RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - lunedì 6 aprile 2020

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – lunedì 6 aprile 2020
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Smart working consentito anche ai transfrontalieri (Piccolo)
I sindacati chiedono monitoraggi più puntuali (M. Veneto)
«La regione maglia nera per operatori infettati» (M. Veneto)
Aziende monfalconesi pronte a fabbricare dispositivi protettivi (Piccolo)
La Sbe sarà tra le prime in Fvg a fare il test rapido agli operai (Piccolo)
Badanti non in regola e anziani senza cure: a Trieste rebus welfare (Piccolo)
Dai generi alimentari ai farmaci. Ecco come si possono utilizzare gli aiuti (M. Veneto)
Un'applicazione per smartphone. Le ricette mediche diventano digitali (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Sconto di due mesi sulla bolletta dei rifiuti: «Un aiuto a chi è stato costretto a chiudere» (M. Veneto)
A Paluzza un altro lutto e 23 malati in più (M. Veneto Udine)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Smart working consentito anche ai transfrontalieri (Piccolo)
Marco Ballico - Il lavoratore transfrontaliero non deve osservare restrizioni nei suoi spostamenti. E può
anche accedere allo smart working. Le Faq della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia sulla strana vita in
tempi di coronavirus si arricchiscono, ordinanza dopo ordinanza, di nuovi casi particolari. Il documento,
aggiornato dopo le ultime disposizioni del governatore Massimiliano Fedriga, affronta anche la questione
delle prestazioni sanitarie non urgenti. Per quel che riguarda dunque i transfrontalieri, la Regione si affida a
una precisazione del ministero degli Affari esteri. E spiega che le regole per chi entra in Italia dall'estero
(autodichiarazione per gli spostamenti in Italia, autocertificazione sui motivi del viaggio, segnalazione
dell'ingresso nel territorio nazionale al Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per
territorio, divieto di prendere mezzi di trasporto pubblici, quarantena di 14 giorni) non valgono per i
lavoratori transfrontalieri, il personale sanitario e gli equipaggi di trasporto passeggeri e merci. Nessun
problema nemmeno per il lavoro in remoto sia per l'italiano che lavora in uno Stato limitrofo, sia per lo
straniero che lavora in Italia. Lo smart working è modalità consentita secondo le condizioni previste dalla
legge. Le Faq ricordano poi la sospensione dell'attività ambulatoriale (sia nella sanità pubblica che in quella
privata convenzionata), ad eccezione delle visite individuate come indispensabili dallo specialista di
riferimento. Ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e agli specialisti è stato inoltre
raccomandato di prescrivere esami di laboratorio solo se strettamente necessario. Esami già programmati e
non urgenti (visite specialistiche, radiologiche e diagnostiche) sono spostati a nuova data da concordarsi
con le strutture sanitarie dopo la fine dell'emergenza. È pure sospesa l'attività ambulatoriale di screening di
primo livello. Mammografie, pap-test e Hpv Dna test, saranno riprogrammati e comunicati direttamente
alle utenti che erano in agenda in questo periodo. La popolazione femminile interessata è invitata pertanto
a non recarsi nelle sedi di esecuzione degli screening. Stop anche alle vaccinazioni e al ritiro dei referti, che
saranno inviati a domicilio e, dove possibile e consentito, via posta elettronica. Un quesito specifico
riguarda i disabili. Possono uscire di casa? La raccomandazione è di rimanere in casa per evitare di
contagiare sé stessi e gli altri, ma è possibile, per comprovate situazioni di necessità e motivi di salute,
prevedere brevi uscite dal domicilio della persona con disabilità opportunamente accompagnata,
rispettando le regole di distanziamento sociale. Il medico che ha in carico il paziente può certificare tale
necessità e, durante l'uscita, l'accompagnatore porterà con sé l'apposito modulo di autorizzazione. Pure
nella prossima settimana resterà sempre vietato fare attività fisica o anche solo passeggiare, fare un giro in
bicicletta o recarsi in un comune diverso da quello di residenza se non per motivazioni di lavoro, salute o
stretta necessità, come fare la spesa, portare i figli all'altro genitore in caso di separazione o ai nonni se si
tratta di bambini o ragazzi che non possono rimanere da soli a casa.

