LA GUIDA ALLA CHAMPIONS LEAGUE AFRICANA - EDIZIONE 2018/2019
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PERCHÉ LA GUIDA SULLA CHAMPIONS LEAGUE AFRICANA? Quando a ottobre 2018 Vincenzo Lacerenza e il sottoscritto Alex Čizmić abbiamo intrapreso l’avventura di Calcio Africano, l’obiettivo era ricavare per l’Africa uno spazio all’interno del panorama giornalistico italiano. Senza la presunzione di voler rappresentare i paladini dell'africanitudine calcistica, questa guida, esattamente come Calcio Africano, nasce da un'esigenza, più urgente che mai, di raccontare il calcio in Africa in maniera spontanea, schivando le trappole del pregiudizio e le sin troppo facili tentazioni offerte dalla retorica paternalistica. Seguendo la scia delle parole illuminate del grande scrittore nigeriano Chinua Achebe, secondo il quale "finché i leoni non avranno i loro storiografi, la caccia sarà sempre e soltanto una celebrazione del cacciatore", abbiamo così deciso di dar voce al continente nero attraverso lo sport più popolare del mondo, così come fa in Argentina Francisco Jáuregui con il suo Sporting África. E proprio con il nostro amico e collega argentino, che da quasi dieci anni racconta e promuove egregiamente il calcio africano al di là dell’Atlantico, abbiamo concluso che era giunto il momento di dare maggior visibilità alla competizione africana per club più prestigiosa: la CAF Champions League. Il motivo è presto detto. Innanzitutto, per il solo fatto di esistere, qualsiasi torneo merita di essere raccontato, perché il calcio è tale in ogni angolo del mondo in cui viene giocato e va al di là degli interessi economici che gli gravitano attorno - interessi che peraltro troviamo anche in Africa. La partita è solo l’atto ultimo di un mondo emozionale che viviamo quotidianamente, e questo è ben presente, con le sue particolarità, anche nella CAF Champions League. Senza contare, tra l’altro, che l’Africa è il continente più giovane della Terra, da cui proviene un numero spropositato di talenti che ammiriamo ogni settimana in Europa e non solo. Tra essi alcune star mondiali come l'egiziano Mohammed Salah, recentemente premiato come calciatore africano dell'anno per la seconda volta consecutiva, o l'attaccante gabonese dell'Arsenal Pierre-Emerick Aubameyang. Questa guida, dunque, speriamo possa aiutarvi a scoprire i prossimi. Buona CAF Champions League a tutti e, per chi vorrà seguirla con noi, ci vediamo su www.calcioafricano.com e le nostre pagine social! Alex Čizmić Vincenzo Lacerenza Francisco Jáuregui
L'EDITORIALE DI NICK CAVELL (BBC AFRICA) La Champions League africana sta seguendo le orme della sua più illustre versione europea, ma fatica ancora a ottenere il suo prestigio e ad attirare l’attenzione degli stessi tifosi africani in giro per il continente. Entrambi i continenti hanno iniziato strutturando la competizione su una serie di sfide a eliminazione diretta fino alla finale. È stato così per la vecchia Coppa dei Campioni europea e anche per quella africana. In Europa la fase a gironi è stata introdotta nel 1992, l’Africa ha seguito a ruota cinque anni più tardi. Ma se nel Vecchio Continente la fase a gironi è stata allargata rapidamente da 8 a 32 squadre in soli cinque anni, in Africa l’allargamento fino a 16 partecipanti è stato deciso solo nel 2017. La modifica finale, ossia l’adattamento della Champions africana al calendario europeo, è in corso quest’anno: se originariamente il torneo si disputava da gennaio/febbraio fino a novembre, dal 2019 prenderà il via ad agosto/settembre per terminare a maggio/giugno. In questa prima edizione di transizione (la 2018-2019), il calendario della Champions africana è stato compresso in pochi mesi per poter cominciare subito dopo la finale dell’edizione 2018 e terminare a maggio, di modo che l’edizione successiva possa allinearsi al calendario europeo. Nonostante questi cambiamenti, le risorse economiche a disposizione dei Paesi africani non permettono al torneo di raggiungere il livello della versione europea. In Europa i club si danno battaglia e fanno di tutto per qualificarsi alla Champions League; in Premier League, addirittura, un piazzamento tra le prime quattro può quasi equivalere alla conquista di un titolo. E a proposito di titoli è abbastanza paradossale notare come per molte società africane la miglior cosa che segue la vittoria in Champions League è la successiva partecipazione al Mondiale per Club, mentre per quelle europee questo torneo è visto come una distrazione o addirittura come un disturbo. In Africa, invece, ci sono sentimenti contrastanti. È ovviamente un onore partecipare alla Champions ma, parlando in termini economici, i premi non sono così attraenti, dato che coprono appena le spese necessarie per disputare le partite. Il premio per le ultime classificate dei gironi è di 550 mila dollari e la maggior parte di essi viene spesa per le trasferte e l’organizzazione delle gare casalinghe ancora prima di riscuotere la somma. Dunque, è evidente come tutte le società, ad eccezione di quelle più ricche, siano spaventate dall’impatto economico che un’eventuale partecipazione avrebbe sulle loro finanze. Inoltre, sappiamo bene che in Europa le migliori squadre hanno rose ampie che permettono loro di praticare il turnover necessario a risparmiare le energie per un calendario fittissimo che costringe i club a viaggiare ogni settimana e giocare ogni tre giorni. Le squadre africane, invece, sono molto più limitate da questo punto di vista: hanno bisogno di schierare sempre i loro giocatori migliori per poter ottenere i premi di cui sopra.
