Pier Ugo e Ugo Gobbato Due vite per l'automobile - AISA - Associazione Italiana per la Storia dell'Automobile
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Pier Ugo e Ugo Gobbato Due vite per l’automobile AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile con il patrocinio del Comune di Volpago del Montello MONOGRAFIA AISA 86 1
Pier Ugo e Ugo Gobbato Due vite per l’automobile AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile con il patrocinio del Comune di Volpago del Montello 2 Prefazione Roberto Toffoletto 3 Ugo e Pier Ugo Gobbato, attori di un’epoca Lorenzo Boscarelli 4 90 anni nella vita di Pier Ugo Gobbato (curriculum vitae e decorazioni al valor militare) 6 Pier Ugo Gobbato. A futura memoria Intervista di Lorenzo Boscarelli e Angelo Ruffini, Torino 4 marzo 2008 13 Lancia Stratos. Auto vincente contro tutto e contro tutti Pier Ugo Gobbato 17 Ricordo di Ugo Gobbato a 50 anni dalla morte Duccio Bigazzi 23 I Gobbato. Storia e valori ritrovati a Volpago del Montello Marino Parolin 26 Volpago del Montello MONOGRAFIA AISA 86 1
Prefazione Lorenzo Boscarelli E’ per me un grande onore presentare questo do- cumento in ricordo di due grandi uomini, Pier Ugo e Ugo Gobbato. quello non fosse altro che il primo di tanti omaggi rivolti a una così importante figura. Indipendente e dinamico, la sua spiccata intelligenza gli ha consentito, Il Comune di Volpago del Montello rende omaggio seguendo la tradizione del padre, di distinguersi come oramai da tempo all’ingegner Ugo Gobbato con l’in- uno dei massimi dirigenti industriali del settore auto- titolazione della sala consiliare in suo onore, quale il- mobilistico, non solo grazie alla sua dedizione totale lustre cittadino distintosi nel mondo automobilistico al lavoro, ma anche grazie a una concezione moderna italiano e internazionale per le sue capacità professio- della produzione, che lo rese aperto alle novità e ri- nali e umane. volto costantemente al futuro. Quello che, però, più Alla sua memoria sono inoltre dedicati i premi di stu- mi ha colpito di quest’uomo è stata la commozione dio comunali per gli studenti meritevoli. che lo invadeva ogni volta che si parlava di Suo padre, Nel novembre dell’anno 2007, è stata conferita la cit- nonostante fossero passati oltre60 anni da quei tragici tadinanza onoraria al figlio dell’ingegner Gobbato, eventi, segno questo di grande sensibilità d’animo e Pier Ugo, il quale, pur essendo nato a Firenze, aveva dei grandi valori morali che lo hanno guidato nella mantenuto un solido legame con la terra natale del vita. padre. La commozione reciproca e la gioia che in quel Per questo motivo, ringrazio l’Aisa che ha fortemente giorno l’ingegner Pier Ugo è riuscito a portare a Vol- voluto questa pubblicazione che ha dato modo, non pago, ringraziando commosso quando l’unico a essere solo a me, ma a tutti noi di ricordare con orgoglio il ringraziato doveva essere lui, hanno segnato profon- costante e silenzioso impegno di un uomo per un’a- damente il nostro Comune, determinato a far sì che zienda, per un ideale. L’avvocato Roberto Toffoletto è sindaco del Comune di Volpago del Mon- tello. 2
Ugo e Pier Ugo Gobbato Attori di un’epoca Lorenzo Boscarelli L’ automobile è uno degli oggetti simbolo del No- vecento, per il suo portato di rivoluzionaria in- novazione nel modo di concepire le distanze, quindi le prefazione del sindaco, avvocato Roberto Toffoletto, e nel testo del dottor Marino Parolin, al cui impegno si deve la continuazione del ricordo dei Gobbato, non relazioni con i luoghi della vita, del lavoro, dello sva- solo a Volpago. go; per i suoi effetti sull’ambiente naturale e urbaniz- Ugo Gobbato fu una figura centrale dello sviluppo zato; per la crescita economica che dall’automobile ha dell’automobile (e della meccanica) tra le due guerre tratto grande e rinnovato impulso; per lo sviluppo di mondiali. Fu il periodo, in Europa, delle grandi rea- nuove tecnologie di produzione e forme organizzative lizzazioni industriali, delle enormi fabbriche e dell’in- della fabbrica e delle aziende; per la sua carica simbo- troduzione delle nuove tecniche organizzative e ge- lica, che si amplia ai protagonisti: capitani di industria, stionali, necessarie al governo di organizzazioni vaste, campioni sportivi, tecnici, designer. multilocalizzate e complesse. Ugo Gobbato, prima Un fenomeno di così vasta portata attira grandi talen- alla Fiat, poi alla Riv, per la quale fu trasferito in Unio- ti, per le sfide che pone e per le prospettive che offre: ne Sovietica a creare una nuova, gigantesca fabbrica realizzazione personale e partecipazione a eventi che di cuscinetti a sfere, infine all’Alfa Romeo, ebbe un condizionano il presente e il futuro. Non è quindi un ruolo cruciale per la crescita delle aziende che si trovò caso che grandi personalità si siano manifestate nello a dirigere, manifestando in tutte queste vicende non sviluppo della motorizzazione e abbiano dato un con- solo grandi capacità professionali, ma anche un senso tributo decisivo. La storia dell’industria è una discipli- del proprio dovere di guida e di responsabilità verso na affermata, ma non tutti i protagonisti hanno finora la collettività che ne caratterizzano in modo insigne avuto un adegua-to riconoscimento. e peculiare la figura di uomo e capita-no di industria. L’Aisa, con questa pubblicazione, intende contribuire L’assassinio che troncò la sua vita appena dopo la Li- a diffondere la conoscenza e il valore di due figure berazione fu un episodio odioso, al termine di un pe- di grande portata nello sviluppo della motorizzazione riodo tragico per tutta l’umanità, e privò l’Italia di una in Italia, gli ingegneri Ugo Gobbato e suo figlio, Pier persona che avrebbe di certo dato un contributo di Ugo: protagonisti di epoche diverse, entrambi con grandissimo valore alla ripresa post-bellica. ruoli di primo piano, entrambi legati a Volpago del Pier Ugo Gobbato fu pilota di aerei da caccia nella se- Montello, dove la famiglia era tra quelle più in vista. conda guerra mondiale, pluridecorato. Negli anni suc- Siamo particolarmente onorati di avere avuto il patro- cessivi, assunse responsabilità sempre più rilevanti in cinio del Comune di Volpago del Montello. diverse imprese industriali, fino a diventare diretto-re Le pagine che seguono presentano un documento fi- generale della Ferrari, nel delicato periodo precedente nora inedito, che pensiamo abbia un notevole signi- l’ingresso della Fiat nell’azienda di Maranello. ficato nell’inquadrare la personalità e i tempi di Pier Ebbe poi la responsabilità gestionale, con la mansio- Ugo Gobbato: una lunga intervista avvenuta nella sua ne di direttore generale, della Lancia, glorioso mar- casa di Torino il 4 marzo 2008, tra le 11 e le 13, nono- chio che stava vivendo un momento di problematico stante l’indebolirsi della sua salute. Comprendono la passaggio verso un nuovo posizionamento. Persona riedizione dei testi di due conferenze Aisa: quella che di grande equilibrio e tatto, gestì brillantemente en- Duccio Bigazzi dedicò a Ugo Gobbato nel 1995 e la trambe le aziende, e concluse la sua permanenza in storia della nascita della Stratos raccontata dal prota- Lancia nel periodo in cui un modello di grande suc- gonista, Pier Ugo Gobbato (socio Aisa dalle origini cesso sportivo, la Stratos, da lui voluto contro tutte le dell’Associazione) nel 2000. Il forte legame dei Gob- difficoltà e gli ostacoli, riportò la Casa torinese a una bato con Volpago del Montello è focalizzato nella grande notorietà mondiale. Lorenzo Boscarelli, ingegnere, è presidente Aisa. 3
