Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...

Pagina creata da Giovanni Valente
 
CONTINUA A LEGGERE
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all’infanzia

              Allievo Sabrina Saucelli

                   Anno 2017/2018
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
INDICE

       Introduzione

       1- Parte osservativa
1.1-      Breve descrizione della storia della Struttura
1.2-     Presentazione delle attività quotidiane svolte dalla Struttura
1.3-     Presentazione dell’équipe
1.4-     Presentazione di almeno 2 casi significativi

       2- Parte operativa

2.1-     Profilo dell’Assistente all’infanzia
2.2-     Dettagliata descrizione dell’intervento svolto
2.3-     Cosa l’allievo ha scoperto di se stesso

       3- Collegamento con la teoria
3.1-     Assistente all’INFANZIA: il disagio infantile, il maltrattamento infantile
3.2-     Normative che regolano il ruolo di Assistente all’infanzia
3.3-    Esempio di un progetto di intervento – “il bimbo geloso”

       Conclusione

                                                                                      0
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
Introduzione

La seguente tesi/discussione si concentrerà sullo studio e l’anamnesi degli interventi da me posti in
essere all’interno della struttura presa in esame per lo svolgimento del tirocinio formativo con
annessa analisi di tutto l’ambito infantile comprese incluse le normative di riferimento ed i relativi
articoli legislativi con annesse modifiche poste in essere dalle varie riforme susseguitesi negli ultimi
anni, studi sulle varie problematiche che possono affliggere il minore ed osservazioni finali sul
tirocinio e l’istituto ospitante. La relazione finale verrà suddivisa per capitoli non annesse sottosezioni
al fine di rendere più semplice possibile lo sviluppo delle varie argomentazioni trattate. Si partirà con
un’analisi della struttura dalla quale potremo evincere la sua storia e l’equipe che opera al suo
interno, per poi passare ad un’altra fase che consisterà nella descrizione di un’esperienza particolare
che ho svolto all’interno dell’ambiente didattico e che mi ha colpito. Successivamente passeremo alla
fase successiva ovvero la fase operativa durante la quale mi accingerò a spiegare il profilo
dell’assistente all’infanzia e come sopra citato di tutte le annesse regolamentazioni giuridiche che
contraddistinguono la figura stessa. Infine verrà effettuato un collegamento con la teoria nel sua si
prenderà spunto da varie ricerche sul maltrattamento infantile ed in senso più ampio sul disagio
infantile.

                                         1- Parte osservativa

1.1- Breve descrizione della storia della Struttura
La Cooperativa stile libero nasce nel settembre 2007 ad Alatri con lo scopo di promuovere il
benessere dei diversi soggetti coinvolti nella sua attività: utenti e loro famiglie, soci, lavoratori e
comunità locale. Sin dalla nascita, Stile Libero si propone immediatamente con un’impronta
imprenditoriale no-profit, cercando di costruire raccordi positivi con L’Ente Pubblico volti a migliorare
l’efficacia degli interventi e a promuovere percorsi di integrazione sociale sempre più strutturati e
complessi. Nello specifico la mia esperienza di tirocinio si è svolta nella sede distaccata della
cooperativa a Piglio (FR)

                                                                                                         1
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
1.2- Presentazione delle attività quotidiane svolte dalla Struttura
Il servizio si propone di offrire ai bambini un ambiente protetto e qualificato qualora i genitori non
abbiano la possibilità di accudirli al termine dell'orario scolastico; si sottolinea che la famiglia è e
rimane il luogo privilegiato di accoglienza dei bambini dopo le attività scolastiche: la scuola, preso
atto che non sempre è possibile conciliare gli orari di lavoro dei grandi con i bisogni dei piccoli, ritiene
importante farsi carico anche di queste realtà e offrire alle famiglie un'alternativa caratterizzata dalla
ricerca del benessere dei bambini in un contesto educativo e socializzante. Diverse le attività svolte
nella struttura come ad esempio il Laboratorio di Fumettistica nasce dall’esigenza e dal desiderio di
permettere ai bambini di scoprire il fumetto e di utilizzarlo come strumento per cercare di raccontare
sentimenti ed emozioni.

Ma possiamo dire che nella scuola l’attività laboratoriale in genere è vissuta come un momento molto
importante perché rappresenta una palestra di esperienza e di apprendimento in cui il bambino,
attraverso la dimensione ludica ed operativa, rafforza il pensiero produttivo ed affronta situazioni

                                                                                                          2
Relazione sul tirocinio - Corso Assistente all'infanzia - Anno 2017/2018 Allievo Sabrina Saucelli - Corso Assistente all'infanzia Allievo ...
problematiche esplorandole, sperimentandole e ricostruendole in prima persona. Il tutto consiste
nell'uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia), da parte di un
musicista qualificato, al fine di facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l'apprendimento, la
motricità, l'espressione, l'organizzazione e altri rilevanti obiettivi. Altro progetto che viene posto in
essere dalla struttura è quello di Psicomotricità educativa infantile è rivolto ai bambini da 3 a 10 anni
e si attuerà attraverso la presenza nelle scuole di un esperto di psicomotricità che guiderà i piccoli
durante una serie di incontri. Il bambino attraverso il suo corpo entra in contatto col mondo, esplora
e conosce.

                                                                          Per quello che concerne la
                                                                          sezione primavera il progetto,
                                                                          sperimentato già da alcuni anni
                                                                          a   livello    nazionale,    nasce
                                                                          dall’esigenza      di     ampliare
                                                                          l’offerta formativa della scuola,
                                                                          facendo       acquisire     formale
                                                                          dignità educativa alla sezione
                                                                          rivolta ai bambini dai 24 ai 36
                                                                          mesi, la “Sezione Primavera”.
                                                                          Essa ha l’obiettivo di favorire la
                                                                          continuità       del      percorso
                                                                          formativo e di far fronte alla
                                                                          domanda di servizi educativi
                                                                          per i bambini al di sotto dei 3
anni di età, affiancando la famiglia nella formazione della personalità del bambino stesso e
contribuendo alla sua crescita sul piano relazionale e cognitivo. Tra gli altri servizi offerti dalla scuola
troviamo quello inerente i servizi sociali ove lo sportello d’ascolto psicologico è un servizio finalizzato
alla promozione del benessere psicologico e scolastico degli alunni. Lo sportello d’ascolto psicologico
rappresenta uno spazio per accogliere e supportare i ragazzi nell’affrontare i diversi compiti evolutivi,
per definire meglio i problemi emersi e individuare risorse individuali e collettive che permettano di
superare una situazione di disagio anche se di natura emotiva. Ovviamente troviamo l’assistenza
domiciliare è rivolta alle persone che si trovano in condizione di parziale o totale non autosufficienza

                                                                                                           3
fisica e/o psichica o comunque non più in grado di gestire la propria vita familiare senza aiuto esterno,
al fine di consentire loro di permanere al proprio domicilio in condizioni di sicurezza. Il servizio è
offerto da personale in possesso di una adeguata formazione professionale e molto importante
all’interno della struttura trova posto l'assistenza specialistica per gli alunni diversamente abili è un
                                                                                   progetto educativo
                                                                                   formulato             in
                                                                                   sinergia     con      le
                                                                                   scuole primarie e
                                                                                   secondarie         della
                                                                                   Provincia             di
                                                                                   Frosinone      e      di
                                                                                   Roma, al fine di
                                                                                              promuovere
                                                                                   l'integrazione degli
                                                                                   alunni disabili nel
gruppo classe e potenziare la capacità di autonomia personale e comunicativa all'interno e all'esterno
della scuola. Non manca però il settore sportivo dove viene praticata l’atletica leggera.

