Rinascita Da Mattei a Madoff: l'economia-progresso contro l'economia-truffa Settima edizione del master Enrico Mattei in vicino e medio Oriente

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Categoria : Analisi

Da Mattei a Madoff: l'economia-progresso contro
l'economia-truffa
Settima edizione del master Enrico Mattei in vicino e medio Oriente

Due documenti d'archivio dell'ENI e un aneddoto-testimonianza ci permettono di avviare il discorso
sull'economia ai tempi di Mattei (foto) e su quella dei tempi di Madoff (foto), i nostri tempi: il primo
riguarda una riunione del Comitato interministeriale del 1955, a cui prende parte anche Enrico
Mattei in qualità di Presidente dell'ENI. Vi partecipano il ministro dell'Industria e del Commercio
(Villabruna), il ministro del Tesoro (Gava), delle Finanze (Tremelloni). Mattei, dopo aver illustrato
un progetto dell'Ente di stato chiede 800 milioni di lire. Fosse oggi la richiesta, verrebbe subito
bloccata: il Debito. Quella del 1955 venne invece immediatamente accolta 1. Il secondo
documento riguarda una conferenza di Mattei alla Società dei Produttori Jugoslavia (8 dicembre
1957), dove spiega il funzionamento e le finalità dell'impianto Agip di gas naturale di Ravenna: di
Petrolio e Gas di Zagabria. Ricordiamo che la metanizzazione della struttura produttiva italiana, e
della stessa economia domestica (le prime bombole a gas), fu uno dei grandi meriti storici di Mattei,
la base energetica del Boom italiano e della liberazione di milioni di famiglie italiane residenti nei
piccoli centri di campagna o di montagna. Bene, a Zagabria dopo aver ricordato con estrema
semplicità ai suoi interlocutori jugoslavi - della Jugoslavia socialista di Tito - che "nel 1926 lo Stato",
cioè lo Stato fascista, aveva "costituito l'AGIP" e dopo aver sottolineato - senza nemmeno citare la
cesura-svolta repubblicana del dopoguerra - come "l'opinione pubblica, il Parlamento e il Governo
manifestarono peraltro la precisa volontà di mantenere sotto il pubblico controllo lo sfruttamento di
una ricchezza che era stata scoperta per merito di un'azienda dello Stato" (pp. 1-2), Mattei spiegava
in questi termini l'adozione di una tariffa unica per il prodotto finito, indipendentemente dalla zona di
destinazione: "una differenziazione delle tariffe di vendita basata sui costi di trasporto avrebbe
creato notevoli sperequazioni tra i centri più vicini e quelli più lontani. Si sarebbe così favorito -
attenzione al passo che segue - l'ulteriore sviluppo di zone già fortemente industrializzate (ad
esempio la provincia di Milano, che è la più vicina ai giacimenti) a scapito di altre più lontane e
economicamente progredite".          Una visione nazionale, dunque, dello sviluppo economico;
un'apertura mentale capace di interloquire con il nemico slavo a fini di possibile cooperazione
comune; e nessuna retorica dell'antifascismo, vista la continuità tacitamente ammessa da Mattei tra
il periodo mussoliniano e quello repubblicano. Oggi tutto questo sembra impossibile. La retorica
dell'antifascismo ha raggiunto il suo apice, e con esso la sostanziale assenza di una vera lotta ai
veri Poteri forti della nostra epoca, che ovviamente non sono è il fascismo né gli sparuti gruppi
fascisti che pretendono spesso in modo caricaturale di continuarne la memoria. A livello
internazionale dilagano gli embarghi contro i paesi che non accettano il "nuovo ordine
internazionale" post-bipolare, erede di quello di Yalta a cui avevano avuto il coraggio di opporsi
Mattei e di Tito. Fioriscono poi, oggi, strampalate idee di introiti maggiorati per quei comuni province
regioni del tutto casualmente beneficiati dalla presenza sui loro territori di risorse energetiche, come
nel caso Filettino di Filettino e del suo "principe"; o si sedimentano opzioni secessioniste, come
presunta necessaria conseguenza delle legittime critiche alle distorsioni centralistiche dello Stato
unitario o dei legittimi revisionismi storici sulle pagine di sangue del Risorgimento italiano. Infine
l'aneddoto. E' uno dei fidi di Mattei a raccontarlo, Renzo Cola: " durante una visita in Egitto, il
Presidente dell'ENI avanza l'idea di un finanziamento italiano della diga di Assuan - per la cui
costruzione Nasser si era rivolto agli Stati Uniti e avrebbe di poi accettato il sostegno dell'URSS. Il
giorno dopo l'inaugurazione della raffineria de Il Cairo (a compartecipazione ENI, ndr), in albergo,

