Nuove atmosfere Stagione sinfonica 2018-2019 - Filarmonica Arturo Toscanini Stefan Anton Reck direttore - Filarmonica Toscanini
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nuove atmosfere Venerdì 7 dicembre 2018 ore 20.30 Stagione sinfonica 2018-2019 Filarmonica Arturo Toscanini Tredicesima edizione Stefan Anton Reck direttore
Provincia di Parma Partner Istituzionale della Fondazione Arturo Toscanini Partner Istituzionale della Filarmonica Arturo Toscanini Sponsor ufficiale della Stagione Nuove Atmosfere Amici sostenitori Sponsor tecnici
Gustav Mahler (1860-1911) Sinfonia n. 6 in la minore “Tragica” (79’) Allegro energico, ma non troppo. Heftig, aber Markig Scherzo. Wuchtig – (Trio) Altväterisch. Grazioso Andante moderato Finale. Allegro moderato – Allegro energico Filarmonica Arturo Toscanini Stefan Anton Reck direttore
La Sesta Sinfonia di Mahler Sempre più eroso, dal fluire stesso della vita, appare lo schermo di “inattuali- tà” che lo stesso Mahler aveva posto davanti alla sua musica: oggi, infatti, ap- pare forzato l’insistere sul ruolo di Mahler come quello del “grande inattuale”, in contrasto con quello del “grande attuale” – der grosse Zeitgemässe – come Mahler definiva il suo più diretto competitore, Richard Strauss: se mai le due definizioni rischiano addirittura di capovolgersi. Per dire come meno remota e quindi meno fatalistica appaia l’aspettativa di quel “mio tempo verrà” pre- conizzata dallo stesso musicista; per offrirci il senso di rispondenza proprio attraverso l’ascolto della Sesta Sinfonia, un’opera che per lungo tempo è stata considerata “difficile”, per la sua struttura così apparentemente sperequata ma soprattutto per quel colore cupo che la domina, segno visibile del pessimi- smo distillatovi da Mahler, il quale non a caso chiamava questa sua Sinfonia “la tragica”. Ed è altrettanto significativo che tale difficoltà cambiasse subi- to di segno nella percezione dei giovani musicisti della “scuola di Vienna”: di Schönberg innanzitutto il quale sottolineava, già nel 1912, “il rigore e la ferrea struttura formale della Sesta, in cui non c’è una nota in più e dove il dispiegamento di mezzi appare essenziale” e pure di Alban Berg il quale, preso com’era dai fantasmi dell’universo mahleriano, parlava in una lettera a Webern di “l’unica Sesta, nonostante la Pastorale”. Mahler inizia a comporre la Sesta durante l’estate del 1903 – “compositore estivo” si definiva Mahler, preso negli altri mesi dell’anno dagli impegni della guida dell’Opera di Vienna dove era divenuto l’autorevole e autoritario capo - un periodo sereno questo trascorso nelle vacanze a Meiernigg che contra- sta con lo sforzo, proseguito nell’estate seguente, richiesto da quella che sarà la più tragica delle sue opere. Dopo la prima esecuzione a Essen nel 1906 Mahler stese altre due versioni, sospinto da dubbi e incertezze, in particolare riguardanti l’ordine dei due movimenti centrali, lo Scherzo e l’Andante, la cui sequenza invertì per poi riportarla alla versione originaria. Rispetto alle precedenti Sinfonie la Sesta sembra ad un primo sguardo un ritorno alla tradizione della sinfonia classica, con i rituali quattro movimenti, ma non appena si approfondisca lo sguardo ci si accorge di quali abissi si aprano dietro questo apparente ritorno all’ordine; sensazione che Mahler ave- va previsto dichiarando al suo primo biografo, Richard Specht, che “la mia Sesta proporrà enigmi la soluzione dei quali potrà essere tentata solo da una generazione che abbia fatto proprie e assimilato le mie prime cinque Sinfo- nie”. Problematiche che trovano evidenza già guardando le proporzioni che