Essa è un’attività sportiva fondamentale per l’uomo, legata alle origini del movimento umano.
Nell’antichità correre, saltare, lanciare voleva dire sopravvivere. Il progetto nasce dalla
consapevolezza del valore educativo dello sport, sia per la persona diversamente abile che per il non
disabile, e intende promuovere l’integrazione, nonché sottolineare l’importanza della pratica
motoria, fisica e sportiva come strumento efficace per un percorso educativo maturo e consapevole.
In conclusione si può affermare che il bene della persona viene difeso, sostenuto e promosso nel
contesto sociale e culturale in cui si è sviluppato e a cui appartiene. La persona è al centro di ogni
attività.

                                                                                                         4
1.3- Presentazione dell’équipe e presentazione degli utenti

Il team della sezione primavera di Piglio è composto da tre educatrici professionali, una delle quali ne
cura anche il coordinamento, ovvero si occupa nello specifico di trovare poesie da far dire ai bambini
per esempio durante le varie feste che ci sono nel corso dell’anno come la festa della mamma o del
papà con le relative recite e a fine anno si occupa di gestire il saggio che i bambini faranno a fine anno
oppure ancora si occupa della fascicolazione dei bollettini della mensa e di tutti i registri. Le altre
educatrici si occupano di spiegare ai bambini facendogli svolgere i vari lavoretti posti in essere dalla
coordinatrice facendo particolare attenzione anche all’igiene dei piccoli ed evitando che durante le
varie fasi delle attività giornaliere si facciano male. La metodologia di insegnamento del team assume
un carattere fortemente ludico: tutte le abilità e le conoscenze sono veicolate attraverso giochi,
canzoncine, filastrocche e drammatizzazione, tutti strumenti naturalmente più alla portata di bambini
così piccoli (di 24-36 mesi e talvolta anche più piccoli). A detta del team stesso, l’arma vincente, al di
là delle specifiche competenze professionali e il rapporto idillico e gioioso che lega le stesse
insegnanti, è visibilissimo costantemente agli occhi dei piccolini.

                                                                                                        5
1.4- Presentazione di almeno 2 casi significativi
All’interno della struttura dove ho effettuato il tirocinio ho svolto l’inserimento di un bambino appena
arrivato dell’età di un anno e mezzo. Il tema dell’inserimento è un argomento molto delicato e
complesso che ovviamente procederemo a spiegare in maniera più dettagliata possibile nei capitoli
                                               successivi, trattando ovviamente anche l’annessa
                                               tematica del disagio del bambino, in quanto nel caso
                                               specifico        dell’inserimento    possiamo    comunque
                                               parlare     di     situazione   di   disagio.   Infatti   con
                                               l’inserimento il bambino subisce comunque un
                                               distaccamento dall’ambiente famigliare al quale per
                                               diverso tempo è stato abituato. Quindi procediamo
                                               per gradi e analizziamo l’inserimento da me fatto e poi
                                               in linea generale vedremo anche nei capitoli successivi
                                               le varie fasi del disagio. Questa fase per il bambino è
                                               molto importante e delicata perché separandosi dalla
                                               mamma deve allacciare un legame per avere un punto
di riferimento. Il primo giorno che Marco, nome di fantasia attribuitoli per il rispetto della normativa
sulla privacy, è arrivato si è sentito disorientato e piangeva in quanto il piccolo non voleva nemmeno
essere preso in braccio in quanto la nostalgia della mamma faceva sì che egli si protraeva in avanti
per andare in braccio alla mamma o correre verso di lei. Al che il mio primo intervento posto in essere
è stato in primo luogo quello di portarlo fuori dalla classe in quanto il bimbo sentendo gli altri
compagni giocare si sentiva disorientato al che io sono intervenuta nel far sentire Marco rassicurato
e interagendo con lui per farlo sentire al sicuro mediante giochi e canzoncine. Marco si innervosiva
molto quando i suoi compagni si avvicinavano e appena si allontanava si tranquillizzava. Aveva
momenti in cui il piangeva molto per la mancanza della mamma, momenti di pianto associati talvolta
a rabbia durante i quali Marco si avvicinava alla porta e la chiamava. Il giorno dopo che è tornato, al
momento della separazione con la mamma ha pianto e ho cercato di distrarlo con delle canzoncine
e facendoli vedere i giochi si è tranquillizzato, a differenza del primo giorno Marco si è avvicinato ai
compagni giocando un po’ con loro. Giorno dopo giorno Marco ha iniziato a prendere conoscenza
anche con gli altri compagni giocando con loro. Il bambino ha realizzato lavoretti come ad esempio:
la creazione di un pinguino dipingendo il pinguino di nero poi dipingendo con il dito indice il becco e
le zampette del pinguino e poi attaccare l’ovatta sul corpo del pinguino. Durante questa esperienza

                                                                                                           6
mi ha affiancato l’equipe della struttura dandomi i consigli su come affrontare questo intervento di
inserimento del bambino, sono state dolci e mentre loro svolgevano le attività ho appreso come ci si
deve comportare per far capire le cose al bambino. In questo lasso di tempo Marco ha iniziato a
vedermi come una figura di riferimento, “materna”. Nella struttura ho conosciuto tre maestre di cui
una maestra Laura (nome di fantasia) è quella che prende le decisioni all’interno della struttura e poi
ci sono Sara e Marzia che ricoprono anch’esse il ruolo di educatrici. Inoltre all’interno della
cooperativa c’è l’insegnate di educazione motoria che si chiama Luca che si occupa di far fare attività
fisica ai bambini, e in fine c’è la signora della pulizia che si chiama Lucia che si occupa di igienizzare la
struttura e i giocatoli. Le iniziative dell’equipe mirano all’autonomia del bambino, il loro intento è
quello di far sì che i bambini siano in grado di fare tutto (nel loro possibile) come ad esempio:
prendere il bavaglino e il bicchiere nel loro zainetto per portarlo sul tavolo per mangiare e quando si
ha finito di mangiare di riportarlo nel loro zainetto, una volta che si ha giocato con un giocatolo di
rimetterlo apposto, quando si fa un lavoretto di farli colorare, incollare ( ovviamente con l’insegnante
vicino) , farli stimolare nel farli ripetere le poesie ecc. Di far rispettare le regole, nel far capire al
bambino che non si deve fare i capricci per ottenere una cosa ma chiedere con gentilezza e se è
possibile di farlo, se un bambino fa una cosa bene come ad esempio: ha chiesto alla maestra di andare
al bagno perché deve fare la pipì ed è da poco che ha tolto il pannolino noi gli diamo una caramella
per farli capire che è stato bravo e per rinforzare la sua autostima. Preciso infine per il rispetto della
privacy che tutti i nomi sopra citati sono puramente di fantasia.

