San Bonaventura informa - Pontificia Facoltà Teologica "San Bonaventura"
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San Bonaventura ANNO IX - Nº 102/103 informa Editoriale In questo numero Sant’Antonio di Padova e la spiritualità francescana Antonio ha contribuito in modo significativo allo svi- luppo della spiritualità francescana, con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico e, principalmente, di fervore mistico. […] Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’at- mosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio nell’anima stessa. Secondo l’insegnamento di questo insigne Dottore fran- cescano, la preghiera è articolata in quattro atteggia- menti, indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti così: obsecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. Potremmo tradurli nel modo seguente: aprire fi- duciosamente il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una pa- rola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; poi collo- quiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; e poi - cosa molto naturale - presentargli i nostri bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo. In questo insegnamento di sant’Antonio sulla preghiera focus: 800 anni di sant’antonio cogliamo uno dei tratti specifici della teologia france- francescano - p. 2 scana, di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo asse- gnato all’amore divino, che entra nella sfera degli affet- vita francescana: la preghiera nella ti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da regola non bollata - p. 5 cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni santità francescana: francesco di osuna, conoscenza. Infatti, amando, conosciamo. […] mistico della scuola spagnola - p. 8 Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ric- chezza, quella del cuore, che rendendo buoni e miseri- tra penultimo e ultimo: il cristianesimo, cordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo. […] l’ultimo che passa per il penultimo - p. 11 Non è forse questo un insegnamento molto importante storia e personaggi: padre stefano ignudi, anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri illustre dantista - p. 15 economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in la fraternità dei laici: charles gounod e veritate ricordo: “L’economia ha bisogno dell’etica per la sua “ave maria” - p. 19 il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, miscellanea francescana: l’attualità bensì di un’etica amica della persona”. nella teologia e nella chiesa - p. 22 Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo novità editoriali: suggerimenti di al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della lettura - p. 24 predicazione. È questo un altro tratto tipico della teolo- gia francescana: il cristocentrismo. appuntamenti: esercizi spirituali, convegni e corsi del nuovo a.a. - p. 26 Benedetto XVI francescanamente parlando: don coppola coordinatore di “fratelli tutti”; Dall’Udienza generale del 10 febbraio 2010 “in parole francescane” - p. 28 luglio/agosto 2021 1
focusantonio 20-22 800 anni di sant’Antonio francescano SUI PASSI DELLA STORIA CON IL PROGETTO “ANTONIO 20-22” di Alberto Friso* Antonio segreto è il titolo di un bel romanzo storico uscito da pochi mesi per le Edizioni Messaggero Padova. Un titolo quanto mai indovinato, problematizzante. Come è possibile sia «segreto» colui che è definito come «il Santo che il mondo ama»? Tutta la cristianità (e non solo) conosce Antonio, ma si perde poi fin da subito anche sulle più elementari note biografiche, tanto che, ad esempio, ancora è quasi sempre necessario precisare che il nostro è familiarmente «di Padova», ma non «da Padova». Sì, è singolare la collocazione di sant’Antonio nella storia della Chiesa e nella percezione che di lui ha il popolo di Dio. Doctor Evangelicus, illustre teologo, Santo dei miracoli, riferimento dei dotti e dei piccoli, potente intercessore, amico degli ultimi, una fama che travalica i confini dei tempi e delle religioni… Come si spiega? «Perché a te, Antonio?» si interrogava senza alcuna retorica padre David Maria Turoldo, cercando con lo sguardo della fede e dell’intelletto di penetrare il mistero della santità. La domanda è ancora là, a disposizione di quanti vogliano cimentarsi. La rubrica che San Bonaventura informa avvia con Fonte:Archivio SBi questo numero del mensile cercherà di entrare nella vita e nella storia di Antonio di Padova a partire dagli anni di Fernando da (questa volta sì) Lisbona, nelle pieghe della biografia e del carisma del frate portoghese e del suo lascito spirituale. A ben guardare, ogni facoltà teologica francescana è figlia di quella brevissima lettera, quasi un tweet di Francesco al suo confratello, un telegramma se preferite, gravido di conseguenze: «A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito dell’orazione e della devozione, come è scritto nella Regola» (FF 251, 252). luglio/agosto 2021 2
Non abbastanza si sottolinea che questo «dilemma» Antonio lo risolse al meglio, ricomponendo nella sua persona il profilo del dotto e dell’orante, l’insegnamento e la preghiera, lo studio e la contemplazione, in un tutt’uno esemplare che parla ancora oggi tanto all’erudito quanto al semplice fedele. In definitiva, per lo spessore, la fama, la storia, l’affinità di condizione (chi oggi come oggi non si trova a dover fare i conti con la conciliazione tra fede e ragione, feria e festa?), non ci sarebbe necessità di un’occasione particolare per occuparsi di Antonio. Tuttavia, il pallottoliere della storia ci offre tre significativi anniversari ottocentenari in successione che caratterizzano dal punto di vista antoniano il triennio 2020-2022 e che diventano opportunità per tornare a interrogare la figura di Antonio di Padova. Riavvolgiamo il nastro fino al 1220 e fermiamoci a Coimbra. Qui vive il giovane canonico agostiniano portoghese don Fernando Martins de Bulhões, al monastero di Santa Croce dove ha modo di incontrare cinque frati italiani diretti missionari in Marocco. La loro predicazione li porta nel giro di pochi mesi a essere martirizzati: sono i protomartiri francescani venerati a Coimbra e a Terni. La loro testimonianza spinge don Fernando a volerne replicare le gesta: lascia gli agostiniani, abbraccia i francescani, prende il nome di Antonio, parte per il Marocco dove però si ammala gravemente... Frustrato, tenta di rientrare in Portogallo, ma una furiosa tempesta lo sbatte sulle coste della Sicilia, nella primavera del 