OMNIA three HYPER-tension&cholesterol Ipertensione e colesterolo: pazienti in target - Studio Medico

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OMNIA three HYPER-tension&cholesterol Ipertensione e colesterolo: pazienti in target - Studio Medico
FAD        OMNIA three
           HYPER-tension&cholesterol

Ipertensione e colesterolo:
pazienti in target
Responsabili Scientifici
Prof. Marcello Arca
Prof. Claudio Ferri
OMNIA three HYPER-tension&cholesterol Ipertensione e colesterolo: pazienti in target - Studio Medico
OMNIA three                                HYPER-tension&cholesterol

 Indice

 Strategie terapeutiche e di counseling per la corretta                    4
 gestione del paziente iperteso
 Premessa: il counseling nello studio del Medico                           4
 Strategie terapeutiche                                                    4
   Terapia antipertensiva                                                  5
   Gestione terapeutica dell’ipertensione: il ruolo delle modifiche        8
   dello stile di vita
   Terapia farmacologica                                                   9
 Strategia di counseling per promuovere l’adozione di uno stile di vita   10
 sano e l’aderenza alle terapie antipertensive
   Come garantire compliance e aderenza elevate nella pratica             15
   clinica
   Polifarmacoterapia e semplificazione terapeutica                       20
   Costruzione di un’alleanza terapeutica                                 25
   L’inerzia terapeutica                                                  27

 Strategie terapeutiche e di counseling per la corretta                   32
 gestione del paziente con ipercolesterolemia
 Approccio lifetime al rischio cardiovascolare                            32
 Obiettivi di trattamento                                                 33
 Modificazioni dello stile di vita per migliorare il profilo dei lipidi   34
 plasmatici
   Influenza dello stile di vita sui livelli di colesterolo totale e      35
   colesterolo LDL
   Influenza dello stile di vita sui livelli di colesterolo HDL           37
   Farmaci per il trattamento dell’ipercolesterolemia                     39

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 Strategia di counseling per promuovere l’adozione di uno stile di vita   45
 sano e l’aderenza alle terapie ipolipemizzanti
   Raggiungere e aderire ai cambiamenti dello stile di vita               46
   Aderenza alla terapia farmacologica                                    47
   Conclusioni                                                            58

 La gestione del paziente con ipertensione e                              60
 ipercolesterolemia
 Epidemiologia e statistiche a livello europeo                            60
   Pressione arteriosa                                                    60
   Colesterolemia                                                         61
 Corretta gestione del paziente iperteso in presenza di comorbilità       65
   La relazione tra ipertensione e aterosclerosi                          67
   Sindrome metabolica                                                    71
 Gestione del concomitante rischio CV nel paziente iperteso               72
   L’importanza della valutazione del rischio cardiovascolare e del       73
   danno d’organo
   Il trattamento raccomandato                                            74
   Il problema dell’aderenza                                              77
   Costo-efficacia della prevenzione                                      79

 Bibliografia                                                             82

 Responsabili Scientifici:

 Prof. Marcello Arca
 Università La Sapienza di Roma

 Prof. Claudio Ferri
 Università degli Studi di L’Aquila

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 Strategie terapeutiche e di counseling per la corretta gestione
 del paziente iperteso

 Premessa: il counseling nello studio del medico
 Il termine counseling (o counselling secondo l’inglese britannico) indica un’attività
 professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del pa-
 ziente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le sue capacità
 di scelta.
 Il counseling è una nuova risorsa nel sistema sociosanitario italiano. Infatti il counse-
 ling Sanitario inizia a diffondersi in Italia all’inizio degli anni 90 con l’avvio della cam-
 pagna informativa sull’AIDS, e la sua pratica in ambito sociosanitario si afferma con
 la legge 135/1990.
 La British Association for Counseling and Psycotherapy (BACP) definisce il counse-
 ling “un uso della relazione basato su abilità e principi che sviluppano l’accettazione,
 l’autoconsapevolezza e la crescita della persona; può essere mirato alla definizione
 di problemi specifici, a prendere decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confron-
 tarsi con i propri sentimenti e i propri conflitti interiori o a migliorare le relazioni con
 gli altri, rispettando i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione
 dell’individuo”.
 Il counseling in ambito sanitario si può porre obiettivi diversi, in funzione del singolo
 paziente, come per esempio attivare processi motivazionali funzionali al manteni-
 mento o all’accrescimento del benessere, rendere possibili scelte in situazioni che
 riguardano lo stato di salute personale o dei propri familiari, affrontare in modo attivo
 problemi di salute o difficolta riguardanti la modifica di comportamenti a rischio.

 Strategie terapeutiche
 L’ipertensione arteriosa è fra i principali fattori di rischio per morbilità e mortalità
 cardiovascolare a livello globale. I benefici della terapia antipertensiva sono stati
 supportati da numerosi trial clinici nei quali la terapia antipertensiva riduceva non

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 solo il rischio di eventi cardiovascolari, ma era anche in grado di prevenire/regredire
 il danno d’organo subclinico associato all’ipertensione. Come è sempre avvenuto,
 anche le linee guida ESH/ESC del 2018 per la gestione dell’ipertensione arteriosa
 forniscono una serie di raccomandazioni sia per l’identificazione dello stato iperten-
 sivo, sia per un’adeguata terapia, sottolineando punti importanti quali il momento in
 cui iniziare la terapia, gli obiettivi di pressione arteriosa da raggiungere a seconda del
 rischio cardiovascolare, le strategie terapeutiche e la scelta dei farmaci.

 Terapia antipertensiva
 Quando iniziare?
 Nei pazienti con ipertensione di grado 2 e 3, si raccomanda che la terapia antiperten-
 siva venga iniziata insieme agli interventi sullo stile di vita. Nei pazienti con iperten-
 sione di grado 1 ad alto rischio o con danno d’organo, il trattamento farmacologico
 deve essere iniziato simultaneamente agli interventi sullo stile di vita. Nei pazienti
 con ipertensione di grado 1 a rischio basso-moderato il trattamento va iniziato dopo
 3–6 mesi se la pressione non è controllata soltanto con gli interventi sullo stile di vita.
 La Figura 1 e la Tabella 1 riassumono le raccomandazioni per l’inizio della terapia an-
 tipertensiva (modificazione dello stile di vita e farmacologica) delle linee guida ESH/
 ESC 2018.
 Quali obiettivi pressori raggiungere?
 Il primo obiettivo del trattamento deve essere abbassare la pressione arteriosa a
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Figura 1. Inizio del trattamento antipertensivo (cambiamenti dello stile di vita e farmaci) a
differenti livelli iniziali di PA (modificato da figura 3 linee guida ESH/ESC 2018)

   PA normale-alta          Ipertensione di grado 1         Ipertensione di grado 2
                                                                                      Ipertensione di grado 3
  PA 130–139/85–89            PA 140–159/90–99               PA 160–179/100–109
                                                                                        PA ≥180/110 mmHg
       mmHg                         mmHg                            mmHg

   Consigli su stile           Consigli su stile               Consigli su stile         Consigli su stile
       di vita                     di vita                         di vita                   di vita

      Considerare               Farmacoterapia
   farmacoterapia in        immediata in pazienti a
pazienti a rischio molto     rischio alto-molto alto           Farmacoterapia            Farmacoterapia
     alto con CVD,           con CVD, nefropatia o            immediata in tutti i      immediata in tutti i
  specialmente CAD              danno d’organo                    pazienti                  pazienti

                              Farmacoterapia in
                           pazienti a rischio basso
                              o moderato senza
                              CVD, nefropatia o
                            danno d’organo dopo
                             3-6 mesi di interventi           Mirare a controllo        Mirare a controllo
                            sullo stile di vita se PA       pressorio entro 3 mesi    pressorio entro 3 mesi
                                non controllata

 PA = pressione arteriosa; CAD = malattia coronarica; CVD = malattia cardiovascolare.

