Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d'oro di Palermo araba e normanna
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Review n. 6 – Italus Hortus 14 (4), 2007: 14-27 Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro di Palermo araba e normanna Giuseppe Barbera* Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo, viale delle Scienze, 90128 Palermo Ricevuto: 20 luglio 2007; accettato: 23 luglio 2007 Orchards and garden in the “Conca resi fertili da interventi di bonifica), aveva fin dall’ini- d’oro” (Sicily) between IX and XII zio determinato un paesaggio fruttifero e dilettevole in centuries un territorio conformato, tra la cerchia dei monti e il mare Tirreno, quasi come uno spazio teatrale a rileva- Abstract. Sicily has been between the IX and the re una naturale bellezza. XII century under the political and cultural influence of Già in periodo classico la pianura palermitana era the Islam. In those years the island has been protago- celebrata per il suo paesaggio. Callia, vissuto nel IV- nist of an “agrarian revolution” that has modified its III a.C., la definiva “tutta kepos (giardino, orto-frutte- agricultural system and the landscape. The great nov- to) in quanto è tutta colma di alberi coltivati”. Anche elty brought by the medieval Arabic agriculture nei secoli che seguono il dominio romano, il paesag- resides in the fact that new farming techniques, new gio e l’agricoltura palermitana, pur in un contesto di crops, and new social and economic conditions con- generale arretramento tecnico ed economico, manten- verged in a systemic, modern vision of the field. gono il carattere fecondo di un paesaggio policoltura- Key words: Islamic gardens, traditional horticolture, le caratterizzato dalla presenza di orti e frutteti irrigui Sicily. (Barbera, 2000). Tale peculiarità verrà definitivamente acquisita tra Introduzione il IX e il XIII secolo in seguito al dominio politico arabo e alla sua influenza culturale su quello successi- Palermo deve ai secoli della dominazione araba e vo normanno e svevo. Nel IX secolo Al-Wâqîdi inci- poi normanna la fama di “città ricca di giardini a sua tava i comandanti musulmani alla conquista di “un’i- volta circondata da un giardino più grande” (De Seta sola fertile che ha fontane copiose e alberi con frutta e Di Mauro, 1980) e di “area d’antico e quasi mitico stupendi” (Amari, 1880-1881). E, in effetti, la pianura predominio dell’albero” (Bevilacqua, 1988), come è palermitana agli occupanti che vi giunsero nell’830 - stata definita a sottolineare la presenza più rappresen- prima ancora che guerrieri si trattava di pastori noma- tativa tra le forme che ne compongono la vegetazione di provenienti dall’oriente arabo, di poveri contadini sia negli ambiti naturali della macchia e della foresta che sopravvivevano ai margini dei deserti africani, di che in quelli coltivati dei frutteti e dei giardini. piccoli agricoltori fuggiti dalle aride pianure iberiche Tale caratteristica e tale presenza hanno portato - doveva apparire come il topos del paradiso coranico. Palermo ad assumere un carattere distintivo, emble- In cerca di buone terre da coltivare la campagna della matico tra le città mediterranee, che ha esteso oltre i città cristiana, verde nei boschi e nei frutteti, appariva confini locali la fama della sua pianura, che a partire loro come la materializzazione di un sogno. dal XVI secolo sarà nota come l’aurea concha, la Il definitivo affermarsi del mito della Conca d’oro Conca d’oro; divenuta, proprio a partire da quei seco- si appoggia su un altro mito: quello della “rivoluzione li, luogo d’originale elaborazione e sintesi culturale agricola araba”, ritenuta per la Sicilia, nella sua lunga tra differenti civiltà agrarie, laboratorio per la defini- storia, la sola vera rivoluzione agricola zione d’innovative tecnologie agronomiche, serbatoio (D’Alessandro, 1994). I suoi fondamenti agronomici, di biodiversità, centro d’acclimazione e diffusione di le realizzazioni tecniche e i risultati paesaggistici sono specie agricole e ornamentali dove anche la storia dei però poco conosciuti al di fuori di ambiti specialistici, giardini ha segnato pagine importanti. La fertilità del mentre meriterebbero ben altra attenzione adesso che territorio palermitano, definita dalle condizioni ecolo- nel Mediterraneo sono di drammatica attualità i temi giche (miti temperature invernali, disponibilità di “politici” dell’incontro/scontro tra diverse culture e acqua che deriva dai monti e che alimenta sia il siste- quelli ambientali legati a tematiche (quali la desertifi- ma idrografico superficiale che la falda freatica, suoli cazione, l’uso sostenibile delle risorse idriche, la mul- tifunzionalità) che la cultura agronomica araba medie- * barbera@unipa.it 14
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro vale aveva già affrontato. Va comunque osservato che costruzione dell’impero califfale a partire dalla peni- per esprimersi e manifestarsi in tutta la sua ampiezza sola arabica e la fondazione nel 670 in Ifriqiyah, nella e radicalità, la rivoluzione agricola araba avrà bisogno odierna Tunisia, di Kairouan né nei successivi 160 di tempi più lunghi di quelli dei secoli del dominio anni che porteranno alla conquista di Palermo, il musulmano, di tempi necessari a diffondere il nuovo sapere agronomico accumulato lungo la strada della assetto fondiario, a recuperare i preesistenti manufatti conquista da popolazioni originariamente costituite da e saperi, a saggiare la rispondenza dei nuovi. Anche a pastori nomadi abbia avuto il tempo di organizzarsi in proposito dell’agricoltura vale quanto affermato da un nuovo sistema produttivo né di affermarsi e adat- Renda (2003): “è più importante la Sicilia araba dei tarsi alle realtà ecologiche locali. I conquistatori arabi tempi normanni che la Sicilia araba facente parte del- erano però fedeli all’hadith di Mohammed, “cercare l’ecumene islamica generale”. Un’analisi della “rivo- la scienza dalla culla fino alla tomba, fosse pure sino luzione agricola” medievale come si è manifestata in in Cina” e alle parole del condottiero Asad Ibn al Sicilia non può quindi essere confinata agli anni arabi Furat, che aveva guidato lo sbarco a Mazara e che ma deve estendersi ai secoli successivi durante i quali così avrebbe arringato i suoi uomini prima della spe- regnanti come Ruggero II e Federico II manterranno e dizione: “Su dunque sforzate alacremente gli animi, svilupperanno quella attenzione al dialogo multicultu- affaticate i corpi nel cercare scienza” (Amari, 2002), rale e multidisciplinare, che era proprio della cultura e certamente mostrarono interesse e trassero profitto islamica medievale e che nell’integrazione tra due dalle acquisizioni agronomiche che la tradizione clas- mondi diversi si tradurrà nell’affermazione di un sica greco-latina aveva lasciato in Sicilia. Ai soldati nuovo sistema colturale e di un nuovo paesaggio. musulmani l’agricoltura della Conca d’oro doveva apparire condotta con tecniche evolute, retaggio di Le radici di una rivoluzione agricola una grande tradizione che affondava le radici nell’a- gronomia classica greca, punica (Magone), romana L’agricoltura che discende dalla cultura agronomi- (Columella, Catone…). ca medievale araba - come spesso viene definita ridu- Le basi