                                          2 - Parte operativa

2.1-      Profilo dell’Assistente all’infanzia

    L’assistente all’infanzia si occupa di assistere e intrattenere i bambini presso strutture pubbliche
    o private. Questa figura professionale opera nel campo dei servizi socio-ricreativi per l’infanzia:
    baby parking e ludoteche, servizi integrativi al nido e alla scuola materna, asili aziendali e centri
    gioco. Parliamo dunque di una figura versatile, in grado di operare in diversi contesti e condizioni
    e con una preparazione di base su materie sociali e sanitarie. Inoltre questi professionisti
    forniscono supporto psicologico e assistono bambini e adolescenti che affrontano situazioni
    difficili di maltrattamento, bullismo, discriminazione, abusi di sostanze e problemi familiari. Ed

                                                                                                           7
ovviamente da come si può evincere in questo breve incipit iniziale possiamo affermare che in
ruolo di assistente all’infanzia è complesso e richiede molta conoscenza, infatti sono molte le
mansioni che l’operatore si trova a dover fronteggiare. Iniziamo parlando delle mansioni che deve
svolgere questa figura professionale. Tra le mansioni più importanti c’è quella di operare nei
centri ricreativi e aggregativi, come quelli per bambini e famiglie creati all’interno della scuola o
durante il dopo scuola, lavorare nei centri estivi per bambini, esercitare la propria attività negli
spazi per bambini, localizzati ad esempio nei centri commerciali o nei grandi aeroporti o il linea
generale in tutti quei grandi spazi ove sia richiesto intrattenimento. Possiamo dunque apprendere
come queste innumerevoli mansioni richiedano non solo grande voglia di fare ma anche e
soprattutto conoscenze specifiche di molte discipline. L'operatore per l'infanzia deve conoscere
le varie normative legate alla gestione dei servizi per l’infanzia che tratteremo a breve, le tecniche
di animazione e di attività ludica, la progettazione di attività educative e le dinamiche di gruppo.
Inoltre: essere in grado di lavorare in équipe, collaborando con le famiglie; avere nozioni di
psicologia dell’età evolutiva nonché di igiene, alimentazione, sicurezza e primo soccorso
pediatrico. L’Operatore per l’infanzia progetta e realizza, anche in collaborazione con altre figure
professionali, iniziative finalizzate alla socializzazione, allo sviluppo delle capacità creative e alla
promozione di percorsi di autonomia. Per quanto riguarda i maestri d’asilo, il Governo Renzi in
primis e con quello Gentiloni poi ha elaborato un piano rivoluzionario che punta all’assunzione
fino al 2019 di 80 mila insegnanti, nell’ottica di una scuola che sia uno scopo primario nella
formazione del Paese. L’inquadramento del personale all’interno di queste organizzazioni varia in
funzione delle mansioni svolte. L’Operatore per l’infanzia può essere equiparato a un 3° livello
(assistenza all’infanzia con funzioni non educative) o a un 5° livello (assistenza all’infanzia con
funzioni educative). Aprendo una piccola parentesi in ambito politico-sociale sono in arrivo delle
importanti novità soprattutto per i maestri dell’infanzia, che curano l’educazione e il divertimento
dei bambini più piccoli e che rappresenta uno step fondamentale visto che è il primo passaggio
di tutti noi alla scuola. Il Governo punta ad eliminare il precariato attraverso l’eliminazione delle
Gae (Graduatore ad esaurimento) e per quanto riguarda gli asili e la scuola primaria sono previste
80 mila assunzioni nel 2019. La riforma voluta dall’esecutivo è stata posta in essere ad inizio del
2015 ed è entrata nel suo vivo a settembre 2015. Questo piano ha bisogno di almeno tre miliardi
di euro, di cui uno subito, relativo alle spese e agli stipendi da settembre a dicembre prossimo.
Tutto questo accompagnato dalla ristrutturazione di edifici come anche le scuole d’asilo, che
troppo spesso sono fatiscenti e non all’altezza di questo Paese. Sul tema generale, sarà premiato

                                                                                                      8
il merito con gli scatti non più legati all’anzianità: i docenti saranno obbligati e seguire corsi di
formazione e l’intero comparto della scuola subirà delle modifiche per quanto riguarda le
materia, con uno studio più approfondito delle lingue straniere e dell’informatica. Chiusa dunque
questa breve e doverosa premessa parliamo di come si diventa operatore all’infanzia e del
percorso da seguire. Da come si può capire esistono diverse modalità per diventare assistenti
all’infanzia, ovvero: dopo la scuola dell’obbligo e il compimento del 18° anno di età, si possono
frequentare corsi per Operatore familiare per l’infanzia, Animatore sociale, Animatore di
comunità o Animatore di ludoteca e così via oppure si può frequentare un liceo con indirizzo
socio-psicopedagogico e successivamente un analogo corso professionalizzante o ancora a livello
universitario gli indirizzi di laurea in questo ambito sono rintracciabili presso alcune Facoltà di
Scienze della formazione e di Psicologia. Data la complessa mole lavorativa dell’operatore
assistente all’infanzia ne derivano altresì numerose responsabilità infatti egli deve fornire
assistenza a bambini, adolescenti e famiglie in tema di problemi di salute, abuso di sostanze, abusi
fisici, adeguamenti sociali e assistenza infantile, fornire assistenza a bambini ed adolescenti con
famiglie disfunzionali, fornire indicazioni per superare le suddette problematiche, sostenere i
bambini nei programmi di cura e di adozione, sostenere e riabilitare i minori negli istituti
correttivi. Ma non solo questo, anzi, egli deve effettuare colloqui con i bambini e gli adolescenti
per constatare i loro problemi. Da questo ne deriva un osservazione ed analisi della situazione
famigliare ed analizzarne se sono stati soggetto di maltrattamento ed in caso positivo raccogliere
informazioni sulla famiglia e su come “si comporta” la famiglia tra le mura di casa e valutare le
capacità dei genitori di crescere i propri figli. Ma non solo con i suoi studi pluridisciplinari
l’assistente deve fornire assistenza ai minori vittima di abuso, organizzare incontri e attività
invitare tutti gli individui, supervisionare lo sviluppo delle attività, eseguire interventi di
inserimento in Comunità residenziali o semi-residenziali Familiari, Educative, Madre-Bambino o
presso Famiglie Affidatarie. Ecco perché si deve necessitare di eccezionali capacità anche
comunicative al fine di esprimersi in modo chiaro e sicuro, sia in forma orale che scritta, al fine di
fornire un sostegno adeguato. Ed oltre la parte oratoria è importante anche essere ottimi
ascoltatori, in grado di identificare facilmente i bisogni dei propri interlocutori. In ultimo, ma non
per odine di importanza, l’operatore deve avere un forte senso di empatia e comprensione al fine
di dimostrare sensibilità verso le esigenze dei propri assistiti e da questo ne deriva la capacità di
essere in grado di lavorare in ambienti multiculturali, mostrando considerazione e rispetto per
tutti gli individui, qualunque sia la loro estrazione sociale o provenienza culturale. Un’ altra

