Pietro il Piccolo - DONIZETTI OPERA - Fondazione Donizetti
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DONIZETTI OPERA Pietro il Piccolo Teatro Sociale 27, 28, 29 novembre – 9.30 (elementari) 11.30 (medie) Riduzione dell’opera Pietro il Grande Regia, macchinari, scene e dialoghi Ondadurto (musica di Gaetano Donizetti) Teatro - Marco Paciotti e Lorenzo Pasquali a cura di Marialuisa Bafunno, Alice Guarente e Silvia Lorenzi con il coordinamento Pietro il Grande / Magistrato Gabriele Nani di Michele Balistreri, Paolo Ferrari e Carlo Scavronski Gwangseok Oh Francesco Micheli Madama Fritz Anaìs Mejìas Annetta Mazepa Anna Delfino Performer Chiara Becchimanzi, Valerio Marinaro Direttore Alberto Zanardi Pianista Anna Bosacchi Quartetto d’archi dell’Orchestra Gli Originali FESTIVAL 2019
Quaderno per l’insegnante PIETRO IL PICCOLO Riduzione dell’opera Pietro, il Grande (musica di Gaetano Donizetti) A cura di Marialuisa Bafunno, Alice Guarente e Silvia Lorenzi Con il coordinamento di Michele Balistreri, Paolo Ferrari e Francesco Micheli Regia, macchinari, scene e dialoghi Ondadurto Teatro - Marco Paciotti e Lorenzo Pasquali Pietro il Grande - Zar delle Russie in incognito Gabriele Nani – basso Carlo Scavronski - Falegname di Livonia, Gwangseok Oh – tenore orfano e innamorato di Annetta Madama Fritz - Locandiera, Anaìs Mejìas – mezzo soprano confidente e amica di Carlo Annetta Mazepa - Innamorata di Carlo Anna Delfino – soprano e orfana di un traditore della patria Magistrato – Figura ampollosa e arrogante Gabriele Nani – basso Performer Chiara Becchimanzi e Valerio Marinaro Direttore Alberto Zanardi Pianoforte Anna Bosacchi Quartetto d’archi dell’orchestra Gli Originali
INDICE 1. SEZIONE OPERA - Prefazione: perché l’evidenza sulle emozioni? Pag. 3 - Perché portare la figura di Gaetano Donizetti nella scuola? Pag. 4 - Le 5 cose da sapere su Donizetti Pag. 5 - L’ABC dell’Opera Pag. 7 - Le regole - guida all’uso per fruire correttamente dell’Opera Pag. 9 2. SEZIONE SPETTACOLO - 200 candeline per Pietro il Grande Pag. 11 - Genesi dell’opera Pag. 12 - La trama dell’opera Pag. 13 - Libretto in pillole Pag. 14 - La messa in scena di Ondadurto Pag. 18 3. SEZIONE DIDATTICA - Canale visivo o Scuola primaria: realizza la valigia Pag. 19 o Scuola secondaria: realizza il “Mobile” Pag. 24 - Canale narrativo o Scuola primaria: una lettera per dire Grazie Pag. 29 o Scuola secondaria: l’indovinello Pag. 36 - Canale musicale o Scuola primaria: lezione di canto e cori Pag. 42 o Scuola secondaria: lezione di canto e cori Pag. 46
1. SEZIONE OPERA PREFAZIONE: PERCHÉ L’EVIDENZA SULLE EMOZIONI? Inserire nel programma scolastico l’insegnamento dell’opera lirica richiede, a chi lavora nel campo dell’educazione, una riflessione attenta. L’insegnante, approfondendo i punti di forza dell’opera, ha la possibilità di sperimentare l’efficacia di questo strumento nella didattica. Nello specifico sono due le peculiarità che si rivelano come una risorsa nell’insegnamento: - Opera come multilinguaggio: il rapporto testo-musica-scena (melodramma), essenziale per la comprensione dell’opera lirica, vede l’intreccio di più linguaggi (iconico, musicale, verbale). Questi codici, presenti nella didattica scolastica spesso separati (educazione artistica, educazione musicale, letteratura), possono trovare nell’opera lirica una sintesi mirabile, capace di esprimere e suscitare emozioni. Il multilinguaggio favorisce inoltre la trasversalità del sapere e l’interdisciplinarità, che per sua natura abbraccia filosofia, arte, musica, letteratura, scienza, etc., offrendo nello specifico occasioni di intraprendere percorsi interculturali, di educazione all’affettività, di scrittura creativa, di tecniche espressive e pittoriche, di approfondimenti di periodi storici e di conoscenza delle biografie dei grandi autori musicali. L’opera offre alla scuola diversi elementi di incrocio con la sua didattica, non solo nel campo dell’educazione musica, ma anche nelle discipline linguistiche, storiche, visive e scientifiche. - Opera come amplificatrice delle emozioni: possiamo definire l’opera lirica un “teatro delle emozioni”. L’amore, la vendetta, il coraggio, la sete di potere e la guerra sono spesso i temi sviluppati nell’opera. Si tratta di temi non sempre facili da affrontare, soprattutto con i bambini più piccoli, ma che rappresentano una ricchezza nel percorso educativo. Psicologi e pedagogisti evidenziano la necessità di offrire, anche nel contesto scolastico, fin dalla scuola primaria, occasioni di educazione all’affettività e alla gestione emotiva. In tal senso il melodramma (testo, musica, scena) rappresenta un’opportunità: ha la capacità di esprimere la forza delle passioni umane, di descrivere i sentimenti, di attivare l’intelligenza emotiva. Più di ogni altra espressione artistica il melodramma ha il dono di trasmettere a chi ascolta l’impeto delle passioni, come se le stesse vivendo in prima persona. Nel contempo, queste simulate passioni sono organizzate in una forma che tiene distinti tra loro gli ambiti della scena e del reale, permettendo al pubblico di partecipare emotivamente senza reale sofferenza. La simulazione formalizzata consente e facilita il ragionamento sulle passioni e favorisce la verbalizzazione e la presa di coscienza delle relative dinamiche, innescando una sana processazione. 3
PERCHÉ PORTARE LA FIGURA DI GAETANO DONIZETTI NELLA SCUOLA? Donizetti è un compositore nato a Bergamo, che già in vita raggiunse fama internazionale. Donizetti seppe sempre amare la propria terra, intessendo rapporti solidi e duraturi con persone e luoghi legati alle proprie origini. Oggi è uno dei più celebri artisti dell’Ottocento. Scrisse più di settanta opere e ancora oggi è il più rappresentato all’estero. Secondo una ricerca dell’Università Bocconi, ogni anno un milione e mezzo di persone si muove per assistere a una sua opera. Da qui l’importanza di far conoscere e presentare alle giovani generazioni la ricchezza lasciata da questo grande artista bergamasco. Grande contributo storico di Gaetano Donizetti è stato aver saputo inserire all’interno del teatro d’opera i temi del Romanticismo europeo. Oggi è considerato l’inventore del melodramma romantico, avendo più di altri fatto coincidere tra loro le emozioni espresse da musica, testo e scena. In tal senso le sue opere ben si prestano al lavoro di interdisciplinarità che abbiamo delineato come elemento cardine del rapporto opera-scuola. I suoi capolavori sono carichi di teatralità, di fantasia, di emozioni e di passioni, a volte anche estremizzate ed enfatizzare. In questa chiave Donizetti può essere considerato “maestro di emozioni” al servizio del mandato della scuola: non solo sa istruire e formare lo studente, ma riesce anche ad educare la persona. 4