si stabiliscono tra i due movimenti estremi, estesissimi, soprattutto l’ultimo, nella loro funzione “ideologica” e i due movimenti centrali che sono dei veri e propri intermezzi; e tuttavia si può cogliere nel disegno generale dell’ope- ra l’importanza di tale organizzazione simmetrica che sembra contrapporre all’ascesa del primo movimento il crollo pessimistico dell’ultimo. E proprio tale coincidere delle ragioni formali con le fortissime tensioni soggettive che Mahler affidava alla musica è senza dubbio uno degli aspetti più impres- sionanti svelati dalla Sesta, il tratto che fa dell’opera mahleriana una fibra nuova quanto necessaria della cultura moderna, per l’immanenza di questa negatività che apre una prospettiva inattesa alla funzione epica della sinfonia, per nulla confondibile, come ha osservato Adorno, con gli entusiasmi dei pro- grammi berlioziani e lisztiani. “Musica a programma” anch’essa, se vogliamo, quella di Mahler, a patto che del programma si assuma una nozione asso- lutamente interiore. Benché non si conosca, come per le prime tre Sinfonie, un tracciato programmatico, concorrono certamente alla genesi della Sesta elementi direttamente autobiografici, come ci suggerisce la stessa moglie del compositore, Alma – le cui memorie sono frutto sovente di improprie amplifi- cazioni – sarebbe stata addirittura ritratta nel primo movimento, in quell’Al- ma-Thema che funge da secondo elemento motivico e che con il suo slancio sentimentale, addirittura sguaiato tanto è inatteso, sembra voler esorcizzare la cupezza dell’inizio, un sinistro passo di marcia riassunto poi in quell’incom- bente accordo, una triade maggiore smorzantesi dolorosamente in minore che costituisce come il “motto”, l’emblema dell’intera Sinfonia. Sintomo anche dell’unità che Mahler cerca di realizzare in questa Sinfonia attraverso una se- rie di interrelazioni cicliche che trapassano tra i vari movimenti; anche questo se vogliamo un omaggio all’economia del “classicismo viennese” del “molto con poco”. Si spezza poi al centro di questa ampia narrazione la tensione in una di quelle visioni che Mahler rivive come attraverso un velo ipnotico: ep- pure con una nitidezza tangibile nel rievocare le amate vallate alpestri, con quel suono dei campanacci – “gli ultimi suoni terreni che penetrano nella remota solitudine dei picchi montanari” – che irrompe dolcissimo e stranito come un allucinante trompe-l’oeil. Sono questi i termini di un contrasto che si alternano nei due movimenti intermedi, tra quella specie di “danza dei mor- ti”, sul ritmo zoppicante, che si accende nello Scherzo, interrotto dai richia- mi danzanti e rusticali del Trio e la malinconia pastorale dell’Andante che, come l’Adagietto della Quinta Sinfonia offre all’ascoltatore una pacificante oasi illusoria smentita dal grande Finale – il più ampio, ad eccezione di quello dell’Ottava – composto da Mahler, grandiosa rappresentazione dell’“eroe su cui cadono i tre colpi del destino, l’ultimo dei quali lo stronca come un albero
che viene divelto”; e come lo strazio lontano delle lancinanti memorie alpestri si materializza nel suono dei campanacci, così anche questo tragico richiamo prende corpo attraverso la presenza nel gremito organico orchestrale anche del maglio, visualizzazione sonora anche tanto impressionante quanto simbo- lica (ma nella revisione del 1907 Mahler eliminerà l’ultimo colpo, quello che abbatte l’eroe). I colpi di maglio sono in effetti il momento di rottura di quella lotta, ma non più in senso beethoveniano, sempre trionfante, che la complessa struttura sonatistica di questo smisurato finale incarna fino allo spasmo, inu- tile spasmo, perché, commenterà Bruno Walter, famulus prezioso di Mahler, “l’opera si chiude nella disperazione e nella buia notte dell’animo. Non placet è il suo verdetto su questo mondo; all’«altro mondo» non si guarda neppure di sfuggita, per un solo istante”. Più crudamente Adorno postillava “tutto è male quel che finisce male”. Non a caso la Sesta è l’unica Sinfonia di Mahler che finisce in minore. Un pessimismo da cui Mahler si libererà aprendo altri orizzonti, quelli grandiosamente affrescati dell’Ottava, la “sinfonia dei mille”, per perdersi nell’illusione di una sognante bellezza con Das Lied von der Erde e la sfinita dolcezza della Nona. Gian Paolo Minardi