scientifiche della nuova agricoltura e le cendo a una sola origine attorno a una lingua comune, ragioni del suo successo possono essere ritrovate e teorie e pratiche che unificano i saperi locali che la approfondite seguendo un percorso complesso i cui conquista araba ha assimilato nel suo espandersi nelle fondamenti culturali vengono individuati ed elaborati grandi oasi desertiche, nella Mezzaluna fertile, lungo nelle oasi di Baghdad e Damasco e negli altopiani il Nilo, nelle pianure del Nord Africa e a est fino aridi del Medio Oriente, che convoglierà nel all’Indo - e che a partire dal IX secolo si affermerà Mediterraneo le conoscenze della scienza agronomica anche in Sicilia, non solo è più evoluta della coeva e botanica cinese e indiana, gli antichissimi saperi agricoltura europea ma, anzi, ne segnerà il futuro. della Mezzaluna fertile, della Mesopotamia, della Ancora oggi, questa è profondamente debitrice, nei Siria e delle regioni iraniche, l’esperienza africana, la settori dell’agronomia, dell’irrigazione, della mecca- sapienza idraulica egiziana, la tradizione agronomica nica, come nell’architettura del paesaggio, delle inno- greca e latina (fig. 1). Un percorso al quale partecipa vazioni elaborate, soprattutto tra il IX e il XII secolo, tra l’VIII e il X secolo il vasto programma di tradu- nei domini islamici (Scotoni, 1979). Nella lingua sici- zioni di testi greci che forniranno le basi teoriche a un liana come in quelle iberiche sopravvivono ancora ter- metodo che si affida, in ciò rilevando la sua deriva- mini di derivazione araba che si riferiscono proprio zione dalla filosofia aristotelica, all’esperienza, alla alle innovazioni apportate nel mondo occidentale a sperimentazione, alla conoscenza di casi particolari testimonianza, se non della loro origine, di una diffu- per giungere ad una loro generalizzazione (Barbera, sione ampia e generalizzata. 2005). Il mito della rivoluzione agricola araba - che sareb- Anche se nei secoli successivi (XII e XIII) un cen- be più opportuno definire islamica perché solo così è tro di traduzioni, con una spiccata tendenza verso testi possibile collegare in un unico universo culture scien- di carattere naturalistico, sarà attivo a Palermo tifiche, saperi tecnici, organizzazioni sociali, ambiti (Renucci, 1974) non si ha notizia di una specifica ecologici, patrimoni genetici tra loro molto differenti - scuola agronomica siciliana. L’agricoltura siciliana, non affonda le radici in un “pacchetto” di nuove tecni- come mostrano le poche testimonianze utili a delinea- che e nuove specie che avrebbero portato con sé i re il quadro del sistema e del paesaggio agrario paler- conquistatori nell’827 con lo sbarco a Mazara o nei mitano negli anni del dominio arabo - le poche righe primi tempi della loro dominazione. Non è, in effetti, di Al Muqaddasi, nato nel 945 a Gerusalemme, ne La pensabile che, nei pochi anni trascorsi dall’inizio della migliore divisione per la conoscenza delle regioni e 15
Barbera Fig. 1 - Il dominio islamico (VIII- XVIII sec.) ha interessato ambienti climatici (secondo Köppen - Geiger) e civiltà agrarie molto differ- enti. Disegno elaborato da Lapidus (2000) e da www.shastacollege.edu. Fig. 1 - The Islamic domain (900-1700) has concerned very different climatic environments and agricultural civilizations. From Lapidus (2000) and www.shastacollege.edu. soprattutto le numerose pagine del mercante e geo- mesopotamici (fondamentale l’Agricoltura Nabatea grafo dell’alta Mesopotamia Ibn Hawqal nel Il libro di Ibn Wahsiyya), il nascere di vere e proprie scuole delle immagini della terra scritto dopo un viaggio del agronomiche a Cordoba, Toledo, Siviglia. Dalla loro 972, presenta un’attività ben sviluppata in prossimità attività (fatta di traduzioni, di viaggi, di sperimenta- di fiumi e sorgenti, qualificata dalla diffusa presenza zioni), soprattutto durante il breve lasso di tempo dei della piccola proprietà e dalle colture irrigue seppure cosiddetti regni di Taifas (1074-1110), nasceranno il con un’ancora ridotta presenza di innovazioni Compendio di Agricoltura di Ibn Wafid, Ciò che è (Vanoli, 2001). Un’agricoltura fondata sulla tradizio- sufficiente sapere sull’agricoltura di Ibn Hayyay, il ne classica anche se alcune innovazioni possono esse- Trattato di Agricoltura di Abu al Jayr e l’omonimo re già giunte dall’Ifriqiyah, dove nel 948 con i gover- testo di Ibn Bassal, Lo splendore del giardino e il pia- natori Kalbiti erano andati al potere i Fatimidi, crean- cere delle menti di al Tignari. Un secolo dopo il do un presumibile più forte collegamento con la Trattato di agricoltura di Ibn al Awwam (2000), una importante cultura agronomica persiana ed egiziana. sorta di enciclopedia del sapere agronomico andaluso, Ma le basi scientifiche e tecniche che portarono al e nel XIV secolo il Trattato di agricoltura di Ibn successo della rivoluzione agricola nella Sicilia arabo- Luyun. Luoghi privilegiati delle esperienze agronomi- normanna possono rintracciarsi nei testi degli agrono- che erano i giardini califfali, veri e propri orti botanici mi iberici di al Andalus. In questa regione la domina- che precedettero di quattro secoli quelli rinascimentali zione araba aveva determinato, a partire dalla tradu- italiani ritenuti, quindi a torto, i primi in Europa zione dei testi geoponici greco-bizantini, latini e (Garcia Sanchez, 2007; Guichard, 1990). 16
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro I rapporti tra al Andalus e la Sicilia, con specifico rispondenti alle esigenze, prodotti differenziati, freschi riferimento alle scienze agronomiche, sono accertati o trasformati. Le città hanno clima, suoli, acque ido- da scambi di esperienze e contatti e dai testi andalusi nee all’agricoltura, forniscono sufficiente manodopera si apprende che gli agricoltori siciliani non sono stati e costituiscono un ampio mercato per i commerci soltanto recettori di tecniche elaborate altrove ma locali e il tramite per quelli lontani. Le risorse del ter- hanno anche assunto un autonomo ruolo di sperimen- ritorio urbano possono soddisfare le necessità di un’a- tatori. Ibn Bassal (1995), che sembra essere stato in gricoltura intensiva (capital and labour intensive, la Sicilia per raccogliere piante nel corso del suo pelle- definisce Watson, 1983) la cui sostenibilità si basa su grinaggio alla Mecca, fa riferimento alla coltivazione un rapporto di scambio equilibrato tra l’ecosistema del cotone nell’isola ed alla perizia dei suoi agricoltori urbano e quello agrario di merci, capitali, rifiuti, ener- che, applicando tecniche di aridocoltura, lo coltivano gia, conoscenze, tecnologie. su terreni pesanti e lo sarchiano fino a dieci volte. Un anonimo estensore di un testo di botanica farmaceuti- Una agronomia innovativa ca scrive di informazioni avute dallo stesso Ibn Bassal circa la coltivazione in Sicilia del papiro, del giglio La grande novità dell’agricoltura araba medievale azzurro e del gelsomino e anche Ibn Al Awwam risiede nel fatto che le nuove tecniche, le nuove spe- mostra di conoscere l’agricoltura siciliana attraverso cie, le nuove condizioni sociali ed economiche con- riferimenti alla coltivazione della cipolla. Molto ricco vergono in una visione, oggi diremmo agroecologica, di riferimenti il Trattato di Agricoltura di Abu al Jayr del campo