Strumenti_ 9 Le campagne di comunicazione sull'active ageing in Europa - A cura di Sante Marchetti e Giuliana Scarpetti - Sviluppo Mercato dei ...

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                             Le campagne di
                             comunicazione sull’active
                             ageing in Europa

                          A cura di Sante Marchetti e Giuliana Scarpetti

                            ISSN 2037-2582

collana strumenti isfol | numero 2010/9 - dicembre | www.isfol.it
Strumenti_ 9 Le campagne di comunicazione sull'active ageing in Europa - A cura di Sante Marchetti e Giuliana Scarpetti - Sviluppo Mercato dei ...
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione             Strumenti Isfol è la collana elettronica che raccoglie tutti i contributi
professionale dei lavoratori, è stato istituito con DPR n.     che   l’Isfol   realizza   con   specifiche    finalità   operative,   come
478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca         strumentazione a disposizione degli operatori e dei non-specialisti,
nel 1999 ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del      anche nell’ambito di committenze esterne vincolanti.
lavoro e delle politiche sociali. L’Istituto opera nel
campo della formazione, delle politiche sociali e del          La collana ha l’obiettivo di rendere disponibili non solo particolari

lavoro al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione   elaborati teorici per la comunità scientifica ma anche una vasta

ed al miglioramento delle risorse umane. L'Isfol svolge        tipologia di prodotti (quali kit, manuali, dispositivi operativi e opuscoli a

e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione,       fini divulgativi, atti di convegni, ecc.) per un target di utenti più ampio.

documentazione,       informazione       e     valutazione,
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tecnico-scientifico al Ministero del lavoro, ad altri
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pubbliche e private, sulle politiche e sui sistemi della
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Responsabile Servizio comunicazione web
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Redazione:
Federica Carboni, Paola Piras, Costanza Romano,
Aurelia Tirelli, Matilde Tobia
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Autori:                                                    Ringraziamenti

Sante Marchetti - Ricercatore Isfol                        Si desidera ringraziare vivamente tutti coloro che, nei vari Paesi,
                                                           hanno contribuito alla raccolta dei dati e delle informazioni
Introduzione, par. 1.1, Premesse generali e par. 1.2, Il   contenute in questo rapporto e si sono prestati ad approfondirne
caso Italia                                                diversi aspetti non sempre evidenti. Senza la loro disponibilità e il
                                                           loro prezioso contributo questa ricognizione europea non avrebbe
Paolo Baldi - Media Consultant, specializzato in “Studi    potuto essere effettuata:
comparativi sui media europei”
                                                           •    Mme      Dominique        Jérémiasz,      Chef        de   la    mission
Introduzione, par 1.3, Le campagne di comunicazione e
                                                                communication, Délégation générale à l’emploi et à la
Capitoli 1-2-3-4-5-6-7
                                                                formation    professionnelle;       Ministère    de    l’économie,    de
Fabrizio Pasanisi - Giornalista professionista,                 l’industrie e de l’emploi (Parigi, Francia);
specializzato in “Giornalismo e comunicazioni di massa”
                                                           •    Mme     Dominique         Allory,     Délégation       Information     et
Introduzione, par. III, Le campagne di comunicazione e          Communication; Ministère du travail, des relations sociales et
Capitoli 1-2-3-4-5-6-7                                          de la solidarité (Parigi, Francia);

Elaborazioni statistiche a cura di Luca Mattei             •    Mr Arthur Phillips, Age Positive / Extending Working Lives;
                                                                Department     for    Work      and     Pensions      (Sheffield,    Gran
                                                                Bretagna);
                                                           •    Dr Elisa Zechner, Ageing, Population and Volunteering
                                                                Policies; Federal Ministry of Labour, Social Affairs and
                                                                Consumer Protection (Vienna, Austria);
                                                           •    Mr Julius Op De Beke, Unit E1 Demography and Social
                                                                Analysis;    DG      Employment        Social    Affairs   and      Equal
                                                                Opportunities; European Commission (Bruxelles, Belgio);
                                                           •    Mr Giles Goodall, Press Officer; DG Employment, Social Affairs
                                                                and Equal Opportunities (Bruxelles, Belgio);
                                                           •    Mr Alexander Belopopsky, Senior Communication & Public
                                                                Information Officer; ISSA – ILO (Svizzera)
                                                           •    Mr Jan Strøbæk, Specialkonsulent; Arbejdsmarkedsstyrelsen
                                                                (Copenaghen, Danimarca)
                                                           •    Mrs    Karen      Lund;     KL's    center      for    ledelsesudvikling
                                                                (Copenaghen, Danimarca)
                                                           •    Mr Åsmund Lunde, Direktør; Senter for seniorpolitikk (Oslo,
                                                                Norvegia)
                                                           •    Mrs Karolina Mackiewicz, Project Secretary; Baltic Region
                                                                Healthy Cities Association (Turku, Finlandia)
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INDICE

ABSTRACT
PREMESSA
1. INTRODUZIONE
1.1     Alcuni elementi di contesto
1.2     La situazione italiana dell’offerta di lavoro matura
1.3     Nota metodologica

2. GRAN BRETAGNA
2.1     La Campagna “Age Positive”
2.2     La Campagna “Be Ready”
2.3     “Building a society for all Ages”
2.4     “Extending working life”: alla ricerca dell’efficacia

3. FRANCIA
3.1     Il Piano Nazionale in favore dei senior
3.2     Il portale web “Pour l’emploi des seniors”
3.3     Ulteriori evoluzioni

4     DANIMARCA
4.1     Le politiche verso i senior
4.2     La Campagna di comunicazione “Seniorpraksis”
4.3     Guida al sito Seniorpraksis
4.4     Attività previste per il 2010

5     NORVEGIA
5.1     Una politica dedicata ai senior
5.2     La Campagna di comunicazione “VinnVinn”
5.3     Guida alla Campagna VinnVinn
5.4     Lo sapevate che…
5.5     Ulteriori informazioni

6     LE INIZIATIVE NEGLI ALTRI PAESI
6.1     Germania
6.2     Austria
6.3     Svizzera
6.4     Svezia
6.5     Finlandia

                                                                 1
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7     GLI ORGANISMI INTERNAZIONALI
7.1     Introduzione
7.2     Il Resource Package di Eurofound (UE)
7.3     La Commissione Europea
7.4     L’International Social Security Association (ISSA)

8     CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
8.1     C’è campagna e campagna
8.2     Sensibilizzare o informare?
8.3     I contenuti della comunicazione
8.4     Il ruolo strategico della ricerca

