VERSO UNA HARD BREXIT: IMPATTI E IMPLICAZIONI DI UN PERCORSO SEMPRE PIÙ INCERTO - Sipotra
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Cernobbio, aprile 2019 VERSO UNA HARD BREXIT: IMPATTI E IMPLICAZIONI DI UN PERCORSO SEMPRE PIÙ INCERTO Analisi degli sviluppi negoziali e dimensionamento degli impatti per supportare i business leader nella transizione in atto Position Paper Il presente documento è stato espressamente preparato da The European House - Ambrosetti per la trentesima edizione del Workshop “Lo Scenario dell’economia e della finanza”, Villa d'Este, 5 e 6 aprile 2019. Per il sesto anno consecutivo, The European House - Ambrosetti è stata nominata - nella categoria "Best Private Think Tanks" - 1°Think Tank in Italia, tra i primi 10 in Europa, tra i primi 20 nel mondo e nei primi 100 più rispettati e indipendenti su oltre 8.100 a livello globale nell’edizione 2018 del Global Go To Think Tank Index Report dell’Università della Pennsylvania, attraverso una survey indirizzata a 70.000 leaders di imprese, istituzioni e media, in oltre 100 Paesi nel mondo. www.ambrosetti.eu © 2019 The European House - Ambrosetti S.p.A. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Questo documento è stato ideato e realizzato da The European House - Ambrosetti S.p.A per il cliente destinatario, ed il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno accompagnato. È vietato qualsiasi utilizzo di tutto o parte del documento in assenza di preventiva autorizzazione scritta di The European House - Ambrosetti S.p.A.
Cernobbio, aprile 2019 Il presente documento è stato espressamente preparato da The European House - Ambrosetti per la trentesima edizione del Workshop “Lo Scenario dell’economia e della finanza”, Villa d'Este, 5 e 6 aprile 2019. Per il sesto anno consecutivo, The European House - Ambrosetti è stata nominata - nella categoria "Best Private Think Tanks" - 1°Think Tank in Italia, tra i primi 10 in Europa, tra i primi 20 nel mondo e nei primi 100 più rispettati e indipendenti su oltre 8.100 a livello globale nell’edizione 2018 del Global Go To Think Tank Index Report dell’Università della Pennsylvania, attraverso una survey indirizzata a 70.000 leaders di imprese, istituzioni e media, in oltre 100 Paesi nel mondo. www.ambrosetti.eu Finito © 2019 The di stampare European Houseil- 1Ambrosetti aprile 2019. S.p.A. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Questo documento è stato ideato e realizzato da The European House - Ambrosetti S.p.A per il cliente destinatario, ed il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno accompagnato. È vietato qualsiasi utilizzo di tutto o parte del documento in assenza di preventiva autorizzazione scritta di The European House - Ambrosetti S.p.A.
1. Introduzione Il presente Paper si propone di proseguire le analisi sugli scenari legati alla Brexit e di continuare il percorso di approfondimento iniziato nel settembre 2017 con la Lettera Club “A un anno dalla Brexit: principali implicazioni e proposte per governare la transizione in atto” presentata in occasione della 43a edizione del Forum The European House - Ambrosetti “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”1 e aggiornata prima in occasione della 29a edizione del Workshop “Lo Scenario dell’Economia e della Finanza”2 e poi per la 44a edizione del Forum The European House - Ambrosetti “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”3. Nei quasi tre anni trascorsi dal 23 giugno 20164 ad oggi gli sviluppi sono stati molti, spesso contrastanti. Momenti di ottimismo e pessimismo si sono sin qui alternati, insieme a prese di posizione anche molto distanti tra loro, portando ad una polarizzazione tra chi è a favore di una “Hard Brexit” e di chi è a favore di una “Soft Brexit”. La prima porterebbe il Regno Unito fuori dall’Unione Europea in modo netto, senza alcun accordo regolatorio a supportare la transizione, la seconda sarebbe il risultato di successi negoziali capaci di creare un framework regolatore che attenui il più possibile l’impatto dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Allo stato attuale nessuna delle due linee ha ancora definitivamente prevalso sull’altra, nonostante il Parlamento britannico abbia votato, in data 13 marzo, una mozione per escludere la possibilità di un’uscita dall’UE senza un negoziato (che di fatto equivarrebbe alla più dura delle Brexit, con 321 voti a favore contro 278) e nonostante la deadline del 29 marzo 2019, data in cui era inizialmente fissata l’uscita del Regno Unito dall’UE, sia stata superata senza un accordo valido (Withdrawal Agreement) approvato dai deputati inglesi.5 Quello che è certo è che la portata dell’evento è stata vasta: ha di fatto monopolizzato l’agenda del Governo britannico negli ultimi tre anni e ha avviato una riflessione tra i Paesi Membri sull’indirizzo futuro dell’Unione Europea. Ad oggi, a regnare è soprattutto l’incertezza: non si è ancora giunti ad una chiara definizione dei futuri rapporti tra Regno Unito e Unione Europea. È soprattutto questo a condizionare in negativo le scelte e le prospettive di business e cittadini. In questo contesto in rapido divenire, l’obiettivo di questo Paper rimane quello di fornire un quadro esaustivo, capace di inquadrare il fenomeno Brexit con chiarezza e fornire un dimensionamento dei principali impatti dell’uscita del Regno Unito dall’UE, aiutando così i business leader ad orientarsi nella transizione in atto e a compiere scelte informate nel breve e medio periodo. 1 Svoltosi a Villa d’Este, Cernobbio, l’1,2 e 3 settembre 2017. 2 Svoltosi il 6 e 7 aprile 2018. 3 Svoltosi il 7, 8 e 9 settembre 2018. 4 Data in cui il 51,9% dei cittadini britannici aventi diritto al voto si è espresso a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea dopo 43 anni dall’ingresso del Paese nella Comunità Economica Europea. 5 Tutte le evidenze statistiche e le affermazioni contenute nel presente paper devono intendersi basate su dati e sviluppi aggiornati al momento della stampa: 1 aprile 2019.