L'EDITORIALE DI NICK CAVELL (BBC AFRICA) La questione trasferte è resa ancor più complicata dal fatto che viaggiare per l’Africa non è affatto semplice. Il costo di voli charter superano il budget della maggior parte delle società.Dunque, prendere voli di linea è molto più comune, ma ciò richiede tempo ed è per questo che la conseguenza principale è il rinvio delle partite di campionato; queste verranno poi recuperate appena possibile, rendendo così i calendari domestici un autentico caos che incide fisicamente e mentalmente sui giocatori. Passando ai diritti televisivi, questi possono rappresentare allo stesso tempo una benedizione e una maledizione per le squadre che partecipano alla Champions League africana. Offre sicuramente visibilità al club in ottica sponsorizzazioni e permette loro di mostrare tutto il talento calcistico di cui dispongono. Una buon cammino in Champions League può portare al “saccheggio” dei propri giocatori migliori da parte di club con risorse economiche maggiori. Tutto ciò spiega il perché i Paesi nordafricani sembrano poter dominare il torneo negli ultimi anni. I club tunisini, egiziani e marocchini hanno il vantaggio di godere di una buona e stabile situazione finanziaria, favorita da solidi investimenti. Questo consente loro di acquistare i migliori talenti in giro per l’Africa, che poi vengono rivenduti a club europei per effettuare plusvalenze. Questo processo rende i club di questi paesi una destinazione allettante per i calciatori di tutto il continente. Ovviamente, esistono anche delle eccezioni e il dominio di cui sopra non è affatto totale. In conclusione, sarà interessante osservare se l’adattamento al calendario europeo aiuterà le squadre africane. In passato, d’estate molte venivano decimate a torneo in corso, perché erano a fine stagione in patria e perché l’estate coincide con il periodo più intenso di calciomercato. Questo succedeva durante la fase cruciale della fase a gironi. Nick Cavell BBC Africa
STORIA DELLA CAF CHAMPIONS LEAGUE Se è vero che - come diceva Helenio Herrera, il leggendario tecnico della grande Inter che in Marocco ha cominciato la carriera da calciatore - in Africa "gli osservatori guardano sotto le pietre negli angoli più poveri", allora come oggi non esiste luogo migliore per scovare talenti in erba della CAF Champions League, la competizione calcistica per club più prestigiosa del Continente Nero. Una manifestazione istituita nel 1964, ma disputata con formula simile alla sorella del vecchio continente solamente a partire dal 1997, giunta nel frattempo alla cinquantacinquesima edizione. In oltre mezzo secolo di storia, la Coppa dei Campioni Africana, poi CAF Champions League dal 1997, non si è fatta mancare nulla, regalandoci storie di imprese miracolose, ma anche epopee bizzarre o inquietanti a seconda degli occhiali inforcati per leggerne i significati più profondi: finali decise grazie all'aiuto della magia nera, tema sempre molto gettonato in Africa, squadre allestite in nome di un ideale panafricano e poi abortite sul nascere, come il Real Republikans voluto da Kwame Nkrumah nel Ghana neoindipendente; altre, invece, entrate nelle grazie di un dittatore e capaci di inanellare successi in serie come i guineani dell'Hafia di Conakry, dominatori incontrastati degli anni Settanta, fino ad arrivare ai giorni nostri con il gigantismo di colossi come gli egiziani dell'Al-Ahly e i congolesi del Mazembe, rinati nel nuovo millennio (avevano vinto due volte la competizione negli anni '60 con la vecchia denominazione di TP Englebert) grazie ai capitali di un tycoon minerario costretto a vivere in esilio per motivi politici. Anche perché, si sa, in Africa la politica ha sempre camminato a braccetto col calcio, ostacolandone, o comunque rallentandone, la crescita e lo sviluppo. Ma ultimamente il calcio africano, e quindi anche la CAF Champions League, sembra essere finalmente attraversato da un'ondata di cambiamenti, alcuni attesi da parecchi anni. Una delle ultime manovre targate dal governo di Issa Hayatou, prima di lasciare al malgascio Ahmad Ahmad il trono della CAF occupato per quasi trent’anni, è stata quella di rinnovare la struttura della Champions League africana, dalla metà degli anni '90 ispirata al modello di quella europea e dal 1974 disputata con la formula delle reti in trasferta come criterio dirimente in caso di parità: in sostanza, format più esteso e limite di due squadre per Paese. L’equazione è chiara: più squadre provenienti da più Paesi, più partite a eliminazione diretta, più spettacolo. Il motivo anche: aumentare l’appetibilità internazionale del torneo, sponsorizzato adesso da Total, e attirare nuovi broadcast interessati ai diritti televisivi degli incontri. E qualcosa, in questo senso, si sta già muovendo: l’anno scorso, ad esempio, Bein Sports, network leader nel settore, ha acquistato il pacchetto per trasmettere la competizione negli Stati Uniti. La CAF Champions League è sulla strada giusta, la reputazione e l'appeal lieviteranno col tempo, ma una crescita seria e costante deve partire necessariamente dalle fondamenta, da quella CAF, troppo spesso adagiata sul potere che rappresenta, e che anche per questo ancora oggi non brilla certo per organizzazione, progettualità e lungimiranza.
LA STRUTTURA DELLA CAF CHAMPIONS LEAGUE Prima di lasciare lo scranno occupato per quasi un trentennio, Issa Hayatou, il vecchio padre padrone della CAF, ha scelto di farsi ricordare come un innovatore, lasciando in eredità un nuovo format alla CAF Champions League, dal 1997 ispirata al modello di quella europea. In sostanza, sino al 2016 alla fase finale del torneo avevano preso parte solamente 8 squadre, sistemate in due gironi. Con la riforma voluta da Hayatou il torneo si è ingigantito, aprendo la porta a ben 16 formazioni e vedendo lievitare il numero dei gruppi da due a quattro. La prima conseguenza di questa decisione è sotto gli occhi di tutti: con la nuova struttura extralarge, com'era naturale, si è aggiunto un turno ad eliminazione diretta, i quarti di finale. Un territorio cominciato ad esplorare dalle migliori squadre del continente nero solo due anni fa. A cui seguono, come logica impone, semifinali e la classifica doppia finale, in cui vige la regola dei gol segnati in trasferta, in vigore nella Coppa dei Campioni africana/CAF Champions League a partire dal lontano 1974. Ad aumentare non sono state solamente le squadre partecipanti, ma anche i premi destinati ai campioni d'Africa: se fino al 2016, infatti, sollevare il trofeo più ambito dai club del Continente Nero fruttava "solo" 1,5 milioni di dollari, aggiudicarselo oggi vorrebbe dire guadagnare un milione di dollari in più.
GIRONE A LOBI STARS (NIGERIA) WYDAD CASABLANCA (MAROCCO) ASEC MIMOSAS (COSTA D’AVORIO) MAMELODI SUNDOWNS (SUDAFRICA)
LOBI STARS (NIGERIA) RICORDO INTERNAZIONALE Disputare coppe internazionali non è un avvenimento che capita tutti gli anni per questa modesta squadra nigeriana. Nel 2018 il Lobi Stars si è guadagnato il posto in questa edizione della CAF Champions League perché era in testa alla classifica quando alla ventiquattresima giornata il campionato nigeriano è stato sospeso. Così, dopo aver superato i turni preliminari ha raggiunto la fase a gironi, come già successo nel 2000. Quella fu l’unica partecipazione del club, e non andò poi così male. Nei preliminari eliminò il Tempete Mocaf (Reppublica Centrafricana) e il Primero de Agosto (Angola); poi finì nel gruppo B insieme a Jeanne d'Arc (Senegal), Al-Ahly (Egitto) e Hearts of Oak (Ghana). I ghanesi vinceranno il girone e si laureerano campioni battendo in finale l’Espérance. Il Lobi, dal canto suo, perse le due sfide contro l’Hearts, ma si concesse il lusso di vincere la prima e l’ultima partita. Nella prima giornata sconfisse 3-1 in casa il Jeanne d’Arc, nell’ultima superò, sempre in casa e con lo stesso risultato, l’Al-Ahly. Niente male per una prima partecipazione in Champions. LO SAPEVI CHE? Mike Idoko ha dimostrato di essere uno dei dirigenti più importanti del club negli ultimi tempi. Nel 2017 il governatore dello Stato del Benue si è addirittura complimenato con lui per l’operato svolto con le poche risorse a disposizione. STADIO (APER AKU STADIUM) Aper Aku fu governatore del Benue dal 1979 al 1983. Visto che la costruzione dello stadio iniziò durante il suo mandato, si decise di assegnare allo stadio il suo nome. Anche se nel 2000 il Lobi giocò le partite casalinghe in questo stadio, all’impianto sono state apportati varie modifiche e accorgimenti per rispettare i requisiti CAF per poter ospitare partite internazionali. Ha una capacità di 20 mila spettatori. ONE TO WATCH (YAYA KONÉ, COSTA D'AVORIO, 1998) Questo grande esterno, che nonostante l’altezza mostra velocità e abilità tecnica, è l’unico straniero della rosa del Lobi Stars. Formatosi nell’AS Denguele, era già passato per il Lobi, a cui è tornato per disputare la Champions proveniente dal Ifeanyi Ubah. Può giocare indifferentemente a destra e sinistra, in attacco o a centrocampo. Sebbene abbia 20 anni si incarica di quasi tutti i calci da fermo.