                                                                                                    9
competenza indispensabile che un assistente all’infanzia deve possedere è quella di saper
   lavorare in equipe, ovvero il saper lavorare contemporaneamente ed in concomitanza con diverse
   figure professionali. Generalmente il prodotto finale di un lavoro in equipe ben condotto è
   incomparabilmente superiore a quello che si sarebbe ottenuto dalla somma di singole operazioni.
   Proprio per questo motivo oggi è diffuso in quasi tutti i campi dell’attività umana. Il primo
   obiettivo del lavoro in equipe è per l’appunto quello di sostituire il lavoro individuale dei vari
   operatori con un lavoro che preveda un accordo o in linea generale un programma comune che
   venga discusso e affrontato insieme e sottoposto infine a valutazione collettiva. Purtroppo, infine,
   anche il settore dell’assistenza all’infanzia che per rigore di logica dovrebbe essere fiorente è
   afflitto dal fenomeno del precariato ha colpito molto il settore della scuola se si pensa che tutti i
   Governi che si sono succeduti hanno pensato a una riforma dell’istruzione ma senza mai
   rinnovare completamente questo settore. Tante volte abbiamo sentito gli insegnanti lamentare
   una situazione allarmante per quanto riguarda le graduatore, con tantissime persone che vivono
   le precariato e non sanno come progettare il proprio futuro. La scuola, invece, dovrebbe
   rappresentare un caposaldo di un sistema Paese visto che da qui si formano i giovani per il mondo
   del lavoro, attraverso educazione e conoscenze che possano far competere i nostri ragazzi nel
   mondo del lavoro insieme a quelli di altri Paesi. Un altro problema sulle strutture d’asilo riguarda
   le graduatore relative ai bambini con diversi genitori che spesso denunciano una situazione
   anomala che vedono i proprio figli fuori dalle strutture pubbliche a vantaggio di famiglie straniere.

2.2-      Dettagliata descrizione dell’intervento svolto
L’intervento da me posto in essere è stato ampiamente discusso nel capitolo successivo, tuttavia,
vorrei fare degli appunti sull’inserimento dei bambini all’interno degli asili parlando di come
permettere al piccolo di superare egregiamente il trauma del distacco, che siamo essi appartenenti
al nido o già più grandicelli alle scuole materne Possiamo affermare che quello dell'inserimento al
nido o all'asilo è un momento fondamentale e delicato per la vita di un bambino. Si tratta, infatti,
del primo vero distacco dai genitori, un passaggio importante e, prima o poi, necessario. Proprio per
questo è fondamentale riuscire a gestirlo nel migliore dei modi, vivendo il momento dell'inserimento
del bimbo al nido in maniera serena e naturale. Bisogna tenere a mente che il distacco dalla mamma
è un momento positivo nella vita di un bambino e non va quindi vissuto con ansia o preoccupazione.
E' invece l'eccessivo attaccamento alla mamma che deve essere evitato, perché rappresenta una

                                                                                                     10
limitazione nella vita del bambino. Sicuramente, però, bisogna fare delle distinzioni in base all'età del
bambino. Infatti se parliamo del nido, e quindi dei primi mesi di vita, il distacco non rappresenta
affatto un problema. Il bambino infatti non ha ancora strutturato il concetto spazio/tempo e quindi
quello di separazione. Più il figlio è piccolo, quindi, più il distacco è paradossalmente facile. Altro
discorso invece se si parla dell'asilo. Se il bambino è stato a casa fino ai tre anni, l'inserimento all'asilo
rappresenta per lui un enorme cambio di scena: il piccolo si ritrova infatti improvvisamente in un
ambiente senza protezione e deve quindi ricostruire il suo codice di protezione in altre figure, diverse
dalla mamma, e anche in se stesso. In sostanza quindi, prima avviene il distacco, meglio è. Per viverlo
(e farlo vivere al proprio figlio) nel migliore dei modi è importante tenere presente che al bambino
bisogna sempre dire la verità. Perciò se si sta portando il bambino all'asilo, bisogna dirglielo
apertamente e non fare ricorso a bugie. E' importante rassicurare il bambino e preannunciargli
l'evento, parlandogliene serenamente o magari andando con lui a comprare cose utili per l'asilo.
Questo comportamento va mantenuto anche nei confronti di bimbi più piccoli, che stanno per vivere
l'inserimento al nido. Per quanto riguarda la fase di ambientamento del bimbo al nido o all'asilo, i
tempi variano in base alle circostanze. Solitamente, se il bambino è stato abituato al distacco, magari
con l'affidamento ai nonni o dal momento che la mamma è dovuta rientrare a lavoro, dopo anche
soli due giorni il bambino riesce ad ambientarsi. Può richiedere più tempo invece, il pieno inserimento
di un bambino che è sempre stato iper protetto dai genitori. Infine, è importante che siano le stesse
mamme a mantenere un atteggiamento sereno nel momento del distacco, in modo da non
trasmettere al proprio figlio un messaggio negativo e carico d'ansia. Nell’esperienza svolta nella
struttura come tirocinio ho affiancato le maestre nelle loro attività, facendomi svolgere anche in
maniera autonoma le attività da svolgere. Nella struttura ho sorvegliato i bambini, mi sono integrata
nel gioco con i bambini, ho fatto rispettare le regole, affianco alle maestre ho fatto realizzare dei
lavoretti con i bambini. Mi hanno fatto svolgere oltre all’inserimento anche il cambio del pannolino
perché sono fasi importanti per il bambini. Ho svolto anche la parte del riposino pomeridiano come
anche alla merenda e al pranzo. I rapporti con le altre figure all’interno della struttura sono state
ottime, sono state molto disponibili nei miei confronti aiutandomi nella gestione delle attività
giornaliere con i bambini. Nei confronti della equipe mi sono posta molto disponibile e flessibile con
gli orari, ho appreso e osservato tutti i loro consigli che mi hanno dato passo dopo passo in questa
esperienza e in più ho osservato loro come si rapportavano nei confronti dei bambini.