2. Principali evidenze del Paper 1. Scaduta la prima deadline concordata per la Brexit (29 marzo 2019), rimane elevata l’incertezza circa il futuro delle relazioni tra UE e UK: tutti gli scenari rimangono aperti e tutti i risultati sono ancora possibili, inclusa una “Hard Brexit”6. 2. Il nodo centrale è relativo alla c.d. Backstop Solution sulle relazioni tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. Il testo del Withdrawal Agreement approvato da Governo inglese e UE-27 è stato più volte bocciato dal Parlamento britannico e non sembra emergere un consenso minimo nonostante il Withdrawal Agreement contenga soltanto alcuni punti principali d’intesa, necessari per poter dare il via a negoziati più specifici durante il periodo di transizione. 3. Ogni stima d’impatto è oggi prematura, ma tutti gli osservatori sono concordi nell’affermare che le ricadute della Brexit saranno negative per entrambe le parti e maggiori per il Regno Unito. Lo scenario peggiore risulterebbe da una Hard Brexit, con una mancata crescita economica dell’UE pari all’1,5% del PIL comunitario al 2030 e una mancata crescita dell’economia UK al 2030 compresa tra il 4% e il 9,3% del PIL britannico. 4. Alcuni effetti negativi della Brexit sono già oggi riscontrabili sull’economia inglese: • Dall’esito del referendum e a causa di esso, si stima che il PIL UK abbia sofferto una mancata crescita pari a c.a. il 2% (vs. scenario di vittoria del “Remain”). La crescita annua del PIL UK per il 2018 è stata pari a 1,3%, la più bassa degli ultimi sette anni e tra le peggiori delle economie avanzate (oltre 1 p.p.7 sotto la media OECD). Nel 2019 e nel 2020, inoltre, si stima che soltanto Giappone e Italia performeranno peggio dell’economia britannica. • Il valore della sterlina è calato bruscamente dopo il risultato del Referendum, attestandosi su livelli strutturalmente inferiore di oltre 12,5 p.p. nei 40 mesi successivi al referendum rispetto ai 40 mesi precedenti. • L’export è cresciuto (grazie alla temporanea permanenza dell’UK nel mercato unico e alla svalutazione della Sterlina), ma l’effetto aggregato è stato negativo: il Regno Unito rimane un importatore netto con una bilancia commerciale negativa per oltre 53 miliardi di Sterline nel periodo 2017-2018. • È peggiorata la condizione delle famiglie inglesi. I livelli di risparmio sono calati (l’indice di risparmio delle famiglie britanniche è calato dopo il referendum ed è oggi al 4%, era al 7% prima del referendum). In parallelo, è cresciuto il livello di indebitamento delle famiglie UK, unitamente all’ammontare dei prestiti non garantiti per persona e il rapporto tra prestiti non garantiti e reddito disponibile delle famiglie. Nel 1° trimestre 2018 le famiglie UK hanno registrato un indebitamento netto di 5,8 mld. di sterline (1,1% del PIL), in linea con la media registrata a partire dal terzo trimestre 2016. Prima del referendum, le famiglie britanniche erano invece prestatori netti per un ammontare pari allo 0,9% del PIL UK. 6 Uscita del Regno Unito dall’UE senza alcun accordo che intervenga a normare le relazioni tra le parti e ad attenuare gli impatti della Brexit. 7 Punti percentuali. 2
• Gli effetti di maggior rilevanza per il business sono causati dal clima di incertezza. I crediti erogati alle PMI britanniche sono in contrazione (crescevano del 2,5% prima del Referendum, oggi dello 0,5%). Gli investimenti delle imprese UK sono in calo per il quinto trimestre consecutivo8 (-2,5%), così come l’output manifatturiero (-1,4%). Le imprese UK hanno anche registrato la crescita più debole degli investimenti fissi lordi (GFCF) dei paesi del G7 nel 2018. • Sul fronte migratorio, nel 2017 quasi 130.000 cittadini UE residenti in UK hanno lasciato il Paese, 145.000 nei primi 6 mesi del 2018 e 95.000 nell’ultimo semestre 2016. La migrazione netta di cittadini comunitari in UK è al livello più basso degli ultimi 10 anni (pur rimanendo positiva). Il numero di cittadini UK che ha richiesto e ottenuto la cittadinanza in un altro Paese UE è passato da poco più di 2.000 negli anni pre-Referendum a quasi 15 mila nel 2017. 5. Considerando le ricadute per il business, a soffrire maggiormente sarà il commercio. In caso di Hard Brexit entrerà in vigore il regolamento WTO, ciononostante un valore compreso tra il 15% e il 27% del commercio bilaterale è a rischio di tariffe elevate, cui si aggiungono i costi non tariffari (aggiornamento di norme, procedure e soluzioni ICT, maggiori tempistiche, burocrazia, pagamento IVA anticipato, …). Dalla Brexit è peraltro cresciuta la rilevanza dell’UE tra i partner commerciali UK. 6. Anche le catene del valore paneuropee sono a rischio di disruption. Sotto questo profilo, il comparto manifatturiero sarà quello maggiormente impattato in caso di Hard Brexit. Automotive e aeronautica sono i settori più esposti. Complessivamente, la disruption delle catene del valore potrebbe causare danni economici pari all’1,5% del PIL europeo e al 4,5% del PIL britannico. 7. Anche il settore dei servizi subirà impatti rilevanti. In assenza di un accordo che includa questo settore, infatti, le regole WTO offrirebbero una scarsa tutela. L’UE vedrebbe colpito soprattutto il proprio settore bancario, che ha a Londra il suo attuale baricentro. Un’Hard Brexit risulterebbe in un mercato dei capitali più frammentato, meno efficiente, con minore liquidità e più esposto ai rischi. 8. Sotto il profilo degli investimenti diretti esteri (IDE), uno dei fattori che rendono il Regno Unito attrattivo per i capitali stranieri è certamente l’appartenenza all’UE. Dal referendum il valore degli FDIs in ingresso in UK è calato del 19%, il numero di progetti FDIs è calato dell’8,5%. La Brexit potrebbe inoltre innescare una competizione virtuosa tra gli Stati Membri rimasti, riconfigurando i flussi di investimenti e capitali a livello europeo e globale. 9. Capitale umano e ricerca e sviluppo sono i due ambiti in cui gli effetti della Brexit possono essere maggiormente limitati. La bozza di accordo di separazione ad oggi concordata tutela i 4,6 milioni di individui esposti alla Brexit, ma un “no deal” potrebbe comunque lasciarli senza alcuna protezione. Con riferimento all’R&D, il Regno Unito rimarrà, pur con alcune importanti limitazioni, parte di 8 Quarto trimestre 2018. 3
Horizon 2020. La bozza di accordo sul prossimo programma quadro, Horizon Europe, prevede inoltre un più facile accesso a Paesi terzi. 10. Insieme a quella di un ulteriore rinvio, si fa sempre più strada l’ipotesi di una Hard Brexit. Sono diversi gli sviluppi negoziali che potrebbero portare ad un’uscita del Regno Unito dall’UE senza accordi a regolarla e ad attenuarne gli impatti. Questa sarebbe l’opzione peggiore per business e individui, ma anche un rinvio di lungo periodo generico e non focalizzato accrescerebbe (o comunque non ridurrebbe) l’incertezza, oggi particolarmente dannosa per il settore privato e gli operatori di mercato. Una Soft Brexit rimane, tra le ipotesi più probabili, la meno dannosa per i due sistemi economici. 4