LE 5 COSE DA SAPERE SU DONIZETTI I record di Donizetti Gaetano Donizetti è nato a Bergamo ed è sepolto a Bergamo nella Basilica di Santa Maria Maggiore, vicino alla tomba di Simone Mayr, che fu il suo primo professore e sostenitore. È vissuto più di duecento anni fa, eppure, grazie alla musica che ha lasciato, è come se fosse ancora tra noi. Ogni anno, in tutto il mondo, vengono allestiti più di 23.000 spettacoli d’opera, di questi più di 1000 sono opere di Donizetti, per oltre 1 milione di spettatori. Tra tutti i compositori della storia dell’opera Donizetti è il sesto più eseguito al mondo, e tra tutte le sue opere, quelle che più piacciono al pubblico internazionale, sono “Lucia di Lammermoor” e “L’elisir d’amore”. In Italia gli sono state dedicate moltissime vie e piazze, e a Bergamo è stato creato un festival di musica interamente dedicato a lui. Niente male per un giovane nato, più di due secoli fa, in una umile famiglia e che, ancora oggi con la sua musica, conquista il cuore e le orecchie di milioni di ascoltatori. Un successo lungo 200 anni Le opere di Donizetti portano le emozioni in primo piano. Le storie dei personaggi in scena coinvolgono lo spettatore grazie alla potenza della musica che il compositore ha saputo creare. L’opera più famosa di Donizetti è “Lucia di Lammermoor”, che racconta la storia di una ragazza costretta a sposare un uomo che non ama. Dopo mille avventure, tradimenti, inganni e delitti, la protagonista impazzisce e muore, in preda al dolore per aver perso il suo amato Edgardo che, alla fine, si uccide. La musica di Donizetti sottolinea i momenti più tragici della storia con melodie meravigliose che emozionano e commuovono. Quando l’opera venne eseguita per la prima volta, nel 1835, ebbe un notevole successo; alla fine della rappresentazione il pubblico in teatro iniziò ad applaudire e a festeggiare il grande Donizetti. Ancora oggi, dopo quasi duecento anni, ogni volta che “Lucia di Lammermoor” viene messa in scena, in un qualsiasi teatro del mondo, tutto il pubblico rimane profondamente emozionato e alla fine scoppia in un fragoroso applauso: è questa la potenza della musica di Donizetti. Tantissime opere Gaetano Donizetti ha scritto più di 70 opere. Una quantità davvero enorme! Ha scritto opere serie, semiserie ma anche opere buffe, oltreché musica sacra e da camera. Se eseguissimo tutte le sue opere, una dopo l’altra, senza fermarci mai, dovremmo suonare e cantare per più di una settimana, notte e giorno! Donizetti scriveva opere con estrema facilità, riuscendo a creare melodie meravigliose che, ancora oggi, hanno un fascino irresistibile. Spesso veniva deriso per questa sua abilità, si diceva che componeva dozzine di opere, come se sfornasse pizze. Addirittura qualcuno lo prendeva in giro storpiano il suo cognome da “Donizetti” a “Dozzinetti”. La verità è che Gaetano aveva sempre moltissime idee musicali che, con gran rapidità, scriveva sul pentagramma per comporre le sue opere, una caratteristica che solo pochi geni (come Mozart) avevano. 5
Il grande sostegno di Simone Mayr Donizetti nacque a Bergamo, in una famiglia molto umile. Quando aveva solo nove anni venne ammesso alle “Lezioni caritatevoli di musica”. Durante queste lezioni il grande compositore Simone Mayr notó il grande talento del giovane Donizetti e decise di seguire personalmente l’istruzione musicale del piccolo Gaetano. Mayr aveva proprio ragione, grazie al suo sostegno e a uno studio approfondito e rigido, Donizetti si rivelerà essere quel gran compositore che Mayr aveva intuito. Come dimostra la carriera di Donizetti, con tanto studio e una grande forza di volontà si ottengono sempre grandi risultati! Il fratello di Gaetano La famiglia Donizetti era composta dal papà Andrea, dalla mamma Domenica e da sei figli. Oltre a Gaetano, l’altro musicista della famiglia era Giuseppe. Invece di scrivere opere, Giuseppe si dedicò alla musica militare, conobbe Napoleone e divenne il maestro di musica del Sultano dell’Impero Ottomano. Giuseppe ha composto l’inno dell’Impero Ottomano e, per il suo grande impegno nella diffusione della musica in Turchia, venne anche nominato Pascià: una carica importantissima e molto prestigiosa. A causa della lontananza, Gaetano ebbe pochissimi contatti con il fratello Giuseppe, eppure gli rimase sempre affezionato; nelle sue lettere lo chiamava “il mio fratello turco”. 6
L’ABC DEL TEATRO D’OPERA Libretto È proprio un piccolo libretto, come dice la parola stessa, nel quale è riportato il testo che i personaggi dell’opera cantano. Il libretto solitamente è scritto in versi, ed è molto utile per capire come si svolge la trama, chi sono i personaggi e come interagiscono tra di loro. Il libretto specifica anche in quanti atti e scene è suddivisa un’opera e include alcune didascalie che descrivono il luogo nel quale si svolge l’azione. È in definitiva una mappa dell’intera opera, manca solo la musica. Partitura È un grande librone che racchiude tutta la musica scritta dal compositore per quell’opera. Nella partitura è scritto esattamente cosa suona ciascuno strumento dell’orchestra, cosa deve cantare ogni cantante e cosa deve cantare il coro. È lo strumento di lavoro principale del direttore d’orchestra, che deve mettere assieme tutti coloro che partecipano alla realizzazione della recita d’opera. Il direttore d’orchestra inoltre, durante le prove di lettura con l’orchestra, decide quanto devono suonare “piano” gli strumentisti, fino a che “forte” possono arrivare, che tempi devono avere, e che timbri devono risaltare. Ai cantanti dà importantissime indicazioni al fine di rendere espressive le melodie che devono cantare. Regia Per mettere in scena un’opera c’è bisogno di un regista che costruisca uno spettacolo, di uno scenografo che si occupi delle scene, di una costumista che si occupi dei costumi e di un light designer che scelga le luci migliori per creare effetti luminosi di grande effetto. Il regista conosce benissimo la storia da rappresentare e, durante le prove di scena con i cantanti, istruisce tutti gli artisti su come devono muoversi, che gesti devono fare, che espressione devono avere e come devono interagire tra di loro per catturare l’attenzione del pubblico una volta che il sipario si alza. Cantanti Sono coloro che, per dar vita all’opera, devono sia cantare che recitare. Devono calarsi nei panni dei personaggi che interpretano e fare emozionare il pubblico con lo strumento che hanno a disposizione: la voce. Ci sono cinque grandi tipologie, timbri, di voci: ● Soprano: è la voce femminile più acuta. Solitamente al soprano è affidata la parte di protagonista femminile. Il suo personaggio può essere una giovane donna che vive un’appassionata e tragica storia d’amore (opera seria), o una ragazza intraprendente e vivace che con astuzia sceglie il proprio consorte (opera buffa), ecc. ● Mezzosoprano: è, rispetto al soprano, una voce femminile meno acuta e dal timbro più scuro. Solitamente al mezzosoprano è affidata la parte di un’ancella, di un’amica o confidente della protagonista, a volte invece è la nemica del soprano. ● Tenore: è la voce maschile più acuta. Il tenore è solitamente il protagonista maschile dell’opera, ed emerge per il coraggio, la forza e la determinazione del suo spirito e delle sue azioni. Solitamente è innamorato del soprano ma, ahimè, spesso è travolto da un tragico destino. ● Baritono: è una voce maschile, più grave, cupa e tuonante rispetto a quella del tenore. Il baritono solitamente rappresenta il cattivo dell’opera, quello che ostacola il tenore e vuole imporre le proprie volontà al soprano. ● Basso: è la voce maschile più scura e profonda. Per il suo timbro penetrante e grave questa 7
