Un mondo di sapori, musica e colori - GUALTIERO MARCHESI - BPS Suisse
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GUALTIERO MARCHESI ..................................................................................................................................................................................................................... Un mondo di sapori, musica e colori Testi di Antonio Ballista, Andrea Berton, Alberto Capatti, Carlo Cracco, Enrico Dandolo, Pietro Leemann, Simona Marchesi, Davide Paolini, Lino Enrico Stoppani, Salvatore Veca
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Introduzione Dal suo primo stage all’“Hotel Kulm” di St. Moritz, alle esperienze francesi di nouvelle cuisine – pensiamo soprattutto a Roanne e ai fratelli Troisgros, leggende della cucina francese –, passando per una rara conoscenza delle cucine regionali italiane, Gualtiero Marchesi è stato l’investigatore più versatile e imprevedibile di un sapere consolidato, con una uniforme bianca e con la qualifica professionale. Oggi ancora il suo fantasma attraversa le cucine e le sale, ispirando ai suoi vecchi allievi nuove ipotesi, nuovi piatti, suggerendo a chi legge, con passione, le sue opere, le sue ricette, il desiderio di averlo a fianco, per ristudiare l’alimentazione stessa. A chi l’ha conosciuto, è apparso un personaggio cauto e imprevedibile, capace di citare Seneca all’improvviso, e di evitare ogni allusione alle proprie ricette, strano ma autorevole per aver riformulato la cucina, non solo la propria, sin dal 1980 con La mia nuova grande cucina italiana, ma anche quella praticata da locali modesti, dalle trattorie, con un libro meno noto, La cucina regionale italiana. È in quest’ultimo che i colpi di genio fanno a pugni con la tradizione, e un Marchesi può osare, a Milano, in Puglia, altrove, una ricetta di Orecchiette, broccoletti e foie gras. Le regole devono essere frutto dello studio, e non il contrario, sembra insegnarci Gualtiero, prima di aprire la cucina a tutte le arti, coniugandola non solo con la pittura e la scultura, ma con un sapere immateriale, quale la musica. Musica era per lui il pianoforte, studiato e abbandonato per la cucina, musica la moglie Antonietta, sua insegnante, e figli e nipoti che non avevano voluto seguirlo, e sarebbero stati chiamati, in una grande cena al “Grand Hotel Tremezzo” (sul lago di Como), a suonare durante la pausa che segue il pranzo. Ma un cuoco, un grande cuoco, anzitutto lo si divora con gli occhi e poi lo si inghiotte. Era pavese d’origine la sua famiglia, ma lui milanese a tutti gli effetti, e ci ha lasciato il suo risotto. Riso, oro e zafferano suscita stupore per il bordo nero del piatto e i due gialli, all’interno e a confronto, dello zafferano e dell’oro alimentare, ma la curiosità cresce studiando il riso e il suo spessore, quel riso che la forchetta smembrerà a tocchi. Ma c’è un altro Riso, oro e zafferano, fotografato, ed è una immagine diventata l’icona che nessuna forchetta, nessuno sguardo può scomporre. Questo secondo Marchesi è nato non da un cuoco ma da un artista. Difficile tuttavia ridurre Marchesi alle immagini dei suoi piatti. Ha insegnato infatti nelle sue cucine, accolto giovani di ogni provenienza, educando al mestiere del cuoco, creando nuovi artisti, liberi di esprimersi. I nomi dei suoi allievi non sono tuttavia quelli di una scuola, disciplinata e autorevole, ma di una nuova generazione volta alla libera affermazione, sempre individuale, di un mestiere, con esiti dei più diversi e singolari. Anche la sua presenza in ALMA, la scuola di cucina di Colorno (vicino a Parma), è stata quella di nume tutelare e non di un rettore. È morto, ma una Fondazione è nata per sua chiara volontà in via Bonvesin de la Riva a Milano, la strada in cui aveva aperto il suo ristorante. La cucina, oggetto di studio e di memoria, vi ha un posto preciso richiamando allievi di ogni Paese, A pagina I e II: Gualtiero Marchesi grandi cuochi e compagni di lavoro. nella sala del ristorante “L’Albereta” di Erbusco in Alberto Capatti Franciacorta (BS). Presidente della Fondazione Gualtiero Marchesi Lo scatto a p. I risale al 2006, quello a p. II al 2007. III
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... La vita di Gualtiero Marchesi e la cucina italiana di Alberto Capatti* A sinistra: Il Maestro e il suo famoso Riso, oro e zafferano, Milano, 1988 ca. In questa pagina: Gualtiero Marchesi, Carn’è pesce, composizione a base di filetto di manzo e filetto di branzino accompagnati da tre salse, 2009.
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... La sua biografia, la vita sentimentale e fa- miliare, la cucina totale, filosofia e pratica, e persino il suo codice gastronomico da offrire ad allievi e lettori, Gualtiero ha messo tutto per iscritto alla fine di una lunga carriera. Marchesi si nasce questa è la mia storia è pub- blicato nel 2010, a ottant’anni, e sgombra il campo da ipotesi sulle sue origini, sul suo viaggio in Francia, sull’apertura del risto- rante in via Bonvesin de la Riva a Milano. Lo assiste Carlo Valli, docente di marketing e comunicazione. Perché raccontarsi? Perché un cuoco conosciuto in tutto il mondo deve Al ritorno, lavora nell’albergo di famiglia, respingere illazioni e pettegolezzi, mettendo tavola calda e fredda di giorno e ristorante per iscritto la sua vita sino all’apertura, nel la sera. Marchesi comincia a studiare i piatti locale già “Biffi Scala”, del “Marchesino”, da offrire e inizia un percorso di ricerca, li- che segna il suo ritorno, nel 2008, a Milano, mitato ovviamente dal locale e dalla cultura in un edificio famoso per la musica e cele- stessa della sua clientela. brato dalla sua cucina. Prende lezioni di pianoforte e sposa la sua La famiglia Marchesi aveva aperto l’“Albergo insegnante, Antonietta Cassisa. Abbando- Mercato” in via Bezzecca ottant’anni prima, na lo strumento musicale e si dedica com- trasformandolo in un luogo di ristoro per gli pletamente alla cucina. Milano propone le ortofrutticoli che operavano nella grande proprie specialità e, in alcuni ristoranti del area vicina. Di origine pavese, aveva investi- centro, piatti