L'insostenibile "leggerezza" del Meccanismo europeo di stabilità. La democrazia alla prova dell'emergenza pandemica

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ISSN 1826-3534

                24 GIUGNO 2020

  L’insostenibile “leggerezza” del
Meccanismo europeo di stabilità. La
democrazia alla prova dell’emergenza
            pandemica

              di Fiammetta Salmoni
     Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico
          Università degli Studi Guglielmo Marconi
L’insostenibile “leggerezza” del Meccanismo
     europeo di stabilità. La democrazia alla prova
              dell’emergenza pandemica *
                                        di Fiammetta Salmoni
                           Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico
                                Università degli Studi Guglielmo Marconi
Abstract [It]: Nel vivo del dibattito sull’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità (MES) a sostegno della crisi
economico-finanziaria conseguente alla pandemia da COVID -19, l’articolo dapprima ripercorre sinteticamente le
origini storiche di tale Istituzione, la sua natura giuridica, le fonti che lo disciplinano ed il suo utilizzo nel corso
della sua pur breve esistenza. Dopodiché, viene analizzata criticamente l’effettiva possibilità di utilizzare gli
strumenti di sostegno finanziario previsti dal Trattato MES e dalle sue Linee guida, senza attivare le rigorose
condizionalità di cui all’art. 136.3, TFUE e all’art. 3, Trattato MES. L’uso del MES in una configurazione light,
condizionato solo dal vincolo di spesa collegato all’erogazione della linea di credito denominata Pandemic Crisis
Support (PCS), istituita sulla base della esistente Enhanced Conditions Credit Line (ECCL), ad hoc per affrontare la crisi
pandemica, è messo in dubbio dalla lettera del corpus normativo che ne disciplina l’operatività. A ciò si aggiungano
le perplessità che suscita la possibilità di modificare le condizionalità in senso più rigoroso in un momento
successivo all’accesso all’assistenza finanziaria precauzionale, derivanti dall’analisi della relativa disciplina. Ci si
interroga, infine, su quali possano essere gli scenari verosimilmente prevedibili conseguenti all’attivazione del MES
in funzione anti-pandemica, specie alla luce della natura di questa Istituzione, nata per garantire la stabilità
finanziaria dell’Eurozona e con funzioni di prestatore di ultima istanza

Abstract [En]: In the midst of the current debate on the use of the European Stability Mechanism (ESM) in
support of the economic and financial crisis resulting from the COVID-19 pandemic, the article first summarizes
the historical origins of this institution, its legal nature, the sources governing it and its application during its short
story. After that, it’s critically analyzed the actual possibility of using the financial support tools provided by the
ESM Treaty and by its Guidelines, without activating the strict conditions of clause 136.3, ECFT and 3 ESM
Treaty. The application of the ESM in a light configuration, conditioned only by the expense commitment due to
the assignment of the credit line called Pandemic Crisis Support (PCS), established on the basis of the existing
Enhanced Conditions Credit Line (ECCL), ad hoc to face the pandemic crisis, is questioned by the letter of the
regulatory body governing its operations. Besides that, according to the analysis of the regulations, there is some
concerns about the possibility of modifying the conditionality in a stricter sense at a time following the access to
precautionary financial assistance. Finally, the article wonders which scenarios are likely to be expected as a
consequence of the activation of the ESM in an anti-pandemic purpose, especially considering the nature of this
Institution, created to guarantee the financial stability of the Eurozone and with the role of lender of last resort

Sommario: 1. La lettera-appello dei 101 economisti contro l’intervento del MES nella crisi pandemica e il Report
dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020 2. Il Consiglio europeo del 23 aprile 2020: l’attivazione del MES e l’ipotesi di
condizionalità light 3. La nascita del MES: in quale contesto, perché e quando 3.1. In quale contesto. La crisi
economico-finanziaria mondiale del 2008 e il diritto europeo dell’emergenza: il rischio di default della Grecia 3.2.
Perché. La nascita degli strumenti temporanei di assistenza finanziaria: il MESF e il FESF e la loro inadeguatezza
3.3. Quando. La modifica dell’art. 136, TFUE, l’istituzione del MES e la sostituzione del principio solidaristico con
il principio della stabilità finanziaria 4. La natura giuridica del MES: un’Istituzione con le garanzie di un soggetto
sovrano istituito da un Trattato che non assicura le “condizioni di parità con gli altri Stati” 5. Il funzionamento
del MES, le fonti che lo disciplinano e le rigorose condizionalità 6. Le misure di assistenza finanziaria precauzionale:

*   Articolo sottoposto a referaggio.

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la PCCL e la ECCL 7. La Pandemic Crisis Support e le condizionalità dell’ECCL 8. Condizionalità presenti e future:
sì o no? 8.1. È possibile l’intervento del MES senza condizionalità? 8.2. È possibile che le condizionalità siano
modificate dopo l’accesso al sostegno finanziario? 9. Le proposte dei commissari europei e la separazione tra
ordinamento europeo sulla governance economica e l’ordinamento normativo che disciplina il MES 10. Il Vertice
dell’Eurogruppo dell’8 maggio 2020 11. Condizionalità, prestiti e aggiustamenti macroeconomici: le macerie della
crisi pandemica e il futuro della democrazia

1. La lettera-appello dei 101 economisti contro l’intervento del MES nella crisi pandemica e il
Report dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020
Il 14 aprile 2020 è stata pubblicata una lettera-appello al Governo, sottoscritta da 101 economisti, dal
titolo “Non firmate quell’accordo”1. In essa, con un inusitato idem sentire tra studiosi aderenti ai più diversi
orientamenti e provenienti da diverse scuole di pensiero, si legge che “l’accordo raggiunto
dall’Eurogruppo il 9 aprile scorso sugli interventi europei per fronteggiare la pandemia e le sue gravissime
conseguenze economiche è insufficiente, prefigura strumenti inadatti e segna una continuità
preoccupante con le scelte politiche che hanno fatto dell’eurozona l’area avanzata a più bassa crescita nel
mondo”, perché “non prende atto dell’eccezionalità della situazione, senza precedenti almeno nell’ultimo
secolo, né del fatto che questo sconvolge i paradigmi che hanno guidato la politica economica negli ultimi
decenni”2.
Tale circostanza, proseguono i 101 economisti, dovrebbe far prendere in esame “provvedimenti
eccezionali, che dovrebbero avere almeno due caratteristiche essenziali: 1) essere attivabili in tempi il più
possibile brevi; 2) ridurre al minimo possibile l’aumento dell’indebitamento degli Stati, già destinato inevitabilmente a
crescere per finanziare gli interventi indifferibili per ridurre i danni della crisi”3.
In effetti, lo scorso 9 aprile, a Bruxelles, l’Eurogruppo ha raggiunto l’accordo sintetizzato nel Report on the
comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic, nel quale si dichiara che “è necessaria una
strategia coordinata e globale per far fronte alle esigenze dell’emergenza sanitaria, sostenere le attività
economiche e preparare il terreno per la ripresa”, una strategia che “dovrebbe combinare iniziative a
breve, medio e lungo termine, tenendo conto delle ricadute e delle interconnessioni” tra le diverse