voce spesso è usata per rappresentare un personaggio soprannaturale, oppure per un personaggio anziano e saggio, come il padre della protagonista o un fidato consigliere. 8
LE REGOLE: GUIDA ALL’USO PER FRUIRE CORRETTAMENTE DEL TEATRO D’OPERA Una caccia al tesoro Quando andrai a sentire la tua prima opera, preparati per tempo! Cerca su internet chi è l’autore, leggi la storia, ascolta la musica e guarda qualche video prima dello spettacolo; ti farai così già un’idea di cosa andrai a sentire e tutto risulterà più facile e godibile. Poi, una volta tornato a casa, scegli l’aria o il brano che più ti ha colpito e mettilo nella tua playlist! Arriva puntuale, anzi un po’ prima A teatro è assolutamente vietato arrivare a spettacolo iniziato. Quando le porte si chiudono, chi rimane fuori dovrà aspettare l’intervallo per entrare in sala. Questo per evitare di disturbare non solo gli altri spettatori, ma anche l’intera orchestra, il direttore, i cantanti, il coro, e tutti i professionisti che stanno dando vita allo spettacolo. Oltretutto un ingresso all’opera è già uno spettacolo di per sé! Arrivando prima si può passeggiare per il foyer, scoprire il teatro e lasciarsi affascinare dall’architettura e dalla storia del luogo. Ogni volta a teatro è una vera e propria esperienza! Vestiti a modo Ogni luogo richiede il suo abito! Andresti mai in spiaggia, ad agosto, con cappello di lana e giubbotto di pelle? Oppure a scuola in costume e canottiera? Oppure ancora in un museo travestito da Babbo Natale? Quando si va all’opera è meglio vestirsi per bene, eleganti. Il teatro d’opera è un luogo di cultura, che accoglie tutti e che propone bellezza. Il teatro dà lavoro ad artisti e a tantissime altre figure professionali, che con impegno e passione danno vita allo spettacolo, permettendo al pubblico di vivere esperienze rare ed emozionanti. Per questo sarebbe bello che anche tu ti presentassi con un abbigliamento adatto all’occasione. Non è carnevale ma ci sono le maschere! Quando si entra in un teatro d’opera, può essere difficile capire qual è il proprio posto. Ci sono teatri grandissimi da 1000, 2000 o 3000 posti, e bisogna accomodarsi al posto giusto, indicato sul biglietto. Per questo ci sono le “maschere”, ovvero il personale del teatro preposto ad aiutare il pubblico e pronto a rispondere a tutte le domande. Le maschere accolgono il pubblico e danno il benvenuto. Si possono riconoscere per la divisa che portano (ogni teatro ha la sua) e sono sempre molto disponibili ed educate. Leggi il programma di sala Ad ogni rappresentazione è buona cosa prendere un programma di sala. Lì si trovano curiosità sullo spettacolo, foto, qualche testo che aiuta a comprendere meglio lo spettacolo e i nomi di tutti gli interpreti. Una volta a casa, il programma diventerà il ricordo di un bel momento passato a teatro. Si abbassano le luci e… Una volta seduti al proprio posto, si aspetta che le luci si abbassino per poi spegnersi. La sala diventa buia e tutta l’attenzione viene rivolta al palco. Dopo pochi secondi il 9
direttore d’orchestra entra nella buca, dove è sistemata l’orchestra, e lì viene accolto da un primo applauso, un modo per incoraggiare tutti gli artisti che stanno per calcare la scena. Il direttore si rivolge al pubblico, lo saluta, poi si gira verso l’orchestra, alza la bacchetta e la magia dell’opera ha inizio. Attento a te! Una volta seduto in platea, in un palco o nel loggione, mentre guardi lo spettacolo non puoi mangiare o bere, inoltre non bisogna far rumore scartando caramelle o facendo cadere oggetti, non si deve chiacchierare col vicino e soprattutto non si può usare il cellulare, che deve essere rigorosamente spento, né scattare foto, né fare video. Applausi Se è la prima volta che vai a vedere un’opera, fidati di cosa fa il pubblico, eviterai così di sbagliare. Solitamente si applaude solo all’inizio e alla fine dell’atto, ma alcune volte, dopo un’aria o un momento particolarmente emozionante, è possibile che tutto il pubblico si sciolga in un applauso fragoroso, per esprimere la propria emozione e per celebrare la bravura dell’artista. Qualcuno si spinge addirittura a urlare “bravo!”, altri battono i piedi, qualcuno invece, se lo spettacolo non è piaciuto, fischia, altri semplicemente esprimono il loro dissenso non applaudendo. Nelle serate più importanti, quando sono in scena grandissimi artisti, può succedere che il pubblico getti sul palco decine di fiori per celebrare il cantante, il direttore o il regista dello spettacolo! 10
2. SEZIONE SPETTACOLO 200 CANDELINE PER PIETRO IL GRANDE Il Donizetti Opera Festival ogni anno mette in scena almeno due opere della produzione donizettiana. Per la prima volta in ambito nazionale e internazionale, un Festival si è dotato di un progetto artistico a lungo termine denominato “Donizetti Opera Progetto 200”, il cui obiettivo è quello di eseguire ogni anno un’opera che compie i 200 anni dalla prima esecuzione. Ogni anno la programmazione terrà dunque conto di un rigoroso ordine cronologico che presenterà allo spettatore il percorso vissuto da Donizetti. Dopo la felice esperienza del Pigmalione che ci ha permesso di scoprire il primissimo lavoro teatrale di un Donizetti ancora studente e dopo aver messo in scena nel 2018 l’Enrico di Borgogna, quest’anno proponiamo al nostro pubblico Pietro il Grande, Kzar delle Russie o sia il falegname di Livonia. L’intento è quello di ripercorrere tutte le tappe salienti di Donizetti, uomo e artista, in un lungo cammino che svelerà nuovi aspetti del compositore, anno dopo anno. Pietro il Grande è la seconda opera teatrale messa in scena da Donizetti, sempre a Venezia, dopo l’insuccesso di pubblico di Enrico di Borgogna dell’anno precedente. Per questa occasione, pensando al pubblico di giovanissimi, abbiamo