Ultima ferma ta Tre viglio - Perché la Tav non arriva a Nordest Con i contributi di Mauro Covacich, Federica Manzon e Susanna Tamaro - tracce no tav

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Paolo
            Possamai
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        viPerché la Tav
non arriva a Nordest
Con i contributi di Mauro Covacich, Federica Manzon e Susanna Tamaro

                   Nordest tra crisi e sviluppo
                           Estratto della pubblicazione
Se il famoso, o famigerato, Corridoio V europeo promette
di rivelarsi una sorta di vicolo cieco, non sarà senza effetti
per la competitività dell’Italia. E se l’armatura ferroviaria tra
Lombardia e Friuli Venezia Giulia è ancora in larga misura
fondata sull’impianto austro-ungarico di un secolo e mezzo fa,
come possiamo immaginare di sviluppare porti, aeroporti, poli
metropolitani? In attesa della Tav, i cui cantieri sono finanziati
solo fino a Treviglio, il Nordest rimane tagliato fuori e chiusa
la via che conduce alla Nuova Europa. Emblematico il caso
di Trieste, condannata a una sorta di “splendido isolamento”
e collegata a Milano con tempi addirittura peggiori rispetto
a 30 anni fa. Ma la modernizzazione infrastrutturale del
Nordest è una sfida che riguarda i destini dell’Italia intera.

Paolo Possamai (Vicenza, 1960), è direttore del quotidiano Il Piccolo di Trieste e in precedenza ha diretto
La Nuova Venezia ed è stato inviato speciale del Gruppo Espresso. Dal 1999 scrive per La Repubblica, in
particolare sul dorso economico Affari & Finanza. È consulente della Fondazione Nord Est per la stesura
del Rapporto sulla società e l’economia e ha pubblicato vari libri.

                                        Estratto della pubblicazione
Ultima fermata
      Treviglio

 In collaborazione con
Nordest tra crisi e sviluppo

            Ult ima f er mata Tr eviglio
             Perché la Tav non arriva a Nordest
                       Paolo Possamai

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               Prima edizione digitale 2012
                 ISBN 978-88-317-3349-6
   Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata

                 Estratto della pubblicazione
Paolo Possamai

Ultima fermata
      Treviglio
      Perché la Tav non arriva a Nordest

Nordest tra crisi e sviluppo
       Estratto della pubblicazione
Bolzano

                                                                      Belluno                         Udine                  Ljubljana

                                      Trento                                              Pordenone           Gorizia

                                                                      Treviso
         Bergamo                                                                                                   Trieste

                                               Vicenza                Mestre
                   Brescia
Milano
                                                                                Venezia
                                                             Padova
                             Verona                                                                                           Aeroporti
                                                                                                                              Autostrade
                                                                                                                              Ferrovie

                                                    Rovigo

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In attesa della coincidenza
         con il (super) treno

     Nel corso del suo breve ma non dimenticato regno a Trieste,
Cesare Geronzi menava vanto di avere con un semplice colpo di
telefono risolto un problema antico: ripristinare il volo che collegava
Trieste a Milano-Linate. Un modo per affermare che lui “faceva” e
non si limitava a “dire” che occorreva superare lo status di splen-
dido isolamento in cui si trovava e si trova Trieste. Il presidente di
Generali, come l’amministratore delegato Giovanni Perissinotto ha
affermato in un pubblico dibattito, sapeva bene che non è immagi-
nabile mantenere il centro direzionale della maggiore compagnia as-
sicurativa italiana in una città marginale e emarginata. Una città che
è collegata a Milano via treno con tempi di percorrenza addirittura
peggiori al “Rapido” di 30 anni fa.
     Il caso Trieste non riguarda solo Trieste, ma esemplifica la con-
dizione dell’intero Nordest, ovvero dell’Italia a Est di Milano. Una
partita che non riguarda, dunque, solo il Nordest. Se il famoso o
famigerato Quinto corridoio europeo promette di rivelarsi una sorta
di vicolo cieco, non sarà senza effetti per la competitività dell’Italia.
     A proposito di tempi, basti dire che la pura progettazione della
tratta confinaria tra Italia e Slovenia della linea ferroviaria a Alta
velocità/Alta capacità, e dunque la via verso l’Est Europa, non sarà
conclusa prima del 2015. E parliamo di una previsione largamente
ottimistica. Nessuno si azzarda a fare previsioni sui tempi d’avvio
dei cantieri. Nient’affatto più confortante è lo stato dell’arte relati-
vamente alla linea Tav tra Verona e Trieste, posto che mai finora un
progetto degno del nome è stato messo a punto e condiviso con am-
ministrazioni locali e popolazione. I cantieri sono in atto da Milano

