Nuove atmosfere Stagione sinfonica 2018-2019 - Filarmonica Arturo Toscanini Stefan Anton Reck direttore - Filarmonica Toscanini

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Nuove atmosfere Stagione sinfonica 2018-2019 - Filarmonica Arturo Toscanini Stefan Anton Reck direttore - Filarmonica Toscanini
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atmosfere              Venerdì 7 dicembre 2018 ore 20.30

Stagione
sinfonica
2018-2019              Filarmonica Arturo Toscanini
Tredicesima edizione   Stefan Anton Reck direttore
Nuove atmosfere Stagione sinfonica 2018-2019 - Filarmonica Arturo Toscanini Stefan Anton Reck direttore - Filarmonica Toscanini
Provincia di Parma

Partner Istituzionale della Fondazione Arturo Toscanini     Partner Istituzionale della Filarmonica Arturo Toscanini

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Gustav Mahler
(1860-1911)

Sinfonia n. 6 in la minore “Tragica” (79’)
Allegro energico, ma non troppo. Heftig, aber Markig
Scherzo. Wuchtig – (Trio) Altväterisch. Grazioso
Andante moderato
Finale. Allegro moderato – Allegro energico

Filarmonica Arturo Toscanini
Stefan Anton Reck direttore
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La Sesta Sinfonia di Mahler