francesi; del resto, all’“Albergo to i propri averi in un ambito che consentirà Mercato” il Filetto alla Rossini era offerto da al giovane Gualtiero di scegliere un futuro, Gualtiero. Nel 1966 «il ‘Mercato’ chiuse. Do- formandosi. Dopo cinque anni di guerra, veva chiudere. Il Comune, proprietario del passati nella terra d’origine, la famiglia locale, non volle rinnovarci il contratto d’af- riprende l’“Albergo” e vedendo il figlio at- fitto». Per Gualtiero questa fu l’occasione di tratto, più che dall’Istituto Feltrinelli, dalla riesaminare il proprio futuro, viaggiando, ristorazione, lo “spedisce” al famoso “Hotel cominciando da Parigi, epicentro della cu- Kulm” di St. Moritz per uno stage, poi due cina mondiale, da uno stage in un ristorante anni a Lucerna, dove frequenta una scuola di culto: il “Ledoyen”. La Francia viene per- commerciale, imparando francese e tede- corsa a rovescio, dalla capitale, in fermento sco, e l’anno successivo in una scuola alber- – siamo nel 1968 –, alla provincia, prima a ghiera per seguire corsi di sala e di cucina. Dijon e poi a Roanne, dai fratelli Troisgros. Qualche anno dopo il loro ristorante ver- rà considerato, con 3 stelle, uno dei fulcri della nouvelle cuisine. Il ritorno a Milano è segnato da questa nuova luce aperta dalla Francia, anzi da Roanne, sulle cucine eu- ropee, con nuove regole, rivoluzionarie: «i prodotti freschi di giornata», quindi «una maggiore semplicità nelle preparazioni» e ovviamente la scomparsa di salse troppo Davanti all’ingresso elaborate. Comincia l’estenuante ricerca di dell’“Albergo Mercato” aperto un locale, con l’amico Medagliani, commer- dai genitori, Milano, ciante di forniture alberghiere, promotore 1952. di libri, in particolare della Cucina pratica di Sopra: Borrini, nelle tre edizioni 1938, 1953, 1960, e Il primo in alto a destra è un giovane suo sponsor. Verrà trovato in un «ristoran- Gualtiero Marchesi te pizzeria che di nome faceva ‘Okay’» in via con i compagni della Scuola Alberghiera Bonvesin de la Riva, non lontano da quello di Lucerna, 1950. che era stato l’albergo di famiglia. VI
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Accanto all’opera Dai tavoli alle luci, dalle cucine ai frigori- L’asceta dello scultore Aldo Calvi, feri, tutto verrà studiato accuratamente, 1963. secondo un’idea complessiva della cucina Sotto: che comprendeva ogni aspetto, dalla forma Il 16 agosto 1962 si e colore del piatto al tavolo, alle luci, e nel sposa con la pianista Antonietta Cassisa. 1977 il ristorante viene inaugurato. In po- chi anni saranno creati i piatti icone della cucina marchesiana: Riso, oro e zafferano, il Raviolo aperto, le Seppie al nero, e piovono le stelle Michelin. Mangiare i colori, la lumi- nosità di un piatto, non si era mai visto, e Gualtiero apre una nuova via, solleticando la curiosità, educando il cliente, promuo- vendo la nuova cucina italiana. A supporto, nel 1980 pubblica da Rizzoli La mia nuova grande cucina italiana, prima ricetta il Bou- quet guarnito, che quattro anni dopo viene tradotta in francese dall’editore Robert Laffont con il titolo La cuisine italienne réin- ventée. Reinventare la cucina italiana non rifioriva, nel 1982, grazie alla rivista mensi- è atto politico, al fine di offrire un modello le “La Gola”, impaginata ed edita da Gianni ripetibile, vendibile ovunque, ma è anzitut- Sassi, che raccoglieva collaboratori d’ogni to studiare a fondo ingredienti e pentole e sorta e faceva dell’innovazione un obiettivo fonti di calore, concretizzandoli ogni volta mirato. Niente giornalisti, ma scrittori de- in un oggetto commestibile che, a sua volta, terminati a conoscere, attenti a quanto è in- implica la scelta precisa di un piatto, bianco consueto. La moda e il design cominciano a o colorato, e la lampada sopra il tavolo, e lo condizionare l’approccio alla cucina stessa, sguardo interrogativo o rapito del cliente. e Luigi Veronelli, nel 1983, fonda e dirige il Con questi enigmi, l’oro alimentare in un periodico “L’etichetta”. I piatti di via Bon- risotto milanese, l’apertura di un raviolo e i vesin de la Riva apparivano un nuovo lin- suoi segreti, Marchesi crea un metodo che guaggio artistico destinato a trasformare riunisce cuoco e cliente in un gioco delle la distanza dal cibo, coinvolgendo industria parti, riservandosi quella dell’artista. Per e marketing di cui operatore di ampie ve- un pubblico d’occasione, quello di alcuni dute era Luca Vercelloni che con Gualtiero giornalisti milanesi venuti nel suo locale a Marchesi, nel 2001, pubblicherà da Laterza conoscerlo, ad ascoltarlo, il piatto offerto La tavola imbandita. Storia estetica della cu- sarà dei più semplici, una cassoeula servita cina. Un filo conduttore vi era tracciato, dal su una grande foglia di verza verde, d’una banchetto rinascimentale a un Astice alla bellezza inconfondibile. crema di peperoni dolci del Maestro, intro- Gioco delle arti, la cucina di Marchesi affa- ducendo una chiave storica nella lettura del scina una Milano in cui la cultura alimentare piatto, valorizzando un patrimonio italiano che non aveva nulla da invidiare a quello francese. Le discipline meno familiari a un giudizio stellato venivano così ad arricchi- re quella che era un’avanguardia culinaria, che si trovava ad assorbire non solo pittura e musica, ma marketing e storia. Singoli clienti di Marchesi avevano portato in sala la loro cultura, ma ora si trattava di inven- tare una cucina totale non solo come la in- tendeva Gualtiero, nel proprio ristorante, ma in una Milano in cui l’alimentazione contava operatori d’ogni sorta, e meritava una riflessione interdisciplinare. VII