creato una seconda versione, costola di Pietro il grande, intitolata Pietro il piccolo. Tagliando e ricucendo l’opera madre, e accostando alla trama del libretto un secondo piano narrativo, abbiamo reso più fruibile il linguaggio operistico. In questa riduzione a beneficio degli studenti, partendo dall’esperienza del giovane Donizetti, indagando il suo carattere, le sue emozioni e i suoi desideri, abbiamo voluto sviluppare i temi del controllo delle emozioni, della partenza e del successo personale sostenuto dagli affetti, dagli amici e dalle figure guida. Donizetti così come Carlo, il tenore protagonista dell’opera, ha dovuto moderare la sua spontanea irruenza e lasciare la terra in cui è cresciuto per trovare così il proprio successo, prima nei teatri veneziani e poi a Napoli. Lasciando Bergamo però non lasciava solo un luogo, ma anche gli affetti più cari: la sua famiglia, il suo maestro Simone Mayr e una ragazza sua coetanea, una certa Giuditta Paganini, violinista bergamasca, che già in adolescenza aveva destato il suo interesse. Il tema della partenza, necessaria per ottenere il successo, è uno degli argomenti ricorrenti nelle lettere di Donizetti, che negli anni esprimerà una grande nostalgia per la propria famiglia e per il proprio maestro. Così qualche anno dopo il debutto di Pietro il Grande scriverà al suo maestro prima di partire per il Regno di Napoli: Pregiatissimo Signor Maestro, Io parto! Che ne dirà il buon Mayr? Applaudirà o sarà di diverso parere? Togliendomi alla Lombardia, mi tolgo il pascolo a mille lingue maldicenti… Spero risarcire in Seno a Partenope l’onore perduto sull’Olona, lo voglia il cielo: Mayr sa di avere in me un debole Servitore, mi comandi adunque e sarò contento di poterlo compiacere. Mille doveri alla Signora ed un bacio alla figlia. Suo devoto Ossequiosissimo Servitore, Donizetti (Gaetano Donizetti a Giovanni Simone Mayr, 11 dic 1822) 11
GENESI DELL’OPERA Dopo gli anni di formazione a Bergamo sotto la guida di Simone Mayr, dopo gli anni di perfezionamento a Bologna, dopo il debutto con l’Enrico di Borgogna al Teatro San Luca di Venezia, Donizetti torna in scena con una nuova opera nel 1819. L’anno prima l’Enrico a causa dei suoi interpreti canori non ebbe il successo di pubblico desiderato, ma Donizetti ad ogni modo non si scoraggiò e tornò a Venezia l’anno successivo con un nuovo titolo: Pietro il Grande, Kzar delle Russie o sia il falegname di Livonia. L’opera, definita dal compositore stesso “melodramma burlesco”, andò in scena al Teatro San Samuele il 26 dicembre 1819, quando Donizetti aveva appena compiuto 22 anni. Con Pietro il Grande il giovane compositore entrò a far parte definitivamente del mondo teatrale dell’epoca. Il libretto era opera del marchese Gherardo Bevilacqua Aldobrandini, uomo di mondo nato a Ferrara, ma che a Roma frequentava i salotti più alla moda. Il marchese, amante del teatro, scenografo per passione e librettista per diletto, aveva conosciuto in ambiente romano la commedia Le menuisier de Livonie di Alexandre Duval dalla quale ricavò la trama per questo suo lavoro. Quella stessa commedia, solo qualche mese prima, aveva dato vita ad un altro libretto, di Felice Romani per il celebre compositore Giovanni Pacini. Per questo motivo, per evitare equivoci, si dovette prendere una decisione all’ultimo momento e cambiare il titolo dell’opera in Pietro il Grande Kzar delle Russie (come risulta nel frontespizio del libretto stampato) seppure Donizetti in ogni aria, duetto, coro o recitativo del manoscritto qualifichi il suo lavoro come Il falegname di Livonia. Per questo suo lavoro Donizetti fu più fortunato con la compagnia di cantanti a cui affidò la sua opera, infatti nel title role di Pietro ebbe il basso Pio Botticelli, appartenente a una famosa famiglia di bassi; cantante di carattere simpatico ed eclettico, dalla verve scanzonata ma dal timbro nobile: perfetto per interpretare il ruolo di Pietro il Grande così come immaginato dal compositore e dal librettista. Tra i ruoli di basso per cui venne ricordato (Cenerentola, Gazza ladra, Donna del lago, Guglielmo Tell di Rossini; Beatrice di Tenda di Bellini) è testimoniato anche un altro incontro col Donizetti per Il furioso all’isola di San Domingo nel 1833. Il tenore fu Giovanni Battista Verger nel ruolo di Carlo Scavronski che debuttò proprio con Pietro il Grande nel 1819. Verger incontrerà ancora Donizetti, essendo per lui primo interprete tenorile, nel 1827 in Olivo e Pasquale al Valle di Roma e nel 1828 in Alina regina di Golconda al Carlo Felice di Genova. Il tenore e sua moglie vengono ricordati anche come vivaci animatori della vita culturale milanese degli anni trenta, come partecipanti ai popolari “Venerdì sera di casa Rossini” unitamente a grandi divi quali Giuditta Pasta e Adolphe Nourrit. Verger sarà ancora per Donizetti Percy in Anna Bolena, Edgardo in Lucia di Lammermoor, Pollione e Alamiro in Belisario. Nel ruolo di Madama Fritz ci fu il mezzosoprano Caterina Amati: una voce e un’interprete certamente versatile. Nel 1816 approda alla Scala fungendo da comprimaria all’ombra delle primedonne. Nel 1817 ha poco incontro di pubblico come Rosina del Barbiere di Siviglia per antipatie di partito. È poi Ninetta nella Gazza ladra di Rossini. Opterà quindi per una corda squisitamente sopranile in Amenaide in Tancredi, di cui nel 1826 interpreterà anche il ruolo contraltile del protagonista. 12
LA TRAMA DELL’OPERA “Pietro il grande”, di cui qui presentiamo una versione “piccola”, debuttò nel 1819, 200 anni fa. Si tratta di un’opera semiseria, il che vuol dire che fa un po’ piangere e un po’ ridere (ma soprattutto ridere!). È ambientata all’inizio del 1700 in Livonia, una regione baltica. Il protagonista è il giovane Carlo, un falegname, focoso e irruente, fidanzato con la dolce Annetta, ahimè figlia di un ribelle. La locandiera Madama Fritz è molto affezionata a Carlo e lo protegge e consiglia come una madre; tuttavia Carlo a causa del suo caratteraccio continua a mettersi nei guai. Tra un litigio e l’altro del vivace Carlo, un evento straordinario turba la solita vita: giunge uno strano forestiero vestito da ufficiale, anche se in realtà si tratta di Pietro, lo zar! Egli, sotto mentite spoglie, ha raggiunto quel lontano paese per cercare il fratello perduto di sua moglie, la zarina Caterina. Durante l’infanzia i due fratelli furono separati e da allora mai più ricongiunti. Lo zar ha motivo di pensare che il giovane si trovi lì. Appena arrivato, fa la conoscenza della locandiera e si imbatte in Carlo. Tra i due uomini nasce subito un litigio. Lo zar accusa Carlo di aggressione e fa chiamare il Magistrato affinché venga fatta giustizia. Madama Fritz cerca di intercedere presso il Magistrato chiedendo