Un ultimo giorno, un anno insieme - Gruppo Abele
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Un ultimo giorno, un anno insieme Abbiamo deciso di concludere la formazione del Servizio Civile partendo dalle immagini utiliz- zate per descrivere il nostro sapere, il nostro saper fare e il nostro saper essere di qualche mese fa. Allora in gruppo si erano costruiti dei cartelloni; oggi invece abbiamo pensato di scegliere nuo- vamente una immagine di quel cartellone e a partire da essa, di raccontare un percorso lungo un anno..di farlo prima in modo individuale, poi a due voci e poi via via in gruppo…nuovamente in gruppo. Attingendo alla creatività le storie hanno preso forma e le narrazioni hanno raccontato un anno di Servizio Civile.
Pagina di diario 10 gennaio 2017 – 10 gennaio 2018 In un anno ho visto molta gente arrivare e qualcuno, per fortuna, anche andare. Altri, purtroppo, li lascio ancora ad aspettare. Tutte persone belle, tutte fragili e tutte forti. Ho visto occhi spenti, storie tristi. Ho visto persone alzarsi da terra, chiedere aiuto, cambiare vita. Ho visto il valore delle cose e il valore delle persone. Sento le spalle più grandi, il cuore pieno, la testa presente, l’animo grato. Sono cresciuta. Siamo stati in viaggio per un anno in luoghi tanto vicini ma dentro realtà a noi lontane, emotiva- mente sconosciute. Abbiamo conosciuto persone, uomini e bambini, madri e figli, genitori assenti, anime sole. Tutti belli, tutti fragili, tutti forti. Abbiamo visto persone chiedere aiuto, rialzarsi da terra, impegnate nello sforzo di cambiare vita. Da lontano, con rispetto, abbiamo sbirciato le loro storie con l’unico impegno di essere d’aiuto per loro. Il tempo da noi dedicato e i risultati ottenuti sono la più grande ricompensa per tutte le difficoltà avute. Ho iniziato questa avventura così per caso, un seme piantato li, che giorno dopo giorno è cre- sciuto sempre di più. Le giornate sono state caratterizzate dalla gioia, tante risate, feste, momenti indimenticabili. All’inizio è stato faticoso, ma utile come crescita personale; una scoperta verso se stessi. Un percorso fatto di alti e bassi, soddisfazione di avercela fatta e aver concluso, anche se con tanta nostalgia di questo percorso. Mi porto dietro: la fatica di adattarsi, la gioia delle cose nuove; la stanchezza delle corse, l’entusia- smo delle vittorie; le storie di luoghi lontani, gli abbracci di persone vicine; il desiderio di scappare, la soddisfazione di non mollare; la meraviglia dei bambini e bellezza di imparare ogni giorno; i legami creati, i sorrisi incontrati. Consapevole che per ogni fine, un nuovo inizio arriverà.
L’immagine che ho scelto per rappresentare al meglio il mio percorso di tirocinio di servizio civile vede protagonista due mani che con forza e passione trattengono al loro interno dei frutti. In pro- fondità ci sono quei frutti coltivati in anni di formazione ed ex esperienze, e riguardano soprattutto il mio percorso di studi psicologici; mentre in superficie ci sono dei nuovi frutti, nuove scoperte, conoscenze, volti, storie, ritmi. La forza con cui queste mani contengono i frutti al loro interno è la convinzione accresciuta dopo questo percorso di volermi dedicare all’aiuto dell’altro. La diversità dei frutti trattenuti in queste mani indicano quanto per me l’educativa e la parte più clinica non devono essere viste come poli opposti, in quanto funzionali di uno stesso obiettivo. Le diverse sfumature di colore di questi frutti indica la ricchezza: arancione e giallo indicano scoperta, gioia e crescita perso- nale; la staticità del viola indica la tristezza per la fine di un percorso e la paura del futuro. Le mani che trattengono questi frutti sono forti, sicure e al tempo stesso pronte ad accogliere nuovi frutti: la rigidità del ruolo, che spesso viene insegnata sui banchi di scuola, non è sinonimo di professionali- tà; si può svolgere lo stesso mestiere con flessibilità e un po’ più di leggerezza anche divertendosi. Mi porterò dentro questi valori. La mia esperienza è stata come la semina di un seme d’albero e la sua crescita. Inizialmente le basi e le radici erano molto piccole e poco profonde e vi era quasi un totale bisogno di chiedere aiuto, consiglio, supporto per relazionarsi con gli ospiti e per cercare di fare le cose al meglio. Pian piano il seme e quindi le mie capacità si sono ampliate, la conoscenza del luogo e delle persone sono diventate quasi naturali ed è accresciuta anche la possibilità di credere in me stessa, di cre- dere che quello che stessi facendo avesse un grande valore. Questo grazie anche ai rami del mio albero, i colleghi dell’equipe. Loro hanno saputo accompagnarmi in questo viaggio stando sempre al mio fianco, mai dietro per spingermi e mai davanti per tirarmi, ma tenendomi la mano nei momenti di difficoltà; quando non sapevo rispondere alle mille richiesta che questo tipo di impegno compor- ta. Questi rami hanno saputo dare forza e coraggio al mio tronco che con il tempo si è arricchito di storie, di bellezza e anche di duro lavoro, sempre vissuto insieme. E infine, dato che quest’albero è stato curato e coltivato da più mani, si sono visti i frutti dati dall’accompagnamento degli ospiti nella loro quotidianità e dalle capacità/abilità che io, sostenuta dall’equipe, ho potuto migliorare e arricchire.
