Valli occitane della provincia di Cuneo - ATL del Cuneese
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SOMMARIO L’Occitania pag. 3 Benvenuti nelle Valli Occitane della Provincia di Cuneo! » 4 L’Occitania a piedi » 5 VALLI PO, BRONDA, INFERNOTTO » 6 I nomi del Monviso » 7 Dal Mombracco al Buco di Viso » 8 Alla scoperta dell’alta valle » 9 Pittori in cammino » 10 Fede religiosa e leggende » 11 VAL VARAITA » 12 Artigianato “solare” » 13 Sotto il Colle dell’Agnello » 14 Casteldelfino e il bosco dell’Alevé » 15 Poesia e nastri colorati » 16 Gigli e delfini » 17 Mistà e danza » 18 I suoni della valle » 19 VAL MAIRA » 20 Un’inglese a Dronero » 21 Grandi maestri » 22 I ciciu del Santo » 24 Musei di valle » 26 Nel paese di Matteo Olivero » 27 Mangiar d’oc » 28 Uno “spazio” tutto occitano » 29 VALLE GRANA » 32 Formaggio Castelmagno » 33 Santuario di Castelmagno » 34 Novè » 36 Feste in Coumboscuro » 37 Sulle tracce di Pietro » 38 Caraglio: seta, musica e arte » 39 VALLE STURA » 42 Musei in quota » 43 Vinadio in movimento » 44 Frontiere di burro » 45 Memoria delle Alpi in guerra » 46 Le meraviglie di Pedona » 47 Percorsi letterari e leggende » 48
VALLE GESSO pag. 52 L’orso e la segale » 53 Memorie reali a Valdieri ed Entracque » 54 Sulle tracce di lupi e gipeti » 57 Le Parlate, teatro d’oc » 58 Gastronomia di valle » 59 Storie di pastori e migranti » 60 VAL VERMENAGNA » 62 I Forti di Tenda » 63 Ubi stabant cahtari » 64 Pinocchio a Vernante » 65 Il genio di Nòto e Jòrs » 66 Paglia poesia parole » 67 VALLI AI PIEDI DELLA BISALTA » 68 Stazioni botaniche » 69 La certosa nei boschi » 70 Collezione fotografica al Parco » 71 Uomini illustri di Peveragno » 72 Musica nuova con i Gai Saber » 73 VALLI DEL KYÉ » 74 Itinerario partigiano » 75 Montagne bucate e mestieri d’un tempo » 76 L’arte di Giovanni Mazzucco » 77 Civiltà e gusti dell’alpe » 78 BRIGASCO » 80 Un santuario del neolitico » 81 Foreste e villaggi arcaici » 82 Paradiso di speleologi e botanici » 83 Indirizzi Utili » 84 Redazione dei testi: introduzione e Valli Po, Bronda, Infernotto, Valle Varaita, Valle Maira, Valle Gesso a cura di Leda Zocchi (Ass. Arealpina); Valle Stura, Valle Grana, Valle Vermenagna, Valli della Bisalta, Valli del Kyè, Valli del Brigasco a cura di Fredo Valla (Ass. Arealpina) Materiale fotografico: A.T.L. del Cuneese, C.M. Valli Po, Bronda, Infernotto, C.M. Valle Varaita, C.M. Valle Maira, C.M. Valle Stura, C.M. Valli Monregalesi, C.M. Alta Val Tanaro, Ass. Culturale Marcovaldo, Chambra d’Oc, Coumboscuro Centre Prouvençal, Espaci Occitan, Parco Naturale Alpi Marittime, Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro, Terme di Vinadio, Tiziana Aimar, Elisa Bono, Massimiliano Fantino, Roberto Gaborin, Laura Martinelli, Daniela Salvestrin, Marco Toniolo Progetto grafico: Madisonadv - Cuneo - www.madisonadv.it Stampa: TEC Arti Grafiche - Fossano - www.tec-artigrafiche.it 2 3
L’Occitania L’Occitania è uno dei più vasti spazi linguistici europei. Si estende su tre stati, Francia, Spagna, Italia, con una superficie di circa 200.000 kmq e una popolazione che supera i 10 milioni di abitanti. In Italia, oltre che nelle Valli occitane piemontesi delle province di Cuneo e Torino, comunità occitane si trovano in Liguria, a Triora e Olivetta San Michele. Un’isola linguistica occitana di antichissima emigrazione è in Calabria, a Guardia Piemontese. Il nome Occitania è molto antico: risale per lo meno al XIV secolo, citato in vari documenti.Nel medievo la poesia dei trovatori diede lustro alla lingua d’oc, che ebbe prestigio anche fuori dal suo territorio: in Galizia, Catalunya, Italia, Germania, Ungheria. Dante Alighieri, ad esempio, l’ebbe in grandissima stima: nel Convivio (I, 13) disquisisce sul “prezioso parlare di Provenza”e nella Divina Commedia (Purgatorio, Canto XXVI) usa l’occitano per far parlare il trovatore Arnaud Daniel, definito “il miglior fabbro del parlar materno”. Nei tempi moderni, Frederi Mistral (1830 -1914), poeta provenzale, ottenne per la sua opera in occitano il Premio Nobel per la letteratura (1904).
Benvenuti nelle Valli Occitane della Provincia di Cuneo! Ci troviamo nell’estremo lembo orientale dell’Occitania, territorio linguistico che si colloca per la maggior parte nel sud della Francia e si estende fino alla piccola valle d’Aran in Catalunya (Spagna). Qui da noi l’Occitania, con le sue tredici valli in territorio piemontese, con il suo paesaggio aspro e montuoso, si differenzia dal resto del territorio occitano. Arrivando dalla pianura padana, le valli si aprono a ventaglio verso ovest: la corona di cime chiude l’orizzonte tingendosi di un tenue rosa nelle prime luci del mattino e scomparendo in controluce nel cielo della sera. Rimaste poco accessibili per lungo tempo, le valli hanno sviluppato peculiarità proprie, tanto nella lingua quanto nelle tradizioni. Ma chi pensasse a questi luoghi come a dei mondi isolati sbaglia: sentieri e strade sono state percorse incessantemente, fin dal Medioevo, da un versante all’altro, sia in quello che oggi è territorio italiano, sia verso il territorio francese.Prova ne sono la lingua d’oc che accomuna queste genti, il lascito artistico dei pittori che vi hanno operato, i mestieri itineranti che portavano le genti dal mare Mediterraneo alla montagna, da una valle all’altra, dalle montagne alla pianura padana e oltre. Le montagne richiedono un passo lento e costante nel risalire verso la cima. Così ci vuole pazienza per scoprire, nei villaggi, nelle frazioni, nelle vallette laterali, le bellezze di questo territorio che domanda di essere percorso senza fretta, con occhio attento e passo silenzioso per cogliere la natura del luogo e i segni dell’uomo che ha cercato di viverci. Le tredici valli conservano un patrimonio di bellezze naturali, geologiche, di carsismi, di flora, di fauna, di cultura architettonica, musicale, letteraria, 4 5
di tradizioni culinarie.Purtroppo, a causa dello spopolamento vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, il mantenimento di queste ricchezze è affidato a un numero fin troppo esiguo di persone. Spesso i prati lasciano il posto alla macchia, i caprioli e i cinghiali si riprendono il terreno destinato agli orti. Una nuova consapevolezza del rispetto e della tutela sia dell’ambiente sia delle tradizioni ha fatto sì che venissero costituiti parchi naturali e che sorgessero musei del territorio per conservare la memoria di ciò che è stato e ribadire che la montagna è una ricchezza che non dobbiamo lasciarci sfuggire di mano. (Info: www.chambradoc.it/cmgv/progettocmgv.page) L’Occitania a piedi Nel settembre 2008 è stato inaugurato un percorso in 60 tappe, denominato Occitania a pè. La partenza è da Vinadio in Valle Stura e l’arrivo è alla Vielha in Val d’Aran. L’itinerario supera le Alpi e i Pirenei, si snoda per colline e valli, attraversa località storiche e trasmette l’emozione della poesia dei trovatori e di una lingua che è patrimonio dell’umanità (Info: www.chambradoc.it/LeAdesioni.page). La bandiera dell’Occitania