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 Tabella 1. Raccomandazioni per l’inizio del trattamento antipertensivo in base alla PA
 (linee guida ESH/ESC 2018)
  L’inizio rapido del trattamento farmacologico è raccomandato nei pazienti con ipertensione di
  grado 2 e 3 a qualsiasi livello di rischio CV, contemporaneamente ai cambiamenti dello stile di
  vita
  Nei pazienti con ipertensione di grado 1*:
  • gli interventi sullo stile di vita sono raccomandati per determinare se sono in grado di
     normalizzare la PA
  • a rischio basso o moderato e senza evidenza di danno d’organo il trattamento è raccomandato
     se il paziente resta iperteso dopo un periodo di intervento sullo stile di vita
  • a rischio alto o con evidenza di danno d’organo il rapido inizio del trattamento è raccomandato
     insieme agli interventi sullo stile di vita
  Negli anziani ipertesi in buone condizioni di salute (fit), anche se di età >80 anni, il trattamento
  farmacologico e l’intervento sullo stile di vita sono raccomandati quando la PAS è ≥160 mmHg
  Il trattamento farmacologico antipertensivo e gli interventi sullo stile di vita sono raccomandati
  per gli anziani (>65 anni ma non
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 Gestione terapeutica dell’ipertensione: il ruolo delle modifiche dello stile di vita
 Un’adeguata modifica dello stile di vita rappresenta la base della prevenzione dell’i-
 pertensione arteriosa e contribuisce al controllo di altri fattori di rischio cardiovasco-
 lare e/o patologie associate. Gli interventi che si sono dimostrati in grado di ridurre
 i valori pressori includono la restrizione sodica, la limitazione del consumo di alcol,
 l’elevato consumo di frutta e verdura e la riduzione dell’introito di grassi saturi e di co-
 lesterolo, la riduzione e il mantenimento del peso corporeo, l’esercizio fisico regolare
 e la cessazione del fumo. La Tabella 2 riporta gli interventi sullo stile di vita per i pa-
 zienti ipertesi o con PA normale alta raccomandati dalle linee guida ESC-ESH 2018.

 Tabella 2. Trattamento dell’ipertensione: interventi sullo stile di vita (linee guida ESH/
 ESC 2018)
  Raccomandazione                                                                    Classe   Livello

  Si raccomanda la restrizione di sodio a 88 cm nelle donne)
  e mirare a un BMI sano (circa 20-25 kg/m2) e valori di circonferenza ad-
  dominale (
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 Terapia farmacologica
 La maggior parte del beneficio del trattamento antipertensivo è legato alla riduzione
 della pressione arteriosa per sé ed è largamente indipendente dal farmaco impiega-
 to. Le principali classi di farmaci antipertensivi quali diuretici, betabloccanti, calcio-
 antagonisti, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina e antagonisti recet-
 toriali dell’angiotensina II sono tutti impiegabili per l’inizio/continuazione della terapia
 antipertensiva, sia in monoterapia che in associazione. Non vi è alcuna evidenza che
 la scelta terapeutica possa dipendere dall’età o dal genere, ma i bloccanti del siste-
 ma renina-angiotensina non vanno usati in donne in età fertile per la loro potenziale
 teratogenicità.
 Per quanto riguarda la scelta tra monoterapia e terapia di associazione, una meta-
 nalisi di oltre 40 studi ha dimostrato che la combinazione di due farmaci antiperten-
 sivi ha un’efficacia superiore a quanto ottenuto con l’incremento del dosaggio di un
 singolo farmaco. Le raccomandazioni sono sempre più a favore dell’impiego delle
 associazioni di due farmaci antipertensivi a dosaggio fisso in una singola compressa,
 poiché in questo modo è possibile aumentare l’aderenza alla terapia e aumentare la
 percentuale di controllo pressorio.
 La posologia può essere incrementata se non si raggiunge il target di pressione
 arteriosa, sia quando si inizia l’intervento terapeutico con una monoterapia, sia con
 una combinazione di due farmaci. Se il target non è ottenuto con l’impiego di due
 farmaci a pieno dosaggio, si può considerare una diversa associazione o l’aggiunta
 di un terzo farmaco. Comunque, nei pazienti con ipertensione resistente, l’aggiunta
 di nuovi farmaci a farmaci già prescritti dovrebbe essere fatta con cautela, cercando
 di sostituire i farmaci poco efficaci o non efficaci con quelli più efficaci.
 La maggioranza degli studi clinici che hanno confrontato diversi interventi e com-
 binazioni non hanno mostrato importanti differenze in termini di beneficio. L’unica
 associazione che non può essere raccomandata sulla base dei risultati dei trial è
 quella tra due differenti bloccanti del sistema renina-angiotensina, che in alcuni studi
 è risultata associata a un significativo aumento dei casi di malattia renale termina-
 le. Le associazioni di due farmaci che vengono impiegate più frequentemente sono
 schematizzate nella Figura 2.

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 Figura 2. Possibili associazioni tra le diverse classi di farmaci antipertensivi
 (consensus GIC 2018)

                                          Diuretici tiazidici

                                                                                Antagonisti
          Betabloccanti
                                                                                recettoriali
                                                                           dell’angiotensina II

        Altri antipertensivi                                             Calcioantagonisti

                                            ACE-inibitori

 Linee verdi continue: associazioni da preferire; linea verde tratteggiata: associazioni utili (con alcuni
 limiti); linee nere tratteggiate: associazioni possibili ma con meno evidenze a supporto; linea rossa
 continua: associazione non raccomandata

 Le linee guida ESC-ESH 2018 raccomandano la terapia di associazione come scelta
 iniziale nella maggior parte dei pazienti (Tabella 3).