90 anni nella vita di Pier Ugo Gobbato Andrea Curami 1918 Il 12 giugno nasce a Firenze da Ugo e Dianella Gino Cornaggia Medici su Alfa Romeo 6C 2500 Mairsaj. Corsa n. 18. 4° assoluto con km 872,740. 1919 La famiglia si trasferisce a Torino: Ugo Gobbato 1941 Ottiene la laurea in Ingegneria Industriale, Sotto- entra in Fiat. sezione Meccanica, a Milano. Prende il Brevetto 1924 Frequenta la scuola elementare a Torino e le su- di Pilota Civile 1° Grado alla scuola di volo della periori quale convittore al Real Collegio Carlo Breda a Bresso (Milano). Arruolato (luglio) nel- Alberto, Moncalieri. la Regia Aeronautica: alle scuole di volo di Fal- 1936 Si iscrive al Politecnico di Milano. conara, Pistoia e Fano per il 1° Periodo e poi a 1937 Partecipa alla Mille Miglia con Mario Camellini Gorizia e Campo-formido per la Scuola Caccia. su Fiat 508 CS Balilla Sport n. 42 (Categoria Tu- 1943 Assegnato a maggio al 4° Stormo-9°Gruppo-73° rismo 701-1.100 cc), messa a disposizione dalla Squadriglia con il grado di sottotenente pilota. Scuderia Ferrari. Ritirato dopo Firenze. Vola su Macchi 202 e 205. Il 15 agosto, viene ab- 1938 Partecipa alla Mille Miglia con Enrico Nardi su battuto in combattimento. L’8 settembre è all’ae- Lancia Aprilia speciale n. 75 (Categoria Sport roporto di Gioia del Colle con il proprio reparto Nazionale 1.100-1.500 cc), messa a disposizione che viene trasferito a Brindisi e poi a Lecce e dalla Scuderia Ferrari. 37° assoluto e 7° di Ca- inquadrato nella Balkan Air Force dell’Aeronau- tegoria. tica Cobelligerante, sottocomando inglese. 1939 Partecipa al Volante d’Argento su Alfa Romeo 1944 Il 4° Stormo viene dotato dei Bell P-39 Aira- 6C 2500 Berlina. Ritirato per guasto meccanico. cobra con i quali effettua numerose missioni di Partecipa (15 agosto) alla 7° Targa Abruzzo- guerra sui Balcani. Coppa F.A.S.I., durata 8 ore, con il marchese 1945 In congedo illimitato da luglio. 1946 Entra alla Motori Marini G. Carraro di Milano come assistente del direttore di produzione. 1949 Nominato direttore generale, Motori Ma- rini G. Carraro. Decorazioni al valor militare 1952 Partecipa alla Mille Miglia con Baroni su Lancia Aurelia B21 n. 211. Ritirato a pochi km dall’arri- Medaglia d’argento “Generoso pilota da caccia vo per guasto meccanico. in numerose azioni di guerra e aspri combattimen- 1955 Entra alla Fiat Grandi Motori, Torino come assi- ti dava prova di aggressività e audacia conseguendo stente del direttore generale. brillanti risultati individuali e collaborando alle vit- 1957-1958 Su incarico dell’ingegner Gaudenzio Bono, torie del proprio reparto. Portatosi in territorio sul direttore generale Fiat, tiene i contatti con la quale si era già pronunciata l’offesa di truppe para- Osca per l’utilizzo di un loro motore 1,5 litri su cadutiste nemiche, con sprezzo del pericolo, riusciva di una nuova vettura spyder che dovrebbe co- a trarre in salvo prezioso materiale. Fronte siculo- struire Pininfarina. Dirige le prove per l’installa- calabro-pugliese, 21 giugno 1943-8 settembre 1943. zione di freni adisco Girling sui prototipi. Cielo dei Balcani 9 settembre 1943-1 ottobre 1944” 1958 Nominato vice-direttore della Sezione SPA del- (Bollettino Ufficiale 1946 disp. 21a pag. 1393) la Fiat: autoveicoli industriali, trattori ruotati e cingolati. Croce di guerra “Audace pilota da caccia, già di- 1962 Nominato direttore generale della Società Mo- stintosi in precedenza, partecipava a rischiose azio- tori Marini G. Carraro, acquisita nel 1961 dalla ni offensive contro un nemico agguerrito e tenace, OM-Gruppo Fiat. superando le difficoltà del sorvolo di lunghi tratti 1965 In aprile, entra alla Ferrari con la mansione di di mare a bordo di velivoli di menomata efficien- direttore generale. za. Cielo dei Balcani 31 ottobre 1944-29 dicembre 1966 A novembre, rientra in Fiat come assistente del 1944” direttore della Divisione Servizi di Produzione. (Bollettino Ufficiale 1946 disp. 19a pag. 1064) Partecipa alla definizione degli accordi di col- 4
laborazione e acquisizione della Allis Chalmers (USA) e di partecipa-zione maggioritaria Fiat nel capitale della Ferrari Automobili. 1969 Nominato vice-direttore generale Lancia Auto- mobili, a seguito dell’acquisizione da parte della Fiat. 1970 In aprile, nominato direttore generale Lancia. 1976 Lascia la direzione generale Lancia per divergen- ze di vedute sulla conduzione e strategia Lan- cia nei confronti dell’azionista Fiat. In qualità di consulente dell’amministratore delegato Fiat, collabora all’impostazione della Fiat Panda. 1977 Conclude la consulenza Fiat e lascia definitiva- mente il settore automobilistico. Diventa consi- gliere delegato della Favretto (macchine utensi- li), incarico che tiene fino al 1980. 1993 Assume l’incarico di presidente della Edoardo Lossa di Cesano Boscone (Milano). Si dimette nel 2002. 2008 Il 20 dicembre si spegne nella sua casa di Torino. 5
Pier Ugo Gobbato A futura memoria Intervista di Lorenzo Boscarelli e Angelo Ruffini “A vrei molto altro da raccontare su Valletta” ci disse nel salutarci Pier Ugo Gobbato quel sabato 1 dicembre 2007 al Centro Congressi del Lingotto, al giore Ruspoli, che allora faceva da collegamento con lo Stato Maggiore. L’8 settembre mattina dal campo base di Pescara raggiunsi il mio Stormo a Gioia del termine della Conferenza organizzata dall’Aisa in col- Colle in Puglia. Qui, nel pomeriggio, ci giunse la no- laborazione con Fiat Group sul tema “Vittorio Vallet- tizia dell’armistizio: venne annunciato, con gioia, che ta e la Fiat”. la guerra era finita. Per noi la notizia fu lacerante: non Nel suo breve intervento aveva solo tratteggiato un ri- capivamo come si potesse essere contenti che la guerra cordo del “professore” che, amico di suo padre, aveva fosse finita visto che ci trovavamo nello stesso campo potuto conoscere personalmente. con i tedeschi coni quali dividevamo anche la mensa. Ci ripromettemmo di incontrarci a breve scadenza per Quella sera, ci trovammo