Sempre più eroso, dal fluire stesso della vita, appare lo schermo di “inattuali-
tà” che lo stesso Mahler aveva posto davanti alla sua musica: oggi, infatti, ap-
pare forzato l’insistere sul ruolo di Mahler come quello del “grande inattuale”,
in contrasto con quello del “grande attuale” – der grosse Zeitgemässe – come
Mahler definiva il suo più diretto competitore, Richard Strauss: se mai le due
definizioni rischiano addirittura di capovolgersi. Per dire come meno remota
e quindi meno fatalistica appaia l’aspettativa di quel “mio tempo verrà” pre-
conizzata dallo stesso musicista; per offrirci il senso di rispondenza proprio
attraverso l’ascolto della Sesta Sinfonia, un’opera che per lungo tempo è stata
considerata “difficile”, per la sua struttura così apparentemente sperequata
ma soprattutto per quel colore cupo che la domina, segno visibile del pessimi-
smo distillatovi da Mahler, il quale non a caso chiamava questa sua Sinfonia
“la tragica”. Ed è altrettanto significativo che tale difficoltà cambiasse subi-
to di segno nella percezione dei giovani musicisti della “scuola di Vienna”:
di Schönberg innanzitutto il quale sottolineava, già nel 1912, “il rigore e la
ferrea struttura formale della Sesta, in cui non c’è una nota in più e dove
il dispiegamento di mezzi appare essenziale” e pure di Alban Berg il quale,
preso com’era dai fantasmi dell’universo mahleriano, parlava in una lettera a
Webern di “l’unica Sesta, nonostante la Pastorale”.
Mahler inizia a comporre la Sesta durante l’estate del 1903 – “compositore
estivo” si definiva Mahler, preso negli altri mesi dell’anno dagli impegni della
guida dell’Opera di Vienna dove era divenuto l’autorevole e autoritario capo
- un periodo sereno questo trascorso nelle vacanze a Meiernigg che contra-
sta con lo sforzo, proseguito nell’estate seguente, richiesto da quella che sarà
la più tragica delle sue opere. Dopo la prima esecuzione a Essen nel 1906
Mahler stese altre due versioni, sospinto da dubbi e incertezze, in particolare
riguardanti l’ordine dei due movimenti centrali, lo Scherzo e l’Andante, la cui
sequenza invertì per poi riportarla alla versione originaria.
Rispetto alle precedenti Sinfonie la Sesta sembra ad un primo sguardo un
ritorno alla tradizione della sinfonia classica, con i rituali quattro movimenti,
ma non appena si approfondisca lo sguardo ci si accorge di quali abissi si
aprano dietro questo apparente ritorno all’ordine; sensazione che Mahler ave-
va previsto dichiarando al suo primo biografo, Richard Specht, che “la mia
Sesta proporrà enigmi la soluzione dei quali potrà essere tentata solo da una
generazione che abbia fatto proprie e assimilato le mie prime cinque Sinfo-
nie”. Problematiche che trovano evidenza già guardando le proporzioni che
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si stabiliscono tra i due movimenti estremi, estesissimi, soprattutto l’ultimo,
nella loro funzione “ideologica” e i due movimenti centrali che sono dei veri
e propri intermezzi; e tuttavia si può cogliere nel disegno generale dell’ope-
ra l’importanza di tale organizzazione simmetrica che sembra contrapporre
all’ascesa del primo movimento il crollo pessimistico dell’ultimo. E proprio
tale coincidere delle ragioni formali con le fortissime tensioni soggettive che
Mahler affidava alla musica è senza dubbio uno degli aspetti più impres-
sionanti svelati dalla Sesta, il tratto che fa dell’opera mahleriana una fibra
nuova quanto necessaria della cultura moderna, per l’immanenza di questa
negatività che apre una prospettiva inattesa alla funzione epica della sinfonia,
per nulla confondibile, come ha osservato Adorno, con gli entusiasmi dei pro-
grammi berlioziani e lisztiani. “Musica a programma” anch’essa, se vogliamo,
quella di Mahler, a patto che del programma si assuma una nozione asso-
lutamente interiore. Benché non si conosca, come per le prime tre Sinfonie,
un tracciato programmatico, concorrono certamente alla genesi della Sesta
elementi direttamente autobiografici, come ci suggerisce la stessa moglie del
compositore, Alma – le cui memorie sono frutto sovente di improprie amplifi-
cazioni – sarebbe stata addirittura ritratta nel primo movimento, in quell’Al-
ma-Thema che funge da secondo elemento motivico e che con il suo slancio
sentimentale, addirittura sguaiato tanto è inatteso, sembra voler esorcizzare la
cupezza dell’inizio, un sinistro passo di marcia riassunto poi in quell’incom-
bente accordo, una triade maggiore smorzantesi dolorosamente in minore che
costituisce come il “motto”, l’emblema dell’intera Sinfonia. Sintomo anche
dell’unità che Mahler cerca di realizzare in questa Sinfonia attraverso una se-
rie di interrelazioni cicliche che trapassano tra i vari movimenti; anche questo
se vogliamo un omaggio all’economia del “classicismo viennese” del “molto
con poco”. Si spezza poi al centro di questa ampia narrazione la tensione in
una di quelle visioni che Mahler rivive come attraverso un velo ipnotico: ep-
pure con una nitidezza tangibile nel rievocare le amate vallate alpestri, con
quel suono dei campanacci – “gli ultimi suoni terreni che penetrano nella
remota solitudine dei picchi montanari” – che irrompe dolcissimo e stranito
come un allucinante trompe-l’oeil. Sono questi i termini di un contrasto che si
alternano nei due movimenti intermedi, tra quella specie di “danza dei mor-
ti”, sul ritmo zoppicante, che si accende nello Scherzo, interrotto dai richia-
mi danzanti e rusticali del Trio e la malinconia pastorale dell’Andante che,
come l’Adagietto della Quinta Sinfonia offre all’ascoltatore una pacificante
oasi illusoria smentita dal grande Finale – il più ampio, ad eccezione di quello
dell’Ottava – composto da Mahler, grandiosa rappresentazione dell’“eroe su
cui cadono i tre colpi del destino, l’ultimo dei quali lo stronca come un albero
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che viene divelto”; e come lo strazio lontano delle lancinanti memorie alpestri
si materializza nel suono dei campanacci, così anche questo tragico richiamo
prende corpo attraverso la presenza nel gremito organico orchestrale anche
del maglio, visualizzazione sonora anche tanto impressionante quanto simbo-
lica (ma nella revisione del 1907 Mahler eliminerà l’ultimo colpo, quello che
abbatte l’eroe). I colpi di maglio sono in effetti il momento di rottura di quella
lotta, ma non più in senso beethoveniano, sempre trionfante, che la complessa
struttura sonatistica di questo smisurato finale incarna fino allo spasmo, inu-
tile spasmo, perché, commenterà Bruno Walter, famulus prezioso di Mahler,
“l’opera si chiude nella disperazione e nella buia notte dell’animo. Non placet
è il suo verdetto su questo mondo; all’«altro mondo» non si guarda neppure
di sfuggita, per un solo istante”. Più crudamente Adorno postillava “tutto è
male quel che finisce male”. Non a caso la Sesta è l’unica Sinfonia di Mahler
che finisce in minore. Un pessimismo da cui Mahler si libererà aprendo altri
orizzonti, quelli grandiosamente affrescati dell’Ottava, la “sinfonia dei mille”,
per perdersi nell’illusione di una sognante bellezza con Das Lied von der Erde
e la sfinita dolcezza della Nona.