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

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ABSTRACT

In questo rapporto realizzato nell’ambito dell’attività Ricognizione e analisi delle azioni locali a
supporto del prolungamento della vita attiva1 – che ha come obiettivo la messa a regime di un
sistema di osservazione dei fenomeni in atto sul tema e la possibile diffusione dei modelli di intervento più
efficaci, realizzati in ambito nazionale ed europeo – vengono presentati i risultati di una ricognizione delle
principali attività informative e delle campagne a sostegno dei programmi nazionali per l’invecchiamento
attivo (active ageing) svolta a livello europeo nel periodo giugno-novembre 2009. Lo studio è preceduto da
una parte introduttiva che mostra a grandi linee l’evoluzione demografica in Europa e in Italia, e le sue
ricadute sul mercato del lavoro, prendendo in considerazione soprattutto l’aspetto delle “discriminazioni
basate    sull’età”    ed    il   fenomeno       degli    “scoraggiati     maturi”      in   un’ottica     di   superamento         della
percezione/autopercezione negativa dell’anziano. Diversi paesi europei hanno organizzato ripetute campagne
di comunicazione – orientate ai lavoratori, alle imprese e all’insieme dei cittadini – allo scopo di rafforzare la
capacità di penetrazione delle misure in favore dell’invecchiamento attivo e di modificare gli stereotipi
culturali relativi alle persone mature. Il rapporto ha inteso analizzare unicamente le campagne che
perseguivano i seguenti obiettivi: valorizzare l’immagine dei lavoratori anziani e dei senior; ritardare al
massimo l’età di pensionamento; favorire un rapido re-inserimento dell’anziano che ha perso il lavoro.
L’attenzione si è concentrata su quattro Paesi – Gran Bretagna, Francia, Danimarca e Norvegia in
quanto casi meritevoli di approfondimento. Per quanto riguarda la Norvegia e la Danimarca, Paesi – come
tutti quelli nordici – che occupano i primi posti della classifica elaborata da EUROSTAT sulle percentuali di
lavoratori anziani che sono ancora al lavoro, appariva importante verificare come questi brillanti risultati
fossero stati ottenuti. In quanto alla Gran Bretagna e alla Francia è sembrato necessario approfondire la
situazione in almeno due dei cinque grandi paesi europei. La Gran Bretagna ha già raggiunto l’obiettivo
europeo della quota del 50% di lavoratori anziani occupati entro il 2010, vantando una politica più che
decennale in materia di active ageing; la Francia, che stenta a raggiungerlo, è obbligata a investire molte
energie e denaro nelle campagne di comunicazione. Dopo aver analizzato i quattro Paesi più significativi ai
fini della ricerca, il rapporto prende in considerazione i Paesi in cui non esistono attualmente vere e proprie
campagne – sia perché non si ritiene ce ne sia bisogno, sia perché non si sono ancora raggiunte le condizioni
per farle – e le iniziative di livello internazionale che hanno raggiunto quasi tutti i paesi europei. Nel capitolo
conclusivo vengono infine messe in luce quelle tematiche che rivestono un’importanza trasversale: i diversi
modi di concepire una campagna di comunicazione; la correlazione tra il tipo di campagna effettuata e le
misure già intraprese in un determinato Paese; i diversi contenuti che la comunicazione utilizza per
sensibilizzare i vari target; l’importanza, ai fini del successo di una campagna, della ricerca di tipo strategico-
preventivo.

    1    L’attività risponde alla priorità segnalata dal Ministero del Lavoro, di contribuire alla definizione di politiche a supporto del
    prolungamento della vita attiva nell’ottica della definizione di un piano nazionale di active ageing.

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The research presented in this report was realized within the ISFOL project “Analysis of local actions in
support of active ageing”. It presents findings from a study concerning information activities and
campaigns in support of national programs for active ageing, which was carried out in selected European
countries between June and November 2009. The study is introduced by a chapter summarizing European
and Italian demographic trends and their impact on labour market, especially considering problems of age
discrimination and the phenomenon of seniors’ job search frustration. Several European countries have
organized periodic communication campaigns – addressed to workers, enterprises and citizens – in order to
enhance the penetration of measures to promote active aging and to change cultural stereotypes related to
elderly. This research intended to analyze only campaigns that had the following objectives: promoting the
image of older workers and seniors; delaying retirement; supporting re-insertion of the elderly who lost their
jobs. The report focus on four countries: United Kingdom, France, Denmark and Norway, as cases worthy of
consideration. As regards Norway and Denmark, which are, like all Nordic countries, high in the ranking by
EUROSTAT as concerns the share of older persons who are still at work, it seemed important to verify how
they were able to achieve such brilliant success, looking at communication contribution. As to UK and
France, they were included because part of the group of the five major European countries. The UK has
already achieved the European goal of 50% share of older workers employed by 2010, after more than ten
years of policy on active ageing. On the other side, France, which is struggling to reach the benchmark, is
currently obliged to invest considerable efforts and money in policy interventions and supporting campaigns.
After analyzing these nations, the report takes into consideration countries in which there aren’t on going
communication campaigns, either because a lack in demand, or because there aren’t yet the conditions to
organize them. Finally, international communication initiatives that have reached almost all European
countries are considered. In the final chapter, four issues are highlighted, concerning different ways to
design a communication campaign: the correlation between types of campaigns and measures already
implemented within a country; types of content the communication uses to sensitize the various target
groups; the importance of a strategic framing in order to plan a successful a campaign.

                                                                                                            4
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PREMESSA

Le dinamiche demografiche che caratterizzano gli ultimi decenni, non solo nel nostro paese ma su scala
mondiale, vengono riconosciute tra i fattori di cambiamento più importanti della nostra epoca. La riduzione
delle nascite, l’innalzamento dell’età media della popolazione, l’incremento della speranza di vita in buone
condizioni di salute si manifestano come potenti forze di trasformazione della società, che richiedono a loro
volta ulteriori mutamenti dell’organizzazione sociale, un progressivo ridisegno di molti sistemi istituzionali,
economici e sociali ed un re-indirizzo di strategie e di risorse.
Anche le abitudini della popolazione, le aspettative e gli orientamenti collettivi vengono sollecitati nella
direzione del cambiamento, che coinvolge individui e famiglie, così come incide significativamente sugli
assetti produttivi e su quelli dei servizi per la collettività, che si trovano a dover rispondere molto
velocemente a nuove necessità.
Una delle principali questioni, che va di pari passo con le dinamiche cui si è fatto cenno, riguarda la
sostenibilità del nostro modello sociale, che verrà messa sotto pressione se non si dovesse intervenire con
misure capaci di innalzare i tassi di occupazione. Tra queste ultime occorre considerare anche quelle a
favore del prolungamento della vita lavorativa, in vista sia di un maggiore equilibrio tra vita attiva e vita in
quiescenza, tra tassi di attività e tassi di dipendenza, sia di una ridefinizione dell’equilibrio tra le fonti di
finanziamento.
L’insieme di questi elementi comporta la necessità di riconsiderare in una prospettiva diversa rispetto al
passato le responsabilità e le opportunità poste davanti alle diverse generazioni ed apre la strada ad approcci
che sappiano considerare in modo nuovo i compiti che riguardano ciascuno di noi nelle successive fasi della
vita. Occorre, dunque, sviluppare la capacità di affrontare una discontinuità anche di tipo culturale, che
mette in gioco abitudini, convinzioni, paradigmi concettuali ed aspettative personali che non di rado
appaiono tra loro contraddittorie. Un esempio tra tanti: nelle indagini europee sulle opinioni dei cittadini in
tema di percezione della discriminazione sul lavoro si sentono ugualmente penalizzati i lavoratori più anziani
e quelli più giovani. Si tratta di fasce di popolazione che manifestano l’esigenza di poter disporre di migliori
prospettive, l’aspirazione ad una valorizzazione più chiara delle proprie competenze, ad una partecipazione
più piena e “di qualità” alla vita attiva. Per le persone appartenenti a queste fasce di età, anche in Italia, è
percepibile un disagio connesso alla sfera del lavoro che, in parte, discende dalla consapevolezza che stanno
cambiando rapidamente molti quadri di riferimento, e che un nuovo disegno non è ancora ben definito.
Come in tutte le fasi di passaggio, bisogna essere preparati a trattare e superare momenti di
disorientamento. Uno degli strumenti che possono essere utilizzati è quello di promuovere una discussione
collettiva che sia basata su informazioni accurate, dati e quadri di tendenza, ipotesi e proposte, esempi tratti
da esperienze già assestate e curando con particolare attenzione la comprensibilità di quanto comunicato.
Proprio in questa prospettiva in molti paesi europei il tema dell’invecchiamento demografico e della necessità
di raggiungere equilibri adeguati in termini di estensione della vita attiva è stato affrontato non solo dal
punto di vista normativo e da quello degli incentivi che facilitino un allungamento della vita lavorativa, ma

