Per costruire ABITARE LA SCUOLA
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ABITARE LA SCUOLA per costruire legami di giustizia
La presente pubblicazione, realizzata da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie è stata curata dal settore formazione con l’intento di raccontare il percorso nazionale di formazio- ne per docenti Abitare i margini, che quest’anno giunge alla sua decima edizione. Il lavoro raccoglie le riflessioni di docenti ed esperti sui temi dell’educazione, della pedogagia e delle politiche giovanili. Ma soprattutto sono contributi di amici che, negli anni, in questo lungo ed interessate percorso, ci hanno aiutato ad approfondire e ragionare su cosa accade nel mondo della scuola e dell’educazione, su come possiamo accompagnare i ragazzi e le ragazze nei loro percorsi di crescita, convinti che non può esserci lotta alle mafie se non si guarda ai luoghi dove si produce conoscenza, dove tutti i giorni gli studenti sperimentano le relazioni, le difficoltà, le soddisfazioni e le paure, in parole” povere” dove imparano a diventare adulti , con un pensiero che sia critico e sempre curioso di “sapere di più”. Infine, ci è sembrato giusto e naturale concludere la pubblicazione dando voce agli insegnanti che negli anni hanno partecipato al percorso, in modo che potessero raccontare il senso di questa esperienza per loro e quale segno ha lasciato. La dedichiamo a tutti i docenti ed educatori che continuano con passione ed entusiasmo ad “abi- tare i margini”. pubblicazione realizzata da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie Settore Formazione Via IV novembre, 98 -00187 Roma tel 06/69770323-25 email formazione@libera.it scuola@libera.it Progetto grafico e impaginazione: Francesco Iandolo Stampa Multiprint Roma Febbraio 2017
INDICE Prefazione 5 Elisa Crupi, Giuseppe Parente, Michele Gagliardo Introduzione 7 don Luigi Ciotti 1 LE SFIDE DELL’OGGI PER UNO SVILUPPO EGUALE 10 1.1 Verso nuovi confini da abi(li)tare. Interrogarci oggi su quali siano i 13 margini su cui sostare Carlo Andorlini 1.2 Guardare al futuro tra realtà e desiderio 18 Francesca Rispoli 2 MAFIA E CULTURA MAFIOSA 21 2.1 Sulle tracce delle mafie che cambiano 24 don Marcello Cozzi 2.2 La scuola come luogo per una proposta alternativa alla cultura mafiosa 30 Nando dalla Chiesa 2.3 Educare ai confini, tra storie difficili e contesti mafiosi 34 Mario Schermi 3. LA CURA DEGLI SPAZI DELL’EDUCARE QUOTIDIANO 39 3.1 Allestire insieme ai giovani spazi ri-costruttori dei legami di comunità 42 Michele Marmo 4. FARE SCUOLA 53 4.1 La scuola che educa alla formazione del cittadino 55 Domenico Chiesa 3
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia 4.2 Insegnare la passione per pensare 62 Andrea Marchesi 4.3 Fare scuola con la mente e con il cuore 71 Armando Rossitto 5 LA VOCE DEI PARTECIPANTI: RIFLESSIONI E SUGGESTIONI 76 5.1 Dieci anni di Abitare i margini: pensieri e ricordi 77 Isabella Sorgon 5.2 Dalla formazione all’impegno locale con gli studenti 80 Isa Saba 5.3 Da Abitare i margini a percorsi di legalità 82 Gilda Pescara 5.4 Libera formazione:osare e crescere per tutta la vita 85 Pinuccia Neve e Leandra Diarena 5.5 Abitare i margini per ritrovare il senso di comunità 87 Claudia Maestranzi e Pietro Bertino 5.6 Da “Abitare i margini” ai luoghi della memoria di Milano 88 proposti da “Officina 21 marzo” Giuseppe Teri 5.7 Abitare i margini: laboratorio di idee e di relazione umana 94 Giuseppe Vinci 4
PREFAZIONE ABITARE I MARGINI COMPIE 10 ANNI! di Elisa Crupi, Giuseppe Parente, Michele Gagliardo staff Nazionale Libera formazione “Una città non si misura dalla sua scuola del riscatto e della realizzazione lunghezza e larghezza, dell’idea politica e pedagogica dell’educa- ma dall’ampiezza della sua visione e zione alla cittadinanza. In questo riflettere dall’altezza dei suoi sogni” è stato di enorme aiuto lo studio ed il con- Herb Caen fronto sulla “pedagogia della resistenza” che, attraverso l’analisi e la denuncia dei sistemi di oppressione, apre a percorsi di Molte sono state le storie che dal 2007 ad cambiamento e, appunto, emancipazione. oggi, si sono incontrate, raccontate; molti Da qui era necessario passare a capire sono i volti che tutti abbiamo impressi nel come tutto ciò ci mettesse in relazione cuore e nei pensieri; tanti momenti belli; con le mafie ed in particolare con i sistemi qualche momento difficile. Un percorso di pedagogici e culturali agiti da esse. Sia- crescita al quale, uno per uno, tutti si è dato mo entrati nelle profondità della proposta un contributo. educativa mafiosa, scorgendone principi, Siamo partiti dai margini, dalla necessità di didattiche e modalità di risposta ai bisogni riaffermare il ruolo della scuola nelle situa- di crescita dei giovani. Tutto per indagare zioni più difficili, nei territori abbandonati; i nostri comportamenti; dove esistenti, an- condividendo oggetti di lavoro prioritari e dare a scovare “le mafie di dentro”, al fine modelli per un intervento possibile. Una di immaginare una proposta educativa al- 5
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia ternativa. inseriti. Così in questo cammino ci siamo imbattuti Non potevamo non soffermarci a valorizza- nel lavoro sulle pratiche educative e sulla re questo patrimonio e nel farlo, abbiamo costruzione del dispositivo educativo, nella voluto al nostro fianco le persone che in tensione verso la costruzione di una vera e questi anni, con noi, hanno condiviso que- propria pedagogia civile. sto percorso. La cultura mafiosa e lo studio della peda- Grazie per esserci stati, grazie per ciò che gogia civile, ci hanno imposto la necessità abbiamo fatto insieme, forza per ciò che di indagare a fondo le relazioni esistenti tra ancora ci attende. mafie ed economia; per meglio compren- dere cosa tiene insieme questi due sistemi, quale progetto di uomo e di mondo. Un per- corso interessante che ricolloca la scuola e il ruolo del docente in una posizione cen- trale relativamente alla costruzione di un modello di sviluppo sociale e solidale, fon- dato sulla cura dell’uomo, sulla giustizia, sull’uguaglianza e sulla libertà. Dagli incontri, dalla tessitura delle relazio- ni, negli anni sono nate tante esperienze di valore; disseminate in molti luoghi in tutto il Paese. Percorsi di formazione e di impe- gno; reti di scuole; presìdi; nuove forme di welfare e, soprattutto, molte occasioni di crescita delle comunità e dei giovani in esse 6