                                                            Gian Paolo Minardi
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INTORNO AL CONCERTO
Studenti universitari e neolaureati propongono alcuni elementi di ambito
letterario che gravitano “intorno al concerto”.
In collaborazione con
UNIMORE Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia-Dipartimento
di Studi Linguistici e Culturali
Università degli Studi di Parma-Dipartimento di Discipline Umanistiche,
Sociali e delle Imprese Culturali

Tra luci e ombre
Le opere e sinfonie del compositore austriaco Gustav Mahler sembrano tut-
te affacciarsi al mondo della letteratura, a cui si avvicinano in modi diffe-
renti. Se nei Lieder di Mahler la musica trova il confortevole appoggio delle
parole e dei versi, rivelando direttamente i sentimenti e le emozioni espressi
dalle note, la Sinfonia n. 6 in la minore “Tragica” si rifà, invece, alla genu-
ina strumentalità. In una tale rinuncia al testo, la sinfonia convoglia nella
sola musica ogni tipo di riferimento letterario, sia esso un simbolo o un
semplice stato d’animo, offrendosi al pubblico sotto forma di un particolare
ritmo o timbro musicale. Pertanto, non si tratta di cercare assiduamente
nella musica un significato letterario, bensì di ribadire le tematiche di cui è
impregnato il discorso musicale stesso.
Come spesso accade, le produzioni musicali possono essere il riflesso di
eventi o sentimenti che appartengono alla vita dei compositori. In base a
quanto riportato dalla moglie di Mahler, Alma, il brano in questione sem-
bra rispecchiare, infatti, con tonalità vivaci e spensierate l’amore per la
propria consorte e l’affetto per le proprie bambine. Il “tema di Alma”, che
trasforma dunque i tratti caratteriali della donna in un’acuta melodia, è
spinto da un impeto passionale del tutto romantico, contornato da un pae-
saggio bucolico e alpestre. In un tale quadro, affrescato da Mahler con una
travolgente musicalità, si inserisce l’immagine gioiosa delle due bambine
che giocano libere circondate dalle alture montane. Tuttavia, l’atmosfera
pacata e serena viene improvvisamente pervasa da un ritmo contrastante,
ambasciatore di oscuri presagi. La sinfonia sembra voler mostrare così il
suo volto più recondito e sinistro, quasi a voler denunciare la sua stessa
natura, proprio come il personaggio di Dr. Jekyll e Mr. Hyde nel celebre
romanzo dello scrittore scozzese Robert Luis Stevenson (1850-1894). Il
racconto sottolinea appunto la duplice inclinazione umana che si manifesta
in tutta la sua bontà e rispettabilità nella figura del dottor Jekyll, ma il cui
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lato malvagio e spregevole viene incarnato dal signor Hyde. Sebbene nella
sinfonia, come anche nel personaggio di Jekyll, si celino alcuni segni pre-
monitori dell’incombente tragicità, questi sono tenuti nascosti e repressi in
un’ottica del tutto freudiana, con il fine di non turbare l’immagine idilliaca
e utopica.
Eppure, sembra inevitabile cadere in uno stato di trepidante attesa. Nel
pieno stile macabro e grottesco di Edgar Allan Poe (1809-1849), comin-
cia a respirarsi “un’aria di melanconia crudele, profonda, incurabile, [che]
spaziava su tutto”, citando le esatte parole dello scrittore statunitense. Pare,
infatti, che Mahler abbia ripreso le poesie Kindertodtenlieder che il poeta
tedesco Friedrich Rückert (1788-1866) scrisse in occasione della morte dei
propri figli Ernst e Luise, accentuando quindi ulteriormente i toni strug-
genti della sinfonia e conformandoli al messaggio della stessa. In linea con
i presentimenti espressi dal brano, presto la fatalità colpisce realmente la
vita del compositore con la triste scomparsa della figlia Maria Anna ancora
in tenera età. Così, l’opera di Mahler, espressione di un dramma personale
e intimo, assume la forma di una profezia inarrestabile e funesta.
Ad ogni modo, la contrapposizione di luci e ombre riesce a trovare un
giusto, seppur fragile, equilibrio. In termini freudiani, la melodia evoca
la sferzante lotta tra Eros e Thanatos, rispettivamente “pulsione di vita”
e “pulsione di morte”: entrambi insiti all’essere umano, il desiderio rag-
giante e pulsante di vivere si trova, dunque, a dover fronteggiare una for-
za distruttrice ed estremamente aggressiva. Nella sinfonia, l’energia vitale
dell’Eros può essere identificata nel ‘tema di Alma’, mentre il sopravvento
del Thanatos si intravede nello stato di inquietudine e malinconia dettato
dalla natura timbrica del brano, soprattutto verso il suo finale. Pertanto, il
magma incandescente fatto di passioni e tormenti, esaltazioni e avvilimen-
ti, può solidificarsi solo grazie ad una volontà riconciliatrice, una “forza che
scuote, attira, distrugge e ricostruisce”, come l’Eterno Femminino (Ewig-
weibliche) del Faust di Wolfgang Goethe. Pur rappresentando sia la nascita
che la morte, tale archetipo dalle sembianze femminili permette all’uomo
di elevarsi e sottrarsi all’ineluttabilità del destino, i cui colpi di martello
finali sembrano, oramai, del tutto vani.