 Strategia di counseling per promuovere l’adozione di uno stile di vita
 sano e l’aderenza alle terapie antipertensive
 Il controllo adeguato dei fattori di rischio cardiovascolare rappresenta una strategia
 indispensabile in una logica di prevenzione efficace e il suo successo dipende dalla
 disponibilità di conoscenze adeguate, di farmaci di documentata efficacia e dal rag-
 giungimento di target di intervento che assicurino la riduzione persistente del profilo
                                                    10
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 Tabella 3. Trattamento dell’ipertensione: terapia farmacologica (linee guida ESH/ESC
 2018)
  Raccomandazione                                                                         Classe      Livello

  Il trattamento di combinazione è raccomandato come terapia iniziale per                     I           A
  la maggior parte dei pazienti ipertesi. Le combinazioni da preferire devono
  contenere un inibitore del RAS (ACEi o ARB) con un calcioantagonista o un
  diuretico. Possono essere usate altre combinazioni delle cinque principali
  classi farmacologiche. Si raccomanda che i betabloccanti siano combinati
  con una delle altre classi principali in caso di situazioni cliniche specifiche
  (ad es. angina, post-IM, scompenso cardiaco o controllo della frequenza
  cardiaca)
  Si raccomanda di iniziare il trattamento antipertensivo con una                             I           B
  combinazione a due farmaci, preferibilmente in una SPC. Fanno eccezione
  i pazienti anziani fragili e quelli a basso rischio con ipertensione di grado 1
  (soprattutto se PAS
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   Figura 3. Percentuale di controllo pressorio in Italia nei periodi 1997-2006 e 2005-2011
   (Dati da Volpe et al. 2007 e Tocci et al. 2012, modificati.)

                                   Pazienti trattati tra i pazienti ipertesi
                                   Pazienti in controllo pressorio tra gli ipertesi trattati

                80

                                 69%
 Pazienti (%)

                60
                                                                      58%

                40
                                                                                  37%
                20
                                             22%

                 0
                                   1997-2006                            2005-2011

                Definizione di compliance
                Capacità di assumere i farmaci prescritti secondo le modalità
                definite in termini di dosi, posologia e tempistica di assunzione
                Sulla base delle modalità di assunzione delle dosi di farmaco
                prescritte, la compliance si definisce:
                Bassa: 80% delle dosi somministrate

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 Dall’insieme di tutti questi eterogenei elementi scaturisce un concetto di largo im-
 piego clinico identificabile come “compliance terapeutica” (Figura 4), che definisce
 la capacità di assumere i farmaci prescritti secondo le modalità definite in termini di
 dosi, posologia e tempistica di assunzione.

 Figura 4. Elementi che influenzano l’efficacia delle strategie preventive/terapeutiche
 nella pratica clinica (consensus GIC 2018)

                                      Appropriatezza
                                      dell’intervento

                              Efficacia delle strategie
                                                                         Aderenza

         Continuità                   Acquisizione di                   Compliance
        terapeutica                   target adeguati                   terapeutica

                                                                        Persistenza

 La compliance si considera adeguata quando i pazienti assumono correttamente al-
 meno l’80% delle dosi di farmaco prescritte, mentre percentuali comprese tra 40-80%
 e
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   componenti prevalenti e cioè “l’aderenza” alla terapia (Figura 5), che rappresenta il
   grado di rispetto delle prescrizioni così come sono state formulate in termini di farma-
   ci, dosi e modalità di assunzione (es. 1 compressa al dì di preferenza il mattino), e
   la “persistenza”, che rappresenta per contro la costanza sistematica nell’assunzione
   che potrebbe però avvenire in regime di scarsa aderenza (es. assunzione sistemati-
   ca e giornaliera di una dose dimezzata di un farmaco).

   Figura 5. Trend di aderenza alla terapia antipertensiva dal momento di inizio del
   trattamento (modificata da Battigelli et al. 2014)

                          Ottima aderenza           Parziale aderenza        Scarsa aderenza
                100
                 90
                 80
                 70
 Pazienti (%)

                 60
                 50
                 40
                 30
                 20
                 10
                  0
                      0         3           6         9         12      15         18      21   24

                                                Mesi dall’inizio del trattamento

   Esistono quindi pazienti aderenti e persistenti, mentre per contro possono esistere
   pazienti scarsamente aderenti, scarsamente persistenti e pazienti che presentano al
   tempo stesso entrambi tali problemi (Figura 6).

                                                           14
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   Figura 6. Modificazioni nel tempo dell’aderenza e persistenza alla terapia
   antipertensiva rispetto alla situazione ideale (consensus GIC 2018)

                100
                                                                   Caduta di persistenza
                                                                   dovuta a mancata
                80                                                 assunzione di farmaci

                                                                                       Persistenza ottimale
 Pazienti (%)

                60                                                                     Aderenza reale
                                                                                       Aderenza e persistenza
                                                                                       reali
                40        Caduta di aderenza
                          dovuta a errata
                          assunzione di farmaci
                20

                 0
                      0    50         100         150        200        250        300        350

                                                   Tempo (giorni)

   Come garantire compliance e aderenza elevate nella pratica clinica
   Come intuibile, la probabilità di ottenere un livello elevato di compliance e con esso
   un controllo efficace dei fattori di rischio cardiovascolare dipende da una serie inte-
   grata di fattori che contribuiscono al successo della terapia preventiva e riconducibili
   a tre soggetti: il paziente, il medico e le caratteristiche dello schema posologico.
   Sul versante del paziente esistono numerosi elementi in grado di influenzare in
   maniera significativa la compliance alla terapia (Tabella 4) e molti di essi coinvolgono
   aspetti demografici e soggettivi tali da permettere di formulare una sorta di identikit
   del paziente scarsamente compliante.
   In generale l’aderenza e persistenza in trattamento sono ridotte nei pazienti più gio-
   vani, di sesso maschile, con una vita professionalmente attiva e pochi momenti da
   dedicare a sé stessi. Per contro le donne e gli anziani sono più aderenti alla terapia,

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OMNIA three                                  HYPER-tension&cholesterol

 Tabella 4. Fattori che influenzano l’aderenza alla terapia (consensus GIC 2018)
  Demografia (età e sesso)

  Relazione medico-paziente

  “Gratificazione” per aderenza

  Caratteristiche della malattia (sintomi)

  Efficacia della terapia

  Numero di compresse da assumere

  Tollerabilità dei farmaci

  Attitudine personale

 con un’interazione tra età e sesso per cui il livello più alto di aderenza (sempre insuf-
 ficiente) si raggiunge nelle donne anziane. Tra le motivazioni soggettive di una scar-
 sa aderenza va sicuramente annoverata la sottovalutazione del problema clinico, e
 un’indagine sul problema condotta in pazienti ipertesi ha rivelato come oltre il 50%
 sia scarsamente compliante a causa di una sistematica dimenticanza (Figura7).
 Naturalmente altri fattori giocano un ruolo in ambito soggettivo, come la tollerabilità
 delle diverse classi di farmaci e la loro efficacia, la quale condiziona la fiducia che
 il paziente ripone nell’assunzione sistematica della terapia in ambito di prevenzione
 cardiovascolare. A supporto del ruolo fondamentale degli aspetti soggettivi, giova
 ricordare che i pazienti complianti lo sono spesso per natura, e tale caratteristica si
 manifesta anche nei confronti del placebo in assenza di un evidente effetto misura-
 bile in termini terapeutici.
 Sul versante del medico, il problema di maggiore rilevanza è rappresentato dall’in-
 sufficiente capacità di motivazione nei confronti del paziente affinché assuma la te-
 rapia in modo regolare e adeguato. Tale aspetto implica necessariamente quello più
 ampio ed articolato del rapporto medico-paziente che risulta più intenso in presenza
 di patologie caratterizzate da un quadro clinico sintomatico e come tale più coinvol-
 genti sul piano professionale ed emotivo.