1221. Ospitato dai frati di Messina, Antonio a piedi risale con loro l’Italia fino ad Assisi, dove il 30 maggio per la prima volta incontra Francesco nel contesto della grande assemblea del Capitolo delle stuoie. Terminata l’assise, il giovane si aggrega a una fraternità romagnola diretta verso il nord Italia. Fa vita eremitica sulle colline forlivesi, a Montepaolo, finché il 24 settembre 1222, sceso a Forlì per le ordinazioni sacerdotali, viene a mancare il predicatore preposto, nessuno se la sente di improvvisare, viene chiesto a frate Antonio e… tutti possono apprezzare la sua capacità ed efficacia di evangelizzatore. La dimensione dell’annuncio, il mandato di far conoscere Gesù tra la gente rimarrà il suo tratto distintivo per il resto dei suoi giorni. Per valorizzare questi anniversari è stato varato il progetto «Antonio 20-22», voluto e ideato dai Frati minori conventuali della Provincia Italiana di S. Antonio di Padova, in alcune delle principali sue diverse espressioni: la Basilica del Santo, il Messaggero di sant’Antonio, l’Associazione Cammino di sant’Antonio, il Centro Francescano Giovani - Nord Italia, la Peregrinatio antoniana. «Antonio 20-22» è inoltre patrocinato direttamente dall’intera famiglia francescana che vive e prega nel Fonte:Archivio SBi nostro Paese, ovvero i frati (conventuali, minori, cappuccini e il Terzo ordine regolare, con l’Unione Conferenze dei Ministri Provinciali della Famiglia francescana d’Italia); le clarisse (Federazioni delle Clarisse in Italia); le suore francescane di vita attiva (MoReFra, il Movimento delle Religiose Francescane); i laici francescani (OFS d’Italia, Ordine francescano secolare). luglio/agosto 2021 3
Svariate sono le iniziative che si stanno vivendo in questi mesi, al netto degli sconvolgimenti che la pandemia ha portato, annullando gli eventi in Marocco e limitando quelli in Portogallo previsti nel 2020. Per l’Italia, la più evocativa delle proposte prevede di attraversare a piedi a staffetta l’intero stivale lungo la direttrice sud-nord, per un totale di 1990 chilometri in poco meno di cento tappe. Per farlo, si seguirà il «Primo cammino» percorso da Antonio nel nostro Paese, da Capo Milazzo (ME), dove egli sbarcò, naufrago (nella foto la rievocazione del marzo scorso), fino ad Assisi dove Antonio giunse, dicono le fonti, «come potè». Da qualche anno i «tracciatori» del Cammino di sant’Antonio, afferenti all’omonima associazione, stanno infatti lavorando Fonte: www.santantonio.org all’impresa di individuare il percorso più idoneo tra Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Umbria, dove tale Cammino strutturato ancora non esiste. Il tratto successivo di collegamento con Padova è invece già tracciato, frecciato, registrato nell’Atlante digitale dei cammini d’Italia del MiBACT, descritto nella Guida al Cammino di sant’Antonio. 430 chilometri a piedi da Padova a La Verna, EMP - Terre di mezzo (Padova-Roma 2018). Si aggiungono infine due altri tronconi: un collegamento Montepaolo-Rimini e un cammino più strutturato, inaugurato lo scorso giugno, che collega Gemona del Friuli (UD), custode della prima chiesa dedicata a sant’Antonio, con Padova. Questi tratti «accessori» verranno camminati nel 2021; da luglio a ottobre 2022, invece, il percorso da Capo Milazzo a Padova. «Antonio 20-22» non è poi solo pellegrinaggio a piedi: una serie di eventi di carattere culturale, spirituale, divulgativo, di comunicazione stanno interessando i territori attraversati. Le varie iniziative – tra cui la rubrica antoniana che prende il via con questa introduzione – aiuteranno a scoprire «Antonio segreto»? Troppo facile sarebbe rispondere affermativamente. L’auspicio è che déstino sana curiosità e che aiutino a ripensare un’immagine a volte troppo stereotipata, nella convinzione che l’approfondimento della biografia, del pensiero e della vocazione di Antonio non scalfirà l’affetto di cui già egli gode, ma potrà a Dio piacendo aumentarlo, rendendo il Santo un inseparabile compagno di strada nel cammino della vita. *Francescano secolare, giornalista e project event manager di “Antonio 20-22” Antonio 20-22 luglio/agosto 2021 4
vita francescana LA PREGHIERA NELLA REGOLA NON BOLLATA protettiva E rivolta al sommo bene di Emil Kumka* La preghiera di Francesco si nutre e riflette la Parola di Dio, che per lui fu pari al sacramento, poiché in essa l’Assisiate percepiva la presenza reale e viva del Signore. Non è sorprendente dunque che nei suoi scritti laudativi, esortativi, giuridici ed epistolari, la tematica del pregare, adorare, contemplare, rendere grazie a Dio è sempre accompagnata da citazioni bibliche, scelte e unite insieme con un’intuizione geniale, perché guidata dallo Spirto Santo. Francesco non offre un trattato di preghiera, neanche un metodo rigido o forme che dovremo osservare in maniera particolare. Ciò che lascia è lo spirito di preghiera autentica, cosicché Tommaso da Celano dipinge un quadro di Francesco orante: «Quando pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce con il suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso, senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa Fonte:Archivio SBi che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente» (Mem 94). Nella RegNB possono essere individuati diversi brani che parlano o si riferiscono alla preghiera. Non è luogo qui per fare una rassegna, ma si tratta piuttosto di cogliere alcune caratteristiche e forse anzitutto la dimensione particolare che il Serafico Padre attribuisce a quest’attività di vita, affinché possa essere veramente religiosa. luglio/agosto 2021 5
