NON UNA DI PIÙ GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
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INTRODUZIONE a quest’anno scolastico è stato introdotto D l’insegnamento dell’educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione per educare adolescenti e bambini alla cittadinanza attiva e consapevole. Per tali ragioni io, assieme alla mia classe, la 4^Bs del Liceo delle Scienze Umane, con l’aiuto delle docenti di religione e di scienze umane, abbiamo realizzato un lavoro in previsione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Ma ora dobbiamo chiederci: in che modo l’educazione civica e il tema della violenza contro le donne sono connessi? Beh, direi che è un tema urgentissimo, che si lega alla lotta contro le disuguaglianze, alla pari dignità di tutti i cittadini, alla tutela del benessere e della salute. In una società come la nostra il rispetto per la donna deve essere insegnato sin da piccoli, ed è necessario eliminare tutti i pregiudizi e gli stereotipi legati alla violenza di genere attraverso l’educazione e l’istruzione. La donna non è un oggetto e nessuno deve trattarla come tale. Ed è proprio per questo che io e le mie compagne ci siamo impegnate in questo progetto in quanto donne del futuro che vogliono contribuire al cambiamento. Il lavoro ha interessato l’intera classe, suddivisa in diversi gruppi a ciascuno dei quali è stato assegnato un compito ben preciso, come la ricerca di dati sull’andamento del fenomeno, le informazioni sul periodo di lockdown e quindi in generale sulle vittime di violenza. Ma non voglio
anticiparvi nient’altro, quindi spero che quanto fatto da me e le mie compagne, possa catturare la vostra attenzione e farvi riflettere su un tema così attuale e importante per noi. Buona lettura! CHIARA SCOPECE per la 4^BS
Capitolo 1 CHI SONO LE DONNE CHE SUBISCONO VIOLENZA? L a violenza di genere è un fenomeno globale, che colpisce soprattutto il genere femminile. Con il termine violenza di genere si intende la violenza diretta ad una persona sulla base della sua appartenenza, appunto, di genere, ovvero la violenza agita dagli uomini contro le donne proprio perché donne - che siano esse compagne, figlie, sorelle, madri, conoscenti.
Secondo l’ONU nel 2015 il 35% delle donne nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale; in Italia, i dati Istat evidenziano che:una donna su tre ha subito violenza nel corso della sua vita e molte sono le donne che hanno subito violenza da persone di cui si fidavano. La violenza contro le donne è in larga parte un problema di cultura, nel senso che riflette e rafforza le profonde disuguaglianze e i diversi ruoli che la società affida all’uomo e alla donna in virtù del loro sesso. Pensiero comune è che il contesto in cui si genera la violenza sia caratterizzato da arretratezza culturale. I dati che abbiamo potuto consultare hanno sfatato tale pregiudizio. Infatti, il 21% delle donne vittime di femminicidio è laureato ed un ulteriore 53% ha un diploma. L'indipendenza economica resta un fattore fondamentale di affrancamento del contesto violento. Lo conferma l'ampia quota di vittime disoccupate che è pari al 19%, inferiore solo a quello delle impiegate italiane (23%) e a quella delle colf/badanti straniere, che è pari al 27%. Neanche l’età media delle donne è un elemento costante, infatti i dati ne indicano l’aumento: fino al 2017 si attestava fra i 45 e i 54 anni, recentemente è salita a 50,8 anni, una su 3 è over 65, 8 quelle sopra gli 80, una addirittura sopra i 100. In conclusione dai dati riportati si può notare come la violenza sulle donne non dipenda dal titolo di studio o dal lavoro che una donna svolge ma è una violenza a sé, indipendente, che sfugge a tutti gli indicatori. E’ un fenomeno complesso che affonda le sue radici nel tessuto sociale, nell’educazione, ma non è mai da considerare una “colpa” delle donne, che non hanno nulla di sbagliato ma che hanno solo amato e si sono fidate di una persona sbagliata.