                                                                                                               5
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anche facendo ricorso ad ampie campagne di informazione e sensibilizzazione. I destinatari delle campagne
sono stati i lavoratori vicino al ritiro, le aziende interessate da un invecchiamento della forza lavoro ed i
cittadini nel loro insieme; si è ritenuto fondamentale condividere sia con i protagonisti del rapporto di lavoro
sia con la collettività la portata della questione, fornendo informazioni, sollecitando la discussione e
disegnando prospettive per il futuro. Nello stesso tempo sono stati presentati nuovi strumenti normativi
(anche in fase di adozione, come nel Regno Unito) e sono state illustrate le opportunità messe in campo nei
diversi paesi per sostenere un percorso che riguarda direttamente le persone, le famiglie, l’organizzazione
sociale ed il mondo delle imprese.
Frequentemente sono stati sottolineati alle imprese grandi e piccole i benefici che derivano dall’adozione di
strategie di age management, anche predisponendo canali informativi dedicati al settore produttivo (opuscoli
per le aziende, conferenze ad hoc, parti speciali del sito web, ecc.); tra i vantaggi maggiormente sottolineati
si illustrano quelli relativi all’incremento della produttività, ad un maggiore utilizzo di competenze e
qualificazioni rilevanti, alla riduzione dell’assenteismo, all’incremento del benessere personale di molti
lavoratori anziani con positive conseguenze sul clima aziendale. Per i lavoratori vicini al pensionamento, o
per coinvolgere i pensionati più giovani in un percorso di rientro al lavoro, sono state pensate analoghe
iniziative ed allestiti spazi web dedicati. Campagne finalizzate ad una riflessione più ampia sul tema sono
state indirizzate all’opinione pubblica in generale, non solo al fine di mettere in luce il contributo delle
persone non più giovani al benessere collettivo, ma anche di muovere verso una valorizzazione reale delle
responsabilità civili e sociali di ciascuno in tutte le fasi della vita. Molta attenzione è dedicata ai vantaggi che
un approccio intergenerazionale può comportare per tutti, con l’adozione di un sistema alternativo di
distribuzione del lavoro e della sua intensità più corrispondente alle esigenze dell’individuo lungo i diversi
stadi della vita personale e professionale.
Il ricorso alla comunicazione sociale quale supporto per il cambiamento degli atteggiamenti e dei
comportamenti si basa, in questi casi, su un’azione che in primo luogo è di informazione e sostegno ad una
conoscenza articolata della questione, i cui contorni non sempre sono evidenti nella loro complessità.
Elementi importanti riguardano anche la capacità delle campagne di stimolare il coinvolgimento diretto di
ciascuno, motivando la partecipazione al dibattito, nella consapevolezza che             invitare la collettività a
ripensare molte dimensioni che sembravano acquisite per sempre richiede uno sforzo non indifferente.
Molte esperienze hanno dimostrato che la comunicazione sociale può essere uno straordinario strumento di
conoscenza e consapevolezza; specie negli ultimi due decenni il ricorso a questo tipo di intervento, sia da
parte degli Stati che delle organizzazioni senza scopo di lucro, ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti:
le iniziative finalizzate a sensibilizzare la comunità su questioni di valore sociale si moltiplicano di anno in
anno (anche nei periodi in cui la comunicazione commerciale, invece, si contrae). Contemporaneamente la
qualità degli strumenti adottati tende a migliorare, anche in seguito all’utilizzazione dei risultati di studi
valutativi sulle campagne già realizzate; ad esempio, sempre di più la comunicazione sociale realizza
campagne che puntano ad ampliare gli spazi di riflessione sulle questioni affrontate, più che trasmettere
messaggi a senso unico. Anche la quota rappresentata dagli investimenti per la comunicazione sociale

                                                                                                                  6
Strumenti_ 9 Le campagne di comunicazione sull'active ageing in Europa - A cura di Sante Marchetti e Giuliana Scarpetti - Sviluppo Mercato dei ...
cresce, nel tempo, rispetto a quella destinata complessivamente alla comunicazione commerciale. Un altro
aspetto che non può essere dimenticato riguarda il ruolo sempre più centrale che la comunicazione ha
acquisito nell’ambito delle Amministrazioni: attraverso la comunicazione pubblica si intende rispondere alle
esigenze di partecipazione e di informazione dei cittadini sul funzionamento della cosa pubblica e a quelle di
trasparenza degli enti. In questa prospettiva, relativamente nuova nel nostro paese, anche la produzione
normativa considera ormai la comunicazione una delle funzioni strategiche delle amministrazioni, la cui
attenzione a criteri di rendicontabilità nei confronti dei cittadini e di orientamento alla soddisfazione degli
utenti dei servizi è uno dei pilastri della recente attività legislativa ed organizzativa.
È a partire da questi due punti di vista che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha commissionato
all’Isfol uno studio che descrivesse ed analizzasse le campagne sviluppate in alcuni paesi a sostegno di un
nuovo atteggiamento dei cittadini e delle imprese nei confronti del prolungamento della vita lavorativa. Si
trattava, infatti, di poter disporre di una ricognizione di esperienze di comunicazione sociale sull’active ageing
che, da una parte, individuasse le tipologie di intervento comunicativo promosse in Europa per rafforzare
nell’opinione pubblica la consapevolezza circa una questione tra le più rilevanti che le nostre società si
trovano ad affrontare, e dall’altra di acquisire elementi anche qualitativi, utili alla eventuale adozione di
iniziative analoghe.

