RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - giovedì 8 agosto 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 8 agosto 2019

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

NELLA RASSEGNA DI OGGI NON SONO PRESENTI ARTICOLI DEL GAZZETTINO

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Reddito gialloverde, Cormons e Medea sono nella "top five" delle richieste accolte (Piccolo)
Allarme conti in rosso per la sanità, pesa il costo di medicine e personale (M. Veneto, 3 articoli)
La sanità perde il regista. Il guru dell'Azienda zero lascia dopo sette mesi (Piccolo, 2 articoli)
In crisi il big dei salumi, chiesto il concordato (M. Veneto)
Confronto Roberti-Rsu sul comparto unico (Piccolo)
Pressing su Unindustria: torni indietro (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Esodo dall'istruzione e concorso in ritardo: così le segreterie sono alle paralisi (M. Veneto Ud e Pn)
Raffica di episodi di violenza in città, il Comune vorrebbe l'esercito in strada (M. Veneto Udine)
«La fiera del lavoro si farà. La Regione mette i fondi» (M. Veneto Udine)
Da un anno i lavori sulla Udine-Cividale: disagi per i pendolari (M. Veneto Udine)
Ospedale, Riccardi incontra i dipendenti. Martines: «Solo promesse» (M. Veneto Udine)
Sanità, vertice Aas 5-sindacati. «Mancano troppi infermieri» (M. Veneto Pordenone)
Ciriani, parte l'opazione secondo mandato (M. Veneto Pordenone)
La Polese ottiene il concordao ma si sfila dai lavori del nuovo ospedale (M. Veneto Pordenone)
Accoglienza, i lavoratori in piazza. Il prefetto media tra Ics e Regione (Piccolo Trieste)
Le ultime maestre precarie ancora in bilico si affidano alla strana coppia Cisl-Lega (Piccolo Ts)
Firmato l'accordo bis con i Beni culturali su Magazzino 26, Ursus, strade e servizi (Piccolo Trieste)
Sanità e protocollo disabili, una circolare per applicarlo (Piccolo Go-Monf)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Reddito gialloverde, Cormons e Medea sono nella "top five" delle richieste accolte (Piccolo)
Marco Ballico - Sono i due capoluoghi a trascinare il reddito di cittadinanza nella Venezia Giulia, la parte di
territorio regionale in cui pare esserci più bisogno del beneficio. Tra le principali città del Nord per richiesta
di integrazione al reddito, come è emerso sin dall'inizio dell'operazione, in primavera, Trieste e Gorizia
guidano la classifica dell'incidenza delle domande accolte nelle rispettive province rispetto alla popolazione
residente. Il capoluogo Fvg, sommando anche la pensione di cittadinanza, ha messo in fila 3.206 pratiche
andate a buon fine, vale a dire 15,7 ogni 1.000 residenti. Gorizia, con 521 domande accolte tra Rdc e Pdc, è
poco sotto con 15,2. L'ultimo aggiornamento dell'Osservatorio statistico dell'Inps, la fotografia di fine luglio,
diffonde i dati comunali. È così possibile rilevare come sia molto diversa la mappa del sostegno del governo
gialloverde tra centro e periferia. In provincia di Trieste (3.377 domande accolte, incidenza 14,4) il secondo
comune è Muggia, con un valore 8 (104 assegni su 13 mila residenti) che è sostanzialmente la metà di
quello del capoluogo. Segue Duino Aurisina con incidenza 5 e poi ancora più in giù Monrupino (3,5), San
Dorligo (3,1) e Sgonico (1,9). Pure in provincia di Gorizia (1.419 domande accolte, 10,2 ogni 1.000 residenti),
i comuni con dati più alti sono generalmente quelli più popolosi. Alle spalle del capoluogo si collocano
Monfalcone (350 domande accolte, incidenza 12,3) e Cormons (12,1). Fa eccezione Medea (968 abitanti)
che con 11 domande accolte ha un'incidenza di 11,4. Tutti gli altri comuni, con Ronchi a 8,5, Grado a 6,9 e
Staranzano a 4,5, stanno sotto la media della provincia, con valori particolarmente bassi a San Floriano
(3,9), Savogna (3,6), Doberdò del Lago (2,9) e Capriva (2,3). Il governo, all'intertempo del primo
quadrimestre, commenta intanto positivamente i numeri del Paese. Pagella «assolutamente positiva», dice
il sottosegretario per il Lavoro e le Politiche sociali Claudio Cominardi a proposito delle prime 900 mila
domande accolte e dei 3 milioni di persone che hanno trovato aiuto e sostegno contro la povertà,
«esattamente ciò che speravamo». I beneficiati? «Piccoli imprenditori, artigiani e commercianti duramente
colpiti dalla crisi, studenti in cerca di lavoro, disoccupati, ma anche pensionati costretti a lungo a campare
con pensioni minime sotto la soglia di povertà», sostiene Cominardi assicurando inoltre che entro qualche
settimana i Comuni potranno far sottoscrivere il "Patto per il lavoro" «a moltissimi beneficiari di Rdc, che, in
attesa di un lavoro e di un percorso di formazione garantito attraverso la rete dei centri per l'impiego,
potranno prestare dalle 8 alle 16 ore di volontariato. Non dimentichiamo che lo strumento è concepito per
riavvicinare il lavoro e il mondo produttivo, grazie a un sistema di incentivi sia per l'autoimprenditorialità,
sia per le aziende che assumono chi riceve il sostegno al reddito». A guidare la classifica delle città che
hanno ricevuto il maggior numero di risposte positive c'è Napoli, con 36.399 domande accolte, a seguire
Roma con 32.905 e Palermo con 26.114. Non sono invece ancora disponibili i dati comunali sull'importo
degli assegni. In Fvg la media è di 365,6 euro (405 per il Rdc e 174,5 per la Pdc), 123 euro meno della media
italiana. Nella classifica delle regioni (in Campania l'importo più alto, 557,8 euro, in Sicilia 537,8, in Puglia
503,7), il Fvg sta davanti al solo Trentino Alto Adige (358,7 euro). L'assegno più alto in provincia di
Pordenone, quasi 380 euro, quello più basso in provincia di Gorizia, 358,7 euro, con Trieste a 360,2.