Valli Po, Bronda, Infernotto La Valle Po è una delle più corte valli occitane. Collocata al centro del ventaglio che idealmente formano queste vallate, in poche decine di chilometri raggiunge i 3841 m.s.l.m. con la cima del Monviso che domina l’orizzonte verso occidente. Si trova qui la parte più alta del Parco del Po Cuneese, posto a tutela delle sorgenti del Po e della flora e fauna caratteristiche dell’ambiente montano, ma anche di quello umido, che con le torbiere caratterizza alcuni di questi alti pianori. Già in epoche remote la valle conobbe insediamenti, di cui rimangono ancora le incisioni rupestri che ci parlano di uomini e di donne in preghiera verso il sole, la luna, le stelle. Alcune delle più significative si trovano sul Mombracco, montagna dalla caratteristica forma arrotondata che chiude la vallata nella parte più bassa. Altre testimonianze (coppelle) si possono vedere sul versante opposto della valle a Bric Lombatera. Numerosi siti ci parlano della civiltà contadina e pastorale, delle lotte di religione che non risparmiarono neppure la valle Po, della devozione religiosa che ha lasciato piloni, cappelle e luoghi di culto nei punti più belli della valle, come il santuario di San Chiaffredo. Il monachesimo medievale in Valle Po ha due siti di notevole pregio a Staffarda e Rifreddo. La storia ha segnato questi luoghi anche in epoche più recenti, ai tempi della guerra partigiana, che in Valle Infernotto e in alta Valle Po iniziò subito dopo l’8 settembre 1943. Alcuni dei sentieri percorribili ancor oggi sono stati utilizzati dai partigiani, come in precedenza dalle carovane del sale, dagli emigranti, dai pellegrini e dai cavatori di pietre. 6 7
I nomi del Monviso Il Monviso ha sempre suscitato nelle genti che lo hanno ammirato da lontano e da vicino un certo reverenziale timore, tanto che gli antichi lo credevano la montagna più alta del mondo. Viene citato da Virgilio nell’Eneide, come Vesulus. Anche Dante, Petrarca e Leonardo da Vinci ci raccontano la meraviglia che suscitava il Monviso. G. Chaucer lo citò nei “Racconti di Canterbury” e Stendhal ne “La Certosa di Parma”. Il Monviso fu scalato per la prima volta dall’inglese Matthews nel 1861 e nel 1863 da Quintino Sella che qui decise di fondare il C.A.I. Oggi nuovi orizzonti per un turismo a misura d’uomo nascono dalla riproposta degli antichi sentieri che attraversano boschi e borgate, che uniscono pascoli e baite:“Orizzonte Monviso” è un percorso ad anello nell’Alta Valle Po con deviazioni per scoprire realtà storiche e artistiche nascoste. (Info: Ufficio Turistico Valle Po / Comunità Montana - www.vallipo.cn.it - www.chambradoc.it/paesana/paesana.page) Il Monviso
Dal Mombracco al Buco di Viso Si accede al Mombracco dai comuni di Sanfront, Rifreddo, Paesana, Barge, Envie, Revello. Questa particolare formazione geologica dalla forma a cupola che la caratterizza è chiamata anche Montagna di Leonardo perché il genio italiano parlò con ammirazione delle sue cave di pietra. Ancora oggi la montagna è sfruttata per la sua famosa quarzite rosa, di cui si può vedere l’estrazione sulla cima. Un percorso ad anello, denominato “Sentiero di Leonardo”, permette di ritrovare su alcuni massi a mezza costa, che dominano la vallata, incisioni e coppelle preistoriche. Infatti il Mombracco è stato abitato fin dal neolitico, anche per la presenza di grotte e ripari sotto roccia che offrirono rifugio ai pastori ed alle loro famiglie. L’ultimo di questi ripari, abitato fino agli anni ’60 del secolo scorso, è Balma Boves, nel comune di Sanfront, le cui case sono state da poco trasformate in museo del territorio. Qui sono conservati attrezzi e strumenti utilizzati dalla civiltà contadina che viveva di pastorizia e castagne, con piccoli orti sui pendii digradanti (Info: www.marcovaldo.it). Risalendo la valle si costeggia il Po, che qui scorre ancora impetuoso e riceve il suo primo affluente, il Lenta, che scende da Oncino. Si giunge così all’ultimo paese della valle: Crissolo. Una strada a tornanti (parzialmente chiusa d’estate per evitare l’eccesso di veicoli nell’alta parte del Parco del Po e percorribile con un comodo bus navetta) conduce fino a Pian del Re. Qui si allarga la torbiera in cui il Po, uscito da sotto uno degli enormi massi scesi dal Monviso, percorre i suoi primi metri e dove vive la salamandra nera, simbolo di questo territorio. Da Pian del Re numerosi sentieri conducono sulle cime circostanti: il Monviso, Punta Roma, Punta Udine e Granero e ai laghi che si estendono ai loro piedi. Incamminandosi da Pian del Re, un sentiero porta al Buco di Viso, primo tunnel delle Alpi, risalente al 1478 quando il Marchese di Saluzzo per potenziare il commercio del sale che arrivava dal delta del Rodano, decise di facilitare il percorso alle carovane e di creare un passaggio più sicuro e più breve sotto il Colle delle Traversette. In pochi anni il tunnel fu ultimato. Purtroppo la decadenza del Marchesato e gli inverni più rigidi dei secoli seguenti resero meno frequentato il Buco di Viso che solo recentemente è stato riaperto al passaggio, seppur in parte difficoltoso sul lato francese a causa di una frana non completamente rimossa. 8 9
Alla scoperta dell’alta valle A Crissolo sorge il Santuario di San Chiaffredo, in occitano Chafre, Jaufre nel medioevo. La festa del santo si celebra a settembre.La tradizione identifica Chiaffredo con un soldato romano della Legione Tebea, come i commilitoni Maurizio, Magno, Ponzio, Dalmazzo, Costanzo, Mauro, Pancrazio, santi tipici della montagna occitana. Alcuni fuggirono verso le valli del Monviso, dove Chiaffredo, inseguito dai pagani, fu martirizzato. I numerosi ex voto esposti nel santuario raccontano guerre, dolori e speranze del popolo di queste montagne. Il ciclo della vita, il lavoro dei campi, la stalla, la scuola, le tradizioni sono illustrati nel Civico Museo Etnografico di Ostana (Info: Comune di Ostana 0175.94915 – www.reneis.org), con attrezzi, oggetti, ricostruzioni di ambienti e fotografie con didascalie in occitano e italiano.Da non perdere, in giugno, la presentazione dei quaderni tematici del Museo, a cura dell’Associazione “I Rënéis”. A Ostana fervono iniziative comunitarie: feste campestri, canti corali, concorsi di letteratura, raduni di alpini, mostre fotografiche e cura dell’ambiente. Un lavoro attento ha trasformato il paese in un laboratorio di architettura alpina e per queste caratteristiche Ostana ha ricevuto il riconoscimento per “I Borghi più belli d’Italia”. Sulla destra dell’asse vallivo, Oncino è stato per secoli il comune più importante dell’alta valle, grazie ai pascoli e all’abbondanza di bovini. Nel medioevo i monaci di Staffarda vi portavano le mandrie a pascolare. Presso il lago dell’Alpetto sorse il primo rifugio del Club Alpino Italiano, oggi affiancato da un nuovo edificio. Sui crinali c’è il Buco delle Fantine, fate piccole e pelose, ma operose e pulitissime, che al mattino facevano il bucato e i montanari, dalle case, vedevano i loro panni stesi ad asciugare. Da Oncino partono numerosi sentieri che oltrepassano il crinale verso la Valle Varaita.