                                                             Cristoforo Imbesi
TOSCANINI LASCIA IL SEGNO
Con il linguaggio immediato e diretto dell’illustrazione, studenti di Licei ar-
tistici e Accademia di Belle Arti, artisti emergenti e già affermati raccontano
il ‘loro’ Arturo Toscanini.

                                                          Ti adoro e ti amo,
                                                        come si adora e si ama
                                                            una bell’opera
                                                               d’arte...

                            TOSCANINI POP
               Irene Porcedda (Liceo artistico Toschi – Parma)
prendemmo in fretta un caffè,
                                          salimmo le scale col timore improvviso
                                     di non essere nemmeno presentabili.
                                Ieri sera mi sono arrabbiato moltissimo
                          coll’orchestra - ho gridato quindi come un ossesso
                         Secondo lui Toscanini non avrebbe nemmeno risposto.
                   Non fu già perchè io abbia voluto trasgredire i di lei
                 ordini ch’io la commisi, ma bensì per non aver riflettuto
              troppo a cio ch’io operava, e per essermi lasciato vincere da un
             momento di collera. La sua voce calda e leggera disciplinava l’emozione
          che mi aveva preso, la sentivo cordiale, affettuosa risalire dalle pause precise, un suono
                            Non posso perdonarmi di essere partito senza aver
         persuasivo, familiare.
      fatto prima una visita al cimitero! La partenza poi così affrettata senza
  aver potuto rimanere un istante con voi in calma mi ha avvelenato il viaggio che mi
 sembrò eterno...Ma come fare? Io ho voglia di lavorare... in Italia non posso...
Dunque vedi che il tuo vecchio genitore si è messo a lavoro con entusiasmo...La “sua” Scala,
 una rovina dopo il castigo della guerra e rifatta bella per volontà d’amore. Perciò era tornato, per
  ringagliardire sè e per rifare splendida, con la Scala, l’orchestra della Scala.                     Le notizie
     della resa delle forze armate italiane è giunta così repentinamente che i miei
     pensieri sono come onde in un mare tempestoso. Capirono che un signore con
      bacchetta s’era arrampicato sul podio e che di li a poco sarebbe cominciata la musica
         chissà che musica, staremo a vedere.Non so come faccio lavorare il cervello
             nella musica forse è tanta l’abitudine in me di dirigere note che lo faccio
                     inconsciamente, e inconsciamente il pubblico è tanto abituato a credermi bravo che
                       continua nel suo errore! Il signore con bacchetta seguitava l’immensa fatica
                      dei rattoppi, degli innesti, degli impasti, delle tempere. E zittì gli archi, e fece tacere
                       i legni e tracciò nell’aria, con i pollici enormi, un geroglifico incantato che
                          pareva l’arcobaleno, ed era un passaggio delle arpe. Disse: “No, miei cari,
                            no. Bisogna cantare, cantare, cantare, non suonare. Cantare sempre e
                              sostenere ogni nota nel cuore, e nutrire ogni nota col cuore. Questo è
                                 importantissimo...” . Anche sta sera la Bhoème ebbe il
                                    solito successo - C’era assai più gente della seconda
                                       sera. Egli si trasformava ogni volta in autore-interprete,
                  Po

                                            vale a dire cercava di tramutarsi via via in Mozart,
                          hè                     in Beethoven, in Verdi, in Wagner, in Debussy o in Strauss.
                      ic

                                                         Sta notte ho fatto tantissimi sogni, ho
                               To                             continuato sognare tutta notte che
                                                                 nuotavo in mare, io che non so stare
                                  s   can                             a galla un secondo, e che
                                                                                   nuotavo splendidamente.
                                              ini
                                                         era
                                                                     c o sì.