I sindacati chiedono monitoraggi più puntuali (M. Veneto)
Un monitoraggio quotidiano e aggiornato dell'andamento del contagio non solo in ambito sanitario, ma
anche nelle case di riposo e nell'assistenza domiciliare. Forniture certe e regolari dei dispositivi di
protezione individuale a operatori, pazienti, assistiti. Linee guida per l'utilizzo di lavoratori e strutture della
sanità privata, attualmente fortemente sottoutilizzate nonostante il forte fabbisogno i operatori da
destinare all'emergenza. È quanto chiedono le segreterie regionali di Cgil-Cisl-Uil, con i responsabili sanità e
welfare Rossana Giacaz, Luciano Bordin e Magda Gruarin, rivendicando l'esigenza di una maggiore
trasparenza e di coinvolgere i sindacati «nella gestione dell'emergenza Covid-19 sia a livello regionale che di
aziende sanitarie. In un momento in cui si rafforzano le misure di prevenzione e tutela cui sono soggetti i
cittadini, sostengono, «ancora più importante e sentita dovrebbe essere la necessità di monitorare
l'andamento dell'epidemia e rafforzare l misure di prevenzione e protezione nei settori più esposti al
rischio». Ad allarmare i sindacati non c'è solo la crescita dei contagi tra gli operatori della sanità e
dell'assistenza, ma anche l'assenza di un confronto tra aziende sanitarie e rappresentanze sindacali sulle
politiche del personale, sull'organizzazione del lavoro, sul monitoraggio dei contagi in ambito sanitario e
socio-assistenziale.

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«La regione maglia nera per operatori infettati» (M. Veneto)
«Il Fvg è in proporzione la regione italiana del nord con il maggior numero di operatori sanitari infettati; con
il 16,12 per cento occupa purtroppo il primo posto della classifica, seguita dalla Lombardia e dal Veneto,
dove la percentuale si ferma all'8,8%» .Lo sottolinea in una nota il consigliere regionale del Gruppo Misto
Walter Zalukar, che invita a «dedicare maggior attenzione a questi dati e a Trieste». Il consigliere, infatti, si
richiama sia a quanto riportato dalla stampa secondo cui l'assessore alla salute Riccardi si appellerebbe
all'imprecisione delle cifre dell'Iss dichiarando che «il fenomeno preoccupa, ma servono i dati precisi», sia a
quanto sottolineato alcuni giorni fa dal governatore Fedriga, ovvero che «siamo la regione che al Nord, sia
per contagi che per mortalità, ha la migliore situazione, e con una incidenza Covid-19 inferiore alla media
nazionale». «A sostegno di questa tesi sembra siano stati portati i numeri totali degli infetti e dei deceduti
in Fvg rispetto alle altre regioni, che effettivamente risultano i più bassi - sottolinea Zalukar -. I numeri
assoluti regione per regione non tengono conto del numero di abitanti di ciascuna regione esaminata,
quindi non si tiene conto del rapporto percentuale tra cittadini colpiti e numero di residenti, perché non si
possono fare confronti con regioni che hanno 10 milioni o 5 milioni di abitanti, senza usare le percentuali».

Aziende monfalconesi pronte a fabbricare dispositivi protettivi (Piccolo)
Giulio Garau - Nel Monfalconese il 65-67% delle aziende sono ferme dopo il blocco governativo per
l'emergenza del coronavirus, ma alcune stanno valutando di modificare il tipo di attività per rendersi utili
nella produzione di dispositivi di protezione, dalle tute agli occhiali o altri strumenti. A darne notizia il
Consorzio per lo sviluppo economico del monfalconese che in queste settimane sta monitorando la
situazione degli associati, circa 145 aziende. Soprattutto le medie e medio piccole, quelle che non sono
attrezzate come le grandi (Fincantieri, Mangiarotti, Nidec, Sbe o Cimolai ) ad affrontare da sole la situazione
di emergenza che è anche economica e produttiva.«Ci sono almeno due aziende che stanno valutando
questa opzione - conferma il direttore del Consorzio, Cesare Bulfon - e sono tra quelle che per il tipo di
attività che fanno attualmente non rientrano tra le aziende che possono restare aperte». C'è un'altra fetta
di imprese, sono il 21-22% che invece lavora a ranghi ridotti, con meno unità presenti in fabbrica e molti
invece a lavorare da casa in smart-working.