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in direzione Brescia, finanziati fino a Treviglio. Oltre regna il buio.
    Buio di idee e di iniziativa. Buio di prospettive e di speranze.
         I massimalisti sono di frequente i più preziosi e fondamentali al-
    leati dei loro stessi acerrimi nemici. L’opposizione a priori, nel caso
    del tema Tav, rischia di fare il gioco di chi vuole costruire solo auto-
    strade. Non avviene per caso che il traffico autostradale, e il trasporto
    pesante in particolare, nei decenni più recenti abbia avuto andamenti
    esponenziali: dipende dalla carenza estrema di risposte efficienti da
    parte della ferrovie. Un servizio indecente in termini di standard e
    inaffidabile quanto ai tempi, implica che i cittadini e il sistema eco-
    nomico sono costretti a cercare alternative. Vale a dire usare auto e
    camion. Se l’armatura ferroviaria tra Lombardia e Venezia Giulia è
    ancora in larga misura fondata sull’impianto austro-ungarico di un
    secolo e mezzo fa, come possiamo immaginare di sviluppare porti,
    aeroporti, poli metropolitani? Ma il radicale ammodernamento della
    rete ferroviaria rappresenta un elemento essenziale di un progetto-
    Italia non rinunciatario, non conservatoristico, proteso a una rinnovata
    apertura internazionale appunto in chiave di piattaforma logistica, in
    pari tempo, e di territorio che sa valorizzare se stesso in termini di
    politiche dei trasporti. Ne può derivare un effetto di attrattività com-
    plessiva per l’Italia, in termini di investimenti di imprese che ricono-
    scono una nuova competitività al Belpaese, ma anche sul versante dei
    flussi turistici. Senza restare appesi a assiomi generici e vuoti, che vo-
    làno potrebbe garantire un collegamento ferroviario agli aeroporti di
    Verona, Venezia, Trieste e ai territori serviti da queste infrastrutture?
    E che senso ha candidare il Nordest a piattaforma logistica per l’Italia
    settentrionale e per l’Europa centro-orientale, se porti, interporti e
    aeroporti non sono sviluppati in una logica di rete e non sono inter-
    connessi con ferrovie affidabili e veloci?
         Che poi l’ammodernamento avvenga in chiave di “quadruplica-
    mento” (ossia raddoppio della coppia di binari d’origine ottocente-
    sca), che la velocità di punta sia tarata a 250 km/h o a 300 km/h, che
    le fermate siano a Verona o a Padova, a Mestre o a Venezia, all’ae-
    roporto di Venezia-Tessera e a quello di Trieste, sono tutti aspetti
    che andranno ovviamente valutati nel merito. Ma dal punto di vista

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                              Estratto della pubblicazione
In attesa della coincidenza con il (super) treno