coltivato per il rapporto che viene a crearsi che cita oltre trenta specie (tra queste l’albicocco, il tra l’ambiente fisico e quello biotico, tra le risorse colza, l’aglio, il crescione, l’anice, la lagenaria, l’e- disponibili e le tecniche che il sapere agronomico ha stragone) da lui stesso raccolte in Sicilia o di cui è diffuso o perfezionato. Vi è consapevolezza dell’im- comunque certo della presenza sull’isola. Altra infor- portanza di rispettare gli equilibri naturali e l’azione mazione viene da una citazione di un testo perduto del dell’uomo non consiste in un puntiglioso e minuzioso botanico Ibn al Rumiyya, vissuto tra il 1165 ed il adattamento a essi. La scienza agronomica andalusa 1239, che scrive dei papiri coltivati a Palermo nel evidenzia una visione olistica mettendo in relazione le giardino del “sultano” (ma si trattava di un regnante diversi componenti del sistema agrario e adottando un normanno) (Garcia Sanchez, 2007). metodo sperimentale moderno: alla conoscenza dei Il successo dell’agricoltura araba non ha però fon- presupposti teorici e delle pregresse esperienze segue damenta solo di carattere agronomico, né risiede in la sperimentazione in parcelle, quindi il trasferimento singole innovazioni. Ad esso concorrono, innanzi in campo. “Nessuna indicazione è data nel mio lavoro tutto, l’affermarsi di un nuovo assetto fondiario, di una che io non l’abbia verificata nella pratica più volte” fiscalità che favorisce l’incremento della produttività ripete più volte Ibn al Awwam dopo aver passato in del lavoro e della terra. La legge islamica sancisce il rassegna le esperienze che lo hanno preceduto. diritto alla proprietà e porta alla suddivisione delle Tutti i testi arabo andalusi partono dalla descrizio- grandi aziende terriere in più piccole fattorie economi- ne del suolo agrario, individuando nel mantenimento camente efficienti che possono essere oggetto di suc- della sua fertilità la base di una produttività sostenibi- cessione, di ipoteca, di vendita. Nel caso di abbandono le. Grande attenzione viene data alla conoscenza ed colturale il diritto di proprietà può, addirittura, essere alla classificazione dei suoli (ne vengono citati fino a perso. I possessori sono anche liberi nei riguardi delle trenta tipi diversi; Bolens, 1973), definendone i carat- scelte colturali e sono così spinti a ricercare una mag- teri in funzione della produttività ed utilizzando per la giore produttività della terra e del lavoro. L’economia loro caratterizzazione anche la flora spontanea. Per agraria delle piccole aziende è sostenuta da un regime definirne la fertilità naturale e l’efficacia degli inter- di tassazione favorevole che incentiva le innovazioni venti agronomici nel determinarla, incrementarla o colturali e le colture da reddito non tassando, a esem- conservarla, si utilizzano i quattro fattori dinamici pio, i frutteti negli anni che dall’impianto vanno all’en- (caldo, freddo, umido, secco) che costituiscono i corpi trata in produzione e mantenendo bassa, per tutti i ter- semplici aristotelici (fuoco, aria, acqua, terra). Una reni irrigui, l’imposizione. A completare un quadro profonda aratura estiva è la prima necessaria operazio- favorevole allo sviluppo agricolo si aggiunge la cresci- ne per consentire l’evoluzione del suolo da una origine ta demografica e, con essa, quella urbana. Lo sviluppo secca e fredda al carattere, che è proprio delle terre delle città crea un ampio mercato, differenziato ed esi- poste a coltura, caldo e umido. Nel riconoscere l’im- gente, che necessita al suo intorno di un’agricoltura portanza di un corretto tenore di umidità e di un’ade- vitale in grado di fornire, con continuità e qualità guata temperatura grande attenzione si dà alle conci- 17
Barbera mazioni ed alle irrigazioni. Per un suolo caldo e umido Per quanto riguarda macchine e manufatti si ricor- sono necessari ceneri e concimi organici di laboriosa e re a tecnologie già conosciute, seppure in forma sem- meticolosa preparazione secondo complesse ricette in plificata, nel mondo agricolo classico ma perfezionate rapporto alla coltura e i caratteri del suolo. I migliori dalla scienza idraulica e meccanica musulmana. A concimi sono misti: vegetali (le ceneri della stessa Palermo si scavano i qanat, gallerie drenanti che pianta) e di origine animale. L’agronomia arabo anda- intercettano l’acqua di falda già conosciuti nella lusa ha piena consapevolezza del valore fertilizzante Tunisia romana (Goblot, 1979; Bolens, 1972) e assi- delle leguminose e del valore agronomico degli avvi- milabili agli “acquedotti feaci” di cui parla Diodoro cendamenti, valorizza le colture intercalari utilizzando Siculo per l’Akragas del V secolo a.C. (Barbera et al., per la rotazione annuale specie con apparato radicale 2005) ma con certezza testimoniati solo a partire dal che si approfondiscono diversamente. La trattazione XII-XIII secolo. sui concimi di origine animale che derivano dall’alle- La macchina idraulica più significativa del livello vamento degli animali domestici - grande fama aveva tecnico raggiunto è la noria (na ura) o senia (saniya il concime derivato dalle colombaie - chiudeva i tratta- nel Mediterraneo occidentale, saqiya nel vicino orien- ti agronomici. Nell’assicurare la produttività dei campi te). La prima indica generalmente una ruota di grandi molta attenzione era anche data alla lotta ai parassiti. dimensioni azionata direttamente dalla corrente fluvia- Si ricorreva spesso a pratiche magiche, pur individuan- le che solleva l’acqua fino ad un acquedotto. Lo stesso dole attraverso metodi che si rifacevano all’esperienza, termine è però utilizzato come sinonimo di senia (fig. e all’uso di repellenti di origine vegetale. 2), vale a dire una ruota ad ingranaggi azionata da Trattandosi di un’agronomia propria di sistemi forza animale che permetteva, attraverso il prelievo da agricoli delle regioni aride e semi aride si era molto pozzi di forma rettangolare e l’accumulo in vasche, attenti alle tecniche di lavorazione del suolo (si rical- l’irrigazione di piccoli campi: una macchina, quella cava in ciò l’esperienza classica, ma l’approfondimen- diffusa in Sicilia, che è stata avvicinata a quelle egi- to con cui sono stati trattati gli effetti agronomici e il ziane, siriane o più probabilmente andaluse che a loro riferimento ai caratteri del suolo ed alle necessità volta avrebbero costituito il modello delle maghrebine delle colture ha reso questo tema “il lascito più inno- (Bazzana, 1994; Todaro, 2007). La diffusione della vativo” (Bolens, 1994) della agronomia arabo andalu- noria nella pianura palermitana è testimoniata da Ibn sa) con particolare riguardo agli effetti sull’immagaz- Hawqal: “la maggior parte dei corsi d’acqua… sono zinamento dell’acqua piovana e la difesa del suolo dai utilizzati per l’irrigazione dei giardini attraverso delle fenomeni erosivi. A tal proposito si era prudenti circa norie”. È possibile, anche se la portata dei corsi d’ac- le pratiche arative, preoccupandosi dei fenomeni ero- qua palermitani farebbe pensare il contrario, che si sivi e del rimescolamento degli orizzonti ma si racco- tratti di ruote azionate dalla corrente. In ogni caso, mandavano continue sarchiature per la salvaguardia seppure non esplicitamente citate, erano diffuse le dell’umidità fino ad indicare un numero di interventi senie mosse dalla forza animale e non collegate alla annuali proprio, anche quando si tratta di colture tra- presenza di acque superficiali ma sotterranee. dizionalmente estensive, di un’agronomia intensiva. La padronanza dell’acqua Le innovazioni più radicali riguardano il settore del- l’irrigazione e la diffusione di specie o varietà idonee alla coltura in irriguo. L’innovazione non si manifesta, anche in questo caso, solo con l’introduzione, che pure è avvenuta, di nuove o perfezionate tecnologie, quanto con la consapevolezza che si opera in uno “spazio idraulico” (Cuello, 1995), in un “piccolo mondo del- l’acqua” (Brunhes cit. in Cusimano, 1995) all’interno del quale le diverse tecnologie (macchine e manufatti idraulici, mulini, sistemazioni del suolo, rotazioni, con- sociazioni, colture) concorrono nell’utilizzare al meglio l’acqua, differenziando nel tempo e nello spa- zio le produzioni, collegando in sistema le diverse fun- Fig. 2 - Una antica senia. zioni irrigue, energetiche, microclimatiche, estetiche. Fig. 2 - An old saniya. 18