Quest’anno è stato un’avventura di crescita continua dove, dopo aver piantato e bagnato le radici delle nostre capacità e della nostra volontà di metterci in gioco, abbiamo imparato a passeggiare dentro al mondo delle altre persone, abbiamo imparato ad aiutare coloro che aspettano che il tempo gli passi accanto, dando loro degli strumenti. Abbiamo imparato a non aver paura di decidere, an- dando oltre a quello che ancora non sapevano e ancora non avevamo. Abbiamo imparato a credere che nei giorni di silenzio, quando cambia stagione, possono nascere nuove cose. Se mi fermo a pensare a questo percorso vedo ancora in modo chiaro l’inizio: avevo paura, ne avevo tantissima. Un piccolo seme in mezzo ad altri mille. Poi ho ricevuto acqua, in abbondanza. Questo mi ha aiutato a radicare per bene le radici al terreno, mi ha fatto crescere. Salivo sempre più su, mille rami. Apparivano poi le foglie, poi i frutti … e ora li raccolgo tutti. Tre anni di Università, ti laurei e senti il bisogno di sporcarti le mani, di immergerti nella vita e nel disagio, non solo tuo, ma anche di qualcun altro. Un bando, una raccomandata e tanta attesa e speranza che la ricevuta di ritorno non fosse solo un pezzo di carta in più nella buca delle lettere. Un colloquio, una chiamata, una graduatoria: l’ansia e l’emozione di iniziare, ma anche la soddisfazione di essersi guadagnata la possibilità di prendere posto ai blocchi di partenza. Ed è Gennaio, nevica e si inizia a correre, in Barriera di Milano e senza alcun tipo di protezione. Si corre piano, quasi si cammina, a volte si cade, ma ci si rialza. Passano i mesi, passano le persone, inizi a correre ti ritrovi uno zaino sulle spalle che, man mano che aumentano i passi, diventa sempre più pesante. Ed è di nuovo Gennaio, piove e tagli il traguardo. Lo zaino ha raggiunto un bel peso, lo apri: tanta fatica, tanta stanchezza, ma controbilanciate da storie, volti, persone, esperienze e soddisfazioni. La corsa è finita e non ti importa la posizione di arrivo; in ogni caso ti senti vincitore.
