TRACCE Collana diretta da Paolo Iabichino - Comm Hoepli

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TRACCE
   Collana diretta
   da Paolo Iabichino

Il nostro è un tempo che apre ogni giorno nuove strade.
Nessuno sa dove portano, ma c’è una gran voglia
di attraversarle tutte,
per comprendere fino in fondo la straordinaria
euforia di conoscenza
che pervade il contemporaneo.

Alcuni di noi percorrono queste strade prima degli altri,
non hanno mappe, ma lasciano tracce.
Seguirle può aiutare a comprendere i giorni che stiamo
vivendo e quelli che verranno.

Quasi sempre ogni traccia è un’impronta da leggere.
E questa collana vuol diventare un atlante
del nostro tempo,
scritto da pionieri ed esploratori,
letto da chi continua ad aver voglia di percorrere
nuove strade.
Paolo Iabichino

#IBRIDOCENE
   La Nuova Era
   del tempo sospeso

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO
Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2021
via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy)
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da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108,
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ISBN 978-88-360-0540-6

Ristampa:

4 3     2    1    0		                  2021       2022       2023      2024 2025

Progetto editoriale: Maurizio Vedovati – Servizi editoriali
Redazione: Susanna Pedone
Copertina e impaginazione: Sara Taglialegne
Illustrazioni interni e copertina: Francesca Fincato

Stampa: Grafički zavod Hrvatske d.o.o., Zagreb

Printed in Croatia
Sommario

     L’autore                           VII

     Episodio 1
     Benvenuta Nuova Era                 1

(Sul libro completo)

     Episodio 2
     Let’s get phygital

     Episodio 3
     Voglio una vita contaminata

     Episodio 4
     La rete siamo noi
     Nessuno si senta escluso

     Episodio 5
     And empathy is what we need, my friend

     Episodio 6
     Lust for onlife

     Episodio 7
     L’alfabeto ibrido
L’autore

Scrittore Pubblicitario e Direttore Creativo, Fondatore dell’Os-
servatorio Civic Brands con Ipsos Italia, Maestro Scuola Hol-
den. Scrive pubblicità dal 1990. Si occupa di creatività e nuovi
linguaggi nella costruzione di contenuti fuori e dentro la Rete.
Ha ideato il concetto di “Invertising” in un libro che è diven-
tato un manifesto per un messaggio pubblicitario rinnovato e
consapevole. Due volte giurato al Festival di Cannes, è stato
scelto dalla Scuola Holden di Alessandro Baricco per essere
il Maestro dei College dedicati alle narrazioni transmediali,
story design e per i corsi Holden Pro riservati ai professionisti.
È stato tra le firme di Wired Italia e del mensile del No Profit
Vita. Nel 2018 ha ricevuto il Premio Emanuele Pirella come
“comunicatore dell’anno”. Ha rivestito il ruolo di Chief Creative
Officer di Ogilvy Italia ed è stato ai vertici di WPP, come EMEA
Executive Creative Director per le agenzie digitali del Gruppo
impegnate su tutti i brand FCA in Europa.
Oggi si dedica a nuovi progetti di comunicazione, al servizio
di realtà che sentono la necessità di voltare pagina, firmando
strategie, progetti editoriali e di comunicazione per clienti come
Altromercato, Camera di Commercio Milano, Parmigiano Reg-
giano, Rio Mare. Hoepli gli ha affidato la direzione editoriale
della collana Tracce e con Ipsos Italia ha fondato l’Osservatorio
Civic Brands, progetto editoriale e di ricerca che racconta l’im-
patto sociale di aziende e brand in Italia.
L’autore
EPISODIO 1
   BENVENUTA NUOVA ERA

QUESTO LIBRO È STATO SCRITTO DA UN CENTINAIO
di dita intrecciate che, nel volgere di poche settimane, hanno
varcato la soglia di un’epoca nuova. Questo libro è già stato
letto da migliaia di persone in Rete, mentre le parole si rincor-
revano sui monitor e i display si riempivano di collegamenti in
streaming, durante una rassegna aperta da me e chiusa da
una lectio di Luciano Floridi, una delle voci più autorevoli della
filosofia contemporanea, ordinario di Filosofia ed Etica dell’In-
formazione all’Università di Oxford. In mezzo, gli interventi lu-
cidi e appassionati di un economista, di un digital strategist
un po’ rock, di una giornalista innamorata dell’empatia e della
sociolinguista più pop d’Italia.
Ma soprattutto, questo libro sarebbe stato impossibile da conce-
pire prima della pandemia e sicuramente non vuole offrirsi come
un pacchiano manuale scritto con il “senno del poi”. Perché que-
ste riflessioni hanno preso forma durante una serie di dialoghi
alla vigilia di una Nuova Era voluti dal Punto Impresa Digitale
della Camera di Commercio Milano, Monza-Brianza, Lodi.
#Ibridocene