Pittori in cammino Paesi e borgate della Valle Po nascondono piccoli tesori di arte popolare. Un artista originale operò fra Settecento e Ottocento: si firmava Giors Boneto pitore di Paizana, dal nome del suo paese natale. Fu pittore itinerante, esponente di quella schiera di artisti contadini che affrescavano soggetti sacri sui piloni e sulle facciate delle case in cambio di pochi denari, sovente della sola ospitalità. Giors Boneto dipinse dalla natia Valle Po fino alle pendici della Bisalta. Profonda fu la sua conoscenza della tecnica dell’affresco che si accompagnava alla vastità dei soggetti: santi, Madonne, Cristo in croce, deposizioni, cherubini, serafini… Il suo stile naïf, ma personale, è riconoscibile a distanza di secoli. In Alta Valle, opere di Boneto si possono vedere a Crissolo, Oncino, Ostana e Paesana: 44 affreschi firmati o attribuiti a partire dal 1780. E ancora più numerose sono le opere reperibili nella bassa valle Po e nelle vicine Varaita e Maira. Dobbiamo allo studioso Gianni Aimar, il censimento e la catalogazione del lavoro di questo artista. Pittore di buona scuola accademica fu invece Giovanni Borgna “Netu” (1854-1902). A Martiniana Po si trovano la casa natale, con lapide celebrativa sulla facciata, e la tomba di famiglia da lui stesso affrescata. Cresciuto sui banchi dell’Accademia delle Belle Arti di Torino, Borgna affrontò cicli di affreschi complessi e impegnativi in cappelle e chiese delle valli, della pianura vicina, fino al ponente ligure. In valle Po, la sua opera si può ammirare a Pratoguglielmo, Paesana, Sanfront, Envie, Calcinere, Rocchetta. Scorrendo l’elenco delle località e delle opere dipinte nella sua breve carriera si rimane meravigliati dall’attività frenetica del pittore: sono più di quaranta i luoghi delle province di Cuneo, Imperia, Savona,Torino e Asti che conservano affreschi dell’artista. 10 11
Fede religiosa e leggende Staffarda, Rifreddo, Revello e Barge furono sede di abbazie che oggi sono tra i monumenti medievali di maggior rilievo e la cui visita ci trasporta nell’epoca d’oro del Marchesato di Saluzzo. Ancor più antico è il Monastero di Pagno, fondato dai Longobardi, asilo di Beatrice, figlia del re Desiderio. Per lei i monaci dettarono un’epigrafe ispirata ai versi di Virgilio. L’importanza di Pagno venne meno nell’825 quando l’abbazia fu affidata all’abate valsusino della Novalesa. Dopo il mille, al termine delle scorrerie saracene, la famiglia marchionale contribuì alla fondazione di nuovi centri monastici. Nel XII secolo Manfredo I di Saluzzo chiamò i cistercensi a Staffarda, tra Saluzzo e Revello. L’abbazia crebbe in possedimenti: un inventario della seconda metà del XII secolo rivela la consistenza del suo scriptorium, compren- dente importanti codici miniati. In seguito i marchesi patrocinarono la creazione a Rifreddo del Monastero femminile di Santa Maria della Stella, di cui sono visibili la facciata della chiesa e alcuni muri con pregevoli manufatti in terracotta. A Revello, nel 1291, Tommaso I di Saluzzo e la moglie Aloisia di Ceva istituirono il Monastero delle Domenicane di Santa Maria Nova. Un monastero (il Convento della Trappa) sorse nel XIII secolo ad opera dei Certosini sul Mombracco. Oggi l’eredità delle abbazie del Marchesato è raccolta dal nuovo Monastero Cistercense di Pra d’ Mill, immerso nei boschi di castagni sulle montagne di Bagnolo Piemonte (Info: www.dominustecum.it). La cristianizzazione del territorio, così evidente in chiese, cappelle e centri monastici, cela credenze più arcaiche. La mitologia delle antiche società agro-pastorali è sopravvissuta in forma orale con figure sovrannaturali, alcune benigne, altre spaventose. Oltre alle fantine dell’alta valle, che insegnarono alle donne a tessere e a cucire, alle masche pelose e dispettose delle grotte del Mombracco, le leggende raccontano di uno zoo fantastico che va dal gatto pitois, con gli occhi di fuoco, alla serpe crestata di Envie, all’uccello pitapenas dei paesi dell’Infernotto, al terribile ravas, mangiatore di uomini che viveva in una grotta nei boschi di Barge, in una località dove nel Medioevo sorse una cappella intitolata alla Madonna della Rocca.