3. A che punto è la Brexit Il 29 marzo 2019 il Parlamento britannico ha bocciato, per la terza volta, il testo del Withdrawal Agreement, accordo contenente i termini principali della Brexit e piattaforma cruciale per attivare un periodo di transizione successivo al 29 marzo e avviare i negoziati di merito sulle future relazioni tra UK e UE. Il testo era frutto di quasi due anni di negoziati tra Governo inglese e Commissione Europea. Solo 15 giorni prima, il 14 marzo 2019, il Consiglio europeo aveva votato per prorogare la deadline della Brexit: invece del 29 marzo la data di uscita del Regno Unito sarebbe stata posposta al 22 maggio in caso di approvazione del Withrawal Agreement. In caso contrario, la nuova deadline era fissata per il 12 aprile. Nei giorni successivi alla terza bocciatura del Withdrawal Agreement il Parlamento britannico ha peraltro mostrato di non avere un forte consenso su un’opzione alternativa. Questo ha portato la stessa Commissione Europe a considerare una Hard Brexit, l’outcome più dannoso per l’economia e i rapporti UK-UE, come ormai possibile. L’aggravarsi del contesto segue un inizio 2018 piuttosto positivo e segnato da alcune importanti accelerazioni nei negoziati. Sino ad aprile 2018 le discussioni tra Bruxelles e Londra si erano infatti mantenute positive, in un crescendo di dichiarazioni concilianti, che avevano fatto sperare nel successo delle negoziazioni in atto. A fine 2017 iniziavano infatti le discussioni tra Regno Unito e Unione Europea sul c.d. periodo di transizione, un arco temporale di circa due anni - a partire dal 29 marzo 2019 - in cui i termini della separazione (ancora da concordarsi) non avrebbero dovuto trovare applicazione, permettendo così alla pubblica amministrazione inglese e alle aziende di adattarsi alla Brexit. Il momento di maggior ottimismo era stato toccato l’8 dicembre 2017, con la convergenza dei negoziatori su un primo accordo di separazione di massima (Joint Report), che fissava in modo generico alcuni termini preliminari alla base dell’Accordo di Separazione9. Tale accordo è il principale output atteso della prima fase negoziale (fase 1) ed è il documento chiave per consentire lo svolgersi di una Brexit regolata. Tali termini erano così definiti: • Le parti si impegnavano ad evitare la creazione di un confine fisico tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda10, nonostante l’uscita del Regno Unito dall’Unione Doganale. • Londra si impegnava inoltre a garantire ai cittadini europei residenti nel Regno Unito pari trattamento rispetto alla loro attuale condizione.11 • Un’intesa sembrava raggiunta anche sul tema della contribuzione britannica al budget europeo fino al 2020 e sul pagamento degli oneri dovuti. La formalizzazione dei termini concordati veniva però lasciata alle parti, in vista di una successiva approvazione. Il 28 febbraio 2018 la Commissione Europea divulgava, sulla base dei termini preliminari concordati, la bozza di accordo per la separazione tra UE e Regno Unito (Withdrawal Agreement ex Articolo 50 del Trattato di Lisbona), svelando 9 Withdrawal Agreement ex Articolo 50 del Trattato di Lisbona. 10 Da qui in avanti Irlanda. 11 Lo stesso varrà per i cittadini britannici residenti in uno stato europeo, tuttavia non sarà possibile garantire automaticamente per loro la libertà di movimento e altre libertà strettamente connesse alla permanenza nel mercato unico. 5
come le difficoltà fossero tutt’altro che risolte, al punto che il premier britannico Theresa May ha inizialmente dichiarato tale bozza irricevibile. I punti di rottura erano principalmente due: • Il primo era relativo alla questione Irlandese. Sul tema, la proposta di Bruxelles cercava di coniugare una doppia esigenza: non reintegrare confini fisici tra Irlanda del Nord e del Sud e permettere l’uscita del Regno Unito dall’Unione Doganale. L’intesa di dicembre assegnava ai negoziatori britannici il compito di formulare proposte concrete (accordo commerciale omnicomprensivo, capace di evitare cambiamenti nella gestione della frontiera tra Irlanda del Nord e Sud, implementazione di controlli doganali “seamless” grazie a soluzioni tecnologiche innovative). Nessuna proposta è però arrivata da Londra, lasciando ai negoziatori UE il compito di elaborare una soluzione alternativa nel senso di un’armonizzazione della regolamentazione tra Irlanda del Nord e del Sud.12 • Il mantenimento, per un periodo di tempo indeterminato, della giurisdizione vincolante della Corte di Giustizia Europea per i contenziosi futuri legati al Withrawal Agreement e alla sua applicazione. In caso di mancato adempimento britannico, il testo prevedeva l’ipotesi di sospensione dell’accesso al mercato unico o di altri benefici per il Regno Unito, anche durante un eventuale periodo di transizione. Un passo in avanti è stato fatto il 19 marzo 2018, con il raggiungimento di un testo di accordo condiviso, che recepiva alcuni dei punti precedentemente oggetto di discussione: • Veniva innanzitutto concesso al Regno Unito il c.d. Periodo di Transizione, della durata di 21 mesi (fino al 31 dicembre 2020). In questo arco temporale il Regno Unito rimarrà nel mercato unico e sarà soggetto ai regolamenti comunitari, avendo però un limitato margine di decisione all’interno dei processi UE. • Londra accettava inoltre di pagare circa 42 miliardi di Euro tra il 2019 e il 2064. Il calcolo comprendeva 18,6 miliardi di Euro, che Londra dovrà versare a Bruxelles nel periodo 2019-2020 per garantirsi lo status quo nella fase di transizione. Altri obblighi rilevanti ammontavano a 20,6 miliardi di Euro da versare per il periodo 2021-28, con residue passività nette pari a 2,8 miliardi di Euro. • Un accordo veniva inoltre raggiunto con riferimento ai diritti dei cittadini europei che si trasferiranno nel Regno Unito durante il periodo di transizione. Questi godranno della stessa tutela dei cittadini comunitari arrivati prima della Brexit. • Al tempo stesso veniva deciso che, durante il periodo di transizione, Londra potrà negoziare e firmare accordi commerciali con Paesi terzi. Questi potranno entrare in vigore prima del gennaio 2021 soltanto con il consenso delle autorità comunitarie. • Un accordo definitivo non veniva raggiunto sulla questione irlandese, né sulla giurisdizione futura della Corte di Giustizia Europea. Sulla questione irlandese, 12 Il Draft Withdrawal Agreement propone di mantenere l’Irlanda del Nord all’interno del mercato unico e dell’Unione Doganale. Questo richiederebbe l’accettazione, da parte dell’Irlanda del Nord, di standard e regolamenti comunitari, nonché della potestà normativa di Bruxelles, per un vasto numero di materie e settori. La Corte di Giustizia Europea manterrebbe inoltre la giurisdizione sull’Irlanda del Nord su un ampio numero di tematiche. 6