tecnico in primis, assumendo il dato politico di voler procedere a ri-
costruire condizioni di efficienza del trasporto ferroviario sull’intera
dorsale transpadana.
     In alternativa, non avremmo che nuove autostrade e tangenziali
e bretelle. E così treni veloci e metropolitane, treni merci a servizio
di porti e interporti, continuerebbero a essere una chimera.
     Se leggessimo il Piano regionale dei trasporti del Veneto, la cui
approvazione risale al 1990, troveremmo immaginate gran parte
delle infrastrutture di cui continuiamo a discutere e troveremmo
pure indicate alcune grandi opere che effettivamente utilizziamo.
Tra gli interventi più importanti giunti a inaugurazione, a nessuno
sfuggono il Passante autostradale di Mestre, la terza corsia della A4
da Brescia a Mestre, la A28 Conegliano-Portogruaro. Ma non dovreb-
bero passare sotto silenzio, per esempio, nemmeno il potenziamento
delle stazioni aeroportuali di Venezia e Verona o del sistema por-
tuale di Venezia. Vi sono poi numerosi cantieri avviati, e tra questi
spiccano quelli per la A31 Valdastico Sud e il recentissimo avvio dei
lavori per la terza corsia della A4 da Quarto d’Altino verso Trieste
e della superstrada pedemontana veneta. Vanno considerate inoltre
svariate iniziative in project financing per la costruzione e gestione
delle cosiddette tangenziali venete (complanare alla A4 da Verona
a Dolo), dell’autostrada Cispadana da Mantova verso Chioggia (de-
nominata Nogara-mare), dell’autostrada Mestre-Orte, delle bretelle
di collegamento tra A4 e le maggiori località balneari della costa
nord-adriatica. In tutti questi casi, parliamo di progetti che hanno
superato svariati step di approvazione e autorizzazione.
     Lo stesso passo non è stato tenuto affatto in materia di investi-
menti sulle ferrovie. E vorremmo concentrarci in particolare su tale
questione, perché siamo persuasi che la modernizzazione del Nor-
dest e dell’Italia transita attraverso un importante upgrade dell’ar-
matura ferroviaria. E poiché non crediamo al destino cinico e baro,
ma piuttosto a un disegno politico scientemente perseguito, diciamo
apertis verbis che abbiamo perduto un paio di decenni a chiacchiere
per precise responsabilità. Le vicende del Sistema ferroviario metro-
politano regionale (Sfmr) e della linea a alta velocità/alta capacità

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                          Estratto della pubblicazione
(Tav per sintesi) documentano in modo comico e insieme sconfor-
    tante la sclerosi cui è giunta l’amministrazione del bene pubblico in
    Italia e, nel caso particolare, nel Veneto.
         Sfmr è una modalità efficiente per tenere insieme in primis l’area
    metropolitana centrale veneta, con treni cadenzati e inter-modalità
    gomma/ferro incardinata sulle principali stazioni disseminate lungo
    i binari. Tav è invece una risposta al traffico di lunga percorrenza, sia
    esso merci o passeggeri.
         Il progetto del Sfmr rimonta ai primi anni ’90 e, nonostante i
    finanziamenti concessi dallo Stato a valere sulla legge 211 del ’92, a
    distanza di oltre due decenni il servizio semplicemente non esiste.
    Sono terminati i lavori per l’adeguamento delle tratte Venezia – Me-
    stre – Quarto d’Altino, Mestre – Treviso, Padova – Mestre, Padova
    -Castelfranco Veneto, Mestre – Oriago – Mira. Il progetto prevede,
    inoltre, il collegamento ferroviario tra la linea Venezia-Trieste e l’ae-
    roporto “Marco Polo” di Venezia-Tessera e, allo stesso modo, il colle-
    gamento ferroviario metropolitano tra Verona Porta Nuova e Villa-
    franca con interconnessione all’aeroporto “Valerio Catullo”. Non è
    finita: il progetto di venti anni fa predispone pure l’adeguamento a
    standard di servizio Sfmr delle linee Vicenza-Castelfranco Veneto,
    Treviso-Conegliano, Quarto d’Altino-San Donà di Piave, Castelfran-
    co – Mestre e via elencando le principali dorsali ferroviarie. Ma in
    effetti, non cambia granché in termini di servizio tra il primo lotto
    – i cui lavori sono stati completati un paio d’anni fa, con formidabili
    ritardi – e il secondo lotto – per il quale non esiste finanziamento.
    Il fatto è che i treni non ci sono e, quindi, non esiste alcun servizio
    cadenzato. La Regione Veneto ha bandìto la gara per la fornitura di
    carrozze e locomotive quando i lavori erano ormai prossimi al com-
    pletamento, dunque – considerando i tempi di fornitura di almeno
    30 mesi – e gli ovvii italici ricorsi, forse il nuovo materiale rotabile
    inizierà a percorrere i binari nel 2013. Il primo treno da Padova per
    Mestre potrebbe partire, secondo recenti annunci della Regione Ve-
    neto, nella primavera del 2013 e quanto a vedere il Sfmr a regime
    sarà passato un quarto di secolo dal primo apparire di un progetto
    (allora) antesignano in Italia.

