Tutte le promesse che Bitcoin deve mantenere nel 2019

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Tutte le promesse che Bitcoin deve mantenere nel 2019
Tutte le promesse che Bitcoin deve
mantenere nel 2019

Molti parlano di bitcoin ma pochi li usano. Sono davvero l’inizio di una nuova economia o solo
l’ultimo oggetto di una bolla speculativa? Pubblichiamo un estratto dal libro di Massimo Amato e
Luca Fantacci Per un Pugno di Bitcoin. Rischi e opportunità delle monete virtuali (UBE-Università
Bocconi editore).
Tutte le promesse che Bitcoin deve mantenere nel 2019
Alcuni indicatori possono bastare per dare le dimensioni del fenomeno: una «capitalizzazione» di
oltre 100 miliardi di dollari, 200.000 transazioni giornaliere, per un controvalore intorno a 500
milioni di dollari al giorno (blokchain.info, dati aggiornati al 10 settembre 2018), fra 3 e 6 milioni di
utenti attivi stimati e circa 100.000 esercenti che accettano pagamenti in bitcoin (Mauro, 2015;
Hileman, Rauchs, 2017).

Tuttavia, per valutare il successo di bitcoin, non bastano le statistiche. I numeri ci dicono quanto fa,
ma non come lo fa.

Sul piano strettamente quantitativo può sembrare plausibile la sfida lanciata da bitcoin al monopolio
delle valute ufficiali: infatti, nel 2015 la «capitalizzazione» di bitcoin era meno di un millesimo della
quantità di moneta in euro e circa pari alla quantità di moneta boliviana (BCE, 2015, p. 16).

Dopo soli due anni, il valore complessivo dei bitcoin in circolazione è fra un ventesimo e un decimo
dell’offerta monetaria delle principali valute in banconote e monete.

È bene precisare che, per effettuare un confronto più significativo, il valore dei bitcoin va
paragonato non alla misura più ristretta di moneta, M0, che comprende solo banconote e monete
metalliche, bensì all’aggregato statistico più ampio M1, che comprende anche i depositi, ossia la
moneta tradizionale nella forma di moneta elettronica.

Si scopre allora che il valore complessivo dei bitcoin rappresenta un più modesto 2,7 per cento della
massa monetaria globale. E ciò senza considerare aggregati monetari ancora più ampi che
comprendono altre forme di moneta immateriale tradizionale.

Tuttavia, per poter valutare se il bitcoin sia una buona moneta, o se anche soltanto meriti il nome di
moneta, non bisogna guardare alla sua quantità ma se e come assolve alle funzioni monetarie.

Quanto vale bitcoin

Una caratteristica essenziale per una moneta è la stabilità del potere d’acquisto. Se una moneta
ambisce a essere usata diffusamente come mezzo di pagamento, occorre che il suo valore sia
relativamente stabile in termini della quantità di beni e di servizi che permette di acquistare.

Se si vuole che un numero crescente di persone e di imprese siano disposte ad accettare bitcoin in
cambio delle loro prestazioni, bisogna che quelle persone siano ragionevolmente sicure di poter
cedere a loro volta i bitcoin ricevuti in cambio di prestazioni più o meno equivalenti.

Una «capitalizzazione» di oltre 100 miliardi
di dollari, 200.000 transazioni giornaliere,
per un controvalore intorno a 500 milioni di
dollari al giorno, fra 3 e 6 milioni di utenti
attivi stimati e circa 100.000 esercenti che
accettano pagamenti in bitcoin
Una moneta che sia soggetta a cambiamenti di valore violenti e imprevedibili non è una buona
moneta. Producendo guadagni e perdite immeritate, non costituisce un mezzo di scambio affidabile.

Misurare il potere d’acquisto di una moneta non è un’operazione univoca. Comporta
l’identificazione, in una certa misura arbitraria, di un paniere di beni e servizi di riferimento.