INTRODUZIONE di Don Luigi Ciotti Presidente di Libera Quando, ventidue anni fa, iniziò il cammino da non coinvolgere l’etica della persona, la di Libera, una cosa fu subito evidente: un radice profonda del suo essere al mondo. grande impegno andava rivolto alla pra- È a questa radice che hanno sempre mirato tica educativa, alla formazione delle co- i nostri progetti educativi, nelle scuole e do- scienze. Il contrasto alle mafie non poteva vunque se n’è data l’occasione, nella convin- prescindere da un cambiamento culturale, zione che la legalità debba fondarsi sulla re- da un diventare tutti cittadini più respon- sponsabilità, che è la legge della coscienza, sabili, estranei ai meccanismi della delega, quella che ci affida le sorti della nostra vita, artefici e custodi del bene comune. In tal la possibilità di scegliere, di decidere, ma senso rivelò subito i suoi limiti, anche dal anche il compito di essere liberi con gli altri punto vista educativo, il concetto di “le- e non contro gli altri, di impegnare la nostra galità”. Il rispetto delle regole non poteva libertà per liberare chi ancora libero non è. essere la base di una formazione sociale È per mezzo di questa responsabilità vis- e civile. In primo luogo, perché le regole suta, non solo teorizzata, che tanti gio- non sempre promuovono e difendono il vani, anche in contesti difficili, poveri di bene comune. Poi, perché l’adesione alle opportunità, hanno scoperto la passione regole può essere anche un atto opportu- e la bellezza dell’impegno per il bene co- nistico, mosso dall’interesse o dal timore mune, dell’essere cittadini fino in fondo. o dal semplice conformismo, dunque tale La bellezza di una vita che si fa ricerca di 7
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia verità e si spende per costruire giustizia: È questa doppia attenzione alla persona e fra tutte, la più degna di essere vissuta. alla società che permette di cogliere le loro Ma questa responsabilità educativa passioni, le loro inquietudini, le loro capa- comporta anche – anzi, prima di tutto – cità, e sostenerle finché saranno loro, i gio- quella di mettersi in discussione come vani, a procedere in autonomia alla ricerca educatori, di interrogarsi sui propri li- di un bene che è personale ma al contem- miti, sulle proprie motivazioni, sull’ef- po, promosso dal rapporto educativo, è il ficacia o meno dei propri strumenti. bene di tutti, il bene di un’intera comunità. Di questa responsabilità preziosa e indi- Ecco allora che nel ringraziare chi si è speso spensabile – perché il bravo “maestro” e continua a spendersi in questi progetti, non ha paura di scompaginare gli schemi, in questa feconda semina di speranza, mi di uscire dai ruoli, di fare a meno di assetti sembra bello augurare un buon prosegui- collaudati – dà conto il percorso decenna- mento di cammino ricordando due figure le di “Abitare i margini”, attraverso il quale che hanno segnato la strada dell’educare docenti, educatori, formatori che si ricono- aprendo nuove vie e opportunità. Due fi- scono nel cammino di Libera hanno cercato gure che ci hanno insegnato che è difficile via via di migliorare i propri strumenti, di e poco fertile un educare che non abbia il guardare dentro e fuori di sé, nel mondo che talento del sogno e il coraggio dell’utopia. cambia e che cambia oggi con una velocità La prima è Danilo Dolci, che ci ha inse- tumultuosa e forse inedita. Perché l’ edu- gnato che cresciamo «solo se sognati». care deve avere un occhio vigile sulla so- Anche noi non dobbiamo stancarci di “so- cietà, essere un sismografo di cambiamen- gnare” i giovani che incontriamo, di ve- ti spesso impercettibili, accogliere il nuovo derne le potenzialità, le abilità, ma an- e l’istanza di vita che il nuovo sempre porta che di creare le condizioni affinché queste con sé e di cui i giovani sono espressione. abilità possano esprimersi. Il che signi- 8
INTRODUZIONE fica essere davvero concreti e pragma- tici, perché la vita è una realtà dinamica dove ragione e immaginazione non sono mondi separati, ma fonti di reciproco nu- trimento, spazi complementari di sapere. La seconda figura è don Lorenzo Milani, di cui quest’anno ricorre il cinquantena- rio della morte. Anche don Lorenzo era un pragmatico sognatore, capace, quan- do arrivò a Barbiana, di immaginare già la scuola, i banchi, le cartine geografiche, la lettura del giornale in classe, l’esperimento della scrittura collettiva, la piscina scavata perché quei figli delle montagne vincessero la paura dell’acqua e che sarebbe diventa- ta per loro «il nostro oceano di Barbiana». Di vedere in quei ragazzi futuri cittadini responsabili, consapevoli, liberi. Libertà di cui don Lorenzo è stato indubbiamente un maestro. A noi spetta il compito di esserne, almeno, testimoni credibili. 9
1 Le SFIde dell’oggi per uno sviluppo eguale 10
1. LE SFIDE DELL’OGGI PER UNO SVILUPPO EGUALE “Rimettere radicalmente in questione il artistica degli spazi; mettere a disposizione concetto di sviluppo luoghi fisici nei quali investire nella nascita significa fare della sovversione cognitiva, e e nell’implementazione di progetti di in- la sovversione cognitiva contro, di elaborazione creativa, di innova- è la premessa e la condizione di qualsiasi zione economica e sociale, di crowdfunding cambiamento politico, e crowdsourcing, di coworking, di acquisto, sociale e culturale. Il momento sembra fa- di lavoro tra le generazioni. Dare vita a si- vorevole per far uscire stemi ricchi di strumenti differenziati orien- queste analisi dalla semiclandestinità in tati alla formazione e alla crescita civile dei cui sono state relegate finora”. cittadini; promuovere, tra i giovani, a par- Serge Latouche tire dalle loro passioni e dalla loro creati- vità, nuove forme di economia qualificate Dopo tanto riflettere e ricercare, di questi dall’essere solidali e sociali, entro le quali anni, la strada da intraprendere per pensa- venga esercitata un’opzione preferenziale re a processi di sviluppo di un territorio si per gli ultimi, si parte dagli “ultimi” da chi fa più chiara e ci presenta un impegno bi- vive in fragilità e su quella base si struttura direzionale. In primo luogo dentro le politi- tutto il resto; costruire una rete diffusa di che cercare l’inserimento di interventi atti a patti educativi, strumenti attraverso i quali generare cura e rafforzamento delle comu- un numero sempre più alto di persone col- nità, perché in esse possano sorgere micro laborano tra loro, condividendo principi ed sistemi fondati su solidarietà, fiducie e giu- orizzonti del loro agire politico e pedago- stizia. Per fare ciò: pensare ai giovani come gico, individuano snodi educativi interni ai attivatori di processi collettivi di riqualifica- contesti, assumendo un approccio meto- zione urbana, di cura degli ambienti di vita, dologico significativo nel quale strutturare di percorsi di riappropriazione culturale e 11
