Rete e gioco Ambiente per apprendere il complesso in modo autonomo
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EL.LE ISSN 2280-6792 Vol. 3 – Num. 1 – Marzo 2014 Rete e gioco Ambiente per apprendere il complesso in modo autonomo Maura Zini Abstract There are two ways of ‘learning’, that is, of knowing and understanding reality: the former is through language, when someone tells us what reality is like and gives reasons for it, the latter is through direct experience, i.e. observing reality and interacting with it. An approach that effectively and consciously makes use of digital technologies in the study of languages combines both ways of learning. The Net is the new metaphor for knowledge, namely, a set of interconnect- ed knowledge. The effective use of the system requires digital skills that, like any tools, become perfect only through their use; the use of technology in the Net, in turn, enhances personal knowl- edge as well as autonomous and cooperative learning. In order to activate this virtuous circle, education should stimulate a ‘general intelligence’, which considers complexity and context in a multi-modal and global way. Game-based learning is a useful approach to teaching, not only at primary but also at secondary schools, because it stimulates problem solving and thus autonomy. Sommario 1. Nuove sfide educative. — 2. Apprendimento tra rete e gioco nell’era del Web. — 2.1. ‘Rete’ come metafora di connessioni. —2.2. ‘Gioco’ come simbolo di libertà. — 2.3. In pratica: rete e gioco per lo studio della disciplina. — 2.3.1. Matematica. — 2.3.2. La storia. — 2.3.3. Le lingue straniere. — 3. Conclusioni. 1 Nuove sfide educative Si può scoprire una persona più in un’ora di gioco che in un anno di conversazione [Platone]. Ogni educatore vive quotidianamente sulla propria pelle quanto siano cam- biate le capacità di apprendimento dei ragazzi e percepisce un mondo in continuo e repentino cambiamento. Si ha l’impressione che nessuno abbia le idee chiare e sappia leggere la portata di tali cambiamenti in modo da riuscire a segnare una rotta credibile e possibile. Il compito della scuola sarebbe quello di contribuire al miglioramento della società e non quello di ripristinare uno ‘status quo’, ma nelle condizioni in cui si trova ad ope- rare è arduo: ciò che insegniamo oggi, quando i nostri ragazzi usciranno dalla scuola secondaria sarà già obsoleto. Basterebbe questo per indurre la scuola a ripensare a se stessa e al tradizionale insegnamento incentrato strettamente sulle discipline per abbracciare percorsi più trasversali che 149 149
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 sappiano trasmettere ai ragazzi motivazioni, strumenti e metodi per una formazione continua. La riflessione che ha portato a Europa 2020 non aveva fatto i conti con la crisi economica mondiale ed europea. Occorre riflettere e ricalibrare le rotte segnate. In questo cercare di comprende- re su cosa e come formare le prossime generazioni e dove indirizzare la pedagogia è stato illuminante l’apporto del sociologo Edgar Morin che ha individuato i punti che, a suo parere, devono diventare fondamentali nell’insegnamento e che l’educazione dovrebbe trattare in ogni società e in ogni cultura (2001): aver accantonato l’errore e l’illusione come meto- do per acquisire conoscenza; tendere a ridurre il complesso al semplice quando invece la realtà è complessa e multimodale; educare ad accettare le incertezze, l’imprevisto e il rischio per imparare a risolvere i problemi; educare a risolvere i problemi usando non solo le conoscenze ma svilup- pando competenze e abilità che già si posseggono. Gli ultimi due punti proposti da Morin sono l’insegnamento della comprensione, intesa come «mezzo e fine della comunicazione umana», e l’etica del genere umano: per traghettare il genere umano verso il XXI secolo globalizzato è necessario capire che ‘comprendere’ (‘apprendere con’) significa che la comprensione della realtà è legata alla comprensione degli altri e avviene con gli altri. A queste considerazioni se ne potrebbero aggiungere altre, frutto del cambiamento avvenuto nella società in questi ultimi dieci anni. La rifles- sione iniziale parte dalla consapevolezza che l’aver evitato l’errore come metodo per acquisire conoscenza è stato, appunto, un errore. I nostri sen- si, infatti, codificano la realtà che ci circonda permettendo al cervello di ricostruire e tradurre, ricalibrando processi e variabili ogni volta che si incontra l’errore in una sorta di ricalcolo del percorso continuo. Inoltre l’esigenza di ridurre il complesso al semplice ha reso via via l’uomo incapace di pensare in modo multidimensionale. In un mondo in cui non si è in grado di gestire l’errore e in cui i problemi sono sempre più multidimensionali e complessi l’uomo