                                                                              Diana Gilli
                                                   Dirigente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
                                                            Direzione generale del mercato del lavoro

                                                                                                                  7
1. INTRODUZIONE

1.1 Alcuni elementi di contesto
La Commissione delle Comunità europee ha presentato a marzo del 2009 le nuove proiezioni demografiche
che confermano la probabilità, da qui al 2060, che la popolazione europea rimanga quantitativamente quasi
immutata, ma divenga nettamente più anziana. Si passerà da un rapporto di quattro persone in età
lavorativa (tra i 15 e i 64 anni) per ogni persona oltre i 65 anni, ad un rapporto di solo due a uno. Il calo più
considerevole dovrebbe registrarsi durante il periodo tra il 2015 e il 2035, in coincidenza con il
raggiungimento dell’età della pensione dei figli del baby-boom2.
In questo contesto, la crisi economica in corso andrà, peraltro, a minare due pilastri del futuro benessere
europeo: l'occupazione e la coesione sociale, ampliando le differenze in ricchezza e reddito sia tra gruppi di
persone, che tra Stato e Stato. I più significativi segni di deterioramento, per quello che attiene il mercato
del lavoro, hanno iniziato a mostrarsi nella seconda metà del 2008 e si prevede in prospettiva un ulteriore
peggioramento per il 2010. Nel 2008 l’occupazione europea è stata caratterizzata, in generale, da una
caduta della domanda di nuovi lavoratori (-30%), una contrazione del mercato (-4,3 milioni di posti di
lavoro) e una crescita della disoccupazione specialmente nei gruppi storicamente deboli quali i giovani, i
lavoratori con bassi livelli di istruzione e i migranti3.
In base ai recenti dati forniti da EUROSTAT, i giovani tra i 15-24 anni sono risultati essere la fascia più
colpita dalla crisi, con un calo dell'occupazione del 7,3%. All'opposto, la popolazione over 55 ha retto bene
l'urto mostrando un rialzo intorno al 3% nella fascia 55-64 anni. Gli anziani, quindi, appaiono meno a rischio
di perdita del posto di lavoro, ma hanno mostrato serie difficoltà di re-impiego in caso di licenziamento. Lo
sviluppo di questo andamento si riflette anche nell'evoluzione dei tassi di disoccupazione. Dal marzo 2008 al
secondo trimestre del 2009 si è registrato un aumento della disoccupazione del 2,4%, che tocca in maniera
differente le varie categorie. In questo periodo di crisi, emerge un quadro del disoccupato medio
identificabile come maschio, tra i 25 e i 54 anni, poco qualificato e con basso livello di istruzione. Se
prendiamo in esame esclusivamente il fattore età possiamo riscontrare che il 69% dell'aumento della
disoccupazione ricade nella fascia di età 25-54, seguita dai giovani fra i 15 e i 24 (23%) e dagli over 55
(8,7%)4. Le conseguenze sociali a cui stiamo andando incontro appaiono dunque gravi: gli Stati Membri non
dovrebbero perdere di vista gli obiettivi a lungo termine5, proseguendo con le necessarie riforme strutturali.
Prima che la crisi scoppiasse, circa un terzo della popolazione adulta era senza lavoro, né lo cercava; questo

    2     Commissione delle Comunità europee, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
    economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Bruxelles, 29.4.2009 COM(2009) 180 definitivo. Gestire l’impatto
    dell’invecchiamento della popolazione dell’Unione Europea (relazione sull’invecchiamento attivo), p. 3.
    http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0180:FIN:IT:PDF

    3    European Commission, Draft report from the Commission to the Council - Draft Joint Employment Report (JER) 2009/2010,
    Brussels, COM(2009) XXX (provisional). http://www.europolitique.info/pdf/gratuit_fr/263131-fr.pdf

    4   European Commission, Employment in Europe 2009, pp. 37-40. http://www.europolitique.info/pdf/gratuit_fr/263131-fr.pdf

    5   Ci si riferisce ai ben noti obiettivi della SEO.

                                                                                                                                8
sottolinea l'importanza del perché sia necessario assicurarsi che i recenti disoccupati siano preservati dallo
scivolare nell'inattività e nell'esclusione lavorativa. I dati sopra citati prefigurano infatti uno scenario in cui la
fascia dei giovani (15-24) ha ed avrà sempre più difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro – oltre ad
assottigliarsi numericamente – mentre la fascia 25-54 (prime-age), la più numerosa, tenderà ad essere
espulsa.
Il messaggio che la Commissione Europea6 propone è quello di trovare il giusto bilanciamento tra misure
d’urgenza e politiche di lungo raggio, in modo che le azioni intraprese per contrastare la crisi possano
contribuire ad aumentare l'occupazione e le prospettive di crescita a medio termine.
Gli interventi d’urgenza, volti a ridurre ulteriormente le rigidità dell’attuale mercato del lavoro, debbono
coniugarsi con i principi di flessicurezza enunciati nella Strategia di Lisbona, essere tempestivi, determinati
nel tempo ed essere modellati su specifici target. In linea con questo approccio generale, la Commissione7
ha identificato una serie di principi a cui gli Stati membri dovrebbero attenersi:
•   preservare i posti di lavoro esistenti, mantenendo i lavoratori occupati attraverso la flessicurezza;
•   assicurare un rapido reinserimento nel mercato del lavoro attraverso la riqualificazione e la formazione
    professionale delle categorie svantaggiate;
•   facilitare la mobilità dei lavoratori all'interno del Mercato unico;
•   integrare le misure mirate alla revisione della legislazione protezionistica dell'occupazione entro un
    approccio di flessibilità, in modo da ridurre la segmentazione del mercato e migliorarne la funzionalità.
In particolare, viene sottolineata l’importanza di allontanarsi dalle politiche che facilitavano la fuoriuscita
prematura dei lavoratori anziani attraverso l'uso del pensionamento anticipato, onde evitare conseguenze
negative in termini di ripresa economica8. Anche se l'innalzamento del tasso di partecipazione della forza
lavoro matura (55-64) al livello delle coorti dei giovani non produrrebbe significativi miglioramenti
nell'incremento del prodotto interno lordo pro capite, supportare il prolungamento della vita attiva dei
lavoratori maturi contribuirebbe in maniera positiva alla ripresa economica e alla sostenibilità sul lungo
periodo delle finanze pubbliche9. È ormai chiaro, però, che “lavorare in rete” è l’unica modalità per emergere
rapidamente dalla crisi che attanaglia il mercato del lavoro. È necessaria una cooperazione tra tutti gli attori

    6    Commission Communications: “From Financial crisis to recovery: A European framework for action”. EU COM(2008)706,
    Brussels, 29.10.2008 http://ec.europa.eu/employment_social/esf/docs/from_crisis_to_recovery_en.pdf
    and “A European Economic Recovery Plan”, COM(2008)800, Brussels, 26.11.2008. In: European Commission, Occasional Papers
    51/July 2009 – The EU’s response to support the real economy during the economic crisis: an overview of Member States’ recovery
    measures, pp.31-45. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0800:FIN:EN:PDF

    7   Commission Communication for the Spring European Council, “Driving European recovery”, COM(2009)114.
        http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0114:FIN:EN:PDF

    8     European Commission, Occasional Papers 51/July 2009 – The EU’s response to support the real economy during the economic
    crisis: an overview of Member States’ recovery measures, pp.31-45.
        http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication_summary15670_en.htm

    9    UN Department of Economic and Social Affairs “Development in an Ageing World” - World Economic and Social Survey 2007.
    Il documento è scaricabile da: http://www.un.org/esa/policy/wess/wess2007files/wess2007.pdf.