                 “POICHÉ TOSCANINI ERA COSÌ...”
                Laura Viglioli (Liceo artistico Toschi – Parma)
“NON È LA NOTTE PIÙ BELLA DEL GIORNO CHE
          APPARTIENE A TUTTI?”
      Asia Canali (Liceo artistico Toschi – Parma)
STEFAN ANTON RECK
Stefan Anton Reck, direttore d’orchestra e pittore, è nato a Baden-Baden nel
1960. Dopo essersi diplomato presso il Liceo Classico “Richard Wagner” di
Baden-Baden, prosegue i suoi studi a Friburgo, alla Hochschule für Musik e
all’Universität Freiburg, dove parallelamente allo studio del pianoforte, studia
Filosofia e Storia dell’Arte. Trasferitosi a Berlino prosegue i suoi studi laurean-
dosi presso la Hochschule der Künste nel 1986. Intanto nel 1985 vince in Italia
il primo Concorso Internazionale di Direzione d’Orchestra “Arturo Toscanini”
e in seguito il Primo Premio al Concorso Internazionale “Gino Marinuzzi”. Nel
1987 e nel 1990 riceve una borsa di studio dal Tanglewood Music Festival per
seguire i corsi di Seiji Ozawa e Leonard Bernstein. I continui viaggi, intanto, gli
permettono di visitare numerose mostre e i più importanti musei d’arte contem-
poranea e, questo, sarà fondamentale per la sua formazione artistica, consenten-
dogli di effettuare una propria indagine pittorica e sviluppare una propria cifra
stilistica. Dal 1997 al 2000 è stato l’assistente di Claudio Abbado, iniziando la
collaborazione con la produzione di Wozzeck al Festival di Salisburgo. Per Pier-
re Boulez ha preparato la Gustav Mahler Jugendorchester per La Sagra della
Primavera di Stravinskij, Notations di Boulez e Il castello del principe Barbablù
di Bartók (tournée estiva 1997 e 1998). Nel 1998 ha cominciato la produzione
del ciclo Der Ring des Nibelungen di Richard Wagner presso il Teatro Verdi di
Trieste. Dal 1999 al 2003 è direttore musicale al Teatro Massimo di Palermo.
Nel 1999 ha diretto a Ferrara la Mahler Chamber Orchestra in Falstaff di Verdi
nella produzione di Claudio Abbado; nel corso della tournée estiva della Gustav
Mahler Jugendorchester sotto la direzione artistica di Claudio Abbado, Reck
ha diretto una replica della VII Sinfonia di Mahler all’Havana. Nel settembre
1999 ha aperto la stagione concertistica del Teatro Massimo di Palermo con la
VI Sinfonia di Gustav Mahler. Sempre al Teatro Massimo ha diretto, nel marzo
2000, Die Erwartung di Arnold Schönberg con Anja Silja e La voix humaine
di Francis Poulenc con Raina Kabaivanska, incisi in cd dal vivo per le Edizioni
Avidi Lumi/Teatro Massimo e pubblicati con una copertina disegnata da Marco
Lodola. Nel 2000 ha diretto la Gustav Mahler Jugendorchester nel corso delle
“Internationale Musikfestwochen Luzern” e anche la tournée estiva europea
annuale con musiche di Šostakovič, Mahler, Scriabin e Bartók.
Nel gennaio 2001 Reck ha inaugurato la stagione del Teatro Massimo di Pa-
lermo con una nuova produzione di Lulu di Alban Berg, poi pubblicata come
incisione dal vivo da OehmsClassics. Per Arte Nova Classics ha inciso un pro-
gramma wagneriano con Albert Dohmen. Nei mesi successivi Reck ha debuttato
riscuotendo grande successo con l’Orchestre National de France, Parigi, con le
orchestre del Maggio Musicale Fiorentino, del Teatro Comunale di Bologna e del
Teatro Carlo Felice di Genova. Nel novembre 2001 ha completato la produzione
del ciclo Der Ring des Nibelungen al Teatro Verdi di Trieste con il Götterdäm-
merung. Un avvenimento di particolare interesse ha avuto la nuova produzione
