L'ANTOLOGIA SOCIALE DI PAPA BENEDETTO - Modello economico e crisi nelle parole di Ratzinger

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L’ANTOLOGIA SOCIALE DI PAPA BENEDETTO
  Modello economico e crisi nelle parole di Ratzinger

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La crisi
«Si conferma nell’attuale crisi economica quanto è già apparso nella
precedente grande crisi, che la dimensione etica, cioè, non è una
cosa esteriore ai problemi economici, ma una dimensione interio-
re e fondamentale. L’economia non funziona solo con un’autorego-
lamentazione di mercato, ma ha bisogno di una ragione etica per
funzionare per l’uomo. E appare di nuovo quanto aveva già detto
nella sua prima enciclica sociale Papa Giovanni Paolo II, che l’uomo
dev’essere il centro dell’economia e che l’economia non è da misu-
rare secondo il massimo del profitto, ma secondo il bene di tutti,
include responsabilità per l’altro e funziona veramente bene solo
se funziona in modo umano, nel rispetto dell’altro. E con le diverse
dimensioni: responsabilità per la propria Nazione e non solo per
se stessi; responsabilità per il mondo – anche una Nazione non è
isolata, anche l’Europa non è isolata, ma è responsabile per l’inte-
ra umanità e deve pensare ai problemi economici sempre in questa
chiave della responsabilità anche per le altre parti del mondo, per
quelle che soffrono, hanno sete e fame, non hanno futuro. E quindi
– terza dimensione di questa responsabilità – è la responsabilità per
il futuro. Sappiamo che dobbiamo proteggere il nostro pianeta, ma
dobbiamo proteggere – tutto sommato – il funzionamento del ser-
vizio del lavoro economico per tutti e pensare che il domani è anche
l’oggi. Se i giovani di oggi non trovano prospettive nella loro vita,
anche il nostro oggi è sbagliato e “male”».
Risposte ai giornalisti, Madrid, 18 agosto 2011

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Lo spread sociale
Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero
destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ric-
chi, e molti, irrimediabilmente più poveri. Si tratta, insomma, di
non rassegnarsi allo “spread del benessere sociale”, mentre si com-
batte quello della finanza.
Discorso al Corpo diplomatico, 8 gennaio 2012

Imprenditorialità sociale, economia civile
Nel contesto di questo discorso è utile osservare che l’imprendito-
rialità ha e deve sempre più assumere un significato plurivalente. La
perdurante prevalenza del binomio mercato-Stato ci ha abituati a
pensare esclusivamente all’imprenditore privato di tipo capitalisti-
co da un lato e al dirigente statale dall’altro. In realtà, l’imprendito-
rialità va intesa in modo articolato. Ciò risulta da una serie di mo-
tivazioni metaeconomiche. L’imprenditorialità, prima di avere un
significato professionale, ne ha uno umano. Essa è inscritta in ogni
lavoro, visto come « actus personae », per cui è bene che a ogni la-
voratore sia offerta la possibilità di dare il proprio apporto in modo
che egli stesso « sappia di lavorare “in proprio” » . Non a caso Paolo
VI insegnava che « ogni lavoratore è un creatore ». Proprio per ri-
spondere alle esigenze e alla dignità di chi lavora, e ai bisogni della
società, esistono vari tipi di imprese, ben oltre la sola distinzione
tra « privato » e « pubblico ». Ognuna richiede ed esprime una capa-
cità imprenditoriale specifica. Al fine di realizzare un’economia che
nel prossimo futuro sappia porsi al servizio del bene comune na-
zionale e mondiale, è opportuno tenere conto di questo significato

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esteso di imprenditorialità. Questa concezione più ampia favorisce
lo scambio e la formazione reciproca tra le diverse tipologie di im-
prenditorialità, con travaso di competenze dal mondo non profit a
quello profit e viceversa, da quello pubblico a quello proprio della
società civile, da quello delle economie avanzate a quello dei Paesi
in via di sviluppo.
Caritas in veritate, n.41