LA FORMAZIONE: 4-4-2 SISTEMA DI GIOCO Il Lobi Stars prova a proporre un buon gioco, fatto di molto possesso palla, però è evidentemente la squadra più debole del raggruppamento. Dovrà esserne consapevole e fare affidamento su un buon blocco difensivo per poter poi ripartire in contropiede. #WeAreLobi
WYDAD CASABLANCA (MAROCCO) RICORDO INTERNAZIONALE Il 1992 fu il primo anno in cui il Wydad Athletic Club riuscì a toccare il cielo del calcio africano. Il Real Bamako (Mali), il Julius Berger (Nigeria), il Nkana Red Devils (Zambia) e l’ASEC Mimosas (Costa d’Avorio) furono gli ostacoli che la squadra della mitica città di Casablanca dovette superare per arrivare alla finale contro l’Al-Hilal sudanese. L’andata allo Stadio Mohamed V decise praticamente la doppia sfida, ma non fu facile. I padroni di casa sbloccarono il risultato solo all’87° con un rigore di Rachid Daoudi per poi realizzare il 2-0 allo scadere con Youssef Fertout. Al ritorno in Sudan finì 0-0 e il Wydad si consacrò per la prima volta campione d’Africa. Nel reparto difensivo di quella squadra stava emergendo un giovane Noureddine Naybet, che pochi mesi più tardi si sarebbe trasferito al Nantes in Francia, dove iniziò il suo tour europeo. Ma non è tutto: in quella rosa figurava anche un russo, tale Vasili Postnov nato a Tashkent, oggi capitale dell’Uzbekistan. LO SAPEVI CHE? Il tecnico tunisino Faouzi Benzarti ha vinto la Supercoppa africana con il Wydad a inizio 2018 battendo in finale il Mazembe. Dopo una buona stagione anche nel campionato marocchino, la federazione tunisina lo ha chiamato per allenare la nazionale. Ha qualificato la Tunisia alla Coppa d’Africa 2019, ma per problemi con la federazione è stato esonerato. È da poco tornato al Wydad. STADIO (STADIO MOHAMED V DI CASABLANCA) Il 4 novembre 2017 hanno assistito alla vittoria contro l’Al-Ahly con cui il Wydad si è aggiudicato la seconda Champions africana della sua storia. Inaugurato nel 1955, ha subito varie modifiche strutturali e cambi di nome. Ora è di nuovo in ristrutturazione, motivo per cui il Wydad giocherà i suoi primi incontri casalinghi a Rabat. Proprietà della città di Casablanca, è anche la casa del Raja e solitamente ospita le partite della nazionale. Deve il suo nome attuale al monarca che regnò dal 1957 al 1961. ONE TO WATCH (ISMAIL EL HADDAD, MAROCCO, 1990) Sin dal suo arrivo al Wydad nel 2015, è risultato indispensabile nell’attacco Wydadi. Rapido e dal mancino sopraffino, è capace spesso di creare superiorità numerica. Ha mosso i primi passi Tihad Athlétique Sport (TAS), uno dei tanti club di Casablanca, ma è arrivato al WAC dopo un’esperienza all’Hassania Agadir. È stato campione della CAF Champions nel 2017 e della CHAN nel 2018.
LA FORMAZIONE: 4-3-3 SISTEMA DI GIOCO Il Wydad è una squadra dinamica e più votata all’attacco. Preferisce giocare a ritmo intenso, colpo su colpo, facendo affidamento su tutto il suo potenziale offensivo, con giocatori come i marocchini El Karti ed El Haddad, il nigeriano Babatunde e il liberiano Jebor. #DimaWydad
ASEC MIMOSAS (COSTA D'AVORIO) RICORDO INTERNAZIONALE Lo “Stregone Bianco” era il soprannome con cui era conosciuto l’allenatore argentino Oscar Fulloné nel continente africano. È morto nel 2017 a Casablanca, dove fu campione d’Africa con il Raja nel 1999. Un anno prima fece lo stesso con l’Association Sportive des Employés de Commerce Mimosas, meglio conosciuta come ASEC Mimosas. Quella fu la prima e unica volta in cui l’ASEC ha conquistato la Champions. Insieme allo Stade Abidjan (campione nel 1966), sono per ora le uniche due squadre ivoriane che hanno alzato il trofeo. Il percorso della squadra di Fulloné iniziò eliminando nei turni preliminari al Racing club burkinabé e al FC 105 Libreville gabonese. Successivamente l’ASEC concluse il gruppo B al primo posto e nella finale di ritorno - dopo aver pareggiato a reti bianche all’andata ad Harare - si impose 4-2 con doppietta di Kamara e gol di Zaki e Sié. L’apice della gloria per lo stadio Félix Houphouët-Boigny e per i 50 mila spettatori e l’ultimo successo continentale di una ivoriana a livello di club. LO SAPEVI CHE? Alla comunità ivoriana, che è la più numerosa in rosa, segue quella burkinabè. Patrick Malo e Souleymane Koanda in difesa, Ahmed Touré a centrocampo e Abdoul Tapsoba in attacco sono titolari quasi inamovibili dell’ASEC. STADIO (STADE FÉLIX HOUPHOUËT-BOIGNY) Costruito nel 1954, questo impianto multiuso situato ad Abidjan ha una capacità di 45 mila spettatori. Originariamente si chiamava Stade André Geo, poi ha cambiato denominazione prendendo il nome del primo presidente del Paese. Nel 2009 è stato ristrutturato in vista della CHAN - la Coppa d’Africa esclusiva per giocatori africani che militano in Africa - e ha ospitato la finale in cui la RD Congo ha sconfitto 2-0 il Ghana. ONE TO WATCH (FONSINHO, COSTA D'AVORIO, 1996) Anche se parte spesso dalla panchina, Fonsinho è un calciatore da tenere in considerazione perche potrà far parlare di sé. Il fratello di Gervinho può essere schierato come esterno offensivo su entrambe le fasce. Veloce ed esplosivo è un’arma che il tecnico Amani Yao Cesar può utilizzare per colpire le difese avversarie a gara in corso
LA FORMAZIONE: 4-4-2 SISTEMA DI GIOCO Come per la maggior parte delle squadre dell’Africa nera, i suoi punti di forza sono una difesa rocciosa e la capacità di tutti gli effettivi di proiettarsi in avanti in fase offensiva. L’ASEC prova spesso a sfruttare le fasce per rifornire le sue due punte. #JauneNoir
MAMELODI SUNDOWNS (SUDAFRICA) RICORDO INTERNAZIONALE Nel 2001 il Mamelodi è divenne la seconda squadra sudafricana ad aver raggiunto la finale della CAF Champions League. Sei anni prima, l’Orlando Pirates era stata la prima, conquistando il titolo contro l’ASEC Mimosas. Il Mamelodi, allenato dal rumeno Ted Dumitru, trovò in finale l’Al-Ahly egiziano. Con una squadra senza troppi nomi di spicco - potremmo citare il centrale Matthew Booth e il zambiano Gift Kampamba - Dumitru compì un’impresa, però dopo aver pareggiato per 1-1 al Loftus Versfeld Stadium, crollò 3-0 al Cairo sotto i colpi di Khaled Bebo, autore di una tripletta. Passarono altri 15 anni prima di poter rivedere il Mamelodi in finale. Di nuovo contro una squadra egiziana, il Zamalek. Con lo stesso allenatore che siede attualmente sulla panchina del club sudafricano, Pitso Mosimane, e giocatori presenti tutt’oggi, come Laffor, Onyango e Kekana, questa volta l’esito fu positivo. Il Mamelodi si aggiunse all’Orlando Pirates