                                              16
OMNIA three                                       HYPER-tension&cholesterol

 Figura 7. Motivazioni individuali per la scarsa aderenza alla terapia farmacologica
 antipertensiva (consensus GIC 2018)

                         Mi sono dimenticato                                            55%

 Non ritengo sia necessaria la terapia sempre                    14%

                       Odio prendere farmaci                7%

  Non mi piace essere dipendente dai farmaci                7%

        I farmaci mi danno effetti indesiderati             6%

         Non credo che funzionino realmente        3%

                         Sono troppo costosi      2%

   Non mi piace che mi dicano cosa prendere       1%

           L’attesa in farmacia è troppo lunga    1%

                                          Altre        4%

 Purtroppo lo sviluppo di una cultura della buona compliance nei pazienti che pre-
 sentano fattori di rischio asintomatici è molto difficile, e richiede la volontà e il tempo
 di giustificare l’importanza di tale strategia in modo da convincere il paziente circa
 la qualità di un investimento che, spesso, al momento della prescrizione appare ri-
 dondante viste le condizioni di benessere di fondo (es. ipertensione, dislipidemia,
 ecc.). In questo caso la scelta di una strategia di aggiustamento della terapia sulla
 base delle risultanze dei controlli, l’incoraggiamento del paziente ad una auto mi-
 surazione quando possibile e agevole (es. misurazione domiciliare della pressione
 arteriosa) e soprattutto una costante remunerazione psicologica del paziente quando
 raggiunge risultati apprezzabili con il trattamento sono aspetti di tipo motivazionale
 che rafforzano il rapporto medico-paziente in generale e spingono il soggetto a se-
 guire le prescrizioni. Al medico spetta anche il ruolo di comprendere la tipologia del
 paziente che gli sta di fronte e immaginare quale sia il livello di propensione “innata”
 alla compliance, valutando le abitudini di vita, la propensione a credere nella cura e il
 supporto umano/familiare che lo circonda, e sulla base di questi elementi cercare di
 prescrivere uno schema di terapia che sia efficace, ma non invasivo della vita privata
 e delle abitudini del paziente stesso.

                                                   17
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 Per quanto riguarda le caratteristiche dei farmaci, essi rappresentano certamen-
 te il fattore intorno al quale ruota in maniera più determinante la compliance al tratta-
 mento nell’ambito della prevenzione cardiovascolare. Ai farmaci sono ascrivibili due
 dei principali meccanismi che influenzano l’aderenza/persistenza, che sono l’effica-
 cia e la tollerabilità. Inoltre i farmaci impongono una posologia ideale (spesso basata
 su un numero multiplo di compresse) e proprio questo aspetto ha un’ulteriore relazio-
 ne con la compliance (Figura 8).

 Figura 8. Numero di compresse somministrate e compliance al trattamento antipertensivo
 (consensus GIC 2018)

                      3,0
                            P
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 ipolipemizzante, antidiabetica, antiaggregante e/o anticoagulante). In presenza di
 terapia multifarmaco la compliance appare più spesso ridotta, incompleta, incostante
 e con una ricaduta diseguale nei confronti dei diversi farmaci con un risultato com-
 plessivo che, rispetto all’efficacia terapeutica, può apparire buono per alcuni farmaci
 e assolutamente deficitario per altri Complessivamente l’insieme delle evidenze rela-
 tive ai fattori che influenzano la compliance terapeutica permette di definire una sorta
 di roadmap utilizzabile nella pratica clinica per raggiungere livelli efficaci di aderenza
 e persistenza al trattamento (Tabella 5). I suggerimenti pratici proposti a supporto
 della compliance si applicano in maniera indipendente dal tipo di farmaco sommi-
 nistrato, ma trovano un’applicazione precipua proprio nell’ambito della prevenzione
 cardiovascolare il cui successo dipende in maniera prioritaria dall’assunzione corret-
 ta di farmaci la cui efficacia non può essere disgiunta dalla continuità di trattamento.

 Tabella 5. Strategie per migliorare l’aderenza alla terapia antipertensiva
  Identificare correttamente i pazienti ipertesi

  Promuovere l’informazione corretta nella popolazione circa:
  •   controllo pressorio
  •   modifiche dello stile di vita
  •   importanza dell’aderenza ai farmaci prescritti
  •   uso corretto dei mass media e social network
  Usare farmaci ben tollerati

  Usare farmaci di lunga durata e persistente efficacia

  Promuovere la semplificazione terapeutica

  Incrementare l’interazione medico-paziente

                                                   19
OMNIA three                               HYPER-tension&cholesterol

 Polifarmacoterapia e semplificazione terapeutica
 La costruzione di un’aderenza più salda si basa anche sulle strategie terapeutiche
 che il medico sceglie di seguire. Il numero di pillole e il numero di somministrazioni
 nell’arco della giornata sono fattori determinanti per l’aderenza, che è messa a ri-
 schio da politerapie complesse, con numerose somministrazioni, situazione purtrop-
 po comune a molti pazienti. Si stima che l’aderenza alla terapia sia inversamente
 proporzionale al numero di compresse prescritte.
 Al di là delle terapie per altre patologie coesistenti, la maggior parte dei pazienti
 ipertesi necessita di una terapia di combinazione tra diversi agenti antipertensivi per
 raggiungere un adeguato controllo pressorio: meno del 30% dei pazienti beneficia di
 una monoterapia e circa il 20-30% dei pazienti non raggiunge il controllo pressorio
 nemmeno con l’associazione di due classi di farmaci. Nonostante ciò, in Italia la te-
 rapia di combinazione è notevolmente sottoutilizzata, come appare dalla Tabella 6.
 Questo potrebbe essere in parte attribuito alla difficoltà di imporre al paziente più far-
 maci diversi, spesso con orari di assunzione diversi, aumentando così la complessità
 della terapia da gestire.
 Allo scopo di ridurre la complessità del regime farmacologico, soprattutto nella pre-
 venzione delle malattie cardiovascolari, una valida strategia è costituita dal ricorso
 alle combinazioni di farmaci a dosi fisse in pillola singola (FDC, o polipillola). L’impat-
 to di questa strategia sull’aderenza al trattamento è stata valutata negli studi UMPI-
 RE (Use of a Multidrug Pill in Reducing Cardiovascular Events), IMPACT (Improving
 Adherence Using Combination Therapy), Kanyini GAP (Guidelines Adherence with
 the Polypill) e FOCUS (Fixed Dose Combination Drug for Secondary Cardiovascu-
 lar Prevention), che hanno dimostrato come la polipillola aumenti significativamente
 l’aderenza al trattamento rispetto alla somministrazione dei singoli farmaci separata-
 mente o rispetto alla terapia standard.
 È ragionevole pensare che la polipillola possa rappresentare una risorsa efficace
 nella prevenzione cardiovascolare non solo nei Paesi a basso reddito o con sistemi
 sanitari poco sviluppati, ma anche nei paesi industrializzati in cui la prevenzione
 cardiovascolare ha un alto impatto economico. Devono ovviamente essere superate

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 Tabella 6. Numero di farmaci prescritti in pazienti non controllati a rischio alto e non
 alto, e in base al grado di ipertensione (consensus GIC 2018)