è diventato progressivamente incapace di leggere le crisi e, di conseguenza, di risolverle. Uno sviluppo della capacità di analisi generale, sistemica, contrariamente a quanto si pensa, permette un incremento delle competenze particolari. È prioritario, in questo scenario, che l’educazione favorisca la tendenza della nostra mente a trattare la risoluzione dei problemi cercando l’essenza delle cose e utilizzando l’intelligenza in modo globale. Per fare questo è necessario stimolare o risvegliare la curiosità. In un mondo così mutevole è fonda- mentale la capacità di affrontare le incertezze: è necessario insegnare ad accettare l’inatteso, l’imprevisto, a fronteggiare i rischi e a risolvere i problemi utilizzando strategie e regole che coinvolgano le informazioni, le competenze e le abilità che già possediamo, sviluppandone di nuove. Morin sottolinea che anche l’insegnamento della comprensione e l’etica del genere umano sono fondamentali per traghettare l’uomo verso il XXI secolo globalizzato. Comprendere, ‘apprendere con’, significa infatti che 150 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 la comprensione della realtà è legata alla comprensione degli altri e avvie- ne con gli altri e quindi la comprensione è sempre frutto di una relazione. Non sono da sottovalutare altri due aspetti: le emozioni e l’affettività. La facoltà del ragionamento può essere infatti compromessa da caren- ze affettive. L’affettività può potenziare o comprimere la conoscenza. Un buon livello di autostima, una discreta intelligenza emotiva, la capacità di empatizzare e relazionarsi con gli altri sono aspetti fondamentali per l’acquisizione della conoscenza e del sapere perché il soddisfacimento dei bisogni emotivi inducono all’autotrasformazione. Queste sono le sfide che, secondo le R accomandazioni dell’UE (Com- missione «Europa 2020» 2010), l’educazione del XXI secolo deve cogliere per poter formare giovani in grado di continuare e migliorare il cammino dell’uomo. 2 Apprendimento tra rete e gioco nell’era del Web Lo sviluppo delle tecnologie comunicative e la rapidità con cui evolvono e pervadono la vita quotidiana nei suoi diversi aspetti arricchiscono lo sce- nario educativo di implicazioni nuove. La rete ci coinvolge e ci immerge. Tutto quanto detto precedentemente non prescinde da (anzi, è inserito in) un contesto nuovo che si evolve continuamente, una rivoluzione dell’infor- mazione e della comunicazione che è simile ad un uragano, di cui l’uomo non coglie appieno la portata perché vi è immerso, ne è al centro. Internet modifica di continuo il modo di apprendere dei ragazzi e, pian piano, anche il nostro. Come educatori siamo chiamati a cogliere gli aspetti critici e quelli positivi di questo fenomeno. Dietro all’affermarsi di queste tecnolo- gie emerge un orientamento epistemologico radicale, sostenuto da autori come Siemens (2004) e Downes (2007), chiamato ‘connettivismo’, da taluni considerato una nuova pedagogia. È considerata una nuova modalità di apprendere dell’era digitale, basata sul paradigma delle reti e incentrata più sul processo dell’apprendimento che su quanto si apprende: «La no- stra capacità di imparare ciò di cui abbiamo bisogno per il domani è più importante di quello che conosciamo oggi» (Siemens 2004, p. 6.). 2.1 ‘Rete’ come metafora di connessioni Il connettivismo, partendo dal costruttivismo ma con un forte accento di re- lativismo conoscitivo, si rapporta alla teoria dell’apprendimento abbinata ai nuovi strumenti della tecnologia e usa il concetto di ‘rete’ come metafora centrale per spiegare come avviene l’apprendimento: un processo cioè che crea delle connessioni. Secondo gli studiosi, Internet sta trasformando il modo in cui ci percepiamo come esseri umani e sta ridisegnando la nostra Zini. Rete e gioco 151
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 vita sociale, affettiva ed emozionale. Molti ritengono, inoltre, che l’utilizzo delle tecnologie stia addirittura cambiando la struttura biologica stessa del nostro cervello e stia modificando il nostro modo di essere e come ci percepiamo in quanto esseri umani. L’attenzione, nella nuova generazione di adolescenti è molto selettiva e risponde con alta precisione ai sensi della vista e dell’udito (Lynch 2012). Poiché la percezione sensoriale ha una grande influenza sul pensiero, una variazione dell’utilizzo dei sensi può modificare la formazione delle idee e il procedere della mente e, secondo Andreoli (2010), anche della me- moria: l’uso dei network impoverirebbe infatti la memoria verbale, quella numerica, quella del racconto sequenziale, la memoria del tatto, mentre sarebbero maggiormente attivate le memorie visive e quelle dei suoni. Nella società tradizionale erano le istituzioni educative a selezionare le conoscenze da