L’economia cooperativa
La cooperazione nel suo significato più profondo indica l’esigenza
della persona di associarsi per conseguire, insieme con gli altri, nuo-
vi traguardi nell’ambito sociale, economico, culturale e religioso. Si
tratta di una realtà dinamica e variegata, chiamata non solo a dare
risposte ad esigenze immediate e materiali, ma a concorrere alla
prospettiva di ogni comunità.
Dando la dovuta priorità alla dimensione umana le cooperative pos-
sono superare il profilo esclusivamente tecnico del lavoro agricolo,
ne rivalutano la centralità nell’attività economica e così favoriscono
risposte adeguate alle reali necessità locali. Si tratta di una visione
alternativa a quella determinata da misure interne e internazionali
che sembrano avere come unico obiettivo il profitto, la difesa dei
mercati, l’uso non alimentare dei prodotti agricoli, l’introduzione di
nuove tecniche di produzione senza la necessaria precauzione.
Di fronte a una richiesta di cibo sempre più ampia, che necessa-
riamente congiunge qualità e quantità degli alimenti, il lavoro del-
le cooperative agricole può rappresentare qualcosa in più di una
semplice aspirazione, mostrando in concreto un modo possibile

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per soddisfare la domanda di una popolazione mondiale anche in
crescita. Una loro presenza sempre più consolidata, poi, può porre
fine alle tendenze speculative che ormai toccano persino i generi di
prima necessità destinati all’alimentazione umana e arginare l’acca-
parramento delle aree coltivabili che in diverse regioni costringono
i contadini ad abbandonare le loro terre poiché singolarmente non
hanno alcuna possibilità di far valere i loro diritti.
Messaggio giornata mondiale dell’Alimentazione, 2012

Cooperazione internazionale
La cooperazione allo sviluppo non deve riguardare la sola dimen-
sione economica; essa deve diventare una grande occasione di in-
contro culturale e umano. Se i soggetti della cooperazione dei Paesi
economicamente sviluppati non tengono conto, come talvolta av-
viene, della propria ed altrui identità culturale fatta di valori umani,
non possono instaurare alcun dialogo profondo con i cittadini dei
Paesi poveri. Se questi ultimi, a loro volta, si aprono indifferente-
mente e senza discernimento a ogni proposta culturale, non sono in
condizione di assumere la responsabilità del loro autentico sviluppo
[139]. Le società tecnologicamente avanzate non devono confon-
dere il proprio sviluppo tecnologico con una presunta superiorità
culturale, ma devono riscoprire in se stesse virtù talvolta dimenti-
cate, che le hanno fatte fiorire lungo la storia. Le società in crescita
devono rimanere fedeli a quanto di veramente umano c’è nelle loro
tradizioni, evitando di sovrapporvi automaticamente i meccanismi
della civiltà tecnologica globalizzata.
Caritas in veritate, n.59

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Microfinanza
Anche l’esperienza della microfinanza, che affonda le proprie radici
nella riflessione e nelle opere degli umanisti civili — penso soprat-
tutto alla nascita dei Monti di Pietà –, va rafforzata e messa a punto,
soprattutto in questi momenti in cui i problemi finanziari posso-
no diventare drammatici per molti segmenti più vulnerabili della
popolazione, che vanno tutelati dai rischi di usura o dalla dispera-
zione. I soggetti più deboli vanno educati a difendersi dall’usura,
così come i popoli poveri vanno educati a trarre reale vantaggio dal
microcredito, scoraggiando in tal modo le forme di sfruttamento
possibili in questi due campi. Poiché anche nei Paesi ricchi esistono
nuove forme di povertà, la microfinanza può dare concreti aiuti per
la creazione di iniziative e settori nuovi a favore dei ceti deboli della
società anche in una fase di possibile impoverimento della società
stessa.
Caritas in veritate, n.65

Gruppi d’acquisto
Anche nel campo degli acquisti, proprio in momenti come quelli che
si stanno sperimentando, in cui il potere di acquisto potrà ridursi e
si dovrà consumare con maggior sobrietà, è necessario percorrere
altre strade, come per esempio forme di cooperazione all’acquisto,
quali le cooperative di consumo, attive a partire dall’Ottocento anche
grazie all’iniziativa dei cattolici. È utile inoltre favorire forme nuo-
ve di commercializzazione di prodotti provenienti da aree depresse
del pianeta per garantire una retribuzione decente ai produttori, a
condizione che si tratti veramente di un mercato trasparente, che