                    Pazienti non ad alto rischio                                Pazienti ad alto rischio
  Numero                                                   Numero
  di farmaci     Grado 1        Grado 2       Grado 3      di farmaci      Grado 1        Grado 2       Grado 3
                  N. e %         N. e %        N. e %                       N. e %         N. e %        N. e %
  0                 4045          1230           243       0                  608            145          32
                  (18,5%)       (20,9%)        (22,2%)                      (8,5%)         (9,6%)       (8,5%)
  1                 8758          2101           342       1                  2306          408            79
                  (40,1%)       (35,6%)        (31,2%)                      (32,4%)       (26,9%)       (21,1%)
  2                 5422          1372           283       2                  1994          440           111
                  (24,8%)       (23,3%)        (25,8%)                       (28%)         (29%)        (29,6%)
  3                 2283          728            134       3                  1145          263            70
                  (10,4%)       (12,3%)        (12,2%)                      (16,1%)       (17,3%)       (18,7%)
  >4                1358           468           95        ≥4                 1070          352            83
                   (6,2%)        (7,9%)        (8,7%)                        (15%)        (23,2%)       (22,1%)
  p < 0,0001 (χ2= 1079, df 4) per il grado 1, p < 0,0001 (χ2= 385.85, df 4) per il grado 2 e p < 0,01
  (χ2= 89,58, df 4) per il grado 3.

 alcune problematiche farmacologico-regolatorie, ad esempio avere la disponibilità di
 formulazioni con dosaggi diversi dei vari componenti in modo da renderla adattabile
 su base individuale e in grado quindi di sostituire i farmaci somministrati contempo-
 raneamente a dosaggi adeguati al singolo paziente.
 La strategia di iniziare il trattamento direttamente con un’associazione di farmaci in
 una singola pillola presenta diversi vantaggi. Essa è senz’altro indicata nei pazienti
 ad alto rischio cardiovascolare o con valori pressori molto elevati, ma può comunque
 essere giustificata dall’ampia percentuale di pazienti che necessitano di una terapia
 di combinazione. Iniziando direttamente con la terapia di associazione, si evita di do-
 ver poi modificare la terapia successivamente, alterando le abitudini acquisite dal pa-
 ziente e mettendo così a rischio l’aderenza alla terapia. Inoltre, la comodità di dover
 prendere una singola pillola invece che due rende il trattamento molto più agevole
 per il paziente, aumentando le possibilità di una buona aderenza.

                                                         21
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 Anche quando si decida di iniziare a trattare il paziente con una monoterapia, le com-
 binazioni a dose fissa si rivelano uno strumento utile qualora si debba introdurre un
 secondo agente farmacologico: sostituendo la monoterapia con una combinazione a
 dose fissa, il paziente potrà mantenere l’abitudine a prendere una sola pillola, senza
 doverne introdurre una seconda. In ogni caso è bene tentare di ridurre il più possibile
 il numero di pillole imposte al paziente, cercando di non andare oltre le 5 pillole al
 giorno. Inoltre, è utile raggruppare il più possibile le somministrazioni nel corso della
 giornata, possibilmente in un unico momento, scegliendo molecole a lunga durata
 d’azione, che garantiscano un’adeguata copertura nelle 24 ore. Soprattutto per i pa-
 zienti anziani, può aiutare il fatto di associare il momento della somministrazione a
 determinate attività quotidiane, che facciano da “promemoria”.
 Oggi sono disponibili anche combinazioni di tre agenti antipertensivi in un’unica pil-
 lola, così come la cosiddetta polipillola, un’associazione di antipertensivi, statina e
 aspirina a bassa dose: si tratta di strumenti di grande utilità nel tentativo di semplifi-
 care il più possibile gli schemi terapeutici imposti ai pazienti, troppo spesso comples-
 si al limite della gestibilità.
 È interessante notare che la proporzione di autosospensione della terapia da parte
 del paziente non è la stessa per ogni classe farmacologica: gli agenti che garantisco-
 no una migliore aderenza sono ACE inibitori, sartani e calcioantagonisti. Inoltre, esi-
 stono differenze anche fra i diversi principi attivi all’interno di una stessa classe. Un
 ruolo importante viene rivestito anche dagli effetti collaterali dei farmaci, che possono
 avere un impatto considerevole sul benessere dei pazienti e indurli a sospendere la
 terapia. Tra i più comuni ci sono la tosse da ACE inibitore, l’edema periferico dato
 dai calcioantagonisti, l’astenia nel caso dei betabloccanti. Tutte le classi di antiper-
 tensivi possono inoltre dare ipotensione, che nell’anziano può portare ad una minore
 aderenza terapeutica, attraverso una complessa dinamica di ipoperfusione cerebra-
 le e problemi cognitivi. È importante non sottovalutare il peso degli effetti collaterali
 dei farmaci nella vita dei pazienti, soprattutto evitando che diventino un motivo per
 autosospendersi la terapia. Allo stesso tempo, bisogna ricordare che ogni modifica
 introdotta in una terapia antipertensiva già in corso pone dei rischi al mantenimento
 dell’aderenza.

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OMNIA three                               HYPER-tension&cholesterol

 Come si combinano le modifiche dello stile di vita con l’utilizzo di polipillole in preven-
 zione cardiovascolare?
 Un rischio reale è che le modifiche dello stile di vita siano percepite come meno
 rilevanti quando al paziente sono prescritti i farmaci, che il paziente ritiene siano in
 grado di avere un’attività di prevenzione sostitutiva invece che sinergica. Una meta-
 nalisi di studi in cui si sperimentavano regimi di polipillole in pazienti ad alto rischio
 cardiovascolare, ha mostrato che l’inclusione nello studio non diminuiva l’aderenza
 ai programmi di allenamento aerobico e ai regimi dietetici consigliati. Ovviamente,
 trattandosi di studi clinici, i pazienti erano seguiti regolarmente dal personale sanita-
 rio.
 A livello di pratica clinica è necessario che i curanti offrano periodiche consulenze
 sullo stile di vita, in particolar modo ai pazienti a più alto rischio e in polifarmacote-
 rapia, per evitare un calo di aderenza ai regimi dietetici e di attività fisica. Inoltre,
 curanti e specialisti dovrebbero essere disposti a rivedere la terapia nel caso in cui
 determinati farmaci (es. betabloccanti a dosi medio-alte) impediscano al paziente lo
 svolgimento di una regolare attività fisica.