tra le squadre sudafricane capaci di vincere la Champions: un 3-0 a Pretoria e una sconfitta per 1-0 in Egitto furono sufficienti per alzare al cielo il trofeo LO SAPEVI CHE? L’8 gennaio la CAF ha nominato la formazione africana del 2018. Tra campioni del calibro di Salah, Mané, Aubameyang e Koulibaly, solo uno non milita in Europa. Si tratta del portiere del Mamelodi, l’ugandese Denis Onyango. Anche l’altro portiere della squadra Mweene fu tra i migliori del continente dopo la CAN 2012 vinta con lo Zambia. STADIO (LUCAS MASTERPIECES MORIPE STADIUM) È la casa dei “Brasiliani”, come viene chiamato il Mamelodi per via dei colori della divisa, simili a quelli del paese sudamericano. Situato a Pretoria, questo stadio può ospitare fino a 30 mila persone ed è utilizzato anche dal SuperSport United. La denominazione la si deve a Lucas Moripe, uno dei migliori calciatori sudafricani della storia che non è riuscito a farsi un nome fuori dai confini nazionali per l’isolamento che viveva il Sudafrica durante l’epoca dell’apartheid. ONE TO WATCH (GASTÓN SIRINO, URUGUAY, 1991) È raro vedere calciatori sudamericani in Africa. Il Mamelodi ne ha tre: Nacimiento (Brasile), Meza (Colombia) e Sirino. Quest’ultimo è arrivato un anno fa dal Bolivar (Bolivia) e alla tipica “garra” degli uruguayani unisce personalità e tecnica all’attacco sudafricano. Nonostante il suo metro e sessantasei non si spaventa di fronte ai portentosi difensori africani.
LA FORMAZIONE: 3-4-3 SISTEMA DI GIOCO Mosimane propone una buona gestione del pallone in mezzo al campo per poi tentare di sfruttare gli ottimi esterni presenti in rosa. Giocando con la difesa a tre, la squadra resta spesso un po’ scoperta e dipende molto dal suo portiere. #Sundowns
GIRONE B FC PLATINUM (ZIMBABWE) HOROYA (GUINEA) ESPÉRANCE DE TUNIS (TUNISIA) ORLANDO PIRATES (SUDAFRICA)
PLATINUM FC (ZIMBABWE) RICORDO INTERNAZIONALE Il FC Platinum nacque nel 1995 come iniziativa per dare la possibilità ai dipendenti della Mimosa Mining Company di giocare a calcio. Nel 2011 modificò il nome in Mimosa Football Club, fino a che non divenne proprietà della FC Platinum Holdings, una holding appunto che si occupa di mediazione sul lavoro, ingegneria e intrattenimento. Nonostante la recente fondazione, questa è già la terza partecipazione in Champions per il club zimbabwese, la migliore finora, considerando che questo è il suo debutto nella fase a gironi. La prima fu nel 2012 dopo aver conquistato il secondo posto nel campionato locale. In quell’edizione l’Al-Merreikh sudanese lo eliminò nel primo turno con un totale di 5-2. Il Platinum è tornato a disputare la Champions nel 2018 in qualità di campione del Zimbabwe, ma il cammino si è interrotto ancora una volta al primo turno, questa volta a causa del Primeiro de Agosto: la squadra angolana, che arriverà poi alle semifinali, vinse 3-0 a Luanda e 2-1 al Mandava Stadium. LO SAPEVI CHE? Benjani Mwaruwari è stato uno dei migliori calciatori della storia dello Zimbabwe. Nato a Bulawayo, si fece conoscere per i suoi gol al Jomo Cosmos. In Europa ha vestito le maglie di Auxerre, Portsmouth e Manchester City. Nella prima giornata di questa edizione, ha assistito al primo match del Platinum contro l’Orlando Pirates. STADIO (BARBOURFIELDS STADIUM) Anche se questo impianto situato a Bulawayo appartiene all’Highlanders FC - uno dei grandi club del Paese-, sarà la casa del Platinum per questa fase a gironi della Champions, dato che gode di una capienza maggiore - 40 mila spettatori - rispetto al Mandava Stadium. In questo stadio, il Platinum ha ospitato le partite casalinghe dei primi due turni preliminari, rispettivamente contro il CNaPs Sports malgascio e l’AS Otoho congolese. ONE TO WATCH (KHELI DUBE, ZIMBABWE, 1983) Con un’età media abbastanza alta, non è raro trovare nella rosa del Platinum molti giocatori con molta esperienza. Il numero nove, Dube, è uno di loro. Formatosi nel Zimbabwe Saints, questo attaccante di quasi un metro e novanta iniziò a gonfiare la rete nell’Highlanders. Dopo alcune buone stagioni nella MLS nel 2012 è tornato nel continente africano.
LA FORMAZIONE: 4-5-1 SISTEMA DI GIOCO Senza grandi nomi in rosa, i punti di forza del Platinum sono l’impegno, la determinazione e la capacità di far densità in mezzo al campo. I maggiori difetti sono la transizione difensiva e il reparto arretrato tutto. #PurePlatinumPlay
HOROYA (GUINEA) RICORDO INTERNAZIONALE L’Horoya Athletic Club è una società relativamente giovane se paragonata alle altre partecipanti. Fondato nel 1975, dopo soli tre anni vinse già un torneo internazionale: la defunta Coppa delle Coppe africana a cui partecipavano le vincenti delle coppe nazionali e che si disputò dal 1975 al 2003. Nell’edizione del 1978 l’Horoya iniziò polverizzando il Zumunta AC nigerino con un totale di 8-0. Nel primo turno soffrì contro lo Shooting Stars (Nigeria), ma riuscì a passare ai quarti di finale, dove superò il Caiman di Douala (Camerun). In semifinale eliminò il Rail Club du Kadiogo burkinabè e arrivò in finale contro l’Hussein Dey algerino. L’Horoya vinse entrambe le partite con un risultato totale di 5-2. In quella stessa decada, i rivali storici dell’Hafia FC dominarono il continente e misero in bacheca tre Champions League (1972, 1975 e 1977) e arrivarono in finale altre due volte nel 1976 e nel 1978. LO SAPEVI CHE? L’allenatore, il 64enne francese Patrice Neveu, ha una lunga carriera africana alle spalle. Mosse i primi passi nel continente all’AS Saint Martin (Congo) e ha diretto le nazionali di Niger, RD Congo, Guinea e Mauritania. STADIO (STADIO 28 SETTEMBRE) Situato nella capitale Conakry, la casa dell’Horoya AC rende omaggio col suo nome a una data molto significativa per il popolo guineano. Quel giorno del 1958 ebbe fine il periodo di colonizzazione francese e qualche giorno più tardi verrà proclamata l’indipendenza. In questo stadio sono stati celebrati i funerali dei primi due presidenti della Guinea: quello di Ahmed Sekou Touré nel 1984 e quello di Lansana Conté nel 2008 ONE TO WATCH (OCANSEY MANDELA, BURKINA FASO, 1990) Arrivato alla soglia della quinta stagione con la maglia dell’Horoya, Mandela si è guadagnato l’affetto di tutti a base di gol, dribbling e impegno. Può giocare in qualunque posizione offensiva, è il capitano e possiede grande esperienza nel torneo. In precedenza ha disputato la Champions con l’ASFA Yennenga, squadra del Burkina Faso, e con il Sewe Sports, con cui nel 2012 fu inserito nella squadra ideale del campionato ivoriano.