La Sbe sarà tra le prime in Fvg a fare il test rapido agli operai (Piccolo)
La Sbe tra le prime aziende in Fvg a fare il test rapido per il Covid 19. A darne l'annuncio sui social lo steso
imprenditore Alessandro Vescovini che spiega che da domattina, su base volontaria, tutti i dipendenti che
concedessero il loro consenso, potranno sottoporsi nello stabilimento il test rapido. «Con un semplice
prelievo del sangue saremo in grado di determinare la presenza degli anticorpi contro il virus - sostiene
Vescovini - cosi' facendo avremo una probabilità enormemente superiore di individuare soggetti
potenzialmente infetti, rispetto al banale controllo della temperatura corporea, dando loro la possibilità di
richiedere il tampone alla azienda sanitaria e sopratutto riducendo il rischio di contagiare colleghi e
famigliari». Da tempo l'imprenditore attendeva questa possibilità e per questo ringrazia il sindacato che ha
segnalato l'azienda che realizza questo test già utilizzato in Fvg all'ospedale Burlo Garofolo così come
presso molti ospedali italiani.«Questo non vuole essere uno strumento per sostituirsi all'autorità sanitaria -
aggiunge Vescovini - ne tanto meno uno strumento per richiedere autorizzazioni speciali alle prefetture. È
solo uno strumento di conoscenza, perchè solo conoscendo la pandemia, riusciremo a sconfiggerla. Sapere
di avere l'anticorpo significa sapere di avere avuto l'infezione, che si potrebbe essere ancora infetti, che è
necessaria ancora più prudenza e tutela per gli altri».Secondo l'imprenditore se tutte le aziende seguissero
l' esempio, dalle più grandi alle più piccole darebbero un contributo essenziale alle autorità sanitarie per
monitorare sempre più nel dettaglio la popolazione ed isolare in modo efficace eventuali focolai.«Noi
abbiamo deciso di ripetere il test ogni mese - conclude - fino a quando questa epidemia non sarà finita, per
garantire una maggiore tutela per i nostri dipendenti».

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Badanti non in regola e anziani senza cure: a Trieste rebus welfare (Piccolo)
Gianpaolo Sarti - Badanti tornate nei propri Paesi di origine. E anziani rimasti senza assistenza. I
contraccolpi dell'emergenza coronavirus si stanno facendo pesantemente sentire su una delle colonne
portanti del sistema welfare: il lavoro domiciliare. Un problema già sollevato a livello nazionale e che ha
forti ricadute anche in Friuli Venezia Giulia e a Trieste in particolare, visto l'elevato tasso di ultra
settantacinquenni che hanno bisogno di aiuto a casa. Difficile quantificare il fenomeno visto che soltanto
una fetta delle badanti è regolarmente sotto contratto. Ma le dinamiche sono apparse chiare fin dall'inizio,
da quando cioè è esploso l'allarme in tutta la sua gravità. Basta pensare ai due pullman di cittadini ucraini
rimasti bloccati alcune settimane fa a Fernetti: erano pieni di operai e badanti che lavoravano in Italia e
che, dopo le prime misure restrittive attuate per le zone rosse (divieto di spostamento da un Comune
all'altro), si erano ritrovate in difficoltà, tanto da scegliere di allontanarsi in fretta e furia dal nostro Paese.
D'altronde chi presta servizio "in nero" non può esibire un'autocertificazione professionale valida per poter
muoversi tranquillamente. E così molti stranieri hanno deciso di fare i bagagli e lasciare l'Italia alle prime
avvisaglie. Criticità che si sono fatte via via più pesanti nei giorni successivi con il divieto totale di uscire di
casa, se non per comprovati motivi. Anche in questo caso, chi non è in regola, non può recarsi liberamente
dall'anziano assistito. Come giustificherebbe lo spostamento, qualora fermato in strada dalle forze
dell'ordine? Non solo. Con il blocco degli esercizi commerciali, a cui ha fatto seguito quello industriale,
alcune famiglie - figli e nipoti - si sono rese conto del rischio di ritrovarsi nell'impossibilità di retribuire le
badanti. L'assistenza degli anziani genitori o dei nonni che non hanno una pensione sufficiente, non viene
quindi delegata. Su Trieste grava inoltre il problema del "pendolarismo" delle collaboratrici domestiche
croate che non risiedono qui e quindi hanno difficoltà a spostarsi agevolmente da un confine all'altro.