      Riassumendo:
      •   L’efficacia e la sicurezza della polifarmacoterapia (intesa come
          l’assunzione di 5 o più farmaci) dipende da un’appropriata prescrizione
          e dal livello di aderenza del paziente al regime terapeutico prescritto
      •   Una scarsa aderenza alla terapia si traduce in un aumentato rischio
          di complicanze e ospedalizzazione, con ripercussioni anche sulla
          sostenibilità economica dei sistemi sanitari
      •   L’uso della polipillola è una valida strategia per ridurre la complessità
          del regime farmacologico

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 Quindi, per una corretta prevenzione cardiovascolare, il trattamento farmacologico
 deve essere accompagnato da periodiche revisioni dei trattamenti prescritti al fine di
 ottimizzare l’aderenza a quelli necessari e ridurre il rischio di interazioni farmacolo-
 giche (con i conseguenti eventi indesiderati che ovviamente impattano sull’adesione
 alle terapie) e dalla continua prescrizione di adeguati stili di vita.
 Conclusioni
 Un’adeguata gestione terapeutica dell’ipertensione arteriosa è in grado non solo di
 ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori ma anche di prevenire/regredire
 danni subclinici agli organi bersaglio dell’ipertensione arteriosa. Le evidenze più re-
 centi supportano l’importanza di iniziare la terapia antipertensiva precocemente nella
 storia del paziente iperteso, prima che il danno d’organo si sviluppi, che il rischio
 cardiovascolare aumenti e che l’ipertensione diventi più resistente al trattamento.
 Solo questa strategia può garantire un efficace abbattimento del rischio cardiovasco-
 lare, che rappresenta il fine ultimo della terapia antipertensiva stessa. Nonostante le
 evidenze fornite dai numerosi trial clinici ed epidemiologici, domande di tipo pratico
 devono ancora essere risolte.
 Per quanto riguarda i pazienti, resta ancora da capire se debbano ricevere terapia
 antipertensiva i pazienti con ipertensione di grado 1 a rischio cardiovascolare basso-
 moderato, i pazienti anziani con una PAS tra 140 e 160 mmHg, i pazienti con iper-
 tensione da camice bianco o quelli con pressione arteriosa nel range normale-alto.
 In relazione ai target del trattamento, sono ancora da definire i valori pressori ottimali
 in presenza di certe condizioni patologiche e quali siano gli obiettivi ottimali da rag-
 giungere per la pressione arteriosa domiciliare ed ambulatoria.
 In futuro, gli studi clinici dovrebbero dunque focalizzarsi su alcuni temi, quali gli obiet-
 tivi ottimali del trattamento, i valori da raggiungere negli ipertesi anziani, la riduzione
 della morbilità e mortalità con i nuovi approcci volti a trattare l’ipertensione resistente
 e il possibile beneficio di trattare individui ad alto rischio con valori pressori normali-
 alti.

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 Take home message

   L’ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio per morbi-mortalità a livello
   globale

   Le modificazioni dello stile di vita e una sana alimentazione contribuiscono a ridurre i valori
   pressori
   La terapia farmacologica deve essere istituita immediatamente nei soggetti con ipertensione
   di grado 2 e 3 e nei pazienti con ipertensione di grado 1 ad alto rischio o che presentano danno
   d’organo
   Le evidenze disponibili dimostrano che la terapia d’associazione è più efficace della
   monoterapia e comporta tassi di aderenza più elevati

 Costruzione di un’alleanza terapeutica
 Bisogna inoltre essere consapevoli che nello svolgersi del rapporto tra medico e
 paziente entrano in gioco molteplici fattori: le aspettative del paziente e la risposta
 del medico, il detto e il non detto tra medico e paziente, i fraintendimenti verbali, la
 disponibilità a ripetere, la rassicurazione del paziente, il favorire l’autonomia del pa-
 ziente nell’ambito della relazione e il valore della chiarificazione del problema “come
 e perché indurre un cambiamento nel paziente”. In ogni forma di comunicazione esi-
 ste una quota non eliminabile di malinteso. Su 100 che si pensa di trasmettere, 80
 viene detto, 50 viene ricevuto, 30 viene capito, 10 viene ricordato, scrivono Miller e
 Rollnick (Figura 9).
 L’ipertensione arteriosa è una condizione prevalentemente asintomatica, cosicché i
 pazienti non possono percepire direttamente il beneficio derivante dalla terapia anti-
 pertensiva. Tra molti pazienti è diffusa l’opinione che, una volta raggiunto l’obiettivo
 di abbassare la pressione la terapia possa essere sospesa, come se si trattasse di
 una condizione acuta, da cui si “guarisce”. Altra opinione diffusa è l’idea che i valori
 elevati di pressione arteriosa dipendano dallo stress, anche quando si tratta invece
 di ipertensione essenziale.
 Queste idee dei pazienti, definite anche frame di malattia, assumono un’importanza
 fondamentale nel caso di patologie croniche come l’ipertensione, poiché l’agire del

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 Figura 9. Curva della comunicazione di Miller e Rollnick (modif da Miller, W. & Rollnick,
 S. Motivational Interviewing: Helping People Change, Guilford Press, 2012)

  100
                                                               Quello che si deve dire
                                                               Quello che si dice
   75
          Quello che il paziente
          comprende
   50
          Quello che il paziente
          ricorda
   25

                                   Quello che il paziente fa
    0

 paziente riguardo alla malattia e all’assunzione della terapia è legato alle sue inter-
 pretazioni e credenze in merito. È fondamentale discutere nello specifico fin da subi-
 to idee e opinioni che possono ostacolare l’aderenza alla terapia.
 Dare spazio alla comunicazione con il paziente non è un “di più” di cortesia, come si
 pensa a volte, ma un’arma potente che il medico ha a disposizione nel suo arsenale
 per raggiungere l’obiettivo ultimo del successo terapeutico: in questo caso, l’abbas-
 samento della pressione arteriosa. Una dimostrazione concreta di tutto ciò viene dai
 risultati dello studio ALLHAT, in cui venivano indagate le differenze a livello di pratica
 clinica tra il gruppo di medici di medicina generale i cui pazienti avevano un miglior
 controllo pressorio e il gruppo di medici con i pazienti più scarsamente controllati:
 è emerso che i due gruppi di medici erano sovrapponibili per nozioni, conoscenza
 delle linee guida, approccio alla diagnosi e al trattamento farmacologico. Ciò che
 li distingueva, invece, era proprio la loro concezione del rapporto tra medico e pa-
 ziente, vissuto in un’ottica patient-centered dal primo gruppo e con un’ottica di tipo
 paternalistico dal secondo. Tra i diversi modelli di comportamento che il medico può

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 assumere in situazioni diverse, in questo caso il migliore è quello deliberativo, in cui
 il medico delinea la situazione clinica e spiega i diversi valori inclusi nelle diverse op-
 zioni, giudica l’importanza dei valori correlati alla salute, aiuta il paziente a scegliere
 tra le diverse opzioni indicando la scelta migliore.
 Il medico deve negoziare un piano con il paziente, cercando di verificare non solo
 che il paziente abbia capito, ma anche quanto siano accettabili e praticabili per lui
 le prescrizioni ed i consigli. L’autonomia e il coinvolgimento in prima persona del pa-
 ziente sono fondamentali, sia per intrecciare una relazione fatta di fiducia e di stima
 reciproca, sia per migliorare l’aderenza alla terapia e a un corretto stile di vita, attra-
 verso la responsabilizzazione del paziente.
 Perché ci sia autonomia, il paziente deve essere messo nella condizione di poter
 comprendere i diversi valori correlati con le diverse opzioni mediche ed il proprio
 ruolo nel processo di prevenzione e cura.
 Al termine del colloquio il medico dovrebbe consegnare al paziente informazioni e
 istruzioni scritte, oltre a un prospetto della terapia, comprensivo di tutti i farmaci che
 il paziente dovrà prendere. È utile quindi dotarsi di documenti in formato digitale da
 stampare e consegnare al paziente. Inoltre, è importante non trascurare la necessità
 di delucidazioni, sollecitando quello che, in alcuni casi, il paziente non osa chiedere
 perché gli sembra banale o superfluo.