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Allarme conti in rosso per la sanità, pesa il costo di medicine e personale (M. Veneto)
Elena Del Giudice - La cifra esatta è, al momento, un segreto ben custodito. La certezza resta: la sanità del
Friuli Venezia Giulia è in profondo rosso. Il primo report, chiuso a giugno, proietta una perdita a fine anno di
alcune decine di milioni di euro. Quanti lo si saprà la prossima settimana, visto che alle Aziende è stato
concesso uno slittamento al 12 agosto per l'approvazione dei report. Opzione che Cro e Arcs non hanno
colto (le uniche due a chiudere in attivo) Oggi si vocifera di 100 milioni, ma pare siano meno, attorno ai 60.
Un importo comunque inferiore a quello "ereditato" dalla giunta Fedriga per l'esercizio 2018. Ma sempre
perdita è. Nonostante le maggiori risorse stanziate prima dall'esecutivo Serracchiani, e il corposo
versamento successivo da parte dell'attuale assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, e dal presidente
Massimiliano Fedriga. La domanda è, dunque, conseguente: perchè? le vociLe maggiori voci di costo, quelle
che fanno sballare i bilanci, sono sempre le stesse: spesa farmaceutica e spesa per il personale. La prima
trainata dai medicinali ad alto costo, in primis quelli oncologici (ma non solo), la seconda per le
indicizzazioni ed anche i recenti aumenti contrattuali. Mantenere il controllo su questi fattori, però, è
difficile. Sui farmaci occorrerebbe, oltre che agire sulla appropriatezza e sul consumo consapevole di
medicinali, valutare l'efficacia di molecole che - in oncologia è già provato - a fronte di costi elevatissimi
quasi nulla aggiungono alla qualità della vita del pazienti, né ne prolungano l'esistenza. Ma questa è una
valutazione che prescinde le decisioni di un reparto, e persino di una regione. Sul secondo aspetto, quello
del personale, difficile pensare di tagliare gli stipendi e altrettanto ipotizzare di rinunciare alle
assunzioni.rimediInvocata da tempo ma mai realizzata neanche in Fvg, una vera ricognizione dei fabbisogni
di personale che tenga conto, in modo puntuale, delle necessità di reparti e servizi. Un tentativo è stato la
classificazione dei reparti su bassa, media e alta intensità di cura, applicato alle medicine, ma non si è
andati oltre. C'era stato un tentativo alla fine della precedente legislatura regionale (c'è un documento che
è stato oggetto di un primo confronto con le organizzazioni sindacali del comparto) rimasto però lettera
morta e probabilmente accantonato in un cassetto.
Ora l'attenzione si sposta sulla seconda parte della riforma sanitaria a cui sta lavorando l'assessore Riccardi.
La prima parte ha riguardato la governance, con la ridefinizione dei perimetri delle Aziende, e la loro
riduzione a tre, più l'Arcs e i due Irccs, Burlo Garofalo e Cro, che diventerà operativa il prossimo anno.
L'operazione di semplificazione dovrebbe riverberare effetti anche sul personale, eliminando duplicazioni -
iniziando dagli apparati amministrativi - e razionalizzando. Risultati immediati non ne darà perché,
diversamente da un'azienda privata, la sanità regionale non utilizza ammortizzatori sociali né avvia
procedure di licenziamento collettivo per ridurre gli organici, ma in prospettiva sì.lo chocDichiarazioni
Riccardi oggi non ne fa, ma si dice che da tempo sostenga la necessità, per il sistema sanitario regionale, di
uno sano "choc". In sostanza una "scrollata" in grado di rimettere in moto energie forse sopite. In che
modo? Beh la scelta dei futuro manager è senz'altro un modo. Magari partendo dai ruoli chiave, come la
direzione centrale oppure l'Arcs. Oggi che si libera un posto, quello di Zavattaro, potrebbe presentarsi
l'occasione per compiere la prima di una serie di celte di "rottura" con il passato. Senza peraltro toccare la
direzione centrale, appena nominata. La seconda occasione arriverà con le nomine dei direttori generali
chiamati a sostituire i commissari che attualmente hanno in gestione le Aziende. Il bando per la raccolta
delle candidature è stato pubblicato, a breve l'elenco sarà completato, e tra i "papabili" saranno individuati
i nuovi dg. Resta da capire se saranno tutti nuovi - nel solco di quella voglia di rinnovamento che Riccardi
persegue -, o se ci sarà qualche conferma. Per i direttori sanitari e amministrativi il Fvg non ha avviato il
bando per la creazione di un altro elenco ad hoc. L'idea è quella di lasciare ai direttori generali la scelta sui
propri collaboratori. Ma vale la pena aggiungere una postilla: se i manager non risulteranno iscritti in
elenchi di altre Regioni, non potranno essere nominati.Alla fine del ragionamento, si torna all'inizio. La
prima sfida sarà sempre quella dei conti... in pareggio.
Sale la spesa farmaceutica pubblica, esborso di 200 euro per cittadino
Il Friuli è tra le aree meno virtuose e fanalino di coda al Nord, anche per le terapie oncologiche. Nel 2018
staccate quasi 10 ricette pro capite, dai neonati agli anziani, poco sotto il dato nazionale (testo non
disponibile)
Sulla specialistica "caro ticket". In Fvg 15,5 euro più della media
testo non disponibile

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La sanità perde il regista. Il guru dell'Azienda zero lascia dopo sette mesi (Piccolo)
Diego D'Amelio - È stata pensata come il cervello della nuova sanità regionale ma, a poco più di sette mesi
dalla sua creazione, la cosiddetta Azienda zero rimane decapitata proprio mentre la giunta è alle prese con
un ennesimo e ancora non quantificato buco nei conti. Francesco Nicola Zavattaro presto non sarà più
commissario straordinario dell'Azienda regionale di coordinamento per la salute: il manager pubblico è
stato infatti nominato alla direzione dell'Azienda sanitaria di Chieti. Succede solo due mesi dopo l'annuncio,
poi ritirato, di un suo trasloco in Calabria e dopo le rassicurazioni di rito da parte del vicepresidente
Riccardo Riccardi sul fatto che aver partecipato al concorso per un ritorno in Abruzzo rientrasse nel
comportamento degli alti funzionari della sanità, che si iscrivono a tutti i bandi di selezione per lasciarsi
aperta ogni opzione. Ma Zavattaro evidentemente faceva sul serio. La sua designazione è stata ufficializzata
da una nota della Regione Abruzzo, che dava conto della decisione del presidente Marco Marsilio di
indicarlo direttore della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti. Nativo di Pescara, il commissario dell'Arcs farà ritorno
in Abruzzo, dopo aver lasciato proprio Chieti nel 2015 dopo vibranti scontri con la giunta di centrosinistra.
Da lì era passato all'Agenzia regionale emergenza urgenza della Lombardia per trasferirsi infine in Friuli
Venezia Giulia. Zavattaro era stato nominato dalla giunta Fedriga grazie al curriculum di docente della
Bocconi e organizzatore del sistema 112 lombardo, di cui si sperava di vedere la riedizione in regione dopo i
disservizi riscontrati. Al commissario era stato domandato poi di mettere a posto i conti della sanità: a più
riprese è stato proprio Riccardi a spiegare che la gestione accentrata della spesa da parte del «fulcro del
sistema» avrebbe permesso un controllo più efficace rispetto a una dinamica di aumento costante, che
sembra riconfermarsi nel 2019. Ma a quanto pare Zavattaro se ne andrà prima di metterci mano, né risulta
giunto al dunque il riassetto del 112. All'assessorato tengono la bocca cucita, in attesa che l'annuncio della
giunta abruzzese si trasformi in una delibera formale. La stampa locale descrive peraltro l'ultimo giro di
nomine deciso da Marsilio come un passo a sorpresa destinato a provocare polemiche nella maggioranza,
dove la Lega è inquieta. Forse in Fvg sperano che tutto salti all'ultimo ma l'uscita di scena di Zavattaro, pure
lui in religioso silenzio da mesi, non fa dormire sonni tranquilli a Fedriga e Riccardi, colti di sorpresa dalla
decisione del commissario e nemmeno preavvisati da Marsilio, esponente di Fratelli d'Italia che non ha
ritenuto di avvertire i colleghi di centrodestra dello "scippo" che stava per compiersi ai loro danni.
Risalgono intanto a pochi giorni fa le indiscrezioni su un possibile nuovo rosso di bilancio che a fine anno
potrebbe toccare 80-90 milioni. Né è stato gradito il passaggio del vicecommissario dell'Arcs Paolo Cannas
in Sardegna solo alcune settimane fa. Poco prima era stato Zavattaro al centro del possibile trasferimento
in Calabria. Nel giro di dirigenti rientra ora anche il nome del veneto Domenico Mantoan: il potente
direttore centrale della Sanità veneta era a un passo dalla nomina in Sardegna, ma ora pare indirizzato
verso il Fvg. La rivelazione non ha ricevuto smentite dalla Regione, con il presidente Fedriga intenzionato
probabilmente a designare il potente ras della sanità di Luca Zaia alla Direzione centrale al posto del
neonominato Stefano Dorbolò. Scelta quest'ultima non si sa quanto concordata con Riccardi, visto che
Dorbolò ha davanti a sé tre anni di contratto ma che potrebbe essere chiamato a fare spazio all'influente
Mantoan, ormai poco gradito a una parte del Carroccio veneto. Chissà che Dorbolò non venga trasferito
proprio all'Azienda Zero: si capirà tutto a ottobre, quando la giunta nominerà i direttori dopo la fase
commissariale, attraverso una procedura concorsuale partita da settimane. E proprio l'incertezza della
situazione potrebbe spiegare la scelta di Zavattaro così come le tentazioni di trasloco da più parti attribuite
all'ex direttore centrale e ora direttore del Cro di Aviano Adriano Marcolongo, mentre dalla giunta si
continua a parlare di Paolo Bordon come possibile direttore dell'Arcs in caso di rientro da Trento. Le
opposizioni incalzano la giunta. Per il dem Cristiano Shaurli, «Zavattaro fa le valigie. È in atto una grande
fuga molto preoccupante per funzionalità e reputazione del nostro sistema. L'Azienda Zero doveva avere la
regia del sistema e il controllo dei conti: dopo dieci mesi dal varo della cosiddetta riforma Riccardi-Fedriga, i
vertici hanno abbandonato l'ente». Il consigliere Pd Nicola Conficoni sottolinea nel contempo «gli
allarmanti dati sui bilanci delle Aziende, che sarebbero in negativo nonostante la corposa iniezione di
risorse regionali», cui si aggiunge «la bastonata della Corte dei Conti che ha certificato l'assenza di qualsiasi
portata migliorativa della legge del centrodestra». Critiche piovono anche dal M5s: per Andrea Ussai,
«Zavattaro sarebbe dovuto essere il super manager bocconiano che veniva in regione per sistemare la
sanità. Invece abbiamo assistito a un lungo valzer sulla sua partenza: avevamo salutato con favore la nascita
dell'Arcs, ma è arrivato il momento di renderla effettivamente operativa».
Trasloco dell'Icgeb a Cattinara. Scatta l'intesa bipartisan (testo non disponibile)