 Articolo sottoposto a referaggio. Relazione al Webinar coordinato da G. CERRINA FERONI, Mes o non Mes? Come
uscirà l’Europa dal COVID-19?, Fondazione Cesifin, 18 maggio 2020.
1 Cfr., UE, appello di 101 economisti al Governo: “Non firmate quell’accordo”, in MicroMega Online, 2, 2020.
2 Ibidem
3 Quale, dunque, la soluzione proposta per fare fronte alla gravissima emergenza economica determinata dalla crisi

sanitaria causata dal Covid 19? La sola opzione che risponda a questi due requisiti, si legge, “è il finanziamento monetario di
una parte rilevante delle spese necessarie da parte della Banca centrale europea. Si tratta di una opzione esplicitamente vietata dai
Trattati europei. Ma anche i trattati, in caso di necessità, possono essere sospesi nel rispetto del diritto internazionale e
questo è oltretutto già avvenuto” (il corsivo è mio). Ibidem.

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economie degli Stati dell’Eurozona, considerando altresì la “necessità di preservare la fiducia e la
stabilità”4.
Tra queste iniziative, si distingue, per la sua rilevanza, ma anche per la sua problematicità e la conflittualità
che ha scatenato tra le forze politiche nazionali e finanche all’interno della stessa maggioranza di governo,
il ricorso al Meccanismo europeo di stabilità (MES) sotto la forma di una speciale linea di credito, denominata
Pandemic Crisis Support (PCS), che dovrebbe basarsi sull’esistente Enhanced Conditions Credit Line (ECCL) e
“adjusted in light of this specific challenge, as a relevant safeguard for euro area Member States affected
by this external shock”5.
Questa linea di credito sarebbe attivabile da parte di tutti gli Stati dell’Eurozona “with standardised terms”
decisi ex ante dal MES, che riflettano le attuali sfide, sulla base di valutazioni preliminari effettuate dalle
Istituzioni europee. L’unico requisito richiesto per accedervi consisterebbe nel fatto che lo Stato membro
che ne fa richiesta dovrà obbligatoriamente utilizzarla per sostenere il finanziamento dei costi connessi
all’assistenza sanitaria diretta e indiretta, alla cura e alla prevenzione correlati alla crisi provocata dal virus
COVID 19.
In questo contesto, continua il Report, da una parte, saranno comunque rispettate le disposizioni del Trattato
istitutivo del MES; dall’altra, il credito sarà concesso in una misura pari al 2% del PIL dello Stato membro
richiedente, utilizzando, come parametro di riferimento, la fine 2019.
Questa linea di credito, infine, rimarrà disponibile fino a quando non sarà terminata la crisi determinata
dal COVID 19, dopo di che gli Stati membri dell’Eurozona (richiamo la citazione testuale in inglese
affinché sia esplicito quanto dichiarato nel Report), “would remain committed to strengthen economic and financial
fundamentals, consistent with the EU economic and fiscal coordination and surveillance frameworks, including any
flexibility applied by the competent EU institutions”6.

4 Cfr., Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic, 9 aprile 2020, par. 2.
5 Cfr., Report, cit., par.16.
6 Cfr., Report, cit., par.16. Molti altri sono gli strumenti previsti nel Report per combattere la crisi provocata dal COVID

19, tra i quali spiccano: l’attivazione del Sure (Support to mitigate Unemployment risck in an emergency), proposto dalla
Commissione europea il 2 aprile 2020, COM(2020) 139 final, un fondo europeo destinato a fornire assistenza finanziaria
-durante il periodo della crisi-, sotto forma di prestiti fino a 100 miliardi di euro concessi dall’UE a condizioni
particolarmente favorevoli e destinato a combattere la disoccupazione, che, garantito da tutti gli Stati membri, trova il
proprio fondamento normativo nello spirito di solidarietà previsto dall’art. 122 TFUE (punto 17) ed il programma di
garanzie alle imprese alimentato dalla Banca europea per gli investimenti (Bei), previsto dal punto 15. Tra gli altri
numerosi provvedimenti adottati dall’UE volti a fronteggiare la pandemia, si vedano: a) la Communication from the
Commission to the Council on the activation of the general escape clause of the Stability and Growth Pact, Brussels, 20, marzo, 2020,
COM(2020) 123 final, approvata dall’Ecofin il 23 marzo 2020 con la Dichiarazione dei ministri delle Finanze dell'UE sul Patto
di stabilità e crescita alla luce della crisi della Covid-19, che ha temporaneamente sospeso il Patto di stabilità e crescita ricorrendo
alla General escape clause, prevista in caso di eventi esterni ed imprevisti rispetto alla logica economica dei Trattati che
regolano i rapporti deficit/Pil e debito/Pil, con la precisazione, tuttavia, che “i ministri rimangono pienamente impegnati
a rispettare il Patto di stabilità e crescita. La clausola di salvaguardia generale consentirà alla Commissione e al Consiglio
di adottare le necessarie misure di coordinamento delle politiche nel quadro del Patto di stabilità e crescita, discostandosi

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2. Il Consiglio europeo del 23 aprile 2020: l’attivazione del MES e l’ipotesi di condizionalità light
Tre giorni dopo la lettera-appello dei 101 economisti, il 17 aprile 2020, il Parlamento europeo ha
approvato un’importante Risoluzione, nella quale, nel suo punto 26, ha invitato “gli Stati membri della
zona euro ad attivare i 410 miliardi di EUR del Meccanismo europeo di stabilità con una linea di credito
specifica”, sottolineando che come misura a breve termine, il MES “dovrebbe immediatamente estendere le
linee di credito precauzionali ai Paesi che chiedono di accedervi per far fronte alle esigenze di finanziamento a breve termine
per affrontare le conseguenze immediate della COVID-19, con scadenze a lungo termine, tassi competitivi e condizioni di
rimborso connesse alla ripresa delle economie degli Stati membri”7.
In sostanza, il Parlamento europeo ha accolto le indicazioni deliberate pochi giorni prima
dall’Eurogruppo, ma ha suggerito due “aggiustamenti” importanti: innanzi tutto, che l’intervento del
MES non si limiti al 2% del Pil del 2019 dei Paesi membri, ma utilizzi tutta la sua dotazione finanziaria
per sostenere le spese sanitarie degli Stati più impattati dalla pandemia; in secondo luogo, che la
restituzione del prestito sia effettuata con scadenze a lungo termine, applicando tassi di interesse
competitivi e che le condizioni per il rimborso siano meno rigorose di quelle attualmente previste dal corpus
normativo che disciplina il MES, tenendo conto dell’andamento della ripresa delle singole economie degli
Stati membri.
Ciononostante, nell’attesissima riunione del 23 aprile, il Consiglio europeo, come riferito dal suo
Presidente, Charles Michel, ha proceduto: 1) ad approvare la tabella di marcia comune per la ripresa, in
cui si stabilisce che la ripresa dovrà ispirarsi ai principi di solidarietà, coesione e convergenza8; 2) ad approvare
le tre reti di sicurezza per i lavoratori, le imprese e gli enti sovrani, con un pacchetto del valore di 540
miliardi di EUR operativo dal 1 giugno 2020, che include, anche l’approvazione del MES, così come proposto
dall’Eurogruppo il 9 aprile 2020, senza tener conto della Risoluzione del Parlamento europeo; 3) ad
impegnarsi a creare un fondo per la ripresa (il c.d. Recovery Fund), di entità adeguata, “mirato ai settori e alle

