PORTA ROMANA - Beekon Event
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PORTA ROMANA Principale porta di accesso al paese. È caratterizzata da una torre di forma quadrilatera in peperino con un arco lavorato a bugnato, munita di bertesche e feritoie e, in alto, di elementi strutturali ag- gettanti scanalati di sostegno alla merlatura. La porta ha il fronte interno vuoto e coperto superiormente da una volta a botte. Nel passato l’ingresso al paese doveva avvenire attraverso un ponte levatoio, come lascia immaginare il fossato che separa le mura dal terreno circostante, ora riempito nella zona attigua all’entrata. L’ultimo intervento di restauro conosciuto risale al 1625 come risulta in cifre romane sui conci alla base dell’arco MDCXXV. Quest’ultimo è sormontato dallo stemma della città di Roma con le lettere S. P. Q. R. La porta è denominata anche come porta Superiore in riferimento alla sua posizione rispetto a l’altra porta intitolata alla Madonna della Neve, più interna e attinente alla prima cinta muraria. La controfacciata della torre è caratterizzata da tre livelli: quello della porta d’accesso con l’arco a tutto sesto, un secondo livel- lo caratterizzato da una specchiatura con al centro un’icona della Vergine entro un edicola, e il terzo livello, col fronte interno vuoto, volta a botte e bertesca, dal quale, attraverso una scala, si rag- giunge l’ultimo livello. Una scalinata laterale permette l’accesso al primo livello, caratterizzato da un ballatoio con ringhiera, dal quale, attraverso una porta, si può raggiungere la parte più alta della torre. L’icona della Vergine è incassata in un’edicola dalle semplici colonne in peperino, sormontate da un timpano circola- re con al centro lo stemma mariano. Nella parte bassa un piccolo altare inscritto nell’edicola è sormontato da una targa in peperino con gli angoli allungati, sulla quale sono incise le parole MATER PIETATIS 1769. Sopra l’immagine della Vergine in alto, racchiusi in una riquadratura, sono due tondi, uno dei quali svolge la funzione di finestra, allineati alla porta di accesso e alla quadratura.
Lo stemma di Vitorchiano raffigura una torre merlata sormontata da una corona, un ramo di quercia ed uno di alloro e le lettere S.P.Q. R., (in osse- quio alla sua devozione a Roma). La torre è il simbolo del paese, della città. La quercia è il simbolo della forza e l’alloro il simbolo della virtù, del valo- re, del trionfo, della vittoria. La corona civica è il simbolo di autorità, di onore, di prestigio. Le lettere S.P.Q.R. signifi- cano “il Senato e il popoloromano”.
MURA CASTELLANE Le mura, erette a difesa del borgo, si estendono per 250 m per tre lati, hanno un’altezza oscillante tra i 10-12 m, sono intra- mezzate da torri quadrilatere del XIV sec. e delimitate ad est e ad ovest da due torrioni rotondi. Le torri e la porta di accesso alla città hanno il fronte interno aperto e sono in tutto sei, di- sposte simmetricamente, tre per parte, rispetto alla torre cen- trale. In questa torre si apre la principale porta d’accesso: Porta Romana. La cinta muraria, con merli alla ghibellina, è provvista di barbacani e feritoie. Le mura castellane sono state realizzate in peperino grigio, estratto da antiche cave e dallo scavo dei fossati. Il loro primo restauro avvenuto nel 1217 fu voluto dal Senato Romano, ma, alcuni anni dopo, Vitorchiano fu completamente distrutta. Il tracciato della seconda cinta fu eseguito nel 1233, con un’altezza inferiore all’attuale. Si pensa che la sopraelevazione sia avvenuta nella seconda metà del XIV secolo, periodo in cui si cominciò a diffondere l’uso delle armi da fuoco. La costruzione dei bastioni rotondi avvenne alla metà del XV secolo, mentre nel 1625 fu eseguito il portale bugnato di Porta Romana. Il genio civile tra 1959 e il 1962 ne mise a punto il piano di consolidamento.