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In crisi il big dei salumi, chiesto il concordato (M. Veneto)
Luana de Francisco - Il marchio è storico e prestigioso, nel settore agroalimentare. Ma i destini
dell'economia, dopo la spaventosa crisi del 2008, sono stati duri per tutti e chi ce l'ha fatta ed è rimasto sul
mercato ha dovuto affrontare poi la non meno ardua concorrenza della grande distribuzione. Ecco perché,
tra alti e bassi di bilancio, il "Salumificio Dentesano srl" di Percoto di Pavia di Udine ha finito per accumulare
debiti sufficienti a parlare di «tensione finanziaria» e a suggerire la strada giudiziaria come strategia d'uscita
dall'impasse pregressa e garanzia di salvezza per l'attività futura.L'auspicata soluzione è contenuta nella
richiesta di concordato prenotativo depositata in questi giorni al tribunale di Udine. Spetterà al giudice
incaricato di esaminare il fascicolo decidere se ammettere la domanda e concedere così una chances
decisiva ai titolari, congelando le posizioni debitorie, in attesa dell'attuazione del piano che sarà proposto
per sanarle, e scommettendo così sulla continuità diretta dell'attività produttiva e commerciale dei suoi due
stabilimenti.«L'iniziativa - spiega in una nota l'azienda - è stata assunta dopo un'approfondita analisi delle
ragioni che hanno provocato una situazione di tensione finanziaria in cui la società versa da qualche tempo
e della possibilità di superamento della crisi attraverso azioni industriali e commerciali mirate». I debiti, così
come rendicontati al tribunale attraverso l'elenco dei creditori, ammontano a circa 2,5 milioni di euro. La
documentazione evidenzia nel contempo anche voci attive del patrimonio pari a circa 8,5
milioni.Un'altalena giustificata da una serie di «fattori di criticità» che i fratelli Paolo e Federico Dentesano
confidano di raddrizzare attraverso metodi capaci da un lato di «rafforzare le politiche commerciali» e,
dall'altro, d'«individuare nuove aree d'azione». Nella «ferma volontà di proseguire l'attività in via diretta»,
cioè «senza ricorrere a forme contrattuali di affitto o di cessione» e «garantendo ai creditori la maggiore
soddisfazione possibile».E se è vero che non più tardi di un paio di settimane fa i carabinieri del Nas di
Udine avevano fatto visita al salumificio, nell'ambito di un'attività investigativa che ipotizza nei confronti
dei titolari il reato di frode in commercio e presunte irregolarità di natura amministrativa, anche questo
non è considerato motivo di preoccupazione. «Tali accertamenti - assicura l'azienda - non hanno
compromesso la capacità produttiva dell'azienda».La predisposizione della domanda di concordato in
bianco è stata affidata agli avvocati Maurizio Borra, di Vicenza, e Maurizio Conti, di Udine. I dettagli tecnici
saranno illustrati nella proposta e nel relativo piano che l'azienda redigerà avvalendosi della consulenza del
commercialista Alberto Dalla Libera, di Padova, quale advisor finanziario, e con attestazione a cura del
commercialista di Udine, Enrico Cicconetti. Il presidente del tribunale ha assegnato il procedimento al
giudice Andrea Zuliani per la valutazione preliminare sull'ammissibilità dell'istanza e, in caso di via libera
alla procedura, per la successiva nomina del commissario che dovrà vigilare sull'operato dell'azienda.Una
scelta coraggiosa e meditata quella dei fratelli Dentesano, convinti di potere e dovere tentare il tutto per
tutto per tenere in piedi l'attività, ben sapendo che la legge consente di "congelare" le difficoltà e, quindi,
anche eventuali istanze di fallimento di creditori, a fronte di un impegno di sviluppo concreto e realizzabile.
Nelle more della valutazione della domanda di concordato e del deposito della documentazione necessaria
a sostanziarla, il Salumificio Dentesano proseguirà quindi «senza interruzioni la propria attività, avendo
mantenuto pressoché intatti i livelli occupazionali - sottolinea la nota - e potendo contare sull'impegno
costante della famiglia, personalmente investita di ruoli e di responsabilità nella sua conduzione».

Confronto Roberti-Rsu sul comparto unico (Piccolo)
«La Regione deve tornare a essere un ente di programmazione e legislazione, devolvendo quanto più
possibile le funzioni gestionali al territorio, e quindi agli enti locali, al fine di valorizzare le specificità e
tutelare l'autonomia decisionale delle singole comunità». È questo l'obiettivo sottolineato dall'assessore
alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, durante l'incontro avuto ieri con i sindacati del Comparto Unico e
le Rsu della Regione. Una prima riunione conoscitiva, tenutasi a pochi giorni dall'insediamento di Roberti ai
vertici della Funzione Pubblica e del Personale.Una prospettiva che, secondo Roberti, «non può prescindere
dal dialogo con i rappresentanti dei lavoratori, il cui contributo è necessario per sostenere
l'amministrazione regionale nell'individuazione di potenziali ostacoli e di soluzioni in questo articolato e
ambizioso percorso di riforma». L'assessore ha poi chiesto a Rsu e sindacati di illustrare le criticità legate al
Comparto Unico Fvg, rimarcando, al termine degli interventi, «la volontà della giunta di mantenere vivo il
confronto con le parti sociali, riconoscendo a esse il ruolo di interlocutori essenziali della Regione nella
definizione delle politiche di sviluppo del territorio». Per entrare nello specifico dei numerosi argomenti
affrontati preliminarmente nella riunione di oggi, il tavolo si riunirà nuovamente a settembre.