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mentre l'ing. Mattei preparava il bagaglio per il rientro in Italia, mi domandò se c'erano commenti e
previsioni sull'argomento della diga; l'ipotesi più ricorrente, un intervento finanziario russo.
Tranquillamente, con una domanda apparentemente utile solo per esprimere ad alta voce il proprio
pensiero, mi disse: "che cosa ne pensi se proponessimo all'Egitto di aiutarlo noi nella costruzione
della diga?" ...dopo una breve riflessione scarta l'idea per la sua inattualità" (Renzo Cola, Mattei,
quell'idea di libertà). E siamo giunti ad oggi, al tempo della rapina finanziaria globale frutto di
interessi sugli interessi - e al dilagare negli ultimi vent'anni di una ideologia deproduttivistca o
microproduttivistica, talvolta a sfondo ambientalista: Latouche, la decrescita, il piccolo è bello della
cooperazione con i paesi africani. Pozzi d'acqua sì, dighe no: è la stessa ideologia peraltro di
International Transparency, una sorta di tangentopoli a livello internazionale, di origini ovviamente
occidentali, che colpisce appunto soprattutto le grandi opere nel mondo sottosviluppato con la
motivazione-alibi della lotta alla corruzione. Una sorta di via giudiziaria al pauperismo. Ovviamente,
anche ai tempi di Mattei la finanza, la sfera finanziaria e i suoi uomini col loro Potere esistevano, ma
non erano così forti, così capaci ad esempio di dominare il ceto politico tutto. Basti ricordare l'infelice
battuta simbolo di Fassino: la sua esultanza di qualche anno fa, quell' "abbiamo una banca"... Nel
dopo guerra la politica era basata sui partiti di massa e non era dipendente, come oggi, dalle
promozioni interessate e dalle velenose campagne denigratorie sui mass media. Inoltre Mattei
aveva le idee ben chiare sulla grande "finanza laica", ne capiva bene l'antagonismo rispetto alla sua
(del presidente dell'ENI) strategia economica e alla sua visione cristiana, nazionale e internazionale,
dell'Italia e del mondo. Come ha raccontato Giorgio Galli "Qualunque sia stata la causa della sua
morte, fra i 'nemici' si collocava, in primissima fila, lo gnomo di via Filodrammatici (...) Fu a cena da
Enrico Mattei che sentii per la prima volta nominare Enrico Cuccia ... disse Mattei: 'E' molto bravo,
sa dove vuole andare, e bisognerà fare i conti con lui. Se passa ci distrugge ... Qui stanno le
divisioni di Cuccia: i francesi, gli americani, i tedeschi, gli ebrei' ... Baldacci fece presente che era
'uomo di Mattioli, un amico', al che Mattei scosse la testa, con un 'ne riparleremo' pieno
d'irritazione". che sentii per la prima volta nominare Enrico Cuccia ... disse Mattei: 'E' molto bravo,
sa dove vuole andare, e bisognerà fare i conti con lui. Se passa ci distrugge ... Qui stanno le
divisioni di Cuccia: i francesi, gli americani, i tedeschi, gli ebrei' ... Baldacci fece presente che era
'uomo di Mattioli, un amico', al che Mattei scosse la testa, con un 'ne riparleremo' pieno
d'irritazione". che sentii per la prima volta nominare Enrico Cuccia ... disse Mattei: 'E' molto bravo,
sa dove vuole andare, e bisognerà fare i conti con lui. Se passa ci distrugge ... Qui stanno le
divisioni di Cuccia: i francesi, gli americani, i tedeschi, gli ebrei' ... Baldacci fece presente che era
'uomo di Mattioli, un amico', al che Mattei scosse la testa, con un 'ne riparleremo' pieno
d'irritazione". (Giorgio Galli, Il Padrone dei Padroni. Enrico Cuccia, il potere di Mediobanca ed il
capitalismo italiano, Milano, 1995, p. 80). Oggi quel potere, come già accennato, è enormemente
aumentato. I pilastri di una economia e di una politica monetaria ancorate alla produzione sono
venuti meno: le Banche centrali che emettono o co-gestiscono la moneta - ancora tutte di Stato nei
paesi del Medio Oriente, Iran compreso - sono private, come la Banca Centrale Europea, e come la
Banca d'Italia. La BCE in particolare, in base al Trattato di Lisbona, sfugge a qualsiasi controllo da
parte degli Stati membri dell'UE e dell'eurosistema. Tutto questo si traduce non solo in Potere in
quanto autonomia decisionale, ma anche in Potere in quanto formidabile accumulazione di denaro,
grazie alla rendita da signoraggio. Una breve parentesi sulla questione: la rendita da signoraggio,
meglio definibile come rendita da emissione monetaria, può essere così riassunta in due fatti,
almeno per quel che riguarda il "signoraggio primario". Primo fatto, la differenza tra il costo reale
della banconota e il suo valore nominale, ad esempio, nella banconota da 100 euro, circa 99 euro,
essendo il costo tipografico del biglietto calcolabile attorno ai 30 centesimi. A chi va questa rendita?
Un tempo al "Signore"-sovrano-re-imperatore-sultano ... poi agli Stati con le loro Banche centrali e le
loro Zecche (sempre che la Banca nazionale fosse controllata effettivamente dallo Stato), oggi
appunto ai banchieri e finanzieri privati che ruotano attorno alla BCE in Europa e alla Bd'I in Italia.

