TEORIA DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE - 19 -20 gennaio 2018 D.T. Fiorella Palumbo - Unime

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TEORIA
DELL’ORGANIZZAZIONE
DELLE
ISTITUZIONI SCOLASTICHE
19 -20 gennaio 2018
D.T. Fiorella Palumbo

                        DT Fiorella Palumbo
Macroaree
            di riflessione
 Leistituzioni scolastiche in contesti
 multiculturali nei territori di grande
 fragilità

 Le
   teorie dell’organizzazione e la
 complessità sociale

 L’autonomia   come risorsa
                               DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
   la complessità sociale
             IL CONCETTO DI ORGANIZZAZIONE
“E’ l’artefatto umano finalizzato al raggiungimento di uno o più
      obiettivi” (A. Strati)
“E’ la divisione del lavoro tra persone i cui sforzi debbono essere
      coordinati per il raggiungimento di specifici obiettivi”. (Barns, Fogg
      e Stephens)
“E’ fondata sui seguenti presupposti:
a)    l’esistenza di uno scopo (mission);
b)    la razionalità cosciente (vision);
c)    la complessità dei compiti (complexity);
d)    la dimensione (dimension)”. (P. Carducci)
“Si ravvisa nei principi di divisione e integrazione” (G. Capano)
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Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
     IL CONCETTO DI ORGANIZZAZIONE
“E’ una modalità del comportamento umano connaturata all’agire
  di fronte alla complessità. E’ insieme trama, artificio e
  scommessa” (P. Romei)
Trama= osservazione della realtà, rappresentazione percettiva di
  una selezione delle sue variabili e loro collegamento in una
  sequenza dotata di senso
Artificio= costruzione sociale della realtà in schemi cognitivi e
  percorsi logici e temporali che colleghino i vari elementi e
  riescano ad orientare l’azione
Scommessa= scelta di una particolare combinazione di risorse
  umane, finanziarie, strumentali, cognitive e tecnologiche, di
  vincoli e di opportunità, di tempi e di strategie realizzative per
  conseguire un dato risultato
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Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
 LA SOCIOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE
“E’ la disciplina che ha lo scopo di comprendere, cioè di rendere
  evidente il senso, e spiegare, e cioè trovare le cause dell’agire
  sociale all’interno delle organizzazioni, in modo da pervenire a
  conclusioni il più possibile generalizzate, comprovate e
  condivisibili”
“E’ la disciplina che ha come oggetto di studio la società dentro e
  fuori le singole organizzazioni ed è contraddistinta dal
  guardare alle relazioni sociali cui le collettività danno vita in
  esse e al di fuori di esse”      (A. Strati)
I contributi della sociologia dell’organizzazione possono essere
  prescrittivi (che discutono e propongono particolari modelli
  ritenuti ottimali) o interpretativi (che esaminano le
  dinamiche sociali osservabili nelle organizzazioni, anche in
  rapporto a dati modelli)
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Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
        IL MANAGEMENT SCIENTIFICO
Autore: Frederick Wilson Taylor
Contesto: Rivoluzione industriale avanzata. La grande fabbrica
 di inizio novecento. La produzione di massa. Insufficienza del
 modello tradizionale dei foremen, basato su empiria, arbitrio,
 abuso e improvvisazione.
Paradigmi culturali: positivismo, metodo deduttivo, teoria
 economica neoclassica degli sbocchi, razionalità assoluta,
 modello deterministico. La scienza che assume il controllo dei
 fenomeni e risolve qualunque problema.
Obiettivi: aumentare l’efficienza produttiva sotto il profilo
 quantitativo. Minimizzare i costi e massimizzare i risultati.
 Trasformare il lavoro nella fabbrica in un flusso totale
 assoggettato a rigorose norme di funzionamento.
Metafora: l’organizzazione come una macchina         .
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       IL MANAGEMENT SCIENTIFICO
Propone:
1) studio e progettazione dell’organizzazione del lavoro da
   parte di esperti con metodo scientifico.
2) Ricerca della one best way con metodo deduttivo per
   risolvere qualunque situazione o problema organizzativo.
3) Concentrazione del potere decisionale nel management.
4) Organizzazione scientifica e divisione parcellizzata dal
   lavoro per filiere e catene di montaggio.
5) Struttura gerarchica e rigida eterodeterminazione dei ruoli.
6) Scelta dell’ uomo giusto al posto giusto.
7) Certezza e rigidità di regole e procedure.
8) Incentivazione solo economica del personale e in relazione
   all’aumento della produttività conseguito.
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Le teorie dell’organizzazione e
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IL MANAGEMENT SCIENTIFICO PROPONE:

A) Studio scientifico dei metodi di lavoro:
•  Rigida separazione tra progettazione ed esecuzione
   del lavoro
•  Misurazione di tempi e metodi (scomposizione del lavoro
   umano nelle singole operazioni di base e sua ricostruzione
   secondo criteri oggettivi di efficienza)
•  Task management (determinazione a priori del carico
   giornaliero di lavoro degli operai, con il risultato di consentire
   prestazioni standardizzate e con una resa prevedibile)

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           IL MODELLO BUROCRATICO
Autore: Max Weber
Contesto: La pubblica amministrazione degli stati liberali del
 primo novecento. Spiegazione delle ragioni dell’affermarsi della
 burocrazia come prevalente modalità di organizzazione del
 lavoro amministrativo nella società moderna.
Paradigmi culturali: Divisione dei poteri. Stato di diritto.
 Avvento della democrazia di massa. Potere legale-razionale:
 supremazia della legge, legalità e neutralità dell’azione
 amministrativa. Tipicità e formalità dell’atto come garanzia.
Obiettivi: massima uniformità, rispondenza alla legge e
 prevedibilità dell’azione amministrativa. Parità di trattamento
 tra tutti i cittadini. Impersonalità dell’agire burocratico.
Metafora: l’organizzazione come piramide.
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Le teorie dell’organizzazione e
 la complessità sociale
PRINCIPI
1) competenza di autorità definite per le diverse materie,
disciplinata da leggi e regolamenti amministrativi;
2) gerarchia degli uffici, in un rigido sistema di
sovraordinazione e subordinazione di organi ed autorità;
3) segreto di ufficio, con la conservazione nella sfera
esclusiva dell’organizzazione di tutti gli atti relativi al
funzionamento dei suoi apparati, sfera rigidamente separata e
distinta da quella della vita privata dei funzionari;
4) preparazione specializzata dei funzionari, che li pone in
una posizione di primato, se non di monopolio cognitivo rispetto
ai cittadini;
5) carattere di professione a tempo pieno del lavoro dei
funzionari e degli impiegati.
                                         DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
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           IL MODELLO BUROCRATICO
    Ogni potere decisionale nel merito è riservato al vertice
     politico, che si identifica con il potere legislativo e con il
     governo (i ministri al vertice della piramide).
    La burocrazia funziona in modo impersonale e
     paragiurisdizionale. Come il potere giudiziario:
    deve limitarsi ad applicare la legge in modo uniforme e
     imparziale ed avere procedure rigide e formali;
    non deve prendere iniziative d’ufficio, ma intervenire solo a
     seguito di istanze scritte dei cittadini;
    deve assicurare più livelli gerarchicamente ordinati di
     valutazione e decisione dell’istanza.
    Quando la legge si presta a più interpretazioni, si deve
     valere delle circolari, della prassi e del precedente.
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TEORIE DELLA MOTIVAZIONE