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... I passi di Marchesi, imprevedibili, resta- La squadra è parecchio cresciuta e, a metà no conseguenti alla sua visione delle cuci- degli anni Ottanta, dispone ormai di 24 col- ne. Nel 1989 esce da Mondadori La cucina laboratori, di cui 12 in cucina e 12 in sala. regionale italiana. È una sorpresa per chi La gestione si fa sempre più difficile negli lo immaginava osservare il piatto di Riso, anni Novanta, e con lo scoppio di tangento- oro e zafferano pronto da servire, e vi tro- poli, nel 1992, Marchesi pensa «a un futuro va invece un Risotto alla milanese senza la diverso» e abbandona Bonvesin de la Riva. foglia d’oro, ma con il riso steso a velo sul Quali erano i ristoranti che meritavano un piatto. Sfogliando poi i capitoli divisi per viaggio, la visita di un gourmet milanese? A regioni, incontra Bucatini all’amatriciana Canneto sull’Oglio (in provincia di Mantova) con questa premessa: «Mi piacciono molto. c’era Nadia Santini e “Il pescatore” (3 stelle Saporiti e gagliardi, sono il piatto ideale da Michelin nel 1996). Dalla parte opposta, re- gustare con gli amici alla fine di un’allegra gnava, ad Ameglia, presso La Spezia, la “Lo- serata». Meglio ancora gli Spaghetti alla canda dell’Angelo” di Angelo Paracucchi. carbonara quando da buon milanese avan- Volendo un tragitto più breve, si andava in za: «il guanciale può esser sostituito dalla automobile al “Sole” di Maleo (vicino a Lodi) pancetta» ravvedendosi subito con: «certo, da Franco Colombani «un personaggio di ma non è la stessa cosa». Con La cucina re- spicco della ristorazione italiana», diceva la gionale italiana, Marchesi entra nelle case, Guida de l’Espresso 1992. Con il trasferimen- discute con chi spadella, consiglia il meglio, to di Marchesi in Franciacorta si aggiunge un nuovo traguardo, l’“Albereta” di Erbusco. Le guide non sempre faranno eco con entu- siasmo, e l’Accademia Italiana della Cucina, nel 1999, scriverà: «Ristorante d’affari, in lo- canda relais, con sale per riunioni, piscina, parco e panorama». Il trasloco da Milano a Erbusco, finanziato dall’imprenditore Vit- torio Moretti, non va quindi da sé, eppure la campagna, le viti, la calma, sono un nuovo teatro per l’animo di Gualtiero. Ma siccome per lui nulla è dato per scontato, continuerà a riflettere, anche in Franciacorta, su tut- to, persino sugli abbinamenti vino-cibo, e ripensare a piatti accompagnati dalla sola acqua farà sempre parte del suo pensiero critico. con cautela. Il cuoco stellato può permet- tersi di recitare diversi ruoli, di abbando- nare Bonvesin de la Riva e di entrare in La brigata del casa di un amico, di aiutarlo, sedendosi poi ristorante in via a tavola con lui. Marchesi vede un’Italia in Bonvesin de la Riva a Milano nel cui la cucina di casa è un patrimonio presti- 1977, anno della gioso e rappresenta, solo apparentemente, sua apertura. Alle spalle di Marchesi, l’antitesi della sua, creativa, artistica. Deci- Giuseppe Vaccarini, de quindi di appropriarsene, giocando con i campione del mondo dei sommelier nel termini stessi degli ingredienti, presentan- 1978. do delle Orecchiette, broccoletti e foie gras A destra: in cui il foie gras è fegato d’anatra cotto in Nella cantina del pentola e croccante. L’amico Troisgros non ristorante di Erbusco con il sommelier avrebbe faticato ad avallare questa accezio- Luca Zanini, 2002. ne: «Ah! Ces italiens…». VIII
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... A destra: A Milano alcuni allievi operano già in pro- Gualtiero Marchesi, Ossobuco in prio e Pietro Leemann, locarnese, apre gremolada con “Joia”, il ristorante vegetariano frequenta- risotto alla milanese, 2008. bile oggi da chi vuol conoscere la genìa dei marchesiani. Pietro avrà per il Maestro un A sinistra: Omaggio a Gualtiero culto, fotografandolo e dandogli ancora la Marchesi, piatto parola, nel 2016, per presentare il suo li- ideato da Pietro Leemann, 2010. bro bilingue, italiano e inglese, I cuochi, con una crema di piselli con pesto di nocciole Sotto: Di fronte all’entrata e schiuma di tartufo dal nome Omaggio a del ristorante Gualtiero Marchesi. Carlo Cracco invece è “Gualtiero Marchesi” a Erbusco, 2011. propone quattro menu di degustazione che suggeriscono tragitti gastronomici ben de- finiti: il menu della pasta, il vegetariano, il menu di tradizione, il creativo. E pure una carta dei formaggi, ognuno conservato in uno speciale frigorifero alla propria tempe- ratura e umidità. Cucina totale e tradiziona- le si intersecano e non rallenta la riflessione su ogni piatto e sul suo contesto. Erbusco è piccola, ma ha un teatrino in cui attira- re giornalisti e spettatori per un evento. nei primi tre anni all’“Albereta” (1993-1996), Gualtiero vi recita e poi viaggia, più volte in per poi trasferirsi in Piemonte, a Piobesi Giappone, portando ormai non solo i propri d’Alba dove dirige “Le Clivie” e ritornare marchi, ma una avanguardia della cucina a Milano nel 2001, chiamato da “Peck” dei italiana costruita non per saziare, ma per fratelli Stoppani chef del ristorante “Cracco consolidare un patrimonio che gli conferirà Peck”. Anche lui decide di ristudiare il ri- il ruolo di grande innovatore. Anche la So- sotto, e ne consegnerà la ricetta in Sapori in cietà Gualtiero Marchesi opera proprio in movimento, edito da Giunti nel 2006, preci- questa direzione, e dopo una vita passata a samente un Risotto allo zafferano con midollo insegnare nella cucina di un ristorante, vie- alla piastra. La foglia d’oro è sostituita dal ne chiamato a presiedere ALMA, la nuova midollo posto al centro del piatto, e tutto è grande Scuola Internazionale di Cucina Ita- tondo. Andrea Berton è il terzo apprendi- liana, insediata nella Reggia di Colorno. sta che menzioniamo, collocandolo, chef, al ristorante “Trussardi alla Scala”, nel 2005, proprio accanto a quel “Biffi” che diventerà “Il Marchesino”. Così vicini, non solo nelle cucine, è difficile immaginarli, in una piazza in cui Municipio e Teatro d’Opera si fron- teggiano e in cui una medesima scuola d’ar- te e di pensiero offre mostra di sé. Gli allievi di Marchesi prendono le strade più diverse, coronati da anni di servizio sot- to l’egida del Maestro. A Erbusco torna a lavorare Paolo Lopriore che lo sprona a rinnovare impegno e ricer- ca: con lui nasceranno piatti come Il rosso e il nero, salsa di pomodoro cruda e nero di sep- pia per una pescatrice. Il ricordo del titolo di un romanzo di Stendhal, Le rouge et le noir, aleggia inconsueto. Nel ristorante, la carta IX