con i piloti tedeschi, noi da raccogliere una più completa e preziosa testimonianza una parte e loro dall’altra, ci salutammo e ci abbrac- per arricchire la consueta monografia sull’evento. ciammo augurandoci reciprocamente di non trovar- Poi subentrarono suoi problemi di salute e riuscim- ci mai in volo insieme. Non ci rendevamo conto di mo ad incontrarci solo il 4 marzo 2008, quando fu come fosse possibile che Badoglio, in quel momento in grado di riceverci, come aveva promesso, nella sua Capo di Stato Maggiore e del Governo, non avesse bella casa di Torino, al di là del Po, a pochi passi dal dato disposizioni sul da farsi almeno ai capi. Alla sera Ponte Umberto I. Gentile e cordiale come sempre, del 9 settembre eravamo ancora a Gioia del Colle sen- si era messo a nostra disposi-zione accomodato nella za sapere cosa dovessimo fare. Per fortuna, il tenente poltrona preferita del suo accogliente salotto pieno di colonnello Armando François prese le redini della si- fotografie e di cimeli di famiglia, con due grossi libri tuazione e ci fece trasferire a Lecce in un aeroporto di aeronautica e il telefono a portata di mano. “Allora, abbandonato dai tedeschi e dove arrivammo senza ingegnere, cosa ci può dire di Valletta?” gli chiedemmo per particolari difficoltà. Lì iniziarono i contatti fra il no- rompere il ghiaccio. stro Stato Maggiore e le truppe inglesi e americane e “Ho un particolare legame con Valletta – cominciò lui – fummo poi inquadrati nella Balkan Air Force. Non dal quale mia madre mi mandò quando rientrai dal servizio ne eravamo entusiasti, ma, egoisticamente, fu molto militare”. comodo poter eseguire degli ordini. Qualcuno di noi E a questo punto, con gli occhi chiari che si illumina- che avesse sentito il richiamo della famiglia più forte vano mentre parlava e la voce talvolta rotta dall’emo- del dovere militare avrebbe potuto in quel momento zione, lasciò scorrere liberamente per un paio d’ore il pensare di andare al Nord, ma non ci fu quasi nessuno flusso dei ricordi. che lo fece. Così restammo lì ad aspettare gli eventi. Tutto il mese di settembre servì per l’inquadramento Pilota di guerra e per familiarizzare con i militari inglesi che comanda- Mio padre è stato ammazzato prima che io rientrassi vano la Balkanian Air Force. Non erano simpaticissi- dal Sud, dove ero distaccato con il mio Stormo dell’A- mi, ma si comportavano da signori. eronautica Militare. Non ho più rivisto mio padre dal In ottobre, durante le giornate della cosiddetta insur- settembre 1943, quando mi recai a Lonate Pozzolo rezione di Napoli, i tedeschi, nell’evacuare la zona, per ritirare un nuovo aereo. Siccome non era ancora occuparono lo stabilimento di Pomigliano d’Arco pronto, ho passato un paio di giorni con mio padre e dell’Alfa Romeo dove venivano montati i motori AR ho avuto l’involontaria cattiveria di dirgli: “Credo sia 1000 su licenza Daimler-Benz (il DB 601 da 1000 CV) l’ultima volta che ci vediamo”. Lo dicevo per me che, con i pezzi che arrivavano da Milano o dalla Germa- abbattuto pochi giorni prima, ero ben consapevole dei nia. Prima di andarsene, i tedeschi rasero al suolo lo rischi del combattimento aereo. Lui si mise a piange- stabilimento facendo saltare tutte le macchine una per re e io provo ancora oggi questo rimorso: non volevo una e facendo crollare sui rottami tutto il capannone. certo farlo piangere, ero io che avevo ragione di pian- Malgrado questo, mi incaricarono, in quanto figlio del gere! Era il 6 settembre 1943 quando lo salutai. Il gior- direttore generale dell’Alfa Romeo e per di più inge- no dopo, partii da Lonate con un Macchi 205 insieme gnere, di andare a cercare di recuperare fra le macerie ad altri tre piloti del 4° Stormo, accompagnati dal mag- pezzi di ricambio per i motori dei nostri aerei. 6
Il 13 ottobre 1943, fui distaccato a Napoli. A Pomi- disse: “Sappiamo che lei è il figlio del direttore gene- gliano trovai un ambiente affettuoso come persone, rale dell’Alfa Romeo: vuole per favore darci qualche ma assolutamente scoraggiante per il mio compito di indicazione per l’inquadramento della fabbrica di Mi- recupero. Ci buttammo ugualmente fra le macerie ri- lano?”. uscendo a portare via qualcosa, ma soprattutto (e fu Risposi: ”Colonnello, lei sa che io ormai sono dalla il fatto più importante) a formare, su indicazione del vostra parte, però nella fabbrica di Milano potrebbe colonnello François, due squadre di operai che si mi- esserci mio padre e quindi io di informazioni non vene sero volontariamente a disposizione dell’Aeronautica do. Voi tanto sapete meglio di me dove è la fabbrica”. Militare: una per i motori e l’altra per le apparecchia- Lui mi ringraziò, mi strinse la mano e mi lasciò anda- ture di bordo. Con l’aiuto di questi due gruppi e con re. Sono episodi che restano nella testa e nel cuore. il materiale recuperato, l’Aeronautica andò avanti fino Tornato allo Stormo ripresi le operazioni. Avevamo all’esaurimento delle sue forze. fatto delle riunioni fra di noi dove avevamo deciso che Alla vigilia di Natale 1943, esaurito il mio compito a nessuno avrebbe voluto combattere sul fronte italia- Napoli, rientrai al mio Stormo a Lecce. no o contro soldati italiani. Lo facemmo presente e Tutto sommato, preferivo tornare a volare anche se gli inglesi ne tennero conto e ci mandarono sempre era più pericoloso. su obiettivi nei Balcani dove tutto l’esercito tedesco Boscarelli– Qual era il suo grado e che aereo pilotava era in ritirata. Le nostre azioni si concentrarono su quando è stato abbattuto? mitragliamenti contro truppe e carriaggi. Un lavoro Gobbato– Il mio grado era Sottotenente Pilota di Com- duro e pericoloso perché si trattava di zone impervie plemento. Avevo 25 anni. e montuose e perdemmo molti piloti. Fra l’altro, il co- Sono stato abbattuto il 15 agosto 1943 mentre ero mandante del nostro Stormo, il capitano Mariotti, un involo di pattuglia, pieno di rabbia e di paura di non piemontese coraggioso che veniva dalla gavetta, cadde cadere in territorio italiano(1). Allora facevamo dei voli proprio durante una di queste azioni. Eravamo con- stupidi, perché andavamo ad intercettare la caccia in- vinti che il nostro aiuto avrebbe giovato poco alla no- glese mentre i bombardieri inglesi ci bombardavano. stra causa, ma lo facevamo perché ci avevano detto di Ma non potevamo fare altro. farlo. I nostri alleati accettavano ben volentieri, anche Attaccare in volo la squadra dei bombardieri voleva se a denti stretti, il nostro aiuto e lodavano le nostre dire il suicidio, visto il volume di fuoco che erano in azioni, anche se affrontate con lo spirito garibaldino grado di sviluppare. Quindi facevamo questi voli e italiano. quando ogni tanto trovavamo la caccia ingaggiavamo Da Lecce passammo a Brindisi e da qui nella