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                              Estratto della pubblicazione
In attesa della coincidenza con il (super) treno

     Non meno edificante è la storia del progetto Tav. Anche in que-
sto caso, tutto inizia ai primi anni ’90, quando un gran numero di
Comuni e di comitati osteggia l’idea stessa dell’infrastruttura e la
Regione Veneto, dal canto suo, tutto fa fuorché esperire lo sforzo di
conciliare in un disegno di scala ampia le opposizioni e le esigenze
di sviluppo e modernizzazione del territorio. E da allora, infatti, ri-
mane un autentico punto interrogativo come la linea Tav procederà
a Est di Verona e, in particolare, come attraverserà i nodi di Vicenza
e di Padova. Governo centrale e governo regionale non hanno mai
chiarito, mai voluto chiarire se l’attraversamento del nodo di Vi-
cenza potrebbe avvenire con una galleria dotata, inoltre, di nuova
stazione Tav. Nessuno si è mai preso la briga di illuminare un paio di
quesiti semplici semplici: con quali fondi dovrebbe essere costruito
tale tunnel, e soprattutto con quale modello trasportistico un treno
a alta velocità dovrebbe fermare ogni 20/30 chilometri. Il Comitato
interministeriale per la programmazione economica (Cipe), in ef-
fetti, nel 2006 ha stabilito che la linea dovrebbe passare per Vicenza
con un tunnel sotto alla città. Costo stimato allora:161 milioni di
euro. Cosa è accaduto da allora? Nulla di nulla.
     In termini più radicali, da sempre resta irrisolto il rebus di fon-
do: da una parte chi pensa a una manutenzione dell’infrastruttura
esistente, alla eliminazione dei “colli di bottiglia”, alla ottimizzazio-
ne sul piano delle tecnologie, all’affiancamento di due nuovi binari
accanto ai due originari binari ottocenteschi; dall’altra parte, i fauto-
ri di una Tav simile al prototipo transpadano Torino-Milano. Il tutto
senza prendere in esame il modello trasportistico, ossia come sia
praticabile un servizio propriamente Tav in un territorio che chiede
fermate ogni 30-50 chilometri.
     L’attitudine manifestata sulla tratta Verona-Venezia è purtrop-
po coerentemente stata applicata per vent’anni anche per la trat-
ta Venezia-Trieste, posto che si tratta pur sempre di segmenti del
V Corridoio europeo. Buio pesto sull’uno e sull’altro versante. Al
punto interrogativo, però, in qualche modo ha dato risposta nella
primavera scorsa Mauro Moretti. L’amministratore delegato delle
Ferrovie dello Stato, in un convegno allestito dal Festival delle Cit-

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                          Estratto della pubblicazione
tà Impresa, ha pronunciato un inedito impegno su un obiettivo e
     dichiarato il suo aperto scetticismo rispetto a un altro. L’impegno
     consiste nel fatto che «per il 2019, anno in cui Venezia potrà essere
     la Capitale europea della cultura, o al massimo nel 2020, stimiamo
     che la Tav potrà arrivare nella città lagunare e colmare così il gap
     che fino ad ora ha lasciato il Nordest ai margini di questo impor-
     tante sistema infrastrutturale. Data la forte domanda del mercato,
     considero il completamento della tratta Milano-Venezia la priorità
     numero uno per il sistema Paese». Fin qua la previsione di Moretti,
     che per la prima volta ha indicato un termine possibile dei lavori Tav
     in territorio veneto. Ma il capoazienda Fs ha pure detto chiaro e ton-
     do che «Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti
     a proseguire su quella tratta. E poi oltre confine non ci sono neppure
     le progettazioni preliminari. Al momento, se ci sono problemi di
     risorse finanziarie per la parte nostra, faccio presente che quelli di
     parte slovena sono molto maggiori».
          Vogliamo sottolineare che, se la Tav da Mestre a Trieste non
     sarà mai altro da un segno su una cartografia, dipende molto dalla
     stravagante idea della Regione Veneto di disegnare la nuova linea in
     prossimità della costa, con il presunto obiettivo di servire le località
     balneari adriatiche. Ma chi potrebbe mai impalcare una infrastrut-
     tura come la Tav e usarla 2-3 mesi l’anno? Tale è una delle tante,
     addirittura ovvie, obiezioni che hanno condotto alla bocciatura della
     proposta in sede di Unione europea e, quindi, a abbandonare la pere-
     grina idea. E il V Corridoio, anche per l’estrema difficoltà a definire
     un tracciato condiviso con il governo sloveno nell’attraversamento
     delle Alpi Giulie, appare ormai un esercizio quanto mai arduo.
          Se la tratta Venezia-Trieste come immaginata finora non ha sen-
     so e il valico attraverso le Alpi Giulie verso Lubiana è impraticabile,
     per ragioni finanziarie e ambientali, per l’insufficienza dei bacini di
     traffico e per questioni di consenso politico, Moretti punta invece
     a potenziare quel che già abbiamo. Dice che per andare verso la
     nuova fabbrica d’Europa, che sta tra Polonia e Balcani, è possibile
     passare per il Tarvisio e usare la ferrovia Pontebbana, inaugurata nel
     2000 e dotata di caratteristiche Tav, «ammesso che gli austriaci com-