CHIESA DELLA SS. TRINITÀ La chiesa fu eretta tra il 1476 e il 1479; la consacrazione avviene nel 1553. Nel 1707 la chiesa fu intitolata a S. Amanzio, a seguito del trasporto del corpo del martire da Roma alla cittadina altolaziale. Costruita in peperino, ha la facciata a capanna con al centro un rosone invetriato e istoriato, nel quale in maniera stilizzata è pos- sibile individuare la Vergine che schiaccia il serpente. Accanto è il portale di ingresso di quella che prima era la chie- sa di San Carlo, nella quale si radunavano i confratelli della Pia Associazione San Carlo, e che fu inglobata dall’attuale chiesa della Trinità. Sull’architrave è possibile leggere infatti l’iscrizio- ne: SOCIET SAN CAROLI. L’interno è costituito da un unico ambiente ad eccezione della piccola navata laterale sinistra, che è il risultato dell’inglobamento nell’edificio della chiesa di San Carlo. La copertura è a capriate con profondo presbiterio rialzato che presenta in alto una finestra ovale, con l’arco di ingresso messo in evidenza da conci in pietra. Sulla parete destra è una nicchia affrescata da Valentino Pica nel 1514. Intorno alla nicchia un’edicola, realizzata a trompe-l’oeil, con paraste ornate da capitelli a foglie larghe ed architrave con de- corazioni classicheggianti, è sormontata dalla figura del Giovanni Battista sotto un baldacchino, sorretto da angeli stanti su nubi, le cui tende sono sostenute da due angeli reggi cortina. Al centro della nicchia, entro un’aula con colonnato che sfonda la parete creando profondità, è rappresentata l’Annunciazione. La scena è inscritta entro un’arcata realizzata a trompe l’oeil che presenta l’in- tradosso e i pennacchi decorati da motivi classici. Al centro è la Vergine in preghiera davanti ad un leggio di fronte alla quale è sceso l’Arcangelo Gabriele. In alto una schiera di cherubini tra le nuvole assiste alla scena, mentre discende sul capo della Madre di Cristo la colomba dello Spirito Santo. In profondità un paesaggio con vegetazione.
E’ l’unica opera finora identificata di Valentino Pica, appartenente ad una generazione di pittori di cui nulla si conosce se non notizie di documenti. Di cultura vicino all’Avaranzano, questo affresco si pone come estremo esempio provinciale della scuola viterbese. Nella seconda nicchia della parete destra è una tela raffigurante la Morte di San Giuseppe, ascrivibile alla fine del XVIII e attribui- bile alla scuola di Domenico Corvi, attribuzione basata soprattut- to nello studio del colore, e dei cambiamenti che questo subisce nel corso delle esperienze del pittore. I toni sono spenti ma si ha una conseguente accentuazione dei valori plastico statuari delle figure. La scena vede al centro il corpo disteso di San Giuseppe con al lato destro la Vergine e a quello sinistro Gesù che sta bene- dicendo il padre putativo, sulla cui testa si libra la Colomba dello Spirito Santo. Nella terza nicchia della parete destra è custodita una tela raffigu- rante la Madonna in trono col Bambino e Santi, del 1560, come attesta la data riportata sul cartiglio. La Vergine in trono, incoro- nata da angeli, è circondata dalle Sante Barbara, Caterina d’Ales- sandria, Margherita e la Maddalena, mentre in basso, in ginoc- chio, sono San Francesco e Santa Chiara. Ai piedi della Vergine è un’iscrizione latina: BEATE VIRGINI/ DIV// BARBARE MARGAR// CATHERINE ET MG// DICATUM MDLX. L’opera è caratterizzata dall’utilizzo di pochi colori principali, come il rosso, il nero e il gial- lo, con tonalità molto scure. In condizioni non ottimali, ha subito tagli sia nella parte alta che nella parte bassa. Il quadro risulta ri- fatto nella parte inferiore; infatti anche lo stile delle due figure di Santi inginocchiati sembrano posteriori di almeno un secolo, ed assomigliano a quelle stesse della tela della Madonna con Bambi- no in trono nell’Auditorium Comunale. Sulla parete destra emergente, è il quadro della Vergine Imma- colata raffigurata con la veste bianca, il mantello azzurro e il capo circondato da una corona di stelle. È in piedi sulla sfera terrestre
mentre schiaccia il serpente; alle sue spalle, la mezzaluna che spri- giona un’aura di luce. Addossata alla parete di fondo è invece collocata la statua della Madonna Addolorata con abiti neri, le mani incrociate e con volto disperato. In alto è collocato il Crocifisso del XVI sec di ambito viterbese, in legno e a grandezza naturale, sormontato a sua volta da una testa di putto applicata alla parete di fondo del presbite- rio, del XVII sec in peperino di scuola viterbese. Ha le classiche caratteristiche delle immagini infantili molto usate nel Seicento, soprattutto nelle decorazioni, in funzione riempitiva. Sulla sinistra è collocata la statua del Sacro Cuore di Gesù con le braccia aperte, sulle cui mani sono visibili le stimmate. Al centro del petto è il cuore raggiato d’oro. Adiacente alla parete sinistra della navata centrale, è la statua della Madonna del Rosario con in braccio il Bambino, di fattura moderna, collocata su un piedistallo blu con bordi e decorazioni dorate. Sulla sinistra in alto, è invece un affresco raffigurante la Madonna con Bambino, ascrivibile alla fine del XVI inizi XVII sec., di ambito viterbese. Questo affresco pare sia stato asportato da un’altra chiesa e collocato nell’attuale sede, dopo aver operato un rifacimento della parete. I lineamenti della Madonna richiamano quelli di Santa Agnese dipinta sulla porta d’ingresso dell’Audito- rium comunale. L’affresco è in cattivo stato di conservazione tanto che alcune zone di colore sono cadute e sono visibili le incisio- ni dei contorni, eseguite per il disegno preparatorio, precedente all’applicazione del colore. Oltre gli archi a tutto sesto che delimitano la navata laterale della chiesa, è posta la statua di S. Rita da Cascia, di moderna fattura, collocata su un piedistallo in peperino su cui è scritto il suo nome. La Santa, in abiti monacali, tiene tra le mani il crocifisso, che guar- da intensamente, e ha il capo circondato dall’aureola.