acquisire, facendosi garanti della loro affidabilità e rilevanza; in quella dell’informazione, invece, il soggetto è lasciato a se stesso davanti a un magma di informazioni di cui non vede la fine. Il tipo di utilizzo, efficace e maturo del network, che questa nuova pedagogia presuppone, sottintende quindi il possesso di maggiori competenze digitali. Le capacità di muoversi consapevolmente nella rete, di filtrare, gestire le informazioni, di condurre una indagine richiedono abilità metacognitive e un orizzonte concettuale che i giovani, cresciuti esclusivamente nella cultura digitale, di norma non possiedono. Le attività dei ragazzi sul web rimangono prevalentemente disorganiche, estemporanee e superficiali. La costruzione di una mente capace di usare consapevolmente la rete non si acquisisce da una semplice frequentazione con la tecnologia, è un compito che la scuola deve intenzio- nalmente e gradualmente conseguire con modalità e forme da ricercare in parte anche all’esterno della dimensione tecnologica stessa (Calvani 2008). Ormai è evidente che aumentare la tecnologia a scuola non determina di per sé maggior sviluppo; l’idea non solo è improduttiva ma può essere ad- dirittura dannosa per scalzare l’immobilismo e portare nella scuola quegli elementi di novità capaci di influenzarne i contesti e dare un senso nuovo agli orizzonti didattico-educativi (Calvani 2008). Partendo proprio da questo presupposto, l’AICA (Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Au- tomatico, http://www.aicanet.it) per anticipare la formazione di competenze digitali tra i più giovani e tra i docenti ha inserito nel suo programma l’ECDL Med, patente europea del computer per i ragazzi delle secondarie di primo grado, Cert-LIM e PADDI, la Patente per la Didattica Digitale rivolta agli insegnanti delle primarie e secondarie di primo grado, oltre che la nuova piattaforma Digiteen per creare un ambiente di formazione e apprendimen- to digitale dedicato alla patente ECDL e alla preparazione ai test INVALSI per le secondarie di primo grado. Se quindi riuscissimo a far acquisire ai nostri alunni maggior consapevolezza nell’uso di Internet e li rendessimo competenti per un utilizzo ‘alto’ e maturo del web, le nuove tecnologie e la rete diventerebbero un potente mezzo per acquisire conoscenza. 152 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 Appoggiando la lettura di Siemens (2009), in base alla quale la connes- sione che permette la conoscenza è più importante della conoscenza stessa che si acquisisce perché diventa competenza, si capirà perché la demoti- vazione dei giovani risulta da una scuola inerte, non proiettata nella realtà, ripetitiva e soprattutto passiva. 2.2 ‘Gioco’ come simbolo di libertà Eccoci così arrivati al gioco: l’errore, il complesso, la risoluzione di proble- mi, il globale, la curiosità, l’incertezza, le strategie, la multidimensionalità sono solo alcune fra le tante abilità che il gioco potenzia perché contiene gli attributi essenziali della dimensione affettiva, della dimensione cogniti- va, della dimensione motoria, relazionale e agonistica. Nel gioco l’appren- dimento avviene esercitando cinque aspetti diversi di libertà: • libertà di sbagliare; • libertà di sperimentare; • libertà di provare identità diverse; • libertà di interpretazione; • libertà di creare. Nel gioco le soluzioni e le nuove idee sono testate e riprovate perché il fallimento è accettato e previsto. L’apprendimento avviene da sempre nell’uomo e negli animali attraverso il gioco, simulando cioè situazioni in contesto in una modalità ludica. Le tecnologie informatiche, in particolare, hanno dato un valore aggiunto al gioco per la ricchezza di ambienti vir- tuali, per la duttilità nel creare situazioni ad hoc, interattive e con stadi di complessità graduali tali da poter essere utilizzati da una tipologia vasta di stili e capacità cognitivi, da persone a diversi gradi di livelli di conoscenza e in modalità autonoma o in modalità collaborativa. I learning (digital) games sono oggi un potente strumento didattico di ap- prendimento e autoapprendimento. Esistono giochi per ogni età e tipologia, per ogni disciplina e in ogni lingua. Attraverso simulazioni e giochi di ruolo, si favoriscono la capacità di interagire consapevolmente e positivamente con il particolare contesto di riferimento, si sviluppa la capacità di decifra- re la complessità della relazione umana, si impara a sbrogliare l’intreccio di bisogni, desideri, motivazioni, che si celano ‘dietro’ la relazione con se stessi, con gli altri e con l’ambiente. Tutte skills da sviluppare con il trami- te delle tecnologie web e delle varie piattaforme di VLE (Virtual Learning Environment) a disposizione nella rete. Oltre a ciò, il gioco ha una carta vincente: diverte e quindi va a incidere sulla motivazione intrinseca che è di gran lunga la più efficace per attivare le persone. Perché allora il gioco non riveste un ruolo centrale nella didattica, nono- Zini. Rete e gioco 153