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                               Estratto della pubblicazione
In attesa della coincidenza con il (super) treno

pletino il loro pezzo dall’altra parte». E in questo senso va segnalato
che nei mesi scorsi il governo austriaco ha dato il via ai lavori per
l’ammodernamento della ferrovia che dal Tarvisio va verso Vienna.
Viadotti e gallerie attuali sono stati costruiti un secolo e mezzo fa
dall’ingegnere veneziano Carlo Ghega, con un tracciato che è il più
alto d’Europa. Opere ingegneristiche tutelate dall’Unesco, ma che
costringono oggi i treni a non superare la velocità di 40 chilometri
orari. Nel 2024 i primi convogli dovrebbero percorrere le nuove
gallerie, in qualche modo apparentabili a quelle svizzere del San
Gottardo e del Loetschberg, e darebbero ovviamente più senso alla
ferrovia Pontebbana e ai venturi terminal portuali di Venezia, Trie-
ste e Monfalcone. La direttrice ferroviaria in questione sarebbe un
segmento del cosiddetto Corridoio europeo Adriatico-Baltico, in-
teso come la via d’accesso a mercati come Austria, Baviera e parte
dell’Europa dell’Est essenziali oggi e domani per Veneto e Triveneto
e cosiddetta Padania. Per l’Italia, insomma.
                                                        Paolo Possamai

                                                                                     11
                         Estratto della pubblicazione
La corsa a handicap
La corsa a handicap

Un Passante non sblocca il Nord Est
La Repubblica (Affari & Finanza), 15 dicembre 2008

     Il quinto corridoio europeo risolve una sua famigerata strettoia.
Sono finiti i lavori sul Passante autostradale di Mestre, 32 chilometri
di bretella indispensabili per evitare di passare sulla tangenziale ur-
bana veneziana, uno degli incubi della rete stradale italiana. Fin qua
la buona notizia. Ma il quinto sentiero europeo - meglio chiamarlo
sentiero date le dimensioni rispetto ai volumi di traffico - rimane
in terra italiana una sorta di gigantesco parcheggio in lieve movi-
mento tra Venezia e Trieste. Sulle due corsie del tratto più orientale
della A4, infatti, si sommano di anno in anno abnormi carichi di
traffico soprattutto pesante provenienti dai paesi del vicino Est eu-
ropeo. «Siamo consapevoli - dice Giancarlo Galan, presidente della
Regione Veneto - dell’autentica emergenza nella quale ci troviamo.
Ma vorrei sottolineare al riguardo due aspetti. Abbiamo realizzato
il Passante in quattro anni, che è un vero record nel paese delle lun-
gaggini e dei cavilli». «Quanto alla terza corsia, la nomina del com-
missario ci consentirà di sveltire la procedura e recuperare un paio
d’anni, in barba ai burocrati romani che se ne fregano alla grande di
definire e perseguire priorità».
     Il 19 dicembre, e quindi mantenendo l’impegno scommessa di
concludere l’opera entro il 2008, Galan ha un appuntamento con
chi ha lavorato al cantiere (con turni sull’arco delle 24 ore negli
ultimi tre mesi). Il commissario Silvano Vernizzi lo aspetta per per-
correre assieme il Passante. Dopo di che occorrerà attendere l’arrivo
di Silvio Berlusconi, il 3 febbraio, per aprire al traffico quel nastro
d’asfalto: serve un altro mesetto per i collaudi, per sistemare la se-
gnaletica, i guardrail, le barriere antirumore. Rifiniture, necessarie
ma rifiniture. Quel che conta è che il Passante, atteso e promesso da
20 anni, è davanti agli occhi di chi transita lungo la A4, all’altezza
degli innesti previsti a Dolo e a Quarto d’Altino.
     Una cosa vera, non un progetto. Vernizzi per dirla con una
espressione galaniana, è il “mago” che ha dribblato varianti, conten-
ziosi, ricorsi, contrasti con comitati e nell’arco del tempo previsto ha