«Dice il Signore: «Questa specie di demoni non se ne può andare se non con il digiuno e con la preghiera» (cfr. Mc 9,28). E ancora: «Quando digiunate, non assumete un’aria malinconica come gli ipocriti» (Mt 6,16). Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni così come sono tenuti a fare. I chierici facciano l’ufficio e lo dicano per i vivi e per i morti, secondo la consuetudine dei chierici. E per i difetti e le negligenze dei frati dicano, ogni giorno, il Miserere mei, Deus (Sal l50) con il Pater noster; per i frati defunti dicano il De profundis (Sal 129) con il Pater noster. I laici poi dicano […] per i defunti sette Pater noster con il Requiem eternam; per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno» (RegNB 3,1-6.10). Oltre alla chiara partecipazione nella preghiera liturgica della Chiesa, la preghiera riparatoria per le mancanze dei confratelli è un appello molto caratteristico per il senso autentico della fraternità. Si crede un appunto che vale la pena ricordare e prendere seriamente in considerazione, perché sfugge facilmente la carità della domanda rivolta a Dio per chi sbaglia, per chi è antipatico, per chi non fa nulla di propositivo o di impegnativo, per chi non se ne importa degli altri, per chi gode nel complicare la vita degli altri, ecc. La responsabilità nella e della preghiera è un orizzonte che fu molto caro a Francesco. «E prego il frate infermo di rendere grazie di tutto al Creatore, e quale lo vuole il Fonte:Archivio SBi Signore, tale desideri di essere, sia sano che malato, poiché tutti coloro che Dio ha preordinato alla vita eterna (cfr. At 13,48), li educa con i richiami stimolanti dei flagelli e delle infermità e con lo spirito di compunzione, così come dice il Signore: «Io quelli che amo, li rimprovero e li castigo» (Ap 3,19)» (RegNB 10,3). La consapevolezza della preghiera nella malattia, quando tocca ognuno di noi, non deve limitarsi alla supplica del ritorno alla piena salute e alla possibilità d’agire. Francesco qui scende molto profondamente nella relazione tra il frate e Dio, proprio nella situazione in cui si verifica la speranza e la fede posta da me nelle mani del Signore, espressa nella carità pronta ad accogliere pure la prova fisica o morale legata alla salute. L’Assisiate ebbe la lunga e mortificante esperienza della malattia e della dipendenza dagli altri a questo motivo, perciò, con saggezza e con fermezza indica la via giusta per ogni frate oppresso dall’infermità, e cioè, la volontà di Dio e la sua carità che si esprime anche nei modi a noi difficili da accettare e da comprendere con la sola ragione e volontà unicamente umana. Il rendere grazie per la sofferenza sembra assurdo finché non si assume la prospettiva kenotica, che fu basilare per Francesco e dovrebbe essere tale per ogni credente in Gesù Cristo. Questa è un’altra dimensione orante del Fondatore: rendere grazie per ogni cosa, quella bella e piacevole, come per quella cattiva e sgradevole. «E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamo grazie a lui, dal quale procede ogni bene. E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed egli stesso riceva tutti gli onori e la riverenza, tutte le lodi e le benedizioni, luglio/agosto 2021 6
E quando vediamo o sentiamo maledire o fare del male o bestemmiare Dio, noi benediciamo e facciamo del bene e lodiamo Dio (cfr. Rm 12,21), che è benedetto nei secoli (Rm l,25)» (RegNB 17,17-19). In Francesco troviamo una forte sottolineatura di un attributo di Dio: il bene. Da Lui ogni bene proviene, in Lui ha la sua origine e il compimento tramite l’azione sia della grazia, sia di quell’umano operare. Qui entrano anche forti connotazioni Trinitarie, le quali trovano nell’Assisiate la caratteristica dominante del bene, perché la vita divina è uno scambio continuo di amore tra le Tre Persone. Dio è percepito come bene proprio perché Trinità. Francesco in tale prospettiva proponeva la preghiera di rendimento di grazie e di lode dovuta solo al Signore, di più, insistette tanto per questa caratteristica di orazione dei frati. Invece l’aspetto di coprire il male e le maledizioni con le benedizioni è un profondo messaggio teologico, nonché una sfida che noi siamo chiamati ad accettare. Bilanciare l’azione del maligno con la benedizione e l’invocazione del Signore è fondamentale nell’economia spirituale, e per di più, serve a noi come un freno interiore per non cedere alla facile maledizione rivolta a chi ci ha fatto del male o che fa il male gratuitamente agli altri. Siamo invitati dal Serafico Padre a proteggere con la benedizione le persone che sono nel mirino del male, perché non cadano, non disperino e non entrino nella falsa logica che Satana suggerisce: sei abbandonato da Dio, sei solo, di te nessuno si prende cura, dunque Dio non Fonte: Avvenire esiste. La preghiera di Francesco, e anche nostra, è protettiva, rivolta al sommo bene che è l’unico capace di vincere e annientare l’azione del male. «E guardiamoci bene dalla malizia e dall’astuzia di Satana, il quale vuole che l’uomo non abbia la sua mente c il cuore rivolti al Signore Dio, e girandogli intorno desidera distogliere il cuore dell’uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, e soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria. […] E sempre costruiamo in noi un’abitazione e una dimora permanente (cfr. Gv 14,23) a lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, che dice: «Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, perché siate ritenuti degni di sfuggire a tutti i mali che stanno per venire e di stare davanti al Figlio dell’uomo (Lc 21,36). E quando vi metterete a pregare (Mc 11,25), dite (Lc 11,2): Padre nostro che sei nei cieli (Mt 6,9). E adoriamolo con cuore puro, perché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai (Lc 18,1); infatti il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino in spirito e verità (Gv 4,23-24)» (RegNB 22, 19-20; 27-30). *OFMConv, docente di Francescanesimo luglio/agosto 2021 7
santità francescana Francesco di Osuna grande mistico della scuola spagnola di Raffaele Di Muro* Francesco di Osuna nasce nel 1492 e poco si sa della sua famiglia di origine, se non il fatto che i suoi membri sono al servizio dei conti di Urena che hanno il possesso della signoria di Osuna dal 1474. Non ci sono notizie certe relativamente alla sua infanzia. A circa diciotto anni si orienta verso il sacerdozio e la vita francescana entrando tra i frati minori di Castiglia. Dal 1523 risiede nel convento di Guadalajara, dove si distingue come ottimo maestro di spirito e punto di riferimento per il discernimento di tante persone. Si distingue per il suo spirito di preghiera e per il suo essere valido teologo. Suo obiettivo importante è quello di sistematizzare teologicamente la dimensione dell’orazione. Per questo compone l’Abbecedario spirituale (in sei volumi di cui gli ultimi due pubblicati postumi). Gli vengono affidati anche incarichi di governo ai quali rinuncia preferendo la via della preghiera e dello studio. Nel 1534 si reca anche ad Anversa trattenendosi per due anni e mezzo dove rimane impressionato negativamente dagli sforzi di Enrico VIII di annullare il matrimonio con Caterina d’Aragona. Notevole è la sua attività letteraria con la composizione dell’Expositionis super «Missus est» e dell’Alter sermonum liber super «Missus est». Fonte: Archivio SBi Alla fine del 1536 torna in Spagna e riprende l’attività di scrittore e di rinomato predicatore. Muore tra il 1540 e il 1541. Circa la dottrina di questo autore, va detto che nell’Abbecedario egli descrive un percorso di unione con Dio che valorizza al massimo la preghiera ed il raccoglimento. L’ascesi è davvero molto importante nel suo impianto teologico. Essa è caratterizzata soprattutto dalla rinuncia ai beni del mondo luglio/agosto 2021 8