piana di dei duelli, che se non altro mi sono serviti per capire Foggia, dove erano state ricavate delle piste di fortuna cosa bisognava non fare quando si è attaccati. Quando non lontano da San Giovanni Rotondo. Eravamo al- sono stato abbattuto (ma è caduto anche il mio avver- loggiati in tende e in baracche in questa pianura acqui- sario) ero per fortuna sulla riva del mare a sud di Vibo trinosa piena di bufali. Una zona umida e inospitale, Valentia: sotto di me c’era la spiaggia di Rosarno Ca- dove passammo tutto l’inverno del 1943 e la prima- labro ed ero in dubbio se atterrare sulla spiaggia o sul vera del 1944. Poi, salimmo a Termoli, dove il nostro limite dell’acqua. Il limite dell’acqua mi faceva paura campo non attrezzato era stato ricavato nella zona in perché pochi giorni prima un aereo dei nostri era arri- cui sarebbe stato costruito lo stabilimento Fiat. Erava- vato lungo sulla pista che terminava in un canale, era mo arrivati alla tarda primavera 1944 e, poiché i nostri capottato e il pilota era rimasto con la testa sott’acqua, aerei erano ormai a fine vita operativa, gli inglesi deci- annegando. Questo pensiero, che mi balenò in pochi sero di fornirci i Bell P39 Airacobra. istanti, mi fece decidere per la spiaggia che dall’alto Si trattava di un aereo dalle caratteristiche poco acro- sembrava anche piatta, ma che, invece, da vicino si ri- batiche, ma spaventosamente armato: un cannone velò piuttosto ondulata. Ma ormai non c’era più nien- da 37 mm che sparava attraverso il mozzo dell’elica, te da fare: il motore era grippato, colpito al radiatore due mitragliatrici da 12,7 mm e quattro da 7,7 mm. Il dell’acqua. Mi andò bene: l’aeroplano prese due o tre motore, un Allison da 1.500 CV, era sistemato dietro dunette di sabbia, si spaccò in due ma resistette ed io il posto di pilotaggio e l’asse dell’elica passava sotto ne uscii con pochi danni. Era un Macchi 205, un gran- le gambe del pilota. L’aereo non era molto manovra- dissimo aeroplano. Purtroppo ne avevamo pochi nel 4° Stormo: forse 15, una quantità che, in precedenza, era la forza di una Squadriglia. Dopo il periodo di Pomigliano d’Arco, dove ero ospi- 1. Il sottotenente pilota Pier Ugo Gobbato era in forza alla 73ª Squa- tato nella casa di operai dell’Alfa Romeo che mi si af- driglia del 9° Gruppo del 4° Stormo “F. Baracca”, allora decentrato fezionarono molto, tornai allo Stormo dove l’Intelli- sull’aeroporto avanzato di Finocchiara (Sicilia). Le cronache lo citano gence Service inglese, che sapeva chi ero, mi chiamò. quale autore del “danneggiamento” di un bombardiere quadrimotore il Il colonnello comandante, molto formalmente mi 6 luglio 1943. 7
bile in quanto il peso era concentrato sul baricentro, Forse sapevano già della morte di mio padre e teme- ma era molto stabile. Noi eravamo abituati al Macchi vano che io potessi avere delle reazioni poco control- 205 che, quando si lasciava il comando, metteva giù il labili. Ma io non avrei potuto comunque far niente. muso e prendeva una velocità che arrivava sui 1.000 Mia madre era rimasta sola con i miei cinque fratelli km/h; che vibrava quando si superava la barriera del non arruolati. Quando arrivai a casa trovai una donna suono, ma con il quale si poteva fare quello che si disperata anche perché mio padre aveva una assicura- voleva(2). Con il P-39, invece, bisognava stare molto zione sulla vita che però escludeva “l’insurrezione po- cauti: i primi che lo provarono con un pilotaggio all’i- polare”: la compagnia di assicurazione si appoggiò su- taliana andarono a schiantarsi al termine di una vite bito a questa clausola. Con la medesima motivazione, piattarovescia, dalla quale non si riusciva più a uscire. l’Alfa Romeo non liquidò neanche una lira. Mia madre Con questi aerei continuammo dalla base di Termoli si trovò senza una lira e si arrangiò vendendo ad amici a fare operazioni di attacco alle retrovie dei tedeschi i pochi gioielli che aveva conservato. Cominciammo e arrivammo fin quasi al Nord, tanto che ad un cer- poi le pratiche anche legali per cercare di portare a to momento potevamo fare rifornimento sull’isola di casa almeno il risarcimento dell’assicurazione. Grazie Lissa in Jugoslavia, che era stata presa dai partigiani, all’ing. Einaudi dell’IRI riuscii a ottenere almeno la per poi infilarci nell’entroterra jugoslavo e continua- liquidazione maturata in dieci anni: 902.000 lire. Ma re le azioni di disturbo e mitragliamento e, quando non subito: almeno sei mesi dopo la morte mentre il possibile, distruzione delle colonne tedesche. Questo valore della lira precipitava. fino alla fine della guerra. Negli ultimi mesi, le nostre L’IRI decise poi, 4 o 5 anni dopo, di accordare un’ul- missioni diminuirono perché era ormai evidente che teriore liquidazione di 5 milioni di lire, in considera- la guerra stava finendo. zione della durata del contratto di collaborazione che Boscarelli– Lei ha pilotato anche qualche altro aereo mio padre aveva appena firmato. I politici si mossero inglese o americano? molto poco e con molta difficoltà: riuscimmo ad ave- Gobbato– No, ma ho provato il Messerschmitt Bf109 re dopo 7/8 anni una sentenza di condanna da parte quando sembrava che la Regia Aeronautica dovesse del Tribunale di Milano dell’autore riconosciuto del prenderne un certo numero. Si è trattato solo di un fatto, un ex-operaio di mio padre, che, tuttavia, venne breve collaudo: non è che l’aereo mi entusiasmasse. subito amnistiato. Un particolare interessante è che Era meglio il Macchi 205, che era all’altezza dello questo operaio era stato collaboratore di mio padre Spitfire, anche se quest’ultimo non l’ho mai pilotato. quando aveva lavorato in URSS fra il 1929 e il 1932. Purtroppo, il Macchi 205 era molto costoso anche Esiste una fotografia dell’inaugurazione dello stabili- perché prodotto in quantità insufficienti. mento RIV di Mosca in cui si vede tutta la gerarchia Io ho preso il brevetto di pilota alla scuola della Breda, dello stabilimento con in mezzo il Presidente del Pri- che aveva un’officina sul campo di Bresso, a nord di mo Piano Quinquennale Sovietico. Fra i personaggi Milano. Alla Breda come collaudatore c’era il colon- c’è Palmiro Togliatti e, seduto davanti a lui, c’è proprio nello Masiero, che aveva fatto il raid Roma-Tokio nel l’assassino di mio padre. 