Molte hanno fatto rientro nel proprio Paese. Un quadro ancora più complesso se si pensa alle badanti che
sono mamme: i figli in queste settimane non vanno a scuola, quindi le madri devono prendersene cura a
casa. Le Acli, in prima linea nel settore, stanno monitorando costantemente le necessità delle collaboratrici
domestiche assunte dalle famiglie attraverso i servizi di patronato. «Da giorni ci arrivano domande molto
precise - spiega Valentina Benedetti (Acli Fvg)-. C'è chi ad esempio lavora sia la mattina sia il pomeriggio e ci
chiede se può beneficiare dei contributi per la babysitter. Perché, ovviamente, se stanno a casa con i
bambini, non lavorano più. Ce ne sono altre, poi, che fanno le pendolari dalla Croazia e per le quali c'è una
difficoltà obiettiva ad andare avanti e indietro da Trieste». L'altra grande questione riguarda la sicurezza
personale: le collaboratrici domestiche assunte, quindi a tutti gli effetti dipendenti delle famiglie presso cui
prestano servizio, come si devono comportare durante l'orario di lavoro per evitare il rischio del contagio?
Chi fornisce alle badanti le mascherine (che ormai scarseggiano anche nelle strutture sanitarie) e altri
strumenti di protezione? «Quella delle badanti è la categoria che in questa situazione si trova priva di
qualsiasi tipo di tutela - spiega Erica Mastrociani, presidente regionale delle Acli - perché è una figura che
non viene compresa in nessuno dei decreti. Come Acli nazionali stiamo cercando di fare un ragionamento a
livello di governo». Per segnalare criticità le Acli hanno a disposizione una mail (trieste@acli.it) e un numero
di telefono (339 7731201).

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Dai generi alimentari ai farmaci. Ecco come si possono utilizzare gli aiuti (M. Veneto)
Niente modello Isee o altri indicatori del reddito: le procedure di richiesta sono sgravate di ostacoli
burocratici e, in definitiva, ridotte a un'autocertificazione compilabile (sempre e solo da un componente
per nucleo familiare) anche con assistenza telefonica o su Internet, usufruendo dell'apposita modulistica
presente sul sito del proprio Comune. Tempi di risposta? Brevi. Anzi, brevissimi, come da disposizioni
ministeriali che hanno posto il timbro di "misura urgente" sull'erogazione dei 400 milioni di euro (con
ordinanza della Protezione civile nazionale) sulla prima misura emergenziale destinata direttamente «a
famiglie e persone che non hanno i soldi per fare la spesa».Con i primi Comuni partiti già nel fine settimana
appena trascorso (il Comune di Udine, destinatario di un fondo di 526.853 euro) inizierà da oggi ad
accettare e valutare le richieste), sono entrate a regime anche in Friuli Venezia Giulia le procedure per
l'erogazione (da parte dei singoli Comuni) dei "buoni spesa".
Sarà inevitabilmente una partenza a scaglioni, perché se l'ordinanza ha una struttura identica a livello
nazionale, l'ostacolo è rappresentato dal processo di individuazione dei beneficiari della misura di sostegno:
sono infatti i singoli servizi sociali (ma in primis quelli d'Ambito per la nostra regione) a dover fare da filtro
per individuare le richieste (sono state subito migliaia) che vantano i requisiti richiesti: l'intervento è infatti
mirato ai nuclei familiari più esposti ai rischi derivanti dall'emergenza epidemiologica, con priorità per quelli
non già assegnatari di sostegno pubblico. Insomma, quella fascia creata direttamente dal coronavirus: i
nuovi poveri, per usare termini che fanno sempre male. «Chi si trovava già in stato di dichiarata difficoltà o
indigenza economica prima dell'emergenza coronavirus - ha spiegato il presidente regionale dell'Anci,
Dorino Favot -, ovvero già destinatario di una delle tante misure di sostegno economico, slitterà nell'ordine
di priorità di questa specifica graduatoria. L'ordinanza prevede espressamente che la misura emergenziale
sia rivolta ai soggetti economicamente più colpiti, quelli che si trovano ora e concretamente in difficoltà nel
procedere all'acquisto dei beni di prima necessità».COSA SI PUò COMPRAREEccolo un altro distinguo: i
buoni spesa (non sono cedibili) potranno coprire solo l'acquisto di beni di prima necessità: «Generi
alimentari, farmaci, prodotti per l'igiene. Niente alcolici e sigarette. E non sono spendibili per il pagamento
delle bollette, proprio perchè non sono soldi, per farla breve», prosegue Favot.FASCE E
IMPORTIMaterialmente i buoni saranno realizzati e distribuiti dai singoli Comuni, che oltre ad avere in
carico l'individuazione dei beneficiari sceglieranno anche il "taglio" dei tagliandi e le fasce di destinazione
finale: per i single, per i nuclei familiari composti da 2, 3, 4 5 e più persone (i massimali per famiglia restano
a discrezione dei Comuni: a Udine sarà non si potrà andare oltre gli 800 euro per destinatario). Un
provvedimento dello Stato, insomma, con delega totale ai Comuni: «I 400 milioni non sono stati distribuiti
solo in base al numero degli abitanti di un Comune - precisa Favot -, c'è una quota del 20% del totale che è
stata erogata sulla base della distanza tra i reddito pro capite del singolo Comune e il reddito pro capite
medio nazionale. Ecco perché, in proporzione, molti enti del Sud Italia hanno ricevuto un contributo
superiore ai pari condizione dell'Italia settentrionale. In Fvg sono arrivati oltre 6 milioni di euro...