LA FORMAZIONE: 4-2-3-1 SISTEMA DI GIOCO Neveu ha mantenuto la base della squadra che ha raggiunto i quarti di finale nella passata edizione, però quest’anno propone un sistema di gioco più ambizioso con due mediani di contenimento e maggior libertà per il resto dei centrocampisti per unirsi alla fase offensiva
ESPÉRANCE DE TUNIS (TUNISIA) RICORDO INTERNAZIONALE Tra il primo trionfo nel 1994 e l’ultimo ottenuto nella scorsa edizione, l’Espérance si è laureato campione d’Africa anche nel 2011. Quella squadra era gestita molto bene dal tunisino Nabil Maâloul, che poi passerà alla Nazionale con cui a Russia 2018 ritroverà la vittoria in un Mondiale dopo 40 anni. Il portiere Ben Cherifia, il capitano Khalil Chemman, Khenissi e Derbali sono alcuni dei giocatori che ancora oggi sono presenti in rosa e che presero parte a quel successo. Quell’anno il cammino verso la seconda Champions iniziò superando ai preliminari l’ASPAC beninese e il Jaraaf senegalese. Seguì il primo posto nel gruppo B davanti al Wydad, l’Al-Ahly e il MC Alger. L’Al-Hilal sudanese e (di nuovo) il Wydad Casablanca furono le vittime in semifinale e in finale. Ai calciatori sopramenzionati vanno aggiunte le grandi prestazioni di Msakni e Darragi, più il contributo di tre stranieri che successivamente voleranno in Europa: i camerunensi Yaya Banana e Yanick N’Djeng e il ghanese Harrison Afful. LO SAPEVI CHE? Il club prende il nome dal café Espérance, che si trova tra la città vecchia e la parte europea della capitale tunisina. Lì, il 15 gennaio 1919, un gruppo di giovani guidati dal 18enne Mohamed Zouaoui redasse l’atto fondazionale del club. STADIO (STADIO OLIMPICO DI RADÈS) Dotato di una capienza di 60 mila spettatori, è uno degli stadi migliori del continente. È proprio qui che l’Espérance si è aggiudicato gli ultimi due trionfi in Champions, nel 2011 e nel 2018. Durante l’ultima finale, la delegazione dell’Al-Ahly è stata accolta da lanci di pietre e incidenti vari, motivo per cui la CAF ha deciso di sanzionare il club tunisino con due partite casalinghe a porte chiuse. Per questo l’Espérance ospiterà il FC Platinum e l’Orlando Pirates allo stadio El Menzah, impianto in cui nel 1994 alzò al cielo la sua prima Champions League. ONE TO WATCH (TAYEB MEZIANI, ALGERIA, 1996) Arrivato alla soglia della quinta stagione con la maglia dell’Horoya, Mandela si è guadagnato l’affetto di tutti a base di gol, dribbling e impegno. Può giocare in qualunque posizione offensiva, è il capitano e possiede grande esperienza nel torneo. In precedenza ha disputato la Champions con l’ASFA Yennenga, squadra del Burkina Faso, e con il Sewe Sports, con cui nel 2012 fu inserito nella squadra ideale del campionato ivoriano.
LA FORMAZIONE: 4-2-3-1 SISTEMA DI GIOCO Chaâbani ha lavorato molto bene sul 4-2-3-1 con cui ha conquistato l’ultima edizione della Champions League. Quest’anno ha aggiunto l’algerino Meziani per aumentare il potenziale offensivo della squadra. #TarajiDawla
ORLANDO PIRATES (SUDAFRICA) RICORDO INTERNAZIONALE Verso la metà degli anni ‘90, con la fine del regime di apartheid e l’ondata di rinascita portata dall’elezione di Nelson Mandela alla presidenza del Paese, anche il Sudafrica cominciò a raggiungere risultati sportivi importanti. Tra maggio e giugno del 1995 fu sede del Mondiale di rugby in cui gli Springboks si laurearono campioni. Poi a inizio 1996 fu anche la sede della Coppa d’Africa in cui i Bafana Bafana ottennero il primo trofeo continentale. Tra quei due successi, l’Orlando Pirates conquistò la prima Champions League della storia del calcio sudafricano. Con il portiere nigeriano Williams Okpara, il giovane Mark Fish al centro della difesa e Jerry Skosana, l’autore del gol decisivo nella finale di ritorno contro l’ASEC Mimosas, quella squadra entrò di diritto nella storia del Sudafrica e del calcio africano in generale. L’Orlando Pirates dovette aspettare altri 20 anni prima di arrivare nuovamente in finale: nel 2013, però, venne sconfitto dall’Al-Ahly. LO SAPEVI CHE? Nel 1959, quando venne inaugurato l’Orlando Stadium, il regime di apartheid era già stato instaurato e proprio in quell’anno la National Football League (NFL) diede ufficialmente inizio al primo campionato di calcio per soli bianchi. Ai neri non era permesso né formare squadre, né assistere alle partite. STADIO (ORLANDO STADIUM) La casa dell’Orlando Stadium si trova nel quartiere Soweto a Johannesburg e può accogliere circa 40 mila spettatori. Nonostante fosse stato ricostruito, nel 2008 non venne scelto tra le sedi per il Mondiale sudafricano del 2010. Servì, però, come campo di allenamento per varie nazionali. ONE TO WATCH (JUSTIN SHONGA, ZAMBIA, 1996) Per molti giovani zambiani, il calcio sudafricano è la prima possibilità per tentare il salto in Europa. Questo potrebbe essere anche il caso di Justin Shonga, che è arrivato nel 2017 dal Nkwazi FC (Zambia) per rinforzare l’attacco dell’Orlando. Titolare fisso nella formazione di Sredojević, i sudafricani avranno bisogno dei suoi gol se vorranno fare un buon percorso in Champions League.