tuttavia, il Regno Unito riconosceva la possibilità di una c.d. “backstop solution”13, per cui, in caso di mancato accordo sul tema, l’Irlanda del Nord sarebbe rimasta all’interno dell’Unione Doganale e del Mercato Unico, assecondando l’esigenza inglese di non reintrodurre una barriera fisica al confine con la Repubblica d’Irlanda, ma spostando il confine a livello marittimo, spezzando l’omogeneità regolatoria e giuridica del Regno Unito. Nulla veniva definito circa le future relazioni commerciali (le cui discussioni sono formalmente iniziate il 28 marzo 2018). L’approvazione del periodo di transizione permetteva infatti di posticipare le decisioni sui temi più spinosi ad una fase successiva. Al contrario, rimaneva l’urgenza di giungere ad un Accordo di Separazione in tempi rapidi, trovando un consenso su pochi capisaldi di massima (pagamenti dovuti, trattamento dei cittadini, questione dei confini, ...) e chiudendo la fase negoziale entro ottobre 2018, così da permettere l'approvazione dell’Accordo di Separazione da parte di Consiglio Europeo, Parlamento Europeo e Camera dei Comuni inglese entro il 29 marzo 2019, scongiurando così una Brexit non regolata. Secondo le intenzioni del Governo britannico, entro l’ottobre 2018 una versione finale del c.d. Withdrawal Agreement avrebbe dovuto essere pronta per la discussione e per un voto “meaningful” da parte del Parlamento inglese. Insieme al testo dell’Accordo, il Parlamento inglese dovrà ricevere anche una c.d. Dichiarazione Politica congiunta tra Regno Unito e Unione Europea, contenente i capisaldi negoziali per il periodo di transizione su cui le parti convengono e si impegnano, pur priva di potere vincolante. A smorzare l’ottimismo è però intervenuto Michel Barnier, precisando come l’accordo raggiunto il 19 marzo era soltanto una tappa in un processo ben più lungo e articolato, e come “nulla fosse concordato fino a quando non vi sarà accordo su tutti i punti in discussione”, “nothing is agreed until everything is agreed”14. A rimanere aperto era principalmente il tema dei confini: il Governo inglese mal tollerava la Backstop Solution proposta da Bruxelles, al punto da escluderne l’attivazione, assicurando il raggiungimento di un’intesa alternativa basata su di una proposta britannica condivisa. Proprio la proposta britannica ha però innescato la catena di eventi successiva, che ha portato oggi a considerare una Hard Brexit come un’ipotesi meno irrealistica. Il mese di maggio 2018 si è infatti aperto con la proposta britannica di una “Custom Partnership”, per cui il Regno Unito si impegnava a mantenere una regolamentazione doganale allineata a quella europea e a raccogliere IVA e tariffe per conto di Bruxelles, potendo così evitare frontiere doganali fisiche con la Repubblica di Irlanda, e al tempo stesso negoziare accordi commerciali e imporre tariffe proprie con Paesi terzi. Questa proposta è stata poi convertita nella c.d. “Time-limited UK-wide backstop proposal”, in virtù della quale sarebbe l’intero Regno Unito, e non la sola Irlanda del Nord, a rimanere nell’Unione Doganale fino al 2021. Da questi sviluppi emergeva la nuova linea negoziale del Governo britannico: una Brexit morbida, incentrata sull’adesione regolatoria al sistema comunitario per quanto riguarda il commercio di beni, in linea con quanto accade con Paesi come Svizzera e 13 Cioè la soluzione di ultima istanza se nel frattempo non verrà raggiunto un accordo alternativo e concordato da tutti 14 Commissione Europea, TF50 (2017) 19 – Commission to EU 27, 8 December 2017. 7
Norvegia, e una maggior libertà nel settore dei servizi e della circolazione di persone. Una proposta bocciata l’11 giugno dai negoziatori europei, che hanno rimarcato l’importanza del mercato unico, indivisibile in ogni sua componente. Ciononostante, questa linea è stata confermata sia il 9 luglio, sia il 12 luglio, con la pubblicazione di un White Paper15, che nelle intenzioni del Governo May avrebbe dovuto costituire la base di dialogo per giungere alla Dichiarazione Politica congiunta con l’Unione Europea e governare le negoziazioni durante il periodo di transizione. Il Libro Bianco ha finalmente certificato quanto la questione irlandese fosse rilevante e condizionasse la posizione negoziale britannica. Il Governo inglese, per evitare l’imposizione della Backstop Solution di matrice europea e al tempo stesso scongiurare una Hard Brexit, proponeva infatti di: • Creare un’area di libero scambio per beni e prodotti, lasciando fuori il settore dei servizi e configurando un “Association Agreement” simile a quelli che l’UE ha oggi con Georgia e Ucraina. • Non rendere necessari visti per turisti europei e lavoratori, qualora si recassero nel Regno Unito per un breve periodo di tempo. • Accettare di considerare la giurisdizione della Corte di Giustizia Europea sui contenziosi legati all’”Association Agreement”. • Regolare il settore dei servizi finanziari tramite un accordo ad hoc, basato su un principio di equivalenza rafforzato.16 La proposta contenuta nel White Paper è stata immediatamente contestata sia da parte del Governo inglese che dal Parlamento britannico, soprattutto da Tory e Brexiters più convinti, rilanciando le quotazioni e lo spettro di una “Hard Brexit”. Già il 9 luglio due ministri euroscettici del Governo Britannico avevano rassegnato le loro dimissioni: David Davis, il Segretario di Stato per l’Uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, e Boris Johnson, Ministro degli Esteri. Il 19 giugno 2018 la Commissione Europea avvertiva che il raggiungimento di un accordo tra Unione Europea e Gran Bretagna rimaneva incerto, chiedendo agli Stati Membri di prepararsi al ritiro del Regno Unito, in data 30 marzo 2019, a tutti i livelli, anche in prospettiva di un “No Deal”17 scenario.18 La serietà dell’avvertimento è stata ribadita con la pubblicazione, un mese dopo, di oltre 60 c.d. “note preparatorie” rivolte a diversi attori e settori sensibili, affinché questi possano prepararsi adeguatamente ad una Brexit improvvisa, non regolata e disordinata.19 Lo stesso appello è stato lanciato dai leader dei 27 Stati Membri riuniti nel Consiglio Europeo del 22 giugno 2018, attraverso una richiesta a tutti gli stakeholder affinché essi rafforzino il 15 HM Government, “The future relationship between the United Kingdom and the European Union”, luglio 2018. 16 Il principio di equivalenza, in vigore con USA e Giappone, permette un accesso al mercato comunitario privilegiato in presenza di allineamento regolatorio ed è alla base di tutte le proposte contenute nel White Paper. 17 Assenza di un accordo sul Withdrawal Agreement, che equivarrebbe ad una Hard Brexit senza tutele e accordi a regolarla, con rapporti commerciali tra UE e UK basata su sole regole WTO. 18 Fonte: Commissione Europea, “Preparazione per il ritiro del Regno Unito dall'Ue il 30 marzo 2019”, Bruxelles, 19 giugno 2018. 19 https://ec.europa.eu/info/brexit/brexit-preparedness/preparedness-notices_en 8