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro A descrivere quelle in uso nel palermitano non (“esso è buono”) un metodo irriguo ancora attuale in sono sufficienti, perché generiche, le parole attribuite orticoltura, noto come “infiltrazione a porche” al normanno Falcando, nel XII secolo: “…potrai pure (Crispo Moncada, 1878-1880). vedere i pozzi svuotarsi e le cisterne attigue riempirsi La padronanza dell’acqua consentiva di coltivare per mezzo di orciuoli che scendono e poi risalgono nello stesso ambiente specie molto differenti per seguendo al girar di una ruota” (Tramontana, 1988). caratteri ed esigenze idriche. L’agricoltura mediterra- Molto più utile è il ricorso a Alfonso Spagna (1877), nea in epoca islamica riscopre specie dimenticate o avvertendo che si fa riferimento ad una delle diverse sottoutilizzate e si arricchisce di nuove evidenziando tipologie conosciute in ambito mediterraneo (Scotoni, così nell’accresciuta biodiversità un altro degli aspetti 1979) e che si utilizza una descrizione che si riferisce distintivi della “rivoluzione”. Si diffondono piante a macchine della metà del XIX secolo ma consapevoli provenienti dalle regioni sottomesse al dominio isla- di parlare di una tecnologia rimasta fino allora presso- mico o prelevate in regioni ancora più lontane. Specie ché invariata. La senia descritta dall’agronomo otto- nuove, molte di origine tropicale e quindi caratterizza- centesco è costituita da una ruota di 1,5 m di diame- te da elevati fabbisogni irrigui o già conosciute che tro, posta verticalmente nel pozzo, formata da due riescono, adesso, a insediarsi stabilmente solo perché facce contrapposte; è azionata, attraverso una trasmis- inserite in un nuovo sistema produttivo che si afferma sione ad ingranaggi costituita da due ruote dentate (la con loro e ne rende possibile la coltivazione. Le nuove piccola trasmette il movimento alla più grande), da specie non solo producono con abbondanza, ma sono una leva azionata da un maneggio al quale è attaccato, inserite in sistemi di rotazione colturale che permetto- solitamente, un asino. Il movimento in cerchio dell’a- no un uso più intensivo del suolo e una nuova stagio- nimale determina il girare della ruota e lo scorrimento ne di crescita e produzione: quella estiva, prima osta- di una catena senza fine, formata da funi tessute con colata, a ampia scala, dalla lunga siccità estiva, carat- le foglie dell’ampelodesma, di lunghezza variabile teristica peculiare del clima mediterraneo. secondo la profondità del pozzo. Le funi portano reci- pienti di legno o di creta che raggiungono il fondo del Le nuove colture pozzo e risalgono in superficie, dove si versano in una vasca nella quale l’acqua è suddivisa e trasportata Si diffondono in coltura sia piante che arrivano attraverso canalizzazioni alle colture. Le senie erano dalle regioni aride e semiaride del Mediterraneo, del realizzate in legno di rovere. Medio Oriente e della penisola araba, dalle regioni L’acqua veniva condotta su suoli livellati con tropicali e subtropicali dell’Africa sub - sahariana, sia grande perizia a irrigare i terreni senza causare danni piante che provengono dalle terre monsoniche al suolo e eccessi di umidità. Esemplare è il metodo dell’India e della Cina o dalle regioni a clima conti- irriguo in atto nella tradizionale agrumicoltura sici- nentale degli altipiani asiatici (Hernandez Bermejo e liana che ancora oggi si serve di vocaboli che ricor- Garcia Sanchez, 1998). rono a antichi arabismi (Pizzuto Antinoro, 2002): Tra le piante da frutto - a cui molte pagine dedica- sgorgata da una sorgente (favara, fawarra) o preleva- vano i trattati arabo andalusi, evidenziando una gran- ta da una ruota idraulica (senia, saniya) posta su un de biodiversità e approfondite conoscenze tecniche terrapieno elevato al punto di permettere per caduta (Carabaza Bravo et al., 2004) - erano certamente pre- il versamento in una grande vasca (gebbia, gabiya) senti nuovi agrumi: l’arancio amaro e il limone intro- (fig. 3) l’acqua viene condotta, dopo essere stata ver- dotti tra il X e l’XI secolo (segnalati in Sicilia rispetti- sata in un gibbiuni che consentiva di dosarla, attra- vamente nel 1094 e nel 1095), le lime (Falcando scri- verso canalette murate (saja, saqiya) (fig. 4) e con- ve di lumias ma l’indicazione sull’acidità del succo fa dotte in terracotta (formati da catusi, qadus) (fig. 5) pensare al limone piuttosto che alla limetta mediterra- di forma tronco conica e tra loro connessi) nelle con- nea, nota in Sicilia come lumia). Gli agrumi si diffon- che che contengono gli alberi e che sono divise da dono inizialmente nei giardini reali e le parole dei arginelli chiamati vattali (batil) (fig. 6). L’acqua si poeti siciliani di lingua araba rimangono insuperabili misura in zappe (sabba) pari a quattro darbi (darb). nell’esprimere il valore loro assegnato: per Abd ar La distribuzione turnata è regolata, attraverso un Rahaman (in Gabrieli, 1980), “il limone pare avere il maestro dell’acqua, secondo istituzioni, afferma pallore d’un amante, che ha passato la notte dolendo- Bresc (1995), tipiche di una società di irrigatori e si per l’angoscia della lontananza” e così Abu-l- analoghe a quelle vigenti in Spagna dove la tradizio- Hasan Ali descrive l’arancia: “Su, gioisci della tua ne irrigua siciliana era ben nota e apprezzata. Ibn al arancia raccolta: è presente la felicità, quando essa è Awwam attribuisce ai siciliani come esemplare presente. / Si dia il benvenuto alle guance dei rami, e 19