tuttavia dai requisiti di bilancio normalmente applicabili, per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia”;
b) la Comunicazione della Commissione, Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current
COVID-19 outbreak, Brussels, 19 marzo 2020, C(2020) 1863 final, con la quale la Commissione ha adottato un quadro
temporaneo per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di
Stato al fine di sostenere l'economia nel contesto dell’epidemia di coronavirus. Si vedano altresì: c) la Proposal for a
Regulation of the European Parliament and of the Council amending Council Regulation (EC) No 2012/2002 in order to provide financial
assistance to Member States and countries negotiating their accession to the Union seriously affected by a major public health emergency,
Brussels, 13 marzo 2020, COM(2020) 114 final, 2020/0044 (COD); d) la Comunicazione della Commissione, Coordinated
economic response to the COVID-19 Outbreak, Brussels, 13 marzo 2020, COM(2020) 112 final; e) la Comunicazione della
Commissione, Coronavirus Response. Using every available euro in every way possible to protect lives and livelihoods, Brussels, 2 aprile
2020, COM(2020) 143 final;
7 Cfr., Risoluzione del Parlamento europeo, Azione coordinata dell'UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue

conseguenze, 17 aprile 2020, (2020/2616(RSP).
8 Presentata dal Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, insieme alla Presidente della Commissione europea

Ursula von der Leyen, dal titolo A ROADMAP FOR RECOVERY. Towards a more resilient, sustainable and fair Europe, 21
aprile 2020.

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aree geografiche dell’Europa maggiormente colpiti e destinato a far fronte a questa crisi senza
precedenti”, incaricando la Commissione di analizzare le esigenze specifiche e di presentare con urgenza
una proposta che ne chiarisca il nesso con il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP), che, in
ogni caso, dovrà essere adeguato per affrontare l’attuale crisi e le relative conseguenze.
L’idea che ha preso forma a livello europeo, quindi, (oggetto di accese discussioni anche tra gli Stati meno
afflitti dalla pandemia e più stabili dal punto di vista economico-finanziario e quelli più colpiti dal virus
ed economicamente e finanziariamente più fragili), è stata quella di attivare il MES applicando
condizionalità ridotte, ossia in una forma c.d. light, per finanziare gli ingentissimi costi generati dall’emergenza
sanitaria.
Su questa ipotesi, come accennato, le posizioni degli studiosi e della politica si sono divise. Da una parte,
vi sono coloro che sostengono la necessità di attivare il MES nella convinzione che non si debba perdere
questa occasione, visto che l’unica condizionalità che dovrebbe essere applicata sarebbe quella di
indirizzare i denari provenienti da questa Istituzione verso le spese sanitarie necessarie a fare fronte
all’emergenza COVID 19. Dall’altra, coloro che si oppongono recisamente all’utilizzo del MES in
considerazione del fatto che, a norme invariate, sarebbe impossibile usufruire di quei finanziamenti senza
essere assoggettati anche ad altre condizionalità, ben più rigorose.
Per prendere una posizione in un senso o nell’altro, dunque, la domanda fondamentale alla quale occorre
rispondere è se il MES, in base alla sua natura e così come attualmente strutturato e disciplinato, possa
assumere la configurazione light poc’anzi descritta oppure no, ma anche, ammesso che sia consentito
prevedere un’unica condizionalità legata al vincolo di spesa, se, una volta erogato il prestito, non sia poi
possibile cambiare, in corso d’opera, le condizionalità e prevederne di più rigide.

3. La nascita del MES: in quale contesto, perché e quando
Per esprimere un’opinione il più possibile laica, ritengo utile rammentare in quale contesto, perché e
quando tale organismo sia stato istituito e tratteggiarne, altresì, molto sinteticamente, le principali
caratteristiche e finalità definite dalle fonti che lo disciplinano9.

3.1. In quale contesto. La crisi economico-finanziaria mondiale del 2008 e il diritto europeo
dell’emergenza: il rischio di default della Grecia
Il contesto storico-economico nel quale si è fatta strada l’idea di istituire un Meccanismo europeo di
stabilità permanente risale -come ampiamente noto- alla crisi del debito sovrano che travolse la Grecia nel

9In questo terzo paragrafo riprendo pressoché testualmente quanto già scritto in F. SALMONI, Stabilità finanziaria,
Unione bancaria europea e Costituzione, Padova, 2019, 180 ss..

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200910 e alle misure del tutto inadeguate e insufficienti che furono adottate, in quell’occasione, dalla c.d.
Troika (Banca Centrale Europea, Commissione europea e Fondo Monetario Internazionale), cui, il 23
aprile del 2010, il Primo ministro Papandreou decise di chiedere supporto finanziario e che, attraverso
accordi bilaterali -al di fuori del diritto dell’UE-, il 7 maggio 201011, deliberò un programma di salvataggio
consistente in un prestito di 110 miliardi di euro12.
Durante la crisi del debito greco, divenne subito evidente che tutti gli strumenti creati sino a quel
momento non erano adeguati per fare fronte al rischio di contagio sistemico che incombeva sugli Stati
membri dell’UE, al rischio cioè che tutta l’architettura dell’Unione europea, fondata come era sull’Unione
economica e monetaria, si sgretolasse13. Ne furono ben consapevoli le stesse Istituzioni europee le quali,
mentre da una parte si occupavano di negoziare l’erogazione dei prestiti alla Grecia, dall’altra,