1920 con Arturo Ferrarin. Un veneto simpaticone, vo- Secondo me, chi ha dato l’ordine di uccidere mio pa- lavo parecchio con lui. La Regia Aeronautica mandò dre è stato Togliatti per eliminare un potenziale peri- Francesco Agello a Bresso per i collaudi di accettazio- coloso testimone di prima mano del totale fallimento ne, in quanto la Breda forniva alla Regia Aeronautica i del Piano Quinquennale. Del resto, Togliatti aveva fat- Macchi 200costruiti su licenza. Un disgraziato giorno to cose terribili in Russia, liberandosi senza scrupoli di (io non ero già più lì), durante una sessione di collau- di, Masiero stava decollando mentre Agello contem- poraneamente stava atterrando. Agello, che era molto piccolo e non riusciva a guardare giù dal Macchi che 2. È impossibile che un aereo a elica possa superare la velocità del suono. Però, in certe condizioni di volo e dell’atmosfera, può avvicinare la fase aveva le paratie molto alte, atterrò proprio su Masiero. transonica inducendo così fenomeni vibratori, oggi ben conosciuti e chiama- Morirono entrambi. Un episodio molto importante ti “flutter”. Le estremità delle pale dell’elica possono entrare in fase tran- per la storia dell’aviazione italiana perché riguarda due sonica senza che vi entri anche l’intera cellula. Non risulta che il Macchi grandi pilo-ti, ancora oggi giustamente ricordati. 205 potesse raggiungere velocità dell’ordine di 1.000 km/h in picchiata e nemmeno sono stati documentati fenomeni di flutter con le eliche utilizzate Quel tragico aprile 1945 con i motori della famiglia DB 601-605 utilizzati sul Macchi 205. Quando finì la guerra nell’aprile 1945, fui mandato in In assetto picchiato alla velocità massima, l’intera cellula iniziava a vi- brare per effetto aerodinamico in quanto l’aereo stava per uscire dal suo licenza e mi trovavo a Roma, dove mi raggiunse in inviluppo di volo e la resistenza strutturale della cellula si avvicinava ai maniera crudele la notizia della morte di mio padre. carichi di rottura. Avevo già chiesto di andare al Nord per rivedere la mia Forte delle esperienze e conoscenze aeronautiche posteriori al 1944, Pier famiglia, anche perché la posizione di mio padre non Ugo Gobbato può avere citato la “barriera del suono” quale esemplifi- mi lasciava tranquillo. Ma non mi lasciarono andare. cazione dei fenomeni vibratori da lui sperimentati con il Macchi 205. 8
amici e conoscenti che lo adombravano o che avreb- se la Fiat stessa non fosse stata d’accordo. Allora Fer- bero potuto farlo al suo ritorno in Italia. rari parlò con l’ingegner Bono, perché Valletta non Questa fotografia lascia perplessi: quest’individuo era aveva molta fiducia in Ferrari, che considerava come un operaio comunista e stava seduto proprio davanti a un uomo senza scrupoli e lo giudicava “un presun- lui che era il capo dei comunisti. tuosetto”. La mia è una argomentazione; ha cercato di dimo- A un certo punto, l’ingegner Bono mi disse: ”Adesso strarla un giornalista del Giornale, che purtroppo è tu vai alla Ferrari, stai là a nostre spese come dipen- morto di cancro: Dario Riva. Era addirittura riuscito dente Fiat, ma fai il direttore generale della Ferrari e a contattare l’assassino di mio padre ricavandone la poi, alla fine di un periodo di prova, stabiliremo se sensazione che ci fosse stato questo ordine. Tuttavia tu e Ferrari andate d’accordo e vedremo cosa fare”. non è riuscito a tirar fuori la verità. Non c’è quindi la Nella primavera 1964, strinsi questo patto, che ven- possibilità di dimostrare questa tesi. ne realizzato un anno dopo, quando fui nominato direttore generale della Ferrari, ma finanziariamente Il primo posto di lavoro a Milano a carico della Fiat. Il periodo di prova durò fino a tut- La chiamata alla Fiat to il 1965. L’ingegner Bono chiamò Ferrari e me e ci L’1 gennaio 1946, iniziai a lavorare alla Motori Marini chiese se eravamo reciprocamente contenti. Entrambi Carraro di Milano. Carraro era stato compagno di mio dicemmo di sì. Così io fui liquidato dalla Fiat e assun- padre all’Istituto Tecnico Rossi di Vicenza, una scuola to dalla Ferrari come direttore generale. La situazione molto apprezzata all’epoca. Vi lavorai 10 anni, anche Ferrari era finanziariamente e tecnicamente difficile in se mia madre mi aveva detto di andare alla Fiat a tro- quel momento, anche se avevamo vinto il Campiona- vare Vittorio Valletta e l’ingegner Gaudenzio Bono to Mondiale F1 1964. Il mio compito si presentava (che era stato, a suo tempo, il segretario di mio padre) oneroso, ma con l’aiuto della Fiat tutto divenne più alla Fiat per sentire se mi avrebbero assunto. Ma io facile, anche se proprio questo intervento stimolò un non volevo andare alla Fiat perché trovavo più for- maggiore interessamento della Ford, che tentò di ac- mativo fare esperienza in una piccola azienda come quistare la Ferrari in varie maniere, anche indiretta- la Carraro, dove si poteva essere coinvolti in tutte le mente tramite una società di cui facevano parte dei varie attività aziendali. Nel 1956, la Carraro vinse una pezzi grossi dell’aviazione. Ferrari disse: “Io vado con gara per la fornitura motori per le locomotive ferro- gli americani”. Ne parlai con l’ingegner Bono, che era viarie della Badoni di Lecco, in contrasto con la Fiat. il mio referente alla Fiat, mentre Valletta non era mol- Allora, il professor Valletta mi chiamò e mi disse: to dell’idea. L’ingegner Bonomi chiese di dirgli cosa “Adesso sei maturato, adesso vieni da noi”. volesse Ferrari per dare la preferenza alla Fiat e che Risposi: “Adesso sono onoratissimo di venire da voi”. l’avrebbero accontentato. Parlai molto chiaramente E così fui assunto dalla Fiat. Siccome venivo dai mo- a Ferrari: “Lei è ormai vicino ai 70 anni e deve co- tori marini, fui mandato alla Grandi Motori dove la- minciare a preoccuparsi del futuro dell’azienda; questi vorai per qualche anno per poi passare alla SPA che della Fiat le danno i soldi e le lasciano fare quello che faceva autocarri e trattori a cingoli e a ruote e che in vuole!”. Lui si convinse e mi disse: “A me basta che quel momento era in pieno sviluppo. La fabbrica era mi lascino condurre il Reparto Corse”. L’accordo con diretta dall’ingegner Bono. Lì ho avuto molta fortu- la Fiat fu fatto con la cessione completa dell’attivi- na grazie al forte sviluppo del settore agricolo. Nel tà dell’azienda tranne quella del Reparto Corse, che, frattempo, la OM aveva acquistato la Carraro dopo la seppure compreso nella cessione, restò sotto la dire- morte dell’ingegner Carraro. Allora Valletta mi distac- zione individuale da parte di Ferrari. Ferrari dettò le cò a Milano per mettere a posto le cose. Così nel 1961 sue condizioni: cessione immediata alla Fiat del 50%; tornai alla Carraro, dove rimasi parecchio tempo du- il 10% restava vincolato al figlio Piero Lardi; il resi- rante il quale fui ripetutamente avvicinato o chiamato duo 40% in opzione alla Fiat, da esercitarsi dietro sua ad avvicinare Enzo Ferrari. richiesta e comunque dopo la sua morte. Questo avvenne nel 1969, ma non è finita così. Io ero Gli anni in Ferrari un dipendente e quindi non ho mai parlato a Ferrari Ferrari era un buon amico di mio padre e lo cono- del mio interesse nella faccenda. Del resto ero più che scevo fin da quando ero bambino. Aveva una certa soddisfatto dell’accordo. La Fiat mi aveva gratificato simpatia per me e, in quell’epoca, non navigava in di un ringraziamento. buone acque: c’era una gara fra gli americani che lo Ferrari regalò alle mie figlie due medaglie d’oro rap- volevano comprare e gli italiani che non volevano che presentanti S. Cristoforo, il protettore degli automo- gli americani lo comprassero, ma non si proponevano bilisti, anche se nel frattempo Papa Paolo VI aveva un come acquirenti. Ferrari mi chiamò e mi disse: “Per- po’allentato certe protezioni escludendolo dalla lista ché non vieni dame?”. Gli risposi che avevo un debito dei santi benemeriti. Ragione per cui Ferrari, donan- di riconoscenza con la Fiat e non potevo andarmene domi le medaglie, mi scrisse: “...ti regalo per le tue 9