                                                                                                                                 9
interessati: azioni portate avanti singolarmente, anche da attori istituzionali, non risulterebbero efficaci10.
Anche se in maniera diversa, individui, imprese, istituzioni nazionali ed europee devono farsi carico di alcuni
oneri:
•   i    singoli,    adottando        atteggiamenti         proattivi      volti    alla     sviluppo       di    nuove       competenze,
    all’autoimprenditorialità, alla ricerca attiva del lavoro intesa come analisi obiettiva dei contesti
    socioeconomici di residenza;
•   le imprese, adottando una nuova visione della propria responsabilità sociale che non si fermi al momento
    della cessazione del rapporto lavorativo ma continui sino al ricollocamento del licenziato;
•   i Governi nazionali, modificando quei meccanismi e quelle politiche esistenti che favoriscono il ritiro
    anticipato dal lavoro, ad esempio riformando i sistemi pensionistici; implementando una politica
    sull’invecchiamento attivo attraverso la promozione di politiche attive nel mercato del lavoro;
    promuovendo l’apprendimento permanente o sviluppando campagne informative che contrastino
    l’immaginario negativo nei confronti dei lavoratori maturi11;
•   la Comunità europea, creando un quadro legale comune con leggi che garantiscano i diritti dei lavoratori
    in transizione.
A tale proposito, l’Unione Europea si è posta in prima linea nell’introdurre una legislazione di
antidiscriminazione globale. Con la Direttiva CE n. 2000/78 (emanata contestualmente alla Strategia di
Lisbona), gli Stati membri dovevano prendere le misure necessarie per assicurare che:
•   tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di
    trattamento vengano abrogate;
•   tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o
    nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro
    autonomo, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, siano o possano essere dichiarate nulle
    e prive di effetto oppure siano modificate (art 16).
Da quel momento il divieto di discriminazione per motivi di età ha acquisito rilevanza giuridica e la lotta alla
discriminazione si è sviluppata anche nel mondo del lavoro. In Italia il recepimento della Direttiva è avvenuto
con il Decreto legislativo del 9 luglio 2003 n. 216, in base al quale il divieto di discriminare in ragione dell’età
riguarda ogni singola fase del rapporto di lavoro: dall'accesso, allo sviluppo professionale sino al termine del
contratto12.
Per promuovere una crescita economica in una società che invecchia, è di fondamentale importanza
combattere la discriminazione basata sull’età, in particolare rimuovendo gli stereotipi negativi legati
all’immagine dell’anziano sul posto di lavoro.

    10 P. Checcucci (a cura di), Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego, Isfol, Collana digitale Analisi, n.
    1/2009. http://www.isfol.it/Documentazione/index.scm.
    11 Riccio G., Scassellati A. (a cura di), Le politiche aziendali per l'age management. Materiali per una strategia nazionale per
    invecchiamento attivo, Roma, ISFOL, (Monografie del Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, 1/2008).
    12 Naddeo P., I fattori che intervengono sulla permanenza al lavoro dei lavoratori maturi, in P. Checcucci (a cura di), Le azioni
    locali a supporto del prolungamento della vita attiva, Isfol, in corso di pubblicazione.

                                                                                                                                           10
La promozione di una immagine positiva degli anziani attraverso campagne informative e l’inclusione nel
sistema formativo rendendo più flessibili le fasi di transizione istruzione-lavoro-pensionamento in modo da
lasciare maggiori possibilità di scelta individuale può aumentare significativamente un più vasto
apprezzamento del ruolo giocato dagli anziani nella società. A questo scopo è anche necessario promuovere
e rendere generalizzato un atteggiamento più favorevole nei datori di lavoro rispetto alle capacità produttive
dei lavoratori maturi13.
Significative appaiono a tal fine le recenti affermazioni del Commissario europeo per le Pari Opportunità
Vladimir Spidla14: “la discriminazione può avere un effetto devastante sugli individui e rappresenta una
perdita di talento per la società […] inoltre un trattamento diseguale a causa dell'età rimane un problema
significativo in Europa. Ora, più di prima, abbiamo necessità di usare tutte le nostre risorse per fronteggiare
la crisi economica e il suo impatto sociale e occupazionale”.
Dal 2003, la DG Occupazione, Affari sociali e pari opportunità ha dato vita, nei 27 paesi dell'UE, ad una
campagna “Sì alla diversità. No alle discriminazioni” finanziata tramite il programma PROGRESS. La
campagna mira a sensibilizzare il pubblico in materia di discriminazione e a migliorare la comprensione delle
norme comunitarie che tutelano il cittadino sia sul posto di lavoro che nella società in genere. Nel 2006, in
previsione dell'Anno delle Pari Opportunità per tutti (2007), la medesima DG Occupazione ha commissionato
una serie di interviste a livello europeo (Eurobarometro) sulla percezione che i cittadini comunitari hanno sui
temi della discriminazione e della disuguaglianza. Effettuata tra il giugno del 2006 e il giugno del 2009,
l’indagine ha portato alla luce dati particolarmente interessanti: nel 2009 la maggioranza degli europei
(58%) ha considerato nel proprio paese assai diffusa la discriminazione basata sull'età; se si confrontano i
dati con quelli del 2008 (42%), l'incremento è stato di 16 punti, il più alto tra le tipologie di discriminazione
studiate15.
La crisi economica sembra essere alla base di questo notevole cambiamento di opinione: una delle
conseguenze percepite è che il lavoro per gli anziani è meno sicuro.

              Tabella 1 - Percezione generale di possibile discriminazione a causa dell’età. Valori %
                                  2008                          2009                                  Differenze %
 EU                               42,0                          58,0                                      16,0
 UK                               48,0                          61,0                                       13,0
 FR                               46,0                          68,0                                       22,0
 IT                               46,0                          54,0                                       8,0
 DK                               28,0                          39,0                                       11,0
Fonte: Eurobarometro 317

    13   United Nation Economic Commission for Europe, A Society for all Ages: Challenges and Opportunities Geneva 2008.
         http://www.unece.org/pau/_docs/pau/2008/PAU_2008_Publ_LeonTitlePrefaceAndContents.pdf

    14 Age discrimination is widespread across the European Union. Press release 14.08.2009 in: http://www.knpd.org/pubs/pdf/
    Age%20discrimination%20is%20widespread%20across%20the%20European%20Union%20-%2014%20Aug_e.pdf.

    15   I fattori di discriminazione studiati sono: genere, età, orientamento sessuale, credo religioso, etnia/razza.

                                                                                                                           11
In base alle opinioni raccolte, gli europei ritengono che a causa della crisi economica l'età rivestirà il fattore
di discriminazione più significativo in ambito lavorativo. Nello specifico il 64% degli intervistati ritiene che ciò
sia altamente probabile, ed è la media più alta tra i fattori di discriminazione studiati.