per scegliere Cristo come assoluto della propria esistenza. Respinge quanto riguarda i fenomeni straordinari e si concentra esclusivamente sulla realizzazione di un percorso di conversione. Man mano che il credente impara a fare a meno delle attrattive della terra e riesce a trovare la giusta concentrazione per la propria orazione, si incammina verso un itinerario di perfezione che raggiunge la contemplazione di Dio che è tipica del cristiano perfetto. Anche nella dottrina dell’Osuna si può riscontrare la gradualità di un itinerario che parte dalla purificazione dovuta ad uno stile penitenziale e raggiunge la fase contemplativa. Molto importante anche per la mistica carmelitana si rivela l’opera di questo autore che incide notevolmente sulla mistica francescana. Francesco, perfettamente in linea con la tradizione serafica, pone la croce di Cristo al centro della meditazione. Significative sono le parole che seguono: “Per cui si può affermare che Dio si china con la sua grazia verso i cuori, che vede occupati nelle cose della sacra passione che riguardano il Signore. Non ci deve stupire che il Signore si chini e giunga a colui che pensa alla sua passione, perché è cosa propria del povero cercare ospitalità dove si alberga, del malato andare da chi lo curi, e del triste portarsi da chi lo consoli, e del bisognoso cercare chi lo sottragga dalle necessità. Senza dubbio è motivo di pianto per i devoti che il Signore appassionato per noi non abbia ancora dove posare il capo; forse troverà un cuore che lo voglia ricevere per compassione. Temi per caso, anima mia, di pungerti con la corona? Saresti fortunata se tu, donandogli per cuscino Fonte:Vocazione francescana il tuo cuore, ti coprissi delle sue piaghe. Potresti dire con la sposa, che dalla carità che gli hai chiesto di fare, ti sono sorte delle piaghe. Questo è ciò che, da questo momento, devi ottenere. Non temere così gloriose piaghe, perché non c’è cosa più dolce di quelle del piagato e ferito Signore. Vedendoti colpito da queste piaghe, subito, dirà che egli è sano e si occuperà del curarsi e del dolersi con te, da ciò verrà a te una gran consolazione” (Abbecedario spirituale, I, 3.) La croce è motivo di meditazione e soprattutto di accoglienza da parte del contemplativo. Soffermarsi su questo grande mistero vuol dire saperlo accogliere nella propria esistenza, sapersi conformare ai dolori del Signore. Il francescano spagnolo invita a non aver paura della realtà della sofferenza di Cristo perché essa è foriera di grande consolazione. luglio/agosto 2021 9
Infatti, il Signore che trova accoglienza nei cuori dei fedeli e li trova disposti a condividere la passione è prodigo di gioia grande verso chi è maggiormente disponibile. In accordo con la tradizione francescana la kenosi di Gesù fa parte integrante di un itinerario mistico, ma è anche espressione del fatto che non basta ammirare la croce e guardarla con distacco, bensì a «entrare» in essa e a portarne nella propria vita le conseguenze ed i salvifici frutti. Notevole è il contributo spirituale di questo autore circa l’importanza del raccoglimento in funzione della vita mistica: insieme all’orazione questo elemento del vissuto spirituale aiuta a progredire nella conoscenza di sé e dei misteri di Cristo e nella preziosa mediazione della sua umanità. Secondo Francesco di Osuna, particolarmente Fonte:Pinterest importante è la riflessione sulla passione del Signore. L’amore rappresenta il cuore degli scritti di questo frate francescano: con esso si arriva all’unione con Dio e a donare il massimo della carità possibile ai fratelli. Il suo contributo alla spiritualità spagnola del suo tempo è di spessore. *OFMConv, Preside del Seraphicum e docente di Spiritualità Francescana @raf_frate Bibliografia M. Q. GARCÍA, Francisco de Osuna, in Mistici Francescani IV, Editrici Francescane, Padova 2010, 343-790; U. OCCHIALINI, Francesco di Osuna, in Nuovo Dizionario di Mistica, LEV 2016, 845-847. luglio/agosto 2021 10
tra penultimo e ultimo I l c r is t ia n e si m o l’ultimo che passa per il penultimo di Domenico Paoletti* Nella nostra riflessione su penultimo e ultimo stiamo tentando di tematizzare la loro intrinseca relazione soffermandoci sul mistero dell’Incarnazione: evento centrale della fede cristiana, accaduto nella storia, che tiene insieme l’Ultimo - (Dio) - la trascendenza e il penultimo - (la creazione) - l’immanenza. Il mistero dell’Assoluto, che si scioglie restando assoluto! Questa relazione tra Dio e l’uomo in Gesù di Nazareth provoca la ragione fino a rasentare l’assurdo dell’incomprensibile. È sempre vero quanto afferma sant’Agostino: “Si comprehendis, non est Deus” – Se tu lo comprendi, allora non è Dio (Sermo 117). La relazione tra Dio e l’uomo Gesù è stata ed è oggetto di riflessione e dibattito teologico lungo i secoli, con i Concili che hanno tentato di definire l’indefinibile: Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, due nature distinte e non separate, unite nella stessa persona. Oggi va riconosciuto che la ricerca storico- critica spinge la teologia a ripensare, mettere in discussione e comunque approfondire le proprie categorie e i propri modelli e presupposti. Questa relazione tra Dio e l’uomo, inscindibile dopo l’Incarnazione, non è forse in parte analogicamente ravvisabile nella relazione tra Fonte: Archivio SBi ‘causa prima’ e ‘cause seconde’ della filosofia classica? Una distinzione - non separazione - che aiuta a non cadere nell’idea del “Dio tappabuchi” che interviene per supplire con la sua potenza alla deficienza delle cause seconde. Karl Rahner afferma che nell’uomo Gesù «la tendenza fondamentale della materia a trovare se stessa nello spirito perviene al suo traguardo definitivo mediante l’autotrascendenza». Possiamo dire che Dio comunica se stesso, e in tal modo permette alla materia di evolvere verso forme di vita sempre più complesse e definitive. Per quanto riguarda l’amore radicale e incondizionato di Gesù, verso Dio e verso le creature, possiamo riconoscere che è il pieno compimento dell’autotrascendenza creaturale. luglio/agosto 2021 11