Insomma, niente a che vedere con le tematiche di un progetto
formativo tradizionale, basato sulle competenze tecniche e sul-
la conoscenza degli strumenti più idonei per affrontare le sfide
dell’Industria 4.0. No: questi incontri sono nati per accompa-
gnare aziende, commercianti, botteghe storiche, startup e cit-
tadinanza dentro i sentieri inediti di quello che all’inizio del ciclo
abbiamo definito “tempo sospeso”, una definizione che arriva-
va direttamente dal frastuono mediatico di lockdown, regioni
colorate e rincorse precipitose verso quella nuova normalità che
avrebbe dovuto rasserenare gli animi dei nostri ospiti. E inve-
ce poi ci siamo accorti che prima del COVID-19 non c’era nulla
di normale e che già da tempo si viveva come sospesi, tra un
mondo fisico e uno virtuale, tra tecnologia e umanesimo, tra
intelligenze artificiali ed esuberanze empatiche.
Gli ultimi anni sono stati quelli di un’età di mezzo che ha supe-
rato la fluidità del post-moderno, per affacciarsi su una Nuova
Era difficile da decifrare e definire. La pandemia ha accelerato
un guado che si era ormai reso urgente e necessario, ma non
possiamo affidarci all’ormai famigerata nuova normalità come
viatico. Questo nuovo tempo richiede uno sforzo inedito, quello
della convivenza tra poli che fino a qualche tempo fa sembra-
vano essere contrapposti. E per chi fa impresa l’impegno è an-
cora più marcato, perché le tradizionali istanze di profitto devo-
no saper incontrare anche gli impegni civici e sociali, non solo
quelli dettati dal mercato. Siamo di fronte a un bivio antropolo-
gico: da una parte il ritorno alle strade già battute, dall’altra un
sentiero dove ci sono solo pochissime tracce, quelle di chi sta
provando a mostrare una rotta inesplorata, ma ricca di nuove
opportunità. Per questo i dialoghi della vigilia sono stati così
seguiti, commentati, partecipati e hanno unito le riflessioni più

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Benvenuta Nuova Era

lucide sui temi più attuali e rilevanti di questa contemporaneità
tanto ibrida.

Now playing
The Killers | All These Things That I’ve Done

Abbiamo parlato di phygital dialogando con Nicolò Andreula,
con Giulio Xhaët ci siamo occupati di contaminazioni e nuovi
mindset organizzativi per affrontare le sfide del domani. Poi è
stato il turno di Vera Gheno e di un’ispirata lezione sulla comu-
nicazione, sul linguaggio e sugli atteggiamenti da tenere nelle
relazioni social e sociali. Assunta Corbo ci ha coinvolto con i
temi dell’empatia digitale, del giornalismo costruttivo e dell’im-
portanza del nostro sguardo sul mondo. Infine, una vera e pro-
pria lectio magistralis, quella con cui il professor Floridi ha chiu-
so la rassegna parlando di marketing e mangrovie.
È stato esaltante aver avuto il privilegio di dialogare con queste
personalità, affiancate dalla presenza rassicurante di una
madrina d’eccezione: Marisandra Lizzi, una vera signora dell’In-
ternet italiano, giornalista pubblicista che, dopo essersi occu-
pata di marketing e formazione nei primi anni della sua carriera,
ha fatto delle sue principali passioni – scrittura e Internet – la
sua fortunata professione.
Il tutto accadeva nel cuore della città di Milano, dentro una delle
sale più suggestive di Palazzo Giureconsulti che da 400 anni è
al centro della vita sociale, commerciale e culturale della città.
L’edificio fu inaugurato nel 1654 e da sempre ha rappresentato
un punto di riferimento per la comunità degli affari, andando
tra l’altro a ospitare la prima Borsa Valori di Milano nel 1809 e i
primissimi uffici del Telegrafo nel 1878: come se fosse un luogo