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 stante tutti i maggiori pedagogisti, da Rousseau alla Montessori, da Dewey e Cleparède a Bruner fino a Vygotskji e Piaget, ne promuovano l’uso? La verità è che la sua importanza è stata relegata allo stadio infantile e puerile, quando invece è in realtà una modalità strategica che attraversa tutte le età e gli aspetti cruciali e fondamentali della vita dell’uomo. Ogni tratto della vita quotidiana, quando affrontato in modo ludico, è più attraente e meno pesante. Se ci pensiamo, i momenti che apprezziamo di più sono quelli in cui ci divertiamo con gli altri, quelli in cui, in una qualche forma, giochiamo. Anche nell’amore, che è la base della riproduzione del genere umano, l’erotismo è una sorta di comportamento giocoso che rende più divertente e stuzzicante la riproduzione. Da alcuni anni, il gioco si sta affrancando finalmente anche nella scuola come potente mezzo educativo e di apprendimento, soprattutto da quando l’informatica ha permesso lo svilupparsi di un’infinità di giochi digitali di tipologie e ambienti diversi, orientati a target e bisogni adattabili a ogni età e problema. Tali giochi permettono un autoaddestramento per livelli suc- cessivi, graduati in base alle diverse competenze, conoscenze e capacità, oltre che un potenziamento e uno sviluppo di aspetti cognitivi, sensoriali, relazionali, metacognitivi, linguistici, espressivi e creativi che, agendo sulla sfera personale dell’autostima e della motivazione, risultano essere uno degli strumenti di apprendimento più potenti di cui la formazione non può non tenere conto oggi. I giochi di ruolo (o RPG, Role Playing Game), dal vivo oppure online, i giochi in ambienti virtuali, i videogiochi e tutte le svariate tipologie di am- bienti ludici per l’autoapprendimento sono strumenti indispensabili per l’attività didattica. Un ruolo fondamentale in questo sviluppo tecnologico è stato svolto dall’affermarsi dei MMORPGS (Massively Multiplayer Online Role-Playing Games ) e dalle simulazioni (i Serious Games), i quali hanno aperto la strada ai giochi virtuali di massa (Second Life e similari). I giochi di ruolo sono importantissimi strumenti per sviluppare e perfezionare le abilità sociali, il senso del sé, le norme di condotta umana e la capacità di padroneggiare le innumerevoli possibilità della comunicazione e delle interazioni umane e delle situazioni o vicende della vita. Coloro che fanno più esperienza di giochi di ruolo sviluppano una maggiore capacità di inse- rimento sociale, legata al più precoce sviluppo dell’empatia, che si acqui- sisce immedesimandosi con i bisogni, le difficoltà e le possibilità dell’altro. Il videogioco, invece, (1) può stimolare alcune abilità sensoriali e percet- tive, (2) può motivare alla comprensione dei compiti da eseguire sostenen- do capacità induttive di pensiero e di modellazione e trasposizione, (3) può abituare a gestire gli obiettivi individuando sotto-obiettivi (un’importante competenza informatica di chi, dovendo programmare, usa la tecnica top- down e bottom-up di affinamento di un problema in sotto-problemi), (4) può sviluppare aspetti della personalità legate all’autocontrollo, alla ge- stione delle emozioni o al prendere decisioni o all’affrontare le difficoltà, 154 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 e, ancora, (5) può favorire apprendimenti su alcune tematiche, ad esempio su conoscenze relative a terminologie specifiche e a modalità procedu- rali proprie di determinati ambiti. Una testimonianza delle opportunità di utilizzare i videogiochi a scopo educativo è rappresentata da software informatici sviluppati da alcune aziende specializzate, che prevedono pro- grammi di videogiochi per sostenere l’apprendimento (anche in presenza) di disturbi specifici, quali dislessie, discalculie sensoriali o cognitive, ma anche più semplicemente per favorire l’apprendimento nel caso di alunni con bisogni educativi speciali. 2.3 In pratica: rete e gioco per lo studio della disciplina Esistono ormai un’infinità di esperienze che suffragano quanto il gioco potenzi e supporti l’apprendimento e l’autonomia. Si vedranno di seguito alcuni esempi concreti di giochi digitali o comunque piattaforme virtuali create per la didattica delle varie discipline. 