                            Figura 1 - Discriminazione sull'età in ambito lavorativo. Valori %

   90
   80
   70
   60
   50
   40
   30
   20
   10
      0
               FI            SE             AT             EU             FR            DK             UK              IT

Fonte: Eurobarometro 317

Prendendo in esame i dati relativi all'Italia, la situazione che ne emerge non appare rassicurante: in Italia
non sembra esistere la coscienza del rischio di venire discriminati a causa dell'età, sia nella società nel suo
complesso (tab. 1) sia in ambito lavorativo (tab. 2). Soprattutto questo ultimo caso merita una particolare
attenzione visto il notevole scarto dalla percezione media della popolazione europea.

1.2       La situazione italiana dell’offerta di lavoro matura

Il quadro dell'occupazione in Italia è in linea con la panoramica europea precedentemente descritta. Nel
primo semestre del 2009, l'impatto della crisi sul mercato del lavoro ha cominciato a mostrare i suoi segni,
riducendo dell'1,2% il numero degli occupati rispetto al periodo analogo del 200816.
Sul fronte dell'occupazione, si registra per i giovani un tasso del 21,7% nel 2009, corrispondenti a un calo
del 3,5% rispetto al secondo trimestre del 2008; i lavoratori maturi presentano un tasso di occupazione del
36,4% con un incremento dell'1,6% nell'anno precedente. In questa ultima fascia d’età, la maggiore
propensione all’attività è un fenomeno decisamente positivo, in quanto segnala un relativo prolungamento
della vita lavorativa che consente di sostenere l’offerta di lavoro.
Sul fronte della disoccupazione, si registra per la fascia 15-24 anni un tasso del 24,0% nel secondo trimestre
del 2009 rispetto al 20,4% del 2008. La fascia matura mantiene invece un tasso invariato al 3,2%. Alla fine
di luglio 2009 coloro che hanno usufruito di misure di protezione, volte a preservare i posti di lavoro, sono

      16 Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Commissione dell’Informazione, Mercato del Lavoro – Notiziario trimestrale,
      sett. 2009.
      http://www.portalecnel.it/Portale/NotiziarioMercatoLavoro.nsf/0/755BA8F83AE065A3C12576AA004F01A1/$File/CNEL_NotizMerLav_
      Set2009.pdf

                                                                                                                                12
stati calcolati tra le 700 e le 800 mila unità17; non essendo ancora disponibili elaborazioni di tali dati per
fasce d’età, non è possibile fare previsioni circa futuri scenari per i lavoratori maturi nel momento in cui tali
misure giungeranno a scadenza.
Se sembra che l’emorragia di posti di lavoro per questi lavoratori sia piuttosto contenuta, è pur vero che nel
nostro mercato del lavoro si sta assistendo all’aumento del fenomeno dell’inattività nelle sue varie forme18; di
conseguenza parte della disoccupazione potrebbe risultare assorbita dal cambio di status.
Il CNEL, in una sua ultima pubblicazione19, si sofferma in particolare su una categoria di inattivi, gli
scoraggiati, ossia coloro che rientrano nei cd. “inattivi attivabili”20. È un fenomeno che, in base alle
osservazioni del Consiglio, riguarda particolarmente i giovani del Sud, ma a cui non risultano estranei i
lavoratori maturi.
La tabella seguenti ci mostra come il fenomeno dello scoraggiamento influenzi la popolazione della fascia 50-
64. Gli scoraggiati maturi risultano essere 328.957 corrispondenti al 2,95% della popolazione di
riferimento. Come per la popolazione dei giovani, questo è un fenomeno che caratterizza soprattutto il
meridione, che annovera nella sua popolazione anziana il 4,59% di scoraggiati.
Appare dunque necessario intervenire il più rapidamente possibile per riattivare questi soggetti, prima che in
loro si rafforzi la convinzione dell’inevitabilità della loro condizione, ossia aderiscano a quella che Clark
chiama “norma sociale”21, influenzando negativamente i comportamenti generali di ricerca lavorativa.
In un Paese dove la percezione del rischio di venir discriminati sul posto di lavoro a causa dell’età è molto
bassa, serve intervenire con strumenti che rendano “visibile” questo problema, come primo passo verso il
superamento dello stereotipo negativo dell’anziano. Le campagne informative, sia a livello nazionale che
locale, rappresentano strumenti fondamentali per sensibilizzare il pubblico e supportare la diffusione di
informazioni utili ad influenzare i policy maker nella loro attività.

    17   European Commission, Recovering from the crisis – 27 ways of tackling the employment challenge, 11/2009.
         http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=113&langId=en&pubId=429&type=2&furtherPubs=yes

    18 Cfr. Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Commissione dell’Informazione (III), Rapporto sul Mercato del Lavoro
    2008-2009, 22 luglio 2009, pp. 66-67. http://www.governo.it/backoffice/allegati/48588-5509.pdf

    19 Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Commissione dell’Informazione, Mercato del Lavoro – Notiziario trimestrale,
    gen. 2010.
    http://www.portalecnel.it/Portale/NotiziarioMercatoLavoro.nsf/0/3119C6645EE86A38C125764E005688E4/$File/Notiziario%20genna
    io%202010%20definitivo.pdf

    20 Nello specifico, si considerano scoraggiati coloro che sono disposti a lavorare ma per varie ragioni hanno smesso di cercare, di
    conseguenza sono classificati come inattivi. Ma di quest'ultima categoria, sono coloro, che in ottica positiva sono “recuperabili”.
    21 Clark A., “Unemployment as a Social Norm: Psychological Evidence from Panel Data”, in Journal of Labor Economics, Vol. 21
    issue 2, University of Chicago Press, 2003.

                                                                                                                                   13
Tabella 2 – Popolazione italiana tra i 50 e 64 anni e presenza di scoraggiati nella ricerca di lavoro,
                   per classe di età e area geografica. I trimestre 2009. Valori assoluti e valori %

                                                                Popolazione 50-64 anni
 Classe di età                          Nord-ovest       Nord-est       Centro      Sud e Isole      Totale
 50-54                                    1.051.118          751.421       775.329      1.348.920    3.926.787
 55-59                                    1.011.115          703.756       733.190      1.252.136    3.700.198
 60-64                                      976.597          683.366       711.704      1.139.965    3.511.632
 Totale                                   3.038.831        2.138.543     2.220.223      3.741.021   11.138.617
                                                                      Scoraggiati
 50-54                                           21.255       15.781        16.692         84.454      138.181
 55-59                                           25.019        9.552        23.599         49.473      107.643
 60-64                                           17.218        9.650        18.427         37.838       83.133
 Totale                                          63.491       34.983        58.718        171.765      328.957
                                                   Scoraggiati valore % sul totale della popolazione
 50-54                                             2,02          2,10         2,15           6,26          3,52
 55-59                                             2,47          1,36         3,22           3,95          2,91
 60-64                                             1,76          1,41         2,59           3,32          2,37
 Totale                                            2,09          1,64         2,64           4,59          2,95
Fonte: elaborazione Isfol, su dati ISTAT RCFL.