Autori: F. Herzberg, A. Maslow, D. Mc. Gregor, C. Argyris
Contesto: Anni 50-80. Studi e consulenze aziendali di psicologia del lavoro.
Paradigmi culturali: Il fattore umano come portatore di complessità. La
  soggettività lavorativa. Cultura di coppia, di gruppo e di collettivo. Il clima
  organizzativo. La ricerca psico-sociale. Interventi di empowerment e
  sviluppo organizzativo: le organizzazioni possono crescere e migliorare
  solo nella misura in cui riescono a motivare, sviluppare e valorizzare le
  proprie risorse umane. Le scelte organizzative per avere successo devono
  coinvolgere le persone ai vari livelli.
Obiettivi: rendere conciliabili i bisogni materiali e psicologici dell’uomo con
  le esigenze dell’organizzazione.
Metafora: L’organizzazione come luogo dell’autorealizzazione e del
  pensiero duale (della coesistenza non conflittuale della dimensione
  oggettiva con quella soggettiva).
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TEORIE DELLA MOTIVAZIONE
                   LA SCALA DEI BISOGNI DI MASLOW
1) Bisogni di autorealizzazione                             alto
2) Bisogni di autonomia e di stima
   a) considerazione di sé (autonomia e affermazione)
   b) riconoscimento degli altri (status)
3) Bisogni di socialità e di appartenenza
4) Bisogni di sicurezza (personale, di impiego, ecc.)
5) Bisogni fisiologici (connessi alla sopravvivenza)       basso
    Non si può passare alla soddisfazione di un bisogno superiore se
     non si è prima appagato quello al gradino precedente più in
     basso nella scala e una volta che ciò è avvenuto il nuovo bisogno
     sostituisce il precedente.
    Passare da un gradino della scala ad uno più in alto costituisce
     sviluppo ed è di per sé premiante.
                                             DT Fiorella Palumbo
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    la complessità sociale
TEORIE DELLA MOTIVAZIONE
              LA TEORIA “Y” DI MC. GREGOR
Ci sono due diverse teorie nella gestione delle risorse umane:

   La teoria “X”, fondata sulla sfiducia nelle persone, che considera il lavoro
    come una imposizione ed è sottesa alla prassi dominante ed al
    comportamento più diffuso e radicato, che si esprime in una gestione
    improntata sulla gerarchia e il controllo direttivo sui comportamenti.
   La teoria “Y”, fondata sulla fiducia, che considera l’impiego di energie
    fisiche e mentali nel lavoro come naturale come lo svago o il riposo, in
    cui il singolo esercita l’autodisciplina e l’autocontrollo, impara ad
    assumersi la responsabilità dei risultati, è incoraggiato a fare uso di
    creatività ed inventiva ed ha il suo spazio e il diritto a far valere le sue
    aspirazioni.                                      DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
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TEORIE DELLA MOTIVAZIONE
           ORGANIZZAZIONE E PERSONALITA’ DI ARGYRIS
Il processo di crescita psicologica dell’individuo consiste nel
      passaggio dallo stato di infanzia a quello di maturità, con
      alcune trasformazioni fondamentali:
1) da uno stato di passività ad uno di attività e ricerca;
2) da uno stato di dipendenza e irresponsabilità ad uno di relativa
      indipendenza e responsabilità delle proprie azioni;
3) da pochi e rituali modi di comportamento a più modi;
4) da prospettive a breve termine a prospettive più lunghe;
5) da una mancanza di consapevolezza all’autocoscienza;
6) da una posizione subordinata ad una di uguaglianza.
Non è però affatto scontato che lo stato adulto venga sempre e
      pienamente realizzato. Spesso sono proprio le organizzazioni di
      tipo gerarchico e formale a impedire lo sviluppo delle
      caratteristiche dell’età adulta ed a condannare le persone a
      rimanere indefinitamente in uno stato regredito
                                                 DT Fiorella ed   infantile.
                                                             Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
LE TEORIE SISTEMICHE
Autori: J.W. Forrester, E.L. Tist, K.W. Bamforth, J. Woodward, C. Perrow, J.
  Thompson, H. Mintzberg
Contesto: Anni 60-80. Studi di cibernetica e teoria generale dei sistemi. Il
  M.I.T. di Boston e il Tavistock Inst. di Londra.
Paradigmi culturali: Il pensiero sistemico. Le organizzazioni sono concepite
  come sistemi sociali e tecnologici aperti inseriti in un contesto più ampio,
  l’ambiente, cui sono legate da rapporti e scambi in entrata (input) e in
  uscita (output) e reciproche retroazioni (feedback). Ciascuna
  organizzazione è a sua volta costituita da un insieme di sottosistemi
  aggregati e interconnessi tra loro in modo non casuale. La “ricerca-
  intervento” come strumento per trovare l’assetto più adatto.
Obiettivi: comprendere i rapporti tra il sistema organizzazione e il suo
  ambiente, tra il sistema e i sottosistemi organizzativi, gli aspetti dinamici e
  di controllo del sistema (circuiti di retroazione o feedback), la causalità e
  funzionalità nel sistema (il pensiero circolare sostituisce il pensiero lineare).
Metafora: L’organizzazione come sistema sociale complesso.
                                                   DT Fiorella Palumbo
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LE TEORIE SISTEMICHE
                      L’APPROCCIO SOCIO-TECNICO