10 La crisi del debito greco esplose, in tutta la sua gravità, nel dicembre del 2009, quando il nuovo esecutivo ellenico del
socialista George Papandreou comunicò ufficialmente che il precedente governo, presieduto da Kostas Karamanlis,
aveva falsificato il bilancio dello Stato e che in Grecia il rapporto deficit/Pil era pari al 12,7% del Pil (e non al 3,4%),
mentre il rapporto debito /Pil aveva raggiunto il 129,7%. Questo annuncio, come era ovvio che fosse, provocò
immediatamente, negli investitori internazionali, timori circa la capacità della Grecia di onorare i propri impegni
finanziari, il che comportò, nell’aprile del 2010, il declassamento dei titoli del debito pubblico greco al livello di titoli
spazzatura (c.d. junk bond) da parte di alcune agenzie di rating internazionali (i.e. Fitch e Standard & Poor), determinando
un considerevole aumento del costo del debito, generato dall’aumento dei tassi di interesse che dovevano essere pagati dal
governo greco per rifinanziare i suoi stessi titoli pubblici in scadenza, con ulteriori pesanti ripercussioni sui mercati
finanziari. In tale contesto, la condizione economica e finanziaria della Grecia cominciò ad essere descritta come una
vera e propria crisi del debito sovrano e, per la prima volta dall’inizio della crisi nel 2007, il mondo occidentale si trovò
a dover affrontare il fantasma del default di uno Stato sovrano. Cfr., P. BLAZEY, R. WETTON, The Greek affair: a cause
or a symptom of the European union instability?, in Macquarie journal of business law, 2010, 47 ss.; F. CAPRIGLIONE, G.
SEMERARO, Crisi finanziaria e dei debiti sovrani. L’Unione Europea tra rischi ed opportunità, Torino, 2012, 33 ss.; G.
ARAVANTINOU LEONIDI, L’impatto della crisi sull’ordinamento costituzionale della Repubblica greca, in M. AZPITARTE,
F. BALAGUER CALLEJÓN, E. GUILLÉN LÓPEZ, J.F. SÁNCHEZ BARRILAO (a cura di), The impact of the Crisis
on the EU Institutions and Member States, Pamplona, 2015, 335 ss.; nonché, L. PAGGI, Europeismo. “Ideologia politica funzione
degli scambi” o utopia consolatoria?, in A. CANTARO (a cura di), Quo vadis Europa? Stabilità e crescita nell’ordinamento europeo,
in Cultura giuridica e diritto vivente, 2015, 45 ss., che afferma “la speculazione finanziaria sui debiti pubblici dei paesi più
deboli esplosa nel 2010 con la Grecia ha avuto il grande merito di portare alla luce del sole, e con una chiarezza prima
sconosciuta, la incongruenza della scelta compiuta a Maastricht di una «moneta senza stato»” (ivi, 45).
11 Cfr. la Dichiarazione dei capi di Stato e di governo della zona euro del 7 maggio 2010, preceduta dall’accordo dell’Eurogruppo,

Statement by the Eurogroup, Bruxelles, 2 maggio 2010.
12 Per una ricostruzione della crisi greca, ricondotta ad un incontrollato aumento della spesa pubblica rispetto alle entrate

fiscali, cfr., European Commission, The Economic Adjustment Programme for Greece, European Economy Occasional Papers,
Brussels, 2010, 3 ss.; European Commission, Report on Greek government debt and deficit statistics, COM/2010/0001 final, 17
ss. In letteratura, M.G. ARGHYROU, J.D. TSOUKALAS, The Greek Debt Crisis: Likely Causes, Mechanics and Outcomes, in
CESifo Working Paper, 2010, 3 ss.; W.H. BUITER, E. RAHBARI, Greece and the fiscal crisis in the Eurozone, in CEPR Policy
Insight, 2010, 1 ss.; K. FEATHERSTONE, The Greek sovereign debt crisis and EMU: a failing state in a skewed regime, in Journal
of Common Market Studies, 2011, 193 ss.; G.P. KOURETAS, P. VLAMIS, The Greek Crisis: Causes and Implications, in
Panoeconomicus, 2010, 391 ss.; N. ZAHARIADIS, Bargaining power and negotiation strategy: examining the Greek bailouts, 2010–
2015, in Journal of European Public Policy, 2017, 675 ss.; S.D. REPOUSIS, The Evolution of the Greek Public Deficit up to 2010,
in International Research Journal of Finance and Economics, 2017, 125 ss.
13 In termini, A. VITERBO, R. CISOTTA, La crisi della Grecia, l’attacco speculativo all’euro e le risposte dell’Unione europea, in

Dir. un. eur., 2010, 961 ss., in part. 972. Sul punto, cfr. anche M.L. TUFANO, Il principio del no bail-out nel diritto comunitario,
in Dir. un. eur., 2002, 505 ss.; P. DE GRAUWE, Economia dell’unione monetaria, Bologna, 2009, 247 ss.

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parallelamente, si riunivano per ragionare della creazione di un sistema più solido per fronteggiare la grave
situazione finanziaria che stava ormai travolgendo anche altri Stati europei.
Un salvataggio, quello greco, che, come sottolineato in dottrina, non fu affatto accordato in virtù di un
qualche spirito solidaristico nei confronti dei cittadini ellenici o al fine “di soccorrere la Grecia in quanto
tale”14, bensì per salvaguardare l’euro, preservando la stabilità finanziaria dell’Eurozona nel suo
complesso15 e la solvibilità della Grecia stessa16, il cui eventuale default avrebbe rappresentato un danno
ingentissimo anche per le banche tedesche e francesi e, quindi, per i debiti pubblici di quegli Stati, le cui
casse erano piene di titoli del debito pubblico greco17. La soluzione della crisi greca, pertanto, assurse “a
«paradigma» di un processo di «constitutional deconstruction» che l’Unione europea” impose a tale Stato
membro18.
Il principio democratico, già molto compromesso a partire dall’istituzione dell’Unione economica e
monetaria, fu messo in discussione in misura ancora maggiore da quanto accadde in questa occasione,
che, non a caso, rese ancora più evidente la “contraddizione sussistente tra l’allargamento e
l’approfondimento del processo di integrazione europea, specie nella sua dimensione economica, e la
salvaguardia delle prerogative democratiche dei popoli dell’Europa”19.
La crisi greca aveva “repentinamente evidenziato (…) tutti i gangli scoperti del processo di integrazione:
un’unione politica senza politica, una moneta senza Stato, una forma di governo senza governo”20,
mettendo, altresì, a nudo la stupefacente impreparazione dell’UE “di fronte a una crisi finanziaria in atto
da diversi mesi” e “la difficoltà di trovare all’interno del quadro istituzionale fornito dai Trattati le
soluzioni adeguate al caso”21. Fu chiaro, quindi, che per fare fronte a quanto stava accadendo si rendevano
necessarie Istituzioni e normative che avrebbero dovuto gestire situazioni molto diverse tra di loro,