clemenza per il suo pupillo, senza purtroppo ottenere alcun risultato, mentre Annetta è spaventata dall’idea di perdere il suo amato. Il Magistrato, personaggio ampolloso e arrogante, non vuole sentire ragioni, sta per condannare Carlo, quando Madama Fritz irrompe mostrando una lettera che attesta che Carlo discende da una nobile famiglia. Tra lo stupore di tutti, lo zar Pietro fa subito liberare il giovane. Poco dopo, in segreto, gli svela la sua vera identità: Carlo è il fratello perduto della zarina! I due si abbracciano commossi. Lo zar invita il giovane a Pietroburgo; Carlo accetta, ma ad una sola condizione: poter portare anche la sua amata Annetta. Questo è un altro problema perché Annetta è figlia di un ribelle. Ma poiché il padre è defunto da tempo, lo zar accetta anche Annetta nella sua nobile famiglia. Finalmente Pietro può svelare a tutti la sua identità di zar, imperatore di Russia, e si prepara per partire con, il cognato Carlo e la giovane Annetta. Nel giubilo generale solo Madama Fritz sembra non gioire, perché perderà il suo pupillo e la cara Annetta; ma la locandiera è una donna dall’animo nobile e generoso, e per il bene di chi ama è disposta a qualsiasi rinuncia: abbraccia Carlo, lo saluta e gli augura di proseguire felice per la sua strada. 13
LIBRETTO IN PILLOLE È l'alba. Mentre è al lavoro, il falegname Carlo ribadisce il suo amore per la sfortunata Annetta, figlia innocente di un traditore della patria. Carlo e Annetta: Cara, vezzosa immagine del tenero idol mio! Sempre ti porto, oh Dio! scolpita nel pensier. Io pur ti stringo al seno idolo del mio cor! Sarei felice appieno se a te mi unisse amor Amor! pietoso amor; quando verrà quel dì, che finirà il mio cor di palpitar così? Carlo, focoso e ribelle, dà prova del suo caratteraccio aggredendo malamente un uomo che ha tentato di corteggiare la sua Annetta. Attirata dalle grida, compare la locandiera Madama Fritz, sua protettrice e consigliera, che cerca di calmarlo. Madama Fritz: Quale ardir! Qual brando ignudo! Quale alterco inusitato! Vo, che sia più rispettato il mio albergo, il mio decor. Questa non è una bettola d’ignobile baccano: freni lo spirto insano prudenza, e civiltà. Imponi o ardente giovane sui propri affetti impero: e in lei signore io spero maggior docilità. Pace gioconda vi animi a più gentil fervor. Giunge un forestiero. È lo zar Pietro, in viaggio sotto mentite spoglie, alla ricerca del fratello di sua moglie, disperso dall'infanzia. Lo zar spera di trovarlo in quella regione. 14
Pietro: Con menzognero vanto e padre e re si dice, colui che sol felice del giogo altrui si fa. È re chi ognor politico internamente vede; è padre chi provvede l’oppressa umanit Pietro interroga Madama Fritz a proposito di quel giovane falegname, Carlo, di origini ignote ma che sostiene di essere un gentiluomo. Carlo non gradisce quelle domande e ancora una volta inizia ad alterarsi. Pietro fa mettere Carlo sotto sorveglianza, mentre Madama Fritz lo invita ad essere più umile. Chiamato a gran voce, compare il tronfio magistrato. Magistrato: Chi mi cerca? chi mi turba fra i bei simboli d’Astrea? Chi è quell’anima plebea, che mi toglie a’ miei sudor? Madama Fritz perora la causa di Carlo presso il Magistrato. Annetta è preoccupata per le sorti del suo amato. Annetta: È riposta, o caro oggetto! in te sol la mia speranza: sol per te con tal costanza soffro esilio, e povertà. Ah! s’è ver che un puro affetto qualche grazia in cielo ottiene, te sollievo a tante pene il destin mi lascerà. Il Magistrato inizia il processo a Carlo, accusato di offesa ad un ufficiale. Magistrato: Lor posti prendino: che tutti seggano, che qui mi ascoltino senza fiatar. si hanno da svolgere per giudicar. Quest’abito m’infonde eroismo, e grandezza. Oh! se potessi 15
vestir sempre in tal foggia! Olà! Notaio? Si processi, e condanni il delinquente. Astrea! figlia di Giove! Famoso damerin de’ tempi andati! Fa che vibrando un raggio De’ tuoi bei lumi nella mente mia un Numa, un Fabio, un Salomone io sia. «Conciosia fosse che essendo cosa che nell’anno ottantre reggendo il regno un re.» Adesso punto, e virgola, parentesi e da capo, «Nella Locanda nobile insegne della Luna fu carcerato un giovane di genio perfidissimo e il giudice rettissimo questa sentenza diè.» Sentiam questo periodo, leggi Notaio, a te Quando la sua condanna sembra essere ormai decisa, Madama Fritz irrompe e dà lettura di un documento che attesta i nobili natali di Carlo. Madama Fritz poi Pietro: «Nell’equipaggio del Ministro Luterano fu ritrovato questo giovine. Egli è figlio di Carlo Scavronski, gentiluomo di Lituania, morto al servizio della Svezia. Egli aveva una sorella, che dicesi perita nel saccheggio di Marienburgo: ma si vuole forse alla Corte del Kzar in Pietroburgo. Ecco la firma del Ministro. Attesto e giuro a tutti ec.» Pietro capisce di aver trovato l'uomo che cercava! Chiede di liberare Carlo e lo fa vestire con abiti di lusso. Sempre più frastornato, Carlo riceve la visita di Pietro, che gli svela la propria reale identità. Carlo apprende che Caterina è ora moglie dello zar. Prima di ricongiungersi con la ritrovata famiglia a Pietroburgo, desidera presentare l’amata Annetta e portarla con sé. Carlo: Il dolce nome, e tenero pur di fratello io sento. Tre lustri, o ciel! di lagrime compensa un sol momento. Per voi non son più orfano; 16
per voi son fuor d’affanni. Alfin l’amica amabile trovai dei miei verd’anni. Ah! di quest’alma il giubilo è d’ogni idea maggior. Ah! quando di un’anima le gioie son tante capace di esprimerle il labbro non è. Finalmente Pietro, nello stupore generale, svela la propria identità a tutti e concede a Carlo di portare con sé Annetta (nonostante sia figlia di un traditore). Mentre fervono i preparativi per la partenza, Madama Fritz esprime il proprio dolore per la separazione da Carlo, ma nello stesso tempo gli rinnova tutta la sua fiducia e il suo affetto. Madama Fritz: In questo estremo amplesso ricevi, in questo addio, pegno dell’amor mio, viva, e sincera fè. Ah! che vicino a perderti mi uccide il mio dolore. (Quanto mi costa, o amore, il trionfar di te!) Sentirsi accendere per un oggetto e dover spegnere la fiamma in petto è troppo barbara fatalità come resistere al fier cimento più rio tormento no, non si dà. Spronare un amico vuol dire anche sostenerlo nelle sue scelte, nella decisione di partire per trovare la propria strada. Il gruppo parte alla volta di Pietroburgo, salutato dalle grida di gioia di tutti. Tutti e Coro: Dopo soffio di nembo, e procella scintillante risorge la stella, che consola l’afflitto nocchier. Canta lunge dall’armi nemiche le passate sanguigne fatiche nella pace il glorioso guerrier. 17