La Risurrezione di Gesù nel suo vero corpo non è altro che la pienezza compiuta dell’humanum. L’incarnazione, letta in chiave relazionale e dinamica dal profondo della realtà, non è da intendersi soltanto come la ‘struttura’ della persona di Gesù, vero Dio e vero uomo, ma anche come le concrete e storiche modalità della sua vita. Il quarto evangelista non dice che il Verbo «si fece uomo», ma che «si fece carne», per sottolineare che il Figlio di Dio non è fuggito dall’esperienza umana della caducità, del divenire, del bisogno, della solidarietà con gli altri esseri ecc. Giovanni è in polemica contro tendenze di tipo dualistico che, contrapponendo il mondo di Dio al mondo dell’uomo, insegnavano a fuggire dalla realtà umana. Per Giovanni invece lo stile di Dio non è l’evasione ma l’assunzione, in cui tutto trova il suo senso e compimento. Proprio la sfera dell’umano è il luogo della manifestazione di Dio – senza sottrarvi nulla, neppure quegli aspetti che troppo spesso si tende a ritenere indegni di Dio –, della sua presenza Fonte: Archivio SBi e della sua rivelazione. Le realtà penultime sono realtà aperte all’Ultimo, che è Gesù, il quale ha preferito una condizione umana in tutto e per tutto simile alla nostra. Allora non possiamo e non dobbiamo disprezzare il mondo (perché materiale e caduco) e tutta la realtà penultima; non possiamo fuggire dal penultimo e dai suoi problemi con la scusa di andare in cerca dell’ultimo-assoluto. Dobbiamo invece vivere nel mondo penultimo, soffrire e partecipare, condividere e farci carico del peso della storia umana. Il mondo e la storia (=tutte le cose) trovano in Gesù Cristo senso e unità (cf Col 1,15-20), la storia trova il suo significato, la consistenza a cui aspira, la radice del proprio esistere e il fine a cui tendere: in breve, la salvezza, il compimento inteso come comunione. Cristo non è solo il rivelatore di Dio, in Lui la realtà, ogni realtà, acquista unità, senso e coesione. Una tale cristologia integrale si muove nella linea dell’antica riflessione sapienziale, portandola a compimento. La riflessione sapienziale è alla ricerca dell’unità delle cose e di un senso e di un ordine sul quale fare affidamento. L’essere umano sperimenta oggi un particolare disagio - anche se non sempre in modo consapevole - nella dispersione e nella frammentarietà. Nel primo racconto di creazione di Genesi troviamo il mandato divino di ‘dominare il mondo’: cioè di conoscerlo e di lavorarlo, di porlo al servizio di tutti gli esseri umani, di tutti e di ognuno. Ma che senso ha alla fine tutto questo lavoro dell’uomo nel mondo, se il mondo è destinato a sparire, se l’uomo stesso è annullato dalla morte? La domanda posta dal Qohelet (1,1 ss.), offre una risposta forse bisognosa di ulteriore compimento: «Tutto è vanità». A meno che tutto non possa evolversi e trasformarsi secondo un progetto di amore e di comunione. L’inno della lettera ai Colossesi (1,15-20) ci ricorda che questo progetto c’è realmente. luglio/agosto 2021 12
Tutta la creazione trova in Cristo la sua consistenza, la storia umana (il nostro tempo con le nostre esperienze penultime) va oltre, perché il muro della morte/del non senso è infranto. L’incarnazione dice che gli uomini e le loro cose hanno un valore in-finito, perché sono entrate nel mondo di Dio e Dio è entrato nel mondo degli uomini e delle cose. Il logos cristiano dice che Cristo Logos è il progetto: in Lui tutto trova unità e coesione. Gesù nella sua umanità realizza la piena unità di Parola (senso ultimo) e di carne (realtà penultima). Nel cristianesimo la verità non è dell’ordine del pensiero; ma la si coglie in un corpo e in una carne. Nell’incarnazione Dio sperimenta la condizione umana dall’interno. Dio fa abitare la propria divinità nella carne umana, l’uomo dona a Dio la propria umanità; Dio si fa uomo perché l’uomo, seguendo le tracce del Figlio Gesù Cristo, incontri Dio in pienezza: ecco il sacrum commercium del Natale. L’incarnazione narra che tutto ciò che è umano, dal concepimento di una singola persona fino alla sua morte, è oggetto dell’interesse di Dio, avvolto dall’amore di Dio. La carne umana è la dimora di Dio; l’umanità di Gesù Cristo è il luogo di Dio. Il messaggio dell’incarnazione è che la vita di Gesù, nel suo quotidiano dispiegarsi - fatto di incontri e di amicizie, di servizio e di amore, di dedizione radicale agli altri e di obbedienza al Padre - ci insegna a vivere secondo Dio la vita buona, illuminando con la Risurrezione la questione dell’esito e del senso. Il cristiano è chiamato a essere testimone privilegiato di questa dimensione trascendente del mondo penultimo: cioè della vocazione del mondo ad ‘andare oltre’. Il fatto che il cristiano attenda il futuro sperato, non è rifiuto del suo impegno nel mondo e del valore del mondo: al contrario, salva quell’impegno, gli dà consistenza e direzione. Fonte: Twitter L’escatologia cristiana, la realtà ultima, ci dice che Cristo stesso, risorto nel suo vero corpo, è il nuovo cielo e la nuova terra, e dona senso e compimento alla ‘nostra’ terra e al ‘nostro’ cielo. L’eternità non può essere vuota e indeterminata, perché nella temporalità glorificata del Risorto l’eternità entra nel tempo: senza annullarlo, ma arricchendolo di una nuova consistenza. L’eternità-ultimità del Risorto si inserisce nella storia attraverso le fasi di una temporalità rigenerata, misurata dal riceversi ‘riconosciuto’ e ‘riconoscente’ con cui ci si affida al Padre. Il compimento dell’humanum in Cristo ha la forma del definitivo del tempo e della storia, dove l’uomo ha costruito la sua identità che sarà per sempre. Siamo nell’attesa carica di speranza, in un processo di trasformazione e purificazione che ci prepara alla comunione piena con Dio, con i fratelli e le sorelle, e con tutto il creato: la Risurrezione di Gesù Cristo è l’orizzonte del compimento del cammino e di tutta la realtà in Dio. La risurrezione, così posta al centro, illumina le realtà penultime e i misteri/problemi della persona umana. E tutto ciò avviene nella tensione tra continuità e novità inattesa e sorprendente, novità che va al di là della condizione precedente. luglio/agosto 2021 13