14 Cfr. M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione, Napoli, 2016, 56.
15 Cfr., Dichiarazione dei capi di Stato e di governo della zona euro, 7 maggio 2010, cit.
16 Cfr., C. DE FIORES, L’Europa al bivio. Diritti e questione democratica nell’Unione al tempo della crisi, Roma, 2012, 150.
17 Cfr., A. GUAZZAROTTI, Crisi dell’euro e conflitto sociale, Milano, 2016, 18. Non sono d’accordo con quanto sostenuto

da A. MORRONE, I mutamenti costituzionali derivanti dall’integrazione europea, in federalismi.it, 2018, 15, secondo il quale “negli
anni di crisi economico finanziaria, sebbene non sempre ne sia stata colta l’effettiva portata, è avvenuto uno spostamento
di potere rilevante verso un obiettivo impensabile nell’Europa del mercato e della concorrenza: l’instaurazione di una
solidarietà politica interstatale e inter-ordinamentale, derogatrice del principio no bail out (con la modifica ex post factum
dell’art 136 TFUE), al fine di legittimare le soluzioni europee anticrisi, che si sono concretizzate nei fondi salva stati
(canonizzati nell’ESM), nel trattato sul Fiscal compact e, soprattutto (per la forza che hanno svolto sulle borse), nelle
misure della Banca centrale europea dirette ad acquistare, sul mercato secondario, i titoli del debito pubblico dei paesi
più esposti alla speculazione finanziaria (OMT e QI)”.
18 Cfr., M. BENVENUTI, Democrazia e potere economico, in Rivista AIC, 2018, 358.; F. BILANCIA, Crisi economica, decisioni

finanziarie ed istituzioni democratiche nazionali, in federalismi.it, 2016, 3. Di constitutional deconstruction parla A.-I. MARKETOU,
Constitutional-political change in Greece during the crisis. A story on constitutional deconstruction and the loss of national sovereignty, in
federalismi.it, 2016, 2 ss.
19 Cfr., M. BENVENUTI, Democrazia e potere economico, cit., 358.
20 Cfr., C. DE FIORES, L’Europa al bivio, cit., 150.
21 M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione, cit., 57.

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ancorché strettamente interconnesse, e che l’Unione europea non era stata in grado né di gestire
adeguatamente l’emergenza22, né tanto meno, di prevederla.
Era urgente, pertanto, predisporre una serie di misure anticrisi, tra cui, oltre alla modifica del Patto di
stabilità e crescita (PSC) e l’adozione di normative più stringenti sulle politiche di bilancio nazionali (Six
Pack, Fiscal compact e Two pack), spiccavano, per importanza e per complementarietà sia la creazione di una
struttura che avrebbe dovuto preservare la stabilità finanziaria europea e soccorrere gli Stati membri a rischio default
nel caso di un aumento incontrollato del loro debito pubblico (per l’appunto, il MES)23, sia l’istituzione
di meccanismi idonei a vigilare e sostenere le banche in crisi dei Paesi dell’Eurozona -e non- perché il
loro fallimento avrebbe potuto avere serie ripercussioni sui debiti sovrani degli Stati membri (l’Unione
bancaria europea)24.

3.2. Perché. La nascita degli strumenti temporanei di assistenza finanziaria: il MESF e il FESF
e la loro inadeguatezza
Così, nella Dichiarazione del 7 maggio 2010, la stessa con la quale i Capi di Stato e di governo decisero di
accordare il prestito alla Grecia, fu annunciato che la Commissione avrebbe altresì proposto l’istituzione
di strumenti temporanei25 di assistenza per gli Stati membri della zona euro in condizioni finanziarie critiche,
i.e. un Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF)26 per preservare la stabilità finanziaria in
Europa, la cui istituzione sarebbe stata sottoposta alla decisione di una riunione straordinaria del
Consiglio Ecofin, convocato di lì a due giorni. Il 9 maggio 2010, quindi, mentre la Commissione europea

22 Tanto è vero che le misure di salvataggio per la Grecia furono disposte mediante accordi bilaterali, come detto, al di
fuori del diritto dell’Unione.
23 In particolare, “la garanzia dell’assistenza nell’ambito del nuovo Meccanismo europeo sarà condizionata, dal 1° marzo

2013, dalla ratifica del Patto di bilancio, cioè del Trattato sulla Stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione
economica e monetaria”. Così, Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce
il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, nota di lettura n. 125, aprile 2012,
1.
24 “Affinché sia possibile ripristinare le condizioni per una crescita e un’occupazione sostenibili è indispensabile che le

finanze pubbliche siano sane ed è quindi necessario che vi sia una strategia di uscita globale. Una tale strategia implicherà
il progressivo ritiro del sostegno anti-crisi a breve termine e l'introduzione di riforme a medio e lungo termine volte a
promuovere la sostenibilità delle finanze pubbliche e a incentivare la crescita potenziale”. Così, Comunicazione della
Commissione. Europa 2020, Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, 3 marzo 2010, COM(2010) 2020
definitivo, punto 4.3. Per un’analisi più approfondita di questi temi, sia consentito rinviare a F. SALMONI, Stabilità
finanziaria, cit., passim.
25 La temporaneità di questi organismi trova il proprio fondamento giuridico nell’art. 122, TFUE, in forza del quale

“qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali
o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere
a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato”. Cfr., A. MANGIA, Il
Trattato MES, la costituzione economica europea, le Costituzioni nazionali, in A. MANGIA (a cura di), Mes. L’Europa e il Trattato
impossibile, Brescia, 2020, 38; nonché E. RAFFIOTTA, Norme d’ordinanza, Bologna, 2019, che paragona l’art. 122, TFUE,
all’art. 77, Cost.
26 European Financial Stabilisation Mechanism (EFSM).

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sottoscriveva l’accordo di prestito con la Grecia, il Consiglio Ecofin deliberò la creazione di un pacchetto
complessivo di misure per preservare la stabilità finanziaria in Europa, tra cui da una parte, il suddetto MESF27,
che trovava la sua base giuridica nell’art. 122, par. 2, TFUE, ove si prevede, in uno spirito di solidarietà
tra Stati membri, la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro
che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali
che sfuggono al suo controllo; dall’altra, attraverso una società di diritto lussemburghese, il Fondo europeo
di stabilità finanziaria (FESF)28.
Entrambe le strutture, dunque, furono create per rispondere all’esigenza, poc’anzi accennata, di
preservare la stabilità finanziaria in Europa e rappresentarono (in particolare il FESF), il primo tentativo
di superare il mero coordinamento degli interessi nazionali e di ricercare una sintesi autenticamente
europea29. L’istituzione di tali strumenti, tuttavia, fu anch’essa immediatamente ritenuta insufficiente per
fronteggiare l’aggravarsi della crisi che, a partire dal 2008, aveva cominciato a colpire molto seriamente
anche il sistema bancario irlandese (a causa dello scoppio della bolla speculativa immobiliare in quel
Paese)30.
Pertanto, mentre il Governatore della Banca centrale irlandese rendeva noto che le perdite delle banche
irlandesi ammontavano a circa 85 miliardi di euro e il governo di Dublino chiedeva ufficialmente aiuto