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#Ibridocene

predestinato ad accogliere l’intersezione tra il mondo economi-
co e quello della comunicazione. Ed ecco perché questo ciclo di
incontri mi ha ispirato nello scrivere nuove pagine, in cui ho pro-
vato a mettere insieme alcune delle tensioni più importanti che
sento manifestarsi intorno a un’epoca che non vuole saperne di
continuare a comportarsi come il tempo che ci stiamo lasciando
dietro le spalle.
Altrove mi sono trovato a interrogarmi sul nome da dare a que-
sta Nuova Era1. In passato non era mai successo di trovarci a
riflettere sulla dizione storiografica da assegnare a un determi-
nato periodo storico, semplicemente perché mai prima d’ora ci
era capitato di vivere più lentamente delle trasformazioni che
modificano il senso stesso del nostro esistere.
Sono passati milioni di anni dall’evoluzione degli scimpanzé in
esseri umani, decine di “nuove ere” che si sono succedute senza
soluzione di continuità, eppure nessuna di queste è stata letta
da dentro e in tempo reale dai suoi protagonisti. Dalla prima
rivoluzione cognitiva, che viene fatta risalire a circa 70.000 fa,
fino alla più recente rivoluzione industriale nessun grande pas-
saggio epocale è stato registrato in diretta dagli esseri umani
che l’hanno reso possibile.
Per ogni nuova era la consegna ai libri di storia è avvenuta
sempre successivamente, grazie al lavoro di storici, sociologi,
economisti, antropologi, archeologi, geografi (esistono anco-
ra i geografi, vero?), etnologi… È avvenuta, cioè, attraverso lo
sguardo retrospettivo e analitico di studiosi che hanno cercato
di leggere e indagare il passato più remoto, a volte anche quello
più prossimo, ma mai un presente già proiettato nel futuro.
Almeno fino a oggi.
1. Editoriale Spaghetti Mag dell’11 settembre 2020.

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Benvenuta Nuova Era

Eccoci invece alle prese con uno scrivere che coglie un senti-
re in costante diffusione. Molti studiosi si stanno interrogando
con sempre maggior convinzione sui nuovi paradigmi che an-
drebbero a conformare questa Nuova Era per l’essere umano,
ammesso e non concesso che sempre e solo di esseri umani si
debba continuare a parlare per leggere il mondo con questa
nuova lente.
I sociologi più attenti, coadiuvati dagli economisti più critici,
hanno già scritto pagine di letteratura scientifica a proposito
del passaggio dall’Antropocene al Capitalocene. Quest’ultima
sarebbe la Nuova Era che, con la diffusione del capitalismo su
scala globale, avrebbe finito per delineare nuove modalità di
convivenza sociale e di relazione tra gli ecosistemi. La sua evo-
luzione non sarebbe più quindi governata dall’Homo Sapiens,
ma dagli effetti di una trasformazione mondiale che ha finito
per informare il complesso tessuto delle nostre dinamiche co-
gnitive, migratorie e quindi esistenziali.
È anche questa una interpretazione a posteriori, forse un vezzo
sociologico per stimolare nuove riflessioni sui nostri destini, ma
indubbiamente una lettura di cui tener conto2. Tanto quanto
quella della filosofa Donna Haraway, che in un sol balzo arriva
a consegnarci una Nuova Era dentro l’età dello Chthulucene,
che poi è quella che stiamo vivendo e che sembra non avere
nulla a che vedere con la pandemia da COVID-19.
Sì, perché “lo Chthulucene è proprio l’era nella quale viviamo e
prende il nome dal ragno californiano Pimoa cthulhu, e non da
quello del mostro di H.P. Lovecraft”, ci dice Haraway nel suo
saggio3. “Quell’acca in più rompe l’unità dell’essere singolare

2. Moore J.W., Antropocene o Capitalocene, Ombre Corte, 2017.
3. Haraway D., Chthulucene, Not Nero Editions, 2019.

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#Ibridocene

come un metaplasmo. Antropocene è una definizione chiusa in
sé e incapace di rendere conto della complessità eterogenea
del mondo. Al contrario, Chthulucene richiama le concatena-
zioni fra umano, altro da umano e humus, e la generatività ri-
schiosa dei processi simpoietici. Lo Chthulucene è adesso, ma è
anche uno spazio-tempo costantemente diffratto: tempo della
respons-abilità, non della speranza”.
Non vi fischiano le orecchie? Non vi sembra di sentir risuonare
tutti gli eco civil-sostenibil-etical-politically correct degli ultimi
mesi? Non pare chiaro anche a voi che siamo immersi in un nuo-
vo flusso di coscienza evolutiva del pianeta, ma che a questa
cosa ancora nessuno è riuscito a dare un nome così duro e ro-
mantico come Chthulucene?