La relazione tra l’esame di alcune realtà dell’humanum e il mistero di Gesù Cristo ci permette di illuminare il legame tra penultimo e ultimo in prospettiva del compimento, come ben espresso dalla nota e citata affermazione del Concilio Vaticano II: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (cf Gaudium et spes 22). Gesù Cristo è l’irruzione di Dio nella storia indispensabile per rivelare l’essere umano a se stesso decifrandolo, interpretandolo e trasfigurandolo. Nelle prossime riflessioni cercheremo di cogliere il nesso tra i misteri e problemi penultimi dell’uomo - nascita, crescita, libertà, amore, limite, malattia, lavoro, amicizia, solitudine, morte - e il mistero di Cristo che li attraversa portandovi l’ultimità del senso, la “vita eterna”. In verità la morte è il più drammatico mistero-problema dell’esistenza umana. Senza la realtà ultima come compimento e pienezza delle realtà penultime, la morte è la fine della vita e di ogni realtà sperimentabile. Fondata sull’evento pasquale, la fede cristiana ci ricorda che la soluzione del problema della morte è al centro del credere. Infatti il nucleo centrale, il fondamento e la ragione dell’annuncio cristiano è che Cristo “morendo ha vinto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita”. Se la ragione chiusa al trascendente confessa la vittoria della morte sulla vita, la fede cristiana proclama la vittoria della vita sulla morte. L’evento di Cristo morto e risorto non abolisce la morte, Egli è morto e noi pure sperimentiamo la morte, ma lo stesso morire cambia di segno: non è lo sprofondare nell’abisso del nulla, ma la porta che si apre sulla vita eterna con Dio, tanto che possiamo affermare con fondamento che nella morte la vita non è tolta ma trasformata. È la luce pasquale che passa per le realtà penultime a illuminare tutti gli aspetti – ombre comprese. Questa luce non è un’idea ma un evento: Fonte: Archivio SBi « … l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte, e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). *OFMConv, docente di Teologia fondamentale e definitore della Custodia del Sacro Convento di Assisi @fraterdominicus luglio/agosto 2021 14
storia e personaggi PADRE STEFANO IGNUDI IL FRATE MINORE CONVENTUALE ILLUSTRE DANTISTA di Francesco Costa* P. Stefano Ignudi, rettore nato, che ebbe tra i chierici anche san Massimiliano M. Kolbe, non fu solo un grande educatore, ma anche un religioso dalla cultura poliedrica, oratore affascinante, lavoratore instancabile nell’Ordine e nella Chiesa. Ebbe forse un solo difetto: quello d’essere più papalino dei papi, vale a dire un inguaribile nostalgico del potere temporale dello Stato pontificio. Per lui il 20 settembre 1870, data in cui l’anticlericale e massonica Italia del suo tempo, attraverso la Breccia di Porta Pia aveva invaso lo Stato pontificio, era un giorno di lutto. Qui appresso di quest’uomo singolare, fra l’altro, religioso di grande pietà, tracciamo un sobrio profilo prima di soffermarci brevemente sulla sua profonda conoscenza della Divina Commedia. Cenni biografici Primogenito di dieci figli, nacque a Genova il 28 febbraio 1865 da Aurelio e Angela Maria Restani, donna molto pia (era terziaria domenicana), al contrario del marito, un toscano, forse garibaldino, avverso ai preti, che tuttavia non omise di far rigenerare al fonte battesimale il suo piccino, che chiamò Giuseppe Michele. Dopo gli studi elementari, il primo scontro del ragazzo con il padre che, anticlericale, si opponeva all’entrata del figlio nel seminario arcivescovile di Genova; ma Giuseppe, tipo volitivo, nel 1878 (aveva 13 anni), fugge da casa, ottenendo poco dopo, in nome della libertà, anche il consenso del sig. Aurelio, che lentamente tornerà alla pratica religiosa, e nel 1914, nel santuario di Nostra Signora di Lourdes a Campi Cornigliano Ligure, il figlio sacerdote celebrerà la S. Messa per il 50° del loro matrimonio. Dopo gli studi ginnasiali, liceali e di filosofia compiuti in seminario con esito brillante (1878-86), un cambiamento di rotta avviene nella vita del Nostro, che decide di lasciare il seminario per abbracciare la Fonte: Archivio SBi vita religiosa. D’anni 21 entra nel noviziato dei frati minori conventuali in San Miniato (Pisa), mutando il nome di battesimo in quello di Stefano ed emettendo i voti semplici il 13 dicembre 1887. luglio/agosto 2021 15
Inizia quindi a Roma il quadriennio teologico al Pontificio Collegio di Propaganda Fide (1887-91), laureandosi a pieni voti. Nel frattempo, emessi il 30 marzo 1891 i voti solenni, il successivo 12 luglio è ordinato sacerdote, ma contemporaneamente ha seguito le lezioni di mons. Giacomo Poletto alla Cattedra Dantesca (1886- 91) e ha conseguito all’Apollinare il diploma di “Alta Letteratura” italiana, latina e greca (1887-91). Se si eccettua il biennio in cui p. Ignudi, dopo il presbiterato, è docente di letteratura italiana a Colle Val d’Elsa (Siena) (1891-94) e un anno di docenza teologica nel convento di Genova (1894-95), egli trascorrerà il resto della vita nella Città Eterna al servizio dell’Ordine e della Santa Sede. Chiamato, infatti, in Curia generale (1895), è incaricato dal ministro generale Lorenzo Caratelli di curare una nuova edizione del Manuale dei novizi e professi chierici e laici, edito nel 1897; insegna come sostituto nell’Istituto Leoniano di Alta Letteratura all’Apollinare; inizia la pubblicazione degli atti ufficiali della Curia generale con il titolo Notitiae ex Curia Generalitia OFMConv, che egli personalmente dirige, e il cui titolo nel 1915 muterà in Commentarium Ordinis. Dal 1904 al 1910 è per la prima volta Rettore del Collegio Serafico Internazionale al Palatino, dirigendo in pari tempo la scuola dell’incipiente Facoltà Teologica. Segretario generale dell’Ordine (1904-13), la sua figura si erge a gran “Tutor et Defensor Ordinis”, avendo propugnato con vigore nel 1908-09 e nel 1913 il diritto all’esistenza della sua famiglia religiosa in circostanze critiche nelle quali qualcuno si adoperava per affossarla; Guardiano ai SS. Apostoli (1913-16), tornò di nuovo a reggere il Collegio Serafico Romano (1916-24). P. Ignudi fu il Rettore che maggiormente influì nella formazione sacerdotale di Massimiliano M. Kolbe (1916-19, nella foto), istillandogli amore e obbedienza al Papa, e preparandolo a servirsi d’ogni mezzo lecito per la conversione dei nemici della Chiesa. Già attempato, p. Ignudi fu anche Rettore nel convento di S. Giacomo alla Lungara (1924-40), da dove si recava in via S. Teodoro per la docenza della teologia ascetica e della sacra eloquenza (1924-35). Non meno intensamente il Nostro lavorò nella Vigna del Signore. Oratore molto gradito, gli giungevano richieste da tutta l’Italia. Sarebbe lungo elencare i suoi assidui corsi di predicazione svolti in Avvento, in Quaresima, per novene, tridui, mese di maggio, mese del Sacro Cuore, in tutta l’Italia e a San Pietro in Vaticano. Per il Vicariato di Roma, nel 1907 fu censore dei libri; esaminatore del clero romano (1912-1932); redattore degli “Avvisi sacri” del Vicariato Fonte: Archivio SBi per le principali festività dell’anno; redattore dell’agenzia Fides per la Preservazione della Fede. In Vaticano nel 1918 fu eletto Consultore della S. Congregazione delle Università degli Studi, e nel 1923 Consultore della S. Congregazione dei Riti nella sezione per le cause dei santi; fu inoltre Consultore della S. Congregazione del Concilio per l’ufficio catechistico eletto nel 1934. Quanto alla produzione letteraria, a parte i tre volumi postumi di commento alla Commedia di Dante (1948-49), dei quali si dirà più oltre, non si contano gli articoli pubblicati in giornali e riviste (L’Osservatore Romano, L’Immacolata del p. Luigi Pona, Regina dei cuori dei PP. Monfortani, ecc.); luglio/agosto 2021 16