 L’inerzia terapeutica
 Il termine “inerzia terapeutica” è stato coniato da Phillips et al. nel 2001 per definire
 la mancata introduzione o il mancato adeguamento della terapia nonostante il rico-
 noscimento di un insuccesso terapeutico.
 L’inerzia terapeutica è ampiamente riconosciuta come una delle cause principali del-
 la gestione subottimale delle patologie croniche, sebbene il suo impatto reale resti
 imprecisato. Secondo una stima, il peso complessivo dell’inerzia terapeutica relativa
 a ipertensione, diabete e dislipidemie inciderebbe su circa l’80% dei casi di infarto
 miocardico e ictus.

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      I seguenti punti devono imprescindibilmente essere discussi al
      momento dell’introduzione della terapia antipertensiva:
      1. perché è utile ridurre i livelli di pressione arteriosa
      2. quali sono i target pressori da raggiungere
      3. l’importanza di associare alla terapia farmacologica uno stile di vita
         sano
      4. quando e come assumere i farmaci
      5. perché è necessario che i farmaci vengano assunti con regolarità
      6. far presente la risposta individuale alla terapia e la possibilità di
         modifiche future
      7. quali possibili reazioni avverse potrebbero verificarsi e come reagire
      8. discutere problemi relativi a farmaci equivalenti e questioni economiche
      9. fissare la prossima visita in ambulatorio
      10. come controllare la pressione prima della prossima visita

 È proprio sulle condizioni croniche asintomatiche che l’inerzia terapeutica incide di
 più, laddove le decisioni sugli interventi terapeutici sono prese sulla base delle evi-
 denze derivanti da studi clinici e delle linee guida, piuttosto che sulla base dei sintomi
 o del benessere soggettivo del paziente. Per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa,
 il fenomeno di inerzia terapeutica nella medicina generale italiana comporta diverse
 criticità principali (Tabella 7).
 Per rimuovere molte delle cause che contribuiscono all’inerzia terapeutica sarebbero
 necessari cambiamenti a più livelli nella filiera informativa che porta dai risultati di
 nuovi studi alle novità nella pratica clinica quotidiana. Tuttavia, esistono anche diver-
 se azioni che il Medico di Medicina Generale può intraprendere, allo scopo di limitare
 il problema.

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 Tabella 7. Principali criticità dovute all’inerzia terapeutica nella gestione
 dell’ipertensione arteriosa nella medicina generale in Italia (Filippi, A. Inerzia
 terapeutica: cosa può fare il medico di medicina generale. Riv. della Soc. Ital. di Med.
 Gen. 6, 31–34; 2011)

  Mancato aumento del numero di agenti antipertensivi

  Mancata sostituzione di agenti antipertensivi non efficaci

  Mancato utilizzo di intere classi farmacologiche quando sarebbero indicate

  Scarso impiego delle combinazioni precostituite o in pillola singola

  Scarso utilizzo della misurazione della pressione arteriosa domiciliare e dinamica nelle 24 ore

  Mancato coinvolgimento attivo del paziente

 Innanzitutto è importante acquisire consapevolezza del fenomeno, impegnandosi a
 limitarlo per la misura possibile entro il proprio ruolo. Spesso il medico non interviene
 con modifiche alla terapia dei pazienti in scarso controllo pressorio perché non si ren-
 de conto del problema. In generale, infatti, i MMG tendono a sovrastimare l’aderenza
 alla terapia dei loro pazienti. In questo il computer può rivelarsi di grande aiuto, attra-
 verso software che segnalino al medico i pazienti con un controllo pressorio subotti-
 male. Oltre a implementare tali sistemi, il medico dovrebbe prendersi dei momenti di
 verifica del proprio operato, rivedendo la situazione dei pazienti grazie anche a report
 automatici generati dal software.
 Una volta identificato il problema, esso va gestito in condizioni adeguate. Visitare
 per appuntamento dà la possibilità di programmare la durata delle visite in base alle
 necessità dei pazienti, prendendosi un tempo maggiore quando sia necessario di-
 scutere l’introduzione o la modifica di una terapia. Inoltre la collaborazione con altre
 figure professionali è una risorsa estremamente preziosa, siano essi collaboratori
 presenti in studio cui delegare la verifica dell’aderenza alla terapia e ai controlli, siano
 i farmacisti territoriali, che contribuiscano nell’istruire i pazienti all’automisurazione
 domiciliare e mettano a disposizione misuratori automatici.

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 Infine, ogni contatto con i pazienti va sfruttato - anche quelli indiretti per il rinnovo del-
 le ricette - al fine di verificare e rinsaldare l’aderenza e il coinvolgimento dei pazienti.
 Per esempio, può rivelarsi semplice ed efficace la strategia di unire alle ricette dei
 promemoria per il paziente, qualora sia necessario eseguire un controllo della pres-
 sione. Per quanto possa essere difficile, anche i pazienti meno collaboranti vanno
 sempre “rincorsi”, cercando di migliorarne il coinvolgimento.
 I medici tendono a sovrastimare l’efficacia della propria pratica clinica e a sovrasti-
 mare la responsabilità diretta dei pazienti nei fallimenti terapeutici. Bisogna invece
 considerare che spesso i pazienti con scarsa aderenza sono proprio quelli con meno
 strumenti culturali per affrontare la malattia, che si dimostrano meno esigenti verso il
 medico e subiscono quindi in grado maggiore le conseguenze dell’inerzia terapeuti-
 ca: origine etnica, condizione economica e genere rischierebbero così di influenzare
 la qualità dell’assistenza sanitaria e il controllo dell’ipertensione.
 Un elenco degli interventi associati a un miglioramento dell’aderenza del paziente al
 trattamento è fornito dalle Linee Guida ESC-ESH 2018 nella Tabella 8.

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 Tabella 8. Interventi che possono migliorare l’aderenza ai farmaci nell’ipertensione
 (linee guida ESH/ESC 2018)

  A livello del Medico
  Fornire informazioni sui rischi dell’ipertensione e i benefici del trattamento, concordare
  una strategia di trattamento per raggiungere e mantenere il controllo pressorio utilizzando
  misure di stile di vita e una strategia di trattamento basata su una single-pill quando possibile
  (materiale informativo, apprendimento programmato e counseling con l’aiuto del computer)
  Empowerment del paziente
  Feedback sui miglioramenti comportamentali e clinici
  Valutazione e risoluzione delle barriere individuali all'aderenza
  Collaborazione con altri operatori sanitari, soprattutto infermieri e farmacisti
  A livello del Paziente
  Automonitoraggio della PA (incluso telemonitoring)
  Sessioni di gruppo
  Istruzione combinata con strategie motivazionali
  Autogestione con sistemi semplici guidati dal paziente
  Uso di promemoria
  Ottenere il supporto familiare, sociale o di un caregiver
  Farmaci a disposizione sul posto di lavoro
  A livello dei Farmaci
  Semplificazione del regime favorendo l'uso di SPC
  Confezionamento di tipo 'promemoria'
  A livello del Sistema Sanitario
  Supportare lo sviluppo di sistemi di monitoraggio (follow-up telefonico, visite domiciliari, e
  telemonitoring della PA)
  Supporto finanziario alla collaborazione tra operatori sanitari (ad es. farmacisti e infermieri)
  Rimborso delle SPC
  Sviluppo di database nazionali, comprendenti i dati delle prescrizioni, disponibili per medici e
  farmacisti
  Accessibilità ai farmaci
  SPC = single-pill combination, combinazione in una singola pillola