figlie le due medaglie dove c’è S. Cristoforo, da poco Bertone, con grande abilità, realizzò la Stratos con il esautorato da Monsignor Montini, in arte Paolo VI, e motore della Dino, una macchina di cui mi innamorai quindi senza più lo stesso valore di prima.” Si trattava subito e decisi di farla così. Però, i vertici della Fiat, di un classico di Ferrari. guidati da Umberto Agnelli (che era anche presidente della Lancia) e rappresentati da Gioia e Nicola Tufarel- Dimissioni dalla Ferrari li, non erano d’accordo. Andai dall’Avvocato egli dissi Rientro in Fiat, verso la Lancia che se c’era qualcosa che funzionava alla Lancia era il Alla fine del 1966, diedi le dimissioni dalla Ferrari Reparto Corse e che sarebbe stato un delitto buttarlo prendendo lo spunto da un piccolo sgarbo che mi via dal momento che con quella macchina eravamo aveva fatto Ferrari: su un provvedimento che io avevo in condizione di vincere il Campionato Mondiale, se preso, lui, che aveva i suoi informatori, diede un ordi- la Ferrari ci avesse dato i motori 6 cilindri della Dino. ne contrario. Gli dissi: “Senta, se lei non ha fiducia in Lui mi disse di mettermi d’accordo direttamente con me io me ne vado”. Lui replicò: “Ma no, guarda, c’è Ferrari, che, imbeccato dai vertici Fiat, rispose di no. stata un’incomprensione. Non ci siamo capiti”. “Io ho Lo riferii all’Avvocato, che rimase piuttosto seccato: capito benissimo – replicai – che lei ha cambiato le aggiunsi che, a questo punto, mi sarei arrangiato in mie direttive e quindi, in quanto direttore generale, me altro modo, dato che avevo già preso contatti con la ne vado”. Si mise a piangere perché era un artista, un Citroën per avere il motore della Maserati Merak. commediante. “Dimmi cosa vuoi!” insisteva. Quando lo seppe, Ferrari, che nel frattempo aveva Ma io non feci marcia indietro. Rientrai in Fiat nel parlato con l’Avvocato, disse che mi avrebbe dato tutti Servizio di Unificazione dei Sistemi di Lavoro. Avevo i motori che volevo. lasciato la Ferrari alla fine del 1966, anche perché ero Così nacque la Lancia Stratos, una macchina che mi pressato dall’avvocato Gianni Agnelli che intendeva diede molte soddisfazioni vincendo tre campionati assegnarmi un nuovo incarico alla Lancia, in quei mesi mondiali rally consecutivi. in corso di assorbimento da parte della Fiat. La Lancia mi interessava molto perché era una grande fabbrica L’uscita dal Gruppo Fiat disastrata nella quale avrei avuto mani libere per agi- e dal mondo dell’automobile re. Con Ferrari andammo comunque avanti a parlarci La mia indipendenza non era piaciuta molto, non fino al fatidico luglio 1969, quando venne a Torino perché io ne avessi approfittato, anzi. Stavo guidando per firmare l’accordo di cessione alla Fiat. il rilancio di una fabbrica e avevo vinto alcuni titoli L’operazione si realizzò solo nel 1969, ma avevo pre- mondiali con conseguenze positive per la marca. Però, ferito riavvicinarmi a Torino per essere pronto ad as- mi vidi recapitare una lettera in bianco da firmare: do- sumere il nuovo incarico. Non mi fidavo troppo per- veva essere la mia lettera di dimissioni. Non ricordo ché temevo che, se fossi stato assente al momento del da chi provenisse, se dal Consiglio di Amministrazio- passaggio di proprietà, si sarebbe presentato qualcuno ne o da chi altro. Io non firmai e risposi che non ave- pronto a infiltrarsi. vo alcuna intenzione di dimettermi: se non piacevo, potevano licenziarmi. Peraltro, poiché facevo parte Lancia Stratos del Consiglio d’Amministrazione, non potevo essere Nell’autunno 1969, venni nominato vice-direttore licenziato, ma avrei dovuto andare avanti per altri due generale della Lancia e, in aprile 1970, direttore ge- anni fino al termine del mio incarico. Rimaneva quella nera-le. Devo dire che, malgrado molti tentativi di dichiarazione della mancanza di fiducia da parte del ingerenza da parte dei quadri superiori della Fiat, mi vertice aziendale dal quale dipendevo. Fatto sta che lasciarono fare tutto quello che volevo. dal momento in cui restituii la lettera non firmata, fui Qui nacque la Stratos, in maniera piuttosto avventuro- considerato dimissionario e, nel gennaio 1976, fui sol- sa: la Lancia non aveva più modelli che potessero bat- levato dall’incarico dal vertice della Fiat Automobili, tere la concorrenza nei rally mondiali, anche se riusci- che era in mano a Tufarelli. va a vincere ancora qualche gara contro le berlinette Mi ritirai molto amareggiato e decisi che non ne avrei Alpine Renault. Mentre studiavamo cosa fare, Nuccio voluto più sapere di automobili. Uscii completamente Bertone aveva preparato la proposta fantasiosa della dal settore e andai a lavorare a Milano da un amico che Stratos, quella macchina nella quale bisognava guidare aveva una fabbrica di impianti industriali di riscalda- sdraiati, riprendendo così la posizione di guida delle mento e raffreddamento. Assunsi la carica di presi- monoposto di Formula 1. Ma era scomoda e non si dente della società (la Lossa), facendo avanti e indietro poteva pensare di fare acrobazie per entrare e usci- da Torino a Milano una volta alla settimana. re. Comunque, io dissi a Bertone che la macchina che Quello che mi meravigliò fu leggere un libro del gior- cercavamo era questa: gli avremmo dato il motore da nalista Marco Travaglio che affermava come l’inge- montare in posizione posteriore e lui avrebbe dovuto gner Vittorio Ghidella, capo della Fiat Automobili, fare la macchina che ci serviva. avesse rilevato a suo nome il 40% delle opzioni della 10
