esistono e ci sono due modi per affrontarli: facendosi travolgere dal dolore oppure attraversandolo e lasciandosi attraversare. Con rispetto. Celeste “Mi vivi dentro”
Davide Vairani, 26 febbraio 2018 “Nel libro, ‘la storia di un amore normale in cui c’è la vita di due come ce ne sono tanti’, il racconto del ‘dopo’ si intreccia con quello dell’ultimo mese e mezzo della vita di sua moglie. Ma niente è cupo, e su più di una pagina si ride davvero. Sulla copertina c’è disegnata una farfalla, come quella che, bianca, Alessandro ha incontrato in diverse occasioni, dopo che Francesca se n’è andata. ‘Ho pudore, non voglio passar per matto. E poi, per carità, mi puoi dire che le farfalle esistono anche a Milano, e io alzo le mani’. Alessandro Milan ⇒ Leggi l’articolo
“Il centuplo” “Il centuplo” – #frammenti Martedì 29 Maggio 2018 S. Massimino; S. Orsola (Giulia) Ledochowska 8.a di Tempo Ordinario 1Pt 1,10-16; Sal 97; Mc 10,28-31 + Dal Vangelo secondo Marco 10,28-31 In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno
che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi». Dio non si lascia superare in generosità. Chi lascia per lui, trova il centuplo, già in questa vita. C’è però questa aggiunta che Gesù non risparmia: «Insieme con le persecuzioni». E uno potrebbe chiedersi: il Signore è patito di persecuzioni? No, il Signore ha patito le persecuzioni, calici che avrebbe desiderato che passassero da lui, ma che ha bevuto trasformando l’amaro in amore e l’assurdo in redenzione. Fissiamo gli occhi su di lui perché le persecuzioni in questo mondo ci saranno, ma se non permettiamo a lui di trasformare il loro amaro in amore, non l’avremmo veramente seguito. #RobertCheaib
Gesù è la vita eterna, è il compimento, è già il compimento. L’eterno è già in questa vita – Evangelium vitae -, l’eterno è già esperienza di questa vita e si chiama Gesù; è Gesù il problema, cioè è Gesù il termine. È questa vita e la vita eterna, nello stesso tempo. E il centuplo in questa vita… per san Pietro, per san Giovanni o per Andrea, quell’uomo lì era il centuplo quaggiù: era cento volte la loro moglie e i loro figli, cento volte! E, oltre le cento volte, c’era un abisso dentro quella persona: era Lui. Ma questo sacrificio senza ritorno aveva un grande ritorno: si trovavano a pensare alle loro mogli, ai loro figli, ai loro amici con una tenerezza che non avevano mai provato, e che in certe pagine si sente, come la pagina bellissima del centurione e del suo servo: è umano o no il paragone di un signore che abbia un servo che ami come se stesso? Che ama di più che un figlio, perché è più che figlio, fedele a lui più che un figlio, no? Per capire, comunque, il significato di questa parola «centuplo» bisogna guardare in faccia le nostre esperienze di uomini. È un’esperienza umana quella da cui capisci cos’è il tuo rapporto con Gesù: «Pur vivendo nella carne, io vivo nella fede del figlio di Dio. Luigi Giussani, Vivendo nella carne
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