loro lavoro di preparazione “a tutti i livelli e per tutti i risultati”, compreso lo scenario di un non accordo. Anche il capo negoziatore europeo per la Brexit, Michel Barnier, non ha usato toni rassicuranti o conciliatori, spiegando, in data 29 giugno, come le divergenze tra Londra e Bruxelles rimangano “serie” ed “ampie”. 20 Anche personalità pro-remain, tra cui Tony Blair, hanno accusato la proposta di essere eccessivamente lesiva dell’interesse britannico, rendendo il Regno Unito un “rule taker” delle decisioni comunitarie. Molte critiche sono arrivate anche dal settore dei servizi, soprattutto dopo la bocciatura di Barnier della proposta inglese per il settore finanziario. 21 In generale, il tema maggiormente critico rimaneva il confine tra Nord Irlanda e Repubblica ’Irlanda. Non è però un caso che questo punto fosse ancora irrisolto: si trattava, e si tratta ancor oggi, di un elemento con forti implicazioni per il futuro assetto delle relazioni tra Regno Unito e Unione Europea. I più speravano di poter definire la questione nel merito dopo il 29 marzo 2019, durante il periodo di transizione, anticipando soltanto una dichiarazione politica sui generis che permettesse di trovare un’intesa per la separazione, e che invece la questione doganale ha impedito di procrastinare, riportando al centro della prima fase negoziale tutte le contraddizioni e le controversie connesse alla Brexit. Il 14 novembre 2018, gli sforzi negoziali sono comunque arrivati a produrre la bozza di massima del c.d. Withdrawal Agreement, approvato dai leader dei 27 Stati membri dell'UE e dal governo britannico guidato dal primo ministro Theresa May. I termini della bozza di accordo sono i seguenti e riflettono, senza particolari stravolgimenti, il consensus politico maturato, non senza fratture e difficoltà, nei mesi precedenti in seno al Governo britannico: • Con riferimento al nodo irlandese, il più critico, entrambe le parti, UE e UK, si impegnano a "fare del proprio meglio" per concludere un futuro accordo commerciale di lungo periodo, capace di evitare un confine fisico tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, almeno sei mesi prima della fine del periodo di transizione (dicembre 2020). o In caso contrario, l'UE e il Regno Unito potranno estendere congiuntamente il periodo di transizione per un periodo di tempo non specificato. o Qualora ciò non avvenga, entrerà in vigore la c.d. backstop solution: UE e UK rimarranno all’interno di un’area doganale comune a partire dalla fine del periodo di transizione e “a meno che e fino a quando” un successivo accordo non diventerà applicabile. Tale unione doganale temporanea riguarderebbe tutte le merci, eccezion fatta per la pesca, vi sarebbero controlli rafforzati per alcune merci tra Irlanda del Nord e resto dell’UK22 e il Regno 20 In questo senso, è da segnalare lo sforzo di Michel Barnier, che ha dichiarato che l’UE è pronta a offrire “una partnership con la Gran Bretagna senza precedenti, che non c’è mai stata con altri Paesi terzi”. 21 C.d. Financial Services Brexit Plan. 22 Una serie di norme specifiche si applicheranno solo all’Irlanda del Nord, per evitare controlli doganali al confine con la Repubblica di Irlanda. L’Irlanda del Nord sarà quindi più integrata nel “mercato unico europeo” rispetto al resto del Regno Unito. I controlli doganali avverranno invece tra Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Condizione inaccettabile per i deputati del DUP, Partito Unionista Democratico. 9
Unito dovrebbe sottostare a condizioni paritarie con il resto dell’UE (ad esempio nella stipula di ulteriori accordi commerciali con stati terzi) 23. Il Regno Unito non potrebbe inoltre uscire da tale unione doganale ex. Backstop solution indipendentemente, ma solo previo accordo con l’UE. • In caso di entrata in vigore della c.d. Backstop Solution, l'accordo stabilisce inoltre che il Regno Unito dovranno rispettare condizioni pari a quelle UE (c.d. level playing field) in materia di concorrenza e aiuti di Stato, nonché le norme in materia di occupazione, standard ambientali e fiscalità. Viene inoltre richiesto un "allineamento dinamico" sul tema degli aiuti di Stato, obbligando il parlamento britannico a implementare i regolamenti UE sul tema man mano che questi verranno emessi. Il Regno Unito dovrà inoltre recepire le direttive UE in materia fiscale (reporting, codice di condotta, scambio di informazioni). Infine, le c.d. "clausole di non regressione" impediranno al Regno Unito di introdurre standard più bassi rispetto a quelli UE in materia sociale, ambientale e di lavoro (ad es. orario di lavoro). • Il periodo di transizione durerà 21 mesi. In questo periodo il Regno Unito dovrà rispettare tutte le norme dell'UE, presenti e future, ma non sarà più parte delle sue istituzioni. Tale periodo potrà essere prorogato per un periodo di 2 o 3 anni, ma solo con il consenso di ambo le parti. • Vengono fissati i criteri di calcolo per l’accordo finanziario (il c.d. “conto del divorzio”), l’ammontare che il Regno Unito dovrà pagare all'UE per adempiere a tutti i suoi obblighi finanziari verso l’UE. Nonostante nel marzo 2018 si fosse trovato l’accordo sulla somma dovuta e sul periodo di pagamento, nel documento non è contenuta alcuna cifra o scadenza definita.24 Parte di questo denaro sarà legato al contributo finanziario che il Regno Unito dovrà versare durante il periodo di transizione. In caso di proroga della transizione, occorreranno pagamenti supplementari del Regno Unito al bilancio dell'UE, che saranno concordati separatamente. • Per quanto riguarda la tutela dei cittadini, il Withdrawal Agreement tutela gli attuali diritti di residenza e di previdenza sociale dei cittadini UE già residenti nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono nei Paesi UE-27. I primi potranno richiedere la residenza permanente nel Regno Unito, conservando la maggior parte dei diritti familiari di cui godono oggi. I termini generali non differiscono dalla bozza di accordo del marzo 2018. Tuttavia, l’accordo non chiarisce se i cittadini britannici residenti in un Paese UE-27 potranno muoversi liberamente nell’UE o potranno vedersi riconosciute qualifiche professionali o accesso all'istruzione universitaria alle stesse condizioni attuali. • Per quanto concerne la governance dell’accordo, al termine del periodo di transizione le questioni relative al Withdrawal Agreement e alle relazioni UE-UK 23 Condizione inaccettabile per i “Brexiter” più intransigenti. 24 Sulla base di stime conservative, il Tesoro britannico si aspetta un esborso netto compreso tra 40 e 45 miliardi di Euro. Secondo il National Audit Office il conto della separazione potrebbe raggiungere i 60 miliardi di Euro (cui sommare altri 14 miliardi di Euro di passività). Mentre la maggior parte dei contributi sarà versata entro il 2025, alcuni pagamenti potrebbero terminare nel 2064, in particolare quelli relativi alle pensioni dei funzionari dell'UE. 10