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 Strategie terapeutiche e di counseling per la corretta gestione
 del paziente con ipercolesterolemia

 Approccio lifetime al rischio cardiovascolare
 Secondo le Linee Guida ESC/EAS 2016 per il trattamento delle dislipidemie,
 la malattia cardiovascolare (CVD) è responsabile della morte di più di 4 milioni di
 persone all’anno in Europa, con una percentuale maggiore tra le donne [2,2 milioni
 (55%)] rispetto agli uomini [1,8 milioni (45%)], anche se i decessi per cause car-
 diovascolari prima dei 65 anni di età sono più frequenti negli uomini (490.000 vs.
 193.000).
 La CVD rimane una delle cause principali di morbilità e mortalità, nonostante il mi-
 glioramento degli esiti. Un numero maggiore di pazienti sopravvive al primo evento
 cardiovascolare e questi pazienti sono ad alto rischio di ricorrenze. Inoltre sta au-
 mentando la prevalenza di alcuni fattori di rischio, in particolare il diabete e l’obe-
 sità.
 La prevenzione è definita come una serie di azioni coordinate, a livello di popola-
 zione o mirate ad un singolo individuo, tese a sradicare, eliminare o minimizzare
 l’impatto delle malattie cardiovascolari e della disabilità che ne consegue.
 L’importanza della prevenzione della CVD resta indiscussa e dovrebbe essere ef-
 fettuata a diversi livelli: (i) nella popolazione generale, attraverso la promozione
 di uno stile di vita sano e (ii) a livello individuale, nei soggetti a rischio moderato
 di CVD o pazienti con CVD stabilita, contrastando stili di vita non sani (ad es. ali-
 mentazione di scarsa qualità, inattività fisica, fumo) e riducendo livelli aumentati di
 fattori di rischio cardiovascolare, come l’iperlipidemia o l’ipertensione arteriosa.
 La prevenzione è efficace nel ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari: l’eli-
 minazione di comportamenti rischiosi per la salute renderebbe possibile prevenire
 almeno l’80% dei casi di CVD e persino il 40% dei tumori, fornendo così un valore
 aggiunto per altre malattie croniche.
 Va considerato un approccio lifetime al rischio cardiovascolare. Ciò significa che,

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 oltre che a migliorare le abitudini e a ridurre i livelli dei fattori di rischio nei pazienti
 con CVD nota e in individui con un rischio aumentato di sviluppare CVD, si devono
 incoraggiare i soggetti sani di ogni età ad adottare o mantenere uno stile di vita
 sano. Gli operatori sanitari svolgono un ruolo importante per il perseguimento di
 questo obiettivo nella pratica clinica.

 Obiettivi di trattamento
 La Task Force ESC/EAS ha ritenuto appropriato considerare la totalità delle evi-
 denze che mettono in relazione i livelli della colesterolemia LDL ed il rischio di
 venti cardiovascolari; una considerazione particolare è stata data ai risultati delle
 revisioni sistematiche, che hanno confermato la riduzione dose-dipendente della
 CVD con l’abbassamento dei livelli di LDL-C; a una maggiore riduzione dei livelli di
 LDL-C corrisponde una maggiore riduzione del rischio CV.
 I benefici collegati alla riduzione di LDL-C non sono specifici della terapia con le
 statine. Non è stato definito un livello di LDL-C al di sotto del quale il beneficio
 cessa o si verifica un danno. Esiste una considerevole variabilità individuale nella
 risposta di LDL-C ai trattamenti dietetici e farmacologici che vengono tradizional-
 mente attuati a supporto di un approccio di gestione personalizzato.
 La riduzione del rischio CV globale dovrebbe essere individualizzata, e perché ciò
 avvenga è necessario fissare degli obiettivi. Utilizzare degli obiettivi può anche
 essere d’aiuto per la comunicazione medico-paziente. Si ritiene probabile che un
 approccio basato sugli obiettivi possa facilitare l’aderenza al trattamento, ma que-
 sto consenso non è ancora stato testato appieno.
 Per tutti questi motivi, la Task Force europea ritiene che nella gestione dei lipidi
 debbano essere definiti un approccio per obiettivi e gli obiettivi di trattamento, per-
 sonalizzati sul livello di rischio CV globale. Esiste anche evidenza che suggerisce
 che la riduzione dei livelli di LDL-C oltre gli obiettivi fissati nelle precedenti linee
 guida EAS/ESC sia associato ad un numero minore di eventi di CVD. Dunque
 sembra opportuno ridurre il più possibile il livello di LDL-C, almeno in pazienti con
 rischio CV molto alto.

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 L’approccio mirato alla gestione dei lipidi è volto principalmente alla riduzione dei
 livelli di LDL-C (Tabella 9). I medici dovrebbero basarsi sul proprio giudizio clinico
 nel prendere in considerazione un’intensificazione del trattamento per pazienti a
 rischio CV globale alto o molto alto.

 Tabella 9. Raccomandazioni per gli obiettivi di trattamento per il colesterolo LDL
 (linee guida ESC/EAS 2016)

  Raccomandazione                                                              Classea Livellob

  In pazienti con rischio CV MOLTO ALTO è raccomandato un obiettivo di            I       B
  LDL-C
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 forse nel contribuire alla prevenzione della CVD. Queste diete sono caratterizzate
 da un alto consumo di frutta, verdura e prodotti a base di cereali integrali; consumo
 frequente di legumi, noci, pesce, pollame e prodotti caseari a basso contenuto di
 grassi, nonché da un consumo limitato di dolci, bevande zuccherate e carni ros-
 se. L’influenza del cambiamento dello stile di vita e degli alimenti funzionali sulle
 lipoproteine è valutata e riassunta nella Tabella 10; in questa tabella la dimensione
 degli effetti e il livello di evidenza si riferiscono all’impatto delle modificazioni diete-
 tiche sulle specifiche classi di lipoproteine e non agli endpoint di CVD.

 Influenza dello stile di vita sui livelli di colesterolo totale e colesterolo LDL
 Gli acidi grassi saturi (SFA) sono il fattore alimentare con il maggiore impatto sui
 livelli di LDL-C (0,02-0,04 mmol/L o 0,8-1,6 mg/dL di aumento di LDL-C per ogni 1%
 di energia in più derivante da grassi saturi). L’acido stearico, al contrario di altri SFA
 (laurico, miristico e palmitico), non aumenta i livelli di TC. Gli acidi grassi insaturi
 trans sono contenuti in quantità limitate (in genere 3 g/die), l’effetto sui livelli di LDL-C è neutro o
 di leggero aumento [soprattutto con l’acido docosaesaenoico (DHA)] con una con-
 comitante diminuzione dei TG.

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