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia interventi e strumenti di lavoro. In secondo luogo essere attenti ai singoli individui nella direzione di dare vita ad un complesso sistema di espansione delle li- bertà individuali di ciascuno e di ciascuno in relazione. Il modello economico e il suo paradigma fondante è talmente persuasivo e subdolo da rendersi invisibile allo sguardo di molti: per chi ha la possibilità di leggere critica- mente la proposta in esso contenuta, vi è la responsabilità di investire su un piano cul- turale ed operativo per costruire lo spazio mentale e fisico del cambiamento. Partire dai giovani, dal costruire con loro e la loro enorme capacità creativa ed inno- vativa, percorsi di cambiamento, non solo è possibile, ma forse l’unica strada da per- correre. In gioco non c’è un progetto speci- fico, una impresa da far nascere, la risposta ad un bisogno di alcuni; tutte cose impor- tanti e legittime. Ma in gioco c’è il futuro delle nostre città e la qualità della vita di chi le abita ora e nel futuro. 12
VERSO NUOVI CONFINI DA ABI(LI)TARE Interrogarci oggi su quali siano i margini su cui sostare 1.1 di Carlo Andorlini Formatore sui sistemi collaborativi e sull’innovazione sociale Dieci anni di questo nostro tempo (perché possibile. dieci sono gli anni del progetto di Libera Interrogarci oggi allora su quali siano i mar- “abitare i margini”), inseriti in un ragiona- gini da abitare significa: mento che parla di educazione e formazio- 1-assumere un nuovo punto osservazio- ne sono tanti, tantissimi. ne, un nuovo confine (che paradossalmen- E dieci anni in cui interrogarsi sul senso del te permetta di “sconfinare”) grazie alla cui margine, dello stare sui confini sono, oltre veduta ci possiamo accorgere di un mondo che tanti, anche davvero un’altra storia. giovanile che esce dall’immaginario dei soli Questo lo dico interrogandomi su quali neet e sdraiati per entrare in un contesto possano essere oggi, appunto, i margini da molto più vario, certo non meno comples- abitare quando si lavora nel campo dell’au- so, ma che ci può stupire; tonomia delle giovani generazioni, quando 2- prendere quindi e di conseguenza vi- si opera nell’ambito dell’acquisizione e/o sione di quelle capacità acquisite per ne- miglioramento di quelle competenze ne- cessità dai giovani (molto di più di quanto cessarie per fare formazione e quando si pensiamo) che, se prima da noi capite e poi proseguono strade, come “Abitare i mar- affiancate, possono introdurre loro e noi in gini”, di confronto fra operatori, formatori nuovi avvincenti cantieri d’autonomia e cit- e insegnanti che hanno a cuore un’idea di società più giusta e più corresponsabile 13
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia tadinanza. non guidare è sì posizione ma, soprattutto, metodo, nuovo metodo. Pedagogicamente 1-Un nuovo punto di osservazione, un significa allora non collocarsi più davanti e nuovo confine sentirsi guida ma, dietro, subito dietro, cioè Prima, lo stare sul margine era un’opzio- osservando gli spostamenti, le inversioni ne innovativa, in grado di attivare energie di rotta per essere subito capaci di affian- nuove per costruire percorsi e processi di carci per accompagnare gli spaesamenti e cittadinanza attiva e responsabile, oggi è i riorientamenti. Un lavoro continuo di os- una esigenza sociale. servazione e di ascolto, e poi di immediata Una esigenza sociale dettata dall’impor- e vera cooperazione orizzontale. tanza di posizionarsi nel punto giusto per Prima, il posizionamento sul margine era non rischiare di perdere completamente pensato nell’ottica quasi esclusiva del de- di vista processi di autonomia e ricerca del stinatario, del giovane in crescita, e del futuro (spesso autonomi) che se non visti ruolo che insegnanti e operatori dovevano ci possono rendere educatori e formatori avere nei loro confronti. Oggi in quel mar- miopi, parziali nella capacità di compren- gine ci troviamo la necessità di meticciare. dere sfumature e modi di affrontare la vita Ovvero di “mischiare” tutte quelle profes- e la crescita. Educatori e formatori che ri- sioni, modelli di lavoro, prassi e pure com- schiano di perdere per strada persone, sto- petenze che non riescono più a collocarsi rie, percorsi. in maniera semplice e lineare all’interno Prima, abitare il margine era pensato come dei processi educativi e di cittadinanza ma “scelta di posizione” da cui guardare e su hanno invece bisogno di collocarsi assu- cui collocarsi, oggi deve essere pensato mendo contorni poco specificati, per niente come richiesta di nuovo metodo. Solo una categorizzati e molto ibridi. postura capace di guardare e osservare e Infatti oggi un insegnante è anche (o deve 14
1. LE SFIDE DELL’OGGI PER UNO SVILUPPO EGUALE essere) un po’ progettista, un po’ visio- diversa nel significato da cambiamento. La nario, un po’ educatore, un po’ mediato- mutazione ha infatti un valore sostanziale re; un’agenzia formativa (che sta stretta in più: permette di legare il prima con il du- nel pensarsi unico spazio di formazione) rante pensando alla visione futura. Signifi- non può che contaminarsi con altri luoghi, ca cioè che è parola che non interrompe ma meno formali ma sempre più capaci di “in- unisce, che non costruisce nuove partenze segnare”; i processi in cui si passa dall’ac- ma variazioni di uno stesso percorso. quisizione di una competenza all’altra non E questo oggi non è una pura velleità nar- sono più ordinati; oggi la vita di un giovane rativa o semantica ma un vero e proprio attraversa processi plurali ed esperienziali nuovo modo di stare profondamente nel assai vari dove il compito pedagogico è tut- presente per “scorgere le logiche reticola- to un altro: quello di costruire cultura della ri, aperte, intermittenti, ibride, poco lineari, contaminazione e capacità di collegamen- inclusive che configurano il crossover lungo to. E potrei continuare ancora. il quale si muovono, si esprimono, impara- Si tratta allora di prendere atto che c’è un no, agiscono molti giovani”.1 nuovo punto di osservazione (per me asso- lutamente positivo) che ci indica una nuova 2-la visione delle capacità acquisite per dimensione del nostro stare nel percorso necessità di crescita dei nostri contesti e dei nostri Se la nuova posizione è presa, siamo da- giovani. Meno codificato, meno regolare, vanti a un panorama probabilmente nuovo. meno prevedibile ma molto più capace di Un panorama che racconta di giovani che penetrare nelle dimensioni educative for- per superare le incertezze del tempo, la di- mative che il nostro tempo ci richiede. 1 In “Nuove generazioni in cerca di altre Un punto di osservazione capace di vivere la generatività” di Marchesi, Marmo, Floris da mutazione. Quella mutazione che è parola Animazione sociale n 303 7/2017 Ed. Associazione Gruppo Abele 15