dell’opera Moses und Aron di Arnold Schönberg e il concerto per la celebrazione
del quinto anniversario della riapertura dello storico Teatro Massimo intitolato
“La memoria dell’offesa. Dedicato alle vittime dell’olocausto e di tutte le vio-
lenze”. Nel programma figuravano tra gli altri brani Der Kaiser von Atlantis di
Viktor Ullmann e A Survivor from Warsaw di Arnold Schönberg, con Harvey
Keitel come narratore. I programmi di Reck per l’autunno 2002 e la stagione
2003 includevano tra l’altro: Jeanne d’Arc au Bûcher di Honegger a Palermo,
Salome di R. Strauss a Genova, Der Freischütz di Weber a Lipsia e concerti sin-
fonici con l’Orchestre National de France, l’Orchestre National de Montpellier,
l’Orchestre Philharmonique de Strasbourg, l’Orchestra di Santa Cecilia a Roma
e le orchestre del Teatro Comunale di Bologna e del Maggio Musicale Fiorentino.
Nel settembre 2003 ha debuttato alla Semperoper a Dresda con Aida di Verdi.
Nel 2004 Reck ha debuttato alla Bayerische Staatsoper München con Lulu di
Alban Berg (nella versione in 3 atti), al Los Angeles Opera con una nuova pro-
duzione di Le Nozze di Figaro di Mozart e al Gran Teatro la Fenice di Venezia
con una nuova produzione di Daphne di Richard Strauss, poi pubblicata in CD
e DVD dalla casa discografica Dynamic.
Nel 2005 Stefan Anton Reck è stato invitato per dirigere due nuove produzio-
ne al New National Theatre di Tokyo: Lulu di Alban Berg e Die Meistersinger
von Nürnberg di Richard Wagner. Gli eventi più importanti degli anni seguenti
sono stati una nuova produzione (prima rappresentazione europea) dell’opera
Dead Man Walking di Jake Heggie alla Semperoper di Dresda, Tristan und
Isolde di Richard Wagner al Teatro Regio di Torino, una nuova produzione di
Der Ring des Nibelungen di Wagner al Teatro Petruzzelli di Bari, debutti alla
Hamburgische Staatsoper, alla Oper Frankfurt e numerosi concerti sinfonici
con l’Orchestra Nazionale Sinfonica della RAI Torino, l’Orchestre National de
Montpellier, la Royal Scottish National Orchestra (Edinburgh Festival) e la
Tokyo Symphony Orchestra e molte altre compagini sinfoniche. Recentemen-
te un grande successo ha riscosso la produzione firmata da Yannis Kokkos
dell’Olandese Volante di Richard Wagner al Teatro Comunale di Bologna e
al Teatro San Carlo di Napoli ed Eine florentinische Tragödie di Alexander
Zemlinsky al Teatro Regio di Torino.
Stefan Anton Reck è riconosciuto a livello internazionale come profondo cono-
scitore della musica di Gustav Mahler e della seconda Scuola di Vienna (Berg,
Schönberg, Webern). Attraverso le sue scelte di repertorio emergono l’eccen-
tricità della sua arte, la sua intensità musicale e una forte propensione per la
musica contemporanea. Propensione che si riflette anche sulla vasta produzione
pittorica in cui una gestualità del tutto mutuata dalla musica, dal gesto diretto-
riale, si trasforma in segno e colore, procedendo per strutture e ritmi di rapida
percezione. Soltanto recentemente all’attività direttoriale ha deciso di affiancare
quella espositiva, con impegni che lo vedranno presente in importanti gallerie e
sedi museali in Italia e all’estero. Recente la sua mostra “Pittura. Suono Gesto
Segno” (a cura di Francesco Gallo e Marcello Palminteri, con testi in catalogo
di Pierre Boulez, Vincenzo De Vivo, Alan Gilbert), presso il PAN Palazzo delle
Arti di Napoli.
FILARMONICA
ARTURO TOSCANINI