2.3.1 Matematica Per l’insegnamento della matematica di base, per esempio, l’opportunità offerta dai mondi immersivi è accattivante. La matematica è spesso per- cepita da molti studenti, di qualunque età, come un artificio mentale, una materia priva di ogni concretezza, della quale non si coglie il significato, né l’utilità. Al contrario, lo studio della matematica ha lo scopo di infon- dere nei discenti le capacità logico-deduttive necessarie per immaginare soluzioni, porsi e risolvere i problemi, costruire modelli generali per rap- presentare situazioni concrete. L’acquisizione di tali capacità ci permette di elaborare teorie generali e di operare scelte opportune anche in situazioni di incertezza o in carenza di dati. Per questo, pur iniziando dall’esperien- ziale, l’apprendimento deve proseguire verso un livello di astrazione che si affranchi totalmente dall’esperienza superficiale. È infatti stato dimostrato che insegnare le teorie matematiche solo attraverso i modelli concreti genera un apprendimento locale, particolare (D’Amore 2008). Gli oggetti che solitamente si usano come supporti didattici – numeri in colore, re- goli, modelli per le figure geometriche ecc. – sono in realtà delle istanze, ovviamente non le uniche, del concetto astratto: il rischio nel loro utilizzo è che il bambino identifichi l’istanza con il concetto, non riuscendo poi ad effettuare il salto induttivo dal particolare al generale. Ad esempio, se il numero 2 viene presentato all’alunno come il regolo rosso di due centime- tri, è normale che lui lo identifichi con esso e consideri ogni altra istanza del 2 come un oggetto di altro tipo, non cogliendo il concetto insiemistico di numero (la classe degli insiemi di due elementi). Zini. Rete e gioco 155
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 Una delle modalità per poter giocare attraverso l’acquisizione di abi- lità induttive (con l’obiettivo di riuscire quindi a compiere trasposizioni concettuali e fare esperienze di concetti e strategie matematiche) è Stem Collaborative (http://stemcollaborative.org/), un ambiente avventuroso che propone l’avanzamento in ambienti virtuali conseguente alla soluzione di quesiti matematici (utilizzabile con alunni fino ai 12 anni), oppure il con- troverso MathLand (http://www.schooltimegames.com/mathematics.html), uno dei tanti programmi di matematica che sono stati progettati attorno agli anni novanta, che è tra l’altro stato inizialmente adottato in America dallo Stato della California nei curricoli di matematica di diversi distretti scolastici perché valutato come ‘promettente’ da un gruppo di esperti del Dipartimento di Educazione degli Stati Uniti e in seguito messo in discussione da un articolo pubblicato da 200 matematici e scienziati sul Washington Post,1 tra cui quattro destinatari del premio Nobel, che ne ha deplorato i risultati. Questo software è stato invece utilizzato dall’I.C. Di Muro Leccese (Lecce) che ha presentato i risultati della sperimentazione al seminario Didamatica 2013 a Pisa. MathLand è oggi un software 3D open source e OpenSim per lo studio della matematica e delle scienze in cui gli argomenti di geometria della scuola secondaria di primo grado si snodano in un percorso urbano, sia libero che guidato, in cui, grazie all’aiuto di un avatar guida, si interagisce con gli oggetti dell’ambiente e con gli altri avatar. MathLand è il frutto di un desiderio di accostare la matematica agli alunni in modo ludico e collegarla ad aspetti virtuali ma connessi al reale. L’insegnante può combinare la lezione ‘classica’ a una modalità più innovativa usando LIM e computer sia in aula che a distanza. In MathLand si progettano città e altri oggetti. L’ambiente 3D semplifica la comprensione di concetti astratti complessi, dando una corretta per- cezione dello spazio e delle trasformazioni geometriche, e l’ambiente ludico rende il tutto più divertente stimolando la creatività e la soluzione di problemi. I software di autoapprendimento digitali per lo sviluppo di conoscenze e delle abilità matematiche non si contano. Un altro ambiente didattico per l’avvio al problem-solving in matematica adatto per la scuola prima- ria è invece FlipMath (http://top.windows9download.net/list/flip-math.html) (Fiorentino, Tarsia 2012). Molti bambini, ma anche ragazzi più grandi, quando sono alle prese con un problema matematico sembrano agire mec- canicamente ricercando strategie note e al termine della loro esperienza scolastica non sono in grado di risolvere dei semplici problemi matematici. Tra le cause c’è il fatto che la scuola spesso induce gli studenti a vedere i ‘problemi scolastici’ come qualcosa di diverso e separato dai problemi del mondo reale. 