   L’organizzazione è un sistema che integra due diversi sottosistemi:
    quello tecnologico e quello sociale.
   Ci sono quindi variabili tecniche (impianti e tecnologie, sistema
    informativo, know how professionale) e variabili sociali
    (organizzazione formale e informale, norme e ruoli, relazioni
    interpersonali e di gruppo, clima organizzativo).
   L’equilibrio del sistema va ricercato negli interscambi con il
    contesto, per cui hanno particolare importanza gli elementi con
    funzione di interfaccia con l’ambiente esterno.
   Non è vero che la tecnologia impiegata imponga necessariamente
    un certo modello organizzativo; è invece possibile scegliere il
    modello più adatto per conciliare le esigenze tecniche con le
    esigenze sociali del sistema.
   Più l’ambiente è turbolento, più le attività autoregolate e flessibili
    devono sostituire quelle semplici e ripetitive.
                                                 DT Fiorella Palumbo
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    la complessità sociale
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
                    LA TEORIA DELLE CONTINGENZE
•    Le decisioni organizzative non vanno affrontate con schemi
     rigidi, ma richiedono di volta in volta la scelta della soluzione
     più adatta alle esigenze correnti attraverso un’analisi
     situazionale che consideri:
a)   le variabili interne: tecnologie e dimensioni
b)   le variabili esterne: caratteristiche dell’ambiente.
•    La tecnologia influenza l’organizzazione, ma ne condiziona
     interamente la struttura solo se questa è piccola.
•    La tecnologia ha un’influenza limitata sulle grandi
     organizzazioni, perché in esse ci sono vasti settori che non
     hanno alcuna connessione diretta con la produzione.
•    Le strutture sono determinate dalle interazioni richieste per il
     funzionamento di una data tecnologia e dalle eccezioni richieste
     per lo svolgimento dei compiti connessi, che richiedono
     l’impiego di una tecnologia differente. DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
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LA CULTURA ORGANIZZATIVA
             IL CONCETTO DI CULTURA
In antropologia, sociologia e psicologia sociale ci sono 157 definizioni
  diverse del concetto di cultura. Eccone alcune:

   “Le norme che si sviluppano nei gruppi” (Homans 1950).
   “I comportamenti usati regolarmente quando le persone
    interagiscono” (Goffman 1956).
   “L’atmosfera che l’organizzazione comunica tramite l’aspetto e le
    modalità di interazione interne ed esterne” (Litwin 1968).
   “La filosofia dietro le politiche dell’organizzazione”(Ouchi 1981).
   “I valori dominanti di un’organizzazione” (Deal e Kennedy 1982).
   “Le regole del gioco per sopravvivere all’interno di
    un’organizzazione e i trucchi che i nuovi arrivati devono apprendere
    per esservi accettati” (Ritti e Funkhouser 1982).
   “”L’insieme dei valori, delle conoscenze, delle competenze e degli
    atteggiamenti che, integrati tra loro, determinano i comportamenti
    nell’organizzazione in relazione a obiettivi ed esperienza” (E.
    Borgonovi 1991).
                                              DT Fiorella Palumbo
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LA CULTURA ORGANIZZATIVA
            LA CULTURA SECONDO E. SCHEIN
• La cultura è l’elemento più importante di ogni organizzazione.
• La cultura organizzativa è una realtà profonda, complessa e
  difficile da capire, ma ha una natura pervasiva, che permea
  ogni aspetto dei rapporti umani.
• Si può definire come “l’insieme coerente di assunti
  fondamentali che un dato gruppo sociale ha inventato,
  scoperto e sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi
  di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno
  funzionato abbastanza bene da poter essere considerati
  validi, e perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come
  il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a
  quei problemi.
                                        DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
          I LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN
L’analisi di una cultura organizzativa deve essere condotta a tre
     diversi livelli di profondità:
1) Gli artefatti, ovvero le sue creazioni, che ne sono il livello
     più visibile e superficiale e caratterizzano l’ambiente fisico e
     sociale: il lay-out di uffici, sale e corridoi, gli oggetti ed i
     simboli, le tecnologie e i saperi tecnici, il linguaggio scritto e
     parlato, l’abbigliamento, i rituali quotidiani, le cerimonie,
     ecc. Gli artefatti sono sempre visibili ed osservabili, ma
     talora non immediatamente decifrabili, come il modo di
     comunicare agli altri il proprio status nell’organizzazione.
2) I valori espliciti, che si possono evincere da discorsi,
     ideologie, miti ed eroi. Si è nella sfera dei discorsi manifesti,
     che riflettono valori attraverso messaggi su obiettivi da
     raggiungere e opinioni su come dovrebbero stare le cose
     rispetto a come effettivamente stanno.    DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
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LA CULTURA ORGANIZZATIVA
        I LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN
   I discorsi sono elaborazioni simboliche aventi lo scopo di
    suscitare adesione e consenso a idee e programmi, creare
    senso di appartenenenza e di solidarietà, chiarire e
    legittimare scelte, azioni e decisioni, individuare pericoli e
    nemici, cementare alleanze o introdurre cambiamenti.
   Le ideologie sono sistemi di discorsi con cui si cerca di
    attribuire determinati significati all’agire sociale.
   I miti sono quelle convinzioni socialmente approvate e
    richiamate, ma non suffragate da prove empiriche.
   Gli eroi sono quegli individui, spesso citati nei discorsi
    come esempio, cui vengono attribuiti meriti particolari o
    imprese eccezionali nella vita dell’organizzazione.
   I valori si trovano ad un livello di coscienza e
    consapevolezza, ma sono verificabili nell’ambiente fisico
    dell’organizzazione solo attraverso il consenso sociale.
   I valori che, sperimentati nella realtà organizzativa,
    portano al successo iniziano un processo di trasformazione
    cognitiva prima in convinzioni e poi in assunti impliciti.
                                          DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
 la complessità sociale
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
      I LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN
3) Gli assunti impliciti o di base, che riflettono convinzioni
  profonde e inespresse, che operano al di sotto della soglia
  della coscienza e sono date talmente per scontate da non
  permettere grandi variazioni e far sì che le persone trovino
  inconcepibile agire in base a presupposti diversi.
 Riguardano la concezione della natura umana, del lavoro,
  delle relazioni interpersonali, dell’identità individuale e
  collettiva, dell’appartenenza, del dovere, della lealtà, del
  potere e di altre basilari dimensioni esistenziali.
 “Determinano gli atteggiamenti ed il comportamento,
  indicando ai membri dell’organizzazione come la realtà vada
  percepita, pensata e sentita” (C.Argyris, “Theories in use”).
 Essendo invisibili ed inconsapevoli, non si prestano né al
  paragone, né alla discussione e sono difficili da individuare
  anche con colloqui e interviste in profondità.
 Gli assunti si combinano variamente tra loro e danno luogo
  a sistemi di convinzioni articolati e complessi.
                                        DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
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LA CULTURA ORGANIZZATIVA
                     LE FUNZIONI DELLA CULTURA
1)   Risolvere i problemi di sopravvivenza e legittimazione
     dell’organizzazione nell’ambiente esterno, assicurando consenso
     su obiettivi, strategie, scelta dei mezzi per metterle in atto e
     valutazione delle prestazioni, senza il quale nessun gruppo
     potrebbe operare nel lungo periodo.
2)   Risolvere i problemi di integrazione al suo interno, assicurando
     una certa soglia di coesione e capacità interna di operare come
     gruppo e consenso sul linguaggio, gli schemi cognitivi, i criteri
     di inclusione ed esclusione nel gruppo, i criteri di allocazione del
     potere e dello status sociale, il sistema premiante e l’ideologia.
3)   Ridurre l’ansia in ogni condizione innovativa o instabile,
     indicando un sistema per selezionare i segnali cui dare
     attenzione, come gestire il proprio lavoro, come comunicare e
     come rapportarsi con gli altri e consentendo quella necessaria
     continuità di valori e convinzioni quando cambiano obiettivi,
     strutture ed altri punti di riferimento.
                                                DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
           CULTURA E CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
    Tra i vari elementi dell’organizzazione la cultura è il più
     resiliente e capace di sopravvivere al cambiamento.
Per introdurre una nuova cultura non basta proporre nuovi
     valori, ma occorre una strategia più complessa:
1)   Lanciare in una prima fase segnali forti in termini di valori
     e di artefatti, mettendo in discussione strutture, regole,
     procedure, abitudini, linguaggio e punti di riferimento.
2)   Creare consenso intorno ai nuovi valori con riunioni di
     gruppo e iniziative formative su nuove priorità e nuovi
     modi di lavorare, di apprendere e di comunicare.
3)   Favorire il processo di trasformazione cognitiva dei nuovi
     valori in nuovi assunti impliciti attraverso la loro
     sperimentazione con successo. E’ infatti solo la concreta
     percezione di vantaggi in termini di qualità della vita, del
     lavoro e delle relazioni sociali a rendere accettabili le
     innovazioni ed a far superare l’ansia. La dimensione ideale
     nella quale lavorare sulla cultura è il piccolo gruppo.
                                           DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
IL FUNZIONALISMO
Autori:Talcott Parsons, Robert Merton, Alvin Gouldner, Philip
    Selznick
Contesto: Anni 30-60. Studi di antropologia sociale e
    sociologia. Le funzioni intese come i contributi delle varie
    istituzioni per soddisfare i bisogni dell’uomo e mantenere le
    condizioni di esistenza della vita sociale del gruppo.
Paradigmi culturali: teoria della società onnicomprensiva,
    consensuale ed armonica. La società è un sistema unitario
    composto di parti interdipendenti. La convivenza sociale si
    basa sull’esistenza di un modello prevalente di valori. Ogni
    istituzione contribuisce a garantire l’equilibrio e la
    riproduzione adattativa e dinamica del sistema.
Obiettivi: comprendere e spiegare le dinamiche della società e
    delle organizzazioni.
Metafora: l’organizzazione come sistemaDTsociale.
                                               Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
IL FUNZIONALISMO
Autori:Talcott Parsons, Robert Merton, Alvin Gouldner, Philip
    Selznick
Contesto: Anni 30-60. Studi di antropologia sociale e
    sociologia. Le funzioni intese come i contributi delle varie
    istituzioni per soddisfare i bisogni dell’uomo e mantenere le
    condizioni di esistenza della vita sociale del gruppo.
Paradigmi culturali: teoria della società onnicomprensiva,
    consensuale ed armonica. La società è un sistema unitario
    composto di parti interdipendenti. La convivenza sociale si
    basa sull’esistenza di un modello prevalente di valori. Ogni
    istituzione contribuisce a garantire l’equilibrio e la
    riproduzione adattativa e dinamica del sistema.
Obiettivi: comprendere e spiegare le dinamiche della società e
    delle organizzazioni.
Metafora: l’organizzazione come sistemaDTsociale.
                                               Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
     la complessità sociale
IL FUNZIONALISMO

