La questione delle lettere di cambio nel sec.XVII presso la Regia Dogana di Puglia
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La questione delle lettere di cambio nel sec.XVII presso la Regia Dogana di Puglia di Michele De Cesare Le origini della cambiale1, nella forma del contratto di cambio prima e in quella della lettera di cambio (la cosiddetta tratta) poi, risalgono ai secoli XII-XIII. Nel contratto di cambio il debitore si obbligava a restituire al creditore o a un suo rappresentante, di persona o mediante un proprio rappresentante, la somma ricevuta nella medesima specie monetaria o in una diversa, ma sempre in un luogo diverso. La lettera di cambio, invece, era una dichiarazione con la quale il debitore ordinava o invitava un suo rappresentante o corrispondente (trattario) di pagare al creditore (prenditore) la somma dal primo ricevuta in cambio 2. I soggetti, quindi, che comparivano nelle lettere di cambio erano quattro: il traente o emittente, cioè colui che ordinava il pagamento; il trattario, cioè colui al quale veniva ordinato il pagamento; il beneficiario, colui che doveva ricevere il pagamento; ed infine il numerante o remittente, che aveva versato al traente la valuta. Facciamo un esempio pratico: una persona, dovendo effettuare pagamenti fuori piazza ed eliminare i rischi inerenti al trasporto di grosse quantità di denaro, depositava nelle mani di un banchiere o di un mercante della propria città la somma dovuta in moneta locale; a sua volta quest'ultimo ordinava per iscritto ad un'altra persona di altra città, col quale intratteneva rapporti d'affari di pagare al ____________ 1 - Per la storia in generale della cambiale, ci rifacciamo a G. CASSANDRO, Cambiale (storia), in ENCICLOPEDIA DEL DIRITTO, vol. V, Milano, 1959, pp. 827 - 838; e, dello stesso, Vicende storiche della lettera di cambio, in "BOLLETTINO STORICO DEL BANCO DI NAPOLI", IX-XII, 10- 16. 2 - E’ controverso se il pagherò cambiario o vaglia cambiario o cambiale propria, derivi direttamente dall'originario contratto di cambio, oppure dalla lettera di cambio, da quando, cioè, fu possibile che l'emittente, al posto di ordinare ad altri di pagare, obbligasse se stesso, ferma restando la differenza dei luoghi. Sembra, per il Cassandro, che quest'ultima ipotesi sia preferibile. 151
creditore una somma, in moneta di quella piazza o di altra, corrispondente a quella depositata dal primo datore. Infine la girata, che cominciò a comparire verso gli inizi del XV secolo 3 ma che si sviluppò ai primi del secolo XVII, agevolò moltissimo la circolazione ed il volume degli affari una sola lettera di cambio rendeva possibile l'estinzione di diversi debiti. Le lettere di cambio, infine, venivano liquidate nelle piazze e nelle fiere tramite un delicato meccanismo di compensazioni: gli importi di specie diversa venivano ragguagliati in riferimento ad una moneta fittizia di mero conteggio costituita appositamente. Il tutto sempre sotto la spada di Damocle della censura per usura delle leggi canoniche. Un modo controverso di pagamento di una lettera di cambio, causa di liti fra mercanti e di lunghe controversie giuridiche, era la girata in banco, l'iscrizione, cioè, nei libri di un banco della somma del cambio a favore del beneficiario: sembra che l'effetto liberatorio dell'iscrizione non fosse riconosciuto in tutte le città (nel Regno di Napoli era riconosciuto). Ovviamente i problemi nascevano nel caso che la lettera di cambio non fosse stata accettata oppure, se accettata, non fosse stata pagata: bisognava sollevare a quel punto la “protestatio” (il protesto); una obbligazione questa che riguardava innanzitutto il trattario stesso. Il protesto era largamente usato nel corso del XIV secolo, ma il primo documento di cui abbiamo notizia è del 1413 ed è contenuto in un