Così è costruito, per esempio, l’indice dei prezzi al consumo (IPC), utilizzato dall’Istat per misurare
l’inflazione.

Non esistono misure analoghe per bitcoin. Il motivo è molto semplice: non esistono, a oggi, listini
prezzi fissati in bitcoin.

Anche le imprese che accettano bitcoin in pagamento fissano i prezzi nella valuta che utilizzano
prevalentemente e nella quale sono denominati gran parte dei loro costi, e aggiornano
continuamente i prezzi in bitcoin per tenere conto delle variazioni del tasso di cambio di bitcoin.

Finché un’impresa non sostiene la maggioranza dei propri costi in bitcoin non può permettersi di
parametrare i prezzi dei propri prodotti, e quindi i propri ricavi, in bitcoin. Altrimenti si esporrebbe a
un rischio di cambio eccessivo.
A oggi, l’unico lavoro retribuito in termini di una quantità prefissata di bitcoin è quello dei minatori.
E con un rischio enorme anche per loro, poiché anche i loro costi (di affitto, macchinari, elettricità,
tasse) sono denominati, e devono in gran parte essere pagati, in moneta ufficiale.

L’assenza di dati relativi al potere d’acquisto del bitcoin è già un indizio della sua volatilità rispetto a
quello delle valute ufficiali che, a differenza del bitcoin, sono utilizzate correntemente per
denominare i prezzi e per stipulare i contratti.

L’andamento del tasso di cambio fra bitcoin e una moneta legale, come per esempio il dollaro, può
servire come buona approssimazione della variabilità del suo potere d’acquisto.

Quando il primo bitcoin è creato, il 3 gennaio 2009, non ha alcun valore. Il tasso di cambio di una
valuta, come ogni prezzo di mercato, dipende dalla domanda e dall’offerta. Siccome non è vero che
l’offerta crea la propria domanda, tantomeno quando si tratta di moneta, la mera creazione di bitcoin
non è sufficiente perché il suo prezzo assuma un valore positivo.

Il cambio dollaro/bitcoin rimane pari a zero finché qualcuno non è disposto a pagare una somma
superiore a zero dollari per acquistare un bitcoin. Ciò avviene per la prima volta un anno e mezzo
dopo la creazione del primo bitcoin, il 17 agosto 2010, quando un bitcoin è venduto per 7,69
centesimi di dollaro.

Il prezzo del bitcoin rimane nell’ordine di qualche centesimo di dollaro per altri sei mesi, fino al
febbraio del 2011, quando supera la soglia psicologica di un dollaro.

Dopo aver oscillato intorno al valore di un dollaro per un paio di mesi, il bitcoin ha il suo primo
exploit fra aprile e giugno 2011, quando raggiunge in poche settimane il valore di 35 dollari. Ma la
corsa al rialzo è interrotta dall’incertezza seguita alla chiusura della più grande piattaforma di
trading, Mt.Gox, in seguito all’attacco di un hacker (BCE, 2012, p. 26).

Nel giro di una settimana, dal 10 al 18 giugno, il valore si dimezza. Ad agosto è già tornato sotto i 10
dollari e lì rimane per un anno fino all’agosto del 2012, quando comincia nuovamente a risalire.
Dapprima gradualmente, mese dopo mese, fino a raggiungere i 20 dollari nel febbraio del 2013. Lì
inizia un’ascesa vertiginosa: il cambio raddoppia nel giro di un mese, portandosi a 40 dollari
all’inizio di marzo.

Di fatto, il prezzo di bitcoin sembra
dipendere dall’attenzione mediatica più che
da qualunque altro fattore
È solo l’inizio: prima della fine del mese, è già raddoppiato di nuovo, superando gli 80 dollari. Il
raddoppio successivo avviene in una sola settimana: il 7 aprile il bitcoin vale già più di 160 dollari e
il 9 tocca un massimo relativo a 237 dollari.