                                                                                                           11
2.3-      Cosa l’allievo ha scoperto di se stesso
Ho voluto intraprendere il corso del perché lavorare con i bambini è quello che volevo e che voglio
fare. E questo desiderio si sta avverando. Il mio percorso sia a livello personale che teorico, è stato a
mio parere, in ascesa ovvero mi ha permesso di apprendere molte nozioni che prima non possedevo,
mi ha permesso di aprirmi verso il mondo dei bambini cioè dando un significato a un loro
comportamento atteggiamento che mostrano in una determinata situazione. In questo corso però,
non ho solo appreso il modo con cui ci si dovrebbe relazionare con i bambini ma anche diverse
alternative di gioco, di relazione, di insegnamento delle regole. Le aspettative sono state quelle di
poter conoscere di più da vari punti di vista i bambini, ma anche riuscire a collaborare al meglio con
loro. L’esperienza che ho svolto all’interno della struttura mi ha dato tante soddisfazioni soprattutto
quando ho svolto l’inserimento. Ho visto giorno dopo giorno il cambiamento che ha fatto e non
sentirlo piangere al momento del distacco con la mamma è stato molto gratificante perché è la
dimostrazione che il bambino all’interno della struttura si sente al sicuro. Ho imparato molte cose
nella gestione dei bambini e come affrontare delle difficoltà e questo è anche grazie all’aiuto
dell’equipe che mi hanno aiutato in questo percorso. All’inizio ero insicura su come rapportarmi ed
ora dopo questa esperienza ho appreso più sicurezza in me nel rapporto con il bambino.

                                  3- Collegamento con la teoria

3.1- Il disagio infantile e il maltrattamento infantile
Il bambino nel corso della sua crescita può andare incontro a situazioni che possono comportare vari
tipi di sofferenza. Studiamole nel dettaglio. Il bambino può essere colpito da deprivazione affettiva
ovvero mancanza d'affetto ma non mancanza di cure parentali. Questa mancanza affettiva consiste
nella frustrazione del bisogno di un intimo scambio affettivo con una figura adulta ed è la prima
importante fonte di disagio per il bimbo. I disturbi da cui ne derivano incidono negativamente sullo
sviluppo del linguaggio e sulla capacità di controllare gli sfinteri. Bambini privi di una figura di
attaccamento stabile, hanno gravissimi ritardi nello sviluppo fisico ed intellettivo ed emotivo. Per
supportare questa tesi possiamo citare Mary Ainswoth, un'importante psicologa sperimentale che ha
evidenziato l’esistenza di vari tipi di attaccamento nella relazione madre-bambino. Precisiamo che
per “attaccamento” si intende un legame forte con la persona che lo cura. La mamma nei primi mesi

                                                                                                      12
di vita del lattante può mostrarsi imprevedibile nelle risposte dei bisogni del piccolo in quanto in
alcuni casi, la madre rifiuta le sue richieste di contatto fisico magari perché sta male e in altri casi la
mamma lo stringe a sé nel momento in cui il lattante sta facendo qualche altra cosa. Questo tipo di
atteggiamento rende il bambino insicuro nell'esplorare gli ambienti esterni, insicuro di per sé e
soprattutto piange quando manca la mamma e al suo ritorno si calma con grande difficoltà. Con lo
sviluppo il bambino avrà problemi nell'adattarsi a nuovi ambienti come l'asilo nido. Proprio per
questo tipo di relazione, il bambino ha imparato a mostrare un tipo di attaccamento ansioso-
ambivalente. Al contrario, se la mamma si dimostra disponibile ad ogni tipo di richiesta del bimbo,
questo dimostra un attaccamento sicuro cioè il bambino è sicuro dell'affetto del curatore soprattutto
esplora attivamente gli altri ambienti riuscendo ad adattarsi facilmente, è più socievole nel gioco e
sopporta meglio la assenza della mamma e la presenza di un estraneo. Poi ovviamente ci può essere
un terzo caso ovvero se le madri mostrano un rifiuto sistematico del contatto fisico abbiamo un
attaccamento ansioso-evitante. Il bambino che ha questo tipo di attaccamento sembra adattarsi
facilmente ai nuovi ambienti ma si dimostra aggressivo ed imprevedibile nelle relazioni con altri
bimbi. Sembra indifferente all'assenza della madre ed al suo ritorno non cercano affatto il contatto
fisico con lei. Il piccolo non riesce a fidarsi di una madre imprevedibile. Da quanto detto possiamo
constatare che ne possono derivare gravi problemi di tipo affettivo. È importante distinguere la
situazione psicologica tra i bambini che sono stati abbandonati sin dalla nascita e tra i bambini la cui
mamma non decide se prendersi cura di loro totalmente o se abbandonarli completamente. Per
quello che concerne la nostra Nazione di appartenenza in Italia per sopperire l'abbandono ci sono
due istituti specifici e distinti: l'adozione e l'affidamento uno definitivo e l'altro temporaneo. Questi
due hanno lo scopo di evitare che i bambini che si trovano in una situazione di abbandono definitivo
o temporaneo debbano subire gravi danni psicologici permanendo in una struttura dove c’è
mancanza di calore familiare. In questo caso si può procedere con l'adozione. Questo presuppone
che il bambino che si trovi in uno stato di adottabilità dichiarata dal tribunale dei minori venga affidato
ad una coppia coniugata di cui sia valutata l'idoneità. Ma come avviene questa valutazione di
idoneità? Intanto diciamo che essa è relativa alla loro situazione personale ed economica e alla
relativa capacità di educare ed è relativa alle loro motivazione che hanno spinto ad adottare. Dopo
un periodo di affidamento preadottivo, i servizi sociali constateranno la compatibilità tra il bambino
e famiglia e se non ci sono opposizioni, il tribunale dei minori dichiara l'adottabilità e così il bambino
diviene figlio legittimo della nuova famiglia troncando definitivamente ogni rapporto con la famiglia
di origine. Si può avere, secondo la nostra legislazione, un altro tipo di affidamento ovvero