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... Personaggio ormai leggendario, Gualtie- riconosce criticamente “il Maestro” e vede ro si concede libertà impensabili vent’an- il successo dei suoi stessi allievi rifiuta le 3 ni prima, e offre la sua voce all’ispettore stelle Michelin. sanitario nel doppiaggio di Ratatouille di L’imprevisto sarà il ritorno a Milano in un Walt Disney, o progetta per McDonald’s locale nell’edificio stesso della Scala, che due panini, Adagio e Vivace, che verranno era stato il “Biffi Scala”. «Nel corso di un messi in vendita. Di panini, Gualtiero ne anno, al ‘Marchesino’ ho battezzato nuovi aveva preparati sin dagli anni Sessanta piatti come Carn’è pesce, una composizione per i mercanti, e uno in particolare ave- a base di filetto di manzo e filetto di bran- va avuto successo con pane imburrato, zino accompagnati da tre salse, una maio- ventresca di tonno, cipolline sotto aceto e nese con senape, la seconda di pomodoro e filetti di acciughe. Ma qualcosa lo assilla. la terza verde», racconterà nella sua bio- Ripensa e detta pagine inedite della pro- grafia, fantasticando tanti “Marchesini” di pria vita e, per gli amici, pubblicherà nel cui uno soprattutto a Venezia, romantica 2011 Mia moglie Antonietta, proprio colei città d’arte. Piatti e musica, con il piacere che gli aveva insegnato il pianoforte, che d’ascoltare «una versione inedita della Ga- era stata “abbandonata” con due figlio- garella del Biffi Scala. Interpreti d’eccezio- le da un marito che voleva ritrovare una ne: io stesso e Stefano, alias ‘Elio’ di Elio e nuova via, una sua cucina in Francia, e a le Storie Tese». Dopo Bonvesin de la Riva cui ripeteva, ormai vecchio: «Grazie amo- e l’“Albereta” non era il riflusso, ma una re per avermi donato la tua vita e due figlie nuova vita, la giovinezza nella vecchiaia, così». L’evento che è maturato a Erbusco pronta a studiare il rinnovato percorso, è tra i più sorprendenti. Ha ritrovato al- impensabile nelle sue premesse. A suggel- l’“Albereta”, in Franciacorta, una base so- lo, un libro: La cucina italiana. Il Grande lida su cui gestire il presente e il passato, Ricettario, pubblicato da De Agostini nel grazie all’ospitalità e all’aiuto del produt- 2015, con ricette dell’Accademia Gualtiero tore di vino Moretti, e proprio perché si Marchesi e di Fabiano Guatteri. In cucina con la sua brigata, Erbusco, 2002. X
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Al “Marchesino” L’omonima Fondazione da lui creata ha durante le riprese del film “Gualtiero ricevuto questo lascito, dopo la sua morte Marchesi. The Great avvenuta nel 2017. Gualtiero continua così Italian”, 2016. a ispirare le moderne cucine, grazie ai suoi allievi, illuminando di idee impensabili una cultura italiana che ha un epicentro, Mi- lano, sempre nella stessa Bonvesin de la Riva, un ristorante all’interno del “Grand Hotel Tremezzo” e opera in tutto il mon- do. Piatti e musica, immagini e arte, non si erano mai avvicendati, così nelle case come nei locali, prima di lui, e il futuro ha ora un disciplinare di ricette ed eventi, da arric- chire con la sua memoria. Nasceranno qua- derni, come quello appena pubblicato dalla Fondazione dal titolo Italia-Francia e mo- stre con il suo volto e i suoi attrezzi e i suoi piatti e icone come Riso, oro e zafferano, che da cinquant’anni ritorna sotto i nostri occhi e sparisce nella nostra bocca. Che un genio fosse nato nell’“Albergo Mercato” pare qua- si incredibile, eppure lo sentiamo rinasce- re in noi, che tentiamo di studiarne la vita, comprendendo che la cucina italiana non è mai la stessa. Anche io, studioso di Artusi e storico del presente, vado cercando idee, illuminazioni, ascoltando la sua voce che mi ispira con parole semplici, “riso”, “raviolo” o “seppia”, con indovinelli, Carn’è pesce, con un approccio sempre nuovo, inimmagina- bile senza la sua onnipresenza. Questo mio resoconto biografico mi mette ora alla pro- va e lo chiudo lasciando ad altri, ai lettori, una conclusione. * Alberto Capatti Storico della cucina XI
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... L’esempio è la miglior forma d’insegnamento di Enrico Dandolo* A sinistra: Con la sua brigata nella cucina dell’“Albereta”, Erbusco, 2002. In questa pagina: Nella cucina del “Marchesino”, Milano, 2010.
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... Si dice che viviamo in una realtà economi- di cucinare bene, di rispettare come sacra ca basata sulla conoscenza. la materia prima e di conoscere in maniera Sapere o non sapere fa la differenza fra impeccabile le tecniche. trovare un mestiere o lavorare in maniera precaria, senza specifiche qualifiche. Pochi sono i compositori e rari gli artisti. La cucina è una grande scuola, dove l’obbe- Ad ogni modo anche queste vie sono per- dienza, la disciplina, il senso del sacrificio corribili attraverso lo studio e il confronto. sono il pane quotidiano. Può, però, anche È il motivo per cui Gualtiero Marchesi ha essere una cattiva scuola se tutto questo voluto aprire, proprio in via Bonvesin de la non viene vissuto con passione, come qual- Riva, l’omonima Accademia. cosa che veramente ci riguarda e ci aiuta a Si era visto assegnare l’epiteto di “Maestro esprimere la nostra parte migliore. di cuochi”, e questo lo aveva caricato di una Dipende, allora, dall’allievo e, naturalmen- grande responsabilità alla quale non pote- te, dal maestro, dalla capacità di assorbire va più sottrarsi. In effetti dalle sue cucine è e di elaborare le informazioni dell’uno e uscita un’intera generazione di cuochi e la dall’autorevolezza dell’altro. maggior parte di successo. Marchesi raccontava spesso che quando era Quello che mi preme sottolineare è che giovane continuava a chiedere fino ad avere non sono dei cloni di Marchesi, tutt’altro. Il una risposta esauriente, fino a conoscere il buon maestro insegna mettendosi in gioco, perché di un determinato procedimento. Se indicando la direzione, lasciando le briglie nessuno rispondeva, voleva dire che nean- sciolte, riprendendo l’allievo se ce n’è biso- che loro lo sapevano e si limitavano a ripro- gno, senza mai umiliarlo. durre passivamente un’operazione. Il miracolo avviene quando, improvvisamen- La curiosità è fondamentale, è l’inizio del te, superate