27 Il MESF, istituito con il Regolamento 407/2010, avrebbe potuto attivarsi nel caso in cui uno Stato membro avesse
subito o rischiato “di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che
sfuggivano (sfuggono) al suo controllo” e consisteva in prestiti o linee di credito che l’Unione europea avrebbe concesso
allo Stato membro interessato, alle condizioni previste dal Regolamento stesso. Così, art. 1, Regolamento n. 407/2010
del Consiglio dell’11 maggio 2010. Si trattava, dunque, di uno strumento di sostegno finanziario alimentato dalle risorse
del bilancio dell’UE, a disposizione di tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea e basato sui trattati vigenti. Sul punto,
K. TUORI, The European Financial Crisis. Constitutional Aspects and Implications, in EIU Working Papers, 2012, spec. 25 ss.
28 L’European Financial Stability Facility (EFSF) (se ne veda lo Statuto in federalismi.it) fu costituito nel corso della riunione

dell’Eurogruppo del 7 giugno 2010, per una durata di tre anni, nella veste di società a responsabilità limitata con sede a
Lussemburgo e dotato di garanzie rese dagli Stati partecipanti per un ammontare complessivo di 440 miliardi di euro (in
seguito aumentate). Esso avrebbe potuto fornire -insieme al FMI- un sostegno finanziario agli Stati membri in difficoltà,
potenziando i meccanismi di stabilità dell’area euro, mediante ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie attraverso
prestiti finanziati con l’emissione di obbligazioni a breve, medio e lungo termine. Il FESF era chiamato ad emettere
obbligazioni, garantite dagli Stati membri in proporzione al loro contributo al capitale della Bce. La capacità di prestito
del FESF, in sostanza, era coperta unicamente dalle garanzie degli Stati membri partecipanti ed era accessibile solo agli
Stati membri della zona euro. Si trattava di un meccanismo di tipo precauzionale che “si articolava in 3 linee di credito
(precautionary conditioned credit line - PCCL, la enhanced conditions credit line -ECCL e la enhanced conditions credit line with partial
risk protection -ECCL+) attivabili per fornire un’assistenza tempestiva prima che si verificassero situazioni di grave
difficoltà come stabilito nella Guideline on Precautionary Programmes”. Così, A. CANEPA, Crisi dei debiti sovrani e regolazione
europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in Rivista AIC,
2015, 4. Sul FESF, si vedano anche G. NAPOLITANO, La crisi del debito sovrano e il rafforzamento della governance economica
europea, in G. NAPOLITANO (a cura di), Uscire dalla crisi. Politiche pubbliche e trasformazioni istituzionali, Bologna, 2012, 383
ss.; F. SAVASTANO, Il Fondo europeo di stabilità: un elemento propulsivo della nuova Europa, in federalismi.it, 2012, 1 ss. del
paper.
29 Cfr., S. ROSSI, Intervento di apertura, in AA.VV., Dal Testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione di

poteri, Atti del convegno tenutosi a Roma il 16 settembre 2013, Roma, 2014, 12.
30 A causa dei crediti immobiliari insoluti ed inesigibili, alla fine del 2008 scoppiò la crisi della Anglo Irish Bank..

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alla Troika31, il Consiglio europeo di Bruxelles, nella riunione del 28 e 29 ottobre 2010, approvava la
Relazione intermedia della Task force sulla governance economica, istituita nel marzo 201032, la cui attuazione
avrebbe consentito “di rafforzare la disciplina di bilancio, ampliare la sorveglianza economica, approfondire il
coordinamento, nonché costituire un quadro solido per la gestione delle crisi e disporre di istituzioni più forti”33.
Nel corso della stessa riunione, i capi di Stato e di governo concordarono, altresì, sulla necessità che gli
Stati membri adottassero quella che, in altra sede34, ho definito la “seconda macro misura anticrisi” e cioè
l’istituzione di “un meccanismo permanente di gestione delle crisi per salvaguardare la stabilità finanziaria della
zona euro nel suo insieme”35. A tale scopo, invitarono il presidente del Consiglio europeo ad avviare
consultazioni con i membri del Consiglio stesso relativamente ad una modifica limitata del TFUE, il cui
testo fu concordato durante il successivo Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2010.
Tale modifica limitata del TFUE avrebbe fornito la base giuridica per il meccanismo permanente di gestione
delle crisi, che avrebbe dovuto essere istituito entro il marzo del 2011, sostituendo sia il Meccanismo europeo
di stabilizzazione finanziaria, sia il Fondo europeo di stabilità finanziaria36.

3.3. Quando. La modifica dell’art. 136, TFUE, l’istituzione del MES e la sostituzione del
principio solidaristico con il principio della stabilità finanziaria
In piena crisi del sistema bancario irlandese, dunque, per la quale il Consiglio europeo deliberò (insieme
al FMI) il prestito, al governo di Dublino (utilizzando -per la prima volta- il MESF ed il FESF)37, le
Istituzioni europee decisero di modificare i meccanismi provvisori appena istituiti e di sostituirli con un

31  Il 21 novembre 2010 le autorità irlandesi richiesero ufficialmente il sostegno finanziario dell’Unione europea e del
Fondo monetario internazionale.
32 Si tratta della notissima task force presieduta dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, istituita dal

Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010 (EUCO 7/10). Cfr. Rafforzare la governance economica nella UE. Rapporto della Task
force al Consiglio europeo, 21 ottobre 2010, in federalismi.it, dove si raccomandava di rafforzare la sorveglianza di bilancio e
il rispetto delle regole di bilancio dell’UE mirando ad un’attuazione migliore e più coerente del Patto di stabilità e crescita
(PSC), in modo da fornire solide fondamenta per una stabilità fiscale a lungo termine in tutta l’Unione europea; poiché
il Patto di stabilità e crescita non era stato sufficiente a garantire una crescita equilibrata dell’UE si raccomandava altresì
l’introduzione di un nuovo meccanismo permanente di sorveglianza macroeconomica, sostenuto da un nuovo assetto
giuridico, che avrebbe dovuto affiancare il quadro incentrato sul bilancio offerto dal PSC; altra raccomandazione
riguardava il coordinamento delle politiche economiche nazionali da rendere più penetrante mediante l’istituzione di un
semestre europeo a ciò dedicato; si raccomandava anche “un quadro robusto per la gestione delle crisi” e, infine, si
manifestava la necessità di rafforzare le istituzioni sia a livello nazionale che dell’UE.
33 Cfr. Consiglio europeo, Bruxelles, 28 e 29 ottobre 2010, Conclusioni della Presidenza, EUCO 25/1/10 REV 1.
34 Cfr., F. SALMONI, Stabilità finanziaria, cit., 125.
35 Cfr., Consiglio europeo, Bruxelles, 28 e 29 ottobre 2010, Conclusioni, punto 2.
36 I quali, entrambi, sarebbero rimasti in vigore fino al giugno 2013. IL FESF, tuttavia, continua ad esistere e rimarrà “in

vita” fino a quando non gli saranno restituiti tutti i prestiti che ha erogato tra il 2010 e il 2013.
37 Riunione dell’Eurogruppo e del Consiglio Ecofin del 6-7 dicembre 2010, 17211/10 ECOFIN 796 UEM 302. Il

prestito “europeo” fu affiancato da prestiti bilaterali di Svezia, Regno Unito e Danimarca.