Now playing
Liza Minnelli | Money Makes The World Go ’round

Ho ripreso le parole scritte dalla studiosa americana ben prima
della pandemia, perché non voglio dare al COVID-19 la sod-
disfazione di averci traghettato nella nuova epoca che stiamo
attraversando. C’è un rumore di fondo, ormai assordante, che
rimbalza da instant book, fiumi di webinar e costosissime con-
sulenze per portare questa Nuova Era dentro qualsiasi modello
di business. E forse è proprio questo il vero virus.
Noi non riusciamo a pensare il nostro esistere se non per fatti
concludenti legati alle logiche del profitto economico. Forse non
si sbagliava chi affidava la sua lettura del mondo al Capitalo-
cene, ma la nostra salvifica Nuova Era non può essere ridotta
alle dinamiche stringenti dello scambio di merci, uomini, dati e
intelligenze artificiali dentro le nuove terre emerse.

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Benvenuta Nuova Era

Dobbiamo finalmente tener conto della “complessa eterogenei-
tà del mondo”, del legame profondo, vitale e causale che esiste
tra ogni essere vivente che abita il pianeta terra. Ora: non è
questo il momento di semplificare la vicenda della Nuova Era
con una facile adesione alle tematiche di responsabilità am-
bientali, ecologiche, inclusive e umanitarie, perché temo che la
cosa sia molto più complessa di così.
Questa Nuova Era la stiamo scrivendo insieme, possiamo tro-
varle anche un nome più comodo di quello scelto da Haraway,
ma ciò non ci aiuterà a viverla più consapevolmente. Lo sforzo
adesso è quello di comprendere le concatenazioni vitali e virali
del nostro agire. L’occasione è storica, non ci capiterà un’altra
volta di testimoniare un’epoca le cui pagine siano state scrit-
te dai suoi protagonisti, agite dalle sue comunità, progettate
da uomini, donne, bambini, robot e intelligenze artificiali, in un
unico grande disegno di Progresso (una splendida parola che
abbiamo smesso di usare nella sua connotazione più felice). La
pandemia è un effetto di questa Nuova Era, non diamole la sod-
disfazione di esserne la causa.
E a proposito di pandemia, quando mi sono trovato ad affron-
tare lo stesso tema per aprire il primo numero di una pubblica-
zione edita dal Gruppo BMW Italia, ho portato avanti la mede-
sima riflessione4, ma con una convinzione più sfacciata rispetto
al lemma con cui battezzare il futuro che stiamo vivendo in
questo incerto presente. E l’ispirazione mi è arrivata proprio da
Floridi (che in quanto a neologismi sa sicuramente il fatto suo),
a margine di quell’osservatorio privilegiato della rassegna Età
Ibrida, in cui abbiamo ragionato sulle tensioni cognitive, sociali,
culturali, economiche, organizzative, politiche, antropologiche,

4. The Road Map, gennaio 2021.

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#Ibridocene

perfino linguistiche ed emozionali, con cui ci troveremo a fare i
conti nel prossimo futuro.
Eravamo alla fine di un disgraziatissimo 2020 e quella Nuova
Era superava la vigilia, palesandosi in tutta la sua urgenza. Da
più parti sentivo ripetere come un deprimente tormentone che
la pandemia ha accelerato quei processi di trasformazione di-
gitale che altrimenti ci avrebbero messo anni a fare capolino
con la giusta cognizione di causa e mi avviliva constatare come
qualsiasi tipo di riflessione fosse sempre guidata solo da ten-
sioni “consulenziali”, mosse da istanze contabili che tralascia-
vano di analizzare i meno profittevoli contraccolpi di questo tra-
volgimento. Non riuscivo a spiegarmi il preoccupante bisogno
di “nuovo” che da più parti veniva reclamato come necessario.
Io credo che la pandemia ci abbia consegnato un varco sal-
vifico: abbiamo scoperto che prima del COVID-19 non c’era
granché di normale nel modo in cui portavamo avanti le nostre
esistenze, del tutto votate all’iperconsumo.
E mentre davo forma a queste riflessioni saliva la consape-
volezza di uno smarrimento epocale, come se l’Antropocene
avesse di fatto fallito la sua missione. Le sue conseguenze sono
sotto gli occhi di tutti: potremmo andare incontro a una nuova
colossale estinzione, ma noi continueremmo a ballare sul ponte
di una nave spinta a grande velocità verso scogli ormai difficili
da evitare.
Con quale presunzione l’uomo ha voluto battezzare un’era ge-
ologica con un riferimento così personale al proprio agire? Non
andava benissimo restare rispettosamente dentro l’Olocene
(l’epoca geologica più recente, quella in cui ci troviamo) che
Wikipedia mi dice aver avuto il suo inizio convenzionalmente
circa 11.700 anni fa? Stando sempre a Wikipedia, infatti, pare