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia somogeneità dei processi, le lunghe catene questa logica di alta mediazione con la pre- causali proprie di un tempo lineare2, adot- carietà degli atti e dei pensieri. Del resto tano, consapevolmente o inconsapevol- “se ti muovi per tentativi devi poter tornare mente, forme di reazione positiva. sui tuoi passi, cambiare, riprovare: le scelte Sono certi di non trovare mai più (o per mol- sono reversibili e gli errori sono fondamen- to tempo) “il lavoro per sempre”, che le loro tali, sono la tua fonte di informazione3”. Ed competenze si costruiscono per tutto l’ar- è per questo che in questa dimensione c’è co di vita (scolastico, formativo, familiare, bisogno di nostri strumenti legittimanti, sociale), che la costruzione della respon- sistemi che abilitino, che permettano, che sabilità passa sempre di più da esperienze garantiscano; “fuori” dai canali di apprendimento classici b-affiancamento. Se c’è un motore perma- (o in ogni caso che sono queste esperienze nente che può affiancare (ma direi di più, esterne a essere potenzialmente più incisi- trainare) il nuovo abitare i margini dei gio- ve) e che si muovono per tentativi, prove vani in questo cammino tortuoso ma av- ed errori, caratteristiche uniche e sostan- vincente, questo è il desiderio. Quello spa- ziali (e finalmente non più considerate ne- zio del desiderare che “è vita se non segna gative) per affrontare il futuro. Caratteristi- la fine del percorso, ma se ne è l’elemento che però che hanno bisogno di un supporto generativo4”. Ed è in questo preciso punto nostro, in termini di: di snodo che cura il passaggio da un desi- a-legittimazione. Da parte del nostro 3 in “Affiancare una generazione senza esserne il modello. Una proposta sul ruolo degli mondo, poco incline spesso a entrare in adulti in un’epoca di cambiamenti” di Stefano Laffi in “Quaderni di Orientamento” n.48 Regione Friuli 2 in “Affiancare una generazione senza VG giugno 2016 esserne il modello. Una proposta sul ruolo degli 4 In “Il cambiamento che c’è: note di un’evo- adulti in un’epoca di cambiamenti” di Stefano Laffi luzione e di una responsabilità di Michele Gagliardo in “Quaderni di Orientamento” n.48 Regione Friuli da “Fabric- storie e visioni di contesti in cambia- VG giugno 2016 mento” Ed. pacini editore 2016 16
1. LE SFIDE DELL’OGGI PER UNO SVILUPPO EGUALE derio conclusivo a un desiderio generativo, esistere è certamente una chiusura. Però che l’interpretazione del ruolo educativo e l’unica suggestione che posso dare alla formativo diventa decisiva. Proprio in quel- fine di questa breve immersione è che in- la capacità di affiancare e stimolare positi- terrogarci su quali siano i confini da abitare vamente questo cambio di visione. (e gli sconfinamenti da abilitare) significa c-fiducia. I giovani oggi possono stare su imparare a convivere con l’incertezza come linee di confine. Sono in grado, o per me- stanno imparando a conviverci molti giova- glio dire possono essere in grado, di agire ni. E lo possiamo fare se sappiamo sosta- creativamente e responsabilmente su un re su quel margine dichiarando ai giovani foglio bianco interamente da scrivere ma la nostra stessa fragilità e insicurezza nei noi dobbiamo mutare il nostro agire educa- confronti di un mondo nuovo che cono- tivo per non perderci nessuno e per renderli sciamo tutti molto poco. E’ l‘invito ad uno consapevoli e soprattutto forti. E per fare “scambio tra fragili5”che nello sconfina- questo abbiamo bisogno di maneggiare mento ritrovano senso, ognuno per il pro- un presunto paradosso e cioè che oggi per prio pezzo di responsabilità. fare educazione “attiva” dobbiamo essere “passivi”, ovvero dobbiamo amplificare la dimensione dell’ascolto a scapito del dire, dell’insegnare, del far fare. Siamo in uno splendido e tortuoso momen- to, potremmo dire di mare aperto, che non 5 Da “Giovani e nuove forme di partecipa- può certo prevedere conclusioni. E quindi zione in Europa” di Vincenza Pellegrino sito http:// su questa nuova frontiera, che ho provato www.inchiestaonline.it/movimenti/vincenza-pel- legrino-giovani-e-nuove-forme-di-partecipazi- appena a tratteggiare, quello che non può ne-in-europa/ 17
GUARDARE AL FUTURO TRA REALTà E DESIDERIO 1.2 di Francesca Rispoli Presidentessa della Fondazione Benvenuti in Italia, già referente di Libera formazione Quando siamo partiti con il percorso di Abi- vent’anni è cambiata radicalmente e ancor tare i Margini, dieci anni fa, l’idea era preci- più vertiginosamente negli ultimi dieci, ed sa: i nostri territori, più o meno centrali che è la dimensione del lavoro. fossero, avevano al proprio interno sacche Quando si dialoga con i ragazzi, ponendo di periferia che non potevano e non dove- al centro il loro protagonismo per promuo- vano essere ignorate. vere lo spirito di cambiamento e la presa di I margini dunque come spazi che, a pre- responsabilità, è imprescindibile partire da scindere da dove si collocassero, portava- loro, dal vissuto che hanno, da cosa pensa- no al loro interno disagio, trascuratezza, no, da cosa sperano, da cosa sognano. ignoranza da parte del ‘centro’ e dove pure In questi dieci anni è sotto gli occhi di tutti molta vita si muoveva, grazie all’impegno che si siano affievolite le speranze nutrite di docenti con precise vocazioni. verso il futuro e che il sogno sia stato molto Oggi il cammino porta a dire che i margini ridimensionato. Riflettere con loro su cosa siano anche altri, perché in questi anni le vogliono diventare ‘da grandi’ spesso è un condizioni sociali si sono evolute molto ra- pugno nello stomaco: il rimando è di giova- pidamente ed è dunque opportuno aggior- ni seduti che hanno una soglia di ambizione nare quella visione, pur in piena coerenza che è livellata verso il basso, con l’auspicio col sentiero tracciato. di un lavoro il più possibile duraturo, a pre- C’è una dimensione che negli ultimi scindere dalla qualità e dalla soddisfazione 18