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unico meccanismo permanente di assistenza finanziaria per i Paesi il cui accesso al mercato fosse risultato
compromesso dalla propria situazione interna.
Il 25 marzo 2011, sulla base di quanto deciso nel summenzionato Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre
2010 e al fine di ridurre la frammentazione del settore finanziario38, fu adottata la Decisione 2011/19939,
che modificò l’art. 136 TFUE40 introducendo un paragrafo 3 ai sensi del quale gli Stati dell’Eurozona
avrebbero potuto istituire un meccanismo di stabilità permanente da attivare ove indispensabile per salvaguardare
la stabilità della zona euro nel suo insieme, fermo restando che “la concessione di qualsiasi assistenza
finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”41.
In questo modo, con uno stratagemma talvolta (non del tutto erroneamente) criticato in dottrina42, la
base giuridica sulla quale incardinare l’istituzione del nuovo Meccanismo europeo di stabilità non fu più (come
nel caso del MESF) l’art. 122, par. 2, TFUE, che faceva riferimento al principio di solidarietà, bensì il
novellato art. 136, par. 3, TFUE, che faceva riferimento al principio della stabilità finanziaria e alla
conseguente salvaguardia della zona euro nel suo insieme43.
È sulla base di questi presupposti, dunque, che, l’11 luglio del 2011, fu istituito il MES ed il 2 febbraio
2012 gli Stati appartenenti all’area dell’euro ne sottoscrissero, con modifiche, il Trattato istitutivo,

38 Abbandonando, quindi, la logica del mero coordinamento tra autorità nazionali e autorità europee.
39  Decisione del Consiglio europeo, del 25 marzo 2011 che modifica l’articolo 136 del trattato sul funzionamento
dell’Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro,
(2011/199/UE).
40 Modificato applicando la procedura semplificata prevista dall’art. 48, par. 6 TUE. Sul punto, si veda la notissima sent.

CGUE, 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle, punti 49 ss. In dottrina, ex plurimis, si vedano, almeno R.
CALVANO, Il Meccanismo europeo di stabilità e la perduta sensibilità costituzionale della Corte di giustizia dell’Unione europea alla
luce del caso Pringle, in Giur. cost., 2013, 2426 ss.; B. DE WITTE, T. BEUKERS, The Court of Justice approves the creation of
the European Stability Mechanism outside the EU legal order: Pringle, in Common Market Law Review, 2013, 805 ss.; F.
MARTUCCI, La Cour de justice face à la politique économique et monétaire: du droit avant toute chose, du droit pour seule chose, in
Revue trimestrielle de droit europeen, 2013, 239 ss.; P. CRAIG, Pringle: legal reasoning, text, purpose and teleology, in Maastricht journal
of European and comparative law, 2013, 3 ss.; E. CHITI, Il Meccanismo europeo di stabilità al vaglio della Corte di giustizia, in Giorn.
dir. amm., 2013, 148 ss.
41 Così, art. 136, par. 3, TFUE. Si è dunque preferito modificare l’art. 136 TFUE piuttosto che usare la clausola di

flessibilità prevista dall’art. 352 TFUE. Sul punto, P. ATHANASSIOU, Of Past Measures and Future Plans for Europe’s Exit
from the Sovereign Debt Crisis: What is Legally Possible (and What is Not), in European Law Rev., 2011, 558 ss.
42 Cfr. L. GIANNITI, Il meccanismo di stabilità e la revisione semplificata del Trattato di Lisbona: un’ipoteca tedesca sul processo di

integrazione? in Documenti IAI, 2011, 2 ss. del paper. Si veda anche, sul punto, B. DE WITTE, The European Treaty Amendment
for the Creation of a Financial Stability Mechanism, in European Policy Analysis, 2011, 1 ss.; L. QUAGLIA, The Regulatory Response
of the European Union to the Global Financial Crisis, in R. MAYNTZ (a cura di), Crisis and Control: Institutional Change in
Financial Market Regulation, Frankfurt, 2012, 171 ss.
43 “Era, infatti, opinione condivisa che tale meccanismo non avrebbe più dovuto fondarsi -come il regolamento MESF

- sull’art. 122, par. 2 TFUE e che occorresse rendere più esplicita la sua compatibilità con il divieto di bail-out sancito
dall’art. 125 TFUE”. Così, A. VITERBO, R. CISOTTA, La crisi del debito sovrano e gli interventi dell’UE: dai primi strumenti
finanziari al Fiscal Compact, in Il diritto dell’Unione europea, 2012, 335, i quali ritengono che il nuovo par. terzo dell’art. 136
TFUE rappresenti “una sorta di clausola di abilitazione che istituisce un regime speciale rispetto al divieto generale di
bail-out sancito all’art. 125 TFUE” (ivi, 337).

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ratificato in Italia con legge 23 luglio 2012, n. 11644. Il Meccanismo ha cominciato a funzionare l’8 ottobre
201245, con il compito di assicurare una protezione finanziaria permanente della zona euro, che avrebbe dovuto
garantire la capacità finanziaria necessaria per il salvataggio degli Stati membri in difficoltà.
Grazie alla sua particolare struttura patrimoniale, il MES nacque con una capacità di prestito pari a 500
miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni46. Esso, inoltre, poteva finanziarsi
attraverso il collocamento di titoli di debito e la partecipazione del FMI alle operazioni di assistenza
finanziaria, mentre gli Stati membri al di fuori della zona euro avrebbero potuto partecipare su una base
ad hoc47.
Certo, c’era il rischio che un “intervento di sostegno a favore di un Paese con una situazione finanziaria
ormai compromessa” avrebbe potuto “semplicemente rimandare il momento nel quale si dichiara(va)
default”, per cui risultava di importanza fondamentale “una accurata analisi preventiva della sostenibilità
del debito del potenziale beneficiario”, al fine di limitare la probabilità di errore48.
Inoltre, la certezza che, in caso di necessità, era disponibile un programma di assistenza, avrebbe potuto
“ridurre gli incentivi degli Stati a perseguire politiche economiche e fiscali sane”49. Quindi, per evitare
comportamenti avventati (moral hazard) da parte degli Stati stessi “la predisposizione e l’attuazione di
strumenti di sostegno” si sarebbe accompagnata “alla specificazione di una serie di condizioni (la cd.
condizionalità)” che avrebbero dovuto “essere rispettate dai beneficiari”50.