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Secondo fatto: le banconote in uscita dalla Banca centrale, calcolate al loro valore nominale,
vengono ascritte non all'attivo del bilancio della Banca stessa, come dovrebbe essere, ma al
passivo. Due fatti, una truffa?        Dalla truffa del signoraggio alle truffe del mondo finanziario        La
parola può sembrare forte, ma la risposta è sì. La truffa consiste per l'appunto, da una parte
nell'usurpazione da parte dello "stampatore" privato, allo Stato, della rendita da emissione dei 99
euro per il numero delle banconote emesse, e dall'altra nell'ascrizione al passivo anziché all'attivo di
quanto comunque abusivamente sottratto alla sovranità popolare, istituzionalmente rappresentata
dallo Stato Del resto, il mondo della finanza e la sua storia sono pesantemente segnate dalla
natura spesso truffaldina della sua attività e del suo evolversi. I capitalisti industriali - quelli che,
secondo la riduttiva definizione di Marx, soli detengono il "capitale" nel senso (presuntamente)
scientifico del termine hanno o possono avere ovviamente le loro caratteristiche più o meno
negative: eccessivo sfruttamento della forza lavoro, mancato rispetto dei diritti sindacali,
inquinamento ambientale delle loro officine. Marx ha descritto mirabilmente - sulla base di rapporti e
fonti a stampa dell'epoca - l'inferno lavorativo di fanciulli e donne nei grandi stabilimenti industriali
della sua epoca. Ma lo stesso Marx non ha colto appieno (se non ne Le lotte di classe in Francia e
ad esempio, ne il Capitale, nel capitolo sull'accumulazione originaria) la potenza e la natura del
capitale finanziario, da lui trattato come una specie di "commesso" o mero "delegato" della classe
dei capitalisti industriali, quasi privo di capacità di determinazione della Storia (non a caso, la visione
storica di Marx è cadenzata secondo modi di produzione), e quasi neutrale e privo di responsabilità
etica nell'agire verso la e nella società. Non è così: capitale produttivo e capitale finanziario, come
dimostrano il 1848 francese e la stessa situazione odierna, sono spesso su posizioni antagoniste. Il
capitalista industriale - una volta che rispetti i diritti dei lavoratori, e che rispetti le regole imposte da
una società democratica: ovviamente non sempre è così - esprime un mondo di progresso, fondato
su un'attività lavorativa dotata di una impronta etica che si esplica lì dove egli opera, il luogo di
produzione. Mattei e Olivetti furono negli anni Cinquanta due campioni in questo senso, alfieri di una
visione dell'economia come progresso sociale, rispettosi dei lavoratori. Il capitale finanziario e
bancario no: esso vive di speculazione e di indebitamento dei Produttori tutti ("datori di lavoro" e
lavoratori), e la sua attività - anche se controbilanciata talvolta dalla cosiddetta filantropia, utile
peraltro a difendere l'immagine di banchiere che la pratica, e comunque esterna e successiva al
luogo e al momento di espletazione del proprio agire economico - è segnata storicamente dal
reiteramento di azioni truffaldine. C'è l'atto primario dell' "invenzione" della banconota, di un 'pezzo
di carta' privo di alcun valore intrinseco: "Il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che
crea dal nulla" è il commento del fondatore della Bank of England William Paterson (1694) citato da
Ezra Pound. C'è l'attività di Borsa, dove l'economia e l'agire economico si riducono spesso ai bluff
delle partite a poker. Famoso è l'aneddoto di Waterloo: Nathan Rothschild riuscì, grazie ai suoi
veloci corrieri privati, a conoscere a Londra gli esiti della storica battaglia prima di tutti gli altri, re
compreso. Tutto l'Ottocento è segnato da periodici fallimenti e scandali finanziari, raccontati in modo
mirabile da Emile Zolà . Secondo le fasi storiche, i rapporti di forza e la conflittualità tra i due mondi,
la sfera della produzione industriale e di servizi e quella della speculazione finanziaria, sono
variabili. Alla fine dell'Ottocento, vedi la prefazione di Engels al III libro de il Capitale, e l' Imperialism
di John Atkinson Hobson, era emersa una realtà simile per certi versi - per quel che attiene la
capacità di dominio del capitale finanziario, le sue ricadute sulle istituzioni democratiche dell'epoca,
sulle politiche espansioniste e imperialistiche, sullo strapotere dei media (strapotere nel ristretto
campo delle "opinioni pubbliche" dell'epoca), sui ceti intellettuali accademici - simile a quella
odierna. La quale ormai da più di vent'anni è cadenzata da fatti, unità di notizie, scandali molto
significativi, di fronte a cui è difficile accettare la versione marxista ortodossa di una crisi da
"sovrapproduzione", per la quale i diversi disastri sarebbero da ricondurre al capitale industriale e
alla sfera produttiva. Forse in alcuni casi e per certi aspetti ciò può essere vero: ma il dilagare di
paradisi fiscali lesivi delle sovranità degli Stati nazionali 10, la vicenda Madoff, le catene di