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Pressing su Unindustria: torni indietro (M. Veneto)
Elena Del Giudice - «Siano gli industriali del Friuli Venezia Giulia a decidere che cosa fare». L'invito a
convocare un'assemblea generale degli imprenditori aderenti a Confindustria lasciando a loro la decisione
sulla regionalizzazione, arriva da Franco di Fonzo, imprenditore, titolare della Frag, presidente del Cluster
arredo-sistema casa regionale e capogruppo del legno, mobile e sedia di Confindustria Udine. Di Fonzo si
dichiara «stupito» da quella che definisce una «fuga in avanti di Pordenone e Venezia Giulia. «Sono stupito
- sottolinea - perché questo strappo non è stato né cercato, né voluto da Confindustria Udine. Nel corso
della nostra recente assemblea straordinaria dedicata al tema della regionalizzazione, infatti, gli
imprenditori associati hanno ribadito con una sola voce il fatto che considerano necessaria un'unica
Confindustria del Fvg. Un'unica Confindustria regionale - precisa di Fonzo -, ma basata su delle regole e
inoltre libera da condizionamenti di natura politica, perché non sono quelli che devono far parte dello
spirito dell'associazione. Non sono certo quelli che devono orientarne il percorso». E conclude con la
proposta di una consultazione generale degli imprenditori. Lo strappo confindustriale continua, dunque, a
tenere banco e a sollecitare interventi che provengono sia dal mondo imprenditoriale che da quello
politico. Anche dai toni caustici, come quello di Ferruccio Saro, ex esponente Psi e oggi coordinatore
regionale di Progetto Fvg, che parla espressamente di «disgregazione sul piano sociale, politico ed
economico della Regione Fvg. Sono venuti meno - dichiara - quegli assetti politici istituzionali e sociali
formati dopo l'istituzione della Regione con l'attribuzione di ruoli specifici a Trieste, capoluogo e sede delle
istituzioni regionali e Udine centro politico regionale, con un rapporto privilegiato con l'area del
pordenonese che valse la costituzione della provincia stessa. Questi accordi sono saltati da anni - è l'analisi
di Saro - oggi regna il massimo disordine, alimentato da competitività personali che prevalgono sulle scelte
di buon senso politico». «L'idea che Udine voglia un'egemonia su Pordenone cresciuta negli ultimi tempi è
un falso problema, perché oggi Udine non è in grado di svolgere un ruolo di egemonia, né economica, né
politica, si è molto indebolita e non svolge più quel ruolo di centralità che aveva in altri tempi». Visto che
tornare indietro non è possibile, secondo Saro «Udine deve avere un ruolo aggregante». Mentre l'area
pordenonese non può opporsi sempre «a ogni ipotesi di disegno unitario: polo logistico regionale unico,
polo fieristico unico, sistema a rete dei centri di innovazione e oggi Confindustria». Al presidente di
Unindustria Pordenone, Michelangelo Agrusti, Saro manda a dire che «deve superare i personalismi e l'idea
di una supremazia di Pordenone che non porta da nessuna parte se non ad aumentare i conflitti. Gli ricordo
che la battaglia per la creazione della Camera di Commercio di Udine e Pordenone se non ci fosse stato
l'aiuto di Udine e la ricerca di un equo compromesso, sarebbe finita con un'emarginazione del
pordenonese». Infine l'auspicio che le «tre Confindustria della Regione si mettano attorno a un tavolo e
trovino una visione unitaria sul loro futuro, fondamentale per tentare la ripresa economica della nostra
regione». A stretto giro la replica di Michelangelo Agrusti: «Prendo atto che il partito di Saro si è iscritto a
Confindustria. Sulle altre argomentazioni - prosegue il presidente degli industriali pordenonesi - sarà mia
cura rappresentare una narrazione un po'diversa nei prossimi giorni. Ci tengo invece a chiarire che non è in
atto nessuna battaglia per emarginare Udine che, al pari degli altri territori, deve avere la forza e la dignità
derivante dalla sua storia e dalla storia di questa regione e dei grandi uomini che ha espresso in passato. Al
pari gli altri territori hanno il diritto di esprimere la propria necessità di esistere e di avere le proprie
istituzioni». Per Matteo Di Giusto, presidente dei Giovani imprenditori del Fvg, c'è un modo per guardare in
positivo alla Confindustria Alto Adriatico: vederla «come un primo passo necessario per arrivare poi, in
tempi ragionevolmente rapidi alla Confindustria unica del Fvg, e quindi anche con la fondamentale
presenza di Udine. Credo - prosegue - che sia importante non alimentare uno scontro ma bensì un
progressivo inevitabile avvicinamento di tutte le territoriali, forse in tempi leggermente diversi, ma
necessario per il bene della nostra splendida regione e dei nostri associati».

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CRONACHE LOCALI

Esodo dall'istruzione e concorso in ritardo: così le segreterie sono alle paralisi (M. Veneto Ud e Pn)
Chiara Benotti - Non bastava la carenza di presidi. A essere annunciata nelle segreterie delle scuole del
Friuli Venezia Giulia è anche un'emergenza organici 2019-2020: 62 istituti su 171, in regione, non hanno il
direttore dei servizi generali amministrativi titolare, carica contrassegnata dalla sigla Dsga. I posti vacanti
dei direttori sono, quanto a ripartizione fra province, 23 a Pordenone, 20 a Udine, 14 a Trieste e 5 a Gorizia.
L'Ufficio scolastico regionale ha dunque aperto la caccia ai reggenti Dsga per le nomine, previste il primo
settembre. «Per la copertura dei posti vacanti e disponibili di direttore dei servizi generali e amministrativi
per l'anno scolastico 2019/2020 - hanno dichiarato in via Santi Martiri a Trieste a proposito della selezione
in oggetto - le domande di reggenza vanno presentate entro lunedì prossimo, 12 agosto». i disserviziA
Pordenone si sono fatti avanti nove candidati reggenti: le altre scuole, invece, sono di fatto prove di
soluzione. Lo scorso anno scolastico alcuni direttori dei servizi generali amministrativi sono stati nominati in
reggenza da scuole del sud Italia, per esempio da Taranto all'Itis Kennedy di Pordenone. «Senza Dsga - ha
anticipato l'effetto di tale problema Adriano Zonta, vertice sindacale regionale della Flc-Cgil - non si
possono assumere supplenti, pagare i fornitori e provvedere ad altre mansioni fondamentali per il
funzionamento della macchina scolastica. L'apparato amministrativo è destinato a incepparsi, anche se
verranno assunti 66 nuovi capi di istituto in Fvg».
«Il primo settembre sarà emergenza agli sportelli amministrativi nelle scuole statali - ha anticipato Adriano
Zonta, sindacalista regionale della Flc-Cgil -. A Udine, Pordenone, Trieste e Gorizia sono 62 le segreterie
prive di dirigente. Mancheranno pure gli applicati in alcuni istituti e il concorso per assumere Dsga andrà a
slittare al 2020-2021. Non tutti i posti liberi saranno occupati fra un anno». I "tagli" progressivi sugli organici
delle scuole hanno ridotto anche gli assistenti allo sportello. Nel 2018-2019 molte segreterie hanno vissuto
il rischio paralisi: il concorso per reclutare Dsga è stato bandito dopo vent'anni e le graduatorie dei precari
sono esaurite. L'appello nazionale dell'Ufficio scolastico del Fvg era stato lanciato undici mesi fa e aveva
intercettato un paio di disponibilità nel Sud. «Gli amministrativi di ruolo non hanno obbligo di accettare gli
incarichi di reggenza sui posti vacanti dei direttori - ha chiarito Zonta -. Si annuncia una situazione
drammatica nel 2019-2020, che potrebbe mettere a rischio il pagamento di stipendi».
Le segreterie scolastiche sono state svuotate dai pensionamenti nel biennio 2018-2019, tanto che un anno
fa, per coprire i posti degli applicati, sono stati utilizzati tanti bidelli di ruolo e diplomati. «Il primo
settembre 2019 si faranno i conti sull'emergenza nelle segreterie» prevede a livello nazionale il sindacato
dei dirigenti Anp. La pattuglia di amministrativi, bidelli e tecnici nell'organico dell'istruzione friulana non
basta: le risorse sono a dieta da almeno quattro anni. Tra i casi di sottorganico ci sono gli istituti
comprensivi di Prata, Cordovado, Aviano. «Un centinaio di bidelli è stato transitato nelle segreterie nel
2018 per colmare i vuoti degli assistenti - ha confermato Flc-Cgil -. Per loro serve, però, formazione». La
stima sindacale: servono altri 150 bidelli, 50 assistenti amministrativi e 25 tecnici nelle scuole friulane.