1. LE SFIDE DELL’OGGI PER UNO SVILUPPO EGUALE che può generare. ‘realtà’. Il processo educativo ha il potere Di questa risposta non sono responsabili i di condurre a conciliare la dimensione del giovani, colpevoli di saper sognare meno: sogno con quella del reale, affermando che tutto ciò è il frutto della precarizzazione ciò che si desidera può diventare tangibi- del mercato del lavoro e dello sgretola- le attraverso l’impegno e che dunque tra mento dei diritti e dello stato sociale, che li immaginazione e concretezza c’è uno iato ha condotti negli ultimi anni a vedere i pro- colmabile da ciascuno. Oggi invece questa pri genitori, i propri fratelli e i propri vicini forbice sembra non potersi restringere e di casa perdere il lavoro, essere accompa- porta a essere di un realismo che sfocia in gnati all’uscio dopo decenni nella stessa pessimismo incondizionato. impresa senza poi riuscire a ricollocarsi, o Quindi, quali sono i margini da abitare ancora studiare e specializzarsi per poi ot- oggi? Sono i margini creati dalla paura del tenere tirocini non retribuiti e contratti rin- futuro anziché dal desiderio di afferrarlo e novati di mese in mese. di forgiarlo. Sono i margini ai quali si pone Il lavoro è una dimensione fondativa dell’in- chi pensa di non avere possibilità di riuscita dividuo e, nel nostro caso, anche della Re- e che si accontenta di sopravvivere anziché pubblica. Quando viene meno la sicurezza vivere pienamente. Sono i margini in cui ci di potere costruirsi un futuro, attraverso il ha spinto un modello economico e finanzia- proprio impegno e a prescindere dalle con- rio basato sulle disuguaglianze, in cui ogni dizioni familiari di partenza, viene meno bene è visto come risorsa individuale e non anche la spinta di sognarsi nel mondo, di in una logica di comunità. essere agenti di cambiamento, perché si Il nostro ruolo oggi è abitare questi margi- intuisce che se non lo si potrà essere per se ni per riportare al centro la speranza che, stessi, figurarsi per il prossimo. a partire dai gesti quotidiani e personali, si Il contrario della parola ‘sogno’ è la parola possa invertire la tendenza e vivere grazie 19
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia a un nuovo modello di sviluppo, sostenibi- le, in cui ciascuno trovi lo spazio che desi- dera, coniugando sogno e realtà. 20
2 MAFIe E cultura mAFIosa 21
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia “A questo può servire parlare di mafia, par- struzione di contesti. larne spesso, La mafia produce “cultura” ed al suo inter- in modo capillare, a scuola: no, a modo proprio, si può dire sia un “si- è una battaglia contro la mentalità mafio- stema legalitario” nel quale i ragazzi si pre- sa, che è poi qualunque ideologia disposta sentano come molto adeguati al modello, a svendere la dignità dell’uomo per soldi.” fedeli nel rispetto delle regole ed abili e Don Pino Puglisi spontanei diffusori del patrimonio di cono- scenze e di comportamenti parte del corpo La crescita delle mafie e, ancor di più, del- sociale mafioso. E’ fondamentale riuscire la cultura del “malaffare” e dell’illegalità, ad entrare nelle profondità di questi siste- impongono a ciascuno di noi la necessità mi, nelle trame delle storie di questi giova- di interrogarsi sulla qualità del lavoro pe- ni, per provare a capire cosa si nasconde in dagogico e culturale, cercando di mettere esse, cosa le rende significative ed incisive. sotto osservazione scelte e gesti quotidia- Tentando di tenere insieme soggettività e ni, per capire se essi vanno nella direzione collettività, differenze individuali e identici- di promuovere “educazioni civili e liberanti” tà sociali. Senza dare mai nulla per sconta- o se rischiano di essere poco incisivi e di- to o acquisito stanti dalla realtà sociale e culturale nella Le mafie “vivono nella storia delle perso- quale si vive. La cultura del “malaffare” e ne” costruendo veri e propri mondi densi dell’illegalità impone, inoltre, un lavoro dif- di significati ed elementi di senso. Vivono ficile di de-costruzione del mondo mafioso, nelle cose, negli ambienti, nei gesti che le per riuscire ad entrarci dentro e provare a persone compiono, nei comportamenti capire come funziona, su cosa fonda il suo che hanno. Le mafie non sono solo orga- modello educativo e le metodologie di co- nizzazioni criminali complesse in continua trasformazione ma, prima di tutto, veri e 22
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA propri sistemi sociali, contesti educanti nei diventare i nostri spazi di impegno: svilup- quali le persone che li abitano, vivono tutte pare e costruire una nostra idea di mondo nello stesso modo, si pongono tutte nella e di società; orientare il nostro lavoro nella stessa relazione tra passato e futuro. costruzione di contesti educativi; aiutare Così, tra tradizione ed innovazione, le ma- ciascuno di noi e i giovani con cui siamo in fie costruiscono e si garantiscono futuro, relazione ad essere efficaci comunicatori sono durature: generando organismi edu- della cultura della legalità, della giustizia e cativi che entrano nelle persone fin dalla della libertà; lavorare sui sistemi di signifi- loro tenera età. Sono nei loro giochi, nelle cato, sui processi e sulle condizioni di con- frequentazioni, nelle aspirazioni; si tra- tinuità; ridestare i desideri ed i progetti di mandano da una generazione all’altra; sot- cambiamento. traggono nuove generazioni all’esperienza della crescita. Ogni famiglia mafiosa, nel suo essere tale, cercherà di far crescere i propri figli “alla mafia”: darà loro insegna- menti e regole; indicherà cosa è giusto e cosa giusto non è; definirà i comportamenti legittimi, cosa conviene e cosa non convie- ne. E lo farà di generazione in generazione. Le mafie, allora, sono accanto a noi nei luo- ghi, nelle strade e nelle piazze che noi fre- quentiamo: evidentemente presenti, senza farsi vedere. Ma questi confini, nei quali le mafie si sanno muovere con maestria, dovrebbero poter 23
SULLE TRACCE DELLE MAFIE CHE CAMBIANO 2.1 di Don Marcello Cozzi Responsabile nazionale del servizio Sos Giustizia Erano gli anni delle stragi. Dell’attacco per i singoli cittadini. frontale alle istituzioni repubblicane. Era- Quando nel 1995 Libera muoveva i primi no gli anni in cui la follia omicida di Cosa passi sapeva quale terribile stagione vo- nostra faceva calare sul Paese l’ombra si- leva lasciarsi alle spalle; aveva visto, come nistra e cupa di un terrore che ci eravamo tutti in Italia, di cosa erano capaci le mafie lasciati alle spalle solo una quindicina di e a quale punto estremo potevano arrivare, anni prima e che pensavamo potesse ap- di sicuro sapeva che il senso profondo della partenere solo alla stagione delle ideologie sua missione e della sua identità lo avrebbe politiche estremizzate e sfociate sul fronte messo a fuoco cammin facendo, ma forse della lotta armata. non immaginava che paradossalmente nel Ma erano anche gli anni di una dignità di corso degli anni sarebbero stati proprio la popolo che non voleva accettare la pre- trasformazione e l’evoluzione delle mafie a senza mafiosa come un male ineluttabile, svelargli ancora meglio il significato iden- e di una rivolta delle coscienze che iniziava titario del suo impegno. Perché dinanzi ad a percepire che questa battaglia non pote- un’idea di mafia – come quella che domina- va riguardare solo le forze dell’ordine e la va in quella stagione – che uccide e spara, magistratura, ma chiamava tutti all’impe- che semina sangue e morte, è sicuramen- gno e alla resistenza: dalle associazioni alla te molto più semplice pensare che l’uni- scuola, dalle Chiese ai sindacati, passando co lavoro da fare sia in fondo quello della 24