registro del notaio Giuliano Canella di Genova4. Esso era volto in primo luogo a precisare il tasso ufficiale dei cambi al momento dell'inadempimento, in modo che fosse certo il tasso al quale il beneficiario o il trattario o l'onorante che volesse accettare e pagare sub protestatione erano legittimati a trarre sopra l'emittente, cioè a “fare recambio”, come si soleva dire. Nel Regno di Napoli la materia delle lettere di cambio era stata regolata da una serie di prammatiche, raggruppate sotto il titolo De Literis cambii, seu tesseris collybisticis et apochis banci5. La prima fu emanata il 14 maggio 1565 e nacque dall'esigenza di porre delle regole alla prassi, ormai consolidata, nella materia dei cambi: vennero determinati il giorno, il martedì di ogni settimana, e le modalità di pagamento e riscossione; le ____________ 3 - Sembra che la prima lettera di cambio di cui si ha notizia che contenga una girata, sia stata emessa il 5 febbraio 1410, ed è contenuta nell'archivio Datini di Prato. 4 - A. ARCANGELI, Svolgimento storico dell'intervento cambiario, Milano, 1912. 5 - L. GIUSTINIANI, Nuova collezione delle prammatiche del Regno di Napoli, tomo VII, Napoli, 1804, titolo CLXIII, pp. 85 - 122. 152
regole per porre un freno agli abusi riguardanti le accettazioni, il protesto e le esecuzioni delle lettere di cambio; consacrato il titolo esecutivo di queste (cosa pacifica anche negli altri paesi), la cosiddetta “esecuzione parata”, alle lettere accettate dal principale oppure da persona che legittimamente avesse la potestà di obbligare il principale stesso, e alle lettere ritornate con protesto nel Regno. Circa quarant'anni dopo, il 30 giugno 1607, venne emanata un'altra prammatica volta a porre un freno agli eccessivi ed esorbitanti prezzi a cui avvenivano i cambi, con gravi danni per i mercanti e per lo stato stesso: furono, cosi, inderogabilmente stabilite le cifre dei cambi rispetto alle varie fiere6. Dopo pochi mesi, però, l'8 novembre dello stesso anno, fu emanata un'altra prammatica con la quale si sospendeva per un anno esatto la precedente, prorogata di sei mesi prima e poi a tempo indeterminato con la prammatica del 31 maggio 1609, per poter procedere facilmente alla contrattazione per il pagamento, sulle varie piazze, delle grosse quantità di grano necessarie al sostentamento della città di Napoli. Si passò, così, dal sistema dei prezzi fissi, a quello, tipico delle borse, dei prezzi fluttuanti; cioè dei prezzi da stabilirsi di volta in volta, da parte dei sei Deputati nominati ogni tre mesi, in base alle diverse piazze d'Italia: in pratica, alla mattina del giorno designato, il giovedì di ogni settimana, ricevute tutte le lettere di cambio, si procedeva alla determinazione del prezzo. Molto importante per la storia delle lettere di cambio nel Regno di Napoli, fu la prammatica V del 9 giugno 1617. Questa, oltre a determinare tassativamente le modalità ed i termini di pagamento, l'accettazione, il protesto e l'esecuzione delle lettere di cambio, in modo da provvedere al disordine che si era venuto a creare per il mancato, dovuto rigore in materia, stabili inderogabilmente che la competenza esclusiva, nelle questioni dei cambi, fosse del Regio Collateral Consiglio e del suo delegato, il Commissario per gli affari di cambio. Questo tribunale aveva prevalentemente funzioni legislative: doveva assistere, consigliare ed anche controllare il vicerè, il quale, a sua volta, doveva obbligatoriamente sentirne il parere. Era competente, inoltre, in materia fiscale, poteva avocare a sè le cause di qualsiasi altro tribunale (fossero esse decise o meno), e, nel campo della giustizia, il suo compito fu esteso alla disamina delle suppli- ____________ 6 - Per esempio, fino a quel momento nel Regno, per avere uno scudo d'oro di marche fiera di Piacenza, bisognava pagare fino a grana 152, questa prammatica fissò, invece, il prezzo tassativo di 130 grana. 153