                      LE SCOPERTE DI PARSONS
1)    La società è un sistema generale costituito da più sistemi
      che interagiscono tra loro, al cui interno operano ulteriori
      sottosistemi, con scambi di input e output.
2)    Le organizzazioni sono a loro volta sistemi, contraddistinti
      da gerarchie e ruoli formali e da un orientamento
      prevalentemente strumentale ad un fine specifico.
3)    Ogni organizzazione ha un proprio output, che è insieme
      scopo dell’organizzazione e funzione per il sistema sociale.
4)    I sistemi di qualunque livello sono legittimati a funzionare
      solo se e in quanto accettano il modello di valori fornito dal
      livello sistemico superiore e perseguono scopi ad esso
      conformi.
                                            DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
 IL FUNZIONALISMO
                       LE SCOPERTE DI PARSONS
Qualunque organizzazione o sistema sociale, per garantire la
     propria sopravvivenza, deve:
    Reperire e adattare le risorse necessarie a raggiungere i suoi
     fini istituzionali (funzione economica);
    Determinare tali fini e perseguirli in modo coerente
     (funzione strategica);
    Mantenere dei modelli culturali di riferimento, stabilizzare le
     tensioni interne e motivare i propri appartenenti a rimanere
     nel sistema e ad operare nel modo richiesto (funzione di
     latenza);
    Mantenere un adeguato livello di integrazione interna con la
     socializzazione e la condivisione di valori e regole di
     cooperazione (funzione di integrazione).
                                           DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
     la complessità sociale
IL FUNZIONALISMO
                  LE SCOPERTE DI MERTON
1.   Può esserci una differenza tra il significato che i soggetti
     agenti attribuiscono alle proprie azioni e le funzioni
     sistemiche che quelle azioni possono esercitare.
2.   Le stesse funzioni possono essere svolte da più istituzioni.
3.   La stessa istituzione può svolgere diverse funzioni.
4.   Queste funzioni non sono sempre quelle previste ed
     auspicate. Si può infatti distinguere tra:
A)   Funzioni manifeste = quelle conseguenze oggettive,
     volute e ammesse dai soggetti agenti, per produrre le quali
     l’organizzazione esiste e che contribuiscono a rendere
     efficiente e adeguato il sistema.
B)   Funzioni latenti = quelle conseguenze oggettive che non
     sono volute, né ammesse dai soggetti agenti, producono
     conseguenze inattese e possono dare origine a disfunzioni
     nell’organizzazione e/o nel sistema.(Vedi il curriculum
     nascosto)                               DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
la complessità sociale
LA TEORIA DELLE DECISIONI
Autori: Chester Barnard, Herbert Simon
Contesto: Anni 50-70. Studi di economia e management
  aziendale.
Paradigmi culturali: Homo Oeconomicus. La complessità
  come molteplicità di variabili. Razionalità limitata. Logica
  probabilistica nelle decisioni. Elementi di fatto e di valore.
Obiettivi: comprendere le dinamiche organizzative
  osservando come e sulla base di quali elementi i singoli ed
  i gruppi prendono le decisioni e risolvono concretamente i
  problemi.
Metafora: l’organizzazione come “sistema cooperativo”
  (Barnard) e come “dilemma tra spinte conservative e
  innovative” (Simon).
                                         DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
     la complessità sociale
                  LE SCOPERTE DI BARNARD
     Ogni volta che si vogliano raggiungere obiettivi che
      superano le capacità dei singoli individui, occorre costituire
      un sistema cooperativo che per funzionare esige:
a)    il consenso di tutti gli individui che ne fanno parte;
b)    la divisione funzionale del lavoro.
     Il fine dell’organizzazione non è mai riconducibile alla
      somma dei moventi individuali e non ha di per sé alcun
      significato per l’individuo.
     Ciò che ha significato per il singolo è la relazione che ha
      con l’organizzazione, i sacrifici che questa gli impone ed i
      benefici che gli assicura.
                                            DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
la complessità sociale
                LE SCOPERTE DI BARNARD
 Con il personale di tutti i livelli si crea un rapporto di
  transazione tra i contributi attesi e gli incentivi promessi.
 E’ solo l’instaurazione di una cooperazione efficace che
  permette di moltiplicare il valore dei contributi individuali.
 La pretesa dell’organizzazione di ottenere dagli individui una
  completa identificazione con i suoi fini è irrealistica e
  inconsistente.
 Gli individui hanno spazi privati e lealtà molteplici, che si
  sottraggono al dominio di una sola organizzazione.
Il management deve quindi porsi l’unico traguardo
concretamente praticabile:
gestire il rapporto tra contributi e incentivi in modo tale che i
dipendenti aumentino il più possibile la sfera della propria
disponibilità     a     venire        incontro      alle    esigenze
dell’organizzazione, dedicandovi il massimo dell’impegno e
delle energie.
                                           DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
    la complessità sociale
   "flessibilità" dell'organizzazione