LA FORMAZIONE: 4-3-3 SISTEMA DI GIOCO Il calcio sudafricano ci ha abituati a squadre propositive, che provano a giocare un calcio di possesso. Con il 4-3-3 di Sredojević, l’Orlando seguirà la stessa linea: controllo del gioco a metà campo per tentare di innescare gli uomini offensivi. #OnceAlways
MOMENTI STORICI 1969: ISMAILY, LA PRIMA GIOIA DI UN'ARABA Il TP Englebert, come'era conosciuto all'epoca il Mazembe, veniva da due trionfi continentali consecutivi ed era praticamente la nazionale zairese (ora Repubblica Democratica del Congo) mascherata sotto le insegne della formazione di Lubumbashi, ma gli egiziani dell'Ismaily gli tirarono un brutto scherzo, diventando la prima squadra egiziana, nonché la prima appartenente al mondo arabo a sollevare al cielo il trofeo per club più prestigioso del Continente Nero. Dopo aver ottenuto un ottimo 2-2 in quel di Kinshasa, i "Daraweesh" piegarono definitivamente i giganti congolesi (allora zairesi) al Cairo Stadium, allora intitolato a Nasser, gremito da oltre 100.000 persone. Vinsero con un secco 3-1, in cui spiccava prepotente la doppietta di Sayed Abdel Razek, conosciuto da tutti come "Bazouka". 2006: LA SPERANZA DI ABOUTRIKA Il 2006 è stato probabilmente l'anno d'oro della storia recente dell'Al-Ahly, ma a pochi minuti dal gong della finale di ritorno di CAF Champions league con i tunisini dello Sfaxien lo scenario per gli egiziani aveva tinte fosche. I "Diavoli Rossi", campioni d'Africa in carica, non erano andati oltre l'1-1 casalingo nella gara d'andata e adesso si ritrovavano costretti ad inseguire un gol per evitare di abdicare al trono. La partita si stava trascinando stancamente verso la fine sul risultato di 0-0, che per via della regola dei goal in trasferta avrebbe premiato i bianconeri tunisini, ammassati a ridosso dell'area di rigore per difendere a tutti i costi quel risultato come se fosse il tesoro più prezioso del mondo. Ma, proprio quando per l'Al-Ahly sembrava tutto perduto, all'improvviso come un eroe della favole è sbucato fuori Mohamed Aboutrika. La sliding door si è aperta su una spizzata della difesa tunisina ben oltre il novantesimo, quando il "Principe di cuori" si è coordinato in un amen e con un meraviglioso sinistro al volo ha trovato il gol del trionfo, facendo sobbalzare di gioia la panchina ahlawy e regalando ai tifosi egiziani una scarica d'adrenalina che difficilmente dimenticheranno.
MOMENTI STORICI 1977: L'APOGEO DELL'HAFIA L'Hafia di Conakry, innegabilmente la squadra del cuore del dittatore guineano dell'epoca Sékou Touré, ha letteralmente tiranneggiato sul calcio africano negli anni Settata, arrivando a giocare cinque finali della Coppa dei Campioni d'Africa e salendo per ben tre volte sul tetto del Continente Nero. Nel 1977 i biancoverdi, che si potevano vantare di schierare un campione come Souleymane Cherif, l'unico guineano ad aver vinto il Pallone d'Oro africano, avevano già sollevato due volte il trofeo più ambito d'Africa, ma erano reduci da una delusione cocente, sconfitti l'anno prima in finale dagli algerini dell'MC Alger. Non una cosa da poco: furente per quella disfatta, addirittura, Sèkou Touré aveva voluto una punizione esemplare per i giocatori, rinchiusi per un paio di giorni a Camp Boiro, un campo di tortura popolato perlopiù da dissidenti politici. I guineani, quindi, non si potevano permettere un'altra debacle all'ultimo atto, ma mai come quella volta i loro avversari ghanesi dell'Heart of Oak erano sicuri di vincere. La loro sicurezza derivava da un evento osservato un paio di giorni prima della finale e interpretato misticamente come segno premonitorio, una pratica molto gettonato in Africa. Ma cosa era successo di così tanto sconvolgente? Semplicemente una folla di uominim assiepata sulle tribune dello stadio, aveva notato quattro corvi lanciarsi in picchiata e atterrare sul manto erboso. Quello, secondo loro, era da considerarsi un segno del destino. Di sicuro gli Hearts of Oak avrebbero segnato quattro reti, pensarono, gongolando mentre tornavano a casa: un gol per ogni uccello. Peccato, però, che il giorno dopo l'Hafia s'impose 1-0 in trasferta, con beniamini di casa che sbagliarono persino un calcio di rigore. Al ritorno, poi, i guineani avrebbero bissato il successo dell'andata, aggiudicandosi la terza e ultima Coppa dei Campioni africana della loro storia.
GIRONE C FC ISMAILY (EGITTO) CS COSTANTINOIS (ALGERIA) CLUB AFRICAIN (TUNISIA) MAZEMBE (RDC)
FC ISMAILY (EGITTO) RICORDO INTERNAZIONALE L’Ismaily fu la prima squadra araba e nordafricana a conquistare l’allora Coppa dei Campioni africana, un trionfo isolato a cui i Brasiliani d’Egitto andranno vicini solo un’altra volta, nel 2003, quando furono sconfitti dai nigeriani dell’Enyimba. Era il 1969 e il club egiziano, allora squadra di riferimento in Egitto, riuscì nell’impresa eliminando in serie diverse società che al tempo erano tra le più quotate del continente. Nel primo turno fece fuori i libici dell’Al-Tahaddy (8-0), ai quarti superò i keniani del Gor Mahia (4-2); in semifinale ebbe la meglio contro l’Asante Kotoko (5-4) e nella doppia finale sconfisse per un totale di 5-3 l’imbattibile TP Mazembe (che allora si chiamava ancora TP Englebert) con tre reti di “Bazouka” Abdel-Razak. Ed ecco che in questo girone C dell’edizione in corso avremo un doppio remake della storica finale del 1969. LO SAPEVI CHE? L’allenatore dell’Ismaily è il macedone Čedomir Janevski, che da giocatore fu campione di Jugoslavia con la maglia del Vardar Skopje - titolo poi riassegnato al Partizan Belgrado per decisione della Corte Suprema jugoslava per una modifica delle sanzioni comminate per un caso di combine dell’anno precedente - e del Belgio con il Bruges nel 1990. È alla sua prima esperienza in Africa. STADIO (ISMAILIA STADIUM) Costruito nel 1946 per volere del giovanissimo re Faruk I (morto in esilio in Italia nel 1965 e grande appassionato di calcio) nell’ambito del processo di sviluppo dello sport che aveva iniziato suo padre Fuad. Ha una capienza di 18.525 spettatori (raggiunta in seguito alla ristrutturazione del 2009) ed è stato uno dei sei impianti dell’ultima Coppa d’Africa ospitata dall’Egitto nel 2006. ONE TO WATCH (BENSON SHILONGO, NAMIBIA, 1992) Il numero nove titolare della nazionale namibiana è il nuovo centravanti dell’Ismaily. Attaccante dalle lunghe leve e forte di testa, avrà il compito di non far rimpiangere il colombiano Calderón. Nel 2018 Shilongo è passato brevemente per l’Al-Assiouty (l’odierno Pyramids): 2 partite e 2 gol.