INTORNO AL CONCERTO Studenti universitari e neolaureati propongono alcuni elementi di ambito letterario che gravitano “intorno al concerto”. In collaborazione con UNIMORE Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia-Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Università degli Studi di Parma-Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali Tra luci e ombre Le opere e sinfonie del compositore austriaco Gustav Mahler sembrano tut- te affacciarsi al mondo della letteratura, a cui si avvicinano in modi diffe- renti. Se nei Lieder di Mahler la musica trova il confortevole appoggio delle parole e dei versi, rivelando direttamente i sentimenti e le emozioni espressi dalle note, la Sinfonia n. 6 in la minore “Tragica” si rifà, invece, alla genu- ina strumentalità. In una tale rinuncia al testo, la sinfonia convoglia nella sola musica ogni tipo di riferimento letterario, sia esso un simbolo o un semplice stato d’animo, offrendosi al pubblico sotto forma di un particolare ritmo o timbro musicale. Pertanto, non si tratta di cercare assiduamente nella musica un significato letterario, bensì di ribadire le tematiche di cui è impregnato il discorso musicale stesso. Come spesso accade, le produzioni musicali possono essere il riflesso di eventi o sentimenti che appartengono alla vita dei compositori. In base a quanto riportato dalla moglie di Mahler, Alma, il brano in questione sem- bra rispecchiare, infatti, con tonalità vivaci e spensierate l’amore per la propria consorte e l’affetto per le proprie bambine. Il “tema di Alma”, che trasforma dunque i tratti caratteriali della donna in un’acuta melodia, è spinto da un impeto passionale del tutto romantico, contornato da un pae- saggio bucolico e alpestre. In un tale quadro, affrescato da Mahler con una travolgente musicalità, si inserisce l’immagine gioiosa delle due bambine che giocano libere circondate dalle alture montane. Tuttavia, l’atmosfera pacata e serena viene improvvisamente pervasa da un ritmo contrastante, ambasciatore di oscuri presagi. La sinfonia sembra voler mostrare così il suo volto più recondito e sinistro, quasi a voler denunciare la sua stessa natura, proprio come il personaggio di Dr. Jekyll e Mr. Hyde nel celebre romanzo dello scrittore scozzese Robert Luis Stevenson (1850-1894). Il racconto sottolinea appunto la duplice inclinazione umana che si manifesta in tutta la sua bontà e rispettabilità nella figura del dottor Jekyll, ma il cui
lato malvagio e spregevole viene incarnato dal signor Hyde. Sebbene nella sinfonia, come anche nel personaggio di Jekyll, si celino alcuni segni pre- monitori dell’incombente tragicità, questi sono tenuti nascosti e repressi in un’ottica del tutto freudiana, con il fine di non turbare l’immagine idilliaca e utopica. Eppure, sembra inevitabile cadere in uno stato di trepidante attesa. Nel pieno stile macabro e grottesco di Edgar Allan Poe (1809-1849), comin- cia a respirarsi “un’aria di melanconia crudele, profonda, incurabile, [che] spaziava su tutto”, citando le esatte parole dello scrittore statunitense. Pare, infatti, che Mahler abbia ripreso le poesie Kindertodtenlieder che il poeta tedesco Friedrich Rückert (1788-1866) scrisse in occasione della morte dei propri figli Ernst e Luise, accentuando quindi ulteriormente i toni strug- genti