                                                                                                        13
l'affidamento a carattere temporaneo. Questo affidamento ha lo scopo di trovare un ambiente
familiare al minore che si trova in uno stato di abbandono temporaneo. L'affidamento cessa per
provvedimento di chi lo ha dichiarato e il minore potrà tornare dalla sua famiglia di origine. Gli
affidatari hanno l'obbligo di educare, istruire e mantenere il minore ed esso potrà continuare ad avere
rapporti con la famiglia naturale a meno che i genitori siano decaduti. In generale i bambini che si
trovano negli istituti hanno un quoziente intellettivo più basso e comportamenti di dipendenza.
Inoltre hanno difficoltà di relazione avendo atteggiamenti di tipo psicopatico cioè che riguarda
atteggiamenti trasgressivi, autodistruttivi e condotte antisociali. In caso di abusi il tribunale può
revocare la potestà ai genitori. Si possono distinguere quattro tipi di abuso: trascuratezza,
maltrattamento fisico, abuso psicologico e sessuale. Andiamo ora ad analizzarli tutti nello specifico.
La trascuratezza si ha quando il genitore non si prende cura del figlio e soprattutto non sa dargli
protezione, cure e affetto e non sa tutelare la salute e la sicurezza del minore. Spesso tali genitori
derivano da un ambiente socio-economico disagiato e dal punto di vista psicologico sono depressi,
demotivati e apatici. Si ha poi il maltrattamento fisico che comprende aggressioni come percosse o
sevizie come lividi, morsi, ustioni, ferite e lesioni al sistema nervoso. Queste lesioni posso essere
causa di decesso per il piccolo. Questo tipo di genitore ha l'abitudine di punire il bambino con estrema
durezza spesso per motivi futili e scarica tutto sul figlio. Quando i figli sono due e il genitore se la
prende solo con uno, questo diverrà capro espiatorio e di conseguenza il bambino sarà incostante
nel comportamento alcune volte aggressivo e altre volte fin troppo sottomesso. Altro fondamentale
tipo di abuso è l’abuso psicologico, ovvero, forma di maltrattamento che comporta un uso eccessivo
delle punizioni che porterà il rifiuto del bambino, la mancanza di affetto, umiliazioni, comportamento
incoerente, sfruttamento e plagio. In certi casi questo maltrattamento diviene la forma prevalente di
attuazione del maltrattamento. Sul bambino ha gravi ripercussioni sulla sua costruzione d'identità e
possono sviluppare un complesso d'inferiorità. Non si sentono amati e accettati dal genitore.
Troviamo poi l’abuso sessuale. Il coinvolgimento dei bambini o adolescenti in atti sessuali di cui non
comprendono appieno e a cui non possono acconsentire con piena consapevolezza. Tale abuso per
la vittima è un esperienza traumatica che lascia profonde tracce psicologiche. Spesso chi è dedito alla
prostituzione ha subito abusi sessuali da piccolo o nell'adolescenza. Questo anche nel caso di un
pedofilo il quale deve essere curato o messo in carcere. Molte giovani donne vengono segnate per
tutta la vita e il loro comportamento diviene sessualmente disordinato. Difficili poi le cure a livello
psicologico che cambiano da soggetto a soggetto. Per alcuni il rimedio è scappare di casa. Dove,
qualora il soggetto rimanga in un ambiente del genere può presentare incubi notturni, masturbarsi

                                                                                                     14
frequentemente quando si trovava da sola, frequenti dolori al ventre e cefalea, si vergogna del
proprio corpo e non vuole farsi vedere da nessuno tutto questo avviene perché la persona si sente
ossessionata da mostri che la perseguivano.
Passiamo a parlare del gruppo etnico di appartenenza. La condizione dei minori non è condizionata
solo dalla situazione socio-economica dei genitori ma anche dal loro gruppo etnico di appartenenza.
L'integrazione dei minorenni non è semplice non solo per le differenze culturali ma anche per il
disagio dovuto alla difficoltà del trovare un lavoro e di trovare un abitazione. L'esito del processo di
socializzazione può dare origine a vari fenomeni come la resistenza culturale la quale riguarda per lo
più i ragazzi che hanno abitato per molti anni nel loro paese di origine e che sono molto attaccati ai
loro genitori. I bambini da piccoli prendono molto spunto dall'identità e dalla cultura dei genitori. In
questo modo sarà difficile fare amicizie con coetanei del paese ospitante. Spesso questi bambini
abitano in zone territorialmente circoscritte, vicino ad altri loro connazionali. Un aspetto positivo
della resistenza è il fatto che i giovani per prevenire l'emarginazione rafforzano la propria identità
originaria e la adeguano per una società multietnica. In questo caso i parla di assimilazione il ragazzo
straniero si adegua ai modelli della cultura del paese ospitante quasi rifiutando i suoi modelli di
origine. Come aspetto positivo riescono a fare più amicizie e hanno la capacità di apprendere meglio
il linguaggio e la cultura del paese ospitante. Aspetto negativo è quello di una svalutazione dei propri
genitori con frequenti conflitti. Rinnegando la propria origine si perdono quelli che sono i punti di
riferimento. Un fenomeno assai crescente in Italia è quello legato alla marginalità. Questo è un
fenomeno che riguarda soprattutto i figli di immigrati, fenomeno ad alta frequenza. I giovani vivono
nei margini tra cultura originaria e cultura di arrivo, non appartengono a nessuna di queste. Hanno
una situazione confusa e gravi difficoltà nell'uso del linguaggio dei genitori e degli amici. Sono incapaci
di scegliere tra i legami famigliari e l'emancipazione. Innumerevoli sono le soluzioni per porre rimedio
a questi fenomeni psicologicamente devastanti per il bambino. Il primo e più importante prende il
nome di “doppia eticità”. Esso è un processo graduale della formazione di idoneità. È la miglior
soluzione per creare una società multiculturale. Il giovane confronta la cultura del paese originario
con quella del paese d'arrivo. Poiché loro sono riusciti ad integrarsi abbastanza bene, aiutano il figlio
nel processo d'integrazione. Allo scopo di realizzare un'integrazione efficace tra i gruppi di cultura
diversi, gli studiosi hanno individuato una figura professionale che svolge il ruolo di tutore etnico. Egli
è una figura professionale che agisce per interesse del minore ed ha un ruolo di consulenza negli
ospedali, tribunali, questura ecc. E’ un mediatore culturale e spesso ha anche il ruolo di interprete
linguistico. Ovviamente tramite queste figure si vengono anche a creare luoghi etnici autogestite da

                                                                                                        15
comunità straniere presenti nel territorio. Ne fanno parte di questi luoghi, anche gli "asili nidi etnici",
importante luogo d incontro tra genitori, in cui sia gli operatori che i minori sono di una comunità
immigrata. -luoghi meticci luoghi extrascolastici in cui i bambini italiani e minori stranieri s incontrano
e approfondiscono le conoscenze reciproche. Di questi luoghi ne fanno parte anche strumenti
culturale come ad esempio biblioteche e cinema. Un luogo fondamentale dove i bambini possono
integrarsi culturalmente è la scuola. Il diritto all'istruzione pubblica gratuita e libera è aperta a tutti.
Gli scambi culturali e il reciproco riconoscimento dei titoli didattici sono il cardine per una maggiore
integrazione. Anche per gli "extracomunitari" la scuola è un centro di scambi culturali. L’ art 34 della
costituzione italiana dice che la scuola è aperta a tutti. Ogni individuo ha il diritto all'istruzione e all’
accesso alla formazione professionale.
Detto ciò le ricerche hanno confermato una relazione significativa tra maltrattamento
infantile e depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi
dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti. Negli
ultimi anni, inoltre, le ricerche hanno permesso di evidenziare anche la presenza di una stretta
relazione tra il maltrattamento infantile, in particolare l’abuso sessuale, e i disturbi psicotici. Nello
specifico, le vittime di violenza hanno maggiore possibilità, rispetto alla popolazione generale, di
presentare sintomi, quali allucinazioni di natura visiva, uditiva, o le voci di commento, i deliri e i
disturbi del pensiero, sintomi di internalizzazione ed esternalizzazione e disturbi nell’attaccamento. I
bambini vittime di abusi e maltrattamenti, punizioni ingiuste e prepotenze, vivono un problema di
deformazione dei sentimenti di fiducia in sé stessi e negli altri e nell’espressione delle emozioni
empatiche che caratterizza un evento di abuso perpetrato nelle prime fasi evolutive è l’irruzione,
durante il percorso di crescita di fattori nocivi ed intrusivi, che possono influenzare profondamente e
negativamente la strutturazione della personalità del bambino o dell’adolescente, provocando nel
minore una condizione di estrema vulnerabilità emotiva e di confusione, che nel tempo può associarsi
ad una molteplicità di manifestazioni sintomatologiche, come uno stato di ansia, bassa autostima,
depressione, difficoltà scolastiche, problemi di somatizzazione. Le conseguenze psicologiche del
maltrattamento infantile sono complesse, di entità differente in ciascun caso, e variano in relazione
all’età del bambino, alla tipologia, alla durata, alla gravità degli episodi di abuso, al grado di familiarità
tra la vittima e l’abusante e al tipo di supporto che riceve dalle figure di riferimento. Dallo studio di
Tambone, Cassibba, Luchinovich e Godelli si è cominciato ad utilizzare il test proiettivo di Rorschach
per rilevare le conseguenze psicologiche dell’abuso sui minori, nelle sue molteplici forme, emerge
che in questi bambini vi è una chiusura difensiva e difficoltà nel mettersi in gioco, evitando il contatto