molte prove, l’allievo capisce di sapere, spinge alla scoperta e, una volta che non aver perso tempo e di poter fare quello padroneggi gli strumenti, aiuta a mantener- che ha veramente voglia di fare. ti al passo con i tempi, lasciando intatto, con Marchesi non è mai stato avaro di insegna- l’età, lo stupore verso il mondo. menti o geloso di quello che aveva compreso. Senza curiosità non c’è meraviglia e il lavo- Tutte le volte che si trovava a insegnare e a ro segue un anonimo tran tran. Molte volte spiegare cosa fosse la cucina, scopriva che veniva chiesto a Marchesi come nascesse l’i- quello era il modo più interessante per im- spirazione per un piatto e la sua risposta era parare qualcosa. sempre la stessa, che l’ispirazione è ovun- In che senso? Nel senso che spiegare aiuta que. Una situazione, una persona, una frase, a capire meglio quello che hai in testa, ma- una montagna, un ricordo, un profumo, un gari addirittura a cambiarlo, ascoltando le quadro o una scultura possono rappresen- domande di allievi interessati e curiosi. tare la scintilla, ma non c’è incendio, non c’è Il suo pensiero si può sintetizzare in questa ispirazione, se non ti metti in uno stato di frase che amava molto ripetere: «L’esempio ricezione. è la miglior forma d’insegnamento». Per alimentare questa apertura occorre essere curiosi e arricchire le proprie cono- scenze. Curiosità e cultura vanno a brac- cetto. I cuochi devono leggere, viaggiare, vedere le mostre e andare ai concerti come tutti colo- ro che hanno qualcosa da pensare e da dire. La metafora della musica, che spesso e vo- Con Enrico Dandolo lentieri il Maestro ha applicato al suo modo all’inaugurazione dell’Accademia di intendere la cucina, è esemplare. Gualtiero Marchesi, Come i musicisti, anche i cuochi si posso- Milano, 2004; in secondo piano, al no dividere in due categorie: gli esecutori centro, lo scultore e i compositori. Già un buon esecutore, uno Aldo Spoldi e, a destra, il pianista che conosce a menadito la partitura/ricetta Antonio Ballista. è apprezzabile, perché lo scopo del cuoco è XIV
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... A volte si accorgeva di qualche esecuzione il bagaglio delle proprie conoscenze venga co- non perfetta nella preparazione di uno degli stantemente arricchito dal continuo interesse ingredienti di un piatto e andava subito dal per tutto quello che è vita. L’acquisizione della capopartita responsabile di quel particola- cultura è paragonabile al fiume che si forma re per scoprirne la ragione. Quasi sempre in montagna come piccolo ruscello e s’ingrossa la colpa era di un suo aiutante che non era per merito degli affluenti nella sua corsa ver- abbastanza capace e lì Marchesi incalza- so il mare. Così la storia, la filosofia, l’arte, la va, «ma tu gli hai mostrato come fare? Gli geografia e non importa quale altra fonte che sei stato al fianco mentre lo preparava?». porti il suo contributo alla cultura (come gli Cercava quindi di infondere in tutti i com- affluenti al fiume), fa sì che la nostra persona- ponenti della brigata il bisogno di trasferire lità si formi e si esprima liberamente, definen- il proprio sapere e viceversa di rivolgersi ai do compiutamente il nostro modo di vivere. propri superiori qualora non si fosse sicuri Se tutto questo crea la personalità dell’indi- di una determinata operazione. È impor- viduo, è pur vero che un grande imprinting tante dedicarsi ai giovani per far emergere viene dato dal territorio e dal suo microcli- il talento che è in tutti loro e trovare la chia- ma. Entrambi plasmano il carattere di ognu- ve per liberarlo. A questo punto credo sia no di noi, a seconda della posizione geografi- doveroso riprendere fedelmente un testo ca nella quale siamo nati. Io sono lombardo scritto da Marchesi negli anni Ottanta, che e mi nutro del microclima della mia regione. rappresenta alla perfezione il suo pensiero La riprova di tutto questo è il caso, che tutti (da Oltre il fornello, Rizzoli, Milano, 1986 • avremo sperimentato, della bottiglia di buon nuova edizione 2009). vino portata a casa da una regione o una na- zione lontana che, ottima all’origine, diventa «Il consiglio che do ai giovani cuochi è di in- teressarsi di ogni cosa che possa arricchire il proprio sapere. È il contenuto della nostra memoria che ci insegna a reagire agli stimoli esterni, creandone di nuovi, dando forma alle nostre opinioni. Ed è proprio nel periodo di apprendimento quando dentro di noi, quasi a nostra insaputa, si sta formando il nostro bagaglio culturale che giunge il momento nel quale bisogna prendere l’indirizzo giusto, che nel nostro caso sarà di studiare i sacri testi dei grandi cuochi che hanno dettato le basi della cucina e imparare a leggere le loro ricette, svi- scerarle in tutto il loro significato, discuterle, analizzarle, per poter capire qual è il dettaglio che determina l’originalità di una nuova idea. La ricetta che si vuol studiare va quindi letta e riletta, perché pur riletta mille volte, ci sarà sempre qualcosa di nuovo da capire che forse irriconoscibile quando viene aperta, lontana stimolerà la ricerca di un’altra via per speri- dal suo territorio e in un altro microclima. mentare un nuovo modo di realizzarla o per Non è che il vino cambi nel breve tempo che creare qualcosa di diverso e più raffinato. la bottiglia viene aperta, ma è il nostro rap- Malgrado ciò, è pur vero che, quando si è gio- porto tra il microclima del nuovo territorio e vani, non si sono ancora sperimentati tutti i quello del territorio dove è nato il vino, che sapori, i profumi, i gusti che si formeranno causa in noi una diversa percezione del suo dentro di noi con l’esperienza e la pratica. immutato gusto. Ma, come nella musica, non è indispensabile E, ancora un consiglio: non soffermatevi a Un ritratto del 1990; che tutti siano dei buoni compositori per fare guardare la foto del piatto pronto da mette- i colori dei tovaglioli della buona musica; bastano degli ottimi re in tavola, per cercare di copiarlo, perché richiamano le sette pennellate del suo esecutori per raggiungere risultati finali del realizzereste probabilmente la sua brutta marchio. tutto apprezzabili. È comunque essenziale che copia. La visione vi condizionerà, mentre la XV
