RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI - BDO
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RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ISSN60485-2281 Anno6LXVII6Fasc.646-62016 Stefano6Bianchi RIFLESSIONI SULL’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS DOPO 10 ANNI DALLA LORO APPLICAZIONE SISTEMATICA IN ITALIA ED EUROPA Estratto Milano6•6Giuffrè6Editore
ATTUALITÀ E PRATICA PROFESSIONALE PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI E INTERNAZIONALI RIFLESSIONI SULL’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS DOPO 10 ANNI DALLA LORO APPLICAZIONE SISTEMICA IN ITALIA ED EUROPA di STEFANO BIANCHI 1. Introduzione. Negli ultimi decenni il crescente impulso dei mercati finanziari ha favo- rito la globalizzazione degli interessi economici e richiesto una sempre mag- giore compatibilità e circolazione delle informazioni economico-finanziarie ma questo processo si è scontrato con la frammentazione delle regole contabili applicate localmente, da qua la spinta verso l’armonizzazione contabile per- ché i vari sistemi contabili esistenti in alcuni paesi occidentali rispondevano a drivers differenti come evidenziato da numerose analisi (1) creando signifi- cative differenze di rappresentazione. La spinta in Europa è stata verso i principi contabili internazionali IAS/IFRS generata dal regolamento comuni- tario 1606/2002, secondo cui i bilanci consolidati delle società quotate sui mercati regolamentati europei, dovevano essere redatti secondo i nuovi prin- cipi contabili internazionali dal 1° gennaio 2005, il c.d. Big Bang, che ha portato nel 2005 la loro prima applicazione massiva in Italia ed in Europa alle società quotate, e poi ad altri settori chiave come il settore finanziario, ed oggi con il Decreto Legge n. 91 del 24 giugno 2014 (« competitività ») applicazione estesa anche a tutte le imprese (s.r.l., s.p.a., cooperative, s.a.p.a) su base volontaria. Un periodo temporale perciò sufficiente per riflettere su alcune tematiche che possono rappresentare i pro ed i contro più significativi della loro appli- cazione, una riflessione che va fatta considerando anche gli scenari presenti in Italia e rappresentati dai principi contabili italiani OIC recentemente (1) NOBES C.W., International Classification of financial reporting (II ed.), London, Routledge, 1992. Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016 571
ATTUALITÀ E PRATICA PROFESSIONALE modificati, sia nel 2014 sia nel 2016, a causa del D.Lgs 139/2015 a seguito dell’implementazione della Direttiva Europea 2013/34/UE. Di seguito alcuni spunti di riflessione (2) su punti di forza e debolezza che gli IAS/IFRS rappresentano. 2. Fair value. L’uso del fair value è una delle caratteristiche principali e più controverse degli IFRS. Ma cosa si intende con fair value? L’IFRS 13 « Valutazione del fair value » indica « il fair value come il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione »; già dalla definizione si evidenzia uno dei problemi più significativi: infatti se esiste un mercato attivo è altrettanto facile determinare il suo fair value, ma se il mercato non esiste, oppure è illiquido, allora nascono le prime difficoltà nella determinazione del fair value che non dimentichiamo non è solo limitato agli strumenti finanziari (IAS 39 ed il nuovo IFRS 9 che lo andrà a sostituire nel 2018) ma è anche richiamato per le aggregazioni aziendali (IFRS3), i pagamenti basati su azioni (IFRS2), nell’agricoltura (IAS41), nell’impairment test per la riduzione delle attività (IAS36) ed in misura minore come alter- nativa al costo storico per quanto riguarda le immobilizzazioni materiali (IAS16) ed immateriali (IAS38). Un’altra difficoltà è l’utilizzo dei modelli quando non esistono riferimenti esterni che richiedono delle variabili sogget- tive a volte difficilmente verificabili. Un’altra difficoltà emersa è l’aspetto pro-ciclico rappresentato dal fair value (3) e cioè il suo fattore moltiplicativo in caso di trend positivi e quello più pericoloso in caso di trend negativi, infatti successivamente alla crisi finan- ziaria del 2008 l’applicazione del fair value è stato uno dei maggiori imputati: per esempio Zingales (4) imputò parte della responsabilità della cancrena che stava progressivamente distruggendo il sistema bancario americano alla « debt inflation » che producendo perdite obbliga gli operatori più indebitati a vendere per ridurre le perdite realizzate. L’obbligo di valutare al fair value o mark-to-market ha indubbiamente dei significativi effetti pro-ciclici perché a detta di chi lo critica è il primo riferimento quando i cicli sono in crescita permettendo a volte di contabilizzare significativi profitti nei bilanci ed a incassare altrettanto significativi bonus da parte degli operatori di mercato. (2) MANTOAN D., BIANCHI S. (a cura di), 30+ anni di aziendalisti in Laguna: Gli studi manageriali a Venezia, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2015. (3) BIANCHI S., Fair value: scelta di trasparenza oppure uno degli imputati del credit crunch?, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 1335-1344. (4) ZINGALES L., Causes and Effects of the Lehman Brothers Bankruptcy » Before the Committee on Oversight and Government Reform United States House of Representatives, October 6, 2008 572 Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016
PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI E INTERNAZIONALI È allora giusto pensare a disapplicarlo quando le cose vanno nel senso inverso? In realtà queste discussioni entrano anche nella realtà italiana con il D.Lgs 139/2015 che ha introdotto il nuovo art. 2426 comma 12 del codice civile ad indicare il riferimento dei principi contabili internazionali dove per la definizione di « fair value » e di « modello e tecnica di valutazione general- mente accettato » si fa « riferimento ai principi contabili internazionali adot- tati dall’Unione Europea ». L’introduzione del fair value nel contesto italiano è benvenuta perché comunque volta a colmare un gap significativo di norma- tiva italiana soprattutto nella rappresentazione degli strumenti derivati finanziari che il nuovo n. 11 bis dell’art. 2426 del codice civile stabilisce che « sono iscritti al fair value » e poi « le variazioni del fair value sono imputate al conto economico oppure, se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un’operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell’operazione oggetto di copertura. » È perciò ragio- nevole pensare ad una applicazione più soft in Italia legata solo alla tematica dei derivati e del loro utilizzo come copertura soprattutto dei rischi cambio e tasso, mentre il costo continua a rappresentare la base di rappresentazione contabile di riferimento. 3. Avviamento ed impairment. Nel mondo IAS/IFRS grande impatto ha sempre avuto il modello dell’im- pairment soprattutto in relazione all’avviamento (« Goodwill ») iscritto a bilancio a seguito di acquisizioni che con l’IFRS3 « Aggregazioni aziendali » non viene ammortizzato, ma assoggettato ad impairment test almeno su base annua secondo lo IAS 36 « Riduzione durevole di valore delle attività ». L’impairment è uno dei casi più significativi dove i due grandi sistemi contabili, quello americano basato su principi contabili statunitensi (US GAAP) e quello europeo (basato sugli IAS/IFRS), si sono sostanzialmente allineati: infatti già nel 2001 il FASB aveva emesso il SFAS 141/142, che proibì l’ammortamento del goodwill e richiese l’applicazione dell’impairment test su base annua. L’impairment test delineato dallo IAS 36 è un modello complesso ma soprattutto è un modello con molte variabili soggettive che sono decise dalla stessa azienda che dovrebbe decidere se svalutare o meno l’oggetto dell’im- pairment, introducendo indubbiamente delle debolezze nella sua applica- zione, analogo ragionamento è possibile applicare per l’impairment dei crediti richiesto dallo IAS 39. Tra le difficoltà più rilevanti di applicazione si segnalano: Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016 573
ATTUALITÀ E PRATICA PROFESSIONALE — il tasso di attualizzazione che deve essere « un tasso che riflette le valutazioni correnti del mercato del valore temporale del denaro e dei rischi specifici dell’attività corrisponde al rendimento che gli investitori richiede- rebbero se si trovassero nella situazione di dover scegliere un investimento che generasse flussi finanziari di importi, tempistica e rischio equivalenti a quelli che l’entità si aspetta che derivino dall’attività in oggetto ». Nella maggioranza dei casi si utilizza il WACC (costo medio ponderato del capitale o weighted average cost of capital), ma anche il WACC è basato su numerose ipotesi soggettive e da qua gli interrogativi ricorrenti; — la stima dei flussi di cassa alla base del valore d’uso (VdU) che rappresenta il limite a cui confrontare l’avviamento per discutere eventuali svalutazioni è un valore spesso « artificiale », infatti con valore di uso si intende generalmente il valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine da un’attività o da un’unità generatrice di flussi finanziari, i futuri benefits vengono quindi convertiti in un valore attuale usando degli appropriati tassi di attualizzazione. Applicando perciò il di- scounted future benefits methods, vi sono due macro parametri che la fanno da padrone e che sono inevitabilmente soggettivi: la stima dei flussi di cassa, ed il tasso di attualizzazione richiamato in precedenza. È indubbio che nell’ultimo decennio il modello dell’impairment ha evi- denziato delle debolezze semplicemente perché le svalutazioni per impai- rment contabilizzate nei bilanci delle società ed istituti finanziari sono state « too little and too late ». Da qua l’interrogativo: quale futuro al modello dell’impairment applicato al goodwill? La strada più ragionevole è, a nostro giudizio, quella delineata nel Discussion paper (5) del 2014 pubblicato da OIC, EFRAG e ASBJ dove si conclude che la soluzione più appropriata sia la reintroduzione dell’ammortamento dell’avviamento perchè è ragionevole con- siderare che i benefit relativi ad un’acquisizione siano limitati nel tempo e che un metodo basato sull’ammortamento sia facilmente applicabile e verificabile. È apprezzabile come nello IASB Work Plan 2017-2021, pubblicato nel novem- bre 2016, si dia evidenza come rivedere il modello sia per lo IASB una priorità anche a seguito della Post-implementation review dell’IFRS 3 come anche quello di verificare i meriti dell’applicazione dell’attuale modello e confron- tarlo con l’applicazione dell’ammortamento. Il modello dell’impairment con il confronto tra il suo valore equo e il suo valore d’uso è stato introdotto anche nel contesto italiano dall’OIC 9 « Svalu- tazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali » ma limitato solo ad eventuali svalutazione di immobilizzazioni e non è esteso all’avviamento che continua ad essere ammortizzato lungo la sua vita utile, ma anche per questo aspetto è indubbio il riflesso a livello nazionale dall’approccio IAS/IFRS. (5) ACCOUNTING STANDARD BOARD OF JAPAN (ASBJ), EUROPEAN FINANCIAL REPORTING ADVISORY GROUP (EFRAG), ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ - OIC, Should goodwill still not be amortised? Accounting and disclosure for goodwill, 2014. 574 Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016
PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI E INTERNAZIONALI 4. Informativa (disclosure). Gli IAS/IFRS hanno introdotto maggiore flessibilità per esempio nella definizione di schemi di bilancio e reso obbligatorio il rendiconto finanziario (cash-flow), ora richiesto obbligatoriamente anche in per i bilanci 2016 pre- parati secondo i principi contabili italiani, inoltre l’informativa (disclosure) inclusa nei bilanci con gli IAS/IFRS è migliorata qualitativamente rispetto allo scenario ante 2005. Dall’altro lato tutti gli standard richiedono una serie di informative aggiuntive che rendono i bilanci spesso dei tomi di centinaia di pagine dove l’informazione davvero rilevante rischia di perdersi: è il fenomeno definito « disclosure overload » o « cutting the clutter ». Tre sono le possibili grandi aree da migliorare (6): a) Formato: il riferimento dello IAS 1 « Presentazione del bilancio » rischia di essere troppo generico a fronte delle sempre più complesse transa- zioni, sarebbe opportuno creare un maggiore link tra gli schemi principali e l’informativa del bilancio e tra le varie sezioni se le informazioni riportate possono essere tra di loro collegate. b) Tailoring: il rischio nella preparazione dei bilanci IFRS è quella di standardizzare i bilanci e di renderli generici ottenendo un fenomeno del « copia ed incolla » (« boilerplate ») mentre sarebbe più opportuno cercare di selezionare le informative da includere in relazione alle caratteristiche del- l’azienda e delle sue attività. c) Materialità: il concetto di materialità può essere molto soggettivo e perciò portare a delle applicazioni non coerenti con l’obiettivo di trasparenza che i bilanci devono avere, ma è un rischio che deve essere corso per selezio- nare quelle informative che proprio perché non materiali rischiano di sotter- rare le vere informazioni necessarie agli stakeholders nella loro lettura del bilancio. Lo IASB a queste critiche ha risposto proponendo nel 2013 la Disclosure initiative riepilogata in 10 punti di cui più significativi sono: — definire l’ambito di applicazione della materialità; — chiarire la metodologia da applicare nella redazione della nota inte- grativa e nella definizione dei principi contabili; — inserire una riconciliazione con la Posizione Finanziaria Netta; — emettere un principio contabile relativo all’Informativa e rivedere quanto richiesto dagli altri standards. 5. Conclusioni. Come si discute molto oggi sul futuro del progetto europeo anche gli IFRS/IAS nella loro specificità presentano delle similarità nelle loro difficoltà (6) EY, Improving disclosure effectiveness, 2014. Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016 575
ATTUALITÀ E PRATICA PROFESSIONALE di applicazione (come ad esempio il contrapporsi tra due approcci rappresen- tati da quello anglo-sassone e quello dell’Europa continentale più orientato all’applicazione del costo storico e della prudenza); ma bisogna riconoscere come abbiano portato un’evoluzione della rappresentazione contabile permet- tendo l’armonizzazione ed un confronto diretto all’interno dei maggiori mer- cati, ed anche trainato un miglioramento dell’informativa contabile nazionale con i nuovi OIC. Il sistema IAS/IFRS è infatti diventato un riferimento anche per i principi contabili italiani ma è raccomandabile un approccio proattivo e di ascolto delle proposte dei vari standard-setters nazionali da parte dello IASB che porti a migliorare alcuni modelli in primis l’impairment ed il fair value onde evitare un atteggiamento a volte auto-referenziale. Bibliografia ACCOUNTING STANDARD BOARD OF JAPAN (ASBJ), EUROPEAN FINANCIAL REPORTING ADVISORY GROUP (EFRAG), ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ - OIC, Should goodwill still not be amortised? Accounting and disclosure for goodwill, 2014. BIANCHI S., Fair value: scelta di trasparenza oppure uno degli imputati del credit crunch?, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Giuffrè, Milano, 2008. MANTOAN D., BIANCHI S. (a cura di), 30+ anni di aziendalisti in Laguna: Gli studi manageriali a Venezia, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2015. NOBES C.W., 1992, International Classification of financial reporting (II ed.), London, Routledge, 1992. ZINGALES L., Causes and Effects of the Lehman Brothers Bankruptcy, Before the Committee on Oversight and Government Reform United States House of Representatives, October 6, 2008. 576 Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2016
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