ma ben più preziosa dal lato storico è la registrazione degli atti dei Capitoli generali celebrati nel 1919, nel 1924, e nel 1930, quest’ultimo celebrato al Sacro Convento di Assisi, restituito all’Ordine il 4 ottobre 1927. P. Ignudi lavorò fin quasi alla fine dei suoi giorni. Dopo breve malattia, confortato della benedizione del Santo Padre Pio XII, si spense piamente ai SS. Apostoli il 2 giugno 1945 a 80 anni. Il commento alla “Commedia” di Dante Un interesse particolare ha dimostrato l’Ordine per il Divino Poeta Dante Alighieri, morto “ghibellin fuggiasco” a Ravenna nel 1321 e sepolto presso la chiesa dei Frati Minori Conventuali di San Francesco. È merito del p. Severino Ragazzini OFMConv († 1986) il Centro Dantesco fondato nel 1964 a Ravenna con biblioteca specializzata, Museo della Medaglia di Dante, Cattedra dantesca, Biennale e altre iniziative, che hanno contribuito a incrementare lo studio e l’approfondimento della vita e dell’opera del più grande poeta italiano. Ben più antico è, però, l’amore dei conventuali nei confronti dell’opera del sommo poeta fiorentino giacché, poco dopo la comparsa della Commedia vari versetti o episodi a essa legati, sono citati dai nostri predicatori, come in un corpus di 68 sermoni d’autore francescano. Non è certo se quest’opera appartenga al noto Ruggero da Piazza, grande storico e Ministro provinciale di Sicilia, o a uno sconosciuto Ruggero da Eraclea. È comunque certo che il codice risale agli anni 1367- 68. L’interesse dell’Ordine per il capolavoro dantesco è dimostrato Fonte: Archivio SBi poi soprattutto dalle biblioteche conventuali sparse nelle varie Province, dove non mancano mai le opere dantesche. Stante il costo della pergamena, sono piuttosto rari gli antichi possessori individuali della Commedia, ma è possibile citare almeno il caso di fra Matteo Della Porta, arcivescovo di Palermo († 1377), che disponeva dell’opera intera. Non ci è pervenuto il commento alla Commedia di fra Accursio Bonfantini da Firenze, Guardiano di Santa Croce (1318), Inquisitore in Toscana (1327-34). Gli resta tuttavia l’onore d’aver dato inizio alla lunga schiera d’interpreti danteschi, e non solo francescani, essendo ritenuto il primo espositore della Commedia in Santa Croce immediatamente dopo i figli del Divin Poeta. Fino al Cinquecento non furono pochi gli studiosi dell’Ordine che predilessero la “Divina Commedia”, come la chiamò Giovanni Boccaccio. Non possiamo enumerarli tutti, ma non mi pare giusto tralasciare il nome del vescovo Giovanni Bertoldi da Serravalle (San Marino) († 1445), della Provincia delle Marche che, al Concilio di Costanza (1414-18), profittando di una lunga sosta nei lavori conciliari, tradusse in latino per i Padri Sinodali le tre cantiche della Commedia, dotandola di un ampio Comentum. luglio/agosto 2021 17
Dopo il Cinquecento si assiste purtroppo a un progressivo declino degli studi danteschi. In piena Controriforma, con i protestanti che pretendevano di presentare Dante come il loro antesignano contro il papato, il clima era tutt’altro che favorevole allo studio sereno del difficile e complesso mondo dantesco. Da parte cattolica si giunse poi fino al disprezzo della Commedia. Il Gesuita Saverio Bettinelli († 1808), che reputava Dante uno scrittore mediocre, privo di gusto e di chiarezza, riteneva che nel poema dantesco potrebbe salvarsi appena un migliaio di versi! Ma i veri capolavori come la Divina Commedia sono immortali. Presto o tardi tornano a galla. Nel 1791 il p. Baldassare Lombardi OFMConv († 1802) ruppe il silenzio pubblicando il suo primo volume sulla Divina Commedia con note (gli altri appariranno postumi). Bastò questa scintilla per riaccendere il sopito amore verso l’opera maggiore dell’Alighieri. Lo dimostra il sollecito plauso riscosso dal Lombardi, non solo dai francescani, ma anche da poeti e letterati estranei all’Ordine, come Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, Giuseppe Giusti, Giosuè Carducci. D’allora è ripresa la grande fioritura di cultori del divino Poeta, in specie tra i minori conventuali, alcuni dei quali noti anche per la loro cultura dantesca, come p. Leone Cicchitto OFMConv († 1972) e appunto p. Ignudi. Prima della pubblicazione de La Divina Commedia. Commento, apparsa postuma a Padova nel 1948 per i tipi del Messaggero di Sant’Antonio, p. Stefano aveva manifestato la sua passione per il Sommo Poeta fiorentino dando inizio a una sua bibliografia dantesca, pubblicata a Torino nel 1897 con un commento al Canto di Dante a S. Francesco, poi riedito in versione diversa nel 1921 e 1926. In un suo denso profilo sul p. Ignudi dantista, apparso nella Miscellanea Francescana del 1947, il p. Gaetano Stano registra del Nostro un totale di 103 scritti danteschi editi e 70 inediti. Emerge, ovviamente, il Commento alla Divina Commedia, opera originale, nel senso che si discosta dalle solite annotazioni e spiegazioni letterali, facili a trovarsi nelle varie edizioni della Commedia. Al p. Ignudi interessa porre in evidenza, non solo il supporto filosofico-teologico-ascetico che anima le tre Cantiche, ma anche l’ingegnosa e meravigliosa struttura del mondo dantesco e l’insuperata armonia letteraria e poetica. Mi pare che il prof. P. Boncompagni sintetizzi bene l’opera del p. Ignudi nell’articolo apparso nella Miscellanea Francescana del 1953: «È un’apologia cristiana che postula il suo valore dal ’sacro poema‘: è frutto di venti anni di meditazione, di analisi psicologica, estetica, di ricerche, di lavoro indefesso. Teologia, scienza biblica e mistica, i Padri, i Dottori della Chiesa irradiano di luce e amore divini il commento dell’Ignudi […]. I suoi tre volumi e commenti alle cantiche dell’Inferno, del Purgatorio, del Paradiso, formano un mirabile trittico che sembra uscito dalla tavolozza di Giotto per l’afflato mistico, per il fulgore estetico dalla tavolozza del Tiziano o del Giorgione». *OFMConv, docente emerito di Storia del Francescanesimo luglio/agosto 2021 18