Diversi paesi europei hanno già organizzato ripetute campagne informative orientate sia ai lavoratori che alle
imprese e all’insieme dei cittadini. Si è trattato di azioni di sensibilizzazione che miravano a rafforzare la
capacità di penetrazione delle misure prese in favore dell’invecchiamento attivo. Esse tendevano anche a
indebolire molti stereotipi culturali nati nel passato e che, di fatto, devono essere superati dati i profondi
mutamenti demografici e sociali di questi ultimi anni. Come vedremo, esiste una correlazione abbastanza
stretta tra come le due grandi tematiche della retention e del prolungamento della vita attiva sono state
assimilate dal mondo del lavoro di un determinato Paese e il tipo di campagna che quest’ultimo decide di
lanciare. Una Nazione con un basso grado di assimilazione è spinta generalmente verso una campagna a
“tutto campo” per recuperare il ritardo; viceversa, una con un alto grado di “maturità” tende a promuovere
semplicemente aggiornamenti tecnico-legislativi nell’ambito dei portali istituzionali e governativi.

1.3 Nota metodologica

In questo rapporto vengono presentati i principali risultati di una ricerca svolta nel secondo semestre del
2009, il cui scopo è stato quello di effettuare una ricognizione a livello europeo delle principali attività
informative e delle campagne a sostegno dei programmi nazionali per l’invecchiamento attivo. Tale scopo
era ricompreso in una finalità più complessiva: mettere a regime un sistema di osservazione strutturata dei
fenomeni, delle dinamiche e degli interventi in atto sul tema dell’active ageing in Europa, anche al fine di
favorire la messa a punto di modelli d’intervento che risultino efficaci, a livello nazionale e locale.
Partendo da questi presupposti, e dopo una prima ricognizione a vasto raggio che ha preso in considerazione
molti paesi europei, l’attenzione si è concentrata su quattro Paesi – Gran Bretagna, Francia, Danimarca e
Norvegia – poiché ciascuno di loro rappresenta, per motivi diversi, un “caso” che merita essere approfondito.

                                                                                                                14
La scelta della Norvegia e della Danimarca è sembrata quasi ovvia, dato che ambedue i Paesi, come tutti
quelli nordici, occupano i primi posti della classifica elaborata da EUROSTAT riguardo alla percentuale di
lavoratori anziani che sono ancora al lavoro. Appariva dunque importante verificare come fossero riusciti ad
ottenere questi brillanti risultati, in termini di comunicazione, tenendo anche conto che in ambedue i Paesi le
campagne erano ancora in corso, o perlomeno accessibili sui siti Internet governativi, elemento che ne
favoriva una descrizione maggiormente dettagliata.
La scelta della Gran Bretagna e della Francia è stata compiuta per due ordini di motivi. Innanzitutto è
sembrato necessario approfondire la situazione in almeno due dei cinque grandi paesi europei; in secondo
luogo è sembrato interessante analizzare l’esperienza di due Paesi piuttosto distanti tra loro in termini di
raggiungimento dell’obiettivo europeo della quota del 50% di lavoratori anziani occupati entro il 2010. La
Gran Bretagna ha già raggiunto tale obiettivo, ha introdotto nella legislazione nazionale le principali Direttive
europee e vanta una politica più che decennale in materia di active ageing. La Francia, invece, stenta a
raggiungere l’obiettivo europeo; ha una legislazione ancora contraddittoria in materia ed è quindi obbligata a
investire molte energie e denaro nelle campagne informative e di sensibilizzazione.
La diversità delle situazioni in ciascuno dei Paesi esaminati – ma soprattutto la diversità evolutiva o il diverso
grado di presa di coscienza della problematica in questione – permette di spiegare alcune diversità che si
ritrovano nei contenuti dei singoli capitoli. Nei Paesi in cui le campagne sono ancora attive e/o disponibili sui
siti Internet, la descrizione è ovviamente più dettagliata, come per esempio in Norvegia e Danimarca. In un
Paese come la Gran Bretagna, invece, dove le grandi campagne di comunicazione fanno oramai parte del
passato, la descrizione dettagliata è stata praticamente impossibile: ci si è quindi concentrati sui principi
strategici che le hanno ispirate, sulle valutazioni effettuate a conclusione e sulle indicazioni che ne sono state
tratte. Anche nel caso della Francia le campagne sono oramai terminate, ma alcuni filmati e brochure sono
ancora disponibili sul sito Internet del Ministero e anche facilmente comprensibili per chiunque li voglia
esaminare nei dettagli.
Dopo aver analizzato i quattro Paesi più significativi ai fini della ricerca, il rapporto prende in considerazione
due altre realtà:
1. i Paesi in cui non esistono attualmente vere e proprie campagne (capitolo 6), sia perché non si ritiene ce
    ne sia bisogno (es. Finlandia), sia perché non si sono ancora determinate le condizioni per realizzarle,
    pur essendo state già programmate (es. Svizzera);
2. le iniziative di livello internazionale, che hanno raggiunto quasi tutti i paesi europei (capitolo 7).
Nel capitolo conclusivo vengono infine messe in luce quattro tematiche che rivestono un’importanza
trasversale, poiché frutto del lavoro comparativo:
1. i diversi modi di concepire una “campagna di comunicazione”;
2. la correlazione che sembra esistere tra il tipo di campagna effettuata e lo stato di “avanzamento” (in
    termini di misure già intraprese) di un determinato Paese;
3. i diversi contenuti che la comunicazione utilizza per sensibilizzare, ma soprattutto convincere i vari
    target;

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4. l’importanza, ai fini del successo di una campagna, della ricerca di tipo strategico-preventivo.
Un’ulteriore scelta metodologica merita un’avvertenza a livello di introduzione. Come è ben noto la tematica
dell’active ageing è estremamente ampia; è stato quindi necessario operare una restrizione a livello
concettuale. La ricerca si è cioè concentrata sulle campagne che puntavano principalmente sugli aspetti
legati al “lavoro” – al suo mantenimento e/o prolungamento – invece che disperdersi in tutti quei rivoli che
affrontano il tema anche dal punto di vista “sanitario” o ancora più genericamente del “welfare”. Le due
tematiche (salute e lavoro) sono ovviamente legate – bisogna essere anziani in buona salute per poter
essere percepiti come una “risorsa” o un “capitale” – ma l’attenzione si è limitata ad analizzare il solo lato
“lavorativo” del problema. In sostanza, sono divenute oggetto di analisi unicamente le campagne che
perseguivano i seguenti obiettivi:
1. valorizzare l’immagine dei lavoratori anziani e dei senior;
2. ritardare al massimo il pensionamento dell’anziano che lavora;
3. favorire un rapido re-inserimento dell’anziano che ha perso il lavoro.
Da segnalare anche un’altra esclusione – oltre all’active ageing di tipo “sanitario” – che si reputa marginale ai
fini della ricerca, ma che è bene comunque menzionare per una maggior completezza. Ci si riferisce a quel
fenomeno comunicativo che ha fatto del “senior” il target pubblicitario emergente in questi ultimi anni. Per
esempio, esistono ormai agenzie specializzate esclusivamente nel reclutamento di mannequins senior (ex. la
Masters Models in Francia), ma anche i siti Internet che propongono una serie di servizi “ritagliati” sui
bisogni specifici dei senior sono numerosi (un esempio per tutti, in Belgio, il sito www.senioractu.com). Molti
sono anche i reportage televisivi, in tutti i Paesi, che sottolineano la dimensione sociale e non soltanto
economica del fenomeno, parlando di una vera e propria “fierezza delle rughe”.
Si tratta, ovviamente, di una tendenza comunicativa puramente commerciale – ciò che interessa è solo il
potere d’acquisto di quello che veniva chiamato, una volta, l’“anziano” – ma è pur sempre un fenomeno che
sta a dimostrare, indirettamente, la nuova e prolungata vitalità di quello stesso settore della popolazione
oggetto di questa ricerca.