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Benvenuta Nuova Era

che Antropocene sia un termine giovane, diffuso negli anni Ot-
tanta dal biologo Eugene F. Stoermer e scientificamente adot-
tato nel 2000 per indicare l’epoca nella quale all’essere umano
e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modi-
fiche territoriali, strutturali e climatiche.

Now playing
Cyndi Lauper | Time After Time

Come scritto poche righe fa, temo che il vero virus stia nella
rincorsa forsennata verso la nuova normalità che dovrebbe ri-
entrare precipitosamente, il prima possibile per cortesia, dentro
qualsiasi modello di business. Come se il nostro vivere non riu-
scisse a trovare altre ragioni se non quelle del profitto econo-
mico, dello sviluppo, della crescita a tutti i costi, mentre Gea sta
urlando il suo disperato ultimo allarme, sciogliendo, bruciando,
alluvionando, smottando, riscaldando, mareggiando, desertifi-
cando zone sempre più ampie della sua superficie.
Quello che sembra un suicidio annunciato è solo un assassinio,
colposo e premeditato. C’è il massimo della pena e la condanna
è senza appello. Peraltro gli ultimi anni ci hanno visto sguaz-
zare dentro le nobili intenzioni del purpose a tutti i costi, con
multinazionali intorno a suggestive roundtable internazionali
che si presentano però ancora piene di spigoli e irte di malizie
narrative.
Oggi dobbiamo accogliere con convinzione le interconnes-
sioni vitali che legano l’uomo alla natura, l’intelligenza alla
tecnologia, le città alle collettività, le imprese alle comunità,
in un incontro di habitat che devono convergere dentro nuovi
paradigmi, alcuni dei quali ancora sconosciuti. E io credo che

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#Ibridocene

questo tempo inedito lo si debba scrivere insieme: come accen-
nato, lo sforzo da fare è quello di connettere tutte, ma proprio
tutte, le possibili polarizzazioni divergenti, comprendendo le
concatenazioni vitali – e virali – del nostro agire.
Se da mesi parliamo di un “tempo sospeso”, allora forse è giun-
ta l’ora di camminare sul filo teso di questa nuova condizione.
Nell’incontro con cui aprivo la rassegna dedicata all’Età Ibrida
prendevo a prestito l’immagine del funambolo, ispirandomi alle
lezioni creative di Philippe Petit5 e al suo trattato di qualche
anno prima sul funambolismo. Perché nell’arte del cammina-
mento sul filo c’è il rifiuto delle convenzioni, la sfida delle leggi
precostituite, il rischio, lo studio e un solo possibile risultato: ar-
rivare dall’altra parte, in quanto tornare indietro significa fallire
nella propria mirabile impresa. Per questo ho chiesto a France-
sca Fincato, che ha illustrato ad arte l’apertura di ogni episodio,
di azzardare anche una copertina insolita per questa collana,
con l’arroganza del curatore e la presunzione di segnare una
traccia nuova. Il filo teso è quello che porta dal vecchio al nuovo,
è il simbolo che ho scelto per significare un “tempo sospeso”
che oggi ci presenta il conto e chiede di essere chiamato per
nome. Benvenuto Ibridocene: nulla è come l’abbiamo conosciu-
to e non sappiamo ancora quale potrà essere la tua trasforma-
zione. Sappiamo però che dobbiamo abbracciare l’ibrido come
una nuova condizione esistenziale, una Nuova Era geologica,
l’epoca storiografica con cui i posteri si troveranno a fare i conti.
Le prossime pagine siamo obbligati a scriverle insieme, e que-
sta volta tutto dipende da noi. Soltanto da noi.

5. Petit P., Creatività, il crimine perfetto, Ponte alle Grazie, 2016.

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