Val Varaita La Val Varaita è attraversata dall’antica strada per la Francia che porta al Colle dell’Agnello. Si estende da Piasco a Chianale. Il centro della valle è Sampeyre, cioè San Pietro, da Peire in occitano. Un evento di grande richiamo è la Baia di Sampeyre: si celebra ogni cinque anni nei giorni di carnevale per ricordare la cacciata dei Saraceni dalla Val Varaita, avvenuta verso l’anno mille secondo la tradizione. Partecipano alla sfilata centinaia di figuranti, organizzati come un esercito con comandanti, guardie, cavalleria, fanti e i sapeurs che abbattono le barriere di tronchi lasciate dai Saraceni in fuga e bandiere (esposte nel Museo etnografico - Info: www.comune.sampeyre.cn.it). Anche i perso- naggi femminili sono riservati agli uomini. Il tutto in un tripudio di nastri ricamati a fiori, rosazze e coccarde di seta, accompagnati dalle musiche e dai balli occitani. A Bellino, Blins, più in alto nella Val Varaita, la baia si celebra ogni tre anni. Il cerimoniale rimanda ai miti primaverili e solari, propri delle comunità agricole arcaiche con i loro simboli di fertilità, mentre è pressoché assente l’aspetto militare caratteristico della baia di Sampeyre. Una baia minore si celebrava anche a San Maurizio di Frassino. A Sampeyre, Casteldelfino e Pontechianale lo sviluppo turistico degli anni Sessanta ha in parte alterato l’architettura originale, ma gli edifici storici dei paesi e delle borgate mostrano ancora l’ampia varietà di soluzioni architettoniche del passato. In località Tè-nòu, sopra Torrette di Casteldelfino, presso un lariceto, sorge l’unica frazione con i tetti parzialmente coperti a scandole (assicelle di larice). Nella valle si trova il Santuario di Valmala, dedicato alla Madonna della Misericordia e meta di pellegrinaggi, sul luogo dove la tradizione vuole che il 6 agosto 1834 la Madonna si sia rivolta ad alcune innocenti 12 13
pastorelle in occitano. Essa apparve come una “signora piangente”. Punto di accoglienza turistica è la Porta di Valle (Info: Via Provinciale - 12020 Brossasco - Tel. 0175.689629 - www.segnavia.piemonte.it), con caffetteria, libreria specializzata in editoria locale, montagna, cartine del territorio, prodotti locali, e sede dell’agenzia turistica Segnavia che fa incoming e propone pacchetti turistici in valle Varaita, nelle altre valli occitane e nel saluzzese. Artigianato “solare” Caratteristica valligiana è la produzione di mobili rustici in uno stile ispirato al mobilio di un tempo e detto “Val Varaita” benché i decori, risalenti ai culti primordiali del sole e delle acque, siano comuni a tutto l’arco alpino e si ritrovino nelle civiltà antiche del Mediterraneo. Madie, cassapanche, oggetti scolpiti del Queyras e della valle Varaita oggi sono nei Musei di Grenoble, Gap e Cuneo e in molte collezioni antiquarie d’Europa e d’America. Architettura tipica a Chianale
Sotto il Colle dell’Agnello Chianale, a pochi km dal confine con la Francia, è il più alto paese della valle, dominato dal Colle dell’Agnello (2748 m). Il paese è stato riconosciuto fra “I borghi più belli d’Italia”. La sua architettura alpina è valorizzata dalle case in pietra, dalle lose dei tetti, dal ponte romanico che unisce le due parti del paese, attraversato dal fiume Varaita e dalle chiese risalenti agli anni del Delfinato. A Chianale convissero abbastanza pacificamente cattolici e ugonotti: di fianco alla chiesa romanica di Sant’Antonio si trova una casa medievale indicata come tempio protestante. Il paese conserva con orgoglio le sue caratteristiche occitane, i toponimi e la parlata della gente. Nel Medioevo gravitò nell’orbita di Briançon, facendo parte assieme agli altri comuni dell’alta valle, all’Alta Val Chisone, alla Valle di Oulx e al Queyras, della Repubblica degli Escartons, un’esperienza di autonomia sopravvissuta fino al 1713, allorché i territori al di qua delle Alpi furono uniti ai possedimenti dei Savoia, oggi riproposta dalla proficua collaborazione fra Comunità Montana, i Comuni e il Parco del Queyras con progetti di tipo culturale, turistico ed economico. Una ricetta tipica di Chianale e della Val Varaita sono le raviole, preparate con patate e toma, formaggio fresco di latte di mucca.Ecco come: cuocere 1,5 kg di patate, passarle e mescolarle a 500 g di toma. Aggiungere un uovo e impastare. Aggiungere quindi 500 g di farina fino ad ottenere un impasto consistente.Tagliare la pasta a fette di 3 cm. Infarinare la tornoira (tavola di legno dai bordi alti) e formare dei rotolini di 2 cm di diametro. Tagliare quindi a pezzetti arrotolando con il palmo della mano nella tipica forma a fuso delle raviòlas. Disporle sul tavolo e cospargerle di farina. Cuocere in acqua bollente salata e quando tornano a galla raccoglierle con la schiumarola. Condire le raviòlas con panna e burro fuso. 14 15
Casteldelfino e il bosco dell’Alevé Si chiama Alevé il bosco di pini cembri, elvo in occitano, sui monti di Casteldelfino e Sampeyre, fino ai 2700 m di quota: è una delle cembrete più estese delle Alpi, percorsa da sentieri che fanno capo al lago Bagnour, dove sorge un piccolo rifugio per escursionisti. Già nel 1387 gli statuti di Casteldelfino vietavano lo sfruttamento del bosco. Una passeggiata nell’Alevè può farci incontrare volpi,camosci,marmotte e lepri.Un animale tipico, seppur difficile da incontrare, è la civetta capogrosso, mentre nelle ore calde della giornata è possibile scorgere il volo lento della poiana. I pinoli (garilhs) del cembro si mangiavano e davano olio per le lanterne. Con le gemme si facevano suffumigi per le vie respiratorie e con la resina si preparavano balsami e confetti medicamentosi. Il legno del cembro era adatto alla fabbricazione delle suole in legno (seps) degli zoccoli, calzati dai bambini e dagli anziani che ne apprezzavano la leggerezza e il calore. Soprattutto veniva usato per il mobilio: madie, cofanetti, tavoli, sedie, cassapanche. La sua pasta tenera si prestava all’intaglio dei motivi tradizionali derivanti da primitivi culti solari: rosazze, serpentine, spirali. Il Museo del Mobile, a Castello di Pontechianale (Info: tel. 348.7125650 – 349.1466050), allestito in una dimora tradizionale, raccoglie esempi di mobili e decorazioni che i contadini della valle Varaita seppero sviluppare nei secoli con fitti intagli simili a ricami.Ancor oggi la Val Varaita si distingue per le numerose aziende artigiane specializzate nel mobile rustico con attenzione sia alle forme tradizionali sia al moderno design. A Casteldelfino, il centro visita dell’Alevè (Info: Parco del Po, tel. 0175.46505) offre un campione di foresta con gli animali tipici: gufo reale, capriolo,marmotta,lepre,cinghiale e prepara all’escursione nella cembreta. L’inverno è il periodo migliore per assaporarne i silenzi, rotti dai richiami della nocciolaia, uccello che dimentica i nascondigli dove ripone i pinoli, assicurando in questo modo la propagazione naturale del bosco. Accanto al centro visita lo Spazio Escartons, dove è possibile ricevere informazioni storiche. Nella chiesa di Sant’Eusebio, ai piedi dei ruderi del castello delfinale, si trova il Museo della Religiosità Popolare, dedicato ai santi delle valli occitane.
