EUROPEAN CRYPTO BANK (ECB) - Paris - London - Milan

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EUROPEAN CRYPTO BANK (ECB) - Paris - London - Milan
EUROPEAN CRYPTO BANK (ECB)
                               Paris - London – Milan

LA FISCALITÉ        DES CRYPTOMONNAIES
 LA TASSAZIONE
     1803 Altitude Point DELLEUKCRIPTOVALUTE
                                 : +44 (0) 747.6790.442
                  EN FRANCE
        71 Alie Stret
       E1 8NG LondonIN ITALIA
                              FR : +33 (0) 1.83.80.23.05
                              IT : +39 (0) 2.87.36.83.63
        United Kingdom
PROFILI GIURIDICI E FISCALI DELLE                                      CC.DD.        “VALUTE          VIRTUALI”
NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO.
PREMESSA
La crescente e vorticosa diffusione delle c.d. “valute virtuali” continua ad alimentare un
clima di generale incertezza per operatori, investitori ed, in generale, per ogni cittadino che
ad esse si rivolga con crescente interesse.
Nella consapevolezza, dunque, dell’incertezza che connota il fenomeno delle criptomonete,
il presente contributo ha il solo scopo di offrire al lettore una sintetica ricognizione delle
principali posizioni assunte nel merito nell’ambito dell’ordinamento italiano.

PROFILI GIURIDICI
Da un punto di vista giuridico, le “valute virtuali” non trovano alcun riconoscimento quali
monete aventi corso legale.
La Banca d’Italia, in linea con la posizione assunta dall’Autorità Bancaria Europea 1,
definisce le c.d. “valute virtuali” quali “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come
mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite,
archiviate e negoziate elettronicamente”.
Secondo quanto si legge, infatti, in un proprio documento ufficiale, pubblicato il
30.01.20152, le “valute virtuali” non sono emesse, nè garantite da una banca centrale o da
un’autorità pubblica ma costituiscono, allo stato, solo delle “rappresentazioni digitali di
valore … create da soggetti privati che operano sul web” [che] non devono essere confuse
con i tradizionali strumenti di pagamento elettronici (carte di debito, carte di credito,
bonifici bancari, carte prepagate e altri strumenti di moneta elettronica, ecc.)”.
Di conseguenza, in assenza di una regolamentazione, le criptomonete “non devono per
legge essere obbligatoriamente accettate per l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie”.
Nel citato documento la Banca d’Italia, dopo aver provveduto a definire le “valute virtuali”,
ne individua le principali caratteristiche nel seguente modo:
– sono create da un emittente privato (nel caso delle cc.dd. valute centralizzate) o, in via
diffusa, da utenti che utilizzano software altamente sofisticati (nel caso delle cc.dd. valute
decentralizzate);

1
  Cfr. EBA Opinion on Virtual Currencies del 4 luglio 2014, consultabile all’indirizzo:
http://www.eba.europa.eu/documents/10180/657547/EBA-Op-2014-08+Opinion+on+Virtual+Currencies.pdf
2
  Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali”, del 30 gennaio 2015, reperibile sul sito
https://www.bancaditalia.it/...valute.../AVVERTENZA_VALUTE_VIRTUALI.pdf.