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Un'applicazione per smartphone. Le ricette mediche diventano digitali (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Prima i medici dell'Azienda sanitaria Giuliano-Isontina, quindi quelli del Friuli occidentale
e, infine, i camici bianchi dell'ente udinese. Riccardo Riccardi prosegue - e anzi ha praticamente completato
- il suo tour telematico per presentare agli operatori del sistema-salute regionale la nuova app per
smartphone, realizzata in Friuli Venezia Giulia, che consentirà una completa digitalizzazione del sistema di
produzione e diffusione delle prescrizioni mediche.«L'emergenza coronavirus ha messo in evidenza quanto
il nostro Paese sia in ritardo nella digitalizzazione - ha spiegato il vicepresidente della Regione -. Una
situazione sulla quale oggi, in ambito sanitario, dobbiamo intervenire in maniera coesa per mettere in
campo strumenti che permettano, ad esempio, di ottenere i farmaci prescritti senza uscire di casa più del
necessario. Proprio in merito a questo aspetto la Regione ha avviato un confronto con i medici di medicina
generale e i pediatri di libera scelta che permetterà di mettere online in breve una app per smartphone e
tablet attraverso la quale i pazienti potranno ricevere le prescrizioni dematerializzate dei medicinali».Un
iter che, come accennato dall'assessore alla Salute, porterà alla realizzazione di un'applicazione pensata e
realizzata "costruita" in stretta collaborazione con i protagonisti principali del nostro sistema sanitario. «Se
in passato avessimo investito di più sulla tecnologia - ha continuato -, oggi cittadini e professionisti
subirebbero meno i disagi derivanti dalla riduzione dei contatti sociali, quindi dobbiamo adottare strumenti
che possano rivelarsi utili anche in futuro. In Friuli Venezia Giulia, però, grazie alla collaborazione dei medici
e dei pediatri sarà possibile ridurre il gap accumulato negli anni».Riccardi ha quindi spiegato come «per
superare l'attuale emergenza» sia fondamentale che «tutte le componenti del sistema sanitario regionale
siano compatte e operino in maniera coordinata: per avere uno strumento pienamente rispondente alle
esigenze dei cittadini è infatti fondamentale che siano recepite le indicazioni provenienti dai medici di
famiglia e dai pediatri, che rappresentano il primo contatto con i pazienti».Il vicegovernatore ha poi
rimarcato che «il confronto con i professionisti della salute ci fornirà un ulteriore strumento in aggiunta a
quelli già proposti per ridurre il numero di uscite dei cittadini per reperire i farmaci di cui hanno bisogno».