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Raffica di episodi di violenza in città, il Comune vorrebbe l'esercito in strada (M. Veneto Udine)
Alessandro Cesare - L'escalation di fatti di cronaca verificatasi nell'ultimo periodo ha indotto il Comune di
Udine a correre ai ripari. Tre rapine, due delle quali a mano armata, un accoltellamento, furti ed episodi di
violenza stanno facendo crescere l'apprensione tra i cittadini, convincendo l'amministrazione Fontanini ad
alzare la guardia. Anche perché l'opposizione incalza, visto che la sicurezza è da sempre uno dei temi più
cari del centrodestra e della Lega in particolare. Per questo l'assessore Alessandro Ciani ha convocato un
gruppo ristretto di consiglieri per discutere delle misure da adottare nel breve e medio periodo. E tra le
proposte emerse, c'è anche quella di schierare l'esercito nelle zone più calde di Udine per scoraggiare
possibili episodi criminali. Ciani ci va cauto, ma non la esclude come possibilità: «Sono arrivate alcune
proposte puntuali che andranno discusse insieme a questore e prefetto, che sono i depositari dell'ordine
pubblico in città - ha chiarito Ciani -. L'impiego o meno dell'esercito è un tema delicato che non può essere
oggetto di speculazioni o di boutade. In questo momento non mi sento di escludere alcuna ipotesi. Ne
parleremo con chi ogni giorno è sulle strade ed è deputato a garantire la sicurezza dei cittadini».Fare
ricorso ai militari appare come una soluzione percorribile ma non nell'immediato, visto che il Comune,
contando sul supporto delle forze dell'ordine, è convinto di poter migliorare le cose, puntando
sull'incremento degli agenti della polizia locale (12 quelli assunti entro la fine dell'anno) e con l'impiego dei
vigilantes privati.Al vertice, oltre al "blocco" della Lega, hanno preso parte i rappresentanti delle altre forze
di maggioranza, compreso Progetto Fvg, rappresentato dal capogruppo Antonio Falcone. È stato proprio
quest'ultimo a parlare di esercito: «Ci sono alcune zone della città, vedi Borgo Stazione, dove la
popolazione ha perso ogni speranza e si sente abbandonata. Credo che l'impiego dell'esercito, seppur non
risolva tutti i problemi, possa essere un valido deterrente per chi delinque. Bisogna far capire che a Udine ci
sono delle regole da rispettare». A entrare nel merito delle azioni da adottare nell'immediato è ancora
Ciani: «Come prima cosa abbiamo chiesto al prefetto di convocare un comitato per l'ordine e la sicurezza
pubblica per fare il punto della situazione e trovare, insieme, ulteriori soluzioni alle criticità emerse nelle
ultime settimane».Per il capogruppo di Fdi, Luca Vidoni, «il problema sicurezza non può risolversi in breve
tempo, ma necessita di un progetto organico». Sull'ipotesi esercito si è espresso così: «Si tratta di una
soluzione percorribile, ma va valutata con attenzione. Nell'immediato pensiamo all'impiego dei nuovi vigili
e all'aumento dei controlli nelle zone calde».Chi si è dichiarato al fianco dell'assessore Ciani è il capogruppo
di Ar Marco Valentini, che ha puntato il dito contro il centrosinistra: «Se la città si trova in questa situazione
la colpa è di chi c'era nella scorsa legislatura, che ha fallito sia in termini di integrazione che di accoglienza».
Questo il commento del capogruppo di Fi Giovanni Barillari: «Coordiniamoci con il prefetto e i
rappresentanti delle forze ordine per capire se c'è qualche ulteriore azione che il Comune può compiere
oltre a quelle senza precedenti già indicate dal dinamico assessore Ciani». Tra le proposte emerse, c'è
quella avanzata da Antonio Pittioni (Lega) di istituire una commissione consiliare permanente sulla
sicurezza.