Addossato alla parete corta della navata, è l’altare a edicola dedi- cato a San Michele Arcangelo, costituito da due colonne di finto marmo rosso con rilievi di rami di rose che sostengono un timpano spezzato, al centro del quale è una specchiatura con il simbolo Eu- caristico, sorretta da volute laterali. In basso due putti sorreggono un cartiglio a volute. In alto è una lunetta modanata che presenta al centro un volto di cherubino. La mensa è decorata molto sem- plicemente con specchiature di marmi diversi. Al centro dell’altare è collocata la tela raffigurante S. Michele Arcangelo che uccide il drago con una gestualità teatrale, copia dello stesso soggetto re- alizzata da Guido Reni nella chiesa dei Cappuccini a Roma. Lungo la parete lunga è invece un urna reliquario in legno dorato, con fondo di velluto rosso, ascrivibile al XVII sec, realizzato e fir- mato da Keayter Federico, che contiene le reliquie di Sant’Aman- zio. Il corpo del santo è disteso di lato su un cuscino, con la testa appoggiata su una mano, mentre nell’altra tiene la palma della re- surrezione. Indossa abiti regali, rosso e oro, e ha la testa coronata da una ghirlanda di fiori. Davanti a lui una spada distesa e l’urna di vetro contenente le reliquie. In alto, esternamente, in lettere di stoffa dorate è la scritta CORPUS S. AMANTIIM. Due angeli, a grandezza naturale, che assumono posizioni differenti con grande apertura d’ali, sostengono la grande urna, i cui spigoli sono defi- niti da grandi volute, molto articolate e ridondanti, sulla cui som- mità hanno origine delle cornucopie. La copertura dell’urna è an- cora rialzata rispetto a queste ultime e decorata con alta cornice con festoni e al di sopra ancora volute riunite sotto una corona. Il sostegno in basso, scolpito in un unico pezzo vuole rappresentare nubi su cui si affacciano dei cherubini. L’ultimo elemento rilevante all’interno della chiesa è l’acquasan- tiera in peperino che presenta le stesse fattezze del fonte battesi- male, ascrivibile al XVI sec di ambito viterbese.
CASA DEL RABBINO Ad oggi adibito ad abitazione privata, l’edificio nacque proba- bilmente proprio con questa connotazione. Le caratteristiche architettoniche di pregio e di alta qualità proprie dell’architet- tura nobiliare del XIII – XIV secolo, inquadrano anche la casa del Rabbino come uno dei monumenti più caratteristici del bor- go di Vitorchiano. È proprio la residenza nella casa nel lontano periodo rinascimentale di un rabbino, che ha fatto nascere in tempi moderni l’appellativo di casa del Rabbino. In Via Ugolini,28, all’altezza di Via delle Cordonate, su una sca- linata, è edificata la casa. Oltrepassata la scalinata si accede ad un piccolo terrazzino realizzato completamente in peperino, costituito da grossi blocchi di pietra e sorretto da tre semplici contrafforti. Una moderna ringhiera metallica delimita tutta la scalinata sulla sinistra e protegge i due lati del balcone. Sulla destra del balcone è visibile l’ingresso della casa preceduto da stipiti in peperino con architrave inciso con un medaglione col simbolo eucaristico, caratterizzato dal sole raggiato con al cen- tro la croce affiancata da simboli dell’alfa e dell’omega. Lungo Via delle Cordonate, prosegue la facciata nord dell’e- dificio caratterizzata da possenti pilastri in peperino, decorati in alto da cornici scanalate, che sorreggono la terrazza tramite due arcate e due contrafforti posti su ogni pilastro. Altri piccoli pilastri più in alto sostengono la balconata in peperino. All’al- tezza della prima arcata sono visibili una panchina in pietra e una finestra posta al livello del piano di calpestio. La ricerca documentaria e soprattutto il carteggio dei notarili di Vitorchiano speriamo portino in un prossimo futuro a poter delineare le vicende storiche dello sviluppo dell’intero edificio.
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