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA repressione, degli arresti, delle manette e be non solo il fatto che dopo secoli stiamo delle carceri; dinanzi alla constatazione di ancora qui a parlarne, non solo le stranez- una mafia che invece non è solo sangue ze e i misteri di eccellenti latitanze vissu- ma anche diritti sociali negati, non è solo te praticamente nelle proprie case da una (presunto) codici d’onore ma anche affer- serie di boss che di amicizie e conoscenze mazione culturale e consenso di gente, non eccellenti hanno fatto la forza del proprio è solo saccheggio e rapina ma anche infil- potere criminale, ma anche quelle veloci e trazione sistemica e scientifica nell’econo- continue trasformazioni a cui abbiamo as- mia del Paese, ecco dinanzi a tutto questo sistito negli ultimi decenni e che, in barba allora diventa inevitabile, per chi tiene alle a quanti proclamano – all’indomani dell’en- sorti di questo Paese, mettersi in gioco e nesimo latitante arrestato – che la mafia sentirsi parte integrante di una battaglia e sta per essere sconfitta, in realtà sono an- di un contrasto che non è da condurre solo date sempre più rafforzando e consolidan- sul terreno militare ma anche e soprattut- do mafie di ogni specie. to su quello sociale, culturale, politico ed Non più – e non solo – “viddani” qualunque economico. Ma tutto sommato, a pensarci a reggere le cosche, ma anche professioni- bene, furono proprio quelle stragi a toglie- sti di ogni tipo, colletti bianchi sempre più re un velo e a farci prendere coscienza che sporchi di sangue. Da un lato figli rampanti la mafia non poteva essere solo quella che dei boss mandati a studiare all’estero nel- per decenni avevamo visto (ci avevano fat- le migliori università a imparare l’inglese, to vedere) solo sui volti dei ‘viddani di Cor- lo spagnolo, il tedesco da parlare corren- leone o dei ‘viddani di turno della ‘ndran- temente per portare sulle traiettorie in- gheta, della camorra, della sacra corona o ternazionali quei traffici che da sempre di qualunque altra mafia, ma era – doveva sono stati condotti nei confini regionali, essere – molto di più. Non si spieghereb- dall’altro lato al bando coppole e scarponi, 25
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia ma giacche, cravatte e doppi petto tirati a alla denuncia dopo anni e anni di vessazioni lucido per trattare da pari a pari con i Pa- e pizzo mafioso, la sera tardi, quando ormai lazzi che contano, o entrarci direttamen- tutta quella gente inneggiante alla legalità te: perché piuttosto che aggirare le regole era andata via, nel piazzale di quella stessa come volgari delinquenti, la cosa migliore è chiesa dove lo Stato e la società responsa- cambiarle quelle regole, rendere invisibile bile avevano ribadito ancora una volta che il confine tra legale e illegale, normalizzare ce la si può fare solo stringendo alleanze su l’illegalità, relativizzare il concetto stesso percorsi comuni, loro, gli uomini dei clan, di legalità, svuotandolo di ogni significa- quelli che l’avevano scampata agli arresti to, ridurlo semplicemente ad una specie di dell’operazione antimafia di qualche gior- manuale per giovani marmotte e innalzare no prima, si riunirono e affiliarono nuovi legalmente a sistema l’illegalità. seguaci e nuovi soldati. Come una sfida, in- “Non c’era bisogno di affiliarli – mi disse un somma, per dire che nessuno li ferma, che giorno un pentito parlandomi dei politici loro comandano, che in quel territorio nulla con cui la sua cosca aveva a che fare – per si può fare senza passare da loro, e che loro noi era sufficiente farci assegnare un ap- continuano nonostante tutte le operazioni palto e in quel momento quel politico era giudiziarie. Un’arroganza e una presunzio- combinato senza neanche accorgersene”. ne che invece gli uomini dello Stato assi- Intendiamoci, però. Non che oggi sia passa- stevano in diretta con tanto di telecamere ta di moda la necessità di “combinarsi”, di e cimici che in quella piazzetta erano dis- affiliarsi cioè. Un paio di anni fa in Calabria seminate ovunque, ed ebbero così modo di all’indomani di un’iniziativa pubblica orga- assistere a riti, linguaggi e gesti di sempre nizzata da Libera con una schiera nutrita a sancire un preciso vincolo mafioso: oggi – di Istituzioni del posto per sostenere un nel terzo millennio – come centocinquanta imprenditore che avevamo accompagnato 26
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA anni fa. zi alle attività commerciali avremmo ben Perché aveva ragione Giovanni Falcone presto iniziato ad abituarci ad una forma quando nel 1992 quattro giorni prima di di riscossione di pizzo che anziché passare morire, in un’intervista rilasciata a Repub- attraverso modalità violente ed eclatanti, blica affermava che tutto sommato “Cosa preferiva segnare la propria presenza e il nostra è come una Chiesa, e come la Chiesa proprio controllo attraverso l’imposizione sa rinnovarsi senza rinunciare alle proprie di personale da assumere, o l’imposizione fondamenta”. Come dire che la modernità di prodotti da prendere sempre dagli stessi ha sempre bisogno dell’arcaicità, che non fornitori. Quelli vicini ai clan, gli amici dei c’è evoluzione e progresso se non si af- clan. La violenza e i metodi forti sempre fondano radici ben solide nella tradizione sullo sfondo, sempre come “extrema ratio” con i suoi valori di sempre; e questo vale nel caso in cui qualcuno non volesse pie- anche per le mafie. Certo che il “pizzo” è garsi; ma perché ricorrere a queste strate- rimasto l’affare centrale, ciò che segna la gie volgari se lo stesso obiettivo lo si può presenza e rafforza l’esistenza dei clan, ma raggiungere con le buone e magari talvolta in tutti questi anni non potevano non cam- senza che le stesse vittime battessero ci- biare modalità, forme, metodi di riscossio- glio? E poi, in ultimissima analisi, ci sono ne: francamente venti/trent’anni fa mai sempre gli studi specializzati di professio- avremmo immaginato di leggere nel bilan- nisti amici o compiacenti a preparare tan- cio di inizio anno di una grande impresa al to di atti giudiziari legali con cui prendersi fianco della somma di 30.000 euro la voce quell’immobile, quel villaggio turistico o “concime”, ad indicare i soldi da passare quell’albergo! mese per mese a quella determinata fa- Certo che venti anni fa non ci sorpresero miglia mafiosa. Ed invece assuefatti come più di tanto, anche se in un certo senso ci eravamo a ordigni fatti esplodere dinan- spiazzarono, le mani dei clan a gestire l’u- 27