Barbera Fig. 3 - Una grande gebbia nella campagna palermitana. Fig. 4 - Una saja ancora attiva. Fig. 3 - A big gebbia in the countryside of Palermo. Fig. 4 - A sill active saqiya. Fig. 5 - L’acqua trasportata dai catusi viene indirizzate nelle con- Fig. 6 - Le conche che sono divise dai vattali (batil). che. Fig. 6 - Basins are divided by vattali (batil). Fig. 5 - Water carried by catusi is addressed in the basins. sian benvenute le stelle degli alberi! / Sembra che il var. adzhur, cucummeri in siciliano) - i cui frutti cielo abbia profuso oro fino e che la terra ce ne abbia immaturi venivano e vengono consumati alla stregua formato delle sfere lucenti” (cit. in Di Matteo, 1980). di cetrioli - che i frutti del Cucumis melo var. flexuo- La coltivazione degli agrumi, che può essere conside- sus che gli agronomi arabo - andalusi indicavano rata la coltura simbolo dell’apporto della civiltà araba come maqati (così Ibn Hawqal nominava le cucurbi- all’agricoltura dell’Europa mediterranea, è esemplifi- tacee coltivate a Palermo). I melones sono i “meloni cativa dell’interazione positiva tra nuovi ambienti, d’acqua” (Citrullus lanatus) - altrimenti detti angurie nuove specie, nuove tecniche. ma anche cocomeri - mentre le cucurbite sono le lage- La disponibilità di acqua irrigua e di tecniche per narie (Lagenaria siceraria) chiamate a Palermo zuc- valorizzarla permettono di coltivare anche nuove spe- chine da tenerumi, allora come oggi coltivate con il cie ortive, note in Andalusia già nel X e XI secolo, sostegno delle canne. Tra le piante presenti negli orti come la melanzana o il carciofo ma di cui si ha testi- anche la cipolla, molto diffusa e consumata, anche per monianza certa in Sicilia solo nel 1309 e nel 1416 le proprietà afrodisiache e sul cui consumo si diffonde (Caracausi, 1983). Molte cucurbitacee erano in coltu- Ibn Hawqal con una invettiva riferita ad una abitudine ra, come osservava già nel X secolo Ibn Hawqal e più culinaria che mascherava profonde e mai sopite divi- tardi Falcando, secondo il quale si coltivano citruli, sioni religiose “Non c’è persona, quale che sia la cucumeres, melones, cucurbite. I citruli sono certa- classe sociale, che non le mangi durante tutta la gior- mente i cetrioli (Cucumis sativus), mentre i cucume- nata, non c’è casa dove si consumino mattina e sera”, res potrebbero essere sia i caroselli (Cucumis melo e per questo nella città non si trova “alcuna persona 20
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro intelligente, abile, né realmente competente in alcuna una leggenda vuole che giunga in Sicilia per merito di branca scientifica, né animata da sentimenti nobili o Ruggero che fa arrivare dalla Grecia artigiani esperti religiosi… la maggior parte della popolazione ha (Laudani, 1996). Di certo Palermo ha in quegli anni il bassi istinti… è gente vile e senza valore, senza senno primato siciliano e Ibn Giubair e Falcando, che scri- e senza pietà”. vono dell’attività del Tiraz, l’opificio reale che si tro- Come la attenzione verso nuove specie e tecniche vava nel palazzo Reale di Palermo, danno testimo- continui in epoca normanna e sveva è chiaro dai ten- nianza di sapienza tecnica e di arte raffinata: il man- tativi di Federico II che nel 1239 concede a un grup- tello di Ruggero II conservato nel Kunsthistoriches po di ebrei che provengono dal Nord Africa (Peri, Museum di Vienna rimane oggi a mostrarne la gran- 1978) appezzamenti nei pressi della città per la colti- dezza. vazione dell’hennè, dell’indaco, di alia diversa semi- na e della palma da dattero: pianta simbolo del pae- Il paesaggio agrario saggio arabo di cui si cercava, con scarso successo, di portare a maturazione i frutti. Si tenta anche la colti- Una compiuta descrizione del sistema agricolo vazione del pepe: nel 1240 Pier della Vigna scrive a palermitano normanno e del suo paesaggio è in un Filippo, gaito di Palermo, a nome di Federico per testo attribuito a Ugo Falcando, scritto dopo la morte promuoverne la coltivazione, ma il tentativo fallisce di Guglielmo II (1189). La provenienza di Falcando è per le esigenze ecologiche tropicali proprie della spe- incerta, ma certamente giunge da luoghi dove le tec- cie che il clima siciliano non poteva soddisfare. I ten- niche irrigue non devono essere così raffinate, dove la tativi di Federico riguardano anche la coltura della diversità genetica non è così grande e molte specie, canna da zucchero che sembrerebbe, secondo la testi- per lui evidentemente esotiche, non attecchiscono o, monianza di Ibn Hawqal, praticata già ai tempi della come la vite, non mostrano così sorprendente fertilità, dominazione araba (la qasab farisi di cui scrive è, dove il paesaggio non è cosi fecondo (Tramontana, secondo Watson (1983) e prima ancora secondo 1988). Amari, la canna da zucchero, mentre secondo “O generosa pianura, degna di essere esaltata, in Carabaza Bravo et al. (2004) si tratta della cannuccia ogni tempo, che racchiude nel suo grembo ogni spe- di palude, Phragmites australis); la produzione in cie di alberi e di frutta, che da sola offre tutte le deli- Sicilia di zucchero candito è comunque riportata da zie presenti in ogni luogo, con gli incanti del suo flo- Ibn Hawqal a testimoniare l’inizio di una gastrono- rido paesaggio avvince a tal punto che, chi ebbe in mia che, soprattutto in pasticceria, manterrà da allora sorta di vederla una volta, a stento, per qualsiasi un forte carattere arabo. La presenza della canna da lusinga, potrà mai staccarsi da essa! Colà infatti zucchero è in ogni caso inequivocabilmente docu- potrai ammirare vigneti lussureggianti sia per la flo- mentata nel 1113 ma nel 1180 è ormai trascurata al ridezza dei fecondi ceppi, sia per la qualità degli punto che le conoscenze relative alla sua coltivazione eccellenti grappoli; potrai osservare orti da lodare sono ormai dimenticate. Nello stesso contesto per la gustosa varietà di frutta e torri predisposte sia ambientale cresceva, in periodo arabo, anche il papi- a difesa degli orti che a luoghi di sollazzo. Negli orti ro la cui produzione era tenuta in grande considera- potrai pure vedere i pozzi svuotarsi e le cisterne atti- zione per la qualità: “Il solo che può rivaleggiare con gue riempirsi per mezzo di orciuoli che scendono e quello egiziano” (Ibn Hawqal). poi risalgono seguendo al girar di una ruota, e indi Gli orti e i frutteti erano in coltura promiscua, l’acqua venir condotta attraverso canaletti in vari spesso in consociazione con la vite, sempre più colti- luoghi affinché, irrigate le aiuole, germoglino e cre- vata negli anni normanni e svevi per l’adattabilità ai scano i cetrioli che sono piccoli e corti, e i cocomeri terreni umidi. Tra le specie arboree vanno ancora che sono più oblunghi, e i melloni di forma piuttosto ricordate l’olivo e il gelso. Il primo, che nei secoli sferica, e le zucche che si arrampicano sui graticci di successivi concorrerà con la vite per il primato coltu- canne intrecciate. rale, aveva ridotta importanza. Era presente nei frutte- Se volgerai, quindi, lo sguardo agli svariati esem- ti misti periurbani ma più frequentemente ai margini plari di alberi vedrai le melegrane, tanto agri che della pianura, in consociazione con altre specie con dolci, dai grani nascosti all’interno e che all’esterno analoghe esigenze agronomiche come il mandorlo, il si premuniscono con guscio coriaceo contro le incle- fico e il carrubo o con i cereali. Rari, seppure presenti, menze del tempo. E /vedrai/ anche i cedri formati da erano gli oliveti specializzati (Bresc, 1986). Il gelso una distinta, triplice diversità della loro sostanza poi- era diffuso per la produzione della seta. L’arte serica ché la buccia esterna dà sensazione di calore per era probabilmente già nota in epoca araba, anche se l’insieme di colore e odori; quel che è all’interno col 21