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... lettura attenta della ricetta originale libe- lavorando nel mio ristorante come in quelli rerà la vostra creatività e inconsciamente vi condotti da altri miei colleghi di chiara fama, presenterà mille altre varianti, se vi sarete accumulando e arricchendo così la propria fidati della vostra immaginazione. Imparare cultura di preziose nozioni pratiche apprese non è una rete nella quale impigliarsi, ma è direttamente sul campo di lavoro. l’apprendimento del meccanismo interiore Solo così, “girando” in varie cucine dove si che libera la fantasia, scatena le idee, crea rispetta l’alta qualità del “prodotto”, hanno le novità e mette a disposizione il patrimonio potuto conseguire, essi stessi, un alto grado che avrete accumulato leggendo e riflettendo, di esperienze e divenire i nuovi simboli di una concretizzando così l’espressione delle vostre cucina moderna e inventiva. Alla ricerca della maturate capacità. qualità, è il cuoco che deve insegnare al cliente È così che l’artista tradurrà queste visio- come si mangia. ni virtuali nelle sue opere ed è così che nella In Francia, probabilmente, la situazione è un mente del giovane cuoco nascerà la ricetta po’ migliore da questo punto di vista, perché la “aurea”, di cui andrà fiero. loro cultura del cibo si è saldamente formata Spesso mi soffermo a considerare che nel no- per opera dei più famosi cuochi che nei grandi stro Paese manca totalmente il “passaggio alberghi francesi, professavano, quasi religio- del testimone” dalle generazioni più anziane samente, la grande cucina classica. di cuochi a quelle dei giovani. Inoltre abbiamo La nuova generazione di grandi cuochi fran- investito insegnanti non ancora preparati, cesi si è dunque formata alla scuola dei grandi ventenni o quasi, alla formazione professiona- alberghi, ma molti di loro erano nati in una le delle nuove legioni di aspiranti cuochi. Cosa famiglia già dedita alla ristorazione: come può saperne di cucina chi non possiede l’espe- nel caso di Paul Bocuse che ripercorre l’atti- rienza che i veri Maestri hanno acquisito, a vità del papà e dello zio; i fratelli Troisgros, costo di sacrifici e buona volontà, in lunghi anch’essi continuatori di zio e papà. Ed è pro- anni di lavoro passati sui fornelli? prio questa famiglia che amo portare come Chi è riuscito a emergere è solo chi ha potuto esempio di continuità nella tradizione, moder- lavorare costruttivamente nella “bottega” di nizzando senza soste la sua attività. Michel, uno o più Maestri di grande, provata esperien- figlio di Pierre Troisgros, ha saputo assimila- za e totale padronanza del sapere in cucina. re la grande esperienza di suo padre e dello zio La dimostrazione di tutto ciò sta nella consi- Jean, che già portavano naturalmente den- derazione che la sottile compagine dei cuochi tro di loro tutta l’arte appresa, a loro volta, oggi emergenti, ha formato la sua esperienza dall’anziano capostipite, per formare la base Con Pierre Troisgros e il figlio Michel durante il Congresso “Identità golose”, Milano, 2007. XVI
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Con Yannick Alléno al ristorante “Ledoyen”, Parigi, 2016. che gli ha permesso di evolvere magistralmen- carni. Il cuoco professionista è quello che sa te una cucina già perfetta. Anche il locale del fare le cose in maniera corretta, attraverso ristorante è stato più volte ammodernato da l’intelligenza. Michel, come avevano già fatto i famigliari In quest’ottica, la cucina è andata sempre più che l’avevano preceduto, per adeguarlo alle alleggerendosi, alla ricerca della semplicità, esigenze del momento, in eterno mutamento. per mettere in evidenza la qualità della mate- Ma in cucina si è dedicato a seguire la grande ria. Le tecniche del sottovuoto e della cottura tradizione, che porta dietro di sé, scegliendo a bassa temperatura, entrambe recenti, sono soluzioni che non siano in contrasto con la state scelte proprio per poter raggiungere tradizione, ma che siano adatte al ritmo della questo obiettivo. In effetti la prima volta che vita moderna, come diceva Escoffier nel 1902. ho sentito parlare della cottura a bassa tem- Da noi non ci sono state molte storie analoghe. peratura, sono rimasto meravigliato, ma poi, I migliori sono sovente autodidatti, perché riflettendo, ho capito che questo metodo equi- non esiste in Italia una scuola “top” per for- valeva sostanzialmente alla frollatura. Quan- mare i più bravi. I “più bravi” restano così i do un prodotto rimane otto-dieci-dodici ore in soli “più bravi”, senza possibilità alcuna di cottura, si può senz’altro considerare che sia formarne di nuovi. Ma così, non si crea nulla stato sottoposto a un trattamento validamen- per far crescere un Paese professionalmente. te sostitutivo della frollatura, dato che garan- tisce lo stesso risultato. In Spagna, Ferran Adrià ha letteralmente Questa “nuova filosofia” in cucina, ci ha con- stravolto la cucina spagnola, ma non ha creato dotto sempre più vicino all’arte e alla verità. una cucina nuova, ha “inventato”, di bel nuovo, È un’osservazione che, in definitiva, significa una cucina “chimica”, basata strutturalmente che l’arte è il mezzo per arrivare alla verità. e unicamente su nuovi metodi di trattamento E quando parlo della purezza di un prodotto, della materia, che ha molto sorpreso, ma a parlo della mia “Meno Cucina”, con la quale causa della sua estraneità alla vera cucina, ha ho voluto raggiungere l’obiettivo di trattare già esaurito il suo compito culturale e rimane la grande qualità del prodotto con la giusta solo una “vecchia” novità. preparazione e la valorizzazione della presen- Completamente all’opposto si trova invece, tazione. parlando di chimica, la simpatica definizione Se guardo il mio libro di ricette, andato in del cuoco, rilasciata dal grande Ernesto Illy, stampa nel 1980, con ricette concepite tra il che lo promuoveva “chimico dell’intuizione”. 1978 e il 1979, trent’anni fa, vedo che i piatti È infatti grazie a questa “chimica intuitiva”, da me creati e considerati allora spregiudi- che può evitare di bruciar padelle e stracuocere cati, non erano affatto piatti di fantasia, ma XVII