della sinfonia e conformandoli al messaggio della stessa. In linea con i presentimenti espressi dal brano, presto la fatalità colpisce realmente la vita del compositore con la triste scomparsa della figlia Maria Anna ancora in tenera età. Così, l’opera di Mahler, espressione di un dramma personale e intimo, assume la forma di una profezia inarrestabile e funesta. Ad ogni modo, la contrapposizione di luci e ombre riesce a trovare un giusto, seppur fragile, equilibrio. In termini freudiani, la melodia evoca la sferzante lotta tra Eros e Thanatos, rispettivamente “pulsione di vita” e “pulsione di morte”: entrambi insiti all’essere umano, il desiderio rag- giante e pulsante di vivere si trova, dunque, a dover fronteggiare una for- za distruttrice ed estremamente aggressiva. Nella sinfonia, l’energia vitale dell’Eros può essere identificata nel ‘tema di Alma’, mentre il sopravvento del Thanatos si intravede nello stato di inquietudine e malinconia dettato dalla natura timbrica del brano, soprattutto verso il suo finale. Pertanto, il magma incandescente fatto di passioni e tormenti, esaltazioni e avvilimen- ti, può solidificarsi solo grazie ad una volontà riconciliatrice, una “forza che scuote, attira, distrugge e ricostruisce”, come l’Eterno Femminino (Ewig- weibliche) del Faust di Wolfgang Goethe. Pur rappresentando sia la nascita che la morte, tale archetipo dalle sembianze femminili permette all’uomo di elevarsi e sottrarsi all’ineluttabilità del destino, i cui colpi di martello finali sembrano, oramai, del tutto vani. Cristoforo Imbesi
TOSCANINI LASCIA IL SEGNO Con il linguaggio immediato e diretto dell’illustrazione, studenti di Licei ar- tistici e Accademia di Belle Arti, artisti emergenti e già affermati raccontano il ‘loro’ Arturo Toscanini. Ti adoro e ti amo, come si adora e si ama una bell’opera d’arte... TOSCANINI POP Irene Porcedda (Liceo artistico Toschi – Parma)
prendemmo in fretta un caffè, salimmo le scale col timore improvviso di non essere nemmeno presentabili. Ieri sera mi sono arrabbiato moltissimo coll’orchestra - ho gridato quindi come un ossesso Secondo lui Toscanini non avrebbe nemmeno risposto. Non fu già perchè io abbia voluto trasgredire i di lei ordini ch’io la commisi, ma bensì per non aver riflettuto troppo a cio ch’io operava, e per essermi lasciato vincere da un momento di collera. La sua voce calda e leggera disciplinava l’emozione che mi aveva preso, la sentivo cordiale, affettuosa risalire dalle pause precise, un suono Non posso perdonarmi di essere partito senza aver persuasivo, familiare. fatto prima una visita al cimitero! La partenza poi così affrettata senza aver potuto rimanere un istante con voi in calma mi ha avvelenato il viaggio che mi sembrò eterno...Ma come fare? Io ho voglia di lavorare... in Italia non posso... Dunque vedi che il tuo vecchio genitore si è messo a lavoro con entusiasmo...La “sua” Scala, una rovina dopo il castigo della guerra e rifatta bella per volontà d’amore. Perciò era tornato, per ringagliardire sè e per rifare splendida, con la Scala, l’orchestra della Scala. Le notizie della resa delle forze armate italiane è giunta così repentinamente che i miei pensieri sono come onde in un mare tempestoso. Capirono che un signore con bacchetta s’era arrampicato sul podio e che di li a poco sarebbe cominciata la musica chissà che musica, staremo a vedere.Non so come faccio lavorare il cervello nella musica forse è tanta l’abitudine in me di dirigere note che lo faccio inconsciamente, e inconsciamente il pubblico è tanto abituato a credermi bravo che continua nel suo errore! Il signore con bacchetta seguitava l’immensa fatica dei rattoppi, degli innesti, degli impasti, delle tempere. E zittì gli archi, e fece tacere i legni e