Barbera succo acidulo suggerisce, al contrario, impressione di tripudio di frutteti, quale magnificenza di ville e freddo; la parte mediana fra entrambe si mostra inve- quante acque dolci correnti, condotte in canali dai ce la più temperata. monti”. Per Ibn Gubair, originario della regione di Potrai colà vedere e le ’lumie’ adatte per la loro Valencia che è in città tra la fine del 1184 e il 1185, la agrezza a dare sapore alle pietanze, e le arance, città “insuperbisce tra piazze e pianure che son tutte dense all’interno di succo non meno aspro, le quali un giardino” e “i palazzi del re ne circondano il collo deliziano la vista con la loro bellezza più di quanto come i monili cingono i colli delle ragazze dal seno non sembrino utili ad altro. E queste poi, anche quan- ricolmo”. do si saranno maturate, difficilmente si staccheranno Nella Conca d’oro, come nella vega di Granada, dall’albero, e il precedente frutto disdegnerà di cede- nella huerta di Murcia e di Valencia, si diffonde un re il posto alla nuova produzione. Infatti sulla stessa paesaggio intensamente coltivato dove coesistono, in pianta si possono parimenti trovare frutti più rubicon- quello che oggi si definirebbe un ecomosaico inter- di della terza annata, ancora verdeggianti della connesso di grande efficacia ecologica, i giardini del- seconda, zagare dell’annata in corso. D’altronde l’aristocrazia, i campi coltivati in irriguo e in asciutto, questa pianta, feconda per indizi di costante giovinez- frequentemente in coltura promiscua ma con piccoli za, né d’inverno avvizzisce per sterile vecchiaia, né si appezzamenti specializzati, aree di vegetazione spoglia di fronde per il rigore del freddo che l’aggre- boschiva, ripariale. La campagna di Palermo, nei tratti disce, ma rievoca, sempre verdeggiante di fronde, il più intensamente coltivati, appare segnata da mura di clima di primavera. cinta e da una rete di filari arborei (salici, olmi, piop- A che invero elencherò le noci, le mandorle o le pi, peri selvatici, mandorli, gelsi, querce…) che oltre diverse generazioni di fichi, o le olive che forniscono a fornire prodotti segnano i confini (Corrao, 1995), l’olio per condire le vivande e secondare la fiamma punteggiata da alberi isolati e da piccoli agglomerati delle lucerne? Che dirò dei baccelli dei legumi e del rurali. Orti e frutteti hanno nomi di origine araba e, in loro frutto non pregiato che per una certa insipida epoca normanna, anche etimo latino (jardinum e viri- dolcezza adesca la gola dei contadini e dei fanciulli? darium, hortus). Possono chiamarsi noharia o sanyia, Potrai piuttosto ammirare le alte cime delle palme e i prendendo per estensione il nome dalle ruote idrauli- datteri che pendono dalla sommità della pianta pota- che, o xirba o ghirba (dall’arabo hirba, rovina e poi ta. Che se volgerai lo sguardo da un’altra parte ti si piccolo giardino nato tra le rovine di un casa dirocca- farà innanzi una messe di meravigliose canne che ta). Si utilizza anche il termine (bahâ’ir o bahira) che dagli indigeni son dette cannamele, nome che deriva- significa lago ma per estensione orto frutteto, giardino no dalla dolcezza del succo interno. Succo questo che, irrigato e alla metà del X secolo è segnalato, con ter- esposto ad una cottura attenta e moderata si trasfor- mine di origine persiana, un bustan, giardino che ha ma in una specie di miele; se fatto cuocere in maniera anche funzioni ornamentali (De Simone, 2000; Garcia più stringente si condensa nella massa dello zucche- Sanchez, 1996; Benhima, 2005). ro. Ho poi ritenuto superfluo aggiungere a quella elencata la frutta usuale e che si trova presso di noi”. I Giardini e i parchi La pianura costiera palermitana, che già in periodo arabo era stata descritta da Ibn Hawqal come ricca di In continuità funzionale ed estetica con il territorio orti e frutteti, verrà ritenuta “l’eredità più sontuosa, agricolo fanno parte del paesaggio i giardini dell’ari- nei colori del paesaggio e nell’ubertà di un terreno stocrazia, nei quali laghi e canali, fiori e frutti, padi- sfruttato con continuità e perizia, che dall’emirato glioni di piacere e zone ombrose manifestano la gran- era passata al regno normanno” (Peri, 1978). Nel XII dezza e l’autorevolezza del potere. I grandi parchi secolo le parole di chi visita Palermo sono, in effetti, sono spazi multifunzionali. Vi si svolgono feste e colme di lodi e lo sguardo di meraviglie e non nascon- spettacoli, si banchetta, si amoreggia. Hanno anche dono un sincero stupore per la bellezza della città, funzione di produzione agricola e di controllo e distri- espressa dalla abbondanza di acque, dalla feracità buzione dell’acqua, di osservazione botanica ed agro- della sua frutticoltura e, per la prima volta, dalla pre- nomica; si esercita anche il piacere della caccia. Per senza dei giardini e dei palazzi reali. Per il geografo usare parole di Bresc (1984) il giardino medievale maghrebino di coltura andalusa Al Idrisi (1966), che palermitano viene sfruttato “per il reddito della frutta nel 1139 è ospite di Ruggero II, “le acque attraversa- e per l’affitto della terra e dell’acqua, mentre il pote- no da tutte le parti la capitale della Sicilia, dove sca- re gode pienamente di una bellezza creata artificial- turiscono anche fonti perenni. Palermo abbonda di mente, combinando il verde perenne, il rumore e la alberi da frutta… e dentro la cerchia delle mura che freschezza delle acque, l’illusione dello specchio 22
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro d’acqua e i giochi permessi dalla sua navigabilità”. A supporto della tesi che li vuole preesistenti alla Sono luoghi dove “gli affari si mischiano al piacere, conquista normanna, è importante la testimonianza di alla scienza, alle arti” (Watson, 1983); le nuove spe- Amato di Montecassino, che racconta come nel 1071 cie vi giungono come curiosità ornamentali o poten- Ruggero abbia occupato un palatium che dividerà con ziali nuove colture e lì, una volta riconosciuto un inte- il fratello Roberto insieme ad altre possessioni: a resse economico, vengono riprodotte e diffuse nelle Roberto li jardin delectoz, pleins de frutte et de eaue campagne. a Ruggero li choses royals et paradis terrestre. Il Protagonisti sono elementi tipicamente multifun- palazzo potrebbe essere il Qasr ⁄a far, di cui parlerà zionali: gli alberi da frutta e l’acqua che, in continuità Ibn Giubair (1980), l’attuale “castello” della Favara con la storia millenaria del giardino orientale e con la attribuito ad uno dei due emiri kalbiti che portano sua trasposizione nel paesaggio del giardino mediter- nome ⁄a far (al potere negli anni tra il 983 e il 1019). raneo, assicurano insieme produzioni di interesse eco- Il paradis potrebbe, invece, essere invece il parco che nomico, funzioni ambientali, di mitigazione climatica sarà noto come Genoard (fig. 7). Altri indizi sembra- e funzioni culturali. Gli alberi da frutto, l’acqua - in no confermare la presenza in epoca araba di parchi e grandi bacini, in vasche, in canali e fontane - come giardini: fino alle pendici dei monti che circondano la principale elemento di simmetria, insieme alla localiz- Conca vi è testimonianza di molte masserie (mahall) zazione periurbana e prossima a un palazzo, alla chiu- ma, come lasciano intendere alcune fonti, anche una o sura con muri, alla presenza di padiglioni, alla posi- più residenze emirali. Una ampia rete di palazzi, orti e zione panoramica, al disegno formale almeno di parte giardini che consente “di