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2. GRAN BRETAGNA

La Gran Bretagna ha sempre portato un’attenzione particolare al tema dell’active ageing e ha quindi sempre
cercato di creare un clima di consapevolezza – awareness – su un argomento che presenta risvolti non solo
complessi, ma anche altamente controversi. Un tema che necessita misure e interventi la cui accettazione è
tutt’altro che scontata: e non solo da parte dei lavoratori, ma anche e soprattutto da parte delle imprese.
La Welfare to Work strategy, per esempio, ha più di dieci anni. In seguito a una serie di consultazioni il
Governo lanciò, nel 1998, una serie di misure per combattere pregiudizi largamente diffusi e favorire
comportamenti virtuosi (best practices). Queste misure rimarranno – fino a oggi – gli assi portanti della
politica britannica in materia di active ageing e quindi anche della sua promozione a livello comunicativo. Le
misure adottate dal Governo e dall’Amministrazione – principalmente, il Department of Work and pensions
(DWP)22 – sono molteplici, ma sono anche facilmente riconducibili a tre aree principali:
•   combattere la discriminazione basata sull’età (age discrimination);
•   creare consapevolezza, presso i datori di lavoro, sui tutti i temi legati all’età;
•   frenare l’alto tasso di disoccupazione di cui sono vittime i lavoratori anziani (idealmente, invertire la
    tendenza).
È importante sottolineare, in sede di introduzione, che il Governo e il DWP, consapevoli del fatto che
bisognava agire nell’ambito di un contesto oggettivamente sfavorevole – la ageist culture – ha deciso di
adottare, fin dall’inizio, una strategia basata su due livelli, paralleli e complementari:
1. ancorare le decisioni e le strategie governative in materia di active ageing su un corpus di ricerche
    estremamente solido e i cui risultati siano, idealmente, inconfutabili (research evidence);
2. lanciare una serie di campagne comunicative il cui obiettivo non sia la sola e semplice “sensibilizzazione”
    al tema, ma anche e soprattutto la messa a disposizione (via Internet principalmente) di tutta una serie
    di guide e/o manuali operativi (guidance) che permettesse a tutti coloro che volessero agire nella
    direzione suggerita – sia le imprese che i lavoratori – di poterlo fare concretamente: to make it possible.
Va sottolineata, inoltre, non solo l’interdipendenza tra i due livelli – ricerca e comunicazione – ma anche il
fatto che la “ricerca” è stata largamente usata non solamente per argomentare e difendere le misure
legislative che dovevano essere prese (es. la Age Legislation del 2006), ma anche per plasmare, ideare,
produrre e in seguito monitorare tutte le campagne di comunicazione che sono state lanciate e finanziate
nell’ultimo decennio (cfr. infra, ultimo paragrafo, la ricerca Extending Working Life pubblicata proprio
quest’anno).
Le campagne di comunicazione di rilievo sono state principalmente due:
1. la Age Positive Campaign, che è iniziata nel 2001 e ha prodotto tutta una serie di “guide”, oltre che di
    ricerche, rivolte principalmente alle imprese – ma anche ai lavoratori – e modulate sia in funzione dei
    vari settori lavorativi (trasporti, salute, logistica ecc.), che dei dipartimenti coinvolti nell’applicazione della
    nuova legge che era in preparazione (es. Risorse Umane, Top Management ecc.). Nel marzo del 2009, il

    22   http://www.dwp.gov.uk

                                                                                                                    17
DWP ha chiuso il sito ufficiale “Age Positive” e attualmente gran parte delle informazioni e dei manuali
      che vi erano contenuti sono disponibili sul nuovo sito Businesslink, in un’apposita sezione dedicata ai
      lavoratori anziani (cfr. infra).
2. la Be Ready National Guidance Campaign, che è durata dal 2005 al 2007 e si è svolta in parallelo
      all’iniziativa Age Positive. La campagna ha avuto uno scopo ben preciso: attirare l’attenzione dei datori di
      lavoro e dei consulenti industriali sul nuovo pacchetto di norme e procedure in materia di assunzioni, che
      sarebbe entrato in vigore nell’ottobre del 2006 con la nuova legge (Age Legislation).
A queste due campagne si deve però aggiungere anche una recente iniziativa del Governo britannico, e cioè
il lancio di una nuova strategia – Building a Society for all ages (luglio 2009) – in cui è stata annunciata una
nuova campagna di comunicazione, che intende capitalizzare le esperienze precedenti (Age Positive e Be
Ready). La “strategia” annunciata dal Governo è ampiamente spiegata in un sito dedicato23, e prevede tutta
una serie di misure piuttosto concrete e innovative.

2.1        La campagna “Age Positive”

La campagna d’informazione Age Positive è stata uno dei più grossi sforzi comunicativi del Governo
britannico in termini di active ageing. È iniziata nel 2001 e si è protratta per circa otto anni fino al marzo del
2009, quando gran parte del contenuto presente sul sito che era stato creato per l’occasione – soprattutto
manuali e guide rivolte al mondo delle imprese – è confluito nel nuovo sito Businesslink24 in una sezione
dedicata, chiamata Employing older workers (cfr. infra).
L’obiettivo di Age Positive dominerà lungo tutto l’arco della campagna e lo si può ritrovare tutt’oggi
nell’home-page del nuovo sito Businesslink: illustrare i benefici di cui ogni tipo di business può usufruire
adottando la politica della age diverse workforce. Il team creato intorno all’iniziative Age Positive ha lavorato
in stretto contatto con le piccole, medie e grandi imprese, ha individuato una serie di “comportamenti
virtuosi” (best practices) e li ha trasformati in business cases da poter mostrare orgogliosamente: in
messaggi da amplificare il più possibile in modo da mettere in moto un processo di emulazione collettiva.
Con il tempo gli obiettivi della campagna sono diventati ancora più precisi e mirati: incoraggiare l’abolizione
dell’età fissa per il pensionamento e l’adozione di approcci flessibili in modo da favorire il mantenimento al
lavoro (work retention) il più a lungo possibile.
È interessante notare, a questo proposito, il cambiamento – negli anni – della strategia comunicativa del
DWP. Con l’“uccisione” di un sito tematico dedicato a un problema specifico – Age Positive – e l’inclusione di
tutta questa materia in un sito “generalista” come Businesslink – Practical Advise for Business – recita il
sottotitolo del portale – si è consumata in effetti una rottura con il passato. Dal marzo di quest’anno (2009)
la problematica legata ai senior non è più “ghettizzata” in un sito autonomo, ma è diventata una semplice
articolazione tematica nel maxi-portale governativo.

      23    http://www.hmg.gov.uk/buildingasocietyforallages.aspx
      24    http://www.businesslink.gov.uk/agepositive

                                                                                                               18
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