   A fronte di un aumento della complessità, ridurre la divisione del lavoro
    ("gerarchico-funzionale"), ridurre il carattere prescrittivo
    ("burocratico") e aumentare l'autonomia dei soggetti e delle unità
    organizzative (puntando sull'autoregolazione, l'intelligenza diffusa e i
    processi informali)
   Reali progressi nella divisione del lavoro cognitivo richiedono potenti
    strutture di circolazione e condivisione del sapere (a basso costo).
   La "interazione comunicativa" non nasce dal liberarsi di sovrastrutture
    superflue per liberare la creatività e la capacità di cooperazione;
   Per determinare flessibilità "informale", è necessario definire
    "formalizzazione" del sapere produttivo per renderlo utilizzabile nella
    rete, cioè trasferibile
   sia fra unità dell'organizzazione, sia fra diverse organizzazioni
    (trasferibile nei diversi aspetti: di conformità alle tecnologie di
    connessione, di comprensione non equivoca, di garanzia dei contenuti e
    del loro impiego)                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
Tematiche organizzative critiche per l’operare in “rete”:
- la pluralità dei livelli e dei ruoli che articolano il circuito cognitivo
(sistemisti e specialisti, componentisti, realizzatori ecc.);
- la criticità della formalizzazione dell'informazione nell'innervare un
tessuto relazionale complesso;
- le sofisticate costruzioni contrattuali in termini di rischi, di garanzie,
di trasferimento e uso delle conoscenze.

Per determinare quindi “interazione comunicativa” nelle reti, rimane
necessario operare sul tessuto dei "linguaggi" dotandosi di strumenti
organizzativi che facciano da filo e forbici per la costruzione di
"progetti".
                                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
Rassegna sufficientemente esaustiva delle diverse posizioni ci è offerta
da Bush (1996), che ha distinto le diverse opinioni in tre categorie
principali:
 quella di chi non ravvisa particolari differenze fra il management
  generale ed il management scolastico (Handy, Haag, Walker, Squire);
 quella di chi, invece, sottolinea la specificità dell’organizzazione
  scolastica e dunque la non sovrapponibilità di modelli manageriali
  derivati da altri contesti (Glatter, Taylor, Barrel, Al-Khalifa);
 quella di chi, senza assumere posizioni estremistiche, considera il
  management scolastico come una “disciplina eclettica” che può
  accettare prestiti e contributi, ma che deve re-interpretarli e
  utilizzarli con molta attenzione (Everard e Morris, Osborne,
  Baldridge).
                                            DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
  la complessità sociale
Il settore degli studi universitari Education si dedica alla formazione
degli insegnanti e dei capi di istituto.
Dal punto di vista dell’articolazione dei curricula accademici è un dato
ormai acquisito che la formazione dei futuri docenti debba contemplare
anche aspetti legati all’organizzazione e alla gestione della scuola
Gli insegnanti sono pienamente coinvolti nel contribuire all’efficienza
complessiva dell’istituto non soltanto con l’attività didattica, ma anche
attraverso la consapevolezza e l’assunzione di responsabilità circa il
ruolo che svolgono in un sistema sociale complesso qual è la scuola
(Brundrett, 2003).
Queste considerazioni, secondo Bush, valgono a maggior ragione per i
dirigenti scolastici che, esattamente come avviene in Italia, vengono
reclutati fra gli insegnanti senza tuttavia alcuna preparazione
manageriale.                                    DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la complessità
       sociale: l’autonomia come risorsa

Nel 1976,       sul numero 21 della prestigiosa rivista
Administrative Science Quarterly compariva un articolo di
Karl Weick intitolato
 Educational organizations as loosely coupled systems,
                          ovvero
   “Le organizzazioni scolastiche come sistemi a
                     legame debole”