                                                                                                           16
con i contenuti traumatici profondi. Tali bambini vittime di abuso presentano una condizione
psicologica estremamente complessa e disturbata. Essi prendono coscienza della loro condizione ma
non hanno gli strumenti cognitivi, né le risorse psicologiche per attribuire elementi di qualificazione
alla realtà, in quanto presentano un’immagine povera della realtà, priva di elementi dinamici e vitali.
In essi si evidenzia una persistenza di sensazioni di tristezza e apatia, dovuta nella maggior parte dei
casi dall’incapacità o impossibilità a vivere, simbolizzare e verbalizzare le proprie emozioni.
L’esperienza di maltrattamento può produrre sindromi dissociative, in particolare quando l’abuso è
stato consumato durante l’infanzia. Subire un abuso può arrecare una sofferenza emotiva tale da
produrre contenuti ideativi con conseguenti difese di carattere dissociativo. Le conseguenze
psicopatologiche dell’abuso sono gravi e profonde, coinvolgendo diversi livelli di funzionamento
psicologico, tra cui il pensiero, le emozioni, le relazioni interpersonali, tolleranza dello stress, e
causando molteplici conseguenze psicologiche come frequenti ricordi dell’evento traumatico,
disturbi dissociativi, comportamenti regressivi, alterazione del livello di vigilanza, per cui scarsa
attenzione, concentrazione e iperattività, diminuzione del rendimento scolastico, impulsività,
esitamento e sentimenti di solitudine. Maggiori difficoltà affettivo-relazionali si presentano nelle
vittime il cui abuso è avvenuto in età precoce. Alcuni studi evidenziano che i bambini in età
preadolescenziale sono più vulnerabili rispetto agli adolescenti e che dopo l’abuso si rilevano
maggiori effetti pervasivi. L’esperienza traumatica dell’abuso apporta sofferenza e dolore tale da
provocare un effetto disorganizzante della personalità. Il processo di disorganizzazione del pensiero
che si evidenzia nelle persone che hanno subito maltrattamento infantile è probabilmente funzionale
all’integrazione e all’elaborazione dell’evento doloroso. Tale disorganizzazione sembra essere
riconducibile ad un meccanismo difensivo di regressione adattiva, spiega Kris, 1952), che consente
un arretramento verso livelli di funzionamento psichico primitivi che consentono a pensieri e
sentimenti intollerabili, di arrivare a stati di consapevolezza maggiori per essere elaborati. Per cui il
processo di disorganizzazione può essere considerato come uno strumento curativo naturale, che
permette una riorganizzazione ed un’integrazione delle esperienze inattese e dolorose, quindi livelli
moderati di distorsioni cognitive possono essere considerati indicatori prognostici di processi
riparativi e curativi. L’ esperienze di maltrattamento infantile interferiscono sullo sviluppo positivo
del bambino, compromettendone vari aspetti come la socialità, l’interazione con i pari e con gli adulti.
L’esposizione continua alla violenza porta ad uno sviluppo distorto dell’immagine di sé, a condotte
antisociali, a disfunzioni nelle emozioni e alla messa in atto di comportamenti dissociativi. La violenza
porta spesso ad alterazioni della percezione, ad una mancata comprensione degli stati emotivi e delle

                                                                                                      17
intenzioni altrui. Tra le principali e frequenti conseguenze del maltrattamento infantile vi sono le
alterazioni delle regolazioni emotive e delle emozioni sociali. I bambini maltrattati sviluppano
un’immagine di sé negativa, e già all’età di due/ tre anni, tendono a mostrare reazioni emotive
intense, e sono riluttanti ad accettare se stessi in termini positivi. Le difficoltà riscontrate nei bambini
maltrattati dipendono dal fatto che gli adulti fanno poco uso di emozioni positive, e l’elevato uso di
emozioni negative riducono le espressioni del bambino. I bambini sottoposti ad esperienze
di violenza presentano difficoltà nel riconoscere le espressioni facciali e nell’utilizzare le informazioni
contestuali per spiegare le incoerenze tra causa delle emozioni ed espressione emotiva discrepante.
Tali bambini tendono a distorcere le informazioni emotive attribuendogli significati negativi, nel senso
che sovrastimano le emozioni di rabbia, le attribuiscono in modo inappropriato e le percepiscono
come presenti anche in loro assenza. Per cui è possibile affermare che il maltrattamento, soprattutto
in età precoce, determina rilevanti problemi sia nella regolazione delle proprie emozioni ma anche
nella capacità di comprenderle e di valutare adeguatamente le cause degli stati affettivi altrui. I minori
vittime di maltrattamenti e abusi vanno incontro a due sentimenti negativi che tendono a opprimerli,
questi sono il senso di colpa e la vergogna. Queste si manifestano già dopo il primo anno di vita e
sono espressioni emotive legate alla socializzazione, alle pratiche educative, al contesto culturale e
richiedono inoltre capacità cognitive più evolute di valutazione di sé, degli altri, delle aspettative
sociali e di autoconsapevolezza. La colpa e la vergogna hanno un significato sociale e relazionale
poiché elicitate dall’interazione. Tali emozioni nascono dal riconoscimento di comportamenti o di
attributi negativi rivolti a se stesso ed hanno origine dalla percezione del fallimento di modelli posti
dall’esterno o interiorizzati. Nei bambini che subiscono maltrattamenti si può osservare la coesistenza
di sentimenti di colpa, che li portano a preoccuparsi degli altri e a cercare di riparare, e di vergogna,
che implica una complessa deformazione delle percezioni e dell’immagine di sé. Il bambino si sente
impotente, incapace di reagire adeguatamente e percepisce, come segni della propria incapacità, il
fallimento dei tentativi con cui cerca di difendersi e giustificarsi. Percepisce il proprio corpo come
diverso da quello degli altri e prova vergogna a mostrarlo, e nasconde i lividi che gli vengono
provocati, considerandoli frutto di una propria mancanza. Nei bambini vittime di abusi
sessuali la vergogna, la timidezza e l’imbarazzo finiscono per rinforzare la sensazione di essere
inadeguati e diversi a causa di comportamenti sintomatici percepiti estremamente inaccettabili e
inesprimibili. Il vissuto di colpa occupa una posizione centrale nella caratterizzazione del mondo
interno del bambino che ha subito un abuso sessuale. Il bambino abusato, per l’intervento di un
meccanismo identificatorio, assume su di sé la colpa dell’aggressore in un processo amplificato dal