LA MESSA IN SCENA DI ONDADURTO Saranno Gaetano Donizetti e Giuditta Paganini ad accompagnare i ragazzi e le ragazze in un viaggio sorprendente alla scoperta dell'Opera Pietro il Piccolo. Appariranno sotto forma di fantasmi per lanciarsi in una giocosa scaramuccia d'amore che diverrà un pretesto per portarci all'interno della storia, dei suoi personaggi e della sua genesi. Forte sarà l'impatto visivo dato dall'impianto scenografico; macchine e strutture, manipolate dal vivo dagli stessi attori andranno a disegnare di volta in volta lo spazio scenico. Chiave distintiva della regia è il forte equilibrio nel dialogo tra i differenti linguaggi utilizzati: parola, teatro danza, video e la forte presenza dei cantanti e dell'orchestra andranno a creare per gli studenti e le studentesse un'esperienza unica nel suo genere. 18
3. SEZIONE DIDATTICA CANALE VISIVO SCUOLA PRIMARIA: REALIZZA LA VALIGIA È tutto pronto. Carlo ha scoperto la sua vera identità: essere il fratello della moglie dello zar. Non resta che salutare gli amici, la terra e partire con Annetta alla volta di Pietroburgo. Ma non è facile lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto se si tratta di amici! Madama Fritz è molto triste per la partenza di Carlo, ma è comunque pronta a donare ancora tanto amore e tanta fiducia, e a incoraggiarlo a intraprendere la propria strada. Di certo Carlo, con tutto quello che dovrà portarsi dietro, avrà bisogno di una valigia enorme! Per aiutarlo a partire con tutto il necessario, i bambini ne costruiranno una insieme, simbolo di tutto ciò che è necessario portare con sé nel momento di partire verso il proprio futuro. La scenografia dello spettacolo è fatta di forme e colori ben precisi (un cerchio rosso, un rettangolo lungo blu...) con riferimenti visivi che derivano dalle avanguardie russe come il Suprematismo (si veda l’approfondimento sotto). Per questo motivo i bambini si ispireranno all’Arte Astratta per decorare la valigia di classe. Cari insegnanti, è importante mostrare in classe alcuni esempi di quadri degli esponenti più famosi affinché i bambini possano comprendere meglio la corrente artistica studiata e riconoscere le forme geometriche in cui viene semplificata la realtà. Nella sezione “Formazione” del sito Donizetti.org è disponibile il download di una dispensa con le immagini delle opere. ELENCO MATERIALI: - 2 fogli di cartone 70x100 (consegnati dalla Fondazione Teatro Donizetti) - cartoncino bianco - tempere colorate (colori a vostro piacimento) - colla, forbici, pennelli PROCEDIMENTO Si costruirà la valigia collettivamente utilizzando i due fogli di cartone 70x100 cm consegnati all’incontro con la Fondazione. La valigia potrà essere costruita della dimensione che si preferisce, purché stia nella grandezza dei 2 cartoni. Ecco un modo semplice per costruirla: 19
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Dopo aver costruito la valigia con il cartone, potrete scegliere un materiale per ricoprirla o un colore per dipingerla, lo sfondo deve essere uniforme. Ma come riempirla? La partenza è sempre associata a stati d’animo ed emozioni più o meno intense, talvolta contrastanti: possiamo ritrovare la paura o il timore, la nostalgia, ma anche felicità, entusiasmo e curiosità. Vista l’età dei bambini si consiglia di focalizzarsi sulle emozioni primarie e più semplici, quali paura, gioia, tristezza, sorpresa. Ed è proprio con queste emozioni e la loro rappresentazione grafica che faremo lavorare i bambini: si comincia col far riflette i bambini sul tema della partenza e del lasciare gli affetti, momenti che il protagonista sta attraversando, facendo emergere i loro pensieri con domande del tipo: secondo voi come si sentirà il protagonista? Quali emozioni potrebbe provare? Potrebbe essere necessario aiutare i bambini nell’individuare delle emozioni primarie che abbiamo individuato sopra. Dopo aver raccolto le impressioni dei bambini si può permettere l’identificazione personale, solo verbale: quando vi è capitato di provare quelle emozioni? Ciascun bambino è invitato a pensarci e condividere. E ancora: pensando di dover partire, come il protagonista, quale sarebbe tra quelle che abbiamo detto l’emozione/i che provereste di più? Possono anche sceglierne più di una, pensando a quale sentirebbe di più e quale meno. Ora rappresentiamo queste emozioni: diamo loro una forma e un colore! A questo punto si mostrano ai bambini forme di diverso tipo e dei colori tra i quali potranno scegliere, e il significato associato. Ogni colore ha un significato ben preciso e comunica particolari emozioni, proprio come l’Arte Astratta ci ha insegnato. Ecco alcuni esempi: - Bianco: sorpresa - Quadrato/rettangolo - Blu: tristezza - Trapezio/piramide - Rosso: rabbia - Triangoli - Giallo: gioia/felicità - Cerchio/ovale - Verde: disgusto - Curve - Nero: paura A questo punto i bambini sono invitati, individualmente, a scegliere una o più forme e colorarle con i colori che rappresentano le emozioni che ciascuno ha individuato. Ricordate che è possibile che un bambino individuai più emozioni e quindi più forme con diversi colori. La valigia di Carlo è pronta per essere decorata con le sagome di tutti i bambini, accostandole e cercando di trovare un modo per farle convivere tra loro. Il manufatto dovrà essere consegnato all’ingresso del teatro, prima che inizi lo spettacolo. 21
APPROFONDIMENTO: L’ARTE ASTRATTA Nei primi anni del XX secolo nasce una nuova corrente artistica che tenta di abbandonare la rappresentazione della realtà per semplificarla in linee, forme geometriche e colori: l’Arte Astratta. Il passaggio dall’arte figurativa all’astrattismo non è stato così semplice! Ci sono stati quadri diventati famosi per le loro sfumature, per la bellezza dei dettagli e per le luci ed ombre, altri invece sono stati rivoluzionari per la rinuncia a tutto questo. Gli artisti, dopo aver deciso di non volere più imitare la natura così com’era, hanno dovuto trovare un nuovo metodo per esprimere il mondo che li circondava. L’occhio dell’artista ha iniziato a guardare dentro di sé per raccontare il mondo fuori, dando nuove connotazioni alla forma ed il colore, caricandoli molto spesso di un significato emotivo e simbolico. LE AVANGUARDIE RUSSE: IL SUPREMATISMO All’interno dell’Arte Astratta ci sono vari esponenti e diverse correnti, quella su cui vogliamo concentrarci è il Suprematismo, una delle più importanti tra le avanguardie russe. Il Suprematismo, di cui il maggior esponente fu Kazimir Malevič, indica la supremazia della pura sensibilità nell’arte, l’espressione del sentimento più intimo, non inquinato da riferimenti ad oggetti esterni o da scopi politici, sociali e religiosi. Se inizialmente Malevič imitò la realtà semplificandola in forme geometriche (fig. 1), con il passare del tempo si concentrò solo sull’uso del colore nella sua espressione suprema, non dandogli più una funzione marginale e secondaria (fig. 2). La sua pittura, tra questi due estremi, si basa maggiormente sulla composizione di forme geometriche essenziali come cerchi, quadrati, rettangoli, linee, dipinte con pochi colori piatti (fig. 3). 22