 La rivista si occupava di teorie organizzative, raccogliendo
contributi interdisciplinari sullo studio delle organizzazioni,
delle imprese e della pubblica amministrazione.
                                          DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
  complessità sociale: l’autonomia come
                  risorsa

 Questa è stata la prima lettura in chiave
“organizzativa” della scuola

Weick fu il primo e per sottolineare le
peculiarità delle istituzioni scolastiche scelse la
metafora della partita di calcio

                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
      complessità sociale: l’autonomia
                come risorsa
Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di
una singolare partita di calcio: il campo ha forma circolare, le
porte sono più di due e sono sparse disordinatamente lungo i
bordi del campo. I partecipanti possono entrare e uscire dal
campo a piacere; possono dire “ho fatto goal” per quanto vogliono,
in ogni momento, per quante volte vogliono. Tutta la partita si
svolge su un terreno inclinato e viene giocata come se avesse
senso. Ora, se sostituiamo nell’esempio l’arbitro con il preside, gli
allenatori con gli insegnanti, i giocatori con gli studenti gli spettatori
con i genitori e il calcio con l’attività scolastica, si ottiene una
definizione altrettanto singolare delle organizzazioni scolastiche.
                                               DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
     complessità sociale: l’autonomia come
                     risorsa
                     School management
                               o
      Educational management School administration
(espressioni in ambito accademico britannico e statunitense)
traducono sul piano teorico-operativo la necessità di guardare
alla scuola non soltanto dal punto di vista dei processi
pedagogici e didattici (che rimangono un riferimento
imprescindibile), ma anche dal punto di vista della gestione
delle risorse e del personale, dell’organizzazione delle attività,
dell’individuazione di modelli e strategie di governo, delle
relazioni con l’esterno.
                                         DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
     complessità sociale: l’autonomia
               come risorsa
In una prima fase gran parte della letteratura
specializzata si è interrogata prevalentemente sulle
caratteristiche che differenziano l’organizzazione
scolastica da altri tipi di organizzazione.
Questa esigenza era già stata esplicitata proprio da
Weick, secondo il quale la presenza di “legami
deboli” sarebbe una peculiarità solo di alcune forme
organizzative, fra le quali la scuola sarebbe esempio
paradigmatico
                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
       complessità sociale: l’autonomia
                 come risorsa
Gli studiosi si chiedevano inoltre se fosse lecito applicare alla scuola modelli
di management e teorie organizzative già consolidate in altri contesti
(impresa, pubblica amministrazione, sanità, ecc.).

Bush (1996), ha distinto le diverse opinioni in tre categorie principali:
• chi non ravvisava particolari differenze fra il management generale ed il
  management scolastico (Handy, Haag, Walker, Squire);
• chi, invece, sottolineava la specificità dell’organizzazione scolastica e
  dunque la non sovrapponibilità di modelli manageriali derivati da altri
  contesti (Glatter, Taylor, Barrel, Al-Khalifa);
• chi, senza assumere posizioni estremistiche, considerava il management
  scolastico come una “disciplina eclettica” che può accettare prestiti e
  contributi, ma che deve re-interpretarli e utilizzarli con molta attenzione
  (Everard e Morris, Osborne, Baldridge).
                                                   DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
      complessità sociale: l’autonomia
                come risorsa
«Dal       punto di vista dell’articolazione dei curricula la
formazione dei futuri docenti contempla anche aspetti legati
all’organizzazione e alla gestione della scuola, considerato che
gli insegnanti sono pienamente coinvolti nel contribuire
all’efficienza complessiva dell’istituto non soltanto con l’attività
didattica, ma anche attraverso la consapevolezza e l’assunzione
di responsabilità circa il ruolo che svolgono in un sistema
sociale complesso qual è la scuola «
(Brundrett, 2003 –piano di formazione docenti 2017).
Queste considerazioni, secondo Bush, ovviamente anche per i
dirigenti scolastici che, come avviene in Italia, vengono
reclutati fra gli insegnanti senza tuttavia alcuna preparazione
manageriale.                               DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
     complessità sociale: l’autonomia
               come risorsa
Ma per quali ragioni la scuola ha conosciuto questo
rapido sviluppo degli studi organizzativi nei suoi
confronti?

Molte argomentazioni andrebbero contestualizzate
alle politiche scolastiche e ai processi di riforma
adottati dai singoli paesi.

                                DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
      complessità sociale: l’autonomia
                come risorsa
Possiamo individuare alcuni fenomeni “trasversali” che, in
diversa misura, hanno coinvolto tutti i sistemi di istruzione e
formazione europei e che hanno contribuito a riconsiderare la
scuola come istituzione sia dal punto di vista delle sue finalità,
sia dal punto di vista della sua organizzazione interna.

Una prima spiegazione dei cambiamenti organizzativi della
scuola è riconducibile al più ampio mutamento sociale
avvenuto negli ultimi decenni e che è stato descritto
attraverso il passaggio dalla modernità alla postmodernità,
divenuta in breve – a ragione o a torto – un paradigma
interpretativo del nostro tempo.
                                         DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
      complessità sociale: l’autonomia
                come risorsa
Gli indicatori di tale passaggio, secondo Morrison (1998), sarebbero
- il declino dei sistemi di produzione su larga scala contrapposto
  all’aumento della produzione di piccoli beni di nicchia,
- l’allargamento dei mercati,
- l’esasperazione del principio della soddisfazione del cliente,
- l’avvento rivoluzionario della società dell’informazione.

Le organizzazioni sociali hanno abbandonato i tradizionali modelli
meccanicistici per aderire a forme organizzative “organicistiche”
più flessibili e fluide, ovvero non più fondate sulle specializzazioni
individuali, ma sulla costituzione di gruppi di lavoro “pluri-
competenti” e dinamici, alimentati dalla crescita e dalla
realizzazione dei loro componenti.
                                            DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
     complessità sociale: l’autonomia
               come risorsa
 La metafora della “liquidità” di Bauman, evidenzia il
venir meno di certezze, punti di riferimento e solidi
appigli che si liquefanno, divenendo improvvisamente
sfuggenti, inafferrabili, cedevoli.
Tutto ciò rende conto delle profonde trasformazioni
avvenute negli ultimi anni all’interno di tutte le
strutture sociali e non sono circoscrivibili a singoli
paesi e contesti.
                                  DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
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                  come risorsa
La scuola, nella sua veste di istituzione sociale, rappresenta una componente
importante del rinnovamento socioculturale ed economico del nostro tempo
e non poteva certo sottrarsi a questi mutamenti:

- le riforme nel campo dell’istruzione sono state pertanto inevitabili e
profonde e hanno coinvolto le finalità, la struttura, i programmi e
l’organizzazione delle scuole e delle altre istituzioni educative e formative
(Morrison, 1998).