Capitolo 2 CHI DENUNCIA? S econdo la Polizia di Stato, nel rapporto chiamato “Questo non è amore”, l’82% di chi fa violenza conosce la propria vittima. È quindi una persona di cui la donna ha o ha avuto fiducia. Riconoscere di essersi sbagliata, di “avere il mostro in casa”, è il grande trauma che accompagna quello della violenza. Da una parte la donna ha paura di denunciare, e dall’altra, si sente in colpa di non farlo, purtroppo però in moltissimi casi la denuncia non è la soluzione del problema; Perché? Semplice, purtroppo, in molti casi la donna si ritrova davanti ad avvocati e magistrati che l’accusano di non aver denunciato prima, e addirittura di non essere una buona madre, arrivando persino alla possibilità di non avere la custodia dei propri figli. Se prima la violenza non era riconosciuta, adesso abbiamo un peggioramento, poiché sappiamo che c’è, ma le vittime non solo non vengono ascoltate, ma vengono persino messe in discussione “E si sentono in trappola. Se denunciano tardi il padre violento sono considerate madri poco tutelanti, se
denunciano per tutelare i propri figli sono considerate madri alienanti e i figli non vengono affidati alle madri. C’è un arretramento in questo senso. Anni fa non ne parlava nessuno, la violenza era difficilmente riconosciuta e riuscivamo paradossalmente a proteggere di più le donne, nonostante le minori risorse. Ora che se ne parla ed esistono strumenti normativi nuovi, la situazione è peggiorata, per le donne e per i bambini, che non vengono ascoltati. Prima dei diritti dei bambini vengono i diritti dei padri», dichiara Lella Palladino, presidente della rete D.i. Re. (Donne in rete contro la violenza). Con l’inizio delle misure anti-contagio, la situazione è peggiorata, ci si è chiesti come poter aiutare queste donne, ed è proprio da questa domanda che è nato un accordo tra
i Centri antiviolenza e la Federazione farmacisti. Basterà dire la frase: “Voglio una mascherina 1522” e il farmacista fornirà dati utili e si attiverà per fornire aiuto alla donna. Ma purtroppo le denunce per violenza domestica durante il lockdown sono calate medialmente del 50%, e questo, secondo i centri anti violenza, è dovuto ad una “tendenza a non denunciare”.
Capitolo 3 CHI AIUTA LE DONNE? D a sempre considerata subalterna all’uomo, la donna ha subito nel corso dei secoli ingiustizie e violenze estreme e ingiustificate. Riconosciuta solo nel ruolo di domestica oppure di allevatrice di figli, la donna ha dovuto lottare duramente per farsi riconoscere uguale all’uomo nei diritti e, soprattutto, nelle opportunità. Ha dovuto lottare non solo per il riconoscimento di tali diritti, ma per renderli effettivi e perchè si realizzassero concretamente nella vita sociale.
All’interno della Costituzione si afferma l’uguaglianza e la pari dignità fra uomo e donna e, negli anni, la legislazione ha adottato una serie di misure che specificatamente riguardano l’aiuto da parte dello Stato nei casi di violenza di ogni tipo nei confronti delle donne. La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si è avuta con l’approvazione della legge 15 Febbraio 1996 n.66 che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume. Con la legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del familiare violento. Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri antiviolenza e i tribunali. Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori ovvero lo stalking. Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l’11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno.
Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della “violenza di genere. La legge ha arricchito il Codice penale di nuove aggravanti e, insieme, ha aumentato le misure a tutela delle vittime di violenza e di maltrattamenti. Ma non solo le leggi aiutano le donne. Fondamentale è il ruolo delle strutture di accoglienza e di ascolto presenti nei territori, primi fra tutti i Centri Antiviolenza. Il centro antiviolenza è una struttura in cui vengono accolte prevalentemente donne, ma anche uomini, che subiscono o sono minacciati da qualsiasi forma di violenza. Esso offre diversi servizi: accoglienza telefonica, colloqui personali, ospitalità nelle così dette case rifugio, assistendo così le vittime ed eventualmente i figli minori coinvolti nel percorso di uscita dalla violenza. Alcuni numeri che si possono chiamare per assistenza sono: -Telefono Rosa antiviolenza e antistalking: 06 37518282; -Numero Verde dei centri E.M.M.A: 800 093900; -Forze dell’ordine: 112; Per quanto riguarda i centri antiviolenza i principali, in Puglia, sono: -Centro Antiviolenza Riscoprirsi (Andria BT) -Centro Antiviolenza Bari (Bari BA) -Centro Antiviolenza “Annamaria BUFI” (Molfetta BA) -Associazione Impegno Donna (Foggia FG)
Capitolo 4 CHI NON CE LA FA? U na nuova parola è entrata nel vocabolario della violenza: femminicidio. E’ un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa per motivi basati sul genere. E’ quindi un sottoinsieme dei casi di omicidio, che ha un individuo di sesso femminile come vittima. Per estensione è anche definito come: “la rappresentazione di qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico fino alla schiavitù o alla morte”. La maggior parte dei femminicidi avviene in ambito familiare per mano del coniuge, partner o ex partner della vittima. Nel 2019 il 67% degli omicidi familiari ha interessato donne straniere. I dati dal 2000 a oggi ci confermano che le donne uccise in Italia sono state 3230, in particolare, partendo dall’anno 2017, le donne vittime di omicidio volontario in Italia sono state 123. Passando invece all’anno 2018, le vittime di femminicidio salgono a 142, e nel 2019 hanno raggiunto un numero complessivo di 94, una media di una ogni tre giorni.