saranno deferite ad un comitato misto, le cui sentenze sarebbero vincolanti. Durante il periodo di transizione il Regno Unito rimarrà sotto la giurisdizione della Corte di Giustizia Europea (ECJ). Dopo la fine del periodo di transizione, il comitato misto dovrà comunque deferire alla ECJ qualsiasi disputa relativa alla legislazione comunitaria. • Nulla viene definito circa il settore dei servizi.25 Nell’outline della dichiarazione politica, un documento breve e non vincolante che accompagna il Withdrawal Agreement definendo le linee guida delle future relazioni politiche tra UK e UE: o Si auspica che il futuro accordo commerciale definito tra UK e UE al termine del periodo di transizione copra una vasta gamma di settori (più ampia di quella WTO), garantendo il reciproco accesso al mercato senza discriminazioni, la libera circolazione di capitali e pagamenti, il riconoscimento delle qualifiche professionali e adottando approcci normativi trasparenti, efficienti e compatibili, che tutelino al tempo stesso il principio dell'autonomia. o Per quanto riguarda il settore dei servizi finanziari, il principio cardine stabilito è quello dell’equivalenza, basato sull'attuale sistema di accesso ai mercati finanziari dell'UE per player di Paesi Terzi, la cui valutazione, si auspica, dovrà iniziare il prima possibile. o Si apre inoltre alla cooperazione in materia di supervisione e regolamentazione, sottolineando però che sia il Regno Unito che l'UE dovranno innanzitutto garantire la propria stabilità finanziaria, l'integrità del mercato, la protezione degli investitori e la concorrenza leale, "nel rispetto dell'autonomia normativa e decisionale delle parti e della loro capacità di prendere decisioni in materia di equivalenza nel proprio interesse". Si specifica inoltre che il Regno Unito e l'UE potranno adottare o mantenere qualsiasi misura, se necessario per motivi prudenziali. Il 25 novembre il testo del Withdrawal Agreement è stato approvato dai leader dei 27 Paesi UE, così da garantire un’uscita ordinata del Regno Unito dall’UE e scongiurare una Hard Brexit, per cui il Regno Unito iniziava ad apparire impreparato, essendo il 29 marzo ormai a soli 4 mesi di distanza. Ciononostante, come ampiamente anticipato nelle precedenti edizioni di questo studio, lo scoglio principale rimaneva il voto dei parlamentari britannici, necessario per l’entrata in vigore dell’accordo. I membri del Partito Unionista Democratico - che garantiscono la maggioranza al Governo May – si dichiaravano apertamente ostili all’accordo, insieme ai deputati dell’opposizione e ad una parte degli stessi deputati del partito Conservatore, convinti che l’accordo sottoscritto fosse lesivo degli interessi britannici. La critica principale riguardava il rischio di rimanere legati all’unione doganale con l’UE a tempo indeterminato, in caso di entrata in vigore della c.d. Backstop Solution. 25 Si chiarisce che, al termine del periodo di transizione, il Regno Unito non avrà più accesso alle reti, ai sistemi di informazione e alle banche dati dell'UE. Ciò comprenderà l'accesso alle banche dati ESMA, EBA e EIOPA, a meno che non siano previste disposizioni speciali per tale accesso nei futuri accordi successivi al ritiro. 11
Figura 1. Composizione della House of Commons prima e dopo le elezioni di giugno 2017 (% totale seggi). Fonte: elaborazione The European House - Ambrosetti su dati UK Parliament, 2019. Il testo dell’accordo è stato quindi sottoposto ai deputati britannici il 15 gennaio 2019, dopo un rinvio di circa un mese, resosi necessario per provare a costruire un qualche consenso attorno alla versione del Withdrawal Agreement concordato con l’UE e per cui erano stati necessari 18 mesi di negoziati serrati soltanto per arrivare ad un testo con dei punti minimi di intesa, rimandando gli accordi commerciali di dettaglio al periodo di transizione. Ciononostante, i parlamentari britannici hanno comunque respinto l’accordo con 202 voti a favore contro 432 contrari, infliggendo a Theresa May la più pesante sconfitta parlamentare di qualsiasi altro primo ministro britannico nell'era democratica. Oltre ad una mozione di sfiducia, superata indenne il 16 gennaio, il Primo Ministro britannico è stato inoltre obbligato a presentare ai Comuni entro tre giorni lavorativi (e non 21, come stabilito finora) un piano B alternativo al "no deal", da rimettere ai voti nel giro di una settimana, grazie all’emendamento, promosso dall’ex ministro della Giustizia Dominic Grieve, approvato il 9 gennaio 2019 con 308 voti favorevoli e 297 contrari. Il secondo tentativo di far approvare l’accordo ha avuto però luogo soltanto il 12 marzo, dopo che il 27 febbraio il partito labourista, vistosi rifiutata dal Governo la propria proposta di emendamento all’accordo, ha annunciato il suo aperto sostegno ad un secondo referendum e dopo che, l’11 marzo, la Commissione Europea aveva concesso alcune minori modifiche al testo dell’accordo. Il 12 marzo il Governo britannico è andato incontro ad una seconda sconfitta: hanno votato contro il nuovo testo di Withdrawal Agreement 391 parlamentari, mentre a favore soltanto 242. Il giorno successivo, inoltre, il Parlamento britannico ha approvato una mozione non vincolante che chiedeva al governo britannico di 12
escludere la possibilità di uscire dall’Unione Europea senza accordo,26 il cosiddetto “no deal”. Il 14 marzo la Camera dei Comuni ha infine approvato una mozione che autorizzava il governo a chiedere il rinvio della Brexit. Tale richiesta è stata approvata dai leader UE e dalla Commissione, con il seguente caveat: • La nuova data prevista per la Brexit avrebbe potuto essere il 22 maggio 2019, ma soltanto qualora il Withdrawal Agreement fosse stato approvato dal Parlamento britannico. • In caso di una nuova bocciatura, il Governo britannico avrebbe avuto tempo soltanto fino al 12 aprile 2019 per comunicare al Consiglio europeo come intende procedere: chiedere una nuova proroga, procedere con una Hard Brexit o procedere al ritiro unilaterale dell’art.50, possibilità, questa, resasi disponibile dopo che la Corte di Giustizia Europea ha colmato una lacuna dell’Art. 50 del Trattato di Lisbona, chiarendo nel dicembre 2018 che Londra può procedere al ritiro unilaterale dalla Brexit. Il 25 marzo la Camera dei Comuni ha inoltre approvato un emendamento che proponeva una serie di cosiddetti “voti indicativi” per verificare se una delle possibili opzioni alternative all’accordo concordato tra Londra e Bruxelles avesse il sostegno della maggioranza dei parlamentari, di fatto sottraendo al governo il controllo del processo decisionale per l’uscita del Regno Unito dall’UE (la proposta è stata approvata con 329 sì e 302 no). Conseguentemente, tre sottosegretari del governo si sono dimessi dopo aver votato in dissenso della linea ufficiale dell’esecutivo e del Partito Conservatore a favore di uno degli emendamenti: il sottosegretario alle Attività Produttive, il sottosegretario agli Esteri e il sottosegretario alla Sanità. Soltanto due giorni dopo (e due giorni prima del 29 marzo), tuttavia, la mancanza di un consenso parlamentare sulla direzione da imprimere alla Brexit, anche in alternativa a quella indicata nel Withdrawal Agreement, si è mostrata in tutta la sua chiarezza, con la bocciatura di tutte le otto opzioni alternative presentate al “voto indicativo” e che, di fatto, coprivano l’intero panorama disponibile delle alternative al Withdrawal Agreement. Ci preme qui segnalare che le due soluzioni con maggior consenso sono state quelle di una Brexit Soft, con il mantenimento dell’Unione Doganale e la proposta di un nuovo Referendum per confermare il Withdrawal Agreement sin qui negoziato. L’opzione Hard Brexit coagula invece un basso consenso parlamentare, da parte dei soli Brexiters più intransigenti. 26 Il voto è stata l’ennesima sconfitta per la prima ministra Theresa May, poiché è avvenuto su una mozione modificata da un emendamento a cui il governo era contrario. La mozione originale era contraria al “no deal”, ma in termini meno netti rispetto a quelli posti dall’emendamento. In tutto, 312 parlamentari hanno votato a favore della mozione emendata e 308 hanno votato contro. 13