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Sant'Antonio in Russia, Romania, Albania 11; l'acquisizione facile dei giganti dell'industria di stato
sovietica da parte dei finanzieri della "famiglia" di Eltsin (Berezosvky, Gusinsky, Kodhorovsky, etc),
non sono avvenimenti da manuale di militante comunista in lotta contro lo sfruttamento nel luogo di
lavoro. Sono operazioni sporche, dis-etiche e anti-etiche, che contrappongono frontalmente lo
speculatore-truffatore ai cittadini gabbati e impoveriti, in un rapporto che è puramente bancario e
finanziario. Esse appartengono fino in fondo alla sfera finanziaria, a un agire economico a volte
simbiotico ma più spesso opposto a quello del produttore industriale, un mondo segnato da
sregolatezza e impossibilità di controllo. In effetti, che dalla tradizione cattolica (di una Chiesa che
per circa due millenni si era opposta - come l'Islam del Corano, la religione dominante e
tradizionale di tutti i paesi produttori con cui l'ENI andava stringendo accordi - all'usura e alla
creazione del denaro col denaro) il Presidente dell'ENI abbia potuto discendere la sua visione
dell'economia come progresso, come accrescimento della ricchezza materiale a favore del popolo,
è deducibile anche da dichiarazioni della nostra epoca di autorità religiose italiane, contro le
tendenze egemoni in campo finanziario già negli anni Novanta. Nel 1992, lira e sterlina crollano
sotto i colpi delle speculazioni di Georges Soros. Nel 1993 è la volta del franco francese: un
anonimo speculatore italiano festeggia la sua "vittoria" "sul governatore della Banca di Francia",
vendendo "franchi contro marchi per un importo di circa 75 miliardi di lire" (sic). Ha guadagnato così,
in un sol colpo, 2 miliardi e 752 milioni di lire (sic). Il commento è di Padre Lorenzetti, direttore della
Rivista di teologia morale: "speculare è un po' rubare, parola di teologo", titola il Corriere della Sera.
"Lo dice il catechismo, non può essere un fine: occorre cambiare le regole". E nel testo: "il sistema
economico europeo vive fuori della morale: 'Occorre modificarlo politicamente perché risponda al
bene comune dei popoli del continente e non la legge del più forte, com'è attualmente' ". (Corriere
della Sera, 3 agosto 1993, p. 3). D'altro canto non si tratta solo dei cristiani praticanti o non
praticanti. Né la questione attiene alla sola sfera economica, nella sua polarizzazione oggi
drammaticamente evidente - si pensi ai suicidi di imprenditori negli ultimi mesi in Italia - tra produttori
e banche attente più al traffico speculativo di denaro che al sostegno all'impresa e alle famiglie
vessate da debiti. L'economia truffa che ha scalzato dai posti di comando l'economia-progresso dei
tempi di Mattei e Olivetti, ha trascinato e trascina con sè una serie di eventi e processi altrettanto
preoccupanti, che riprendo dalla presentazione di questo convegno di apertura. Più guerre - quella
contro la Libia, vedremo nel modulo sulle primavere arabe, segnata anche dal fattore bancario -
meno democrazia, strapotere mediatico, subalternità della Politica con la P maiuscola ai poteri
bancari, crisi dell'autonomia dell'insegnamento e della ricerca sotto il peso degli sponsor privatistici,
ritorno di un vero e proprio nuovo colonialismo in nome di un presunto umanitarismo che ha causato
la fine del diritto internazionale, quello nato dopo la fine della II guerra mondiale sulla base del
principio del dominio riservato degli Stati sovrani membri delle Nazioni Unite. Leggo "Dalle grandi
speranze della decolonizzazione alle tragedie del "nuovo colonialismo"; dalle battaglie per lo
sviluppo di una economia reale basata sulla produzione di ricchezza reale, alla disperata lotta contro
la speculazione e i grandi poteri finanziari; dal dialogo interreligioso di La Pira allo 'scontro di civiltà'
dei "neocons" e Al Qaida; il Diritto internazionale "fatto a pezzi" tra invasioni, embarghi e "ingerenze
umanitarie"; le Resistenze nazionali affogate in un indistinto universo "terrorista"; la democrazia in
crisi tra strapotere mediatico e fine della rappresentanza proporzionale; l'Europa unita patteggiata
tra Stati sovrani rovesciata nel suo opposto, un nuovo Leviatano lesivo dei poteri popolari e dei
Parlamenti europei non più sovrani ... Si potrebbe continuare: quello di oggi, vent'anni dopo la svolta
postbipolare, è un "mondo alla rovescia" rispetto a quello in cui operò con successo Enrico Mattei,
anche se negli ultimi anni vanno profilandosi all'orizzonte nuovi equilibri "multipolari". Un ultimo
accenno va fatto al ruolo degli intellettuali e del sapere universitario. Non è possibile una vera
formazione delle nuove generazioni senza raccordare lo studio del passato, lo studio dell'economia
e dei modelli sociologici, alle necessità e alla realtà del presente. Non è forse solo questione di
pigrizia: certe scuole storiografiche - ad esempio quella braudeliana della "lunga durata" - sfuggono