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portato alla meta l’intervento. Cose da non credere, in Italia. Verniz-
     zi disponeva di forti poteri (la sua nomina a commissario contempla
     le deleghe della Protezione civile), un borsellino pieno di denari,
     ampia copertura politica (il Passante è esito di un patto dichiarato
     tra Galan e centrosinistra).
          Un punto chiave consiste ovviamente nei quattrini. Il conto fi-
     nale ammonta a 986 milioni di euro, che non è davvero poco rap-
     portato ai 32,3 chilometri di lunghezza della bretella. Cifra oltre-
     tutto sub judice per effetto delle riserve presentate da Impregilo
     e imprese associate, essenzialmente riguardanti l’aumento dei costi
     di acciaio e bitumi. Al netto dei contributi garantiti da Stato e Re-
     gione Veneto per opere complementari, gran parte dei fondi ne-
     cessari alla realizzazione del Passante proverranno da un aumento
     dei pedaggi: tale è il volume di traffico sulla dorsale diretta a Est
     che remunera ampiamente l’investimento. Tant’è vero che Anas e
     Regione Veneto hanno ingaggiato un serrato duello sulle modali-
     tà di selezione del concessionario, ossia della società che gestirà il
     Passante: alla fine è intervenuta una sorta di pace armata, poiché i
     duellanti insieme hanno costituito il Consorzio Autostrade Venete
     (Cav), che dalla fine del 2009 dovrebbe inoltre ereditare anche le
     attività della società autostradale Venezia-Padova. Di mezzo ci sono
     pedaggi che generano utili record, quanto mai appetiti in tempi di
     vacche magrissime per la finanza pubblica. I pedaggi, e un incre-
     mento della tariffa già negoziato dalla concessionaria Autovie Ve-
     nete, sono il fulcro finanziario per la costruzione della terza corsia
     sulla A4 Venezia-Trieste. Parliamo del quinto sentiero europeo. Il
     piano di Autovie prevede investimenti per 1,6 miliardi di euro. Ma
     sui tempi permane il punto interrogativo. Il fatto che Renzo Tondo,
     presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, abbia accettato la
     nomina a commissario e di spendersi quindi in prima persona, la
     dice lunga sul grado dell’emergenza. Se Tondo non incontrerà trap-
     pole, i primi cantieri dovrebbero essere avviati nel corso del 2009 e
     conclusi nell’arco di un triennio. Parliamo della terza corsia sul seg-
     mento Quarto d’Altino-San Donà di Piave, mentre la tratta fino a
     Trieste è tuttora in fase di progettazione. Giorgio Santuz, presidente

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La corsa a handicap

di Autovie e già ministro ai Trasporti, snocciola numeri come fosse
un rosario doloroso: nell’ultimo decennio i Tir sono aumentati del
60%, superando la soglia del 30% del totale del traffico sulla A4;
lo scorso anno sono state conteggiate quasi 2.800 ore di coda per
traffico intenso, 473 ore di coda per cantieri, 431 ore per incidenti;
metà degli incidenti coinvolgono mezzi pesanti e di questi circa il
75% hanno tra i protagonisti Tir stranieri.
      Il caso tipico di una ordinaria situazione di emergenza è avve-
nuta a valle del “ponte” dell’Immacolata. Scontando tre giorni di
stop al transito dei Tir, pochi minuti dopo le 22 della notte tra lune-
dì 8 e martedì 9 dicembre, alla barriera di ingresso di Trieste-Lisert
sono stati registrati 4 chilometri di coda. Nelle dodici ore successi-
ve i passaggi di mezzi pesanti sono aumentati del 26,6% a Lisert e
del 25,8% a Gorizia-Villesse, ossia alle due porte di comunicazione
con la Slovenia e la Nuova Europa. Nel corso della giornata del 9
sono avvenuti quattro incidenti sulla A4, con 15 chilometri di coda
tra Palmanova e Latisana. «Questa situazione - commenta Riccardo
Riccardi, assessore alla Viabilità della Regione Friuli Venezia Giulia
- conferma la necessità di proseguire sulla strada da noi intrapresa:
il trasporto combinato. Anche con la costruzione della terza corsia,
infatti, il problema rischia di non risolversi se non decolla questa
formula, perché il flusso di traffico proveniente dal Centro ed Est
Europa è destinato a crescere ancora». Trasporto combinato vuol
dire “autostrade del mare” (Tir su navi traghetto) e “autostrada viag-
giante” (Tir su treni). Ma per l’una e l’altra manovra occorre un con-
sistente intervento della mano pubblica, in termini di investimenti,
di incentivi e di tariffe.
      Nel frattempo, oltre confine il quinto corridoio europeo sta len-
tamente divenendo realtà (quanto alla sola modalità autostradale).
Da un mese è stato aperto il tratto di autostrada slovena tra Maribor
e il confine con l’Ungheria, per cui i 500 chilometri tra Trieste e Bu-
dapest sono interamente percorribili su un asse a quattro corsie. Nella
prossima primavera, inoltre, saranno completati i lavori sulle galle-
rie che dalla valle del Vipacco collegano Nova Gorica con Razdrto e
quindi con Lubiana. Il 40% del traffico totale registrato sui segmenti