tracciò nell’aria, con i pollici enormi, un geroglifico incantato che pareva l’arcobaleno, ed era un passaggio delle arpe. Disse: “No, miei cari, no. Bisogna cantare, cantare, cantare, non suonare. Cantare sempre e sostenere ogni nota nel cuore, e nutrire ogni nota col cuore. Questo è importantissimo...” . Anche sta sera la Bhoème ebbe il solito successo - C’era assai più gente della seconda sera. Egli si trasformava ogni volta in autore-interprete, Po vale a dire cercava di tramutarsi via via in Mozart, hè in Beethoven, in Verdi, in Wagner, in Debussy o in Strauss. ic Sta notte ho fatto tantissimi sogni, ho To continuato sognare tutta notte che nuotavo in mare, io che non so stare s can a galla un secondo, e che nuotavo splendidamente. ini era c o sì. “POICHÉ TOSCANINI ERA COSÌ...” Laura Viglioli (Liceo artistico Toschi – Parma)
“NON È LA NOTTE PIÙ BELLA DEL GIORNO CHE APPARTIENE A TUTTI?” Asia Canali (Liceo artistico Toschi – Parma)
STEFAN ANTON RECK Stefan Anton Reck, direttore d’orchestra e pittore, è nato a Baden-Baden nel 1960. Dopo essersi diplomato presso il Liceo Classico “Richard Wagner” di Baden-Baden, prosegue i suoi studi a Friburgo, alla Hochschule für Musik e all’Universität Freiburg, dove parallelamente allo studio del pianoforte, studia Filosofia e Storia dell’Arte. Trasferitosi a Berlino prosegue i suoi studi laurean- dosi presso la Hochschule der Künste nel 1986. Intanto nel 1985 vince in Italia il primo Concorso Internazionale di Direzione d’Orchestra “Arturo Toscanini” e in seguito il Primo Premio al Concorso Internazionale “Gino Marinuzzi”. Nel 1987 e nel 1990 riceve una borsa di studio dal Tanglewood Music Festival per seguire i corsi di Seiji Ozawa e Leonard Bernstein. I continui viaggi, intanto, gli permettono di visitare numerose mostre e i più importanti musei d’arte contem- poranea e, questo, sarà fondamentale per la sua formazione artistica, consenten- dogli di effettuare una propria indagine pittorica e sviluppare una propria cifra stilistica. Dal 1997 al 2000 è stato l’assistente di Claudio Abbado, iniziando la collaborazione con la produzione di Wozzeck al Festival di Salisburgo. Per Pier- re Boulez ha preparato la Gustav Mahler Jugendorchester per La Sagra della Primavera di Stravinskij, Notations di Boulez e Il castello del principe Barbablù di Bartók (tournée estiva 1997 e 1998). Nel 1998 ha cominciato la produzione del ciclo Der Ring des Nibelungen di Richard Wagner presso il Teatro Verdi di Trieste. Dal 1999 al 2003 è direttore musicale al Teatro Massimo di Palermo. Nel 1999 ha diretto a Ferrara la Mahler Chamber Orchestra in Falstaff di Verdi nella produzione di Claudio Abbado; nel corso della tournée estiva della Gustav Mahler Jugendorchester sotto la direzione artistica di Claudio Abbado, Reck ha diretto una replica della VII Sinfonia di Mahler all’Havana. Nel settembre 1999 ha aperto la stagione concertistica del Teatro Massimo di Palermo con la VI Sinfonia di Gustav Mahler. Sempre al Teatro Massimo ha diretto, nel marzo 2000, Die Erwartung di Arnold Schönberg con Anja Silja e La voix humaine di Francis Poulenc con Raina Kabaivanska, incisi in cd dal vivo per le Edizioni Avidi Lumi/Teatro Massimo e pubblicati con una copertina disegnata da Marco Lodola. Nel 2000 ha diretto la Gustav Mahler Jugendorchester nel corso delle “Internationale Musikfestwochen Luzern” e anche la tournée estiva europea annuale con musiche di Šostakovič, Mahler, Scriabin e Bartók. Nel gennaio 2001 Reck ha inaugurato la stagione del Teatro Massimo di Pa- lermo con una nuova produzione di Lulu di Alban Berg, poi pubblicata come incisione dal vivo da OehmsClassics. Per Arte Nova Classics ha inciso un pro- gramma wagneriano con Albert Dohmen. Nei mesi successivi Reck ha debuttato riscuotendo grande successo con l’Orchestre National de France, Parigi, con le orchestre del Maggio Musicale Fiorentino, del Teatro Comunale di Bologna e del Teatro Carlo Felice di Genova. Nel novembre 2001 ha completato la produzione del ciclo Der Ring des Nibelungen al Teatro Verdi di Trieste con il Götterdäm- merung. Un avvenimento di particolare interesse ha avuto la nuova produzione dell’opera Moses und Aron di Arnold Schönberg e il concerto per la celebrazione