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ontologicamente al quesito fondamentale per ogni storico, come funziona il mondo, cosa spiega il
divenire evenemenziale, che pure esiste ed è importante. L'attentato alle Torri Gemelle, che
richiama paradossalmente il "fumo" e il "rumore" del famoso passo del saggio di Braudel del 1958, a
voglia se non ha cambiato il mondo. Lo ha rovesciato. Trovo peraltro inutili alcune degenerazioni
estremiste di quanto insegna il capolavoro dello storico francese, Il mediterraneo all'epoca di Filippo
II: della "storia delle lacrime" a me non interessa proprio nulla. Preferisco indagare sul lapalissiano
perché della elezione di Carlo V a imperatore, grazie al sostegno del banchiere Fugger, come ho già
ricordato in occasione della presentazione del libro di Cardini all'Università un paio di mesi fa.
Analogamente, in tutta umiltà di storico, ritengo di cogliere un'assenza di riflessione in alcuni
economisti che non indagano su quello che ho definito l'"empensé radical" della disciplina, la
moneta, il suo funzionamento di base, la sua storia dal conio metallico, alla banconota del 1694, al
denaro elettronico dei nostri tempi. Non solo la moneta ma anche la sovranità monetaria oggi
usurpata dai poteri privati che controllano la Banca centrale europea. Si parla tanto di legami tra
Università e Territorio: bene, forse dovremmo fare tutti più attenzione quando un dirigente regionale
scrive e si pronuncia a favore di un ritorno alla sovranità monetaria, tema oggi alla ribalta delle
cronache e che noi Master Enrico Mattei avevamo anticipato col convegno il Nuovo leviatano del 6
dicembre scorso, qui in questa Facoltà. Il ritorno alla sovranità monetaria e al recupero della sua
rendita da parte della Stato è la conditio sine qua non la scuola e l'Università pubblica possono
uscire dal tunnel del debito e degli scarsi finanziamenti. Quanto ai sociologi, lascio parlare Antonio
Mutti: "La sociologia economica italiana è stata invece completamente assente da questo dialogo
(quello avviato dalla "sociologia dei mercati finanziari", dr) riconfermando, una volta di più, la sua
spiccata propensione a studiare la sfera della produzione, a scapito della finanza". Mutti aggiunge
che su tale limite "molto ha pesato l'impostazione marxista comune alla generazione dei sociologi
economici italiani", cogliendo un nodo reale. In effetti, il rischio di certo marxismo "ortodosso" è di
mascherare la realtà reale, e la storia reale, con una visione tutta ideologica-pregiudiziale, in tal
modo agendo come articolazione "di sinistra" del fenomeno vasto dell' occultamento della storia per
quel che attiene le banche e i poteri bancari.

Claudio Moffa (2012-06-20 12:00:00)

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