44 Cfr. Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, T/ESM 2012/it, dell’11 luglio 2011, come modificato il 2
febbraio 2012. Il MES ha natura giuridica di organizzazione internazionale di diritto pubblico con sede in Lussemburgo
ed il suo Trattato istitutivo è stato ratificato dall’Italia con la legge 23 luglio 2012, n. 116. Per G.L. TOSATO, L’Unione
economica e monetaria: evoluzione e criticità legali, in A. TIZZANO (a cura di), Verso i sessant’anni dai Trattati di Roma. Stato e
prospettive dell’Unione europea, Torino, 2016, 226, è apparso “necessario ricorrere ad un accordo extra-UE, perché
l’autorizzazione del nuovo comma dell’art. 136 è limitata agli Stati euro. Evidentemente, nel timore reverenziale dell’art.
125, si è preferito non consentire all’Unione quello che si autorizzava di fare agli Stati euro al di fuori dell’Unione”.
45 Entrato in funzione in anticipo rispetto al luglio 2013, quando era previsto che avrebbe dovuto sostituire il MESF e

il FESF.
46 Il MES ha un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di euro sotto forma di capitale

versato dagli Stati membri della zona euro e 620 miliardi di euro sotto forma di capitale richiamabile impegnato e di
garanzie degli Stati membri della zona euro. La ripartizione dei contributi di ciascuno Stato membro al capitale
sottoscritto totale del MES è basata sulla quota di partecipazione al capitale della BCE. Così, Servizio del Bilancio del
Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati,
fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, nota di lettura n. 125, aprile 2012, 15.
47 Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di

stabilità (MES), cit., 15. Sulle origini del MES si veda anche A. MAJOCCHI, Verso una finanza federale europea, in
thefederalist.eu, 2011, 1 ss.
48 Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di

stabilità (MES), cit., 10.
49 Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di

stabilità (MES), cit., 10.
50 Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di

stabilità (MES), cit., 10. Come noto, la c.d. condizionalità è prevista dall’art. 49, TUE. In dottrina, da ultimo, A.
BARRAGGIA, Ordinamenti giuridici a confronto nell’era della crisi: la condizionalità economica in Europa e negli Stati nazionali,

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Da ultimo, ma non meno rilevante, c’era il problema che riguardava coloro che detenevano i titoli degli
Stati in difficoltà finanziaria, che ben avrebbero potuto avere interesse a non sostenerli ponendo in essere
manovre speculative e ostacolando la ristrutturazione del debito di quei Paesi.
Per evitare tali comportamenti impropri, quindi, quando la ristrutturazione del debito sovrano di uno
Stato membro fosse diventata improrogabile a causa del rischio di default nel quale esso avrebbe potuto
incorrere, fu previsto l’inserimento di alcune clausole contrattuali, le c.d. Clausole di Azione Collettiva (CAC),
che avrebbero permesso di ristrutturare il debito sovrano di un Paese debitore con l’accordo di
quest’ultimo e di una maggioranza qualificata di creditori51.

4. La natura giuridica del MES: un’Istituzione con le garanzie di un soggetto sovrano istituito
da un Trattato che non assicura le “condizioni di parità con gli altri Stati”
Si tratta, com’è evidente, di una vera e propria Istituzione, un’organizzazione intergovernativa permanente, nata
in virtù della sottoscrizione di un trattato internazionale esterno al perimetro dell’UE, pur trovando -
curiosamente- la propria base giuridica nel TFUE. Un soggetto di diritto internazionale che “si presenta
ai più come un veicolo finanziario, ma che del veicolo finanziario non ha né la forma, né la sostanza”52,
perché, in realtà, è “un istituto di diritto internazionale che è stato abilitato dal Consiglio d’Europa e dalla
Commissione europea a esercitare attività bancaria”53. Non è un fondo d’investimento “ma può finanziare
gli Stati oppure i sistemi bancari degli Stati e così facendo agisce tuttavia con le regole del diritto
commerciale e del diritto bancario”, più che con quelle del diritto pubblico54.
Il MES, insomma, dovrebbe intervenire “in caso di crisi bancarie o di crisi di insolvenza dei debiti pubblici
degli Stati (il debito sovrano), così da supplire a ciò che manca alla Banca centrale europea e che fa sì

Torino, 2017, 47 ss.; S. BARTOLE, I casi di Ungheria e Polonia. L’organizzazione del potere giudiziario tra Consiglio d’Europa e
Unione europea, in Quad. cost., 2018, 295 ss., in part. 297 e 300.
51 Generalmente fissata in 2/3 o nel 75 per cento. Al ricorrere di queste condizioni, le modifiche accettate dalla

maggioranza specificata di creditori sono finali e vincolanti per tutti i detentori dei titoli, a prescindere dal loro assenso.
Tali clausole contribuiscono, inoltre, a limitare i comportamenti di azzardo morale, cioè di pressione speculativa che
scommette sulla probabilità di default disordinato. Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Ratifica ed
esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), cit., 10.
52 Cfr., CAOS MES/ Ecco come funziona il “mostro” che colpirà l’Italia. Intervista a Giulio Sapelli, sul sito ilsussidiario.net, 3

dicembre 2019. Come affermato in dottrina, “nel dibattito seguito alla crisi” hanno assunto un peso rilevante “alcuni
tipi di intermediari che, pur svolgendo un’attività simile a quella bancaria, non sono soggetti a controlli pubblici (…) Un
caso importante di innovazione finanziaria (nel nostro Paese, n.d.a.) è rappresentato dai veicoli finanziari. Con questo
termine si intende una società finanziaria che nasce per eseguire un unico compito: il trasferimento di crediti dalle
istituzioni finanziarie che li hanno originati a investitori diversi. In termini di operatività tecnica, il veicolo acquisisce un
insieme di crediti dalle istituzioni che li hanno originati, emettendo obbligazioni che colloca sul mercato. Mentre il
ricavato della collocazione serve per compensare gli chi ha originato il credito, al veicolo resta il compito di gestire i
proventi derivanti dagli adempimenti dei debitori originari. In Italia, sono noti i veicoli finanziari che hanno proceduto
alle varie cartolarizzazioni, ex l. 30.4.1999, n. 130. Cfr., C. BRESCIA MORRA, Il diritto delle banche, Bologna, 2017, 75.
53 CAOS MES. Intervista a Giulio Sapelli, cit.
54 CAOS MES. Intervista a Giulio Sapelli, cit.

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