Ho scelto l’immagine della mani che raccolgono dei frutti perché ho cominciato quest’esperienza sperando di seminare il più possibile e ho terminato quasi certa di aver raccolto qualcosa. Scegliere di vivere questa avventura ha avuto un significato: calarsi completamente in un contesto opposto e lontano anni luce dal mio mondo quotidiano, per esplorarne e conoscerne tutti gli angoli possibili. Quello che ho ottenuto è stato sudato, sì, ma è una ricompensa che vale tutte le insicurezze, le aspettative (anche quelle tradite), i sacrifici e il tempo dedicato senza mai aspettarmi nulla in cam- bio. Intanto i ragazzi ricordano il mio nome, che non è poco, ogni tanto mi cercano, ogni tanto dicono “si è sentita la tua mancanza”. Con questa frase credo di aver svolto abbastanza bene il compito che mi ero prefissata, essere utile a loro, essere di compagnia, saperli far ridere, essere qualcuno lì per loro. Così ho cominciato e così finisco. Io non mi posso dimenticare di nessuno, ognuno mi ha insegnato a guardare il tempo, le giornate da infinite prospettive, questa è la ricchezza ed è anche una chance. Credo che l’immagine più rappresentativa del mio percorso di servizio civile sia il disegno della bus- sola. Ho scelto la bussola perché ci ho messo molto tempo a “trovare il Nord” nel corso di questo ultimo anno. Quando ho iniziato a Gennaio non avevo molto chiaro dove volessi dirigermi ed ero ab- bastanza disorientata in generale, perché ero reduce da mesi di cambiamenti intensi e importanti. A distanza di dodici mesi la mia bussola personale segna di nuovo il Nord e sono decisamente più con- sapevole di quale percorso voglio intraprendere. Posso concludere dicendo che questo è stato un anno importante per imparare a conoscermi di nuovo, anche grazie a dei nuovi punti di riferimento.
n a Frasi Passa il dito u di nèe ; ia ogni solco de su i s o r i l e av pelle; trover lla Il dstante izio civche tutt tracce scava ai co l serv rdine are. tempo e dai te dal de diso ad am sorrisi. un pari Valutare im ti rit rov i … e il presente Non è nei sogni dei p abbasta con il passato. conduassi che u nza fare è st a to di ieri. o rrann n gior o c l e ivi torie g lui st ni passo o alla mno ci v izi Il ser ntro fra le s mo stesso esso una deve esse eta, l’inco ri che abbia stra in cu momen meta, n re di alt ciuto e la no i ci po to r ta a ello conos ia durante c ivile vanti . stor percorso. iz i o Ti porterò sopratt utt o il Il servunzione f ha unearapeutica il silenzio e la pazienza. t l o s v ol g e. Percorreremo insieme su chi le vie che portano all’essere.
Canzoni Fermati, tanto non perderai l’aereo. Distratto, passeggi dentro il mondo. Resta lì, davanti allo specchio. Tu non vivi fino in fondo Passa il dito su ogni solco della pelle: e speri che il tempo ti passi accanto. tracce scavate dal tempo e dai sorrisi, Rubando da te un solo respiro, letti di torrenti sconosciuti ai margini della bocca. rimani nascosto dietro l’ombra, Niente, nessuno potrà mai rubarti tutto questo. non ti importa l’apparenza Concentrati, è il momento del decollo. e credi che nessuno se ne accorga. Si stacca di dosso la Terra. Violentissima potenza dei motori che ti strappa all’inverno e ti ritrovi all’improvviso nei sogni di ieri. Disordine nel cuore dell’universo. Disordine al centro della tua vita. A un passo da te, paura di decidere. Disordine in tutto quello che dici. Paura di me, di tutto quello che non so, Disordine anche nei tuoi migliori amici. di tutto quello che non ho. Disordine che si nasconde qui sotto. Eppure sentire, nei sogni in fondo a un pianto, Disordine che devi lasciare intatto. nei giorni di silenzio, c’è un senso di te. Disordine che imparerai ad amare. Ma cambierà stagione, ci saranno nuove rose.
Nella teoria della relatività non esiste un unico tempo assoluto, ma ogni Dobbiamo fare quello singolo individuo ha una propria che non pensiamo di poter fare personale misura del tempo, (Franklin Delano Roosvelt). che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo (Stephen Hawking). Citazioni Imparare è sempre ribellione. Ogni brandello di nuove verità scoperte è Vivi come se dovessi morire rivoluzionario rispetto a ciò domani, impara come se dovessi che si era creduto prima vivere per sempre (Margaret Lee Runbeck). (Gandhi). Da un asse all’altro avanzavo così lento, prudente. Sentivo le stelle sul capo, e sotto i piedi il mare. Questo solo sapevo: un altro passo … poteva essere l’ultimo. Ed avevo quell’andatura incerta che chiamiamo esperienza (Emily Dickinson).
Filastrocca Dal seme si inizia per crescere, e la nostra tela tessere; quando le radici saranno profonde, tutte le nostre risposte saranno pronte; superando la fatica e la paura; daremo ad ogni avventura una nuova lettura; un anno è già passato, e l’albero si è formato; il servizio è terminato, e tante corde ci ha toccato.
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