LA FORMAZIONE: 4-5-1 SISTEMA DI GIOCO Nell’ultimo mese si sono succeduti ben tre allenatori sulla panchina dell’Ismaily. Janevski ha esordito da poco e per ovvi motivi non ha ancora modellato la squadra secondo le sue convinzioni. Con gli egiziani relegati in zona retrocessione in campionato, il primo obiettivo sarà trovare compattezza. #WeAreIsmaily
CS COSTANTINOIS (ALGERIA) RICORDO INTERNAZIONALE Questa è la seconda partecipazione del Constantine alla CAF Champions League, la prima alla fase a gironi, il che potrebbe già essere considerato un successo dopo il secondo trionfo nel campionato algerino nel 2018. Ma il miglior risultato del CSC al di fuori dei confini nazionali risale al 1917, quando sotto il nome di Étoile Club Musulman Constantinois (ECMC) vinse il Campionato Nordafricano di Calcio, una vecchia competizione organizzata dall’allora Unione delle Società Sportive Francesi (USFSA). Questa competizione, però, non è riconosciuta dalla FIFA. LO SAPEVI CHE? C’è una diatriba riguardante la fondazione del club. La data ufficiale riconosciuta dalla Lega algerina è il 26 giugno 1926, giorno in cui la società adottò il nome attuale di CS Constantinois. Il club, invece, rivendica come data di nascita il 26 giugno 1898, facendo leva sul fatto che la società fu fondata sotto un altro nome (Ikbal Emancipation) e continuò a esistere con altre denominazioni fino al ‘26. Quest’ultima data renderebbe il CSC la squadra più antica d’Algeria. STADIO (STADE MOHAMED HAMLAOUI) I lavori di costruzione presero il via nel 1971. Nel 1973 lo stadio, dedicato alla memoria di un martire della rivoluzione, fu inaugurato il 5 luglio in occasione dell’undicesimo anniversario dell’indipendenza algerina. Nel 2017 la struttura ha ospitato un paio di partite della nazionale ed è molto cara all’ES Sétif che qui ha festeggiato ben tre trofei: la Coppa dei Campioni del 1988 e le Supercoppe d’Algeria del 2015 e del 2017. ONE TO WATCH (SID ALI LAMRI, ALGERIA, 1991) Campione d’Africa con l’ES Sétif nel 2014, Lamri è il collante perfetto tra i reparti del Constantine: grazie a lui la squadra rimane corta, gestisce la sfera quando ne è in possesso e riparte in contropiede. Esperienza e intelligenza da vendere.
LA FORMAZIONE: 4-3-3 SISTEMA DI GIOCO Il Constantine del tecnico francese Denis Lavagne è una squadra collaudata e molto speculativa. Conscio della propria dimensione, tende ad aspettare l’avversario per colpire attraverso le rapide ripartenze di frecce come Djabout e Belkacemi.
CLUB AFRICAIN (TUNISIA) RICORDO INTERNAZIONALE Il ricordo più dolce per la parte biancorossa di Tunisi risale senza ombra di dubbio al 1991. In quella edizione dell’allora Coppa dei Campioni africana, il Club Africain si aggiudicò il suo primo titolo internazionale - fatta eccezione per le vecchie competizioni regionali maghrebine e nordafricane. Fu un percorso netto in cui il Club Africain, trascinato dai 6 gol a testa di Faouzi Rouissi e Adel Sellimi, eliminò in ordine il Requins de l’Atlantique beninese (7-2) e il Djoliba maliano (2-0) nei primi due turni, il Wydad Casablanca (2-1) ai quarti e il Nkana zambiano in semifinale ai rigori. In finale, a cadere fu il Nakivubo Villa SC (oggi solo Villa SC) ugandese: 7-3 il totale tra andata e ritorno. LO SAPEVI CHE? Il Club Africain fu la prima squadra la cui dirigenza era composta interamente da tunisini musulmani (così come la rosa dei calciatori) sin dalla fondazione. L’Espérance, fondato quasi un anno e mezzo prima, fu inizialmente costretto a nominare un presidente francese per imposizione del regime coloniale. STADIO (STADIO OLIMPICO DI RADÈS) Inaugurato nel 2001 in occasione dei Giochi del Mediterraneo, divenne ben presto la casa della nazionale tunisina, dell’Espérance e del Club Africain - perlomeno per le partite internazionali visto il progressivo deterioramento dell’impianto di El Menzah, dove i biancorossi sollevarono la Champions del 1991 e dove faranno ritorno per le prime partite del girone, visto che Radès è ora in ristrutturazione. ONE TO WATCH (YASSINE CHAMAKHI, TUNISIA, 1995) Dopo un paio di prestiti in seconda divisione per farsi le ossa, Chamakhi è tornato alla base nella scorsa stagione, contribuendo in minima parte alla rimonta in campionato e alla vittoria in Coppa di Tunisia. Agile, rapido e dal sinistro fatato è la miccia che accende gli attacchi del Club Africain. Quest’anno, tra partenze e infortuni, si sta caricando la squadra sulle spalle ed è pronto al definitivo salto di qualità.
LA FORMAZIONE: 4-2-3-1 SISTEMA DI GIOCO Il Club Africain sta vivendo un periodo finanziariamente complicato e in questo momento fatica a mostrare un’identità di gioco. Ellili, attuale tecnico, è stato preso più per mancanza di alternative ed è storicamente un traghettatore, ma non si può dire che non infondi determinazione e grinta nei suoi giocatori. #ForzaCA
MAZEMBE (RDC) RICORDO INTERNAZIONALE Il TP Mazembe, il club più blasonato dell’Africa nera e uno dei più vincenti dell’intero continente, può vantare in bacheca ben cinque Champions League, due Confederation Cup, tre Supercoppe e una vecchia Coppa delle Coppe africana. Una società certamente prestigiosa quella della RD Congo, anche se il trionfo più ricordato non è fisicamente presente in bacheca. Nel 2010, dopo aver liquidato l’Espérance con un 6-1 totale nella finale di Champions, il Mazembe divenne la prima formazione africana a raggiungere la finale del Mondiale per Club. La squadra del tecnico senegalese Lamine N’Diaye e dell’istrionico portiere Robert Kidiaba (eletto da poco nel parlamento congolese) sconfisse 1-0 il Pachuca ai quarti di finale ed eliminò clamorosamente l’Internacional di D’Alessandro, Oscar e Leandro Damião in semifinale con un netto 2-0. Il cammino verso la gloria venne interrotto in finale dall’Inter di Benítez: 3-0 con reti di Pandev, Eto’o e Biabiany. LO SAPEVI CHE? Nel nome attuale della squadra, la sigla TP in francese sta per “Tout Puissant” (Onnipotente), mentre Mazembe in lingua kiswahili significa “bulldozer, ruspa”. Entrambe le parti del nome prendono spunto dalla forza dirompente che la squadra, quasi invincibile, dimostrò in patria sin dalla fondazione. Con un’eccezione: se la sigla TP fu inserita quando ancora il club si chiamava Englebert, in onore all’azienda di pneumatici belga che ne deteneva la proprietà, Mazembe sostituì il nome della compagnia in segno di ribellione contro il potere coloniale. STADIO (STADE TP MAZEMBE) Sorto nel 2012 nell’area popolare di Kamalondo, periferia di Lubumbashi in cui nacque il Mazembe, lo stadio che ha sostituito il vecchio e glorioso Mwanke è un impianto moderno (prato in erba sintetica) e compatto (18 mila posti a sedere). Ospitò il suo primo match internazionale il 22 luglio 2012 in occasione di una partita del girone B della Champions League contro il Berekum Chelsea ghanese. ONE TO WATCH (TRÉSOR MPUTU, RDC, 1985) Giunto alla veneranda età di 33 anni, Mputu continua a rappresentare il faro offensivo del Mazembe: tecnico, creativo, è sempre in grado di trovare l’imbeccata giusta che porta alla rete. È uno dei migliori marcatori della Champions africana e ha sfiorato più volte l’Europa in passato, ma vicissitudini varie lo hanno spinto a restare a Lubumbashi a vita (se si eccettua una stagione disputata in Angola).