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già aperti di questa direttrice è costituito da camion, il 15% da fur-
     goni commerciali. Tutti veicoli che si scaricheranno sulla superstrada
     Gorizia-Villesse e da qui sulla A4 e sulla rete autostradale nordestina.
     La risposta a questa onda montante arriverà in tempi imperscrutabili.
     Nell’attesa della terza corsia sulla A4, non esiste un percorso alter-
     nativo. La buona notizia è che per l’anno venturo è atteso il com-
     pletamento della A28 Portogruaro-Conegliano, che è uno spezzone
     dell’itinerario pedemontano. Ma nei giorni scorsi il Consiglio di Stato
     ha accolto la sospensiva richiesta dalla spagnola Sis sull’affidamento
     della concessione per l’autostrada pedemontana veneta. La magistra-
     tura dovrebbe pronunciarsi nel marzo prossimo. Dopo di che il vinci-
     tore tra Sacyr e la cordata Impregilo (con molti alleati al seguito) avrà
     quattro mesi per redigere il progetto definitivo sui 95 chilometri di
     nastro d’asfalto e 56 mesi per eseguire i lavori. La spesa prevista è di
     1,8 miliardi di euro. Non sono i soldi che mancano, paradossalmente.
     I pedaggi garantiscono. L’incognita sono i tempi. Vale anche per il
     sistema delle tangenziali lombardovenete, dove con 1,6 miliardi sa-
     ranno affiancate quattro corsie da Brescia a Dolo all’attuale dorsale
     della A4. Il promotore Pizzarotti dovrebbe presentare a gennaio lo
     Studio di impatto ambientale. Allo stesso modo il progetto elaborato
     dal promotore Confederazione Autostrade per il nuovo asse Manto-
     va-Chioggia, che vale 1,45 miliardi di investimenti, attende il parere
     della Commissione nazionale Via. Attesa è la parola chiave.

     Le infrastrutture: agganciare il treno della ripresa
     Rapporto Fondazione Nord Est, giugno 2011

          Per il 2019 o al massimo 2020, stimiamo che la Tav potrà arriva-
     re a Venezia e colmare così il gap che fino a ora ha lasciato il Nordest
     ai margini di questo importante sistema infrastrutturale. Parole di
     Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello
     Stato, pronunciate coram populo nel corso di un convegno il 28
     aprile 2011 a Venezia. Data da segnare, perché per la prima volta

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                               Estratto della pubblicazione
La corsa a handicap