Sono i mesi della crisi di Cipro e, con l’imposizione di controlli sui capitali, cresce la domanda di
bitcoin come strumento per aggirarli (Aranguena et al., 2014, pos. 368). Ma anche questa volta
l’euforia non dura: bastano tre giorni per riportare il prezzo a 76 dollari.

Si mantiene intorno ai 100 dollari per altri sei mesi. A ottobre 2013 comincia un altro rally: il cambio
del bitcoin passa da 100 a 200 dollari prima della fine del mese. Raddoppia nuovamente in altre due
settimane e, prima della fine di novembre, rompe la soglia di 1000 dollari, toccando un massimo
relativo a 1151 il 4 dicembre 2013.

Ancora una volta, però, non regge: altre due settimane e il valore si dimezza di nuovo, tornando
sotto i 600 dollari. In questo caso, il crollo è apparentemente connesso con la decisione della Banca
centrale cinese di vietare le transazioni in bitcoin (BCE, 2015, p. 31).

Dopo altre violente oscillazioni, il cambio si mantiene intorno ai 5-600 dollari fino ad agosto 2014,
quando inizia un lento trend decrescente che porta il bitcoin nuovamente sotto i 200 dollari a inizio
2015. Per gran parte del 2015 il valore rimane fra i 200 e i 300 dollari, forse non a caso attorno al
suo costo di produzione di allora (Capoti, Colacchi, Maggioni 2015, pos. 1184).

Poi, a distanza di tre anni dalla precedente, inizia una nuova impennata, meno repentina ma più
marcata. Il prezzo di bitcoin raddoppia una prima volta, da 250 a 500 dollari, in sette mesi, da fine
ottobre 2015 a fine maggio 2016. In altri sette mesi, il prezzo raddoppia di nuovo, sfondando quota
1000 nei primi giorni del 2017. Ma è solo l’inizio. Nel corso del 2017 il prezzo di bitcoin aumenta di
venti volte, arrivando a sfiorare quello che resta ad oggi il massimo storico a 20.000 dollari a metà
dicembre

Alla base di questo nuovo incremento ci sono alcuni fattori concreti. L’adozione di un regime
normativo e fiscale favorevole alle criptovalute in alcuni paesi (come il Giappone e l’Australia) ne
agevola la diffusione.

L’instabilità economica e valutaria in altri paesi (come il Venezuela sull’orlo della guerra civile e
l’India colpita dalla demonetizzazione improvvisa delle banconote di grosso taglio) provoca la fuga
dalle monete tradizionali e fa apparire bitcoin come un possibile rifugio dagli arbìtri (o anche
semplicemente dalle tentazioni inflative) delle banche centrali.

Nel frattempo, la parziale chiarificazione del quadro normativo e la decisione della borsa di Chicago
di quotare titoli a termine (futures) sui bitcoin contribuiscono a incentivare l’afflusso di investitori
istituzionali su quello che viene visto sempre più come un mercato emergente in piena espansione
(Fantacci, 2017).

Tuttavia, al di là di questi fattori contingenti, la spinta principale all’ascesa del prezzo di bitcoin
viene da un meccanismo tipico delle dinamiche speculative: le aspettative che si autorealizzano. In
sostanza, se ci si attende un rialzo dei prezzi si corre ad acquistare e, così facendo, si contribuisce a
generare il rialzo atteso.

L’effetto è tanto più forte nel caso del bitcoin, giacché l’offerta è fissa e non ha alcuna possibilità di
adeguarsi all’incremento della domanda.

Di fatto, il prezzo di bitcoin sembra dipendere dall’attenzione mediatica più che da qualunque altro
fattore. Recenti autorevoli ricerche suggeriscono che si tratta di un rapporto statisticamente
significativo (Liu, Tsyvinski, 2018). A far salire il prezzo di bitcoin, più di qualunque sua virtù
intrinseca, è il fatto stesso che se ne parli.

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      collaborativa di Marco Sachy

Immagine di copertina: ph. Pawel Janiak da Unsplash
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