Anche la documentazione internazionale prodotta in questi anni dall’OCSE o
dall’UNESCO, afferma che gli interventi di politica scolastica hanno valicato i
confini nazionali per assumere sempre più i connotati di un “adeguamento” ad
un indirizzo europeo della formazione, in linea con il paradigma della
globalizzazione.                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
      complessità sociale: l’autonomia
                come risorsa
Durante la prima parte del secolo i sistemi di istruzione avevano
perseguito soprattutto l’obiettivo dell’alfabetizzazione e, in alcuni casi,
contribuito alla costruzione di un’identità nazionale (è proprio il caso
dell’Italia), dagli anni Ottanta in poi le parole d’ordine in tema di
formazione sono diventate altre:
competenze,         formazione     permanente,       TIC      (Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione), mobilità, cittadinanza, lotta
all’esclusione, alternanza scuola lavoro, integrazione dei sistemi,
personalizzazione dei percorsi e oggi anche integrazione multiculturale
e cittadinanza globale, anche in connessione con i temi della
sostenibilità di cui all’Agenda 2030
                                               DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
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                 come risorsa
Dall’analisi e dalla comparazione delle politiche governative in materia
emergevano tre indirizzi principali di intervento (Semeraro, 1999).
1. accrescere il livello di istruzione nella popolazione attiva, anche perché
   esistevano sensibili differenze fra gli stati membri nella
   regolamentazione dell’obbligo scolastico (proprio l’Italia, ad
   esempio, sotto questo profilo era in evidente ritardo).
2. Aumentare la qualità dell’istruzione, facendo leva soprattutto
   sull’autonomia degli istituti, sulla concorrenza tra scuole e
   riconsiderando il rapporto fra pubblico e privato.
3. modernizzare i programmi di studio (anche in funzione di una loro
   “armonizzazione”, per favorire la mobilità) e delle strategie didattiche.

                                                 DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
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                 come risorsa
Si lamentava          l’inadeguatezza dell’apprendimento scolastico,
considerato eccessivamente artificioso e decontestualizzato.
Resnick in Learning in school and out, descriveva una serie di
caratteristiche del funzionamento cognitivo degli individui nei contesti
di vita quotidiana contrapponendole ad altrettante caratteristiche
dell’apprendimento a scuola.
Gardner, occupandosi delle rappresentazioni spontanee con cui i
bambini in età prescolare forniscono spiegazioni su ciò che li circonda,
descriveva l’apprendimento scolastico come un rituale in cui si
svolgono compiti e si forniscono risposte, senza garantire che dietro
tali compiti ci fosse una comprensione vera e profonda dei fenomeni
o delle discipline insegnate (Zucchermaglio, 1998).
                                             DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e la
       complessità sociale: l’autonomia
                 come risorsa
Il trattato di Maastricht, in vigore nel 1993, rappresentava un impegno
concreto e formale assunto dagli Stati membri dell’allora costituenda
Unione Europea.

L’art. 126 del trattato indicava chiaramente la necessità di intervenire
sui sistemi scolastici, anche dal punto di vista della loro
organizzazione, per promuovere una dimensione europea della
formazione, fondata sul principio dell’educazione permanente,
sull’incentivazione dell’istruzione a distanza, su programmi di mobilità
sia per gli studenti, sia per gli stessi insegnanti.

                                              DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
        la complessità sociale:
     l’autonomia come risorsa
 Nel     vertice di Lisbona del 2000, che ha ispirato il
Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente,
l’Unione Europea auspicava un adeguamento dei sistemi di
istruzione e formazione alla società dei saperi, anche al fine di
migliorare il livello e la qualità dell’occupazione.
«Le scuole e i centri di formazione – si legge all’art. 26 del
documento finale – dovrebbero essere trasformati in centri
locali di apprendimenti plurifunzionali accessibili a tutti,
ricorrendo ai mezzi più idonei per raggiungere un’ampia
gamma di gruppi bersaglio; tra scuole, centri di formazione,
imprese e strutture di ricerca dovrebbero essere istituiti
partenariati di apprendimento a vantaggio di tutti i
partecipanti».
                                         DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
       la complessità sociale:
    l’autonomia come risorsa
Con i lavori di Lisbona si confermava ulteriormente la
tendenza alla deregolamentazione e al decentramento,
che era stata intrapresa dai singoli paesi come la via
maestra per riformare i sistemi scolastici e riorganizzarli
alla luce della nuova domanda sociale.

Nelle politiche formative europee degli anni Novanta la
parola d’ordine era stata autonomia, la quale si è
operativamente tradotta in adeguamenti strutturali in
alcune circostanze e in profonde trasformazioni
culturali in altre.
                                     DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
        la complessità sociale:
     l’autonomia come risorsa
Sono stati proprio i processi autonomistici della scuola ad
alimentare la riflessione teorica sull’organizzazione scolastica;
Infatti laddove l’autonomia delle scuole aveva già una sua
storia si registrava una più intesa produzione scientifica sul
management scolastico ed una sua stabile collocazione nei
curricoli universitari destinati alla formazione degli insegnanti.
Al contrario, nei paesi in cui l’autonomia era un processo
recente o in corso, il dibattito scientifico sull’organizzazione
delle istituzioni scolastiche si rivelava ancora piuttosto
circoscritto.

                                          DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
         la complessità sociale:
      l’autonomia come risorsa
 Eurydice, (rete di informazione sull’istruzione in Europa, direttamente finanziata
dalla Commissione Europea e dai rispettivi Ministeri degli Stati membri) aveva
presentato un rapporto contenente una comparazione fra sistemi scolastici dei singoli paesi
da cui emergeva un panorama comunitario fortemente variegato sul fronte dell’autonomia
scolastica perché condizionato da situazioni di partenza dei sistemi di istruzione e formazione
a volte nettamente contrapposte.

La tendenza al decentramento delle competenze accomuna ormai la maggior parte dei paesi
europei, ed il raffronto documentato nel Rapporto mette in evidenza soprattutto tre macro
indicatori di autonomia scolastica:
- i livelli ai quali vengono prese le decisioni,
- gli ambiti di attività scolastica che presuppongono le decisioni da prendere,
 - le modalità con cui queste vengono prese.