L'applicazione, che sarà disponibile gratuitamente sia per i sistemi iOS sia per quelli Android, raccoglierà «le
ricette emesse e i cittadini dovranno semplicemente recarsi in farmacia, mostrare il telefonino e ritirare il
farmaco. Inoltre, questo strumento potrà memorizzare più profili utente, di modo da rendere possibile per i
parenti il ritiro dei farmaci per gli anziani». Riccardi ha successivamente sottolineato che «i servizi
distrettuali e le Aggregazioni funzionali territoriali giocheranno un ruolo strategico nella seconda fase
dell'emergenza, fornendo supporto alle persone più fragili all'esterno della rete ospedaliera». Ovviamente
Si tratta di una possibilità in più, e certamente non un obbligo, che si aggiunge a quelle «già messe in
campo con la dematerializzazione delle ricette, come l'invio della ricetta via email oppure attraverso i
sistemi di messaggistica, che si integra ai sistemi a disposizione dei medici e trasmette le prescrizioni
direttamente in via telematica all'applicazione».Riccardi, infine, ieri ha anche voluto chiarire un punto e
cioè quello legato alla possibilità, da parte delle persone con disabilità di uscire semplicemente portando
con sè il certificato che attesti la situazione in caso di controlli da parte delle forze dell'ordine. «Il certificato
di disabilità - ha concluso il vicegovernatore - rilasciato in base alla legge 104 del 1992 può sostituire la
certificazione medica richiesta per le uscite brevi dal domicilio delle persone con disabilità. Questa
semplificazione agevola le famiglie delle persone con disabilità, le quali, in questa fase di emergenza
sanitaria, si trovano particolarmente in difficoltà a causa delle restrizioni alle libertà imposte per contenere
la diffusione del coronavirus». Il vicepresidente ha infine voluto precisare che «il documento va portato con
sé durante l'uscita per giustificare la stessa e dovrà essere evidenziato nell'autocertificazione consegnata
alle forze dell'ordine in caso di controlli» e che «nel corso dell'uscita dal proprio domicilio devono
comunque essere rispettate le cautele previste dalle disposizioni nazionali e regionali in materia di
distanziamento sociale».

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CRONACHE LOCALI

Sconto di due mesi sulla bolletta dei rifiuti: «Un aiuto a chi è stato costretto a chiudere» (M. Veneto)
Cristian Rigo - Dopo i rinvii arrivano gli sconti. Il Comune vuole fare in modo che le attività costrette a
rimanere chiuse a causa del coronavirus non debbano pagare la tassa sui rifiuti. «Non sarebbe giusto -
spiega il sindaco, Pietro Fontanini - e quindi stiamo studiando un sistema per poter scontare due mesi dalla
bolletta. Al momento ragioniamo su marzo e aprile». L'idea è quella di ridurre di un sesto l'importo della
Tari, ma non sono esclusi ulteriori accorgimenti. «L'emergenza è ancora in corso quindi è impossibile avere
adesso un quadro complessivo, ma di sicuro vogliamo fare tutto il possibile per aiutare l'economia», spiega
il sindaco che ha aperto a un confronto con la minoranza dopo l'invito del Pd a collaborare e a mettere a
punto un piano Marshall per il dopo da almeno 4 milioni di euro. «Condivido la necessità di intervenire con
misure straordinarie, ma per utilizzare l'avanzo nella spesa corrente serve l'intervento della Regione -
continua Fontanini -. Su altri fronti ci siamo già mossi. Per gli affitti dei locali di proprietà comunali (il cui
pagamento dei canoni è già stato posticipato, ndr), Governo e Regione hanno già previsto la possibilità di
recuperare dalle tasse l'80% del dovuto e noi vogliamo farci carico del 20 restante. Perché è chiaro che
un'attività costretta a rimanere chiusa non ha potuto godere del bene, né guadagnare di conseguenza, per
cui non è giusto chiedere l'affitto. Stiamo ragionando su diverse opportunità». Tornando ai rifiuti, oltre allo
slittamento dei pagamenti deciso per tutti, famiglie e attività, e lo sconto di due mensilità per le imprese
colpite dallo stop imposto per far fronte all'emergenza sanitaria, Comune e Net stanno valutando un nuovo
rinvio per l'avvio del Casa per casa. «Sarà inevitabile», conferma Fontanini. E il motivo è legato sempre
all'impossibilità di organizzare gli incontri informativi. Dopo l'annullamento degli appuntamenti previsti in
marzo a causa del coronavirus, Comune e Net avevano posticipare l'avvio del Casa per casa a Laipacco, San
Gottardo, Udine Est e Di Giusto: dal primo aprile al 4 maggio, ma visto l'andamento del contagio è chiaro
che non sarà possibile avviare il nuovo sistema di raccolta prima di giugno. Comune e Net, però non
intendono rimandare troppo. Ecco perché nei prossimi giorni l'assessore all'Ambiente, Silvana Olivotto,
incontrerà i rappresentanti della Net insieme al sindaco e al presidente della commissione Ambiente,
Giovanni Govetto per riorganizzare il calendario e studiare anche nuove formule di dialogo e incontro con i
cittadini. Al momento il metodo di raccolta "Casa per casa" è attivo dallo scorso 2 dicembre nell'ex seconda
circoscrizione (Rizzi, San Domenico, Cormôr, San Rocco) e a Udine Sud (ex circoscrizione 4), Cussignacco (ex
5) e San Paolo-Sant'Osvaldo (ex 6) dal primo febbraio. Detto dell'ex terza circoscrizione, il cui avvio sarà
rimandato a giugno bisogna capire se sarà possibile partire contemporaneamente (come era previsto)
anche a Chiavris, Paderno e Godia (ex 7) oppure se rimandare di un mese concludendo poi in agosto
l'allargamento nelle zone del centro dove ancora ci sono i cassonetti.