LA FORMAZIONE: 4-2-3-1 SISTEMA DI GIOCO Il Mazembe sta attraversando un ricambio generazionale, ma la presenza del tecnico Kazembe - che partecipò all’impresa del Mondiale per Club nel 2010 - fa sì che il club mantenga la sua identità: gioco offensivo, molto fisico ed esplosivo che non lascia respirare gli avversari. Pecca nella fase difensiva.
GIRONE D AL-AHLY (EGITTO) SIMBA SC (TANZANIA) JS SAOURA (ALGERIA) AS VITA (RDC)
AL-AHLY (EGITTO) RICORDO INTERNAZIONALE L'Al-Ahly ha vinto otto volte la Coppa dei Campioni d'Africa/CAF Champions League, ma il trionfo del 2012 ha avuto un sapore speciale. In finale i “Diavoli Rossi” affrontano i temibili tunisi dell'Espérance, ma in campo gli egiziani hanno una motivazione extra: vincere per onorare al meglio la memoria dei 72 tifosi Ahlawy deceduti nella tragedia di Port Said di qualche mese prima. Ci riusciranno: dopo aver pareggiato 1-1 in Egitto, l'Al- Ahly, guidato dal leggendario Mohamed Aboutrika, espugna lo Stadio Olimpico di Radès, alzando al cielo la settima CAF Champions League della storia. Durante i festeggiamente tutti i "Diavoli Rossi" rivolgeranno un pensiero ai tifosi periti a Port Said, infilandosi una maglietta con il numero 72 in bella mostra: "Volevamo questo trofeo a tutti i costi per dedicarlo alle famiglie dei martiri di Port Said", dichiarerà commosso il centrocampista Abdallah Said. LO SAPEVI CHE? Lo stemma dell'Al-Ahly ha visto la luce nell'ormai lontanissimo 3 novembre 1917. A disegnarlo fu nientemeno che Mohammad Sherif Sabry Bek, zio del re Faruq, membro del club in quel periodo. STADIO (CAIRO INTERNATIONAL STADIUM) Progettato dall'architetto tedesco Werner March e inaugurato il 23 Luglio del 1960, in occasione delle celebrazioni per la caduta di re Faruq, lo Stadio Internazionale del Cairo, conosciuto anche come "Stad El Qahira El Dawly", ha un enorme valore simbolico per il calcio egiziano. In questo impianto, infatti, l'Egitto ha vinto la Coppa d'Africa nel 1986 e nel 2006. Ad oggi, però, l’Al-Ahly disputa le proprie partite internazionali nello stadio militare di Borg El Arab, ad Alessandria, per motivi di ordine pubblico. ONE TO WATCH (SALAH MOHSEN, EGITTO,1998) Veloce, agile e dotato di un ottimo dribbling, lo scorso settembre, segnando al Niger, Salah Mohsen è entrato nel gotha dei marcatori più giovani di sempre della nazionale egiziana. Naturalmente è già sul taccuino di tutte le big europee, anche se nell'ultimo periodo all'Al-Ahly non ha avuto un grande minutaggio.
LA FORMAZIONE: 4-2-3-1 SISTEMA DI GIOCO Cambia l'allenatore, ma non la filosofia di gioco. L'Al-Ahly conserva la sua vocazione prettamente offensiva, come testimoniano anche i ultimi recenti acquisti del club egiziano: Ramadan Sobhi, tornato in patria dopo un'incolore esperienza iin Inghilterra, e Hussein El Shahat, pagato a peso d'oro all'Al Ain. Frecce acuminate affiancate dal talento visionario di Walid Soliman e a supporto di uno dei cannonieri più prolifici del calcio africano come il marocchino Walid Azaro, saranno pedine fondamentali per dare forma e sostanza al 4-2-3-1 dell’uruguayano Martin Lasarte. In difesa, invece, rischia di rivelarsi pesante la partenza del maliano Salif Coulibaly, perno difensivo dei "Diavoli Rossi" passato agli iracheni dell'Al-Shorta per una questione di quote di stranieri da alleggerire. #YallaYaAhly
SIMBA SC (TANZANIA) RICORDO INTERNAZIONALE Il Simba, “leone” in lingua swahili, nel 1974 si spinse sino alle porte della finale della vecchia Coppia dei Campioni d'Africa, everest mai più toccato in futuro da altre formazioni tanzaniane. A fermare la cavalcata dei “Wekundu wa Msimbazi”, famosi all’epoca per avere come presidente Abubakar Mwilima, sindacalista e politico di spicco del governo di Julius Nyerere, furono gli egiziani del Ghazl Al-Mehalla. Ma solo ai calci di rigore: tra andata e ritorno, infatti, le squadre si equivalsero, con i tanzaniani capaci di battere 1-0 gli egiziani nel primo round grazie a un gol dell'indimenticabile Saad Ali. LO SAPEVI CHE? Nel 1993 il Simba raggiunse la finale di un torneo continentale, l'ormai defunta Coppa della CAF, ma fu battuto in maniera netta dagli ivoriani dello Stella Club d'Adjamé (2- 0 totale). STADIO (TANZANIA NATIONAL MAIN STADIUM) Costruito dai cinesi della Beijing Construction Engineering Group e inaugurato nel 2007, il National Stadium della capitale Dar es Saalam ha sostituito il vecchio stadio di Uhuru come impianto di riferimento della Tanzania. Una curiosità: nel 2008, a un anno dal taglio del nastro, 70.000 persone hanno assistito al primo derby della capitale tra Simba e Young Africans. Una cifra notevole, considerando che generalmente l’affluenza per le gare interne di queste due formazioni è piuttosto bassa. ONE TO WATCH (EMMANUEL OKWI, UGANDA, 1992) Sgusciante ala sinistra e pedina fondamentale dell’Uganda recentemente qualificata alla prossima Coppa d’Africa, Emannuel Okwi è un giocatore dal talento cristallino e un vero crack per il campionato tanzaniano, tanto da far litigare qualche anno fa Simba e Young Africans per una spinosa vicenda contrattuale.
LA FORMAZIONE: 4-3-3 SISTEMA DI GIOCO Squadra giovane e dinamica, il Simba si esalta quando può aspettare l'avversario e ripartire in contropiede, possedendo un'arma potenzialmente letale come la rapidità supersonica dell'ugandese Emmanuel Okwi per ribaltare il fronte di gioco in un baleno. I tanzaniani, allenati dal belga Patrick Aussems, noto estimatore del calcio di possesso, comunque, se la cavano discretamente anche quando c'è da fare la partita, potendo schierare un centrocampo ben assortito, sia per caratteristiche che per esperienza globale. #NguvuMoja
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