Poesia e nastri colorati Alla letteratura occitana contemporanea la Val Varaita ha dato due poeti: Tavio Cosio di Melle e Antonio Bodrero (Barba Tòni Baudrier) di Frassino (Info: www.chambradoc.it/melle/melle.page). Il comune di Melle dedica a Tavio Cosio una manifestazione annuale con passeggiata letteraria nei luoghi che hanno ispirato la sua poesia e i suoi racconti. La sua opera è reperibile nelle librerie locali. Antonio Bodrero fu poeta, sostenitore della causa occitana e del piemontese. Stupiva per il suo anticonformismo. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un sapiente (barba appunto), ipnotico nel conversare di lingua, religione, politica, origine e storia delle parole. Alla apparente semplicità dei suoi versi si intreccia una grande profondità di pensiero. Sono versi che attingono ai misteri della montagna, alle divinità ancestrali e al mondo naturale. Poeta di paesaggi, pose sotto le barme le dimore dei sarvanòts (fauni), nei ciliegi infiorati vide focolari accesi alla gloria di Dio, nelle stelle i lumi delle baite dei trapassati…: “Que de quiar, benèit i ouèi, quouro n’er’un per meiro e la nouèch e i vitoun treiàven a fa’ stéle; dihen encàa i estéle quouro grinoùr i bòouco: Bafarà, mé pa tro; qui crè pa vène a vèire: nous sén i quiàr di meire, nove, di vosti rèire”. (Quante luci, benedetti gli occhi, quando ce n’era una per baita / e la notte i montanari giocavano a far stelle; / dicono ancora le stelle quando amore le guarda: / “Ridete forte, ma non troppo; chi non crede venga a vedere: / noi siamo le luci delle baite, nuove dei vostri avi”) Di Bodrero è in preparazione l’opera omnia. In particolari giorni di festa le donne di Casteldelfino, Pontechianale, Bellino e Sampeyre indossano il costume con cuffie lavorate al tombolo, scialli e grembiuli di seta su pesanti abiti neri di foggia monacale. L’abito è ornato da bindels (nastri). A Sampeyre e a Frassino la cuffia è spesso sostituita da un fazzoletto (mochet de la testa). Caratteristico è l’abito dell’alta valle detto gonela con tre piegoni sul lato posteriore. L’oreficeria che completa l’abbigliamento è costituita da un lungo giro di grani dorati 16 17
con cuore o croce in oro.Rare sono le occasioni in cui gli uomini indossano l’antico costume: un abito nero con giacca a code, calze bianche al ginocchio e feluca. Gigli e delfini Sono simboli che compaiono, incisi nella pietra, sulle fontane, sui capitelli, sopra gli architravi nei paesi della Castellata: Casteldelfino, Pontechianale, Bellino. Il delfino ricorda il periodo in cui l’Alta Valle Varaita fu parte del Delfinato, mentre il giglio allude al periodo successivo, quello del regno di Francia. Casteldelfino - Chateau Dauphin in epoca delfinese - fu la capitale dell’Escarton della Val Varaita. Del periodo delfinese il paese conserva i ruderi del castello, gli affreschi della parrocchiale e, lungo la via maestra, nobili dimore e una fontana medievale. La borgata che ancor oggi si chiama Confine ricorda l’antica frontiera con il Marchesato di Saluzzo. L’architettura rurale occitana ha il suo santuario nelle borgate di Bellino, Blins in occitano, paese tra i più suggestivi. Pilastri rotondi, architravi megalitici, bifore, passaggi coperti, meridiane affrescate, tetti in lose e têtes coupées sono memoria del saper fare. Ma Blins è anche paese di scrittori. Nelle librerie della valle si trovano le opere di Janò di Vielm, all’anagrafe Giovanni Bernard, autore di “Steve”(primo romanzo in occitano delle Valli) e de “Lou Saber”, dizionario enciclopedico con 12 mila termini nell’occitano di Blins.Un altro libro importante è “Nosto Modo”, di Jean-Luc Bernard, che fu la prima opera a descrivere in modo sistematico la cultura materiale e orale di questo paese occitano. Nell’antica scuola elementare di Celle di Bellino è allestito il Museo del Tempo e delle Meridiane (Info: tel. 0175.95110 - comune.bellino@ tiscalinet.it ). La visita introduce all’itinerario tra le meridiane affrescate su case e edifici religiosi in tutto il paese, che in passato ebbe alcune botteghe di gnomonisti. Pannelli fotografici suggeriscono una riflessione sul tempo, mentre un filmato scandisce lo scorrere delle stagioni con dodici proverbi in occitano.
Mistà e danza Nel Quattrocento il buon governo del Marchesato di Saluzzo e i rapporti con il Delfinato favorirono il fiorire delle arti.Chiese, pitture e sculture sono collegate da un itinerario artistico denominato Mistà, che in occitano significa immagine sacra. La scultura ebbe tra i principali interpreti la scuola degli Zabreri della Val Maira con fonti battesimali e portali con colonnine e capitelli scolpiti. Significative le chiese di Sampeyre, Villar, Casteldefino e Bellino. Le scuole artistiche del brianzonese influenzarono l’arte della Castellata dove, a Bellino, Casteldelfino e Chianale, si incontrano numerose teste di pietra che risalgono alla consuetudine dei celto-liguri di appendere le teste dei nemici uccisi in battaglia attorno alle proprie case. Un caso a parte è il bel portale quattrocentesco in stile flamboyant della parrocchiale di Sant’Andrea a Brossasco. Cinque- centesca, e legata al ricordo della peste, è la cappella di San Rocco a Brossasco. In pittura, i fratelli Tommaso e Matteo Biasacci di Busca lasciarono numerosi affreschi in Valle Varaita. L’opera di questa famiglia di pittori itineranti, attivi tra il Piemonte meridionale e la Liguria di ponente, si può ammirare nella parrocchiale di Sampeyre (Madonna del Latte, Strage degli Innocenti, Fuga in Egitto, Adorazione dei Magi, Passione e Resurrezione del Cristo), nella chiesa di Casteldelfino e a Valmala. Lo stile è arcaico, di passaggio fra il romanico e il gotico, come le pitture della Parrocchiale di San Massimo a Isasca, e quelle sulla facciata della Parrocchiale di Rossana, con un bel portale gotico fiorito in terracotta. Le pitture di Rossana sono particolarmente curiose poiché mostrano figure angeliche che suonano strumenti della tradizione medievale, alcuni dei quali sono tornati in auge con la rinascita musicale occitana della fine degli anni Sessanta del secolo scorso.In realtà la musica in Valle Varaita non ha mai conosciuto momenti di vero oblio. Il repertorio di danze ballate in occasione di feste o semplicemente per divertirsi comprende decine di balli. I più noti sono: corenta, giga, contradança, 18 19
borea,mescla,sposin… Sono danze a figure che impegnano anche decine di ballerini contemporaneamente. Numerose sono le proposte di corsi di danza aperti anche ai balli dell’Occitania d’oltralpe. I suoni della valle A Venasca, storicamente il centro più importante del fondovalle, con una bella chiesa barocca e un mercato famoso per la commercializzazione delle castagne, si trova la Fabbrica dei Suoni, il primo parco tematico italiano incentrato sul suono e sulla musica. L’obiettivo della Fabbrica è quello di avvicinare bambini e ragazzi al mondo musicale con un approccio ludico-laboratoriale, suscitando curiosità ed interrogativi. I laboratori, inseriti nel percorso di visita, consentono di distinguere fra suono e rumore, di tradurre il significato delle caratteristiche del suono con attività concrete, visibili o manipolabili, di sperimentare la vibrazione dei suoni e la propagazione dell’onda sonora nello spazio. Una sezione presenta strumenti musicali provenienti da tutti i cinque continenti. Per la conoscenza dei principali strumenti musicali della tradizione occitana la Fabbrica propone laboratori di ghironda, organetto diatonico, galobet, tamburin e fifre, con informazioni sulla loro costruzione, un ascolto dal vivo e l’esecuzione di canti e balli occitani (Info: tel. 0175.567840, www.lafabbricadeisuoni.it) All’ombra del robusto castello dei Signori di Sampeyre, a Piasco, a pochi km da Venasca, si trova il Museo dell’Arpa (Info: tel. 0175.270511 - www.museodellarpavictorsalvi.it) dove sono esposte le arpe storiche raccolte da Victor Salvi, affermato arpista esibitosi sotto la direzione del maestro Arturo Toscanini e fondatore di un’azienda che egli ha voluto qui per la rinomata tradizione artigianale della Val Varaita e del Saluzzese nella lavorazione del legno. La fabbrica di arpe da lui fondata oggi copre il 90 per cento del mercato professionale. La collezione racchiude ottantasei pezzi costruiti a partire dal 1700 fino alla prima metà del ‘900, spaziando dall’Europa all’Africa, all’Asia.È possibile vedere infatti l’evoluzione tecnica ed espressiva di uno strumento spesso poco conosciuto.