La Filarmonica Arturo Toscanini, che ha la sua sede a Parma, nel Centro
di Produzione Musicale “Arturo Toscanini”, a fianco dell’Auditorium Pagani-
ni disegnato da Renzo Piano, è il punto d’eccellenza dell’attività produttiva
della Fondazione Arturo Toscanini, maturata sul piano artistico nella più
che trentennale esperienza dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna e
nell’antica tradizione musicale che affonda le proprie radici storiche nell’Or-
chestra Ducale riordinata a Parma da Niccolò Paganini nel 1835/36 e per i
quarant’anni successivi ai vertici delle capacità esecutive nazionali. Oggi è
una delle più importanti orchestre sinfoniche italiane.
Per saperne di più: www.fondazionetoscanini.it
Violini Primi: Mihaela Costea**, Valentina Violante, Gianni Covezzi, Caterina Demetz, Julia
Geller, Fang Xia, Camilla Mazzanti, Cosimo Paoli, Luca Talignani, Beatrice Petrozziello,
Anamaria Trifanov, Michele Poccecai, Alice Costamagna, Elisa Mancini, Maurizio Daffunchio,
Elia Torreggiani.
Violini Secondi: Viktoria Borissova*, Jasenka Tomic, Laurentiu Vatavu, Codaglio Cellina, Claudia
Piccinini, Sabrina Fontana, Daniele Ruzza, Annalaura Tortora, Federica Fersini, Gian Maria
Lodigiani, Angioletta Iannucci, Antonio Lubiani, Lorenzo Gugole, Marco Nicolussi.
Viole: Behrang Rassekhi*, Carmen Condur, Sara Screpis, Diego Spagnoli, Daniele Zironi, Ilaria
Negrotti, Costanza Pepini, Alberto Magon, Montserrat Coll Torra, Stefano Sancassan, Silvia
Vannucci, Marcello Salvioni.
Violoncelli: Diana Cahanescu*, Vincenzo Fossanova, Pietro Nappi, Filippo Zampa, Fabio
Gaddoni, Audrey Lafargue, Federica Ragnini, Ilaria Del Bon, Francesca Gaddi, Davide Dattoli.
Contrabbassi: Antonio Mercurio*, Agide Bandini, Claudio Saguatti, Antonio Bonatti, Riccardo
Mazzoni, Penelope Mitsikopoulos, Vieri Piazzesi, Alessandro Salvatore Schillaci.
Flauti: Andrea Oman*, Eszter Kovacs, Elisa Boschi, Comaci Boschi.
Ottavini: Paola Camurri, Elisa Boschi, Comaci Boschi.
Oboi: Gian Piero Fortini*, Klidi Brahimi, Diego Merisi, Davide Bertozzi.
Corni Inglesi: : Massimo Parcianello, Klidi Brahimi, Diego Merisi.
Clarinetti: Daniele Titti*, Antonio Duca, Davide Braco.
Clarinetto Piccolo: Simone Cremona.
Clarinetto Basso: Miriam Caldarini.
Fagotti: Davide Fumagalli*, Stefano Semprini, Massimiliano Denti, Achille Dallabona.
Controfagotto: Fabio Alasia.
Corni: Ettore Contavalli*, Angelo Borroni*, Davide Bettani, Alessandro Piras, Simona Carrara,
Dario Venghi, Marc Garcia Anguera, Fiorenzo Ritorto, Andrea Mugnaini.
Trombe: Matteo Beschi*, Alessandro Ferrari, Cristina Zambelli, Alessandro Grimaldi, Francesco
Gibellini, Michele Mori.
Tromboni: Richard Wheeler*, Carlo Gelmini, Gianmauro Prina, Antonio Martelli.
Tuba: Antonio Belluco.
Timpani e Percussioni: Francesco Migliarini*, Gianni Giangrasso, Andrea Carattino, Salvatore
Alibrando, Andrea Dejeronimis, Valerio Colaci, Andrea Montori.
Arpe: Elena Meozzi*, Tatiana Alquati.
Celesta: Davide Carmarino.