1 http://web.caller.com/1999/november/28/today/national/2320.html. 156 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 Fig. 1. Ambiente FlipMath. Le attuali ricerche sul problem-solving in matematica, per la grande varietà di attività mentali coinvolte, richiedono competenze molto diverse che vanno dalla matematica alla psicologia; d’altro canto la capacità di soluzione di problemi è fondamentale non solo per l’ambito strettamente matematico ma come esercizio intellettuale fondamentale per tutto il pen- siero umano. L’esercizio attraverso il tipico ‘problema’ scolastico è spesso del tutto irreale e soffre di stereotipi che ne limitano l’efficacia: il campo di conoscenza è indicato a priori, vanno utilizzate le conoscenze scola- stiche appena acquisite ed è necessario usare tutti i dati a disposizione. Nella realtà non è mai così! Occorre acquisire la capacità di selezionare i dati rilevanti da un contesto diversificato e ricco che comporta una serie di considerazioni e giudizi qualitativi importanti. È necessario rompere l’abitudine di procedere seguendo le fasi di lettura testo, identificazione dei dati, pianificazione di una strategia e quindi soluzione. Occorre stimolare la capacità di riflessione sul testo e sulla scelta dei dati. In FlipMath i problemi proposti non contengono dati numerici: questi sono forniti in seguito e sarà compito dell’alunno scegliere quelli che consi- dera indispensabili per la soluzione. Ciò consente di concentrarsi sul testo, sulla selezione di dati rilevanti, sull’effettiva costruzione di un algoritmo risolutivo ignorando aspetti secondari (calcoli) e potendo anche fare mar- cia indietro in caso di errore. Il programma è in fase di sperimentazione e adattamento sia all’uso della LIM che via browser. Un interessante esperimento di efficacia nell’utilizzo di giochi digitali a scuola è stato realizzato da un gruppo di docenti del Dipartimento di Informatica Sistemistica e Comunicazione (DISCo) della Bicocca di Milano e riguarda un progetto nato per verificare il miglioramento nell’appren- dimento di metodi e problemi semplici informatici proposti attraverso il gioco. Il progetto è stato realizzato in due classi terze di una scuola secon- Zini. Rete e gioco 157
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 Fig. 2. Schermata iniziale, scelta dello zaino, schermata finale. Prototipo per LIM. daria di primo grado (I.C. «Zandonai» di Cinisello Balsamo) e allo scopo è stato realizzato un prototipo per LIM progettato assieme alle insegnanti per la soluzione del noto problema dello zaino (fig. 2). L’attività mirava a stimolare il problem-solving collaborativo fra gli stu�- denti e lo sviluppo del pensiero critico. Il progetto, realizzato durante l’anno scolastico 2012/2013 , è stato proposto in due classi ma solo in una classe è stato messo a disposizione il prototipo di LIM necessario alla realizzazione del percorso. La classe che ha lavorato con la LIM ha ottenuto risultati migliori dell’al- tra sviluppando collaborazione fra studenti per il raggiungimento degli obiettivi. Gli studenti non dovevano necessariamente arrivare alla solu- zione ottimale bensì discutere sulle strategie da adottare per risolvere il problema. Gli studenti che hanno usato la LIM hanno riportato risultati migliori ottenendo quasi tutti il punteggio massimo, come si vede dal gra- fico della figura 3. Fig. 3. Punteggi ottenuti. 158 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 2.3.2 La storia La matematica non è certo la sola disciplina ad essere proposta attra- verso ambienti digitali ludici. Un altro esempio riguarda lo studio del- la storia e uno dei più famosi ambienti virtuali è Age of Empire (http:// ageofempiresonline.com/en/), un videogioco strategico che è ormai alla ter- za edizione. In questo gioco si controlla una civiltà che dovrà progredire dall’età della pietra, attraverso tutta l’età classica fino all’età del ferro, cercando di divenire forte economicamente e militarmente. Si può giocare contro il computer o in rete contro altri avversari. Il target è per bambini dalla scuola primaria in su. Active Worlds (https://www.activeworlds.com/ index.html) è invece un ambiente virtuale in cui gli utenti scelgono un proprio nome per entrare ed esplorare i mondi e gli ambienti che gli altri utenti hanno costruito. Gli utenti possono chattare fra loro o costruire edi- fici o aree grazie a una lista di oggetti disponibili. Active Worlds permette agli utenti di avere propri mondi, mettendo a disposizione gli strumenti di grafica 3D. L’ambiente è sofisticato ma è stato utilizzato anche da studenti della scuola primaria. 