Val Maira In Val Maira la lingua occitana conserva sonorità trobadoriche, ma sono il suo paesaggio e l’arte a fare la parte del leone. Da qualche anno il suo territorio è scelto come scenario dal cinema e dalla televisione e un film pluripremiato, “Il vento fa il suo giro” (in occitano L’aura fai son vir) del regista Giorgio Diritti, vi è stato interamente girato. La valle segue il corso del torrente Maira, da cui si dipartono suggestive valli e combe, come quelle di Albaretto e Celle, di Marmora, Preit, Unerzio ed Elva che salgono con sentieri e strade militari verso i crinali, i valichi e le cime, con varietà di rocce e piante. In alcune località esposte a solatio fioriscono essenze mediterranee come la lavanda. La linea di frontiera che divide l’Italia dalla Francia fu valico per emigranti e contrabbandieri. Durante il secondo conflitto mondiale venne attraversata da partigiani italiani e maquis francesi che, tra il maggio e il luglio 1944, al Col Sautron e a Saretto sul versante della Val Maira, e a Barcelonnette in Francia, stabilirono un accordo politico-militare nella lotta antifascista. Dell’accordo di Saretto rimane ancor oggi una lapide- ricordo. La capitale della valle è Dronero (Draonier in occitano), che ha titolo di città da due secoli e mezzo. Per scoprirla occitana è bene andarci il giorno di mercato, orecchiare tra i banchi, nei caffè, sentire la gente venuta da San Damiano, da Elva, da Acceglio, dalla vicina La Ròcha (Roccabruna) che disinvolta parla occitano. La sua storia parla di ugonotti e valdesi, ma anche di famiglie aristocratiche, uomini di lettere, artisti, giornalisti e politici tra cui spicca la figura di Giovanni Giolitti, primo ministro del Regno d’Italia, a cui è dedicato un Centro Studi (Info: www.giovannigiolitti.it). Dronero è ricca 20 21
di monumenti, palazzi e chiese che ricordano un medioevo fiorente. Si caratterizza per l’arditezza del suo ponte merlato sul Maira e per il foro frumentario ottagonale della prima metà del XV secolo. Un’inglese a Dronero L’esploratrice e scrittrice inglese Freya Stark (1893-1993), legata alle personalità più in vista del suo tempo, come Churchill e il mitico Lawrence d’Arabia, visse a Dronero parte dell’adolescenza e vi tornò nel 1919. Nell’autobiografia descrive Dronero “città fra due torrenti, in mezzo a un’ampia e bella valle… ha una cattedrale medievale con fini lavorazioni in cotto di stile gotico-lombardo… Il ponte, merlato e immensamente alto, abbraccia l’intera valle che giace molto più sotto ricoperta di bianche pietre di fiume, su cui tremuli pioppi e noci gettano morbide ombre azzurrine”. Traversado - Passaggio al Passo della Gardetta
Grandi maestri Scoprire Elva è come dischiudere una porta segreta, trovare i segni di un mondo che è stato, rinvenire un libro scomparso che narra la vita di quando le idee andavano a piedi e vivere in altitudine non era isolamento dal mondo. Lassù, sullo spartiacque con la Valle Varaita, Elva appare sospesa sulla conca in mezzo ai prati falciati, circondata dalle cime del Pelvo, del Chersogno e della Marchisa, montagne che superano i tremila metri. La chiesa, dedicata a Santa Maria Assunta, è sopra uno sperone di roccia. Figurazioni arcaiche decorano il portale: têtes coupées della tradizione celto-ligure, mascheroni beluini, Atlante e la sequenza donna-catena- serpente. L’arco del presbiterio è ornato con i simboli dello zodiaco, una sirena romanica che divarica le estremità, San Giorgio e il drago, il calderone dei dannati che cuociono per i loro peccati. L’interno ospita gli affreschi di Hans Clemer, pittore fiammingo attivo nel Marchesato di Saluzzo tra la fine del ‘400 e il 1508, anno in cui partì per la Provenza dove lavorò a Tarascon, Pertuis e Vinon… altre terre d’Occitania. A Saluzzo Clemer si sposò e tenne bottega con allievi locali. I suoi affreschi nella Parrocchiale di Elva sono il capolavoro delle valli Elva - Chiesa di Santa Maria Assunta 22 23
occitane. Nel territorio del Marchesato, fino ad allora fedele alle tendenze artistiche tardo gotiche, lo stile di Hans Clemer rappresentò una vera rivoluzione artistica per la sua contemporaneità e l’introduzione di elementi della pittura italiana coeva. La Crocifissione, le Storie del Cristo e della Vergine della chiesa di Elva mostrano un forte senso drammatico e un’attenzione per il ritratto psicologico, evidenti nei visi delle pie donne e degli apostoli sgomenti attorno al feretro della Madonna. Altre opere di Clemer sono a Saluzzo, Revello, Bernezzo, Pagno, ma qui in Val Maira il visitatore troverà a Celle Macra, nella parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista, un’altra sua opera:la pala d’altare con la Madonna in trono circondata da Santi,su fondi in oro, datata 1496, splendido amalgama fra cultura figurativa provenzale- lombarda e tecnica pittorica tedesca. Tra i boschi, poco discosto dal paese di Celle Macra, nella cappella di San Sebastiano, si trova l’opera di un altro importante artista del Quattrocento occitano, il pittore Giovanni Baleison (Johannes de Baleisonis), originario di Demonte nella vicina Valle Stura, che operò in un territorio a cavallo delle Alpi tra Piemonte, Liguria e Nizzardo. Il ciclo di affreschi comprende un Dio Glorioso, il Martirio del Santo, il Limbo, la Città Celeste, le Virtù, il Purgatorio e l’Inferno. Dello stesso autore sono la Madonna all’esterno di un edificio di Bassura di Stroppo e gli affreschi nella Cappella dei Santi Sebastiano e Fabiano di Marmora, raffiguranti il Cristo Glorioso, la Madonna in Trono fra San Sebastiano e San Costanzo, gli Evangelisti, le Storie dell’Infanzia di Cristo e dell’Infanzia di San Sebastiano. L’itinerario pittorico in Alta Valle Maira si completa con gli affreschi di Tommaso Biazaci nella parrocchiale dei Santi Giorgio e Massimo a Marmora che mostrano San Cristoforo, San Girolamo e San Francesco che riceve le stimmate. Di grande fascino è la Cappella di San Peire a Macra, dove si può scoprire una Danza Macabra con testi in occitano mescolati a francese antico, iconografia assai rara per questi territori. Una visita che procura emozione per la collocazione e le proporzioni dell’edificio in stile romanico è quella alla Chiesa di San Peire a Stroppo, isolata su uno sperone, con gli affreschi dell’abside e una suggestiva Adorazione dei Pastori di un pittore anonimo nella cappella laterale.