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– non sono fisicamente detenute dall’utente, ma sono movimentate attraverso un conto
personalizzato noto come “portafoglio elettronico” (c.d. e-wallet), che si può salvare sul
proprio computer o su uno smartphone, o che può essere consultato via internet, al quale si
accede grazie ad una password. Questi portafogli elettronici sono generalmente software,
sviluppati e forniti da appositi soggetti (c.d. wallet providers). Esistono poi delle
piattaforme di scambio, che offrono il servizio di conversione delle valute virtuali
convertibili in moneta legale;
– possono essere acquistate con moneta tradizionale su una piattaforma di scambio ovvero
ricevute online direttamente da qualcuno che le possiede, per poi essere detenute su un
“portafoglio elettronico”; utilizzando questo portafoglio i titolari possono effettuare acquisti
presso esercizi commerciali o persone fisiche che accettano le valute virtuali, effettuare
rimesse in favore di altri soggetti titolari di portafogli di valute virtuali, nonché riconvertirle
in moneta legale;
– i titolari dei portafogli elettronici e i soggetti coinvolti nelle transazioni rimangono
anonimi;
– le transazioni tramite le quali vengono trasferite sono tecnicamente irreversibili (una volta
fatta la transazione non è possibile chiederne l’annullamento)3.
Deve precisarsi che, ad onta della mancata regolamentazione, nell’ordinamento italiano,
l’acquisto, l’utilizzo e l’accettazione in pagamento delle valute virtuali deve considerarsi,
allo stato, attività lecita, ben potendo le parti consensualmente obbligarsi a corrispondere
somme anche non espresse in valute aventi corso legale.
La Banca d’Italia chiarisce che le attività di emissione di valuta virtuale, conversione di
moneta legale in valute virtuali, o viceversa, e gestione dei relativi schemi operativi
potrebbero, invece, concretizzare la violazione di disposizioni normative, penalmente
sanzionate, che riservano l’esercizio della relativa attività ai soli soggetti legittimati (artt.
130, 131 TUB per l’attività bancaria e l’attività di raccolta del risparmio; art. 131 ter TUB
per la prestazione di servizi di pagamento; art. 166 TUF, per la prestazione di servizi di
investimento).
Allo stato attuale, in attesa di una più completa ed organica regolamentazione delle cripto
valute, le istituzioni europee e nazionali richiamano, nei propri dossiers, l’attenzione sui
rischi connessi all’utilizzazione e all’investimento nelle valuti virtuali.
E’ interessante segnalare che, nella direzione della maggiore trasparenza, è stata aperta
una consultazione pubblica da parte del Dipartimento del Tesoro del MEF, con
l’obiettivo di censire e comprendere nei suoi diversi aspetti il fenomeno delle valute virtuali
in Italia4.

3
  Cfr. Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo cit., pp.1-2.
4
  Il Dipartimento del Tesoro sta curando la predisposizione del decreto ministeriale con cui, ai sensi dell’articolo 17-bis,
comma 8-ter del decreto legislativo 13 agosto 2010, n.141, come introdotto dall’articolo 8, comma 1, del decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 90, verranno definite le modalità e la tempistica con cui i prestatori di servizi relativi
all’utilizzo di valuta virtuale sono tenuti a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze la propria operatività

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Lo schema di Decreto Ministeriale richiama il D.Lgs. n. 90/20175, volto a rafforzare la
normativa italiana antiriciclaggio, con il quale il Governo aveva già previsto che i prestatori
di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale dovessero assolvere agli obblighi
antiriciclaggio per evitare che le transazioni effettuate con le cripto-valute potessero essere
utilizzate per fini illegali.
Il testo6, sul quale è possibile inviare osservazioni e contributi fino al prossimo 16
febbraio, prevede, per chiunque sia interessato a svolgere sul territorio italiano l’attività di
prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, l’obbligo di comunicazione al
Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Sono inclusi nell’obbligo di comunicazione anche gli operatori commerciali che accettano
le valute virtuali quale corrispettivo di qualsivoglia prestazione avente ad oggetto beni,
servizi o altre utilità. L’iniziativa mira a realizzare una prima rilevazione sistematica del
fenomeno, a partire dalla consistenza numerica degli operatori del settore che, a regime,
dovranno ad iscriversi in uno speciale registro tenuto dall’OAM, l’Organismo degli Agenti
e dei Mediatori, per poter esercitare la loro attività sul territorio nazionale.
La previsione di obblighi e cautele a carico dei prestatori di servizi relativi alle valute
virtuali è coerente con le più stringenti regole dettate dalla V direttiva UE antiriciclaggio,
ormai prossima alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, di cui
l’Italia ha, di fatto, anticipato l’adozione prevedendo già dal 4 luglio 2017 (data di entrata in
vigore decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90), norme più rigorose in materia di
prevenzione dei reati finanziari.
PROFILI FISCALI
La Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n° 72/E
del 2 settembre 2016, in risposta ad un interpello presentato da un contribuente, ha fornito
alcuni chiarimenti sul trattamento tributario, ai fini delle imposte dirette IRES e IRAP, delle
società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali, nonché sul trattamento, ai
fini IVA, delle operazioni di acquisto/vendita di monete virtuali effettuate da tali società.
Nel documento di prassi l’Agenzia delle Entrate, dopo aver definito il bitcoin come una
tipologia di moneta virtuale7, alternativa a quella tradizionale - avente corso legale, emessa
da una Autorità monetaria - precisa che, con riferimento al trattamento fiscale applicabile
sul territorio della Repubblica italiana. Al fine di acquisire valutazioni, osservazioni e suggerimenti da parte dei soggetti
interessati, è stata sottoposta a consultazione pubblica la bozza di decreto ministeriale.
5
   Recante «Attuazione della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015
relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di
finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/ce e 2006/70/CE) e l’attuazione del
regolamento (UE) n. 2015/847 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano
i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006».
6
   Dal comunicato Stampa N° 22 del 02/02/2018, è reperibile sul sito del Dipartimento del Tesoro del Ministero
dell’Economia e delle Finanze.
7
  Cfr. Agenzia Entrate, Risoluzione n. 72/E del 02/09/2016 ove si legge che “La circolazione dei bitcoin, quale mezzo di
pagamento, si fonda sull'accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la
ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi riconoscendone, quindi, il valore di scambio
indipendentemente da un obbligo di legge. Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una
rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né ad una Autorità
centrale che ne governa la stabilità nella circolazione”.