2.3.3 Le lingue straniere Gli esempi potrebbero continuare per ogni ambito disciplinare e in par- ticolare per ambiti scientifici, di progettazione e costruzione, ma si può affermare che i pionieri nell’uso di ambienti virtuali e software di autoap- prendimento ludico sono gli ambienti per lo studio delle lingue. Gli ambienti virtuali e le tecnologie informatiche, infatti, sono stati for- se i primi ad essere utilizzati nell’apprendimento delle lingue straniere. I mondi virtuali tridimensionali come Second Life o similari vengono usati dagli insegnanti di lingue da tempo. Grazie alla simulazione di situazioni e ambienti realistici, gli studenti scoprono modi creativi per migliorare le proprie conoscenze linguistiche. Esistono anche scuole di lingue online: per esempio Avatar English (http://www.englishavatar.com/) sviluppa un innovativo approccio combinando Second Life con servizi di comunicazione vocale come Skype e altri strumenti di insegnamento online. Una modalità per l’apprendimento autonomo delle lingue sono i Learn- ing Objects (LO): si tratta di unità educative modulate appositamente per l’e-learning, tipi di risorse riutilizzabili, autoconsistenti, aggregabili tra lo- ro. I LO sono creati per l’apprendimento autonomo (ma non solo) passo per passo e sono altresì di efficace utilizzo, oltre che per lo studio delle lingue, anche per gli altri ambiti disciplinari. Le principali università del mondo offrono corsi blended impostati su LO: Coursera (https://www.coursera. org/), OpenLearn (http://www.open.edu/openlearn/) e altri). Un’altra possibilità offerta dalla rete sono le piattaforme che riprendono Zini. Rete e gioco 159
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 le modalità di base del social network e prevedono sia moduli LO sia mo- duli interattivi da svolgersi in autonomia o in forma collaborativa con altri utenti della rete (ad esempio Busuu, http://www.busuu.com/it). Giochi digitali, ambienti digitali e software 2.0 sono utilizzati con effica- cia dalla didattica CLIL che da sempre predilige modalità di apprendimento immersive con una particolare attenzione allo sviluppo dell’autonomia intesa come scaffolding iniziale, per creare strutture di supporto che ven- gono progressivamente ridotte man mano che i ragazzi acquisiscono au- tonomia e diventano più attivi nel processo di apprendimento, ad esempio esplicitando preferenze e interessi su tematiche da affrontare, attività da svolgere ecc. Vi sono infine piattaforme di VLE che come Second Life offrono possibili- tà di interazione con ambienti virtuali svariati ma creati appositamente per l’uso didattico: questi ambienti sono Scuola3D, EdMondo e IBSE (Inquiry Based Science Education) in Virtual World (quest’ultimo adatto ad un uso prettamente scientifico) promosso dalla Commissione Europea (2007). EdMondo (http://www.scuola3d.eu/index.php, http://www.secondlearning/ edmondo/) nasce nell’ambito del Progetto Second Lerning (http://www. secondlearning.it/) sulla didattica nei mondi virtuali di INDIRE. È un am- biente immersivo 3D interamente dedicato all’innovazione della didattica; al suo interno esistono poi altri progetti didattici di sperimentazione in ambito matematico, archeologico e letterario. L’accesso a EdMondo è riservato a docenti di ogni ordine e grado e ai loro studenti. Ogni livello, che rappresenta determinati obiettivi di competenza da raggiungere, parte da una domanda visibile ai ragazzi attraverso un punto interrogativo rosso che ruota su sé stesso. Cliccando su tale punto interrogativo si apre una finestra con la domanda e con gli esperimenti da sviluppare. Il target degli alunni cui si rivolge è dai 13 ai 15 anni, quindi col- locabile dall’ultimo anno del I ciclo fino al biennio del II ciclo di istruzione. Scuola3D (http://www.scuola3d.eu/index.php) è invece un ambiente vir- tuale interamente dedicato al mondo dell’istruzione e formazione, basato su tecnologia di Active Worlds (https://www.activeworlds.com/index.html). A differenza di Second Life non è vietato ai minori ed è un ambiente protetto. Negli ultimi anni la ricerca si poi è focalizzata in particolare sull’appren- dimento supportato dalla tecnologia per favorire studenti diversamente abili. La diffusione di dispositivi mobili e la sempre maggiore disponibilità del Web hanno favorito la creazione di strumenti di apprendimento per piattaforme portabili semplici e facilmente utilizzabili. Se dapprima tali software erano appannaggio di alcune case produttrici che distribuivano software privati con i vincoli di portabilità e riutilizzo (oltre che di costo), ora si moltiplicano gli applicativi open source e gratuiti per le più svariate tipologie di disabilità o disturbo. 160 Zini. Rete e gioco