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A Paluzza un altro lutto e 23 malati in più (M. Veneto Udine)
Gino Grillo - Quinto decesso alla casa di riposo Brunetti di Paluzza. Ieri è mancata Anna Maria Granzotti,
originaria di Arta Terme. Aveva 90 anni e da due giorni le sue condizioni si erano aggravate a causa di
un'insufficienza respiratoria. L'anziana era in cura nell'area della Brubetti riservata ai positivi del Covid-19.
La situazione si è ulteriormente aggravata con 23 nuovi casi di positività, che portano a 83 il totale dei
malati nella struttura.tutela dei dipendentiUna riunione è stata indetta nel pomeriggio di ieri fra l'unità di
crisi con il sindaco Massimo Mentil e la direzione dell'Asp Matteo Brunetti. «Al momento - ha illustrato il
direttore Alessandro Santoianni - stiamo lavorando per predisporre un disciplinare per mettere in sicurezza
il personale dipendente, sia positivo che negativo al coronavirus, anche al di fuori della casa di riposo». Una
iniziativa che sarà presentata nelle prossime ore a salvaguardia della salute dei dipendenti stessi che dei
loro cari nel contesto familiare.Nuove criticitàIn un comunicato il primo cittadino di Paluzza, Massimo
Mentil, ha aggiornato il bilancio delle criticità che ieri si sono acuite nella casa di riposo. «La situazione
all'interno dell'Asp Matteo Brunetti di Paluzza si è ulteriormente aggravata nella giornata odierna (ieri per
chi legge) con nuovi 12 casi di contagio tra gli ospiti e 11 tra i lavoratori, due dei quali residenti nel nostro
Comune di Paluzza». In casa di riposo ci sono quindi 67 ospiti contagiati e 16 operatori. La struttura rimane
sotto il controllo diretto dell'Azienda sanitaria che ha istituito un reparto specifico per i malati. «Il nostro
primo pensiero - ha proseguito Mentil - va alle persone che hanno subito il contagio tra gli ospiti e ai loro
parenti e agli operatori che sono risultati positivi agli esiti dei tamponi».Le vittime Cinque le persone sinora
decedute, tutte donne. Nel primo giorno della crisi sono scomparse Elsa Di Doi di 79 anni di Trasaghis, Velia
Silverio, 88enne di Paluzza, Maria Maddalena Del Missier di 80 anni residente in località Braida a
Comeglians e Eulalia Stefani di 91 anni di Ovaro. Ieri la quinta vittima, Anna Maria Granzotti, 90 anni di Arta
Terme. il Cordoglio del sindacoMentil si è detto vicino alle famiglie colpite dalla perdita dei loro cari e porta
loro le condoglianze dell'amministrazione comunale e di tutta la comunità. Il punto sul paeseMentil
annuncia di aver «provveduto a ordinare direttamente delle mascherine prodotte in una azienda locale. Ci
verranno consegnate in settimana e nel più breve tempo possibile verranno consegnate a tutti i cittadini di
Paluzza dalla squadra di Protezione civile che è già stata attivata. Le mascherine che verranno consegnate
saranno lavabili e riutilizzabili». Il primo cittadino ha comunicato anche di aver ricevuto pure delle
donazioni da parte dei sui concittadini che ringrazia per la disponibilità. «Abbiamo ritenuto, considerato il
numero e la diversità di queste mascherine, di metterle a disposizione degli abitanti nei negozi e nelle
attività che stanno garantendo il loro servizio compresi farmacie e medici di medicina generale, soprattutto
per i cittadini che ne fossero sprovvisti e che dovessero avere la necessità di recarsi in tali luoghi».

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