Mozione M: referendum Mozione confermativo M: referendum sul Withdrawal confermativo sul Withdrawal 268 Agreement Agreement 295 Mozione J: accordo Mozione J: deal eche mantenga l'intero mantenimento Regno di tutto Unito il Regno in in Unito 264 una unione unadoganale con l'UE con l'UE(272 contro 264). unione doganale 272 Mozione MozioneK: K:stretta strettacollaborazione collaborazioneeconomica economicacon conUE, UE, unione 237 unione doganale doganalee allineamento al mercato e allineamento unico sul mercato unico 307 Mozione D: "Mercato Mozione comune D: "Mercato 2.0" che comune 2.0"garantisca rapporti deal che garantisca 188 simili a quelli rapporti tra UE simili e Norvegia a quelli tra UE(permanenza nel mercato nel e Norvegia (permanenza unico, accordi mercatoadunico, hoc sul frontead accordi doganale) hoc sul fronte doganale) 283 Mozione L: ritirare l’articolo 50 184 Mozione L: ritirare l’articolo 50 293 Mozione B: No deal e HardB:Brexit il 12e aprile 160 Mozione No deal Hard Brexit il 12 aprile 400 Mozione O: «no-deal» Mozione controllato O: «no-deal» nel caso controllato nonnon nel caso si riesca a a si riesca 139 raggiungere un accordoun raggiungere diaccordo divorziodicon la UE con la Ue divorzio 422 Mozione MozioneH: H:permanenza l'UK rimane nello nello Spazio Spazio economico economicoeuropeo europeoee si 65 adesione all'EFTA unisce all'EFTA 377 SI NO Figura 2. Mozioni ammesse al voto indicativo e risultati di voto della Camera dei Comuni (numero di voti favorevoli e contrari), 27 marzo 2019. Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati IFG, 2019. Infine, in questo contesto e nonostante il Primo Ministro inglese Theresa May avesse promesso di dimettersi in caso di approvazione del testo del Withdrawal Agreement, il Parlamento britannico ha bocciato il 29 aprile per una terza volta l’accordo e il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha convocato per il 10 aprile, 2 giorni prima della nuova deadline, un nuovo vertice europeo sul tema. L’unico elemento certo del processo che dovrebbe condurre il Regno Unito all’uscita dall’UE rimane quindi l’assenza di un consenso di minima e di una chiara direzione da seguire, mancando un’intesa, da parte del Parlamento britannico, anche su pochi punti chiave su cui incardinare il percorso della “Brexit” (il Withdrawal Agreement non è infatti un accordo di dettaglio, ma soltanto un primo framework di massima che fissa dei paletti e delle garanzie minime per poter poi procedere, in un secondo momento, alla definizione congiunta dell’impianto normativo specifico, di dettaglio e comprensivo dei diversi e numerosi aspetti relativi alle relazioni tra UE e UK toccati dalla Brexit). L’Unione Europea si prepara quindi a gestire una Hard Brexit: la Commissione Europea ha presentato 19 proposte legislative27, 3 comunicazioni e ha indirizzato a imprese e cittadini comunitari 90 avvisi, preparandosi ad un “no deal” sul fronte legislativo, comunicativo, e logistico. Il grado di preparazione dei 27 Membri UE è giudicato elevato per tutti gli scenari.28 Nuovo personale doganale sta venendo reclutato (700 in Francia, 400 in Belgio, 900 in Olanda) e 20 nuovi varchi in 6 Stati Membri sono in allestimento per consentire i controlli di confine. 27 17 proposte sono già state adottate o approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio. 28 Fonte: Commissione europea, “Comunicato stampa. Preparativi per la Brexit: l'UE porta a termine i preparativi nell'ipotesi di un'uscita senza accordo il 12 aprile”. Bruxelles, 25 marzo 2019. 14
Tra le misure chiave presentate dalla Commissione Europea: • prosecuzione il programma PEACE sull'isola d'Irlanda fino alla fine del 2020, successivamente si propone la continuazione e il potenziamento del sostegno transfrontaliero per la pace e la riconciliazione tra l'Irlanda e l'Irlanda del Nord; • prosecuzione degli impegni di bilancio e dei pagamenti per il 2019 verso i beneficiari UK, a patto che il Regno Unito onori i suoi impegni di bilancio per il 2019 accettando controlli e audit necessari; • compensazione per i pescatori e gli operatori degli Stati membri dell'UE per l'arresto temporaneo delle attività di pesca e diritto di accesso alle acque comunitarie solo sulla base di reciprocità; • attivazione di misure temporanee e limitate per evitare interruzioni improvvise della compensazione centrale dei derivati e dei servizi centrali di deposito titoli per gli operatori dell'UE che attualmente utilizzano operatori del Regno Unito, nonché per agevolare la novazione, per un periodo di tempo determinato di 12 mesi, di alcuni contratti derivati negoziati fuori borsa in caso di trasferimento di un contratto da una controparte del Regno Unito a una controparte dell'UE a 27; • mantenimento dei collegamenti aerei di base per evitare una totale interruzione del traffico aereo tra l'UE e il Regno Unito. Mantenimento di collegamenti stradali di base per un periodo di tempo limitato, a condizione che il Regno Unito conceda lo stesso trattamento alle imprese e agli operatori dell'UE. Garanzia della validità delle autorizzazioni di sicurezza per alcune parti dell'infrastruttura ferroviaria per un periodo strettamente limitato a tre mesi, subordinato al mantenimento, da parte del Regno Unito, di standard di sicurezza identici alle prescrizioni dell'UE; • riallineamento del corridoio della rete centrale Mare del Nord – Mediterraneo con nuovi collegamenti marittimi tra l'Irlanda, la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi alla rete centrale e stabilisce una nuova priorità di finanziamento per il meccanismo per collegare l'Europa (MCE); • consolidamento del sistema di scambio delle quote di emissione; • prosecuzione del finanziamento a studenti e tirocinanti all'estero che partecipano al programma Erasmus+ al momento del recesso del Regno Unito, che potranno completare gli studi; • salvaguardia dei diritti (ad esempio periodi di assicurazione, di lavoro (anche autonomo) o di residenza nel Regno Unito delle persone che hanno esercitato il diritto alla libera circolazione (prima del recesso del Regno Unito) ed esenzione dal visto per i cittadini britannici che si recano nell'UE, se anche il Regno Unito concederà un regime di esenzione reciproca e non discriminatorio per tutti i cittadini dell'UE. I punti di maggior criticità sono rappresentati dal clima di incertezza diffuso,29 che pesa sempre di più sulle scelte di business e cittadini e dalla possibilità, che cresce di giorno in giorno, di una Hard Brexit, con l’uscita del Regno Unito in data 12 aprile, senza accordi 29 Secondo Goldman Sachs l’incertezza legata all’esito della Brexit è costata all’economia inglese quasi 700 milioni di Euro alla settimana dalla data del Referendum. Fonte: Reuters, “Brexit uncertainty has cost Britain 600 million pounds a week”, 1 aprile 2019. 15