FIG. 1 Un inglese a Mosca (1913) FIG. 2 Quadrato nero (1915) Stedelijk Museum, Amsterdam Galleria Tret'jakov, Mosca FIG. 3 Suprematismo (1915) Fondazione Beyeler, Riehen 23
SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO: REALIZZA IL “MOBILE” Nella storia di Pietro la giustizia e la verità vincono grazie alla fratellanza e all’amicizia tra i personaggi, riportando l’equilibrio tra tutti. Per raccontare questa storia, la scenografia dello spettacolo si è ispirata all’Arte Astratta: sono state utilizzate forme geometriche e colori ben precisi (un cerchio rosso, un rettangolo lungo blu...) con riferimenti visivi che derivano dalle avanguardie dei primi ‘900. Quale modo migliore per ritrovare questi elementi fondamentali se non guardando le sculture di Alexander Calder? Le sue sculture sospese, i “Mobiles”, non sono altro che forme astratte in equilibrio tra loro. Per questo gli studenti saranno chiamati a costruire una piccola opera d’arte ispirata proprio a questo grande artista: un “Mobile” di classe. Cari insegnanti, aiutate i ragazzi a comprendere come queste sculture aeree sono costruite, il loro movimento nello spazio e le regole dell’equilibrio. Fate notare che ogni forma e colore ha un significato ben preciso e comunica particolari emozioni, proprio come l’Arte Astratta ci ha insegnato (si veda l’approfondimento sotto). La scultura astratta non sarà altro che il simbolo dell’equilibrio e della giustizia di classe possibile solo tramite la fratellanza e l’aiuto tra i vari membri che la compongono. Nella sezione “Formazione” del sito Donizetti.org è disponibile il download di una dispensa con le immagini delle opere. ELENCO MATERIALI: - circa 6 mt di fil di ferro (consegnato dalla Fondazione Teatro Donizetti) - cartoncino bianco - tempere colorate (colori a vostro piacimento) - filo da pesca o nylon - pinze, forbici, scotch, pennelli - graffetta PROCEDIMENTO L’obiettivo è quello di realizzare un “mobile” di classe attraverso la costruzione di sagome personali. Ogni ragazzo potrà costruire la sua sagoma su cartoncino, libero di esprimere ciò che la storia di Pietro gli suscita, riportando poi queste emozioni nella propria storia personale. Ed è con queste emozioni e la loro rappresentazione grafica che faremo lavorare i ragazzi: Si comincia col far riflette i ragazzi sulle vicende che il protagonista sta attraversando, facendo emergere i loro pensieri con una serie di domande: secondo voi come si sentirà il protagonista? Quali emozioni ritrovate nella sua storia? Potrebbe essere utile aiutare i ragazzi a far emergere emozioni di vario tipo e a capirne la complessità, da quelle primarie (rabbia, paura, tristezza, gioia, disgusto, sorpresa) a quelle secondarie (vergogna, invidia, speranza, perdono, offesa...), più elaborate. Dopo aver raccolto le impressioni dei ragazzi si può permettere l’identificazione personale: quali emozioni ritrovate in particolare nella vostra vita? Possono anche sceglierne più di una, pensando a quali sono presenti in misura maggiore o minore. E ancora: quando vi è capitato di provare quelle 24
emozioni? Ciascun ragazzo è invitato a pensarci, ma non si propone la condivisione immediata. Ora rappresentiamo queste emozioni: diamo loro una forma e un colore! A questo punto si mostrano ai ragazzi forme di diverso tipo e dei colori tra i quali potranno scegliere, e il significato associato. Ogni colore e forma ha un significato ben preciso e comunica particolari emozioni, proprio come l’Arte Astratta ci ha insegnato. Ciascun ragazzo è invitato a scegliere la forma che più lo rappresenta associandovi il colore corrispondente alle emozioni che ciascuno ha individuato in precedenza. Ecco alcuni esempi: - Quadrato/rettangolo: fiducia, stabilità, - Bianco: sorpresa uniformità, onestà, uguaglianza, sicurezza - Blu: tristezza - Trapezio/piramide: crescita, maggiore - Rosso: rabbia stabilità - Arancione: vergogna - Triangoli: dinamismo, forza, tensione, - Giallo: gioia equilibrio, pace - Azzurro: speranza - Cerchio/ovale: completezza, amore, - Verde: disgusto movimento, protezione, femminilità - Nero: paura - Curve: creatività, ritmo, generosità - Rosa: perdono - Viola: invidia - Grigio: nostalgia - Marrone: delusione Ora sono invitati a scrivere dietro ad ogni forma, il momento o la circostanza nel quale ricordano di aver provato quella/e emozione/i. Si ricordano che possono prendere più forme, magari calibrando la dimensione a seconda dell’intensità dell’emozione provata. Si lascia poi la possibilità, per chi volesse, di creare una forma ed un colore con un significato personale ed importante per loro, che magari non sono presenti tra quelle proposte. Una volta costruite le sagome individuali, le si potrà dipingere a piacimento. È il momento di creare il “Mobile” di classe. Ogni sagoma dovrà essere sospesa con il filo di nylon o attaccandola direttamente al fil di ferro. Tagliate il fil di ferro alla distanza che preferite, è importante trovare più livelli affinché la scultura sia visibile e contenga tutte le sagome. Partite sempre dal basso per trovare il punto di equilibrio e salite fino al gancio per appendere la scultura. Il gancio può essere anche una semplice graffetta. La scultura dovrà essere visibile dalla platea, quindi tenete a mente che sia alta almeno 1 metro. 25
Finita la scultura potrete divertirvi a trovare un titolo che colga il suo significato. Il piccolo manufatto dovrà essere consegnato all’ingresso del teatro, prima dell’inizio dello spettacolo. Tutti i manufatti consegnati saranno, a tempo debito, inseriti nella scenografia. 26