L’itinerario termina con una delle più antiche chiese della valle, San Salvatore di Stroppo, con campanile a vela e affreschi altomedievali che rappresentano episodi della Genesi e la Danza di Salomè e affreschi quattrocenteschi con Cristo benedicente, gli Evangelisti, gli Apostoli e i Santi Caterina e Antonio. La scultura del Quattrocento in Val Maira conobbe l’importante bottega dei fratelli Zabreri (Chabrier in occitano), originari di Pagliero, che portarono la loro opera in numerose località del Marchesato di Saluzzo. Agli Zabreri furono commissionati i portali delle parrocchiali di Dronero e di San Damiano Macra. Capitelli figurati provenienti dalla loro bottega sono nella Parrocchiale di Sant’Antonio a Pagliero. Fonti battesimali “firmati Zabreri” sono a Canosio e Pagliero in Val Maira e in numerose chiese delle valli occitane.Hanno forma di calice con un nodo al centro del fusto. La tazza è poligonale, decorata sul bordo da iscrizioni. Negli spicchi le foglie di acanto sono accompagnate dallo stemma dei committenti. Ma l’arte in questa valle non è esclusivo appannaggio degli edifici religiosi. La si trova anche nelle dimore civili, come nel lazzaretto di Caudano, borgata di Stroppo, recentemente restaurato, che presenta sulla facciata a vela delle interessanti bifore con teste scolpite e il caratteristico nodo di Salomone, assunto come simbolo dalla locale comunità montana. Motivi decorativi, opera di artisti locali, sono a San Damiano Macra e Villar d’Acceglio, sede fra l’altro di un carnevale arcaico fra i più interessanti delle valli occitane. Edifici signorili di epoca medievale con alte facciate a vela e aperture monofore o bifore in pietra lavorata si trovano a Castellaro, Combe, Vernetti, Unerzio, Preit. Furono dimora di quella borghesia contadina e montanara di cui si ha notizia negli atti notarili dei secoli XV e XVI. I ciciu del Santo Nel territorio pedemontano di Villar San Costanzo si incontrano tesori artistici e ambienti rari. Nella Riserva naturale dei ciciu (pupazzi), fra castagni, pioppi e betulle, si innalzano circa 400 formazioni geologiche a forma di fungo, con un diametro variabile tra 2 e 7 metri e un’altezza 24 25
che in alcuni casi raggiunge gli 8 metri. La loro formazione avrebbe avuto inizio 12.000 anni fa, al termine dell’ultima glaciazione. I ciciu si sarebbero formati per l’erosione delle acque che nei millenni dilavarono il suolo lasciando, in corrispondenza di grossi massi di gneiss, colonne di terra compatta sormontate da grandi pietre. Nella bella stagione i ciciu appaiono di colore rossastro col buffo cappello scuro; d’inverno si mutano in pinnacoli che emergono dalla neve. L’escursione fra i ciciu avviene lungo i percorsi attrezzati, mentre l’accoglienza è garantita dal Centro Visita all’ingresso della Riserva. L’area esterna è un sito per il bouldering ma è vietato arrampicarsi sui ciciu poiché si rischierebbe di rovinarli per sempre (Info: Ente di Gestione dei Parchi e delle Riserve Naturali Cuneesi - tel. 0171.734021). Una leggenda popolare attribuisce il fenomeno dei ciciu a un miracolo del martire Costanzo: i nemici pagani che lo inseguivano per ucciderlo, furono pietrificati dalla volontà divina. Costanzo, santo della Legione Tebea, è avvolto nella leggenda. Una lapide murata nella chiesa parrocchiale avrebbe ricoperto le reliquie del martire.In essa si legge in latino:“Qui riposa Costanzo, martire del Signore, che appartenne alla Legione Tebea”. Attorno al culto del martire,nel medioevo,sorse un complesso monastico.La Chiesa di San Costanzo al Monte, nei boschi sopra il paese, fu eretta verso l’inizio dell’VIII secolo per volontà del re longobardo Ariperto II,ricostruita dopo le invasioni saracene da maestranze lombarde che vi portarono i loro modelli nelle absidi,scandite da sottili lesene e abbellite in alto da gallerie.La cripta costituisce una vera e propria chiesa inferiore.Risanata la piana acquitrinosa, i benedettini eressero l’Abbazia dei Santi Pietro e Costanzo nel luogo dell’attuale parrocchiale. Oltre alla cripta affrescata da Pietro da Saluzzo (storie di San Giorgio,Madonna,Santi,Evangelisti),la chiesa conserva la torre campanaria con fregi romanico-gotici e muri in pietra lavorata.
Musei di valle A Elva troviamo la prova che un tempo la montagna assicurava più che la semplice sopravvivenza con il lavoro dei campi, la cura dei capi di bestiame, la lavorazione del latte. Nei periodi morti del lavoro agricolo i montanari si ingegnavano a svolgere altri mestieri, arrivando talvolta lontano. Gli uomini di Elva partivano in autunno a raccogliere i capelli da lavorare nelle case elvesi e da vendere poi in Francia, Germania, Inghilterra e anche Stati Uniti per farne parrucche. A ricordo di questa attività, la comunità ha voluto collocare presso la “casa della meridiana”, esempio di architettura contadina originale e raro, il Museo dei Pelassiers, che attraverso gli attrezzi, le immagini e un video racconta di questo mestiere che portò gli elvesi in giro per il mondo. Altro mestiere dell’emigrazione stagionale, tipico della valle, fu quello degli acciugai, che partivano dalla valle Maira per comperare le acciughe che poi rivendevano girando con un carrettino. Agli acciugai è dedicato il Museo Seles di Celle di Macra. Altri musei sulla vita d’un tempo sono La misoun d’en bot di Borgata Chialvetta ad Acceglio (Info: tel. 0171 99017), il Museo della Canapa di Prazzo Inferiore (via Nazionale 22) e L’escolo de mountanho di Borgata Maschero a Stroppo (Info: 0171.999220 - 999112). Più a valle, nella casa di Dronero, Luigi Mallé, originario della cittadina e direttore dei musei civici di Torino, lasciò in eredità al comune arredi, suppellettili, libri, dischi e fotografie. Inaugurato nel giugno del 1995, il museo (www.marcovaldo.it) ospita una collezione di arte antica e contemporanea con opere di grandi maestri che rispecchiano il gusto eterogeneo di Mallé: si passa da dipinti e disegni di autori piemontesi del Settecento, a soggetti religiosi di gusto arcadico, a paesaggi e ritratti di fiamminghi - opere acquistate dal Mallè presso il mercato antiquario - fino ai quadri di pittori astratti contemporanei: Lucio Fontana, Umberto Mastroianni, Adriano Parisot. 26 27
Nel paese di Matteo Olivero In un suo famoso autoritratto Matteo Olivero si mostra con foulard rosso al collo, occhio attento, cappello nero, barba lunga e affusolata. Nato ad Acceglio, nel 1879, in frazione Pra Rotondo, è stato nei tempi moderni il più celebre pittore delle valli occitane. Olivero viene ricordato non solo come “pittore delle nevi” o “tragico interprete delle sue montagne”, così come lo chiamarono i critici d’arte alle mostre di Grenoble, Roma, alla Biennale di Venezia e alle expositions di Parigi, ma anche per aver saputo intuire le idee originali e i fermenti tumultuosi della pittura a cavallo del Novecento. La sua opera è presente in collezioni e musei. Numerosi suoi quadri sono conservati nel Municipio di Saluzzo e prossimamente verranno esposti in un museo a lui dedicato. Qui in Val Maira si possono ammirare i luoghi che lo ispirarono. Ma nei suoi dipinti troviamo altri scorci della montagna occitana delle valli Po, Grana e Varaita: furono per lui fonte d’ispirazione i corsi d’acqua, il sole e la neve, le mattinate e le cime. Nel 1902, in Svizzera, Olivero incontrò Segantini, cui lo unì non solo l’amore per il mondo alpino, ma soprattutto la capacità di affrontare la pittura attraverso la scomposizione dei colori nei loro elementi. Preso dalla passione per il divisionismo, Matteo Olivero intrattenne, a partire dal 1903, una nutrita corrispondenza con Giuseppe Pellizza da Volpedo, autore del famoso “Quarto Stato”. Rimasto orfano di padre ancora bambino, la madre Lucia Rosano rimase per l’artista l’unico punto di riferimento. Ella lo seguì nei suoi molti spostamenti, da Torino (1896) a Saluzzo (1906), a Calcinere (1923-26). Uno dei soggetti più famosi di Olivero fu appunto il grandioso quadro “L’attesa” che ferma l’incedere lento e il gesto stanco della madre. Quando lei morì, anche il pittore decise di porre fine ai suoi giorni.