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... tutte le fasi di lenta evoluzione della cucina e del conseguente adeguamento al modo di nu- trirsi della nuova società in continua trasfor- mazione esistenziale. Ma se qualche giovane o meno giovane è riuscito a vivere diverse esperienze “girando” tra qualcuna delle più grandi cucine condotte ancora oggi da grandi Maestri e ha potuto e saputo approfittare di queste preziose opportunità, avrà sicuramen- te guadagnato tutti i meriti per potersi anno- verare tra i futuri grandi cuochi.» La formazione, dunque, rappresenta l’aspet- to più importante per lo sviluppo della cuci- na italiana, in patria e nel mondo. Purtroppo non abbiamo mai trattato in modo serio la preparazione professionale dei cuochi. Negli anni Settanta e Ottanta gli istituti alberghieri “forgiavano” bravi professionisti, basti citare l’Istituto Alber- preparazioni legate alla tradizione: non face- ghiero di Stresa o il Carlo Porta di Milano, vo altro che operare un rinnovamento sostan- o gli Istituti di Como, di San Pellegrino... ziale della composizione, della cottura e della Poi man mano le risorse economiche sono presentazione, per non dire degli abbinamenti diminuite e la formazione è diventata sem- e delle sequenze nei menu. E soprattutto intro- pre meno efficace. Nel 2004 Marchesi ha ducevo il nuovo, esclusivo concetto del contra- aderito alla creazione di ALMA, con il com- sto, che si è poi rivelato una verità da seguire pito fondamentale di trasformare i ragazzi e sviluppare. che hanno terminato l’istituto alberghiero Ma è pur tanto difficile trasferire questi con- in cuochi professionisti. Ma quel progetto cetti a chi non ha vissuto, come me, tutto il si è fermato solo al primo passo. L’idea di cammino che mi ha condotto sino a lì. I fran- Marchesi prevedeva che dopo un anno di cesi si erano lanciati sull’artificiosità delle sal- formazione tecnico-pratica i ragazzi tor- se (“magico” elemento con il quale si poteva nassero all’approfondimento dello studio “ringiovanire” una moltitudine di alimenti), con maggiore consapevolezza, ma questa quando in cucina non c’era tutta la tecnologia seconda parte del progetto non fu mai mes- di conservazione che c’è ora. Un banchetto in sa in pratica e oggi questi allievi credono, un grande albergo esigeva che tutto fosse pre- dopo cinque mesi di scuola e altrettanti di parato all’ultimo momento, qualunque fosse apprendistato, di essere diventati degli chef stato il numero degli invitati! Oggi, organiz- di cucina. Nel 2014 Marchesi ha fondato zazioni specializzate nel banqueting, anche quindi l’Accademia Gualtiero Marchesi con di ottima qualità, preparano tutto prima, con l’ambizione di cambiare il punto di vista dei largo anticipo, contando sui mezzi estrema- mente tecnici, e indubbiamente di massima sicurezza, che i nuovi sistemi di conservazione permettono di utilizzare. Così si possono rea- lizzare, quasi dall’oggi al domani, banchetti per mille o duemila persone, senza affanno, né All’opera nella sala problemi. del ristorante di Erbusco, 2010. Alla fine, la considerazione da fare è che que- sto passaggio così rapido dalla grande cuci- A destra: Con i suoi generi, na di una volta a quella attualmente richie- Enrico Dandolo e sta dal cliente, non ha consentito ai giovani Michel Magada nella Reggia di Colorno di partecipare e approfittare dell’esperienza (PR), 2010. degli anziani, che avevano invece vissuto XVIII
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Il Maestro nella sua Accademia durante una lezione “Monografia” per cuochi professionisti, Milano, 2016; in primo piano, impegnato ad affettare un rognone, l’Executive Chef di Accademia Antonio Ghilardi e, alla destra di Marchesi, Osvaldo Presazzi, Executive Chef della “Terrazza Gualtiero Marchesi” di Tremezzo (CO). cuochi: la cucina non come fine, ma come È vero infatti, come diceva il compositore mezzo espressivo di un pensiero artistico. Béla Bartók, che «l’improvvisazione pre- Per raggiungere questo obiettivo servono suppone la conoscenza della materia». anni di lavoro e di approfondimento intellet- Eccellenza è, secondo Marchesi, la capacità tuale, che devono proseguire in parallelo. E di trasformare la cucina in una forma d’arte: per chi vuole avere una maggiore consape- «La cucina è di per sé scienza, sta al cuoco volezza, una solidità culturale alla base della farla divenire arte». propria cucina, deve esserci la possibilità di continuare gli studi grazie a un vero corso *Enrico Dandolo universitario di scienze culinarie. Questa Segretario Generale della Fondazione è la missione che Marchesi ha lasciato alla Gualtiero Marchesi e Chairman del Gruppo Fondazione da lui creata, attraverso le atti- Gualtiero Marchesi vità svolte dalla sua Accademia. Il percorso formativo pensato da Marchesi inizia da un corso intitolato “I cuochi del futuro”, dedicato ai migliori neo diplomati degli istituti alberghieri per offrire loro la conoscenza dei fondamentali della cucina e la consapevolezza necessaria all’inserimen- to in un grande ristorante. Dopo nove mesi di studio e lavoro, i ragazzi avranno com- preso cosa significhi affrontare il mestiere del cuoco e decideranno se proseguire ap- prodando al corso universitario o dedicarsi integralmente all’attività lavorativa sotto la guida di uno chef che diventi il loro Maestro. Certo, prima di potersi esprimere libera- mente, dovranno studiare con assiduità le tecniche di cucina, la tradizione, i prodotti; per sintetizzare potremmo ricordare solo due parole: necessario ed eccellenza. Il ne- cessario consiste nella fondamentale cono- scenza della materia e della sua trasforma- zione, la padronanza della tecnica. XIX
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Il mio primo vero Maestro di Andrea Berton* A sinistra: Andrea Berton nel suo ristorante, Milano, anni 2000. In questa pagina: Andrea Berton, Gamberi rossi di Sicilia crudi e cotti, amaranto croccante, olio extravergine di oliva e sorbetto alla barbabietola, 2014.