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«La fiera del lavoro si farà. La Regione mette i fondi» (M. Veneto Udine)
«La fiera Alig si farà e la Regione sta cercando il modo di sostenerla: desidereremmo infatti essere al fianco
di un appuntamento importante e apprezzato e siamo disponibili a contribuire a sanare una situazione, ma
esigiamo chiarezza». Lo assicura l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen puntualizzando che la
direzione regionale è quotidianamente in contatto con l'organizzatore di Alig e ribadendo che «da mesi si
sta cercando correggere errori altrui e sarebbe ora che ciò fosse riconosciuto». «Leggere certe dichiarazioni
- commenta Rosolen - lascia perplessi. Si tratta di una telenovela che, giorno dopo giorno, regala nuovi
spunti, appelli accorati, testimonianze toccanti».«Negli anni scorsi - spiega l'assessore - Alig riceveva un
contributo partecipando ad un avviso della direzione Cultura; per ragioni che non riguardano l'assessorato,
quest'anno la richiesta di Alig non è risultata tra quelle finanziate. Gli organizzatori, nel prenderne atto,
hanno quindi virato sulla direzione Lavoro, che in passato è sempre intervenuta in modo proattivo e
convinto nella gestione dell'evento, ma senza oneri di carattere finanziario. Visto che la Regione non è
un'associazione di volontariato, le cose devono essere fatte nel modo corretto. Quindi, mi permetto di
evidenziare come l'errore, se di errore si tratta, a monte non è in alcune maniera imputabile alla Regione:
siamo felici di collaborare per risolvere la situazione, ma esigiamo chiarezza». «Confermo che l'assessore
Rosolen in un incontro avuto a maggio aveva espresso il desiderio di sostenere l'iniziativa - aggiunge il
professor Marco Sartor -. A valle di questo incontro, tuttavia, non era stata avanzata alcuna proposta
concreta, nonostante l'avvicinarsi dell'iniziativa e nonostante alcune chiamate agli uffici preposti. Più
recentemente, le iniziative sostenute nell'assestamento di bilancio non ci hanno visto menzionati. Questo
ha rinforzato in molti la sensazione che la Regione non considerasse l'iniziativa prioritaria o degna di
adeguato supporto».«Da alcuni giorni - aggiunge Sartor - sono in corso dei contatti con la direzione centrale
Lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università della Regione.
Assieme al dirigente e all'assessore Rosolen stiamo identificando una strada per sostenere la Fiera del
Lavoro. Siamo soddisfatti di questo interesse che l'assessorato sta dimostrando e siamo assolutamente
fiduciosi che si possa trovare una soluzione».«Come presidente dell'associazione Alig vorrei rimarcare che
organizziamo da 16 anni un evento che nel tempo è stata sostenuto da politici di partiti diversi. Essendo
una realtà senza alcun orientamento politico, ha lavorato sempre proficuamente con tutti. La Fiera del
Lavoro Fvg organizzata da Alig è un'iniziativa unica nel suo genere. È aperta agli studenti e ai laureati
dell'intera regione (le iniziative organizzate dagli Atenei sono principalmente rivolte solo ai propri allievi). È
partecipata da tutte le Associazioni Industriali regionali e da Confartigianato».E mentre l'assessore Rosolen
mette in moto la macchina regionale, in Comune il consigliere Federico Pirone, di Progetto Innovare tira per
la giacchetta il sindaco: «Si faccia sentire in Regione o, in alternativa, sostenga le spese di questa edizione
affinché non venga meno un importante appuntamento per l'economia, il lavoro e la formazione di questa
nostra regione».«Auspico - continua Pirone - che la Regione, come dice l'assessore Rosolen, sostenga
l'evento e ci aspettiamo che valorizzi ulteriormente questo appuntamento come punto di riferimento a
livello regionale, all'interno di una strategia complessiva dedicata al lavoro. Alla Regione non chiediamo
carità o elemosina, ma un concreto atto di giustizia e di attenzione politica verso un'iniziativa che nel corso
degli anni, con i fatti, ha saputo aiutare questo territorio a crescere da un punto di vista economico e
sociale».

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Da un anno i lavori sulla Udine-Cividale: disagi per i pendolari (M. Veneto Udine)
Lucia Aviani - Servizio ferroviario della Fuc sotto la lente, in consiglio comunale, dove il gruppo del Partito
democratico ha esternato i propri timori sulla situazione venutasi a creare con la forzata riduzione a 50
chilometri all'ora della velocità massima consentita ai treni Udine-Cividale fino al completamento dei
necessari lavori di adeguamento e messa in sicurezza della linea. Le rassicurazioni fornite dall'assessore
Flavio Pesante, il quale ha confermato che l'intervento - partito all'incirca un anno fa e finanziato con un
importo di 8 milioni di euro - sta procedendo regolarmente, come da programmi, non sono bastate a fugare
i dubbi e le preoccupazioni della forza politica, che ha posto l'accento sulle ripercussioni di una situazione
che si protrae ormai da parecchio tempo.«I pendolari, sia studenti che lavoratori, che utilizzano
quotidianamente la tratta - rimarca il capogruppo Massimo Martina, primo firmatario di un'interrogazione
sottoscritta anche dalla collega Paola Strazzolini e dai consiglieri Fabio Cumini, dei Cittadini per Massimo
Martina sindaco, e Domenico Pinto, della lista Rinascita - stanno subendo forti disagi, sia per l'aumento dei
tempi di percorrenza che per le conseguenti modifiche apportate agli orari. Prendiamo atto di quanto
comunicatoci in sede assembleare dall'assessore Pesante, ma le nostre perplessità restano: sullo stato di
avanzamento delle attività nessuno sa nulla di preciso. Il consiglio non è mai stato informato nei dettagli,
per esempio con un incontro tecnico sul cronoprogramma delle attività in itinere. Finiranno davvero entro il
mese di ottobre, come da previsioni iniziali? Da notizie ufficiose, e ribadisco ufficiose, parrebbe che le cose
stiano diversamente. Quand'anche, peraltro, i termini venissero rispettati, non dimentichiamoci che alla
conclusione di un'opera deve seguire il collaudo, che comporta tempi tecnici a volte lunghi. Confidiamo di
ricevere un chiarimento di dettaglio sull'effettivo stato di avanzamento dei cantieri, per capire se davvero,
come annunciato, con l'autunno la linea ferroviaria Udine-Cividale potrà tornare a funzionare
regolarmente, senza la grave penalizzazione della velocità ridotta».

Ospedale, Riccardi incontra i dipendenti. Martines: «Solo promesse» (M. Veneto Udine)
Monica del Mondo - Ha parlato della «necessità di rinnovare un sistema fermo a 25 anni fa» e di
«aumentare l'attrattività» nei confronti dei troppi pazienti che scelgono altre strutture sanitarie, in regione
e fuori, valorizzando e specializzando gli ospedali spoke. L'assessore regionale Riccardo Riccardi, martedì, a
Palmanova, ha incontrato i dipendenti dell'ospedale, alla presenza dei commissari dell'azienda udinese
Giuseppe Tonutti, dell'azienda sanitaria 2 Antonio Poggiana e della vicedirettrice centrale alla salute Gianna
Zamaro. Il vicepresidente ha spiegato quali saranno i cardini attorno ai quali ruoterà la revisione del sistema
sanitario regionale, ribandendo che non vi sarà alcuna chiusura del nosocomio della città stellata. «Negli
ultimi tre anni - ha detto Riccardi - c'è stato un calo dell'attrattività del 10 per cento e un aumento della
fuga verso strutture private accreditate fuori regione pari a 30 punti percentuali. Questi sono numeri sui
quali diventa obbligatorio intervenire». La revisione intende ripartire dal modello esistente, dando funzioni
diverse alle strutture hub e spoke. «Queste ultime - ha spiegato - non devono entrare in concorrenza tra
loro ma specializzarsi per avere maggiore operatività nella chirurgia programmata, sgravandosi dalle
emergenze che devono invece essere spostate verso gli hub. Questo è uno tra i nodi principali sul quale
lavorare». Non era presente all'incontro il sindaco Francesco Martines, che commenta le dichiarazioni
dell'assessore pubblicate sul sito della Regione: «Mi aspettavo che Riccardi spiegasse come intende
organizzare il tanto promesso "super ospedale" e quante risorse intende metterci. Invece, non è emersa
alcuna novità rispetto a quanto da due mesi sta promettendo». Martines esprime le proprie perplessità:
«Non vedo tutta questa efficienza nella gestione Riccardi. Finora, le uniche due cose fatte sono il
commissariamento delle aziende e la riapertura del punto nascita di Latisana. Mi aspettavo di leggere quali
saranno le prospettive di crescita e quali le compensazioni per il nostro ospedale scippato di un punto
nascita considerato d'eccellenza in regione».