del quinto anniversario della riapertura dello storico Teatro Massimo intitolato “La memoria dell’offesa. Dedicato alle vittime dell’olocausto e di tutte le vio- lenze”. Nel programma figuravano tra gli altri brani Der Kaiser von Atlantis di Viktor Ullmann e A Survivor from Warsaw di Arnold Schönberg, con Harvey Keitel come narratore. I programmi di Reck per l’autunno 2002 e la stagione 2003 includevano tra l’altro: Jeanne d’Arc au Bûcher di Honegger a Palermo, Salome di R. Strauss a Genova, Der Freischütz di Weber a Lipsia e concerti sin- fonici con l’Orchestre National de France, l’Orchestre National de Montpellier, l’Orchestre Philharmonique de Strasbourg, l’Orchestra di Santa Cecilia a Roma e le orchestre del Teatro Comunale di Bologna e del Maggio Musicale Fiorentino. Nel settembre 2003 ha debuttato alla Semperoper a Dresda con Aida di Verdi. Nel 2004 Reck ha debuttato alla Bayerische Staatsoper München con Lulu di Alban Berg (nella versione in 3 atti), al Los Angeles Opera con una nuova pro- duzione di Le Nozze di Figaro di Mozart e al Gran Teatro la Fenice di Venezia con una nuova produzione di Daphne di Richard Strauss, poi pubblicata in CD e DVD dalla casa discografica Dynamic. Nel 2005 Stefan Anton Reck è stato invitato per dirigere due nuove produzio- ne al New National Theatre di Tokyo: Lulu di Alban Berg e Die Meistersinger von Nürnberg di Richard Wagner. Gli eventi più importanti degli anni seguenti sono stati una nuova produzione (prima rappresentazione europea) dell’opera Dead Man Walking di Jake Heggie alla Semperoper di Dresda, Tristan und Isolde di Richard Wagner al Teatro Regio di Torino, una nuova produzione di Der Ring des Nibelungen di Wagner al Teatro Petruzzelli di Bari, debutti alla Hamburgische Staatsoper, alla Oper Frankfurt e numerosi concerti sinfonici con l’Orchestra Nazionale Sinfonica della RAI Torino, l’Orchestre National de Montpellier, la Royal Scottish National Orchestra (Edinburgh Festival) e la Tokyo Symphony Orchestra e molte altre compagini sinfoniche. Recentemen- te un grande successo ha riscosso la produzione firmata da Yannis Kokkos dell’Olandese Volante di Richard Wagner al Teatro Comunale di Bologna e al Teatro San Carlo di Napoli ed Eine florentinische Tragödie di Alexander Zemlinsky al Teatro Regio di Torino. Stefan Anton Reck è riconosciuto a livello internazionale come profondo cono- scitore della musica di Gustav Mahler e della seconda Scuola di Vienna (Berg, Schönberg, Webern). Attraverso le sue scelte di repertorio emergono l’eccen- tricità della sua arte, la sua intensità musicale e una forte propensione per la musica contemporanea. Propensione che si riflette anche sulla vasta produzione pittorica in cui una gestualità del tutto mutuata dalla musica, dal gesto diretto- riale, si trasforma in segno e colore, procedendo per strutture e ritmi di rapida percezione. Soltanto recentemente all’attività direttoriale ha deciso di affiancare quella espositiva, con impegni che lo vedranno presente in importanti gallerie e sedi museali in Italia e all’estero. Recente la sua mostra “Pittura. Suono Gesto Segno” (a cura di Francesco Gallo e Marcello Palminteri, con testi in catalogo di Pierre Boulez, Vincenzo De Vivo, Alan Gilbert), presso il PAN Palazzo delle Arti di Napoli.