Dalla lettura di tali indicatori appare facile individuare sistemi già fortemente decentralizzati
(Regno Unito, Svezia, Olanda, Germania, Ungheria) e sistemi in cui l’autonomia delle scuole è
di più recente attuazione (Francia, Spagna, Grecia, Italia, Lussemburgo).
                                                                DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
         la complessità sociale:
      l’autonomia come risorsa
 Il ruolo del dirigente scolastico ha acquistato nel tempo una maggiore
visibilità e quindi anche una maggiore esposizione all’analisi critica (Fischer e
Masuelli, 2002).
Questo si è tradotto sul piano teorico, nell’analisi :
degli stili di leadership, degli approcci organizzativi e delle strategie di
management, derivando questi concetti da altri ambiti, ma anche cercando di
precisarne le specificità in considerazione delle finalità della scuola e degli
attori coinvolti, del tutto particolari.

L’attività di studio e ricerca non è stata circoscritta ai soli capi d’istituto ma
si è o allargata all’intero corpo docente, considerato che la complessità
raggiunta dalle istituzioni scolastiche è ormai tale da richiedere azioni di
governo, gestione e progettazione sempre più allargate e condivise,
ricorrendo pertanto a equipe, staff o gruppi di coordinamento individuati fra
gli insegnanti e a supporto della dirigenza. .
                                                     DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
         la complessità sociale:
      l’autonomia come risorsa
L’acquisizione dell’autonomia, che fra il 1997 e il 2000 ha modificato profondamente
il nostro sistema di istruzione e formazione, ha introdotto cambiamenti, a livello
legislativo e amministrativo, che hanno imposto anche nel nostro Paese l’applicazione
di adeguati modelli organizzativi e di management. Il livello della riflessione, sia sul
piano teorico sia sul piano applicativo, continua ad essere difficilmente paragonabile a
quello di altri contesti (Regno Unito, Svezia, Olanda, ecc)

Possiamo quindi considerare il percorso delle teorie organizzative da una parte e
delle scienze dell’educazione dall’altra Alessandrini (2005), riprendendo l’espressione
di Bauman, ha chiarito che le frontiere disciplinari stanno facendo emergere, saperi
“meticciati”, che si sovrappongono e si intrecciano generando nuovi saperi e
competenze liquide, ovvero fluide, fluttuanti, difficili da rappresentare come insiemi
solidi di acquisizioni stabili.

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Le teorie dell’organizzazione e
          la complessità sociale:
       l’autonomia come risorsa
L’organizzazione delle istituzioni scolastiche (OIS) in quanto disciplina necessita pertanto
di un approccio multiprospettico, in grado di coniugare le questioni tipicamente
organizzative – il management, la leadership, la struttura, le relazioni con l’ambiente, la
cultura, ecc.

 Con le con le caratteristiche della scuola, che è certamente un’organizzazione, ma in
cui i concetti di relazione, persona, crescita, cambiamento, progetto, per l’importanza
che in essa assumono, non possono prescindere da un orizzonte pedagogico, emerge
sempre più chiaramente la tendenza ad inserire l’OIS (sia pure con differenti
modalità e denominazioni) all’interno dei curricoli accademici per la formazione
iniziale degli insegnanti (corsi di laurea in scienze della formazione primaria, Scuole di
specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria, corsi abilitanti, ecc.).
La stessa tendenza è risultata ancora più accentuata nel recente corso-concorso per
il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici, dove i riferimenti alla gestione
dell’organizzazione scolastica erano assai evidenti.        DT Fiorella Palumbo
Le teorie dell’organizzazione e
         la complessità sociale:
      l’autonomia come risorsa
la riforma dell’autonomia ha senz’altro rappresentato un momento di svolta anche
dal punto di vista della ricerca in ambito scolastico

Verso la metà degli Ottanta presso il dipartimento della Facoltà di Scienze Politiche
dell’Università di Bologna, Stefano Zan pubblicò per primo in Italia l’articolo di Karl
Weick sulle organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole all’interno di
un progetto che, tuttavia, non affrontava in maniera esplicita i temi della scuola e
della sua organizzazione.

Tale riferimento, invece, risultava ben più esplicito nella ricerca di un collega di Zan,
ovvero Piero Romei, il quale già nel 1986 fece uscire un volume dal titolo
evidentemente significativo:
                         La scuola come organizzazione.

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         la complessità sociale:
      l’autonomia come risorsa
 Nel 1995, Romei scrisse un lavoro, intitolato
«Autonomia e progettualità: la scuola come laboratorio di
gestione della complessità sociale.»

Se nella prima fase dei suoi studi il focus della ricerca era stato posto
sull’evoluzione della scuola da istituzione a organizzazione, a partire da
questo nuovo scritto Romei iniziò a dedicarsi alla definizione di un modello
organizzativo da applicare ai contesti scolastici

La tesi di fondo sostenuta in questa nuova pubblicazione era che la scuola
riproduce al suo interno la complessità del più ampio sistema sociale,
divenendo pertanto “laboratorio” per l’analisi, la riflessione e la
sperimentazione di percorsi operativi diretti a migliorarne la governabilità.

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Le teorie dell’organizzazione e
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    l’autonomia come risorsa
Romei definisce “il mal di scuola”, ciò che più di ogni altra cosa impedirebbe
un’autentica azione organizzata a scuola: l’individualismo degli insegnanti.

«Quello che ogni insegnante fatica ad accettare è la dimensione collettiva
dell’organizzazione.
Le regole di gruppo, con il loro contenuto di vincolo indisponibile, sembrano inaccettabili
La scuola si scopre “organizzazione” perché è il lavorare insieme agli altri che gli sembra
non necessario.
Se il lavoro dell’insegnante è un lavoro eminentemente individuale, non c’è bisogno di
collaborare con gli altri; e allora perché sottostare a regole che “burocratizzano” il suo
lavoro, appesantendolo con condizionamenti inutili?».

Romei, faceva corrispondere il rifiuto o la resistenza degli insegnanti ,all’idea di
organizzazione, alla mancata consapevolezza della necessità di collaborare, coniugando i
momenti dell’individualità con quelli dell’azione collegialmente coordinata, sottolineando
in questo modo come non sia possibile insegnare da soli.
                                                           DT Fiorella Palumbo
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