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... Gualtiero Marchesi, oltre che un grande di importante. Mi ha fatto comprendere a chef per le sue indubbie qualità professio- fondo il valore del lavoro che stavo svolgen- nali, è stato soprattutto il mio primo vero do. Il mestiere dello chef all’epoca era sot- Maestro. tovalutato e spesso considerato un ripiego, Terminati gli studi, avevo deciso di iniziare ma l’esperienza con Gualtiero ha cambiato la mia carriera nel miglior ristorante italia- completamente la percezione che avevo di no degli anni Novanta: ho cominciato così quella professione. Grazie a lui, riuscivo a a lavorare proprio nel suo, in via Bonvesin vederla con occhi diversi, in una veste più de la Riva a Milano. Conobbi Gualtiero per nobile, come un’attività fondamentale che caso: un giorno trovai in casa una rivista richiedeva conoscenza, studio, concentra- che aveva in copertina la foto di un cuoco zione e ricerca continua. con il cappello e mi incuriosì subito, anche Da lui ho appreso lezioni preziose che an- se all’epoca non sapevo che si trattasse cora mi accompagnano, una delle più si- proprio di Gualtiero Marchesi. Lo incon- gnificative fu quella di sensibilizzarmi al trai per la prima volta quando mi presen- valore della materia prima. Marchesi vole- tai al colloquio con il suo chef di cucina e va esaltare il prodotto e non distruggerlo, l’impressione che mi fece fu quella di una come invece avveniva in quegli anni. Lui persona molto altruista, tant’è che accettò era già avanti: vedeva l’ingrediente come subito di darmi un’opportunità. Da qui ca- una fonte di successo, come un elemento pii immediatamente quanto fosse incline a basilare da valorizzare e servire al cliente. valorizzare i giovani. Con lui ho imparato a realizzare piatti di Gualtiero Marchesi è stato per me un Mae- qualità e originali all’insegna della sempli- stro generoso, a cui sono stato legato profes- cità. Sceglieva ricette classiche e le ren- sionalmente per ben otto anni, durante i quali deva essenziali, svecchiava la tradizione mi ha trasmesso la cultura per il cibo e il suo per alleggerirla, ma la sua innovazione era sapere. Stando accanto a lui avevo l’impres- sempre finalizzata alla salvaguardia della sione di iniziare finalmente a fare qualcosa tipicità. In queste pagine: Gualtiero Marchesi con Andrea Berton al Castello di Susegana (TV), 2004. XXII
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... era solito dire: «L’esempio è la più alta for- ma di insegnamento» ed è questo pensiero che mi ha sempre guidato. A differenza di altri chef stranieri, ha osato e ha avuto il coraggio di fare un passo avanti realizzando in Italia quello che nessun altro aveva fatto prima. In passato alcuni chef stranieri erano arrivati nel nostro Paese per tentare, invano, di dare una nuova immagine alla cucina italiana, di descriverla con una nuova enfasi. Gualtiero Marchesi è stato ri- goroso sotto questo aspetto, determinato e preparato, e proprio per questo è riuscito nel suo intento: trasformare e rivoluzionare la cucina italiana. Mi ritengo estremamente fortunato ad aver avuto modo di intreccia- re il mio percorso professionale con il suo. Grazie Maestro. In un certo senso, usava la cucina come un linguaggio e per questo è stato un efficace *Andrea Berton ambasciatore del nostro Paese, comunican- Chef, Ristorante Berton, Milano do l’eccellenza dell’offerta gastronomica italiana nel mondo. Se oggi siamo arrivati a questo punto e se la cucina italiana, negli ultimi trent’anni, è diventata un modello di riferimento all’e- stero, è sicuramente anche grazie all’opera di Gualtiero Marchesi, che con la sua arte è riuscito a sdoganare l’idea semplicistica che associava la nostra cucina solo a «quel- la di casa della mamma». È stato un rivolu- zionario, un artista del suo settore, che ha lasciato un segno indelebile. Ha piantato il seme da cui è germogliata la cultura raffi- nata della cucina italiana. Lavorando diversi anni con il Maestro, di cui quattro come suo Executive Chef, ho avuto modo di conoscerlo nel profondo e via via cresceva la stima che provavo nei suoi confronti, insieme alla gratitudine per avermi permesso di entrare nel suo mondo. In particolare, ricordo con affetto quando la sera, terminato il servizio, mi chiamava nel suo ufficio e cominciava a raccontarmi aneddoti della sua vita, delle sue storie, del- la sua grande cultura legata all’arte e alla musica. Oltre alla passione per i fornelli, condividevamo l’interesse per l’arte. La sua conoscenza sconfinata in materia mi ha sempre portato ad approfondire questo mondo pieno di fascino. Per me erano mo- menti di grande formazione che duravano anche fino alle due di notte, ed erano espe- rienze di vita uniche, impagabili. Gualtiero XXIII
Un mondo di sapori, musica e colori ..................................................................................................................................................................................................................... Un intellettuale della cucina di Carlo Cracco* A sinistra: Lo chef Carlo Cracco nel suo ristorante in Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, 2019. In questa pagina: Carlo Cracco, Tuorlo d’uovo marinato e verdure all’agro, 2012.
Gualtiero Marchesi ..................................................................................................................................................................................................................... La prima volta che ho sentito parlare di pesci, integri, in un altro. Una volta arrivati Gualtiero Marchesi è stato leggendo un ar- al tavolo sarebbero stati elegantemente di- ticolo di giornale. Negli anni Ottanta l’infor- sposti nel piatto con il brodo. Continuammo mazione non era dettagliata come quella di con il Raviolo aperto e le Nocette di caprio- oggi, Internet esisteva, ma non era social- lo, tutto squisito. Alla fine Marchesi venne mente diffuso. Si diceva fosse uno bravo, ma a salutarci e io ero emozionatissimo, tanto affermare che uno chef avesse 3 stelle non che mia sorella colse l’occasione per rive- significava granché. Di lui mi ero fatto un’i- largli che avrei voluto andare a lavorare da dea che poi ho scoperto essere abbastanza lui. Mi invitò a scrivergli, lo feci più volte e fedele alla realtà, quella cioè di un grande nel 1986 entrai nella sua brigata. innovatore, di un genio indiscusso. Tra gli Lavorare con lui mi ha permesso di capire anni Settanta e gli anni Ottanta, la cucina e a fondo il suo eccezionale talento: è stato il la ristorazione non erano considerate come primo ad allargare i confini della ristorazio- oggi, lui è stato il primo a imprimervi una ne e ad ottenere 3 stelle Michelin, il primo straordinaria svolta e ad accelerare l’evolu- ad andare in televisione, a pubblicare libri, zione della figura dello chef, che a tutti gli a offrire consulenze, a occuparsi di design e effetti è nata con lui. di arte. È stato il primo a proporre i piatti Nel 1985 ero un ventenne che aveva appena pronti, idea che oggi però penso non fun- concluso la scuola alberghiera. Avevo letto zionerebbe più. All’epoca aveva riscosso di lui e della sua “rivoluzione culinaria”, un grande successo perché, per la prima per questo volevo assolutamente andare a volta, uno chef firmava un piatto congela- mangiare nel suo ristorante in via Bonvesin to, quindi la percezione della gente era di de la Riva a Milano. Ma come fare? Non ave- poter mangiare a casa un piatto preparato vo molti soldi in tasca, pensai però che mi da un grande professionista della cucina. avrebbe potuto accompagnare mia sorella Marchesi è stato anche il primo ad aprire Annalisa, che lavorava già e che avrebbe un negozio di prodotti “brandizzati” in via potuto saldare il conto. Andammo e quel San Giovanni sul Muro, che ebbe un buon che ricordo nitidamente fu la bontà e l’ori- riscontro da parte del pubblico. ginalità della zuppa di pesce: non un “intru- Certo, quando sono andato a lavorare da glio” di pesci stracotti, ma il brodo, traspa- lui ho dovuto ricominciare da capo perché rente (altra novità), servito in un piatto e i avevo studiato “la tradizione”, base per lui Con la brigata del suo ristorante in via Bonvesin de la Riva, Milano, 1990. Si riconoscono tra gli altri Carlo Cracco e Davide Oldani. XXVI
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