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI La Filarmonica Arturo Toscanini, che ha la sua sede a Parma, nel Centro di Produzione Musicale “Arturo Toscanini”, a fianco dell’Auditorium Pagani- ni disegnato da Renzo Piano, è il punto d’eccellenza dell’attività produttiva della Fondazione Arturo Toscanini, maturata sul piano artistico nella più che trentennale esperienza dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna e nell’antica tradizione musicale che affonda le proprie radici storiche nell’Or- chestra Ducale riordinata a Parma da Niccolò Paganini nel 1835/36 e per i quarant’anni successivi ai vertici delle capacità esecutive nazionali. Oggi è una delle più importanti orchestre sinfoniche italiane. Per saperne di più: www.fondazionetoscanini.it Violini Primi: Mihaela Costea**, Valentina Violante, Gianni Covezzi, Caterina Demetz, Julia Geller, Fang Xia, Camilla Mazzanti, Cosimo Paoli, Luca Talignani, Beatrice Petrozziello, Anamaria Trifanov, Michele Poccecai, Alice Costamagna, Elisa Mancini, Maurizio Daffunchio, Elia Torreggiani. Violini Secondi: Viktoria Borissova*, Jasenka Tomic, Laurentiu Vatavu, Codaglio Cellina, Claudia Piccinini, Sabrina Fontana, Daniele Ruzza, Annalaura Tortora, Federica Fersini, Gian Maria Lodigiani, Angioletta Iannucci, Antonio Lubiani, Lorenzo Gugole, Marco Nicolussi. Viole: Behrang Rassekhi*, Carmen Condur, Sara Screpis, Diego Spagnoli, Daniele Zironi, Ilaria Negrotti, Costanza Pepini, Alberto Magon, Montserrat Coll Torra, Stefano Sancassan, Silvia Vannucci, Marcello Salvioni. Violoncelli: Diana Cahanescu*, Vincenzo Fossanova, Pietro Nappi, Filippo Zampa, Fabio Gaddoni, Audrey Lafargue, Federica Ragnini, Ilaria Del Bon, Francesca Gaddi, Davide Dattoli. Contrabbassi: Antonio Mercurio*, Agide Bandini, Claudio Saguatti, Antonio Bonatti, Riccardo Mazzoni, Penelope Mitsikopoulos, Vieri Piazzesi, Alessandro Salvatore Schillaci. Flauti: Andrea Oman*, Eszter Kovacs, Elisa Boschi, Comaci Boschi. Ottavini: Paola Camurri, Elisa Boschi, Comaci Boschi. Oboi: Gian Piero Fortini*, Klidi Brahimi, Diego Merisi, Davide Bertozzi. Corni Inglesi: : Massimo Parcianello, Klidi Brahimi, Diego Merisi. Clarinetti: Daniele Titti*, Antonio Duca, Davide Braco. Clarinetto Piccolo: Simone Cremona. Clarinetto Basso: Miriam Caldarini. Fagotti: Davide Fumagalli*, Stefano Semprini, Massimiliano Denti, Achille Dallabona. Controfagotto: Fabio Alasia. Corni: Ettore Contavalli*, Angelo Borroni*, Davide Bettani, Alessandro Piras, Simona Carrara, Dario Venghi, Marc Garcia Anguera, Fiorenzo Ritorto, Andrea Mugnaini. Trombe: Matteo Beschi*, Alessandro Ferrari, Cristina Zambelli, Alessandro Grimaldi, Francesco Gibellini, Michele Mori. Tromboni: Richard Wheeler*, Carlo Gelmini, Gianmauro Prina, Antonio Martelli. Tuba: Antonio Belluco. Timpani e Percussioni: Francesco Migliarini*, Gianni Giangrasso, Andrea Carattino, Salvatore Alibrando, Andrea Dejeronimis, Valerio Colaci, Andrea Montori. Arpe: Elena Meozzi*, Tatiana Alquati. Celesta: Davide Carmarino. ** spalla / *prima parte
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Graphital - Parma Prossimi appuntamenti di nuove atmosfere Venerdì 14 dicembre 2018 ore 20.30 Sabato 15 dicembre 2018 ore 20.30 GIANLUIGI GELMETTI Direttore ANGELA NISI Soprano SONIA GANASSI Mezzosoprano CELSO ALBELO Tenore MIRCO PALAZZI Basso CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA MARTINO FAGGIANI Maestro del coro Gioachino Rossini Petite messe solennelle per soli, coro e orchestra IMPARIAMO IL CONCERTO Giuseppe Martini racconta Rossini Giovedì 13 dicembre 2018 ore 18 Sala prove, Auditorium Paganini, Parma Concerto in anteprima Giovedì 13 dicembre 2018 ore 15 Auditorium Paganini, Parma www.fondazionetoscanini.it Illustrazione di Francesco Poroli
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