ritenere ammissibile l’ipote- degli spazi e la loro contiguità con aree di caccia, con- si dell’esistenza di una riserva emirale molto estesa” fermano l’appartenenza dei sollazzi normanni (sola- (Scarlata, 2002). cium è termine usato per la prima volta da Falcando) Le ragioni che spingono i monarchi normanni a all’universo culturale islamico. circondare Palermo di parchi e giardini sono le stesse Si tratta di giardini e parchi indubbiamente di che hanno portato al loro sorgere in tutte le capitali epoca normanna anche se rimane vivo il dubbio circa islamiche medievali: la consapevolezza della immagi- una loro preesistenza araba. Va osservato che, indi- ne di forza e di dominio che deriva dalla natura quan- pendentemente da testimonianze scritte o archeologi- do è piegata al soddisfacimento del piacere e del lusso che, è certamente probabile che in un territorio da e, nel contrasto con il nudo e secco paesaggio non molto tempo abitato e sfruttato come la pianura paler- irriguo, la dimostrazione di autorevolezza del nuovo mitana, i siti più favorevoli, quelli vicini a fonti d’ac- potere che si fonda anche sull’appropriazione di un qua, sui quali poi si situeranno i palazzi normanni, paesaggio e di uno stile di vita che sono parte della siano stati luogo di antichi insediamenti. I numerosi cultura degli arabi sottomessi. Il “Parco Vecchio” toponimi arabi sono indizio di una preesistente pre- della Favara e il Genoard ne rimangono ancora oggi senza araba e, anche se alcune considerazioni architet- evidenti testimonianze. toniche sono state avanzate per dubitarne (Galdieri 2000; Cresti 2007), è generalmente ritenuta evidente Favara o Maredolce l’influenza fatimide sia nell’architettura degli edifici che nel disegno dei parchi e dei giardini con forti radi- Seppure le risultanze archeologiche e le fonti lette- ci nella cultura paesaggistica egiziana e prima ancora rarie siano ritenute insufficienti ad attribuire con cer- persiana (Bellafiore, 1990). Possono essere ricondotti tezza al periodo arabo, o a epoca addirittura preesi- alla tipologia degli agdal (termine di origine berbera stente, la fondazione della Favara, la sua natura isla- la cui etimologia rimanda a uno spazio verde suburba- mica è ritenuta evidente. Il palazzo ricalca, infatti, il no privato, recintato e dotato di un bacino d’acqua) o modello di un caravanserraglio, testimonia nelle sue al sinonimo buhayra che letteralmente significa “pic- forme e nelle tecniche costruttive la cultura fatimita colo mare”, designando così la grande ampiezza di delle maestranze che lo realizzarono, mentre il parco bacini impiegati per l’irrigazione e che viene usato presenta i caratteri propri di un agdal o di una buhay- per indicare i grandi frutteti irrigui e comprendere, in ra. L’uso del termine buhayra è del resto già utilizza- accordo con l’architettura dei palazzi, anche spazi to per la Favara nel 1172 da Beniamino di Tuleda che definibili come riyad, tipologia del resto esplicitamen- a proposito del bacino scrive che arabes Albehira te nominata da Ibn Hawqal quando cita la Bab ar vocant (Morso, 1827). Autore del Parco e dell’am- riyad, la porta dei giardini che si apriva sul palazzo pliamento, se non dell’edificazione, del palazzo è reale. Ruggero II. Ruggero intervenne attraverso movimenti di terra che resero possibile, in una depressione palu- 23
Barbera 7 8 9 10 Fig. 7 - Il Genoard in una miniatura del 1195 del Liber ad hono- rem Augusti. Fig. 7 - The Genoard in a miniature of 1195 of Liber ad honorem Augusti. Fig. 8 - L’isola di agrumi al centro del bacino della Favara. Fig. 8 - The island of citrus in the center of the of the Favara. Fig. 9 - La Cuba in una ricostruzione di Rocco Lentini (1922). Fig. 9 - The Cuba according to Rocco Lentini (1922). Fig. 10 - La Zisa in una ricostruzione di Rocco Lentini (1935). Fig. 10 - The Zisa according to Rocco Lentini (1935). Fig. 11 - Il salsabil e lo shardiwan con i mosaici che raffigurano palme, alberi da frutto, uccelli esotici e arcieri. Fig. 11 - The salsabil and the shardiwan with the mosaics depict- ing palms, fruit trees, exotic birds and archers. 11 24
Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro dosa, l’accumulo delle acque provenienti dalla è una sfida importante per chi ha a cuore la Conca Fawarra che sgorgava da monte Grifone. Le acque a d’oro. È stato anche ipotizzato il ritorno dell’acqua valle erano fermate da una diga di grossi conci fino a (Scognamiglio e Corselli D’Ondes, 2004): ipotesi creare un “vivaio” dove furono rilasciati pesci di affascinante che potrebbe essere anticipata dal recu- diversa provenienza e dove il re “con le sue donne pero del vecchio agrumeto sull’isola e da un interven- viene sovente a sollazzarsi” in “regie barchette orna- to a verde sul bacino del lago, fino ad anni recenti te d’oro e d’argento” (Romualdo Salernitano cit. in coltivato ad orto, che sostituisca percettivamente Bellafiore, 1996). Il palazzo per tre lati, il muro che all’acqua un prato naturale fiorito, in accordo con cingeva il parco e il fondo stesso del lago furono rive- quella tipologia di paesaggio che costituisce “uno stiti di intonaco idraulico e al centro fu creata, con degli attributi più affascinanti del giardini islamico” riporti di terra fino a coprire un banco affiorante di (Mazzino, 2001). roccia calcarea, un’isola (fig. 8). Eccezionale testimo- nianza sui caratteri del parco di Ruggero sono in una Il Genoardo poesia (qasidah) di Abd ar-Rahman: dal lago, grande riserva d’acqua per usi irrigui, oltre che specchio In una miniatura del 1195 del Liber ad honorem d’acqua sul quale si riflette il palazzo duplicando la augusti di Pietro da Eboli, che ritrae Palermo ripar- bellezza e il potere, si sviluppano nove canali destina- tendola in riquadri che rappresentano i suoi quartieri, ti all’irrigazione. “I rami dei giardini” che “sembra- in alto a destra è raffigurata un’alta torre e sotto di no protendersi a guardare i pesci delle acque e sorri- essa palme, viti, alberi da frutto, uccelli e animali sel- dere” (Di Matteo, 1980) rimandano alle indicazioni vatici. L’indicazione è Viridarium Genoard, dall’ara- dell’andaluso Ibn Luyun (1988) sulla “disposizione bo jannat al ar (gannat al-ard), “paradiso della dei giardini”, mentre “gli aranci superbi terra”. dell’isoletta”, posta al centro di un grande lago artifi- La grande torre merlata è presumibilmente il ciale, richiamano le indicazioni di Ibn al Awwam Palazzo Reale e il Genoardo era quindi in continuità affinché nei giardini gli alberi di arancio amaro con esso. Lo storico Fazello, alla metà del XVI seco- “appaiano come piantati nell’acqua”. lo, lo trova ricoperto da orti e vigneti ma lo ricorda La qasadah fa anche riferimento al “duplice lago”, come uno spazio che “era chiamato Parco” protetto cioè alla possibilità dal palazzo di godere insieme da un muro “di giro quasi due miglia”, con “molti della vista del vicino Mare Tirreno e del “piccolo orti e assaissime sorti di frutti bellissimi e da ogni mare” creato dalle acque della Fawarra. Vista che banda erano lauri e mirti che gittavano gratissimi porterà alla denominazione alternativa di Maredolce. odori e d’intorno alcune cappellette in volta fatte per Le due palme sono probabilmente parte di un più ricreamento de’ Re, la maggior parte delle quali eran vasto