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i produttori non ricevano solo maggiori margini di guadagno, ma
anche maggiore formazione, professionalità e tecnologia, e infine
che non s’associno a simili esperienze di economia per lo sviluppo
visioni ideologiche di parte. Un più incisivo ruolo dei consumatori,
quando non vengano manipolati essi stessi da associazioni non ve-
ramente rappresentative, è auspicabile come fattore di democrazia
economica.
Caritas in veritate, n.66

La buona impresa
Nessuno ignora quanti sacrifici occorre affrontare per aprire o tene-
re nel mercato la propria impresa, quale “comunità di persone” che
produce beni e servizi e che, quindi, non ha come unico scopo il pro-
fitto, peraltro necessario. In particolare le piccole e medie imprese
risultano sempre più bisognose di finanziamento, mentre il credito
appare meno accessibile ed è molto forte la concorrenza nei mercati
globalizzati, specie da parte di quei Paesi dove non vi sono – o sono
minimi – i sistemi di protezione sociale per i lavoratori. Ne deriva
che l’elevato costo del lavoro rende i propri prodotti e servizi meno
competitivi e sono richiesti sacrifici non piccoli per non licenziare
i propri lavoratori dipendenti e consentire ad essi l’aggiornamento
professionale.
In tale contesto, è importante saper vincere quella mentalità indi-
vidualistica e materialistica che suggerisce di distogliere gli inve-
stimenti dall’economia reale per privilegiare l’impiego dei propri
capitali nei mercati finanziari, in vista di rendimenti più facili e più
rapidi. Mi permetto di ricordare che invece le vie più sicure per con-

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trastare il declino del sistema imprenditoriale del proprio territorio
consistono nel mettersi in rete con altre realtà sociali, investire in
ricerca ed innovazione, non praticare un’ingiusta concorrenza tra
imprese, non dimenticare i propri doveri sociali ed incentivare una
produttività di qualità per rispondere ai reali bisogni della gente.
Esistono varie riprove che la vita di un’impresa dipende dalla sua
attenzione a tutti i soggetti con cui intesse relazioni, dall’eticità del
suo progetto e della sua attività. La stessa crisi finanziaria ha mo-
strato che entro un mercato sconvolto da fallimenti a catena, han-
no resistito quei soggetti economici capaci di attenersi a comporta-
menti morali e attenti ai bisogni del proprio territorio. Il successo
dell’imprenditoria italiana, specie in alcune regioni, è sempre stato
caratterizzato dall’importanza assegnata alla rete di relazioni che
essa ha saputo tessere con i lavoratori e con le altre realtà impren-
ditoriali, mediante rapporti di collaborazione e di fiducia recipro-
ca. L’impresa può essere vitale e produrre “ricchezza sociale” se a
guidare gli imprenditori e i manager è uno sguardo lungimirante,
che preferisce l’investimento a lungo termine al profitto specula-
tivo e che promuove l’innovazione anziché pensare ad accumulare
ricchezza solo per sé.
Discorso agli industriali, 18 marzo 2010

Cesare e Dio
«Rendi a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» fu la ri-
sposta di Gesù quando gli fu chiesto ciò che pensava sul pagamento
delle tasse. Quelli che lo interrogavano, ovviamente, volevano ten-
dergli una trappola. Volevano costringerlo a prendere posizione nel

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dibattito politico infuocato sulla dominazione romana nella terra di
Israele. E tuttavia c’era in gioco ancora di più: se Gesù era realmente
il Messia atteso, allora sicuramente si sarebbe opposto ai domina-
tori romani. Pertanto la domanda era calcolata per smascherarlo o
come una minaccia per il regime o come un impostore. La risposta
di Gesù porta abilmente la questione ad un livello superiore, met-
tendo con finezza in guardia nei confronti sia della politicizzazio-
ne della religione sia della deificazione del potere temporale, come
pure dell’instancabile ricerca della ricchezza.
Articolo per il Financial Times, 20 dicembre 2012

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