Ferrari, con un introito valutato 90 miliardi di lire. Io della Ferrari alla Fiat era stata interessata nella trattati- non reagii perché non potevo fare nulla, anche se tut- va anche l’Alfa Romeo e che si era raggiunto un accor- to questo non era giusto: lasciai correre dato che, all’e- do verbale fra il dottor Luraghi e l’avvocato Agnelli poca, ero al mio posto alla Lancia. Mi parve stranis- per una acquisizione paritetica. Poi sembrerebbe che simo il comportamento di Ghidella che non era mai Agnelli avesse deciso di prenderla tutta lui. neppure intervenuto nelle trattative tra Ferrari e Fiat. Gobbato– So che nelle trattative è entrato Luraghi, Tutte le trattative, come lo studio delle varie clausole, che però non ha avuto, probabilmente, l’autorizzazio- erano opera mia e dell’ingegner Bono. ne dell’IRI per entrare nel capitale della Ferrari. Boscarelli– Io ho una possibile spiegazione. Alla metà degli anni Ottanta, il vertice della Fiat dichiarò che il Persone & personaggi successore di Cesare Romiti sarebbe stato l’ingegner Eugenio Dragoni e John Surtees Ghidella; questa è la notizia apparsa sulla stampa. Si Alla 24 Ore di Le Mans del 1966 volle assistere anche dice che, da quel momento, Romiti abbia fatto una l’avvocato Agnelli. Partimmo insieme col suo aereo lotta spietata a Ghidella, che fu in pratica costretto ad da Torino e arrivammo a Tours, dove lui aveva un ca- andarsene. La voce è che Ghidella fosse stato “risar- stello. Io andai invece a dormire a Le Mans perché mi cito” con tanti soldi. Può darsi quindi che la cessione sembrava giusto essere vicino alla squadra la sera pri- delle opzioni a Ghidella sia stata fatta per risolvere un ma della corsa. Il giorno dopo, Agnelli arrivò in pista, problema tutto interno al management Fiat. accolto con tutti gli onori. Come suo solito, Agnelli Gobbato– Accetto volentieri questa ipotesi di spie- si annoiava facilmente e, così, decise improvvisamen- gazione, perché non posso pensare che l’avvocato te di rientrare a Torino. Io restai a Le Mans, da dove Agnelli fosse impazzito di colpo, lasciando che Ghi- tornai per conto mio. In quella corsa, Surtees doveva della, quale capo della Fiat, andasse ad appropriarsi correre in coppia con Bandini, che era un protetto di personalmente le opzioni Ferrari. Eugenio Dragoni, il direttore sportivo. Io ormai ero fuori dall’automobile. Quando la Fer- Surtees mordeva il freno e voleva certe cose, ha pian- rari stava andando male anche nelle corse, mi tele- tato grane, tanto che Dragoni gli disse: “Va bene, tu fonò Luca Cordero di Montezemolo (che tra l’altro allora non parti”. E lo licenziò sui due piedi, come era era stato mio collaboratore alla Lancia). Intuii che lo nei suoi poteri. E allora corsero in coppia Scarfiotti- fece su incarico dell’Avvocato. Mi disse: “Gobbato, lei Parkese Bandini-Guichet. Io non volli mettere il naso non prenderebbe di nuovo in mano la Ferrari?”. E io, nella questione e neanche Ferrari protestò. Si trattò di anche malamente, gli risposi che non ne volevo più una questione fra Surtees e Dragoni. sapere di automobili. Lui probabilmente capì le moti- vazioni della mia risposta e lo riferì al suo capo. Così Brenda Vernor, segretaria di Ferrari non feci nulla per intervenire nella questione, almeno È ancora a Modena; era una bravissima ragazza che per ottenere che mi dicessero “grazie” per una opera- insegnava l’inglese alla Ferrari. Era molto seria sul la- zione che era andata in porto in gran parte per merito vo-ro e molto attaccata all’Inghilterra anche se viveva dell’ingegner Bono e mio. a Modena. Era anche molto simpatica. Non ho comunque nessuna recriminazione. Mi è ri- masto solo un pezzo di carta di Ferrari che mi dice: Vittorio Valletta “Caro Pier Ugo... in considerazione di quanto hai fat- Il professor Valletta era molto legato a mio padre an- to e farai per me, ti assegno una cifra di cinque mi- che quando non era ancora al vertice della Fiat (era lioni all’anno (una bella cifra visto che eravamo nel l’amministratore delegato, dato che era ancora in vita 1966) in pagamento di questa tua consulenza”. Ho il senatore Giovanni Agnelli) e si tenne in contatto questa lettera, ma non la presentai al momento op- con lui quando andò all’IRI, chiedendogli di tenersi a portuno. Ferrari è morto, Gianni e Umberto Agnelli disposizione. Anche la Lancia lo aveva richiesto quan- sono morti. A chi la potrei presentare? A Piero Ferra- do morì Vincenzo Lancia. ri? Mi sembra poco corretto, visto che Piero era stato Incontrai Valletta quando venni mandato da mia ma- tenuto assolutamente all’oscuro di questa vicenda. Ho dre a ossequiare i vecchi amici di mio padre per vedere questa lettera di riconoscimento del mio lavoro, quan- se potevano darmi una sistemazione: ero tornato dalla tificato in cinque milioni all’anno di allora, ma non guerra senza nessun appoggio e non volli rivolgermi l’ho adoperata e non intendo adoperarla perché il mio né all’Alfa Romeo né all’IRI perché mi sarebbe sem- lavoro l’ho fatto perché ero stato incaricato di farlo, brato di cercare una carità pelosa. non perché volevo essere pagato. Mi è dispiaciuto che Entrai in Fiat dieci anni dopo, dopo l’esperienza in neanche mi avessero detto grazie. Qui finisce la mia Carraro. Valletta diede disposizione di assumermi e storia Ferrari-Fiat. mi mandò alla Grandi Motori in qualità di esperto di Boscarelli– Nella conferenza Aisa dedicata a Giusep- motori marini. In realtà, alla Carraro facevamo mo- pe Luraghi è emerso che al momento della cessione tori a “giri veloci” (1.500 giri/min) mentre in Fiat si 11
producevano quelli giganteschi, da 100-120 giri. Ma riteneva un uomo con un certo “pelo sullo stomaco”. l’esperienza mi servì e restai per un po’ di tempo. Ferrari era un personaggio un po’ avventuroso. Nel frattempo, a Torino il rappresentante della Osca Riusciva a farsi dare soldi da tutti, Shell, ACI, Fiat, per dei fratelli Maserati era l’ex-pilota dell’Alfa Romeo finanziare le sue corse e poi (è una cattiveria quella che Carraroli. La Fiat aveva cominciato la consegna del- dico) per le sue esigenze personali. la 1100 spider, ma gli americani si lamentavano che la macchina era troppo lenta per essere una sportiva. Il contributo Shell a Ferrari Si pensò di montare il motore Osca 1.600, utilizzato Boscarelli– Ho saputo, trenta e passa anni fa, da una per le sport della Casa, per renderla più brillante. Ne persona che aveva lavorato alla Shell che la Shell, negli parlai con l’ingegner Bono: mi disse di fare una pro- anni Cinquanta, versava 100 milioni all’anno a Ferrari, va e diede ai fratelli Maserati tre vetture per installare pare su conti esteri. il loro motore. La macchina diede buoni risultati, in Gobbato– Io non so quello che è successo. Però particolare nelle prove comparative con la Giulietta. nel1967, quando ero già fuori dalla Ferrari, fui invi- Iniziò così la collaborazione tra Fiat e Osca per met- tato al famoso pranzo di fine anno dedicato ai gior- tere in produzione il motore 1.600 da installare sullo nalisti. Tra gli invitati c’era un mio carissimo amico e spider Fiat. La Fiat finanziò l’attrezzatura necessaria compagno di Politecnico che era l’ingegner Candini, dello stabilimento d iSan Lazzaro di Savena, accanto allora vice-presidente della Shell Italiana. Capitò vici- a Bologna, e il motore venne montato sia sulla spider, no a me a tavola e quando gli chiesi: “Cosa fai qui?”