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Sanità, vertice Aas 5-sindacati. «Mancano troppi infermieri» (M. Veneto Pordenone)
Donatella Schettin - iIl giudizio della Cgil è negativo, la Cisl lo sospende, ma entrambi concordano su una
cosa: le assunzioni di infermieri messe sul piatto ieri dalla Aas 5 in un incontro sono insufficienti a far fronte
alla situazione di carenza in certi reparti. È stato proposto un tavolo per stabilire gli standard di
personale.l'incontroUna riunione che era stata richiesta alcune settimane fa dai sindacati e doveva chiarire
una serie di aspetti a partire dall'assunzione di personale infermieristico, con una cinquantina di posti da
coprire subito secondo la Cgil. Il commissario Eugenio Possamai (al tavolo anche il vicecommissario con
delega alla direzione sanitaria Giuseppe Sclippa) ha affermato di mettersi a disposizione dei sindacati per
raccogliere le loro istanze e suggerimenti. Ha anche ribadito il suo impegno per garantire i servizi, pur
dovendo rimanere dentro i vincoli del bilancio. Un incontro dal clima cordiale, ma dall'esito non positivo
per i rappresentanti dei lavoratori.
L'azienda ha annunciato risorse per assumere 30 infermieri, 20 ospedalieri e 10 sul territorio.
Contestualmente a queste assunzioni non saranno rinnovati i contatti per 10 interinali «portando il loro
numero effettivo - afferma Pierluigi Benvenuto della Cgil - a 20. Questo davanti a un fabbisogno dichiarato
dalle responsabili di dipartimento di 50 unità. La risposta è insoddisfacente e deludente». Carlo Gerometta
della Cisl concorda che «le assunzioni che ci hanno presentato sono poche rispetto alle necessità.I TEMPILa
graduatoria del personale infermieristico a tempo determinato è disponibile: «Ci hanno detto che la
utilizzeranno il prima possibile - prosegue l'esponente della Cgil -, ma con i tempi tecnici credo che
andremo a settembre/ottobre e per chiamare 20 persone, senza nessun tipo di certezza per i servizi sospesi
o ridimensionati nel periodo estivo. Le aree di sofferenza dell'ospedale come i reparti di medicina, le dialisi
e l'area chirurgica rimangono tali e quali, non vediamo nessun miglioramento» sottolinea.
Altra questione su cui i sindacati si aspettavano una risposta è se sia applicato o meno il taglio dell'1 per
cento della spesa del personale sanitario. L'Aas 5 non ha ancora pubblicato il bilancio infrannuale, cosa
fatta invece dal Cro, da cui si evince questo dato sulla spesa. «A oggi - prosegue Pierluigi Benvenuto della
Cgil - non abbiamo avuto una risposta». E la critica va alla Regione: «Quando hanno fatto il decreto Calabria
(che ha tolto il vincolo per le regioni ordinarie, mentre il dubbio rimane per quelle autonome, ndr) ci sono
stati due fatti gravi: il modo in cui è stato scritto quel decreto e a livello regionale la responsabilità è di chi
non ha vigilato. Se tu ritieni che sia fondamentale dovevi presidiarlo». Incertezza confermata anche dalla
Cisl: Gerometta osserva che «non sappiamo ancora se sia stato applicato o meno».
Approvata la proposta per il calcolo del fabbisogno del personale. Al tavolo Sclippa ha ricordato il risultato
di un gruppo di lavoro tecnico, realizzato nella precedente amministrazione regionale, che aveva stabilito lo
standard di personale per i reparti. Lavoro che non è mai stato recepito dalla giunta regionale, ma buona
linea di partenza per un gruppo di lavoro aziendale che metta nero su bianco personale e necessità: «È un
metodo che condividiamo - sottolinea Gerometta - perché parte da dati oggettivi. Ci potrebbe essere un
reparto che ha meno personale del necessario, ma anche qualcuno che ne ha in più e questo studio
consentirebbe di riequilibrare i numeri».IL GIUDIZIOUn incontro a cui la Cgil da parere negativo : «Se questo
è l'andamento del commissariamento dell'azienda sanitaria e dobbiamo arrivare a fine anno, sono molto
preoccupato» conclude Pierluigi Benvenuto. Sospende il giudizio invece la Cisl che, pur rilevando
l'insufficiente risposta sula questione personale, ha deciso di mettersi ad aspettare per vedere sviluppi. Per
ora, però, è tutto rinviato a settembre, dopo le ferie, sia un eventuale tavolo tecnico per stabilire il
fabbisogno o eventuali iniziative delle organizzazioni sindacali per sensibilizzare i cittadini sui problemi della
sanità del pordenonese.

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Ciriani, parte l'opazione secondo mandato (M. Veneto Pordenone)
Antonio Bacci - Chi lo ama sorriderà, chi lo odia si rassegni: Alessandro Ciriani non ha alcuna intenzione di
farsi da parte o puntare ad altri lidi politici nella primavera del 2021. «Non sono il tipo che va a schiacciare
bottoni in Regione o in Parlamento, con tutto il rispetto per queste sedi istituzionali e per chi ricopre questi
incarichi prestigiosi. Sono totalmente immerso in questa città, che amo. Ormai non leggo più nemmeno i
resoconti e gli approfondimenti politici, che pure mi appassionano. Ci sono tanti cantieri aperti, per non
perdere i finanziamenti a disposizione, ma non si può fare tutto in un mandato. Il prossimo, il secondo, sarà
quello della raccolta dei frutti e della ricerca di nuovi risultati».Via ai lavori per il Ciriani-bis, dunque. Ma
cominciamo dai numerosi cantieri di oggi. Di quale è più orgoglioso e quale, invece, è andato storto?«Sa di
quale sono orgoglioso? Di uno che deve ancora partire». Ma come? La città è tutta uno scavo...«Sì, parlo di
uno dei cavalli di battaglia della prima campagna elettorale, quello di piazza della Motta, sito a forte
valenza identitaria, vero salotto cittadino dal punto di vista storico, ora ridotto ad agglomerato desolante. A
settembre sarà consegnato l'appalto, che riguarderà anche la riqualificazione dell'ex biblioteca. Il
parcheggio sotterraneo inizialmente previsto, invece, non si potrà più fare, quel treno ormai è stato perso».
Non che i cittadini fossero innamorati dell'idea.«Infatti. Recupereremo alcuni dei posti auto sacrificati, dai
20 ai 30, magari in quel piccolo nuovo polmone per la sosta in viale Dante. La piazza verrà bellissima, non
solo punto di vista urbanistico. Potrà essere vissuta fino in fondo: gli spazi nel convento di San Francesco
andranno alle associazioni culturali, all'ex biblioteca un bando stabilirà quali scuole di musica entreranno
non solo di pomeriggio ma anche al mattino e la sera. I lavori riguarderanno anche piazza Ospedale
Vecchio, via Donatore, via Roma e via Pescheria».Quando sarà ultimato, questo piccolo paradiso?«Il
termine dei lavori è previsto per fine 2020. Parliamo di cambiamenti strutturali, non di asfaltature
elettorali».Resta da scegliere il cantiere "nero" anche se, almeno in teoria, ci sono pochi dubbi.«Via
Cappuccini? Certo. Ma mi prima mi faccia finire con quelli di cui sono orgoglioso: riguardano gli investimenti
nelle scuole e sono meno visibili, se non dai cittadini che portano i figli in asilo o nei diversi istituti. Il cambio
di passo, rispetto alla precedente amministrazione, è stato nettissimo. Nel 2015-2016 gli investimenti
ammontavano a meno di un milione, nel 2019 a 7,5, al netto della nuova Lozer, della IV Novembre e di via
Mantegna. Milioni di euro quasi triplicati, ma di cui si parla poco».Di via Cappuccini, invece, si continua a
parlare eccome.«Quando un'impresa è complicata ci sono due strade: rinunciare o avere coraggio. Quelli di
prima non sono intervenuti perchè non hanno avuto coraggio. Era un cantiere difficile, occorreva portare
sottoservizi, lavori non visibili. Sarebbe stato cinico e furbo asfaltare e basta. Invece mettere la fibra sotto il
manto stradale, occuparsi della rete fognaria.... Alla fine, quando i dettagli saranno completati, con verde,
illuminazione e finiture, si dirà che abbiamo fatto bene. Stiamo anche controllando via Piave, perchè
quando lavori nel sottosuolo è sempre potenzialmente un problema. Vigiliamo, anche se sinora non ci sono
stati guai. L'unica certezza è che l'amministrazione Pedrotti ci ha messo 4 milioni, noi 11».Sempre a
proposito di cantieri, le piacciono quei disegni bianchi sul porfido di via Mazzini?«A me molto, ma non solo
a me. Abbiamo presentato il progetto prima, lo hanno visto tutti, negli incontri pubblici. Quei disegni
bianchi rappresentano una vecchia pianta di via Mazzini. Secondo me è bellissima, ma i lavori devono
ancora essere completati. Ci sarà una seconda parte che arriverò fino alla Banca d'Italia. Il cantiere non è
chiuso, così come non lo sono quelli di corso Vittorio Emanuele, via Damiani e via de Paoli».Facciamo un
gioco. Piovono soldi e si sblocca il nodo della proprietà privata. Dipendesse da lei, come immaginerebbe la
riconversione dell'ex cotonificio Amman?«Con lo sviluppo dell'area universitaria e magari la struttura per
canoe e kayak che da tempo ci suggerisce il campione olimpico di Londra Daniele Molmenti. Ambiente,
cultura e sport: l'ideale. Oltre al fatto che un minimo di attività ricettiva residenziale ci starebbe,
compatibilmente con i vincoli territoriali legati alle aree esondabili».Oltre a canoa e kayak, in questi giorni si
parla di pallone e del Pordenone calcio in B da esiliato a Udine. A che punto siamo col nuovo stadio?«Con le
parti interessate ci siamo lasciati con l'idea di ritrovarci a settembre. Tutti quanti stiamo continuando a
muoverci. Ognuno di noi incontra potenziali investitori interessati. A fine autunno, però, bisogna chiudere
la pratica e decidere la via da prendere. Tutto pubblico, tutto privato o metà pubblico e metà privato.
Sull'arena per i concerti possiamo ragionare, in quel luogo come altrove. E quando dico tutto privato voglio
dire che il Comune non rinuncia a garantire sottoservizi, parcheggi e opere accessorie. Ci sono movimenti e
trattative. Dobbiamo capire cosa vuol fare il Pordenone. Se davvero uno stadio in legno o uno tradizionale.
E poi quale sarà il terreno. Se sarà pubblico occorrerà indire gare e avviare le procedure del caso. Se,
invece, fosse privato la strada diventerebbe più agevole».Dallo sport al sociale. Cosa le chiede, perlopiù, la