Moretti ha assunto un impegno netto e chiaro riguardo alla prose-
cuzione della nuova linea a alta capacità/alta velocità (Tav) a Est
del nodo di Verona. Impegno che discende dal modello di impresa
assunto da Fs. «Data la forte domanda del mercato – ha affermato
infatti Moretti – considero il completamento della tratta Milano-
Venezia la priorità numero uno del sistema Paese. L’area metropo-
litana composta da Venezia, Treviso, Padova e Vicenza ha la massa
critica necessaria a sostenere economicamente il progetto».
     Di tutt’altro segno il giudizio di Moretti relativamente al seg-
mento Tav Mestre-Trieste, che fa pur essa parte del cosiddetto quin-
to corridoio europeo e punta verso Kiev. Secondo il manager delle
Fs «Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti a
proseguire su questa tratta. E, soprattutto, oltre confine non ci sono
ancora neppure le progettazioni preliminari». Senza dire che «non è
ben chiaro se gli sloveni sono davvero interessati a questa infrastrut-
tura». Ragioni per cui, sempre a parere di Moretti, è più sensato e
verosimile rafforzare lungo la direttrice della Pontebbana l’offerta di
trasporto merci e passeggeri diretti all’Europa Centro-orientale.
     Considerazioni che meritano approfondimento, poiché per mol-
ti versi rivelano lo scenario operativo reale – o quanto meno realisti-
co – entro cui agiscono governi e istituzioni coinvolte (Fs e Regioni
in primis). E se lo schema risponde effettivamente a tali caposaldi,
salvo avere argomentazioni e peso politico validi a mutarli, occorre
ri-calibrare entro di essi i piani di sviluppo del quadrante Nordest e
in particolare le politiche in tema di infrastrutture strategiche.
     Tacendo di altri elementi, le tesi di Moretti contengono elementi
di valutazione strategica coerenti con le politiche economiche assunte
dal governo in materia di infrastrutture. I cantieri procedono secondo
la logica del “lotto costruttivo”, ossia a seconda delle risorse effettiva-
mente disponibili (e non più attendendo la copertura finanziaria per
un’intera tratta). In questo senso, per esempio e da ultimo, a marzo
2011 sono stati assegnati lavori per 1,13 miliardi di euro sulla tratta
Tav Treviglio-Brescia (a fronte di un costo totale stimato in 2,05 mi-
liardi). Di “lotto costruttivo” in “lotto costruttivo”, emerge evidente la
volontà di procedere fino a Verona, dopo di che per andare dall’Adige

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                           Estratto della pubblicazione
a Milano saranno sufficienti 43 minuti (contro gli attuali 81). Ma non
     va nemmeno sottostimato che, secondo l’Allegato infrastrutture alla
     Decisione di finanza pubblica (Dfp) del settembre 2010, i cantieri sui
     73 chilometri della Brescia-Verona dovrebbero essere conclusi entro
     il 2015, con una spesa complessiva di 2,8 miliardi, pur a fronte del
     fatto che la progettazione è tuttora allo stadio preliminare. Risulta
     evidente come, solo a fronte di una formidabile determinazione poli-
     tica centrale e territoriale il traguardo potrà essere colto.
          Procediamo dunque nel merito l’esame delle ulteriori singole
     tratte, in modo da comprenderne l’effettivo avanzamento proget-
     tuale, le forche caudine rimanenti, la plausibilità dei tempi di esecu-
     zione indicati. Cartesianamente, spezzare in singole sezioni il gran-
     de groviglio del segmento Est della linea Tav Transpadana appare
     esercizio indispensabile. Di particolare complessità e a suo modo
     esemplare è la vicenda del tracciato per la tratta Verona-Padova, la
     cui soluzione progettuale rimane allo stadio preliminare, così come
     approvato nel 2006 dal Comitato interministeriale per la program-
     mazione economica (Cipe). Progetto in sostanza congelato e che
     non assume una scelta netta relativamente al nodo di Vicenza. In
     questo senso, pure le stime di costo hanno valore relativo. Secon-
     do quanto riferito dall’Allegato infrastrutture alla Dfp (settembre
     2010), l’investimento per la tratta ammonterebbe a 5,13 miliardi
     di euro e ulteriori 670 milioni di euro dovrebbero essere destinati
     alla sistemazione del nodo di Verona. Riguardo a quest’ultimo ca-
     pitolo, il progetto prevede la realizzazione della nuova linea Tav per
     circa 10 chilometri in prevalente affiancamento ai binari dell’attua-
     le Milano-Venezia; la radicale sistemazione della stazione di Porta
     Nuova, sulla quale sarà incentrato il servizio dei treni viaggiatori;
     l’eliminazione di tutte le interferenze tra il percorso Tav e le altre
     linee convergenti sul nodo ferroviario di Verona.
          Se il nodo di Verona presenta complessità, su quello di Vicen-
     za – ossia sull’opportunità che l’attraversamento avvenga in galleria
     oppure in affiancamento alla linea storica – non è stata assunta al-
     cuna decisione. Il progetto preliminare del “collegamento ferrovia-
     rio AV/AC Verona–Padova”, approvato dal Cipe con delibera n.94

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