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alle operazioni relative ai bitcoin e, in generale, alle valute virtuali, non si può prescindere
da quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza 22 ottobre
2015, causa C-264/14.

In particolare:

    - le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della
      valuta virtuale bitcoin, e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma
      corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle
      valute e quello di vendita praticato dall'operatore ai propri clienti, costituiscono
      prestazioni di servizio a titolo oneroso, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera
      c), della direttiva IVA;

    - pur trattandosi di operazioni relative a valute non tradizionali (e cioè diverse dalle
      monete con valore liberatorio in uno o più Paesi), "costituiscono operazioni
      finanziarie in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione
      quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano
      altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento, che rientrano tra quelle
      "relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio", di cui all'articolo 135,
      paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE;

    - sussistendo tali condizioni, le prestazioni di servizi in esame rientrano nella
      previsione di esenzione di cui all'articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della
      direttiva 2006/112/CE.

Alla luce di tali principi, secondo quanto si legge nella Risoluzione n.72/E:
AI FINI IVA
L'attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, deve essere considerata,
ai fini Iva, quale prestazione di servizi esenti, ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n.
3), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
AI FINI IRES E IRAP
I componenti positivi e negativi di reddito connessi all’attività di intermediazione di
valute tradizionali con bitcoin rilevano ai fini del calcolo della base imponibile Ires e
Irap.
In altri termini, ai fini delle imposte dirette, occorre considerare i capital gain (ovvero
capital loss) realizzati, ricavi e costi dell’attività caratteristica e, pertanto, farli
concorrere, unitamente agli altri costi e ricavi conseguiti, alla determinazione del
risultato d’esercizio civilistico e della base imponibile Ires ed Irap 8.

8
  Cfr. Agenzia Entrate, Risoluzione n. 72/E del 02/09/2016 ove si legge anche: “Il guadagno (o la perdita) di
competenza della Società è rappresentato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente e quanto speso dalla Società
per l’acquisto o tra quanto incassato dalla Società per la vendita e quanto riversato al cliente. Tale elemento di reddito –
derivante dalla differenza (positiva o negativa) tra prezzi di acquisto sostenuti dall’istante e costi di acquisto a cui si è
impegnato il cliente (nel caso in cui quest’ultimo abbia affidato alla Società l’incarico a comprare) o tra prezzi di

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Inoltre, secondo l’Agenzia delle Entrate, i bitcoin che, alla fine dell’esercizio, si trovino
nella disponibilità (a titolo di proprietà) della società che svolge la suddetta attività di
intermediazione, devono essere valutati al valore normale ai sensi dell'articolo 9 del Testo
Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Pertanto, la società sarà obbligata a fornirne adeguata informazione in bilancio, tenendo
conto del fair value o valore corrente (come per le valute estere tradizionali). In tale ipotesi,
gli utili e le perdite su cambi di natura solo valutativa non assumeranno rilevanza fiscale se
non al momento del loro effettivo realizzo.
REGIME APPLICABILE ALLE                                  PERSONE             FISICHE           AL       DI      FUORI
DELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA.

Nella medesima Risoluzione viene chiarito, inoltre, che “per quanto riguarda la tassazione
ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i
bitcoin al di fuori dell'attività d'impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e
vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”.

Va dato conto, tuttavia, come sostenuto da alcuni autorevoli esperti, che le plusvalenze
derivanti dalle operazioni di compravendita di valute virtuali potrebbero costituire redditi
imponibili, in quanto riconducibili alla categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67 TUIR.

vendita praticati dall’istante e ricavi di vendita garantiti al cliente (nel caso di affidamento di incarico a vendere) – è
ascrivibile ai ricavi (o ai costi) caratteristici di esercizio dell’attività di intermediazione esercitata e, pertanto,
contribuiscono quali elementi positivi (o negativi) alla formazione della materia imponibile soggetta ad ordinaria
tassazione ai fini Ires (ed Irap)”.

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