Mangiar d’oc La ricchezza paesaggistica e storico-artistica della valle favorisce il turismo escursionistico e culturale (Info: www.percorsioccitani.it) che riscuote successo sia nei paesi di lingua tedesca, con l’afflusso di turisti da Germania, Svizzera e Austria, sia nelle vicine regioni italiane.Ciò ha favorito il rientro in valle di forze giovani: sia figli e nipoti dei montanari emigrati negli anni Sessanta, sia giovani originari della città che sono venuti ad abitare in Val Maira scegliendo uno stile di vita meno concitato di quello urbano. L’inversione di tendenza ha fatto sì che i giovani valligiani, che pensavano di emigrare per cercare fortuna in città, decidessero di restare. Così si sono sviluppati nuovi mestieri agricoli, artigianali, turistici. Sovente i nuovi arrivati hanno fatto propria la lingua occitana dando vita a iniziative culturali, mostre, musei, itinerari, concerti. Numerosi sono i ristoranti eccellenti, i bed&breakfast e le aziende agrituristiche sorte in seguito a questa ondata di neo-ruralismo che ha visto crescere aziende giovani, zootecniche e casearie, specializzate in formaggi bovini e caprini di qualità (a Elva, Podio di San Damiano Macra, La Morra di Villar San Costanzo), forni artigianali (a Roccabruna, Villar San Costanzo, Dronero, San Damiano Macra), produzioni di sapori tradizionali (a San Damiano Macra), infusi di erbe alpine, quali genepy e achillea erbarota (a San Damiano Macra), vino biologico tra cui spiccano il Nebbiolo di Dronero e altri vini, per ora coltivati fuori valle sulle colline del Saluzzese, che hanno salvato dall’estinzione gli antichi vitigni della media Val Maira.Tra le tante suggestioni gastronomiche, lo comaut (crema di zucca), macarons e trifolas (maccheroni e patate con funghi), los fesqueiròls (piatto di pasta condita con cipolla e pancetta, piselli e formaggio), los panets (calzoni di mele), la torta dels Techs di Dronero. Alcuni ristoranti propongono menù occitani completi in alcuni giorni della settimana. Indirizzi e recapiti di ristoranti, aziende, bed&breakfast e informazioni sui prodotti sono reperibili presso la Comunità Montana - www.vallemaira.cn.it o presso l’Ufficio di Informazioni Turistiche di Dronero - iatvallemaira@ virgilio.it - tel. 0171.917080 - fax 0171.909784. 28 29
Uno “spazio” tutto occitano Espaci Occitan sorge a Dronero (via Val Maira 19) in una caserma trasformata in moderno centro culturale (tel. e fax 0171.904075). Creato da un’iniziativa della Comunità Montana Val Maira, ha l’ambizione di collegare i territori occitani d’Italia con il grande “spazio” di lingua e cultura d’oc dalle Alpi ai Pirenei, all’Atlantico, al Mediterraneo, e si propone come primo polo culturale dedicato al mondo occitano in Italia. La sua realizzazione, resa possibile anche dal riconoscimento della minoranza linguistica occitana da parte dello Stato Italiano con la legge 482 del 1999, ha rappresentato una svolta storica. Con Espaci Occitan, infatti, per la prima volta gli enti del territorio si sono fatti carico della tutela e della promozione della lingua e della cultura occitana, temi fino ad allora svolti dall’associazionismo privato. Oggi Espaci Occitan è un’Associazione di Enti pubblici del territorio occitano alpino (Info: www.espaci-occitan.org). Comprende un Istituto di Studi, un Museo Sonoro della Lingua (Sòn de lenga), uno Sportello Linguistico e una Bottega dei Prodotti Occitani. Il Museo Sonoro della Lingua Occitana, realizzato in forma multimediale con suggestioni dinamiche adatte a tutte le età, vuole condurre il visitatore attraverso la geografia, la storia, la civiltà d’Occitania. Letteratura, musica, storia, vita materiale, folklore e organizzazione sociale del territorio sono illustrate da postazioni audio-video che accompagnano in un viaggio interattivo e virtuale nel mondo occitano. Si può scegliere la lingua di navigazione fra italiano, occitano, inglese e francese. La Mediateca di Espaci Occitan raccoglie testi sulla letteratura occitana e materiali multimediali sulla e in lingua occitana. Filmati e documentari, cd rom, audiocassette e cd musicali sono disponibili per la consultazione nei locali appositamente predisposti e suddivisi per aree tematiche. L’Istituto di Studi Occitani viene costantemente implementato quantitativamente e qualitativamente con nuove offerte di servizi, attività rivolte a un pubblico eterogeneo, divulgazione tramite internet.Lo spazio,
aperto allo scambio e al confronto con le altre minoranze italiane ed europee, è predisposto anche per convegni, proiezioni pubbliche, mostre, presentazioni di libri e iniziative culturali. È dotato di uno Sportello Linguistico on line e propone inoltre corsi di alfabetizzazione a vari livelli, erogati con lezioni on line, fino al conseguimento della capacità di esprimersi in lingua d’oc. Prodotti delle valli, opere dell’editoria locale, artigianato e informazioni turistiche trovano il loro spazio nella Bottega. Espaci Occitan si colloca in un territorio che valorizza le proprie caratteristiche linguistico-culturali. Oggi un percorso ad anello attraverso la valle Maira viene proposto sul sito www.percorsioccitani.it. Nel paese di Roccabruna, il comune ha dedicato vie e piazze a personaggi della civiltà occitana con insegne bilingui italiano/oc. Sono ricordate le regioni d’Occitania, Provenza, Delfinato, Guascogna, gli artisti del Quattrocento glorioso, come il pittore Hans Clemer e gli scultori Zabreri, personaggi eclettici come Giacomo Inaudi di Roccabruna, calcolatore mentale di fama mondiale citato nell’Enciclopedia francese Larousse, il Nobel Federico Mistral cantore della Provenza, l’ideologo umanista François Fontan e i più celebri trovatori medievali tra cui Arnaud Daniel, Peire Vidal, Marcabrun e la Contessa de Dia. Poesia e prosa hanno sempre trovato nelle genti della Val Maira un terreno fertile, dove coltivare racconti e rime. Di questa valle sono alcuni tra i maggiori scrittori del risveglio occitano in Italia, avvenuto negli anni Sessanta del secolo scorso. Le loro opere, pubblicate da editori locali, si trovano nelle librerie, nelle biblioteche e sono disponibili presso Espaci Occitan. Tema ricorrente è la nostalgia per un passato popoloso e fiorente contrapposto all’attualità dei paesi spesso abbandonati. Tra i nomi da ricordare: Pietro Ponzo di Preit, Pietro Antonio Bruna Rosso (Tòni d’ l’Aura) autore di poesie brevi e del “Piccolo Dizionario del Dialetto Occitano di Elva”, Piero Raina (Pietro d’Seze). Nel cuore di questo poeta c’è la montagna, simbolo e archetipo: in basso il mondo affannato, inquinato, cupo degli uomini soli nella folla; in alto il mondo sano, puro, luminoso di una solitudine serena perché in 30 31
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