dattileto di cui si parla in un diploma del 1174 poste in una strada diritta e lunga, che dal principio e (Tramontana, 1999). dal fine mostrava il mezzo. Nel quale era un vivajo Nonostante profonde manomissioni e ingombranti grande, dove si serbavano i pesci ed era fabbricato di presenze, la Favara mantiene oggi con una evidenza grossissime pietre lavorate in quadro… Soprastano a che non ha molti esempi nel mondo islamico, i carat- questo vivajo bellissime abitazione fatte con bellissi- teri dell’agdal: di fronte al palazzo, in buona parte già ma architettura… sopra le quali sono alcune lettere recuperato, il bacino del lago si mostra nei suoi confi- saracine intagliate… In una parte di questo parco si ni e in molti elementi costruttivi ancora intatto. tenevano d’ogni sorte d’animali selvatichi… Questo Sull’isola, anch’essa chiaramente percepibile, un vec- luogo è da palermitani chiamato Cuba … Vicino a chio agrumeto rimanda ad un uso del suolo che è questo Parco un mezzo miglio verso settentrione era anche esso sostanzialmente immutato (se non nella un altro giardino regio il quale si chiamava, e si specie di agrumi: il mandarino giunto in Sicilia solo chiama ancor oggi, con voce saracina Zisa, il quale è all’inizio del XIX secolo e nella intensificazione cul- pieno di frutti domestichi, e di fontane indeficienti” turale visto che gli agrumi in periodo islamico erano (Fazello, 1990). coltivati in coltura promiscua). Ulteriore legame è il La Zisa, la Cuba e la Torre Alfaina, di cui Fazello sistema irriguo tradizionale ancora esistente che, sep- non fa cenno, realizzate da Guglielmo II (secondo pure fortemente manomesso, riprende la cultura irri- alcune ipotesi anche l’Uscibene) sono i palazzi che gua islamica nelle forme, nei manufatti, nelle tecni- ancora oggi sopravvivono di un grande parco che che. nelle sue forme e funzioni manifesta i caratteri della Per la sua storia, per i suoi caratteri architettonici e cultura paesaggistica islamica. paesaggistici, il recupero della Favara e del suo parco, La Cuba è riferibile a simili edifici del Maghreb 25
Barbera (Lorenzi, 2006). Si affacciava, come rievoca un qua- caratteri dell’agronomia araba medievale. Sono visi- dro di Rocco Lentini (La Cuba, 1922) (fig. 9), su un bili i fondamenti di scienze moderne come l’agroeco- bacino quadrato di 40 canne (81,84 m di lato) che logia e l’ecologia del paesaggio capaci di studiare e ancora alla fine del XVI secolo risultava leggibile e di governare la complessità dei sistemi agricoli. cui ancora oggi si rinvengono tracce dell’intonaco Non solo con finalità storiche è quindi utile, anco- idraulico che lo ricopriva. A monte della Cuba, la ra oggi, una lettura critica del sapere agricolo medie- Cuba Soprana altrimenti indicata come Torre Alfaina vale arabo, riaffermando un’attenzione che era stata e oggi inglobata nell’edificio settecentesco di villa propria dell’agronomia europea e che solo negli anni Napoli. A poche decine di metri, sullo stesso asse di recenti dell’agricoltura industriale è stata trascurata. simmetria, il piccolo padiglione della Cubula o picco- Un’attenzione che sarà viva nella Spagna del XVIII la Cuba che potrebbe aver fatto parte del bacino, ali- secolo con il movimento fisiocratico (la traduzione in mentato da acque che sgorgavano dall’edificio e di spagnolo apparirà ad opera di Banqueri nel 1802) e in cui sono state trovate tracce. Francia (la traduzione in francese di Clement Mullet Infine, il più importante dei palazzi normanni è del 1864-67) in coincidenza con la conquista algeri- palermitani, la Zisa, da Aziz (nobile, forte, glorioso, na della metà del secolo e quindi con la necessità di splendido) costruita tra il 1164 e il 1168 da Guglielmo affrontare i problemi agronomici di una “diversa” I e completata da Guglielmo II (fig. 10). Nonostante agricoltura. Molto ridotta invece l’attenzione della numerose e pesanti manomissioni il palazzo mostra cultura agronomica italiana ad esclusione di una par- evidente l’impronta fatimita e anche nella sua colloca- ziale traduzione del trattato di Ibn al Awwam, dal zione è attento a godere della prossimità del mare e titolo L’agricoltura presso gli arabi tratta da Ibn Al delle montagna e di quel “paradiso terrestre che si Awwam, ad opera di Crispo Moncada, nel 1879 e di apre agli sguardi” come recita un fregio in caratteri più recenti lavori di Pastena (1961) e Zaccaria naskhi. (1980). La Zisa mostra chiaro il riferimento alla tipologia Da qualche anno le opere degli agronomi andalusi di ryad. Il bacino aveva al centro un chiosco a cupola appaiono in nuove traduzione e soprattutto in Spagna ed era collegato all’iwan, che apriva il palazzo all’e- (in modo particolare presso la Escuela di Estudios sterno, da un salsabil: un sistema di canalette e picco- Arabos di Granada) vengono studiati con attenzione. le vasche a partire da uno scivolo d’acqua Attenzione di storici e di paesaggisti soprattutto, cui (shardiwan) scolpito e sormontato da un soffito a merita di affiancarsi quella degli agronomi. muqarnas e mosaici con palme e alberi da frutto, Un’attenzione che deve restare, in continuità con i uccelli esotici ed arcieri. Il bacino veniva utilizzato caratteri propri dell’agronomia arabo andalusa, multi- per irrigare giardini e frutteti (pulchris pomiferis et disciplinare, colturale e culturale. Rileggerne i testi, amenis viridari come scriveva nel XII secolo ritrovarne l’attualità nell’approfondita conoscenza Romualdo Salernitano. Il salsabil, ritenuto il “meglio delle fonti classiche e delle realtà agricole locali, conservato tra i più antichi” (Tabbaa, 1986) è, oggi, nella comprensione della complessità e nella capacità in corso di restauro (fig. 11). Avrà il difficile compito di dialogare con le altre culture, anche con quelle di collegarsi al nuovo giardino sorto al posto del umanistiche, abbandonando una visione troppo euro- “vago giardino di Limoni, Cedri, Naranzi, et di altri centrica del sapere agronomico, sembra essere un’uti- simili fruttiferi alberi” di cui aveva scritto Leandro le indicazione per accompagnare il futuro, altrimenti Alberti nel 1550 (Caronia, 1987) e che costituivano difficile, dell’agricoltura e del paesaggio mediterra- ancora fino ad una decina d’anni fa l’uso prevalente neo. del suolo. Oggi è sorto un nuovo giardino che con una profusione di marmi e di cemento e con molta imperi- Riassunto zia agronomica ha cercato un rapporto con l’antica Zisa che meritava attenzioni e confronti ben diversi. La Sicilia è stata tra il IX e il XII secolo sotto l’in- fluenza politica e culturale dell’Islam. In quegli anni Conclusioni l’isola è stata protagonista di una “rivoluzione agra- ria” che ha modificato il suo sistema agricolo e il pae- Nei testi degli agronomi arabo andalusi, nei reso- saggio. La grande novità apportata dall’agricoltura conti dei geografi e dei viaggiatori della Sicilia araba e araba medievale risiede nel fatto che le nuove tecni- normanna, nell’eredità ancora chiaramente percepibile che, le nuove specie, le nuove condizioni sociali ed dei sistemi colturali tradizionali, dei paesaggi, dei par- economiche convergevano in una visione sistemica chi e dei giardini di origine medievale sono evidenti i del campo coltivato. Una visione moderna che 26
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