Dunque se gli omicidi di uomini sono diminuiti notevolmente nel corso degli ultimi anni, notiamo invece di come le donne vittime di omicidio sono rimaste complessivamente stabili, dato allarmante se si tiene conto delle significative campagne di sensibilizzazione messe a punto negli ultimi anni proprio relative a questo fondamentale tema. Con l’emergenza sanitaria del 2020 diverse sono state le conseguenze sociali, tra queste è bene evidenziare l’aumento dei femminicidi. Per tali ragioni il Servizio di analisi criminale del Ministro dell’Interno ha effettuato un report che mette in luce come la violenza di genere sia, senz’altro, aumentata durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia. In particolar modo, sappiamo che 59 sono state le donne uccise nel primo semestre del 2020 determinando così il 45% degli omicidi totali che si contrappone a quello del 35% del 2019. Il report annuale dell’Istat, però, afferma che il 51,3% delle donne ha denunciato le violenze , dato in aumento rispetto al 44,9%
dello scorso anno. Inevitabilmente quindi il lockdown ha segregato in casa potenziali vittime di violenza o stalking, tanto da fare emergere come nel 48,5% dei casi a chiamare il 1522 siano state vittime coniugate. Non è d’altra parte indifferente la percentuale di donne single che si è rivolta al numero verde, pari al 32,3%. Inoltre, il 58,2% delle vittime ha chiesto aiuto dichiarando di avere figli, di cui il 57,2% minori. Infine 9 casi su 10 i minori hanno anche assistito alla violenza e nel 16,7% dei casi hanno dichiarato di essere di essere stati loro stessi vittime. E’ un dato che durante il lockdown i femminicidi siano aumentati in modo graduale, infatti è stato certificato che negli 87 giorni di chiusura sanitaria ci sono stati 58 omicidi di cui 44 hanno interessato le donne, il che significa che veniva uccisa una donna ogni due giorni.
Capitolo 5 DONNE E PANDEMIA L a pandemia da Coronavirus e le misure di restrizioni anti contagio adottate dai governi di tutto il mondo hanno significato per molte donne, già vittime di violenza domestica, un aggravamento del problema. Donne di ogni etnia hanno dovuto affrontare una doppia paura e un doppio nemico: il Covid-19 fuori e il proprio compagno dentro casa. L’imposizione dell’isolamento ha quindi amplificato il rischio a cui queste persone sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno gli spazi familiari con il proprio maltrattante. Di conseguenza, in questa situazione è stato molto più difficile chiedere aiuto: lo stress della quarantena, l’incertezza di aver perso il lavoro e la vicinanza giorno e notte con i propri aggressori hanno scatenato decine di richieste di aiuto. Secondo una rilevazione fatta dai centri anti-violenza, infatti, le richieste di aiuto sono aumentate del 74.5% rispetto al 2019, riportando che dal 2 Marzo al 5 Aprile i centri specializzati sono stati contattati da circa 2867 donne. Se le chiamate di aiuto al 1522 siano aumentate, si sono ridotte invece le denunce alle forze dell’ordine, che sono diminuite del 63,2% nel marzo 2020 e del 60,5% in aprile. Le circostanze hanno portano poi a scoraggiare le
donne dal fare segnalazioni e quindi a rinviarle. Molte donne trovavano difficile chiedere aiuto durante il lockdown in casa e per questo diverse associazioni hanno tentato di creare nuove soluzioni per aiutare le persone in difficoltà. In Italia il Dipartimento per le Pari Opportunità ha siglato un accordo con l’Ordine dei Farmacisti, promuovendo all’interno delle farmacie il numero 1522, attivo 24h e l’app 1522 con cui le donne possono chattare con le operatrici e chiedere aiuto senza correre il rischio di farsi sentire al telefono dai loro aggressori. Sono inoltre state predisposte delle linee guida informative sempre disponibili nelle farmacie. La ministra per le Pari Opportunità ha inoltre fatto sapere di aver sbloccato 30 milioni di euro, di cui 20 destinati all’attività ordinaria dei centri antiviolenza e delle case rifugio e 10 destinati a specifiche attività collaterali per il contrasto della violenza. Ha poi predisposto la Campagna social “Libera puoi”, con l’intento di promuovere i numeri utili per chiedere aiuto.