che e delle domande di grazia e di revisione. Si adiva in forma di supplica. Carlo di Borbone, nell'intento di riformare le istituzioni, lo abolì sostituendolo con la Real Camera di Santa Chiara che rilevò quasi tutte le competenze del Collaterale. Questo nuovo tribunale, però, non ebbe vita lunga: dopo Carlo, infatti, sotto Ferdinando, venne a svolgere solo funzioni molto modeste in campo giudiziario ed amministrativo7. Le prammatiche che furono emanate fino alla fine del 1600 (11 luglio 1618, maggio 1622, 27 luglio 1632, 16 maggio e 27 settembre 1648, 17 ottobre 1686, 4 gennaio e 31 maggio 1690), erano tutte volte a regolare le modalità di pagamento e riscossione delle lettere di cambio: le monete con le quali potevano essere effettuati i pagamenti, i prezzi per ogni piazza ai quali i cambi potevano avvenire, ed infine i divieti, sanciti dalla prammatica emanata il 4 gennaio 1690, di introdurre nuove forme di lettere di cambio e di ammettere nel Regno quelle, di qualsiasi altra piazza o fiera, che contenessero girate. Testimonianze, questi continui interventi, dell'esigenza di sopprimere, o almeno limitare, le continue spinte autonomistiche della pratica quotidiana, a scapito del buon andamento comune. Alfonso d'Aragona aveva istituito, con la prammatica del 1 agosto 1447, la Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia, la struttura che caratterizzò la vita economica, politica e sociale del Tavoliere delle Puglie fino agli inizi del 1800. Essa nasceva dall'esigenza di regolamentare, in favore del fisco, l'antico costume, risalente ai tempi dei romani, di portare, durante la stagione invernale, gli animali a pascolare su quelle terre dal clima mite. In pratica il sovrano pensò di concedere in affitto ai padroni degli animali, gli erbaggi necessari al pascolo dietro il pagamento di un prezzo, la fida, per ogni capo di bestiame. Per tutelare il buon andamento della Dogana, re Alfonso concesse ai padroni degli animali obbligati dietro contratto (il cosiddetto contratto di “fida”) a condurre le loro bestie ai pascoli fiscali, che con quello divenivano “locati”, cioè sudditi della Regia Dogana, vari privilegi che agevolavano notevolmente le loro condizioni di vita e di lavoro: esenzioni dal pagamento di dazi e gabelle varie, diritti di passaggio, di utilizzare acque, legna, riposi e difese per la notte, ecc., ma, tra tutti, il più importante era quello del foro privilegiato della Dogana, un privilegio, questo, più volte ____________ 7 - R. PESCIONE, Corti di giustizia nell'Italia meridionale, Napoli, 1924. 154
ribadito nel corso dei secoli8, che affidava ai giudici doganali tutte le vertenze civili e penali che, in qualsiasi modo, riguardassero i locati, sottraendoli ad ogni altro tipo di giurisdizione (si pensi a quanto potesse essere iniqua la giustizia dei signori locali). Questo, ovviamente, non poteva non far nascere dei conflitti di competenza tra i tribunali del Regno di Napoli, in particolare tra il Regio Collateral Consiglio ed il Tribunale della Dogana il cui giudice, il Doganiere, era dotato di mero et mixto imperio, ac gladii potestate. Infatti, come risulta dagli atti dei processi civili conservati presso l'Archivio di Stato di Foggia9, il Tribunale foggiano era solito occuparsi anche delle questioni riguardanti le lettere di cambio. Addirittura avocava a sé cause iniziate presso altri tribunali: per esempio, nel 1652 Antonio d'Onofrio, carcerato in Lucera per un debito derivante da una lettera di cambio da lui emessa nel 1647, che tra l'altro sosteneva d'aver onorato, chiese ed ottenne di essere trasferito dinanzi ai giudici della Dogana proprio in quanto locato della stessa10. Ancora, nello stesso anno, vi fu un'altra