                                                                        ** spalla / *prima parte
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                                                        Sostieni
                                                         SostienilalaFondazione
                                                                        Fondazione
                                                        Arturo
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pubblico.
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L’Art
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tentica
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                       semplice   gesto.
                                     gesto.

Mecenati
 Mecenatididioggi oggi
per
 perl’Italia
      l’Italiadididomani
                   domani

Per
  Per
    informazioni
      informazioni
www.fondazionetoscanini.it/art-bonus/
  www.fondazionetoscanini.it/art-bonus/
www.artbonus.gov.it
  www.artbonus.gov.it
Graphital - Parma
Prossimi appuntamenti
di nuove atmosfere
Venerdì 14 dicembre 2018 ore 20.30
Sabato 15 dicembre 2018 ore 20.30

GIANLUIGI GELMETTI Direttore
ANGELA NISI Soprano
SONIA GANASSI Mezzosoprano
CELSO ALBELO Tenore
MIRCO PALAZZI Basso
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
MARTINO FAGGIANI Maestro del coro

Gioachino Rossini
Petite messe solennelle per soli, coro e orchestra

IMPARIAMO IL CONCERTO
Giuseppe Martini racconta
Rossini

Giovedì 13 dicembre 2018 ore 18
Sala prove, Auditorium Paganini, Parma

Concerto in anteprima
Giovedì 13 dicembre 2018 ore 15
Auditorium Paganini, Parma

www.fondazionetoscanini.it

                                                     Illustrazione di Francesco Poroli
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