NEGLI ALTRI PAESI Anche la Spagna ha deciso di stringere un’alleanza con le farmacie. La donna che si sente in pericolo, puo’ recarsi e pronunciare la frase in codice “mascarilla 19” (mascherina 19). In questo modo, fa scattare un allarme e, con l’aiuto dei farmacisti, partono le segnalazioni per mettere in sicurezza la donna. La Francia ha denunciato un aumento a Parigi del 36% degli interventi causati da violenza e ha predisposto camere di hotel per mettere le donne in sicurezza, quando i posti nelle case protette risultano esauriti. In Belgio, il Governo ha deciso che le forze di polizia entrino nuovamente in contatto con le donne che, prima dell’emergenza, avevano denunciato episodi di violenza per verificare se, in situazione di isolamento sociale, gli episodi si stiano ripetendo.
CONCLUSIONI a violenza sulle donne non è un problema che L riguarda esclusivamente loro stesse, bensì è strettamente legato a una forma di predominio degli uomini che ha radici lontane e profonde. Per educare alla non violenza è fondamentale lavorare fin dall'infanzia sulla creazione di relazioni positive e paritarie. L’abitudine all’ascolto, all’empatia, al rispetto, soprattutto se promossi sin dalla tenera età, prevengono fenomeni di discriminazione ed esclusione e favoriscono la capacità di stare in una relazione in cui la forza personale non si esprime nel dominio sull’altro. Bisogna aiutare le donne che subiscono violenza a riconoscere le cause che la determinano. Nonostante le varie norme che tutelano le donne, i dati sulla violenza di genere rimangono quasi inalterati, e questo anche perché le sue radici affondano nelle disparità tra uomini e donne. Alle donne viene socialmente riservata la dimensione accuditiva, nel mondo del lavoro il divario di genere è profondo, l’educazione e l’istruzione spesso rimuovono l’apporto che le donne hanno dato e danno al progresso e alla cultura. Ciò però non deve farci dimenticare che spesso anche l'uomo viene sottoposto ad una stereotipizzazione, in cui alcuni comportamenti o atteggiamenti non sono ammessi o "considerati da vero uomo" (basti pensare che un uomo che ha un reddito inferiore rispetto alla sua compagna è subito messo in
discussione). Tutto questo determina un processo di non accettazione, con conseguenti comportamenti che vengono modificati o nascosti e che spesso portano ad atteggiamenti scontrosi e a perdita di autocontrollo. Purtroppo viviamo all'interno di una società che invece di punire e allontanare i soggetti violenti denigra chi ha subito violenza e giustifica chi l'ha commessa. Spesso, anche le testate giornalistiche giustificano le aggressioni, parlando di provocazioni da parte delle donne e di istinto da parte dell'uomo. Cambiare il linguaggio è un obiettivo primario, perché è con le parole che si dà forma ai pensieri. Anche l’uso della parola “vittima” è discutibile. E' importante che le donne si sentano sicure, che non debbano aver paura di camminare sole, di essere seguite, di mettere una gonna o un vestito, insomma che non temano di essere “prede”. A conclusione di questo lavoro, che ci ha viste impegnate contro la violenza sulle donne ma non solo, vogliamo ribadire la condanna contro ogni tipo di violenza e discriminazione, perché i diritti sono di tutti e vanno sempre affermati e perché la violenza non è accettabile contro chiunque si rivolga. Da questa consapevolezza e dal reciproco sostegno siamo certe che verrà un futuro migliore.
Progetto a cura delle alunne della 4^Bs del Liceo delle Scienze Umane “C.Poerio” Curricolo di educazione civica a.s. 2020/2021
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