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia sura, ben lontani però dalle acquisizioni di luzione e di quei giganteschi cambiamenti. azioni in società capitali come corrispetti- Sicuramente sono vere entrambe le cose. vo degli interessi usurai da pagare, come Una cosa però ci sembra certa, e cioè che quelli che sempre più andiamo assistendo l’enorme vortice corruttivo che sembra at- oggi. Certo che la droga e il suo gigantesco tanagliarci senza mollare minimamente la mercato sono l’affare storicamente più red- presa non è solo una profonda questione ditizio delle mafie sotto qualunque latitudi- culturale – prima ancora che una piaga di ne si trovino e qualunque nome si portino carattere giudiziario – ma si sta rivelando addosso, ci fa però riflettere davvero tanto, sempre più come un enorme autostrada per le proporzioni raggiunte oggi, le alle- che le mafie stanno usando per coprire anze sempre più consolidate con i cartelli ogni angolo del Paese e ogni ambito dello internazionali e per esempio, così come in Stato con la loro mortale ragnatela. Mol- questi ultimi tempi stanno evidenziando le to più conveniente che sparare, uccidere e procure calabresi, di certe cosche ‘ndran- quindi fare rumore. ghetiste addirittura con le Farc colombiane Ed è sempre più pressante la sensazione o con organizzazioni parastatali di altri Pa- che le mafie rappresentino un potere crimi- esi dell’America Latina. nale che non si regge solo su quella famosa Diciamocela tutta. In realtà forse non sa- trattativa che in questi anni ha riempito pa- premo mai fino in fondo se sono le mafie gine e pagine di giornali e anche di attività che si stanno trasformando o se nel frat- giudiziarie, ma che tutto sommato questo tempo è migliorata la nostra conoscenza, e potere si rafforza e si rigenera in virtù di in fondo forse non sappiamo neanche cosa continue trattative. Questa è la loro forza, significhi in realtà questa trasformazione è questo che le tiene in vita. Ma spesso ci e se quello che abbiamo imparato in tutti assale anche la sensazione di avere dinan- questi anni è esaustivo di tutta quella evo- zi a noi un inestricabile intreccio di poteri, 28
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA l’uno che richiama inevitabilmente l’altro, nostro Paese e che nella loro descrizione e l’uno che vive se vive l’altro, l’uno che ha bi- nella loro conoscenza non si esaurisce tutto sogno necessariamente dell’altro. il malaffare e tutta l’illegalità che ci attra- In tempi non sospetti – ben prima, cioè, versa, ma che non dobbiamo mai smettere delle stragi – e quando ancora general- di tenere gli occhi aperti, di approfondire la mente prevaleva una concezione militare loro comprensione, e che se è vero, come è e sanguinaria delle mafie, un grande pre- accaduto in tutti questi anni, che loro sono te, Ernesto Balducci, scriveva sulle pagine sempre un passo avanti a noi, è pure vero de La Stampa che “la mafia è la crescita di però che noi non stiamo più così tanto in- uno Stato illegale dentro lo Stato legale. I dietro. due organismi vivono utilizzando gli stes- si apparati, respirano la stessa aria, sono irrorati dallo stesso sangue. Vivono in sim- biosi, insomma, tanto che la morte dell’uno sarebbe la morte dell’altro. Nessuna radio- scopia permetterebbe di distinguerli l’uno dall’altro. Nello Stato legale si fa ricorso a espedienti illegali e nello Stato illegale si fa largo uso di espedienti legali”. Era il mese di settembre del 1991. È passa- to un quarto di secolo. Queste parole hanno trovato e continua- no a trovare puntuale conferma e penso ci dicano non solo che le mafie sono solo un pezzo del racconto criminale di questo 29
la scuola come luogo per una proposta 2.2 alternativa alla cultura maFIosa di Nando dalla Chiesa Presidente onorario di Libera Bisogna iniziare dalle scuole, bisogna inve- lere la pena formulare uno schema sem- stire sulle nuove generazioni, certi modi di plice delle premesse e degli obiettivi del pensare dovrebbero essere interiorizzati grande progetto pedagogico che partì in sin da bambini. Decenni di educazione alla Italia nel 1980 con la legge della Regione legalità e di formazione antimafia si sono Sicilia promossa sulla spinta dell’omicidio svolti e giustificati a partire da questi po- del presidente della Regione Piersanti Mat- stulati. tarella. Ne è nata una lunga e anche coraggiosa La prima premessa è che la cultura che so- storia collettiva che ha riguardato, sia pure spinge e favorisce gli interessi e le strate- in forma mobile e discontinua, vaste aree gie mafiose si compone di vari addendi, che della scuola italiana, e i cui risultati sono vanno analizzati distintamente. Disomo- stati importanti. Forse complessivamente genei per natura ma in grado di congiun- inferiori alle attese di tanti protagonisti; gersi fino a produrre un impasto naturale. senz’altro, alla luce dei fatti, meno capaci Non vale qui, cioè, il principio che “non si di incidere di quanto avremmo desiderato possono sommare le mele con le pere”. Si sulla qualità dello spirito pubblico naziona- sommano eccome. C’è anzitutto la cultura le; eppure importanti. Anche sotto questo di mafia, ovvero la cultura mafiosa, in cui profilo problematico, e per trarne qualche l’aggettivo emana direttamente dal so- nuovo impulso orientativo, può quindi va- stantivo. Frutto di un lavoro organizzato 30