avocazione al tribunale doganale di un processo promosso dinanzi la Regia Udienza di Lucera per il recupero di un credito ex polizza di cambio 11. Lo stesso avvenne, nel 1655, per una causa iniziata presso la Corte di Melfi12 . Nel 1667, invece, vi fu un processo in cui l'attore, un tal Marino Stabile, pubblico mercante di S. Nicandro, carcerato presso la Regia Dogana ad istanza di Carlo Pertosa per pretesa soddisfazione di due lettere di cambio, chiese la trasmissione degli atti, per competenza, dal tribunale della Dogana, al Regio Collateral Consiglio presso il duca di S. Angelo, in quanto Commissario per gli affari di cambio. Agli atti del processo venne allegato un documento regio, emanato il 30 ottobre 1664, che oltre a ribadire la competenza esclusiva del Regio Collateral Consiglio ed, ovviamente, del suo delegato, in materia di cambi, faceva divieto assoluto ____________ 8 - Più dettagliatarnente rimandiamo al nostro Il contratto di fida presso la Dogana di Foggia nei secoli XV-XVIII (una base per una costruzione), Foggia, 1993, [Collana di Studi Contemporanei edita dalla Banca Popolare Dauna di San Paolo di Civitate]. 9 - A.S.F., Dogana della mena delle pecore di Puglia, serie II. 10 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 6, fasc. 126. 11 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 8, fasc. 169. 12 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 18, fasc. 500. 13 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 50, fasc. 1527. 155
al Tribunale di Foggia ed agli altri del Regno di interferire in quelle faccende, sotto pena di falso, nullità d'atti e quanto ancora si fosse ritenuto ad arbitrio della Regia Corte13. Questo certo non frenò l'attività dei giudici della Dogana in materia cambiaria; molti processi aventi per oggetto lettere di cambio seguirono negli anni: per esempio, nel 1671, un certo Antonio Carnevale chiese l'invalidazione di una sua lettera di cambio di 45 ducati, emessa, con il nome del creditore in bianco, nell'ottobre del 1670 da pagarsi nel maggio seguente nella città di Napoli. Quegli spedì la lettera in un plico chiuso, ma il destinatario, tal Liberatore Massa di Napoli, dichiarò di non aver mai ricevuto nulla; la nullità della lettera di cambio era indispensabile per evitare che potesse essere indebitamente riscossa da altri, proprio perché in bianco 14. Ancora, nel 1685, vi fu una causa in cui l'attore, Nicola Tortorella, lamentò il non pagamento di una lettera di cambio di 220 ducati emessa in suo favore il 19 maggio dello stesso anno. I convenuti, Francesco Azzarito, Vito Piccioni e Gaetano Retaino, debitori in solido, furono arrestati e carcerati in Foggia, i loro beni sequestrati e venduti. Il tribunale della Dogana li condannò al pagamento della somma e degli interessi maturati dal giorno della scadenza fino al 16 giugno 1686 (data in cui ebbe termine il processo)15. La soluzione del conflitto tra il Consiglio Collaterale ed il tribunale pugliese, mediana tra le contrapposte pretese, avvenne nel 1705 ad opera del Reggente Nicola Gascon, marchese di Acerno, Commissario generale dei cambi, il quale stabilì che la competenza esclusiva in quella materia fosse sempre del Regio Consiglio, ma che per le controversie riguardanti i locati della Dogana, essa potesse essere affidata, in via subordinata e delegata, all'Uditore Parise in qualità di Suddelegato dei cambi in Foggia16. Una soluzione, però, non definitiva visti i continui contrasti che seguirono negli anni. ____________ 14 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 59, fasc. 1844. 15 - A.S.F., Dogana, serie II, busta 88, fasc. 2575. 16 - P. Di CICCO, La Suddelegazione dei cambi presso la Dogana di Foggia, Foggia, 1970, [Quaderni de “la CAPITANATA”, 10]. 156
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