APPROFONDIMENTO: L’ARTE ASTRATTA Nei primi anni del XX secolo nasce una nuova corrente artistica che tenta di abbandonare la rappresentazione della realtà per semplificarla in linee, forme geometriche e colori: l’Arte Astratta. Il passaggio dall’arte figurativa all’astrattismo non è stato così semplice! Ci sono stati quadri diventati famosi per le loro sfumature, per la bellezza dei dettagli e per le luci ed ombre, altri invece sono stati rivoluzionari per la rinuncia a tutto questo. Gli artisti, dopo aver deciso di non volere più imitare la natura così com’era, hanno dovuto trovare un nuovo metodo per esprimere il mondo che li circondava. L’occhio dell’artista ha iniziato a guardare dentro di sé per raccontare il mondo fuori, dando nuove connotazioni alla forma ed il colore, caricandoli molto spesso di un significato emotivo e simbolico. ALEXANDER CALDER E I SUOI “MOBILES” “Un mobile in movimento lascia dietro di sé una scia invisibile, o meglio, ogni elemento lascia una scia individuale dietro la propria singola presenza. A volte queste scie si contraggono una dentro l'altra, a volte invece sono visibili.” A. Calder Alexander Calder è un artista americano, tra i più importanti e creativi del Novecento, famoso per la sua rivoluzionaria concezione dell’arte come qualcosa che non è fermo, immobile, ma, al contrario, sempre in movimento e in trasformazione. Soprannominato il “meccanico artista”, inventa giocattoli, assembla oggetti, dipinge, crea gioielli e decora automobili e aerei fino ad arrivare alle famose sculture cinetiche. Nel 1926 crea il “Cirque Calder” (FIG. 1), un circo realizzato come un assemblaggio di minuscoli artisti, animali, attrezzi di scena, fatti con filo metallico, cuoio, stoffa e materiali di recupero vari. L'artista scoprì che gli piaceva lavorare con il fil di ferro, e ben presto cominciò a ricavare da questo materiale sculture in cui ritraeva gli amici e i personaggi del suo tempo. Arrivato a Parigi visita lo studio di Mondrian e rimane profondamente colpito da una parete tutta rivestita di rettangoli di cartone colorato, da quel momento si avvicinerà all’Astrattismo. “In quel momento pensai a come sarebbe stato bello se tutto avesse preso a muoversi”, racconterà in seguito, quasi a sottolineare come da quella visione fosse nata l’idea che sarà alla base del suo universo creativo. Calder realizzò la sua prima vera scultura cinetica, il suo primo “Mobile” al quale ne seguirono molti altri (FIG. 2-3), dando vita a un genere artistico del tutto nuovo. 27
FIG. 1 Cirque Calder (1926-31) FIG. 2 Cascading Flowers (1949) The Whitney's Collection, New York National Gallery of Art, Washington FIG. 3 Mobile (ca. 1934) Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 28
CANALE NARRATIVO SCUOLA PRIMARIA: UNA LETTERA PER DIRE GRAZIE Il maestro e l’allievo La Bergamo di primissimo Ottocento nella quale il giovane Donizetti si andava formando era un contesto denso e stimolante, una cittadina nella quale anche un giovane di pochi mezzi (quale Donizetti era) poteva avere accesso all’istruzione. Le Lezioni Caritatevoli di Musica, istituite per il Pio Istituto Musicale dal Maestro Simone Mayr, furono il luogo dove avvenne la formazione musicale di Gaetano Donizetti. Se è dunque vero che fin da bambino egli mostrò di avere doti innate, tuttavia queste vennero coltivate grazie ad un apprendistato che non si limitò al solo artigianato musicale, perché Giovanni Simone Mayr offriva ai suoi allievi anche lezioni di Cultura Generale, e coi più dotati intrattenne per tutta la vita un colloquio continuo e informale, attraverso incontri e scambi epistolari. Anche Donizetti gli scrisse sempre, per mantenerlo al corrente delle sue attività e per ringraziarlo del supporto dato. In virtù di questo rapporto speciale tra il maestro e l’allievo, ai bambini viene chiesto di condividere questo sentimento attraverso un’attività narrativa: la scrittura di una lettera, da indirizzare ad una figura di riferimento, per ringraziarlo/a della sua presenza e del suo aiuto. La lettera verrà poi lanciata sul palco in forma di aeroplano. Ai bambini si può suggerire di realizzarne due copie, una da lanciare in teatro e l’altra da conservare, nel caso decidessero di farla leggere al destinatario, o come ricordo di un importante momento di riflessione sui propri legami. Di seguito il testo inserito nel materiale per gli studenti. UNA LETTERA PER DIRE GRAZIE Il Maestro Mayr è stato una persona molto importante per me: oltre ad avermi insegnato la musica, mi ha salvato dalla bocciatura. Mica poco… Ero stonatissimo, non sapevo proprio cantare, ma avevo un dono che gli altri bambini più buoni e più intonati non avevano: sapevo comporre musica. Impiegavo tutto il mio impegno, tutto il mio tempo, sacrificandomi per quello che amavo fare: scrivere musica per gli altri. Il maestro Mayr lo sapeva e mi ha difeso, esattamente come Madama Fritz. Lui è il mio eroe, la musica la mia salvezza. In questo modo ho potuto continuare a studiare e diventare il compositore che desideravo essere. Sono molto riconoscente al mio maestro. Durante tutta la mia vita gli ho scritto delle lettere per ringraziarlo della fiducia avuta in me. Penso che sia molto importante saper riconoscere le persone che credono in noi, e ringraziarle per essere nella nostra vita. Sei pronto a dimostrare riconoscenza come ho fatto io? Sì? Allora scrivi una “lettera della gratitudine” ad un maestro, ad un genitore, oppure a qualcuno che ti ha aiutato, incoraggiato, qualcuno di cui non potresti mai fare a meno. Metti da parte la timidezza e scrivigli semplicemente grazie, oppure qualsiasi altra cosa il tuo cuore suggerirà. Poi piega la lettera per trasformarla in un piccolo aeroplano. Puoi usare il foglio che ti consegneranno le tue maestre, e seguire le istruzioni del modello che preferisci. Oppure, se ti senti più avventuroso, puoi scegliere una carta colorata, o trasformare in aeroplano un disegno fatto da te… via libera alla creatività! 29
Fallo volare alto, e lancialo sul palco al momento opportuno: creeremo una contagiosa tempesta che farà piovere gratitudine dappertutto! Ah, e a proposito: GRAZIE PER ESSERE QUI IN TEATRO CON ME, E PER AIUTARMI A FAR CONOSCERE E AMARE IL MIO NOME E LA MIA OPERA. 30
ISTRUZIONI PER LA COSTRUZIONE DELL'AEROPLANO Di seguito trovate alcuni modelli di aeroplano di carta con relative caratteristiche e appunti per la costruzione. Questi modelli, in ordine di difficoltà crescente, sono pensati a partire da un foglio A4 di grammatura 80, ovvero un normale foglio da fotocopie. Lo spessore della carta può influenzare il volo dell’aereo, che non deve essere troppo pesante né troppo leggero. Ad esempio, la grammatura standard del campionato mondiale è 100, che corrisponde all’incirca ad un foglio spesso di quaderno: tuttavia è possibile anche utilizzare un cartoncino leggero. Tenete presente che anche la colorazione della carta con pennarelli o la scrittura a mano possono influenzare il delicato equilibrio di volo. Due colori diversi sulle due facce dell’aeroplano lo rendono più allegro e movimentato, ma attenzione alla leggibilità del testo (alcune lettere verranno lette a prima vista dagli attori in scena). Suggerite sempre ai bambini di seguire le indicazioni e le linee di piegatura con precisione ed attenzione, e di fare qualche prova (su carta di riciclo) perché possano impratichirsi con il modello scelto per la loro lettera. Buon divertimento! Carlo: Semplice ma efficace, se realizzato bene può raggiungere grandi distanze e donare grandi soddisfazioni. 31
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