. che faceva Pininfarina, sia sul coupé. Nonostante i ri- Lui mi rispose: “Ho portato un po’ di ossigeno al tuo sultati positivi, i Maserati presero paura ritenendo che padrone”. “A parte che non è più il mio padrone, – re- l’impegno fosse superiore alle loro forze e si ritirarono plicai –quanto è l’ossigeno?”. Lui mi fece segno: 100. chiedendo dopo pochi mesi di interrompere l’accor- Anche nel 1967, quindi, la Shell diede questo contri- do. Un vero peccato perché la macchina era veramen- buto. Poi so che Ferrari riceveva soldi dall’ACI e dalla te interessante. Fiat. È sempre riuscito a farsi dare del danaro, che Boscarelli– Lei ha avuto altri contatti con il professor non sempre veniva speso per lo scopo per il quale era Valletta? stato chiesto. Devo dire, però, che, pur con tutte le Gobbato– No, perché quando Valletta morì, non ave- sue difficoltà, Ferrari aveva un intuito e capacità ecce- vo più rapporti diretti con lui. Lo avevo visto ancora zionali. Era un profondo conoscitore delle persone e qualche volta e lui continuava a dirmi: “Attenzione a sapeva trattarle riuscendo anche a piangere e a ridere quell’uomo” perché non si fidava di Ferrari. Ma non a comando. Con me, a parte il momento del dissidio mi suggerì mai una particolare condotta da tenere. e delle dimissioni, che credo gli abbiano procurato un Era l’ingegner Bono che portava avanti il rapporto grosso dolore, è stato sempre più che paterno. Più con Maranello. paterno che con suo figlio, che, finché è vissuta sua Boscarelli– Quindi Valletta non aveva stima di Ferrari. moglie, non è entrato in fabbrica perché lei lo aveva Gobbato– Non diciamo proprio così. Lo stimava, malo proibito. 12
Lancia Stratos Auto vincente contro tutto e contro tutti Pier Ugo Gobbato P arlare di eventi che risalgono a trent’anni fa non è facile, anche perché trent’anni si sono aggiunti a quelli che avevo allora. Oggi ne ho 82 e può darsi che- mistiche, specie se rapportate a quanto stava facendo la concorrenza che metteva in campo vetture più mo- derne e motori sempre più potenti. Così tutto il 1970 la mia esposizione non sia molto completa o precisa. passò, tra un risultato soddisfacente e uno meno, ma Per cominciare, devo raccontare un po’ di storia della ormai con la certezza che bisognava fare qualche cosa. Lancia perché tutto è nato da diverse situazioni. Nel Arrivammo al Salone dell’Auto di Torino, autunno 1969, venivano a chiudersi le trattative tra Lancia e 1970, dove iniziò quella che posso definire la svolta Fiat per il passaggio di proprietà, trattative che erano perla partecipazione della Lancia alle corse. durate parecchio tempo e che non andavano mai in Come in tutte le edizioni del Salone, i carrozzieri pre- porto perché all’ultimo momento c’era sempre qual- sentavano modelli che eccitavano la fantasia, i dream che cosa in più che si voleva, da una parte o dall’altra. cars, ma che generalmente esaurivano la loro missione Credo che a determinare il passaggio definitivo della nell’arco di tempo della durata del salone. Al Salone di proprietà azionaria sia stata la situazione delle azien- Torino 1970, Nuccio Bertone presentò la prima ver- de metalmeccaniche del 1968-1969, per cui penso che sione della vettura, cui era stato dato un nome ermeti- l’ingegner Pesenti, finalmente, avesse deciso che era co che significa tutto e nulla: Stratos. Era una macchi- meglio lasciare perché l’ambiente non era più molto na in cui bisognava stare sdraiati, ma ci ha acceso una favorevole, soprattutto in Lancia, dove già si soffriva scintilla: se fossimo riusciti a fare qualcosa, attirando per un insieme di cose che riguardano tutto il settore l’attenzione visiva e ottenendo dei risultati, per noi sa- automobilistico. Nell’ottobre 1969, entrai in Lancia rebbe stato molto importante. insieme alla Fiat. Su quella prima Stratos, Bertone aveva montato il Avevo partecipato alla valutazione degli impianti e dei gruppo motopropulsore della Fulvia, il quale era evi- macchinari dei tre stabilimenti di Torino, Chivasso e dentemente non adatto per quella vettura perché non Bolzano, più una piccola officina ausiliaria a Omegna. abbastanza potente. Nuccio Bertone era arrivato fino La situazione era drammatica: calo vertiginoso delle in Lancia con quella macchina, guidandola lui; abbia- vendite, vetture buone nell’impostazione, ma ormai mo fatto fatica a tirarlo fuori, io ho fatto una fatica vecchie, nessun progetto per il futuro sia in campo au- enorme a entrare. Mi sono entusiasmato e mi sono tomobilistico che per i veicoli industriali. Insomma, i detto: questo signore che fa carrozzerie e che vuol cassetti erano vuoti. Unici valori erano la grande capa- pro-vare anche con un motore inadatto ci ha dato cità e il grande attaccamento dei dipendenti, impiegati un’idea. ed operai, all’azienda, la gran voglia di fare, anche se Mentre l’edizione originale veniva presentata nei suc- l’opportunità veniva offerta dalla concorrente storica cessivi saloni e anche provata dalla stampa specializ- presente nella stessa città. Non correva molto buon zata, prendeva forma un allestimento più consono alle sangue fra le due aziende, però l’avvento della Fiat in esigenze pratiche. Bertone ha avuto un intuito formi- Lancia era vissuto come il solo salvagente efficace per dabile passando da quella dream car alla carrozzeria l’azienda. della Stratos, con un’agilità mentale che ancora mi La situazione mi lasciava poco tempo per sognare, stupisce: lasciatemi dire che quella macchina è ancora quindi non mi venne immediatamente l’idea di sfrut- moderna oggi. tare quanto di buono ancora, seppure a fatica, funzio- La vettura era difficile, non tanto per la mancanza di nava, cioè il Reparto Corse. Con mezzi ridotti, ma con potenza, quanto per la posizione di guida, completa- grande capacità e volontà, questo reparto mandava in mente sdraiata e la ridottissima altezza da terra che giro per l’Europa, raccogliendo numerosi allori, la ver- sione sportiva della Fulvia, il famoso coupé temuto concorrente nei vari rally dell’epoca. Bisognava tener vivo il nome Lancia e capii che questa opportunità Questo testo è la riedizione della Monografia Aisa 45 dedicata alla con- mi poteva arrivare continuando in questa specialità. ferenza tenuta da Pier Ugo Gobbato, alla presenza di Sandro Munari I risultati alimentavano alternativamente speranze e e altri protagonisti delle stagioni vincenti della Stratos, a Milano, Museo delusioni, ma le prospettive erano sempre più pessi- Nazionale della Scienza e della Tecnica, 11 marzo 2000. 13
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