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 3 Conclusioni La nostra mente non si ferma dentro la nostra testa ma, anzi, è stretta- mente correlata agli strumenti che usiamo e persino alle persone con cui interagiamo. Per essere più intelligenti, dobbiamo essere in grado di ottenere il meglio dalle tecnologie di cui disponiamo [Paul 2013]. In questa frase sembrerebbe racchiuso il presupposto concettuale del nuovo modo di apprendere che rappresenta non solo la rete ma anche il meccanismo di interconnessioni attraverso cui lavora il nostro cervello in continuo cambiamento ed evoluzione. Col Web si è passati dalla centra- lizzazione delle informazioni alla decentralizzazione e dislocazione delle conoscenze che non sono più distribuite dall’alto, ma fruite e create dal basso, in modo orizzontale. Mentre il gioco rimane uno degli strumenti privilegiati di apprendimento, il network è un meccanismo di cambiamen- to perpetuo. Da qui l’idea di caos e squilibrio continuo. Davanti a questo processo di mutamento tecnosociale l’uomo può decidere se rifiutarlo o accettarlo, ma ciò è ininfluente dal momento che il cambiamento continue- rà inesorabile. E non per determinismo causale ma perché gran parte del mondo sta accettando e usando la rete per motivi economici, relazionali o ludici. Quindi, ha più senso cercare di comprendere il meccanismo e la nostra posizione in relazione ad esso piuttosto che combatterlo e compren- dere che il centro, oggi, non è più l’istituzione o l’industria culturale, ma quello spazio indefinito in cui l’innovazione lavora a ritmo incessante per cambiare il modo in cui la nostra cultura sta funzionando. È importante e urgente soprattutto per chi si occupa di educazione, sia in modo indiretto che diretto, favorire e promuovere la consapevolezza di tali cam- biamenti sociali perché la comprensione culturale di un passaggio così rapido e perpetuo richiede una continua ricostruzione e ridefinizione dei parametri. In questo scenario la scuola ha delle priorità essenziali: • da una parte alfabetizzare i ‘migranti digitali’ (docenti ancora ignari di ciò che la rete rappresenta) e dall’altra educare i ‘nativi digitali’ all’uso critico dei nuovi strumenti in modo da trarne il massimo beneficio senza subirne gli effetti negativi; • i dirigenti scolastici devono stimolare i docenti all’uso della rete anche come prassi di relazione informale per scambio di informazioni, idee e best practices; • formare all’acquisizione di una serie di competenze di base e di ordine superiore (Personal Knowledge Management, o PKM)2 propedeutiche all’uso efficace della rete; 2 Per maggiori dettagli su PKM si veda Dorsey 2004 e Méndez-Vilas et al. 2009. Zini. Rete e gioco 161
EL.LE, vol. 3, num. 1, 2014 ISSN 2280-6792 • utilizzare strumenti digitali che prevedano l’utilizzo di ambienti virtuali e ludici per acquisire quelle competenze, digitali ma non solo, essenziali per vivere in un mondo in continuo cambiamento. Queste competenze superiori (PKM) (Cicognini 2010) sono: il problem-solving, il complesso, l’errore, il rischio, la ricerca dati, la sfida, la creatività, il multidimensio- nale, il globale, la curiosità, l’argomentazione e la relazione. La scuola deve trasmettere conoscenze non soltanto nozionistiche, ma soprattutto deve educare gli studenti ad acquisire nuove competenze e conoscere nuovi alfabeti, a essere cittadini consapevoli, rispettosi e desiderosi di partecipare alla costruzione del proprio percorso, poiché la via che seguono oggi i ragazzi, nel gruppo classe e nel contesto scolastico, sarà l’esempio del cammino che dovranno percorrere da adulti. Insegnare è un lavoro impegnativo di cui nessuno ha l’esito garantito: richiede preparazione, passione, flessibilità, energia e grande professio- nalità soprattutto nell’era digitale che pone nuovi strumenti, nuovi metodi, nuovi obiettivi per nuove competenze da gestire in tempi ogni giorno più ristretti, con cambiamenti sempre più improvvisi e imprevedibili (Bauman 2002). Di conseguenza, sono indispensabili anche tempi e spazi nuovi, e ciò non vuol dire semplicemente uscire dalle aule per entrare nei laboratori ma implica piuttosto l’abbandono delle aule come unico ambiente forma- tivo. Il fine ultimo di questi cambiamenti non è il rincorrere la modernità quanto invece permettere ai nostri ragazzi di acquisire quelle competenze che consentiranno loro di vivere da protagonisti critici e attivi nel mondo che insieme stiamo costruendo. Solo chi sa cogliere queste sfide può svolgere una vera ed efficace fun- zione educativa. Bibliografia Andreoli, V. (2010). «La perdita dei sensi della new generation» [online]. Corriere della Sera, 24 novembre. http://archiviostorico.corriere.it/2010/ novembre/24/perdita_dei_sensi_della_digital_co_9_101124085.shtml (2013- 08-08). Bauman, Z. (2002). Modernità liquida. Roma; Bari: Laterza. Calvani, A. (a cura di) (2007). Tecnologia, scuola, processi cognitivi: Per una ecologia dell’apprendere. Milano: FrancoAngeli. Calvani, A. (2008). «Connettivismo: Nuovo paradigma o ammaliante pot- pourri?» [online]. Je-LKS: Journal of e-Learning and Knowledge Society, 4 (1), pp. 121-125. http://www.je-lks.org/ojs/index.php/Je-LKS_IT/article/ viewFile/181/176 (2013-08-08). Calvani, A.; Fini, A.; Ranieri, M. (2006). La competenza digitale nella scuo- la: Modelli e strumenti per valutarla. Trento: Centro Studi Erickson. 162 Zini. Rete e gioco
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