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA e capillare di riproduzione degli atteggia- dello Stato, l’egoismo, il basso livello di re- menti, dei modi di pensare, dei sentimen- sponsabilità civile, l’ideologia del successo ti, degli schemi di vita, dello stesso voca- facile, ecc. Questa terza cultura (senz’altro bolario. Dove nulla viene lasciato al caso, la più estesa socialmente) assume colora- e in cui -come sappiamo- svolge un ruolo zioni diverse in funzione dell’affluente che di primo piano la figura femminile, poten- ne costituisce, di volta in volta, la principale ziata dall’esempio quotidiano di tutte le componente. figure di riferimento del bambino e dell’a- La successiva premessa è che contrastare dolescente. Poi c’è la cultura filomafiosa. la mafia culturalmente significa esatta- Che nasce all’esterno delle organizzazio- mente contrastare tutte e tre le tre culture ni criminali ma verso di esse inclina a una indicate. Che sono distinte ma comunicanti, benevola neutralità, salvo che davanti alle specie la prima con la seconda, e la secon- manifestazioni di violenza più sanguinarie. da con la terza. E significa farlo con la stes- E’ la cultura di chi condivide l’ostilità o una sa ampiezza sistemica con cui si dispiega la pronunciata diffidenza per la legge; rite- squadra avversaria. Cioè non rinunciando nendo anzi l’illegalità -la corruzione come a nulla: né in termini di ambienti educativi, la truffa- un diritto da esercitare per massi- né in termini di modalità educative, né, an- mizzare le proprie opportunità di successo cora, in termini di dimensioni del messag- ai differenti gradini della scala sociale. gio educativo (artistica, politica, ecc). Infine c’è la cultura funzionale alla mafia. La terza premessa è che la scuola, par- Essa si sviluppa all’esterno dei cerchi che tecipando a questo contrasto, si colloca possiamo chiamare dell’ “identità illega- all’interno di un sistema di cui deve sape- le”, e si alimenta di tanti affluenti: l’igno- re leggere e interpretare le dinamiche e le ranza o la sottovalutazione del fenomeno interazioni, nonché la pluralità dei prota- mafioso, l’estraneità alle ragioni superiori gonisti, dalle famiglie ai governi, dai social 31
Abitare la scuola per costruire legami di giustizia media agli ordini professionali. esempi di vita e di cultura in grado di con- quistare l’immaginario e la memoria degli In questo contesto essa può però contare alunni e degli studenti, e di rimanervi quasi su un vantaggio decisivo, che la trasforma inattaccabili dal tempo, spesso più di qual- nel tallone d’Achille di qualsiasi progetto di siasi altro. Può forgiare costumi e abitudi- consenso mafioso. Per la scuola, cioè, de- ni, scale di valori, principi di giudizio. Non vono passare tutte le nuove generazioni. agendo in un vuoto sociale non può ten- E non per un breve periodo di tempo, ma denzialmente raggiungere nella loro com- per tutta l’infanzia, tendenzialmente gran pletezza gli obiettivi educativi che si propo- parte dell’adolescenza. Qui, in questo pas- ne. Ma certo può spingere avanti la storia saggio obbligato, si apre una contesa che del progresso civile, evitare che vi possa può portare la scuola, se sorretta da cul- essere (tempo di) istruzione senza cultu- ture adeguate e da modelli didattici efficaci ra; può penetrare perfino, come si è visto, (comprensivi dei comportamenti individua- nella cultura mafiosa, perché nemmeno la li), a lasciare un segno positivo nella cultu- mafia agisce in un vuoto sociale. Può usare ra dei futuri cittadini, specie se essa riesce come strumento straordinario il senso di a farsi vivere non come mondo chiuso e se- appartenenza a quella formidabile, e talo- parato dagli altri, ma come mondo largo in ra meravigliosa, comunità che è il gruppo cui tutto si rielabora, a volte senza accor- dei pari che crescono sui banchi. Ho pro- gersene; esattamente come senza accor- vato a ragionare e scrivere altrove su quali gersene penetra la cultura mafiosa, con la siano le risorse strategiche da consegnare sua idea dell’omertà o con il suo devastan- allo studente alla fine di questo percorso: te vocabolario (“sbirro”, “infame”, ecc.). la conoscenza del fenomeno mafioso, anzi- Ed ecco allora gli obiettivi, qui declinati in tutto, ovvero la conoscenza dell’avversario forma di possibilità. La scuola può fornire del suo futuro e delle sue libertà di citta- 32
2. MAFIe E CULTURA MAFIOSA dino. E poi i prerequisiti culturali e morali ciò che è stato. di un più alto spirito pubblico, dalla capa- cità di ascolto alla ricchezza del linguaggio fino alla consapevolezza del valore della fatica. In tal senso gli stessi prerequisiti si rappresentano alla stregua di obiettivi da perseguire con fatica e determinazione, non smarrendo mai la consapevolezza del- la loro funzionalità a un progetto più alto. La scuola è insomma chiamata a (ed è in grado di) produrre un ordito sociale e cul- turale capace di decostruire la cultura fun- zionale alla mafia (l’addendo maggiore nella nostra somma di partenza) ma anche di giungere fin dentro la cultura mafiosa. Questa è la responsabilità a cui è chiamata. Nell’esercizio di essa il Paese è a sua volta chiamato a rispettarla e sostenerla, a par- tire, ovviamente, dai livelli istituzionali. E l’università ha il dovere di proseguirne lo sforzo, fino a farlo sfociare in nuove etiche professionali. Poiché quello è il punto d’ar- rivo. Senza il quale tutto rischia di diventa- re solo memoria (magari bella memoria) di 33
EDUCARE AI CONFINI 2.3 TRA STORIE DIFFICILI E CONTESTI MAFiOSI di Mario Schermi Formatore dell’Istituto Centrale di Formazione, Dipartimento della Giustizia Minorile È quando ci rivolgiamo all’altro con l’inten- e per coloro che verranno. Lo smarrimento, zione di prenderci cura della sua crescita, la perdita, la dispersione di questo senso ma le nostre parole sembrano precipitare pregiudicano, pertanto, la consistenza di in catene di silenzio in vaniloquio; è quan- ciò che siamo e le possibilità di ciò che po- do, nel medesimo frangente, le nostre tremmo essere. azioni non suscitano più interesse o, an- Ci sembra di poter dire che i margini di un cora, quando le nostre indicazioni risulta- educare così in affanno si sono fatti oggi no poco importanti. È allora che ci prende più larghi e più diffusi. Fatta eccezione per lo sgomento, per l’incipiente smarrimento qualche benefico transito critico, nella con- di senso pedagogico. È allora che l’educare temporaneità la pratica dell’educare è chia- rincula, in affanno. mata a far fronte a sfide sempre più ingenti, Sia detto per inciso: lo smarrimento di sen- al limite della sua stessa tenuta, come trat- so pedagogico generalmente non dice di to costitutivo della condizione personale e un transitorio riassetto e/o adattamento sociale degli esseri umani. Non potremmo di “tecniche” o di una trascurabile deriva qui sollevare le ingenti questioni pedago- delle nostre traiettorie esistenziali, in esso giche legate alla globalizzazione, all’inter- è contenuto il patrimonio dei valori che sia- culturalità, alla società della conoscenza… mo riusciti a costruire e l’urgenza di farne Qui, tenteremo di interrogare quell’educare tradizione, per coloro che ci vivono accanto in affanno, nell’impresa di formare al lega- 34
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