la fraternità dei laici CHARLES-FRANÇOIS GOUNOD E L’AVE MARIA TRA LE SUE OPERE L’INNO E MARCIA PONTIFICALE DELLA CITTà DEL VATICANO di Felice Autieri* L’uomo Charles-François Gounod fa parte di quella schiera di personaggi che, per tradizione, sono riconosciuti come appartenenti all’Ordine francescano secolare, sebbene non abbiamo documenti che ne attestino l’avvenuta professione. Gounod nacque a Place Saint-André-des-Arts a Parigi il 17 giugno 1818, secondogenito del pittore François-Louis e di Victoire Lemachois. Suo padre morì nel 1823 quando Charles aveva cinque anni, pertanto per problemi finanziari la madre fu costretta a dare lezioni di pianoforte per poter crescere i figli, di cui Charles fu uno dei suoi primi studenti. Dopo aver studiato al liceo Saint-Louis terminandolo nel 1835, iniziò nel frattempo gli studi musicali con Antonin Reicha coetaneo e amico di Beethoven, proseguendoli poi al Conservatorio di Parigi sotto la guida dei maestri Jacques Fromental Halévy e Jean-François Lesueur. Nel gennaio del 1831 si recò con la madre ad una rappresentazione dell’Otello di Rossini, mentre l’anno successivo fu la volta del Don Giovanni di Mozart: rimase folgorato, tanto che i due avvenimenti lo convinsero a diventare un compositore. Nel 1839 si recò a Roma a Villa Medici in seguito alla vittoria del Grand Prix di Roma per la sua cantata Fernand, approfittò del soggiorno romano per studiare in particolare la musica religiosa, soprattutto quella di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Rientrato in patria nel 1843 fu colto da una forte crisi interiore, per la quale trasse conforto dalla meditazione e dalla preghiera tale da spingerlo ad intraprendere il cammino sacerdotale. Fu accolto nel seminario della diocesi di Parigi nel 1847 dall’arcivescovo mons. Denis-Auguste Affre, Fonte: Wikipedia quindi si iscrisse alla facoltà di teologia Saint-Sulpice mentre furono fondamentali per la sua formazione spirituale i sermoni che il domenicano p. Henri-Dominique Lacordaire teneva nella cattedrale di Notre- Dame. Tuttavia comprese di non essere chiamato al sacerdozio e lasciò il seminario nel 1848. luglio/agosto 2021 19
Il musicista e autore de l’Ave Maria Il Gounod è famoso per essere l’autore dell’Ave Maria, ma in realtà fu cospicua la produzione di musica sacra e non. A lui appartengono numerose composizioni di oratori, di messe, di requiem e di mottetti, cantici e melodie con una forte impronta del gregoriano impregnato dalla sua profonda fede religiosa. Nel 1849, grazie al sostegno di Pauline Viardot, ottenne di musicare il Sapho opera in tre atti su libretto di Émile Augier, che fu rappresentata per la prima volta all’Opéra di Parigi il 16 aprile 1851 e poco dopo compose le musiche per l’Ulysse di François Ponsard. Ormai il percorso era delineato, scrisse musica per molti cori come Le Vin des Gaulois, compose nel 1858 Le Médecin opera comica in tre atti su testo di Molière e su libretto di Jules Barbier e Michel Carré. L’anno successivo la sua opera Faust fu rappresentata ottenendo un notevole successo con settanta rappresentazioni nel primo anno, nel 1860 scrisse due opere buffe Filemone et Bauci e La Colombe, infine nel 1862 musicò La Reine de Saba su libretto di Jules Barbier e Michel Carré, opera che ebbe quindici repliche. Nell’ultima parte della sua vita, Gounod compose una grande quantità di musica religiosa in particolare un gran numero di messe e due oratori: La Rédemption (1882) e Mors et Vita (1885). Un discorso a parte è la celebre Ave Maria datata al 1859 pensandola sovrapposta al Preludio n. 1 in do maggiore dal I Libro del clavicembalo ben temperato (BWV 846), composto da Johann Sebastian Bach 137 anni prima. Gounod vi aggiunse una battuta in un cambio di armonia del preludio, in sostanza improvvisò una melodia che si evolveva sugli arpeggi di cui era composta la partitura di Bach. Il pianista Pierre Zimmermann, suocero di Gounod, produsse una versione per violino accompagnata da un piccolo coro. Solo in seguito fu realizzato l’arrangiamento per violino, violoncello, pianoforte o harmonium, destinato ad essere eseguito in concerto con il titolo di Méditation e pubblicato dalle Heugel & Compagnie a Parigi nel 1859. Fu ancora lo Zimmermann che lo adattò al canto corale sul testo della versione latina della preghiera dell’Ave Maria, con relativo debutto il 24 maggio 1859 con esecuzione della soprano Caroline Miolan-Carvalho. Fonte: Archivio SBi Il Gounod non avrebbe mai immaginato che accanto all’Ave Maria di Schubert, quella di Bach-Gounod sarebbe diventata un punto fermo delle celebrazioni dei matrimoni negli anni a seguire. Oggi il testo ha subito diversi arrangiamenti strumentali per violino e chitarra, quartetto d’archi, pianoforte, violoncello e persino tromboni. Cantanti lirici, come Nellie Melba, Franco Corelli e Luciano Pavarotti oltre a migliaia di cori in tutto il mondo, lo hanno cantato e registrato centinaia di volte nel corso del XX secolo. luglio/agosto 2021 20
La morte Gounod nel 1852 sposò Anna Zimmerman (+1907), a cui rimase legato fino alla morte. Morì il 18 ottobre 1893 a Saint-Cloud mentre stava eseguendo il suo ultimo Requiem in do maggiore al pianoforte. Il suo funerale ebbe luogo dieci giorni dopo nella chiesa della Madeleine, con l’assistenza di Camille Saint-Saëns, Théodore Dubois all’organo e Gabriel Fauré alla direzione del coro secondo il desiderio del defunto, eseguendo la Missa pro defunctis. Fu sepolto a Parigi, nel cimitero di Auteuil. Pochi sanno che il Gounod fu l’autore dell’Inno e Marcia Pontificale che è dal 1929 l’inno nazionale dello Stato Città del Vaticano, mentre negli anni ’60 del XX secolo la sua Marcia funebre per una marionetta datata 1873, è stata utilizzata come colonna musicale della serie televisiva che introduceva i film di Alfred Hitchcock. Siamo certi che se il Gounod fosse vissuto nel XX secolo sarebbe morto molto ricco, se non altro per i diritti d’autore che registi, musicisti ed altri gli avrebbero dovuto pagare a seguito dell’utilizzo delle sue composizioni. *OFMConv, docente di Storia della Chiesa e Storia del Francescanesimo Bibliografia Dictionnaire de la Musique en France au XIXe siècle, a cura di J. M. Fauquet, Ed. Fayard, Paris 2003, p. 523; Y. BRULEY, Charles Gounod, Bleu nuit éditeur, Paris 2015 luglio/agosto 2021 21
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