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gente che la viene a trovare? Come se la passano i pordenonesi?«Le richieste spaziano dai problemi sociali
ai progetti e alle proposte. Da un lato c'è l'aspetto della sofferenza, di chi arranca e fa fatica. Ci si accorge
che accanto a chi si gode una città bella, accogliente e pulita c'è una parte di persone che soffrono e
vengono aiutate con tutti gli strumenti del caso. Non abbiamo gente per strada e che si rifornisce nei
cassonetti, ma situazioni di marginalità sì. Persone senza lavoro, casi di depressione, figli che devono
andare a scuola e non ce la fanno. Bussano alla porta del sindaco, anche se si rendono conto di aver
bisogno dei servizi sociali. Poi c'è chi viene a illustrare proposte, iniziative, l'emblema della parte creativa
della città».E il suo futuro sarà creativo? Punta al secondo mandato o magari le sirene di Regione e
Parlamento si fanno sentire?«In questo momento tutta la mia attenzione è rivolta all'amministrazione.
Pordenone mi assorbe in modo totalizzante e le cose non cambieranno. Tra due anni chiederò nuovamente
piena fiducia ai cittadini, per realizzare ciò che adesso stiamo progettando. Io sono concreto e operativo,
l'ho detto. Non punto a schiacciare bottoni in Regione o all'interno di Camera o Senato, con tutto il rispetto
per queste istituzioni e per chi vi lavora, a tutti i livelli. Ho grande nostalgia del ruolo della Provincia perchè
da presidente avevo una visuale a 360 gradi sul nostro territorio e sto cercando di riproporre questa
mentalità anche da sindaco del capoluogo».Un secondo mandato per ottenere quali risultati?«La riforma
del trasporto pubblico locale, per esempio. Va rivisto. Il blocco del comparto a livello regionale, oggi sub
iudice, paralizza tutto. Difficile che in un anno e mezzo, entro la fine di questa legislatura, si riesca a
ribaltare la mobilità. Mi piacerebbe farlo nel secondo mandato. Dai quartieri all'università che si sviluppa, ai
collegamenti con le scuole».E gli assessori? Giunta che ha vinto non si cambia?«Tutti quanti hanno aderito
a un progetto complicato. C'è chi marcia con passo più spedito e chi ha più incertezze ma mi piace lo spirito
di squadra. Questa giunta è un organismo di discussione anche fuori dal palazzo, anche di fronte a una
pizza. La composizione della prossima, però, dipenderà molto dai risultati elettorali».Anche perchè non
tutti gli assessori hanno lasciato il lavoro, come da sua richiesta a inizio mandato, per dedicarsi a tempo
pieno alla città.«La Boltin ora l'abbiamo a tempo pieno, l'unico che ha mantenuto il lavoro come prima è
stato Tropeano ed è stato un bene per l'ospedale e per la città. Loperfido? Non è più dipendente, è passato
a partita Iva, ora è più spesso in Comune».A proposito di Tropeano e di cultura, lo vogliamo fare questo sito
sulla grande mostra del Pordenone? Mancano due mesi e già per l'esposizione si dovranno dribblare i
cantieri. Che almeno si sappia che c'è, no?«Nella foga di andare a recuperare le opere e allestire la mostra,
la parte comunicativa ha accumulato ritardo. Ma recupereremo. Da settembre la comunicazione sarà
capillare, ne ho già parlato con l'assessore. Però accetto le critiche ma mi venga anche riconosciuto
qualcosa, in questo come in altri settori. Abbiamo ereditato solo macerie...».Critiche, parola magica.
Soprattutto sui social, lei è un sindaco che divide. O con lei o contro di lei per partito preso, un po' come
accade con Salvini. Si fa fatica a discutere sui singoli temi, le singole scelte. I clan fagocitano. Condivide
l'analisi?«In realtà assisto solo al risveglio di chi è stato in silenzio, accucciato, di fronte alla precedente
amministrazione. Io non ho mai cambiato atteggiamento, è la schiuma della sinistra che emerge con
volgarità e cattiveria. Ora si è svegliata, prima andava tutto bene, cantava la ninna nanna alla precedente
amministrazione. Forse dà fastidio che dopo tre lustri non ci sia la stessa amministrazione, ma se questi
sono i loro metodi, la loro misura e il loro stile, non credo che andranno lontani».Beh, i social sono anche
pieni di Ciriani boys. Dei "giù le mani dal sindaco", a prescindere. La pattuglia è folta, se ne sarà
accorto...«Io mi limito a pubblicare sulle mie pagine Facebook, non intervengo su quelle degli altri. Più di
così non so cosa fare. Se poi si vanno a contare i like si vede il peso di ciascuno nel dibattito. È la regola dei
social».Per quella dei voti, ripassare nel 2021, a primavera. Il cantiere, anche questo, è già stato aperto.

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