                                                                                                         18
diniego dell’evento traumatico, messo in atto dall’adulto. Le emozioni innescate dalla vergogna,
portano il bambino a chiudersi, a nascondersi, ad interrompere la comunicazione e l’espressione di
se stessi. L’esperienza di colpa e/o di vergogna rinforza in misura significativa una rappresentazione
di sé come “malvagio, cattivo o ridicolo” ed una rappresentazione dell’altro come “rifiutante,
controllante e minaccioso” bambini esposti a ripetute esperienze di malessere da parte degli adulti,
possono sviluppare la propensione a pensare di essere i diretti responsabili. Per cui ciò vuol dire
convivere con sentimenti di inefficacia e di impotenza che possono trasformarsi in tratti depressivi,
ostacolano o rallentano il processo di separazione-individuazione e interferiscono con la capacità di
role-taking. Le esperienze di maltrattamento infantile possono avere effetti negativi sul buon sviluppo
del bambino, compromettendone vari aspetti come la socialità, l’interazione con i pari e con gli adulti.
L’esposizione continua alla violenza porta ad uno sviluppo distorto dell’immagine di sé, a condotte
antisociali, a disfunzioni nelle emozioni e alla messa in atto di comportamenti dissociativi. La violenza
porta spesso ad alterazioni della percezione, ad una mancata comprensione degli stati emotivi e delle
intenzioni altrui. Dagli studi sulla cognizione sociale è emerso che nei casi di abuso sessuale, le vittime
tendono a costruirsi uno schema di sé come seduttrici, portando la convinzione di essere colpevoli
per l’atto avvenuto, di essere troppo attraenti, o troppo dolci, o troppo generose. La conseguenza di
ciò può generare depressione, sensi di colpa, promiscuità o inibizione sessuale. Per cui alla base di
ciò vi è una percezione di sé come cattive o troppo seducenti, ma esse non sono consapevoli di queste
potenti autorappresentazioni negative. Aver subìto abusi nel corso dell’infanzia può condurre allo
stabilizzarsi di schemi non adattivi che riguardano il sé, alla sensazione di non essere amati o alla
mancanza di speranza (concetto di vulnerabilità cognitiva). Anche lo stabilizzarsi di stili attribuzionali
negativi (attribuire agli eventi cause interne, stabili e globali) può essere considerato una
conseguenza a lungo termine di situazioni negative subite nel corso dell’infanzia. Studi prospettici
hanno mostrato che i bambini abusati e trascurati dai genitori presentano un ridotto funzionamento
cognitivo rispetto ai bambini che non hanno subito maltrattamenti. Deprivazioni sensoriali ed
emotive associate alla trascuratezza sembrano essere particolarmente dannose per lo sviluppo del
linguaggio espressivo così come per lo sviluppo di un QI nella norma e, in generale, per lo sviluppo
delle funzioni intellettive. Nelle situazioni di maltrattamento infantile, il bambino sviluppa
rappresentazioni di sé e dell’altro multiple e dissociate, le funzioni integrative come l’identità, la
coscienza e la memoria vengono a perdersi producendo uno stato alterato di coscienza (Liotti, 1996).
Secondo Liotti i fenomeni dissociativi provocano uno stato alterato di coscienza nel bambino e
allontanano cosi la sofferenza. Consentono di risolvere conflitti inconciliabili, di sfuggire dalle

                                                                                                        19
costrizioni della realtà, di isolarsi da esperienze catastrofiche, proteggendo il sé, di sfuggire al dolore,
anche fisico, grazie all’effetto analgesico. Tuttavia quando diventa un meccanismo automatico, si
innesta la patologia, provocando una frattura nel senso dell’identità e della continuità della memoria
e dell’integrazione del sé. Risulta compromesso lo stato di regolazione emotiva, di regolazione
affettiva, di attribuzione di sentimenti e credenze. Nel bambino maltrattato emerge un fragile senso
di sé che è legato all’incapacità di rappresentare sentimenti e desideri propri che forniscano un
nucleo stabile d’identità. La percezione e le attribuzioni che il soggetto maltrattato costruisce sulla
propria esperienza di maltrattamento sono fondamentali nel determinare l’adattamento successivo.
Un altro aspetto fortemente compromesso nel soggetto abusato o maltrattato è l’empatia.
Il bambino maltrattato sperimenta la presenza di un genitore che non riesce ad essere empatico nei
suoi confronti. A partire da questa condizione il bambino non può sviluppare quella capacità
introspettiva di autoriflessione su se stessi e sulle conseguenze che le proprie azioni hanno sull’altro.
Il comportamento antisociale e delinquenziale ha la propria origine in questa carenza di capacità
empatica, poiché l’empatia media l’adozione di comportamenti pro-sociali, e rappresenta una
condizione che consente di acquisire in modo profondo il significato sociale delle norme e delle
regole.

3.2- Normative che regolano il ruolo di Assistente all’infanzia
Ma passiamo ora all’identificazione delle norme vigenti che regolano e tutelano il settore
dell’assistenza all’infanzia. Per lavorare in un asilo nido, nelle varie figure lavorative, è necessario il
possesso di titoli di studio idonei, che con il Decreto Legislativo 65 del 13 aprile 2017 sono stati definiti
a livello nazionale facendo riferimento anche alle leggi della regione in cui si intende lavorare, sia per
un Servizio educativo per l'Infanzia pubblico, sia privato. In questo articolo abbiamo raccolto i nuovi
e i vecchi titoli di studio (validi in determinate condizioni) e altre considerazioni utili a chi intende
lavorare in asilo nido, distinte in base alle leggi regionali da cui sono tratte, regione per regione.
Il16/05/2017 con il Decreto Legislativo 65 del 13 aprile 2017 n° 65 “Istituzione del sistema integrato
di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181,
lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00073.
Il Decreto Legislativo del 13 aprile 2017, n° 65, istituisce il cosiddetto “Sistema Integrato di educazione
e istruzione dalla nascita ai sei anni” e quindi definisce anche i titoli per diventare educatore di Nido
d’infanzia. Lo fa però istituendo di fatto un sistema “ibrido”, in quanto questi titoli sono definiti in
                                                                                                          20
Puoi anche leggere