che regolino le relazioni tra UE e UK e supportino gli attori privati garantendo una transizione di lungo periodo, ordinata e senza shock eccessivi. • 23 giugno 2016, il 51,9% dei cittadini britannici sceglie di uscire dall'UE • 29 marzo 2017, il Governo Britannico attiva l'Art.50, dando ufficialmente inizio alla Brexit • 5 aprile 2017, il Parlamento UE vota una risoluzione che delimita il perimetro entro il quale dovrà realizzarsi il negoziato d'uscita • 8 giugno 2017, elezioni anticipate nel Regno Unito, segnano un indebolimento della posizione negoziale del Governo Britannico • 19 giugno 2017, iniziano ufficialmente i negoziati • 12 settembre 2017, la Camera dei comuni approva il Great Repeal Bill, la legge quadro che assorbe la legislazione europea in quella nazionale ed abroga l'European Communities Act del 1972 • 10 novembre 2017, viene fissata la data ufficiale della Brexit: le ore 23:00 locali del 29 marzo 2019 • 8 dicembre 2017, UE e UK trovano un'intesa di massima su alcuni punti chiave • 28 febbraio 2018, la Commissione Europea divulga la bozza di accordo per la separazione tra UE e Regno Unito (Draft Article 50 Withdrawal Agreement) • 19 marzo 2018, vengono approvati alcuni punti chiave (alla base del negoziato) e accettata la concessione di un periodo di transizione di 21 mesi per il Regno Unito • Giugno 2018, la questione irlandese accresce i rischi di una Hard Brexit e le pressioni sul Governo britannico • 9 luglio 2018, mentre il Governo May definisce la propria strategia negoziale si dimettono due Ministri britannici: il Ministro per la Brexit e il Ministro per gli Esteri • 12 luglio 2018, il Governo Britannico presenta un Libro Bianco contenente la propria visione delle relazioni con l’UE dopo la Brexit, suggerendo una posizione negoziale piuttosto accomodante • 14 novembre: via libera da parte del Governo britannico alla bozza di Withdrawal Agreement • 25 novembre 2018, anche i leader UE riuniti al Summit Europeo straordinario approvano il testo del Withdrawal Agreement e della dichiarazione politica • 10 dicembre 2018, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea stabilisce che il Regno Unito è libero di revocare unilateralment e la notifica dell’art.50 • 11 dicembre 2018, viene rinviato a gennaio il voto del Withdrawal Agreement presso il Parlamento britannico, a causa della netta opposizione alla Backstop clause • 12 dicembre 2018, Theresa May supera la mozione di sfiducia presentata dal partito Conservatore • 15 gennaio 2019: il Parlamento britannico respinge l’accordo con 202 voti a favore e 432 contrari • 12 marzo 2019, il Parlamento britannico respinge nuovamente il Withdrawal Agreement, nonostante le rassicurazioni UE, con 242 voti a favore e 391 contrari • 22 marzo 2019, il Consiglio Europeo concede una proroga alla Brexit: al 22 maggio se entro il 29 marzo il Parlamento inglese approverà il Withdrawal Agreement, altrimenti al 12 aprile 2019 • 27 marzo 2019, la Camera dei Comuni boccia tutti le 8 proposte alternative o integrative al Withdrawal Agreement durante il c.d. “voto indicativo” • 29 marzo 2019, per la terza volta la Camera dei Comuni respinge il Withdrawal Agreement, con 286 voti a favore e 344 contrari, decade il rinvio al 29 marzo 2019: la nuova data concordata per la Brexit è il 12 aprile 2019 • 10 aprile 2019: Consiglio Europeo straordinario • 12 aprile 2019: nuova data per la Brexit, entro questa data il Governo britannico dovrà comunicare al Consiglio UE come intende procedere • 12 aprile 2019 - 31 dicembre 2020, senza accordo sul Withdrawal Agreement non interviene alcun periodo transitorio per permettere i negoziati commerciali, è Hard Brexit • 13 aprile 2019, senza ulteriori rinvii o decisioni del Governo UK il Regno Unito è a tutti gli effetti un Paese terzo Figura 3. Timeline della Brexit aggiornata al 1° aprile 2019. Fonte: The European House – Ambrosetti 2019 Nel prossimo capitolo saranno analizzati gli impatti, principalmente macroeconomici e rilevanti soprattutto per il Regno Unito, associati agli sviluppi del percorso negoziale. Il capitolo 5 analizzerà invece i rischi connessi ad una sempre più probabile Hard Brexit. L’ultimo capitolo dello studio, invece, cercherà di mappare i possibili scenari e le implicazioni future a supporto dei business leader e delle loro decisioni. 16
4. Analisi dei principali impatti macroeconomici della Brexit Le numerose stime di impatto sin qui elaborate da diverse fonti, pur differendo nella quantificazione degli effetti economici dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, concordano su un elemento: le ricadute della Brexit saranno negative per entrambe le parti e maggiori per il Regno Unito. Ian Mansfield (aprile 2014), Lungo termine Open Europe (marzo 2015), 2030 Oxford Economics (marzo 2016), 2030 LSE/CEP (March 2016), 10 anni dalla Brexit OECD (aprile 2016), 2030 Minford/Economists for Brexit (aprile 2016), 2020 HM Treasury (aprile 2016), 5 anni NIESR (maggio 2016), 2030 Bank of America (gennaio 2017), 2030 Berenberg Bank (gennaio 2017), 2030 EU Commission (marzo 2017), 2030 Rabobank (ottobre 2017), 2030 Rand (novembre 2017), 10 anni UK Government (gennaio 2018), 15 anni ONS, BoE (novembre 2018), 15 anni IMF (novembre 2018), Lungo termine -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 Figura 4. Schema di sintesi delle diverse stime di impatto della Brexit sull'economia britannica (impatto% su PIL UK nell’arco temporale indicato a lato della fonte). Fonte: elaborazioni The European House – Ambrosetti su fonti varie, 2019 Gli impatti maggiormente negativi sono associati allo scenario di una Hard Brexit, un’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza che venga raggiunto un accordo per normare – almeno - le future relazioni commerciali. In questo caso si applicherebbe la clausola della nazione più favorita (c.d. most favoured nation). Secondo il Fondo Monetario Internazionale stesso, un’immediata applicazione al commercio UE-UK delle regole WTO a partire dal 29 marzo 2019 porterebbe ad una mancata crescita economica dell’UE pari all’1,5% del PIL comunitario al 2030. Il Regno Unito, nello stesso arco temporale, subirebbe un danno economico pari ad una mancata crescita del PIL del 4%.30 L’ipotesi di una Hard Brexit viene presa in considerazione anche dalle stime effettuate dal Governo britannico. In caso di mancato accordo sulla Brexit – no deal con introduzione delle regole WTO - la crescita britannica sarebbe dell'9,3% inferiore nei prossimi 15 anni rispetto alle previsioni attuali. 31 Un accordo di libero scambio porterebbe ad una crescita del PIL UK più bassa di almeno il 4,9% nello stesso periodo. Se il Regno Unito dovesse invece mantenere 30 Considerando l’applicazione della clausola Most Favoured Nation. Fonte: IMF, “Country Report No. 18/224, EURO AREA POLICIES, SELECTED ISSUES”, 19 luglio 2018. 31 Pari a 160 miliardi di €, cifra che non tiene in considerazione i costi legati alla reintroduzione dei controlli doganali. Questi sono stimati, complessivamente per il solo Regno Unito, nell’ordine dei 20 miliardi di £. Elaborazioni The European House – Ambrosetti su dati HM Government e OECD, 2018. 17
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